Notizie - Ricordando il Trio Lescano

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Notizie - Ricordando il Trio Lescano
http://www.trio-lescano.it/
Notizie
Marzo-Maggio 2012
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presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore.
Venerdì 2 Marzo 2012
Il punto della situazione
È stato esattamente quattro anni fa che mi è balenata l’idea di creare un sito
dedicato alle Sorelle Lescano. Allora io stesso, che pure sono fin dalla mia infanzia –
ormai così lontana nel tempo – un loro fervente ammiratore, sapevo e possedevo ben
poco di queste ineguagliabili artiste: solo qualche vaga notizia biografica, una
manciata di foto e non più di una settantina di incisioni. Anzi, a dire il vero, agli inizi
del 2008 neppure sospettavo che ne avessero al loro attivo ben cinque volte tanto, e
ignoravo altresì (come del resto quasi tutti) che nel primo dopoguerra il Trio originale
si era definitivamente sciolto e che al posto di una delle tre sorelle era subentrata una
giovanissima cantante italiana, con la quale esso aveva continuato ad esibirsi per
alcuni anni in Sudamerica. A quell’epoca – è il caso di dirlo – i fan delle Lescano
brancolavano nel buio...
Una volta lanciato il sito, fui subito contattato dal savonese Paolo Piccardo, che
cercava di dare un titolo all’affascinante Mystery Song (come lo aveva
provvisoriamente denominato) che si ascolta nei titoli di coda del film di Bertolucci Il
conformista (1970), senza però che figuri nei credits: enigma intrigante che fu subito
risolto da un ragazzo di Siena, Alessandro Rigacci, il quale non solo mi informò che
si trattava della bellissima canzone Come l’ombra, incisa dalle olandesine nel ’42, ma
mi inviò addirittura il file completo di questo capolavoro, uno degli ultimi realizzati
dal Trio, quasi un loro struggente canto del cigno. Iniziò così una stretta
collaborazione fra noi tre, presto affiancati da altri amici pieni di entusiasmo e di
voglia di fare, fra i quali è doveroso ricordare almeno Max Menozzi e Giambattista
Taschini. Quest’ultimo, in particolare, mise a nostra disposizione l’ingente archivio
musicale della moglie, Stefania Riccio, ex-conduttrice – tra le più valenti e preparate
– del Notturno Italiano. Tale archivio comprendeva, fra molte altre preziosità, anche
un cospicuo numero di incisioni del Trio Lescano mai udite in precedenza, per cui già
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alla fine del 2008 la nostra conoscenza del lascito artistico di questa formazione si
trovò ad essere notevolmente accresciuta.
Da quei giorni ne abbiamo fatta di strada! E il merito spetta in massima parte ai
tanti collaboratori, elencati nella pagina dei Ringraziamenti, che hanno partecipato
alle nostre ricerche: tutti con un fervore ammirevole, che in qualche caso ha rasentato
l’eroismo: ne sanno qualcosa gli amici Sandro Peppoloni e Tito Zaggia... Certo, non
ha senso stilare una graduatoria per stabilire chi abbia dato di più, ma non si può
tacere l’apporto eccezionale offerto da collaboratori come Virgilio Zanolla, Enrico
Martinelli, in “arte” Walter, Massimo Baldino, Christian Schmitz, Francesco Nicola
Di Pietro (Francis per gli amici), Manuel Carrera et j’en passe et des meilleurs, come
direbbero i nostri cugini d’Oltralpe. Grazie a questo poderoso sforzo corale oggi
conosciamo pressoché tutto (con solo qualche residuo “buco nero”) della vicenda
umana e artistica delle Sorelle Leschan-Lescano, prova ne sia che siamo stati in grado
di spazzar via, con documenti inoppugnabili alla mano, le tante dicerie o menzogne
che circolavano sul loro conto, in articoli, libri e naturalmente nel web; abbiamo
altresì recuperato quasi 300 delle loro incisioni e abbiamo concrete speranze di
acquisire, prima o poi, buona parte delle rimanenti.
Era tuttavia inevitabile che anche la nostra, come ogni altra impresa umana,
vedesse col tempo la propria spinta propulsiva prima affievolirsi e poi andare
fatalmente verso l’esaurimento. Fortunatamente non siamo ancora arrivati a questo
punto, ma è innegabile che avverto intorno a me una certa aria di appagamento e
forse anche di stanchezza. Molti collaboratori di vecchia data, chi per un motivo chi
per l’altro, si fanno sentire sempre più raramente e non pochi sono coloro che ormai
devo rassegnarmi a considerare a tutti gli effetti degli ex. È vero che ogni tanto
qualche nuovo volonteroso si offre di darci una mano, ma il più delle volte,
purtroppo, si dilegua non appena gli propongo un incarico, per facile che sia.
Queste difficoltà crescenti le incontro specialmente nella gestione delle Notizie
dove, anche con una cadenza bisettimanale, mi è sempre meno agevole reperire
qualcosa di realmente interessante da pubblicare. Mi vedo dunque costretto, d’ora in
avanti, a rinunciare anche ai due appuntamenti fissi alla settimana, per attivare questa
rubrica solo quando ne valga davvero la pena. Mi rendo conto che la cosa non piacerà
a nessuno, ma le notizie, se qualcuno non me le manda, non posso mica inventarmele
di sana pianta, come fanno certi disinvolti “giornalisti”.
Mi auguro che chi mi legge colga fino in fondo il significato delle mie parole: qui
nessuno ha voglia di gettare la spugna, ma non posso negare che, per andare avanti,
bisognerebbe ritrovare almeno un po’ dell’entusiasmo dei vecchi tempi. In mancanza
di ciò, anche lo scrivente non potrà fare a meno, un giorno o l’altro, di alzare
mestamente bandiera bianca. Certo, anche così il sito non sparirebbe dal web, per lo
meno non subito; tuttavia, una volta “congelato”, non c’è dubbio che perderebbe la
sua maggiore attrattiva, quella di essere – come lo è sempre stato fin dall’inizio –
qualcosa di vivo e vitale: un sito cioè che cresce, si trasforma e si rinnova,
migliorandosi e arricchendosi in continuazione. Se vogliamo che continui ad essere
così, sappiamo tutti cosa fare, come pure, al contrario, se vogliamo che muoia.
Il Curatore
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Giovedì 8 Marzo 2012
◙ Mail di Antonio: «Caro Curatore, ho letto Il punto della situazione e – devo
confessartelo – l’ho fatto con tanta amarezza, perché mi è sembrato un triste preludio
alla chiusura del nostro sito. Questo non deve, non può accadere! Se noi tutti tuoi
sostenitori o collaboratori ci teniamo che resti, faremo di tutto (almeno io) per
arricchire le Notizie di cari vecchi ricordi, che rivangheremo nel nostro passato.
Per cominciare io sono qui, non tanto per polemizzare su quanto hai scritto in merito
alla scoperta della canzone Come l’ombra delle Lescano (ascoltata nel film Il
conformista) ma per PRECISARE (e ci tengo tanto a farlo e che si sappia) che
l’autore di tale impresa sono stato io e NON ALTRI. A dimostrazione di quanto
asserisco ti allego le scansioni di 2 lettere intercorse tra me e Alessandro con il
ringraziamento di Paolo.
Come chicca ti invio la versione che ne aveva fatto Lina Termini, sempre con
Barzizza, nel ’42 su disco Cetra DD 10072».
◙ Mail di Walter: «Cari amici, in relazione alla prima delle Notizie di Martedì 28
Febbraio scorso, ho pensato di farvi cosa gradita offrendovi il riversamento del primo
dei tre dischi di cartone Durium, che riportano l’incisione dell’episodio I quattro
Moschettieri in Russia. Purtroppo gli altri due sono troppo deformati e non assolvono
più al loro compito... Questo esempio darà tuttavia la possibilità a molti, che hanno
letto o sentito parlare di questa storica trasmissione radiofonica, di farsi un’idea
precisa in merito».
◙ Mail di Manuel: «[…] bellissima la foto di Carlastella, pubblicata nelle Notizie del
28.02. Già la voce rivelava la sua grazia, l’ho sempre immaginata una donna
affascinante (anche perché la piccola foto che circolava prima prometteva bene).
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Sono stato di recente, per l’ennesima volta, al Cimitero Monumentale del Verano e
ho lasciato un fiore sulle tombe di Vittorio De Sica, Amedeo Nazzari e Alida Valli.
Devo dire che, a parte quella di Nazzari (si tratta di una cappella, quindi è stato
difficile fotografarla), le altre due sembrano abbastanza visitate, perché c’era qualche
fiore fresco. Mi ha colpito davvero molto quella di De Sica, del tutto anonima, forse
per sua stessa volontà. Bisogna riconoscere al Comune di Roma che, se non altro,
ricorda questi artisti distribuendo all’ingresso dei pieghevoli con le mappe delle
tombe “famose” (proprio quella relativa al Cinema è disponibile anche in internet).
Mi ha particolarmente emozionato la tomba di Alida Valli, la cui sepoltura al Verano
è avvenuta con non pochi problemi, come testimoniano gli articoli ancora sparsi per il
web (v. http://news.cinecitta.com/news.asp?id=19693). E ora è lì, in un loculo
modestissimo, tra tanti altri, di fianco a Oreste Lionello e di fronte a Gabriella Ferri.
Rimane sempre la più bella...».
◙ Mail di Alcide F.: «Quando, poco più di un anno fa, molti lettori del vostro sito si
indignarono contro lo sceneggiato Le ragazze dello swing di Maurizio Zaccaro, ci fu
chi pensò che si fosse trattato di una questione di lesa maestà, essendo esso intitolato
alle tre sorelle olandesi. E invece no: l’indignazione per uno sceneggiato mal diretto
oppure falso e tendenzioso deve valere sempre. Vi sottopongo perciò questo caso.
Recentemente ho assistito, su Rai Uno, allo sceneggiato in due puntate Walter Chiari
- Fino all’ultima risata, di Enzo Monteleone: la storia del popolare attore teatrale,
cinematografico e televisivo veronese. Non ho nulla da dire sul bravissimo Alessio
Boni, che impersona il protagonista, e neppure su Bianca Guaccero nel ruolo di
Valeria Fabrizi; avrei invece obiezioni, non già sulla qualità interpretativa bensì
sull’aderenza fisica e psicologica del personaggio, riguardo alle attrici che vestono i
panni di Alida Chelli e, soprattutto, Lucia Bosé.
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Walter Chiari con Alida Chelli e, a destra, Dajana Roncione,
che nella fiction televisiva impersona la moglie dell’attore.
Walter Chiari con Lucia Bosè e, a destra, Caterina Misasi
che ne interpreta il ruolo.
Ma ciò che mi ha lasciato semplicemente scandalizzato è stato il trattamento riservato
all’attrice Ava Gardner: anche qui, risparmio chi l’ha interpretata perché non è tanto
questione d’interpretazione quanto di aderenza alla realtà storica. Ava Gardner (che
era una ragazzona americana del Sud, bellissima, sensuale e sanamente disinibita, sì,
ma anche fondalmentalmente onesta e leale, dotata di saldi principi morali) nello
sceneggiato viene descritta come una diva sguaiata, ubriacona e volgare, quasi una
prostituta di basso rango. È vero che le piaceva bere, ma le situazioni immaginate
dagli sceneggiatori vanno ben oltre la realtà dei fatti, perlomeno negli anni in
questione; quanto al resto su di lei, mi è parso solo indegna spazzatura».
Ava Gardner e
l’attrice olandese
Anna Drijver che la
impersona
nello sceneggiato:
come si vede non
c’è la ben che
minima
somiglianza fisica
tra le due attrici.
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Commento del Curatore - Nelle settimane scorse siamo stati bombardati da spot
governativi miranti a convincerci che il Canone Rai va pagato perché è una tassa
come le altre, e le tasse – si sa – bisogna pagarle (anzi un certo ministro ha sostenuto
che pagarle è un vero piacere). Concetto giusto, ineccepibile. Solo che andava
precisato che il Canone Rai è in realtà una seconda tassa sulla spazzatura: grazie alla
prima ci liberano dai rifiuti domestici solidi e umidi, per mezzo della seconda ce li
riportano in casa riciclati in spettacoli televisivi. “Allegria, allegria!” esclamerebbe a
questo punto, con la sua incomparabile verve, il buon vecchio Mike, nume tutelare di
questa televisione…
Ultim’ora - Mail di Antonio: «In occasione della scomparsa di Lucia Mannucci ho
pubblicato sul mio Facebook un articoletto. Se può interessare, potete pubblicarlo
anche sul nostro sito».
Lucia Mannucci
(Bologna, 18/5/1920 - Milano, 7/3/2012).
A Lucia Mannucci ha dedicato un ricordo anche il sito Ricordando i Trii Vocali, il
cui Curatore, Simone Calomino, ha avuto l’onore di conoscerla. Simone ci ha anche
inviato, affinché le pubblicassimo, delle belle foto del Quartetto Cetra, sia dei tempi
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d’oro che più recenti. Quartetto che ora, con la morte dell’ultima sua componente, è
definitivamente consegnato alla Storia.
Sabato 17 Marzo 2012
◙ Il nostro Paolo è da tempo impegnato in un’approfondita ricerca a tutto campo su
alcuni punti tuttora poco chiari (o, in taluni casi, decisamente oscuri) della biografia
delle Lescano. Lavorando a stretto contatto con Virgilio, il biografo ufficiale per il
sito delle olandesine, egli ha conseguito risultati di tutto rispetto. Eccone un esempio.
Indagando sulla famiglia di Eva de Leeuwe, la loro madre, è riuscito a localizzare in
Olanda i discendenti di artisti che conobbero una delle sue sorelle, Matje, più anziana
di lei di sette anni: essendo persone oltremodo gentili e disponibili, ha ottenuto da
loro un bel po’ di informazioni e foto, come queste:
Bertus
Martron e la
moglie,
Matje de
Leeuwe, zia
delle sorelle
Lescano.
Da notare la
sua notevole
somiglianza
con
Caterinetta.
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Caterinetta Lescano.
L’aspetto più intrigante di questa pista sta nel fatto che sappiamo con certezza che
Matje, negli anni 1928-1935 si prese cura di Catharina Matje (la futura Caterinetta,
appunto) mentre Eva seguiva da vicino, in giro per il mondo, le due figlie maggiori
nella loro movimentata carriera di giovanissime e apprezzate ballerine acrobatiche.
Proprio in quest’ultimo campo di ricerca Paolo e Virgilio hanno messo a segno delle
scoperte tanto inattese quanto clamorose, come la notizia, corredata da prove
inequivocabili, che Alexandra e Judith già cantavano in pubblico ben prima della
nascita del celebre Trio. Su tutto questo capitolo della storia delle Lescano, in gran
parte completamente nuovo e inedito, Virgilio sta dando gli ultimi ritocchi ad un
corposo saggio illustrato, che pubblicheremo giovedì prossimo, 22 Marzo. Ne
anticipiamo qui una ghiotta primizia:
L’ancora adolescente Judith e Alexandrina a bordo del transatlantico
che le portò per la prima volta in Argentina.
◙ Abbiamo completato e messo in rete la pagina delle Attrici, nell’ambito della nostra
vasta ricerca sul Cinema italiano del periodo 1930-1945. Numerose schede
fotografiche vi sono state aggiunte e moltissime altre arricchite con nuove immagini,
recuperate da Virgilio Zanolla e altri collaboratori, per cui chi avesse già visionato
questa pagina – magari apprezzandola – non rimarrà deluso visionandola di nuovo da
cima a fondo.
◙ Il nostro amico e caloroso estimatore Filippo Mangieri è nipote del M° Francesco
Saverio Mangieri (S. Pietro al Tanagro, Salerno, 12 Dicembre 1919 - Roma, 7
Novembre 2008), che fu un valente pianista, compositore e direttore d’orchestra.
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Francesco Saverio Mangieri e Filippo Mangieri.
Come compositore Mangieri si distinse non solo nell’ambito della musica classica
(cosa del tutto naturale, dati i suoi severi studi coi Maestri Carlo Cammarota, per
pianoforte e direzione musicale, e Renato Parodi per armonia e contrappunto), ma
anche in quello della musica leggera e della musica per film: tra le numerose canzoni
di successo che firmò ricordiamo almeno Varca lucente, Suonno d’ammore e Ddoje
stelle so cadute. Ora Filippo, che era molto affezionato allo zio, ha deciso di
valorizzarne al meglio il lascito artistico, incaricando la brava webmaster Virginia di
creare un sito a lui dedicato. Da qualche giorno esso è in rete all’indirizzo
www.fsmangierimusic.magix.net/public/ e invitiamo tutti i nostri lettori a visitarlo, perché
è fatto bene e contiene materiali di pregio.
Mangieri, coetaneo della minore delle Lescano, era troppo giovane all’epoca del loro
successo radiofonico e discografico per avere l’opportunita di collaborare con loro. A
rigore non rientra quindi tra gli Autori di nostro diretto interesse. Tuttavia lo diventa
de biais per il fatto che lo scrivente si è divertito, parecchi anni fa, ad arrangiare una
sua magnifica composizione strumentale ispirata ai ritmi sudamericani, La
Samacurca [v. http://www.trio-lescano.it/pdf/Nota_su_La_Samacurca.pdf]. A dire il vero
questo particolare arrangiamento è – a differenza dei molti altri da me realizzati in
passato – un lavoro solo in parte originale, essendo una libera trascrizione per sestetto
di quello, per grande orchestra, usato da Angelini nella sua incisione del brano
risalente alla prima metà degli anni Cinquanta, con Lallo Gori al piano (disco Cetra
AC 3064 B, matrice 12110).
La Samacurca di F. S. Mangieri: mandolino, etichetta del disco originale e relativo interprete.
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Lo spartito di tale arrangiamento è stato pubblicato in un sito brasiliano, curato
anch’esso da me (è però inattivo da parecchi anni), ed è accompagnato dal relativo
file MIDI, che Filippo ha avuto la bontà di linkare nel proprio sito. Nel sito brasiliano
anzidetto vi è anche un secondo arrangiamento per pianoforte solo de La Samacurca,
sempre opera mia: un pezzo piuttosto impegnativo, ma di sicuro effetto sul pubblico.
Filippo lo ha approvato con queste lusinghiere parole: «l’interpretazione è la stessa di
mio Zio Franco».
Vale la pena di riferire un dettaglio che la dice lunga sulla decadenza della Fonit
Cetra negli anni ’70-’80 rispetto alla gloriosa Cetra dei decenni precedenti. Quando
mi decisi a rielaborare nel modo anzidetto La Samacurca (un pezzo che mi “stregò”
fin dalla prima volta che, studente liceale, lo ascoltai alla radio), utilizzai non già il
disco AC 3064, divenuto introvabile, bensì la sua riedizione inserita nel long playing
PL 517 (1980) della collana I grandi successi / Angelini e la sua orchestra. Ebbene,
sia sull’etichetta di tale disco che sul retro della copertina il nome dell’Autore del
brano appare oscenamente storpiato: Maugeri, anziché Mangieri. Storpiatura che
figurava di conseguenza anche nella primitiva versione del sito brasiliano, dato che
ignoravo a quell’epoca che l’Autore di codesto capolavoro era lo stesso di Varca
lucente.
Fu proprio a causa di questo mio involontario errore, dovuto all’imperdonabile
negligenza delle maestranze della Fonit Cetra nel suo ultimo periodo di attività (negli
anni ’90 sarà ceduta alla Warner Music), che Filippo Mangieri mi contattò per
segnalarmelo col suo garbo signorile, e di lì è nata la nostra bella amicizia. Aveva
ragione il grande Fabrizio De André a cantare «dal letame nascono i fior»…
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Giovedì 22 Marzo 2012
◙ Come annunciato nelle Notizie del 17 u.s., pubblichiamo (nella sezione Oggi
parliamo di…) l’importante saggio di Virgilio Zanolla, Portino, Eva, il Dickson
Ballet e le Sunday Girls. L’Autore stesso ce lo presenta in questi termini: «Frutto di
una stretta collaborazione nelle ricerche tra me e Paolo Piccardo, molte delle cui
scoperte si sono rivelate decisive per il reperimento – anche grazie all’amica olandese
Gwen van Iersel – di notizie e materiale informativo, questo saggio, oltre a proporre
diversi documenti illustrati inediti e spesso di primissimo ordine, presenta per la
prima volta un’attenta ricostruzione della vita e della carriera professionale di Eva,
Alexandrina e Judith Leschan negli anni tra il 1928 circa e i primi del ’33. In
particolare: 1) ricostruisce buona parte del passato di Portino prima d’incontrare Eva;
2) accerta come tra il 1916 e il ’28 i Leschan non vissero ad Amsterdam bensì a
L’Aja; 3) ricostruisce gli esordi delle prime due figlie di Eva nell’ambito della danza,
e ne segue l’iter professionale, prima della formazione delle Sunday Girls e quali
Sunday Girls; 4) accerta quando e dove Eva conobbe Portino; 5) individua alcuni
personaggi-chiave nello sviluppo della carriera di ballerine di Alexandrina e Judith, e
rende noto un corposo elenco di nomi di molte loro colleghe; 6) segnala infine un
loro precedente canoro da approfondire».
Copertina del fascicolo pubblicitario, riccamente
illustrato, del balletto The Sunday Girls.
◙ Mail di Antonio: «In risposta all’all’appello lanciato prima dal Curatore e rinnovato
poi da Paolo e Virgilio, ho pensato – come prova della mia buona volontà – di aprire
una Vetrinetta, dedicata alle canzoni del nostro Trio come le cantavano altri
interpreti. Certo non potrò ritrovare tutte le loro incisioni, ma gran parte di
esse (quelle che ho reperito) sono degne di essere ricordate. Apro dunque questa
nuova rubrica con le canzoni incise da Caterinetta: la prima è la famosa Nebbia del
maestro Mario Vallini, come la lanciò sua figlia Leda Vallini, in arte Leda Valli. La
seconda è Il canto del bosco nell’interpretazione che ne fece Tina De Mola».
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Leda Valli e Tina De Mola.
NB - Su nostro invito, Antonio si occuperà solo dei cantanti solisti che hanno
riproposto canzoni facenti parte del repertorio delle Lescano, dal momento che degli
altri trii vocali che hanno fatto la stessa cosa si occupano già, con brillanti risultati, gli
amici del sito http://triivocali.weebly.com/index.html.
◙ Mail dei giovanissimi Curatori del sito gemellato Ricordando i Trii Vocali: «Dopo
varie vicissitudini siamo finalmente riusciti a registrare al meglio tre incisioni
mancanti nell’archivio del vostro sito:
1) Malinconia (da Roberto)
2) L’orologio dell’amore (id.)
3) Nostalgia di paese (da Simone)
Ecco inoltre due incisioni di qualità migliore rispetto a quelle già in archivio, con
relative etichette:
1) Lisetta (da Simone)
2) Una radio e il tuo cuore (id.)
Abbiamo voluto mandarvele insieme per avere un impatto maggiore (e anche per
creare un po’ di suspense!). Queste tre incisioni stanno a dimostrare che noi giovani
reclute della ricerca, “figli” di Ricordando il Trio Lescano, torniamo sempre dalla
Madre per aiutarla nei momenti di bisogno e sostenerla nei suoi progetti: siamo o no,
dunque, dei bravi figlioli?
Alleghiamo inoltre la foto del Trio Passatore, cosicché possiate aggiungerla alla
pagina dei trii vocali coevi alle Lescano».
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A nome di tutti i lescanofili, il Curatore esprime a Francesco, Roberto e Simone la
più sentita gratitudine per questo loro bel gesto, proprio da “bravi figlioli”, che ci
consente di depennare altri tre titoli dalla lista delle incisioni delle Lescano che anora
mancano all’appello. Non diamo qui le anteprime dei brani recuperati, perché siamo
certi, conoscendoli, che Roberto e Simone vorranno senz’altro condividere queste
rarità con tutti gli appassionati, postandole quanto prima nei rispettivi canali di
YouTube. Per quel che concerne Una radio e il tuo cuore e Lisetta è effettivamente
vero che queste due copie sono assai migliori di quelle che avevamo in archivio, per
cui la loro sostituzione costituisce un apprezzabilissimo passo in avanti: si tratta
infatti di due canzoni deliziose, specie la prima.
◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Cari amici, adesso la notizia è certa: il
libro su mio padre, Michele Montanari, sarà presentato alla Fiera del Libro di Torino,
lunedì 14 Maggio alle ore 11, nello stand della Rai Eri. Naturalmente sono molto
felice e anche molto emozionata. Allego il titolo preciso: Gianna Montanari
Bevilacqua, Abbassa la tua radio per favore - Storia di Michele Montanari, divo
degli anni ’40, Rai Eri, 2012.
Ninì Serena e Michele Montanari nel film
Ecco la radio! di Giacomo Gentilomo, 1940.
Non posso ancora inviarvi l’immagine della copertina, perché il libro è in fase di
stampa. Alla presentazione interverranno Felice Liperi, autore della Storia della
canzone italiana, Rai Eri, 1999 e 2010, e Bruno Quaranta, giornalista de “La
Stampa”».
Lunedì 26 Marzo 2012
◙ Mail di Antonio: «Carissimi, proseguendo nella carrellata dei motivi che incise
Caterinetta Lescano, riapro oggi la mia Vetrinetta per presentare Strada deserta di
Lenti- Boschi nell’interpretazione di Norma Bruni, accompagnata dall’Orchestra
Barzizza, su disco Cetra DC 4236 del 1942».
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Antonio aggiunge poi: «A proposito di dati complementari, desidero assicurarvi che
ad accompagnare il Trio Lescano nella canzone Celebre quartetto di Consiglio-Frati
(DC 4146a, matrice 51655) è l’Orchestra Angelini. Ricordo benissimo quando nel
’42/’43 la lanciò ai microfoni dell’Eiar – sempre con Angelini – Luciano Pellegrini,
famoso in quel periodo per aver interpretato varie “canzoni del tempo di guerra”,
come venivano presentate allora. Tanto per aggiornare la discografia del Trio».
Abbiamo provveduto subito ad inserire il dato, che mancava, nella relativa pagina.
◙ Mail di Paolo: «Vagando per i siti olandesi, soprattutto quelli in memoria
dell’Olocausto, apprendo alcuni particolari collaterali ma sempre interessanti.
L’arzillo nonnino delle Lescano, David De Leeuwe (Amsterdam, 1854-1940), sposò
Judik Vreeland, nata a Harderwijk nel 1858; essa morì a 39 anni, dopo aver sfornato
8 figli. Nel 1901 David si risposa con Sientje Van Frank (1862-1933), dalla quale ha
nel 1903 la figlia, nonché sorellastra, di Eva, Poulina De Leeuwe. Questa poverina,
sposa all’ebreo Herman Overste, finirà vittima dell’Olocausto, col figlio undicenne
Benjamin, l’8 ottobre ’42 ad Auschwitz.
La primogenita di David e Judik, Matje, muore in fasce nel 1879. La secondogenita
Roosje nasce nel 1880, va in sposa a Nachman Nardus Bamberg, attore famoso.
Divorzia nel 1923 dopo aver avuto 3 figli, due dei quali (David e Judik) muoiono ad
Auschwitz con il padre e la nuova moglie il 10 settembre 1942. Di Roosje si perdono
le tracce. La coppia si esibiva nei teatri nel 1916, dove Roosje veniva citata come
Liederenzangeres.
Il terzogenito, Michiel de Leeuwe, nasce nel 1882 e muore ad Auschwitz il 19
Ottobre 1942. La moglie, Sientje Snoeck, si salva e muore 94enne nel 1980. La
quartogenita Matje (come la primogenita), vissuta dal 1885 al 1968, è quella che
ospita Kitty. Gli altri figli, Rebecca (1887-1958), Abraham (1889-1919) ed Eva
(1892-1985) scampano all’Olocausto. L’ultimogenito, Aaron, nato nel 1895, finirà
suicida nel 1942, ad Amsterdam, assieme alla moglie, per sfuggire all’arresto e alla
deportazione in Germania. Un caro prezzo per una famiglia sola...».
◙ Paolo Benevelli ci ha fornito la scansione ad alta definizione di un manifesto, raro
ed interessante, relativo ai Pomeriggi danzanti studenteschi organizzati a partire dal 7
Marzo 1946 dall’associazione goliardica torinese “Ala d’Italia”. Di questo
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documento avevamo già fatto cenno in passato, solo che allora era disponibile solo
un’immagine molto piccola e sfocata, di problematica decifrazione; ora invece la sua
leggibilità è perfetta. In esso possiamo apprezzare l’esilarante spirito umoristico dei
goliardi piemontesi, fatto anche di divertenti giochi di parole (jam session che diventa
sam session, il balletto Ammappelequantosobbone, ecc.). Con tali iniziative i giovani
del tempo cercavano evidentemente di buttarsi alle spalle gli orrori della guerra da
poco conclusa.
Per noi tale manifesto riveste un’importanza speciale per il fatto che documenta
l’attività canora, in un ruolo solistico, di Caterinetta Lescano (qui chiamata
Catarinetta) dopo la sua separazione dalle sorelle.
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Caterinetta Lescano nel 1946.
Ultim’ora - Virgilio ci ha appena comunicato di avere concluso le sue ricerche,
quanto mai approfondite, sulle vicende biografiche di Caterinetta Lescano nel
decennio che va dalla fine della guerra alla sua mesta partenza per il Venezuela. Su
questo periodo, prima d’ora, non sapevamo in pratica quasi nulla, mentre adesso,
grazie ai frutti davvero copiosi di tali ricerche, possiamo ben dire che su di esso è
stata fatta piena luce, spesso ben al di là delle più ottimistiche previsioni. Certo, la
storia della più giovane delle tre sorelle Leschan è fatta di qualche colpo di fortuna,
del resto non sempre gestito bene, ma anche di sbagli clamorosi che alla fine l’hanno
condotta sull’orlo della disperazione. Tuttavia, anche se fondamentalmente triste,
questa storia merita di essere conosciuta in ogni dettaglio, al che provvede
egregiamente il lungo saggio al quale Virgilio sta dando gli ultimi ritocchi. Un
contributo assolutamente imperdibile per ogni fan delle olandesine: lo pubblicheremo
tra non molto nel nostro sito.
Lunedì 2 Aprile 2012
◙ Mail di Filippo Mangieri: «Con la sua pluriennale attività il sito Ricordando il Trio
Lescano ha svolto un compito encomiabile. Ne ho potuto seguire gli scritti, le
osservazioni, gli approfondimenti, leggendo i nomi a firma senza le relative foto:
peccato, perché avrei avuto piacere di conoscere queste persone, dal momento che il
viso è la loro anima. Mi ha inoltre colpito l’amore per l’arte del Curatore, oltre che la
sua simpatia.
Tra le Notizie più salienti di quest’anno risalta quella del giorno 8 Maggio. In questa
data si è infatti reso omaggio a Lucia Mannucci, la quale, tra l’altro, cantò la canzone
Geppina del M° Francesco Saverio Mangieri, mio zio. Non è banale dire che tutte le
pagine del sito vanno visionate spesso, per la loro ricchezza di contenuti. Non si tratta
di perdita di tempo, cioè di vita, farsi coinvolgere dalla familiarità cortese e corretta
degli specialisti nei confronti di noi lettori. Di questi ultimi, spero che ce ne siano
sempre di più, pur riconoscendo che le beghe quotidiane e i problemi
contingenti bloccano o ostacolano spesso la continuità delle relazioni.
Detto questo, mi azzardo a dire che il sito, nel mondo di internet, è unico e non sarà
facilmente uguagliato. La materia è trattata con vivacità e il periodo musicale del Trio
Lescano ha avuto un definitivo e stabile assetto. Ho potuto scoprire che è davvero la
voce umana la più fragile delle sostanze e la vocalità delle sorelle olandesi è
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attualissima. Agli Autori delle loro canzoni, poi, non si può certo dire: “Qui de
sentement ne fait, son dit et son chant contrefait” [Guillaume de Machaut, Le Remède
de Fortune, metà del Trecento].
L’ambiente raffinato e colto in cui operò il poeta e musicista
francese Guillaume de Machaut (Reims, 1300 ca. - Reims, 1377).
Grazie ad Angelo e ai suoi numerosi e fedeli collaboratori, il Trio Lescano non è un
ricordo indistinto, ma uno sviluppo perenne e vitale: è l’opera che illustra la vita. Mi
convince altresì il vostro entusiasmo, perché mi ha fatto gustare come si segue e si
racconta una vicenda di storia artistica, simbolo di rara bellezza. Grazie a tutti voi,
alla vostra ricchezza interiore, alla vostra incrollabile fede nella libertà dello spirito,
che si esprime nella voce: il più artistico di tutti gli strumenti».
◙ Nell’intervista radiofonica che Carlo Loffredo fece ad Ernesto Bonino (Toh! Chi si
risente del 1° Luglio 1979), il cantante afferma di aver cantato Vieni sul mar assieme
a Silvana Fioresi, con cui aveva allora un’infuocata love story. Loffredo fa seguire
alle dichiarazioni di Bonino l’ascolto dell’incisione di tale canzone in cui molti, però,
con Antonio Mastrorocco in testa, hanno riconosciuto la voce di Lina Termini, la cui
presenza è confermata del resto dall’etichetta del disco:
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La spiegazione più plausibile è che Bonino abbia sì effettivamente cantato – e chissà
quante volte – Vieni sul mar con la Fioresi, ma alla radio, in diretta: quando invece i
dirigenti della Cetra decisero di fargliela incidere su disco, scelsero di accoppiare alla
sua voce quella, più discreta, della Termini. Particolare che il cantante, a distanza di
tanti anni, avrà poi scordato. Ecco cosa ci scrive al riguardo Massimo Baldino:
«Stando così le cose, sarei quasi un veggente... È infatti l’esatta ipotesi che ho
formulato nella mia prima mail e che ho sostenuto nella puntata della trasmissione
Dal grammofono al microsolco che andrà in rete martedì prossimo. Mi hanno spinto
verso questa ipotesi le molte discrepanze tra le innumerevoli richieste e ricordi di
anziani ascoltatori e i cataloghi o le etichette dei dischi incisi. Cose come questa
erano infatti abbastanza frequenti nella radio di quegli anni: alcune volte si rimediava
incidendo di un disco più versioni (vedi il caso più recente dei Pompieri di Viggiù,
fatta incidere alla Jaione perché la gente che in radio la sentiva da lei cercava poi il
disco in quella versione), altre volte si soprassedeva e le versioni radiofoniche e
discografiche non coincidevano. Erano insomma comportamenti strani. Ma ciò è
dovuto ad una concezione diversa dell’industria discografica, che andò avanti
suppergiù fino agli anni Sessanta.
Oggi mai nessuno si sognerebbe, per esempio, di darsi pena per far incidere da
cantanti sconosciuti le canzoni famose del momento, perché nessuno le comprerebbe.
Semmai si fa l’operazione contraria e si creano cantanti nuovi, mandando in TV degli
sconosciuti. Eppure sino a tutti gli anni Sessanta per ogni Sanremo o “Disco per
l’estate” venivano incise da etichette minori (e neppure tanto, vedi Durium o Fonola)
versioni economiche delle canzoni, interpretate da artisti minori: Nazzaro, Ranieri e
altri iniziarono così la loro carriera.
Tempi che cambiano…Una cosa è certa, secondo me: una volta erano soprattutto le
canzoni ad essere valorizzate, mentre il cantante era solo un mezzo. Oggi si crea della
plastica intorno a un nome e le canzoni contano spesso meno di nulla. Per questo,
penso, sono quasi tutte insulse e inutili (tranne qualche cantautore, comunque della
vecchia scuola, tipo Guccini, che ha ormai 72 anni). Chi verrà dopo di noi si ricorderà
forse della Pausini o di Ramazzotti, ma chi mai ricorderà le loro canzoni?».
◙ Mail di Alessandro Rigacci: «Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ha
ragione, infatti, Antonio a sostenere che nell’incisione, a duettare con Bonino, è Lina
Termini e non la Fioresi. Tuttavia, è doveroso precisare che il brano venne lanciato
alla radio dal duo Bonino-Fioresi: quest’ultima poi – non sappiamo ufficialmente il
perché – non la incise. È la stessa Fioresi a svelare l’arcano in un’intervista del 1970,
durante la presentazione di un suo nuovo Lp di motivi del passato.
◙ Mail di Simone Calomino: «Confermo anch’io che si tratta di Lina Termini. Dalla
voce si sente che non è la Fioresi, dato che quest’ultima aveva una voce un po’ più
“potente”, che risalta maggiormente su quella maschile (ascoltate ad esempio
Chiesetta alpina). Inoltre, come potrete percepire, il vibrato che caratterizza la voce
femminile è tipico delle incisioni della Termini. Per darvi un’ulteriore conferma di
ciò vi suggerisco di ascoltare Nuvole di fumo, un’incisione da me ritrovata
recentemente e postata su YouTube. In essa potrete ben osservare quanto la bella
voce di Lina Termini sia simile a quella della ‘misteriosa’ cantante di Vieni sul mar.
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◙ Mail di Giancarlo Fochesato: «Ottima l’idea di arricchire l’archivio con il prezioso
materiale costituito dalle puntate della benemerita trasmissione di Carletto Loffredo
Toh! Chi si risente. Il bravo jazzman e cultore di storia del nostro swing meriterebbe
forse un profilo più esaustivo del semplice dato biografico inserito nel titolo, non
sembra anche a voi? [Certo che sì: abbiamo da tempo incaricato il nostro
collaboratore Manuel Carrera di realizzare una bella intervista al presto
ottantaquattrenne – ma sempre in gambissima! – Loffredo e aspettiamo con fiducia
che si decida a farla. NdC].
Con le importanti nuove rivelazioni sulle Lescano promesseci da Virgilio Zanolla, la
loro storia sarà completa anche dell’ultimo capitolo ancora mancante. Qualche nuovo
documento potrà sempre affiorare in futuro e resta naturalmente la speranza di
colmare le lacune della discografia. Ma sarà bene, giusto il recente invito del
Curatore (in realtà, un campanello d’allarme), riflettere sul futuro del sito. Siamo tutti
d’accordo, credo, sul fatto che sarebbe davvero un gran peccato vederne la chiusura,
perché raggiunti gli obiettivi, assolta la missione ed esaurita la forza animatrice
iniziale. Peccato, perché egoisticamente le Notizie costituiscono una piacevole e
intelligente lettura e un gradito appuntamento almeno settimanale. Ma anche perché,
dalla nascita ad oggi, il sito è venuto plasmando un gruppo di esperti e ricercatori, la
cui esperienza ed il cui entusiasmo andrebbero persi o dirottati altrove.
Perché, allora, non estendere il campo delle nostre ricerche? Recentemente, il sito si è
arricchito di una ‘sezione cinema’, godibile e utile. La mia proposta, tuttavia,
riguarda pur sempre il campo musicale: la musica swing o sincopata che si suonava
in Italia fino a tutti gli anni Quaranta. L’argomento ha in passato stimolato sul sito
alcuni interessanti contributi (tecnica musicale delle Lescano, grandi orchestre
EIAR, arrangiamenti dei Maestri Prato, Angelini e Barzizza, dischi e musica da film
americani, fascismo e politica anti-esterofila). Ma tanto resta ancora da esplorare.
Penso, in particolare, al divieto imposto dal Fascismo di suonare musica jazz (o
swing o americana, che dir si voglia). Tutti ne parlano e ne scrivono come di cosa
assodata. Ma un’indagine seria – quale in parte già è stata svolta sul sito – porta a
concludere che si tratti in realtà di un mito. D’accordo che le Lescano non sono tutto
swing o ritmo sincopato. Il loro repertorio comprende anche tanta musica melodica. E
già mi sembra di sentire i puristi del jazz negare che quello delle Lescano (o di
Barzizza, Natalino Otto e via dicendo) sia vero swing. Ecco lo spunto per una bella
discussione. E comunque resta il fatto che, edulcorata quanto si vuole (ma davvero e
quanto esattamente?) rispetto ai modelli statunitensi, la musica sincopata trovò qui da
noi nelle Lescano le interpreti capaci di diffonderla tra un pubblico – quello italiano –
con gusti in materia di musica e testi piuttosto tradizionali.
A sorprese ancora maggiori (a smentita di un luogo comune altrettanto radicato)
porterebbe un’analoga indagine indirizzata alla Germania, dove anche la musica jazz
venne colpita (ma quanto e con quali modalità?) dal bando decretato dal nazismo,
andato al potere, contro la c.d. ‘arte degenerata’ [Entartete Kunst].
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Il saxofono fu uno strumento
particolarmente inviso ai nazisti.
A guardare oltre le Alpi ci guidano, del resto, le stesse Lescano, con i dischi da loro
incisi per il mercato tedesco (e dove cantano in quella lingua, così simile
all’olandese, la loro lingua madre). Ma la vera sorpresa per chi le ascolti la prima
volta, sono le incisioni realizzate in piena guerra dal grande Kramer e altri musicisti
italiani (gli altrettanto bravi Piero Angeli e Alfredo Marzaroli) per
etichette discografiche in Germania. Su questo, precisamente, mi riprometto di
scrivere una nota, con l’augurio che essa dia avvio ad un dibattitio approfondito, tale
da animare il sito».
◙ La Vetrinetta di Antonio si arricchisce di altri due titoli: Partir con te di GiulianiBorella interpretata da Carlastella con l’orchestra Ceragioli e La barca dei sogni di
Di Ceglie-Testoni come volle interpretarla Silvana Fioresi.
◙ Il promesso saggio di Virgilio, intitolato Caterinetta 1945-1955 e corredato da
numerose foto inedite, verrà pubblicato venerdì prossimo, 6 Aprile, nella sezione
Oggi parliamo di... Esso vuol essere una sontuosa regalia che il nostro attivissimo
collaboratore genovese desidera offrire a tutti i nostri aficionados in occasione della
Santa Pasqua.
Venerdì Santo 6 Aprile 2012
Lasciali
vivere!
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◙ Come annunciato lunedì scorso, pubblichiamo il corposo saggio di Virgilio Zanolla
intitolato Caterinetta 1945-1955. Esso fa, per la prima volta, piena luce sul periodo
più felice ma anche più tormentato – e addirittura, verso la fine, ad un passo dalla
tragedia – della minore delle sorelle Leschan/Lescano. Ecco come l’Autore stesso ci
presenta il proprio lavoro, costatogli settimane di ricerche e frutto di molteplici
colloqui con vari testimoni, tutte persone di squisita cortesia e illimitata disponibilità,
che hanno fornito un supporto decisivo alla riuscita dell’impresa:
«Mi è rimasta impressa una frase di Nicolas Poussin. Il più grande pittore francese
del Seicento (che, com’è noto, trascorse gran parte della sua vita a Roma, città di cui
era innamorato e dove morì), un giorno, a un ammiratore che gli chiedeva come fosse
giunto a tale eccellenza nel dipingere, rispose modestamente: - Non ho trascurato
nulla. - Nel mio piccolissimo, ho sempre cercato di far tesoro di queste parole,
sforzandomi di tenerle presenti in ogni cosa che faccio, soprattutto nelle ricerche.
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Questo saggio, infatti, è frutto di un po’ d’attenzione, di ostinazione e di tanta
fortuna. Volevo ricostruire il passato di Caterinetta dal momento del suo abbandono
del Trio fino alla partenza per il Venezuela: ma i punti di riferimento erano
pochissimi. Avevo letto il messaggio del sig. Franco D’Agostino, fattosi vivo col
nostro sito per raccontarci di suo zio Duilio; le date presunte della relazione di
quest’ultimo con Caterinetta non parevano tuttavia combaciare con altri indizi, che
portavano al misterioso personaggio presente accanto a Kitty nella foto balneare
apparsa su Tulip Time. Ero persuaso che il sig. D’Agostino avesse ancora parecchie
cose da dire, e soprattutto indizi da fornire: così l’ho contattato, e ho potuto parlargli
al telefono. Franco (ormai ci diamo del “tu”) è stato gentilissimo, e per suo tramite ho
potuto contattare suo cugino Renato e, in un secondo tempo, anche la signora Carla
Righi, vedova di Duilio: i quali sono stati anch’essi estremamente gentili e
collaborativi. È dalle loro testimonianze che ho finalmente compreso come
Caterinetta avesse frequentato non una ma due persone legate in qualche modo al
mondo dell’antiquariato torinese. Tuttavia, nessuno di loro aveva saputo fornirmi il
nome dell’altra persona, ovvero del fidanzato che Kitty ebbe prima di Duilio. Per
saperne di più, dopo un ozioso giro di telefonate a vari negozi antiquari di Torino,
chiedendo di persone e di cose riguardanti ben sessant’anni prima, e quindi ben
difficilmente ricostruibili, sono riuscito a rintracciare il sig. Peppino Angotti, di cui
m’aveva fatto il nome la signora Righi: Angotti, tra la fine degli anni Quaranta ed i
primi Cinquanta, era stato socio di Duilio D’Agostino. Da lui ho appreso tanti
particolari di prima mano, e, soprattutto, il cognome del famoso primo fidanzato di
Caterinetta. Tale cognome non è particolarmente diffuso, così nei primi giorni di
luglio del 2011 sono riuscito facilmente a rintracciare la famiglia dello stesso,
apprendendo come questa persona fosse mancata da più di vent’anni. Uno dei suoi
nipoti, il signor Gesuino, e soprattutto la sorella, l’oggi ottantottenne signora Maria
Rosaria, sono stati meravigliosamente collaborativi: ed ecco che, improvvisamente,
davanti ai miei occhi e alle mie orecchie si sono aperte le ‘cataratte del Nilo’... Grazie
alla memoria lucidissima della signora Maria Rosaria, alla sua precisione nel fornirmi
dati e particolari, ho potuto ricostruire il passato di Caterinetta fino agli albori del ’53,
saldandolo così con la successiva storia di Kitty con Duilio D’Agostino; e grazie alla
cortesia della stessa, ho potuto recuperare una trentina di foto, di cui 24 del tutto
inedite di Caterinetta, e alcuni documenti scritti, uno dei quali di suo pugno. Poussin,
dunque, aveva ragione: in qualsiasi cosa si faccia, non bisogna mai trascurare nulla».
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Biglietto autografo di auguri pasquali di Caterinetta [Kitty] Lescano alla sua madrina,
Matje de Leeuwe, sposata a Bertus Martron. Si noti la grafia errata del cognome
dello zio, che si incontra anche in altri documenti.
◙ Mail di Massimo Baldino: «Cari amici, non è davvero il caso di prendersela tanto
sentendo Loffredo e Bonino dire alla radio una cosa per un’altra! In quei programmi
del famoso jazzista-presentatore di imprecisioni, anche grossolane, ce ne sono
parecchie, tipo datare i dischi della Garbaccio intorno al 1935, con l’interessata che
non lo corregge! E presentare la stessa come una cantante della metà degli anni
Trenta: come dire che ne era proprio convinto.
Il fatto è che le cose vanno sempre viste da altre prospettive. Non tutti sono precisi e
meticolosi come cerchiamo di esserlo noi e, quando si fanno delle affermazioni, non
si può stare sempre a consultare prima le enciclopedie (che tra l’altro, su questi
argomenti, non esistono o sono spesso inaffidabili). Un programma radiofonico è
godibile proprio perchè fatto da esseri umani che parlano liberamente e a braccio, con
tutto quello che ne consegue, errori compresi. È solo quando si vuole ricostruire le
cose (vedi la fiction Rai o il tascabile Einaudi sulle Lescano) che errori così
diventano orrori…
In questo momento sto ascoltando le interviste di Carletto Loffredo, che trovo
estremamente godibili e preziose: chi se ne frega, allora, delle sviste!».
◙ Mail di Giorgio Zoffoli: «Entro subito nel merito dell’interessante acquisizione di
documenti musicali che ho fatto domenica scorsa in un mercatino dell’usato in quel
di Bagnacavallo di Ravenna. Quando si frequentano mercatini del genere, lo stato
d’animo più frequente è che “ormai non si trova più nulla di interessante”, perché chi
ha collezioni importanti se le tiene strette e nascoste ed inoltre perché si pensa che
tanta documentazione cartacea finisca ahimè al macero o nella spazzatura.
Ma, quando meno te lo aspetti, ti capita il colpetto fortunato del venditore che ha
appena sgombrato il solaio di una vecchia zia, deceduta da poco, la quale era stata per
tutta la vita “noiosamente” appassionata di “musica petulante”.
Beh, con un unico acquisto molto alla portata di mano, sono riuscito ad aggiudicarmi
oltre trenta “Canzonieri della Radio” che mi mancavano (dal n. 153 del 1949 al n.
209 del 1954), una trentina di “Raccolte di Canzoni” delle Messaggerie Musicali che
non conoscevo più di tanto e che mi riempiranno parecchie giornate di questa
primavera, ma soprattutto un interessante romanzo illustrato a colori di Umberto Eco,
che non sapevo trattasse anche della musica leggera degli anni Trenta.
24
Copertina del romanzo di Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana (Bompiani,
2004) e tre delle numerose pubblicazioni recentemente acquisite dal nostro amico Giorgio Zoffoli.
Il protagonista della storia, Yambo, dopo un incidente che gli ha fatto perdere la
memoria, viene accompagnato nel lento recupero di se stesso dalla moglie che lo
convince a tornare nella casa di campagna dove ha conservato i libri letti da ragazzo,
i quaderni di scuola, i dischi che ascoltava allora. Così, in un immenso solaio, Yambo
rivive la storia della propria generazione, tra Giovinezza e Pippo non lo sa, tra
Mussolini, Salgari, Flash Gordon e i suoi temi scolastici di Piccolo Balilla. I
riferimenti alle canzoni degli anni Trenta sono costanti e le citazioni del Trio Lescano
ripetute. Vi segnalo questo libro per suggerirlo magari ai lettori del sito».
◙ Roby ci ha offerto la perfetta registrazione del disco Cetra DC 4200, del 1942, con
le canzoni O Carolina e Tutti vogliono cantare, interpretate entrambe da Ernesto
Bonino e il Trio Lescano, ottimamente accompagnati, come al solito, dall’Orchestra
di Pippo Barzizza. Dato che queste copie sono nettamente migliori di quelle già
presenti nel nostro Archivio sonoro, è stato un piacere operare la sostituzione.
◙ Antonio ci ha offerto, come graditissimo dono pasquale, la canzone Bimba mia non
mi resistere (GP 92404), interpretata da Dino Di Luca e il Trio Lescano. Essa è tra
quelle che ancora ci mancavano, purtroppo però la qualità di questa copia non è delle
migliori: preferiamo perciò che il nostro Walter metta in campo tutta la sua bravura
nel tentativo di restaurarla, prima di proporre a tutti i lescanofili la consueta
anteprima del brano.
Giovedì 12 Aprile 2012
◙ Molte attrici e non pochi attori del cinema del periodo 1930-1945, di cui ci
occupiamo noi, hanno avuto una vita lunghissima (clamoroso il caso di Johannes
Heesters, di cui abbiamo parlato nel Gennaio scorso); Virgilio ha perciò avuto l’idea
di verificare quali protagoniste del nostro cinema di quell’epoca siano tuttora con noi,
con la speranza di poterle contattare per raccoglierne la testimonianza. La ricerca ha
dato esito positivo e così il nostro collaboratore ha avuto la gioia di parlare a lungo al
telefono con la novantunenne Lilia Silvi, sempre lucida e in gambissima. Grazie alla
piena collaborazione della figlia, Chicca Scarabello, egli ha potuto realizzare
un’intervista alla spumeggiante interprete di tanti bei film di quel lontano passato,
come Dopo divorzieremo o La bisbetica domata: una vera sciccheria.
http://www.trio-lescano.it/pdf/Una_ragazza_con_argento_vivo.pdf
Manifesto del
film La vispa
Teresa di
Mario Mattoli
(1943),
interpretato da
Lilia Silvi.
25
◙ Mail di Antonio: «Desidero inviare a tutti gli amici lescanofili un caro saluto dal
mio paese natio, Polignano a Mare, sognando di volare con Mimmo... nel blu del
nostro cielo».
◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vi mando questa caricatura che ho trovato
fra le carte di mio padre. Indubbiamente è lui, ma non riesco a leggere chiaramente la
firma dell’autore (un po’ pungente...). Sono sicura che le forze riunite del sito
riusciranno a individuarlo! Auguri a tutti e lunga vita al sito!».
26
◙ Simone ci ha inviato un’etichetta che ci mancava: quella della canzone Non ti
parlerò d’amore di Bertone-Cram, incisa nel 1940 da Michele Montanari e il Trio
Lescano, accompagnati dall’Orchestra Barzizza (Parlophon GP 93158, matrice
154822).
◙ Mail di Virgilio: «Cari amici, ho considerato la circostanza, indubbiamente curiosa
ed emblematica, che l’ultimo disco delle Boswell Sisters è del 1936, e dello stesso
anno è il primo disco delle Lescano. Insomma: un ideale ‘passaggio di consegne’ tra
quelli che, nel mio piccolissimo, giudico i due migliori trii vocali femminili del
Novecento: dato che, come ho già avuto più volte occasione di dire, considero le
Andrews Sister nettamente inferiori sia alle prime che alle seconde. Mi piacerebbe
però, in proposito, conoscere anche il pensiero degli altri confratelli: i quali, magari,
segnalassero altri trii – europei e non – che a loro giudizio andrebbero citati in questo
Parnaso delle sette note».
Ultim’ora - Mail di Paolo:«Partecipando alle notizie odierne, Virgilio cita a proposito
le Andrews Sisters. Queste ragazze conobbero un successo eccezionale in America, e
questo nonostante fossero senz’altro inferiori musicalmente alle Boswell. Il loro
boom è senza dubbio dovuto prima di tutto alla loro esuberante presenza scenica: si
veda il loro esordio cinematografico del 1940 e la loro costante presenza nei film di
periodo bellico, accompagnate dalle più grandi orchestre, come quella di Harry
James. In pratica divennero le fidanzatine di ogni soldato americano, e in questa scia
la loro popolarità si mantenne intatta negli anni. Ancora nel 1979 nel film di
Spielberg 1941: Allarme a Hollywood vengono addirittura impersonate da attrici
moderne su loro vocal originale.
Gli americani furono insuperabili nell’utilizzare le stars d’epoca per mantenere alto il
morale delle truppe. Tutti gli artisti portarono il loro contributo dando spettacoli e
facendo trasmissioni radio a favore dei soldati. Glenn Miller su tutti creò la AAF
Band, composta da una quarantina di elementi che furono inviati in Inghilterra, da
dove trasmisero per le truppe al fronte e irradiarono programmi speciali per il
nemico, per cercare un possibile consenso in vista della vittoria.
Molti furono i trii e quartetti vocali notevoli, soprattutto femminili: oltre alle
Andrews ricorderei le Denning Sisters, le King Sisters (quartetto). Ma sui quartetti
27
vocali aprirei un’altra pagina più tardi, in quanto il discorso andrebbe allargato e ci
sono alcuni gruppi formidabili di cui parlare diffusamente».
Nell’odine: le Denning Sisters e le King Sistsers.
Lunedì 16 Aprile 2012
◙ Gesuino Epicureo, a nome anche della zia Maria Rosaria Epicureo, ha scritto al
nostro Virgilio, autore del saggio Caterinetta 1945-1955, pubblicato il 6 Aprile
scorso, una bellissima mail. Essa ci è parsa non solo un attestato di stima e di
riconoscenza come capita poche volte di ricerverne nella vita, ma anche un
documento di indiscutibile interesse, quanto meno sul piano umano. Abbiamo perciò
ritenuto opportuno pubblicarlo in appendice al saggio stesso, unitamente alla foto, a
tutta pagina, cui la Signora Maria Rosaria fa riferimento nella mail. Invitiamo dunque
tutti i nostri lettori a prendere visione della nuova versione del saggio, che è ora in
rete: http://www.trio-lescano.it/pdf/Caterinetta_1945-1955.pdf.
Li invitiamo altresì a visionare anche la scheda fotografica dell’attrice Lilia Silvi,
intervistata di recente da Virgilio: essa è stata infatti riveduta e notevolmente
arricchita con cinque stupende foto pubblicitarie, provenienti dall’archivio personale
dell’attrice grazie ai buoni uffici della gentilissima figlia, Elisabetta Scarabello.
◙ Diversi lettori ci hanno segnalato contemporaneamente che un noto commerciante
campano ha messo all’asta su eBay (al prezzo di partenza di 35€, più 12€ di
spedizione!) un disco Parlophon contenente una canzone col Trio Lescano che non
figura nella nostra Discografia. Tale notizia ci lascia perplessi. In effetti, se non
possiamo escludere a priori che nell’elenco da noi redatto delle incisioni realizzate
dalle Lescano manchi qualche titolo, ci pare però strano che nessuno ce l’abbia mai
segnalato prima d’ora. La nostra Discografia è stata oggetto negli anni scorsi di
innumerevoli correzioni, messe a punto e integrazioni ad opera dei tanti esperti che
hanno voluto darci una mano: possibile che tutti costoro fossero all’oscuro
dell’esistenza di questo disco, pubblicato per di più nel 1939, vale a dire quando le
olandesine erano al culmine della popolarità?
28
Faremo dunque delle indagini, coinvolgendo i migliori cultori della materia con cui
siamo in contatto; poi ritorneremo sull’argomento, presumibilmente nelle prossime
news.
◙ A proposito di formazioni vocali straniere c’è stato un vivce scambio di mail tra
Paolo [Piccardo] e Virgilio. Lo pubblichiamo perché è di interesse generale.
♦ Paolo:
Si è brevemente disquisito sui trii vocali. In America, dove si era maestri del vocal,
sia a solo che con orchestra, i gruppi furono moltissimi, e spesso le loro performances
furono inscindibili da quelle della loro orchestra, divenendone un tratto caratteristico.
I trii, ma soprattutto i quartetti vocali, a volte erano composti da membri
dell’orchestra stessa, oppure da un mix di orchestrali e cantanti solisti, oppure erano
gruppi a parte. Vediamo in breve i le principali formazioni degli anni ’40.
L’Orchestra di Glenn Miller schierava una coppia di cantanti solisti, Marion Hutton e
Ray Eberle, a cui si univa a volte il saxofonista Tex Beneke, e il quartetto (poi
quintetto vocale) dei Modernaires, che era composto, nella formazione originale, da
Chuck Goldstein, Hal Dickinson, Ralph Brewster, Bill Conway. La cantante Paula
Kelly si unì al gruppo più tardi. Tra i loro maggiori successi ricordiamo Chattanooga
Choo Choo, Kalamazoo, I know why (Serenata a Vallechiara). Il quartetto, con
debite varianti e inserimento di figli dei componenti originali è tutt’ora attivo negli
Stati uniti (nella foto, da sinistra: Conway, Brewster, Dickinson, Goldstein, Beneke,
Eberle, Glenn Miller; in primo piano Marion Hutton).
L’Orchestra di Tommy Dorsey presentava il celeberrimo gruppo The Pied Pipers
(Chuck Lowry, John Huddleston, Clark Yocum Hal Hopper e la divina Jo Stafford).
Altri cantanti furono nientemeno che “The Voice” Frank Sinatra, che mosse i primi
passi nella formazione di Dorsey e Connie Haines. Il gruppo vocale, che ebbe in
seguito un gran successo da solo, è attivo ancor oggi, e dal 2001 è stato inserito nella
Vocal Group Hall of Fame (nella foto, da sinistra: Tommy Dorsey, Lowry Stafford,
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Sinatra,Yocum, Huddleston). Tra i più grandi successi con Dorsey ricordiamo I’ll
never smile again, Yes indeed, There are such things... del quartetto da solo si ricordi
Dream e My happiness.
Alvino Rey esibiva con orgoglio le quattro sorelle King (Alice, Louise, Donna,
Yvonne), una delle quali, Louise, era la sua consorte. Le sorelle registrarono successi
come Mairzy Doates, Nighty Night, Miss Otis Regrets, San Fernando Valley, Jersey
Bounce. Il gruppo proseguì l’attività ben avanti negli anni ’90. Molti siti di fan sono
tuttora attivi e aggiornati.
E i gruppi afro-americani? Beh, difficilmente si trovano associati alle grandi
orchestre (Ellington, Lunceford), ma spessissimo lavorano da soli. Si veda nella
pagina degli Stili Vocali l’accenno agli Ink Spots e ai Mills Brothers.
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Le sopraccitate bands esibivano a volte estemporanei ma efficacissimi trii e quartetti,
composti dai musicisti stessi. Gustate questo esempio meraviglioso, una vera Star
Parade: www.youtube.com/watch?v=2SThwSctW_A
Naturalmente i gruppi furono numerosissimi. Visitate, per avere un’idea, il bel sito:
www.vocalgroupharmony.com/index.htm.
♦ Virgilio:
Caro Paolo, il tuo recente intervento sulle formazioni vocali statunitensi è stimolante
ed esauriente, degno in tutto e per tutto della tua fama di studioso, musicista e
musicofilo; ma, se consenti, rispetto al tema che ho proposto, è spesso anche
fuorviante. Io vorrei limitare il mio ragionamento esclusivamente ai tri femminili, di
qualsivoglia paese e di qualsiasi epoca purché attivi (o anche attivi) nella prima metà
del Novecento; il motivo è intuibile: vorrei compararli con le Lescano, per capire in
effetti qual è il valore assoluto del nostro Trio, che nella mia mitologia pongo, nel
passato secolo, in vetta assieme alle Boswell Sisters. In questi giorni sto ascoltando
tutti i brani possibili delle Boswell, per poter istituire dei paragoni e ravvisare delle
differenze tra loro e le nostre olandesine: ma, per carità, non per stabilire a quale dei
due trii vada la supremazia, perché per me sono entrambi celestiali. Mi piacerebbe
tanto - e in questo, nessuno può aiutarmi più di te - trovare qualche brano delle
Boswell poi ‘rifatto’ dalle Lescano: sono certo ve ne siano, ma al momento non ne ho
trovati, anche se in Roll on Mississippi Roll on (1931) c’è indubbiamente qualcosa da
loro ‘affrontato’ con piglio pre-lescaniano, dove forse si può istituire un raffronto.
Per ora, delle Boswell posso dire questo: erano vocalmente più complete (ciò che
tuttavia non significa anche più duttili), in quanto, nei motivi, tutte e tre le sorelle,
non solo Connie, cantavano spesso brani solistici. Riguardo alle canzoni, tra le loro e
quelle delle Lescano, queste ultime hanno incomparabilmente più swing: ma ciò
dipende esclusivamente dagli sviluppi musicali dei secondi anni Trenta, dove le
grandi orchestre avevano ormai il sopravvento; non dimentichiamo che le Boswell
incisero il loro primo disco nel ’25 (su You Tube si può ascoltare il loro frusciante
ma suggestivo Nights When I am Lonely,che risale proprio a quell’anno), e allora
andavano per la maggiore le melodie lente e cantilenanti tipiche di certo soul. Le
Boswell sono spettacolose in Crazy People (’32) e in qualche altro brano, ma le
Lescano non sono davvero da meno, anzi. In fatto di acrobazie vocali non saprei
proprio chi scegliere: le Boswell se ne concessero di meno, ma all’occasione si
dimostrarono sempre all’altezza, mentre per le Lescano esse furono indubbiamente
una loro caratteristica di stile; le Boswell sono bravissime a interagire con l’orchestra,
ma in questo le Lescano sono difficilmente superabili (le tanto decantate Andrews,
invece, fanno il loro bravo ‘compitino’...). Per le Boswell, gli anni d’oro furono
soprattutto il 1931 e il ’32, per le Lescano è forse più difficile stabilirlo, dato che
musicalmente parlando, gli anni 1937-42 furono tutti in pieno sole.
Ecco, ti ho esposto alcune mie modeste osservazioni, frutto dell’ascolto di una
sessantina di brani delle Boswell Sisters. Mi piacerebbe saperne di più anche su altri
trii vocali femminili europei: purtroppo, la pagina relativa del nostro sito è ancora in
preparazione. Conto molto anche sugli interventi e le opinioni di altri confratelli e
lettori, e anche su quella del nostro Curatore, che essendo musicista ha tutte le carte
in regola per dire la sua, molto più di un profano quale io sono.
31
♦ Paolo:
Ho dato una bella occhiata alla discografia delle Boswell, e purtroppo non esistono
termini di paragone. Invece trovo che le Boswell abbiano in realtà scopiazzato da vari
altri gruppi: ad esempio, Shout Sister Shout (www.youtube.com/watch?v=FG-nGvUVPU) è assolutamente nello stile dei coevi Mills Brothers, e anche un po’ del genere
barbershop quartets. Anche l’armonizzazione è strana. La voce conduttrice è in
basso, un po’ come se Giuditta cantasse la parte di Caterina, rovesciando quindi le
armonizzazioni canoniche. Evidentemente Connee aveva la voce profonda, ed
essendo la più portata al canto approfittò della situazione. Non che ci sia qualcosa di
sbagliato, per carità.
Credo che la differenza sostanziale tra Lescano e Boswell è che le americane erano
tre musiciste finite, e quindi riusciva loro più istintivamente lo swingare e il “leggere”
la musica, mentre le Lescano sono più “orecchianti”, ma come spesso succede il
talento fa la differenza. Boswell sta a spartito come Lescano sta a feeling... e si sente!
Purtroppo una politica cieca e somara impedì alle nostre care di confrontarsi con un
vero repertorio jazzistico ed interpretare i grandi standard dei maggiori compositori
americani (vuoi pensare a Caterina che canta Sophisticated Lady o al Trio che
vocalizza sul blues di Un americano a Parigi?).
È lo stesso rimpianto che ho per Mina: avesse avuto il coraggio di andare negli USA
avrebbe polverizzato Streisand e compagnia bella...
♦ Virgilio:
Quest’ultimo messaggio mi pare importante e acuto: soprattutto condivido la frase.
«Boswell sta a spartito come Lescano sta a feeling...e si sente». Non perché le
Boswell fossero inferiori, non è così, ma in quanto a mio avviso esse furono
realmente penalizzate da un certo fiacco languore delle canzoni dell’epoca, dove
abbondavano la melassa e il papavero.
◙ Mail di Francesco Paci: «Mi trovo assolutamente d’accordo con Virgilio: le
Andrew Sisters non sono al livello delle Boswell Sisters (e non erano neppure così
belle come le seconde, a mio parere), ma, bisogna ammetterlo, esistono diversi brani
indimenticabili del longevo trio americano, che ascolto di continuo: basti ricordare
Near You, Bei Mir Bist du Schön, There’ll be a Hot Time in the Town of Berlin, Pistol
Packin’ Mama, e così via.
Le Boswell Sisters risentono ancora dell’atmosfera degli anni ’20, ma, al tempo
stesso, con la loro grande musicalità, inaugurano un filone nuovo ed allettante. Non
credo sia del tutto corretto citare il “passaggio di consegne” fra le sorelle americane e
quelle olandesi, cui faceva riferimento Virgilio: ricordiamoci sempre che i suddetti
grandi Trii appartenevano a due continenti (e culture) differenti. Potrei, al massimo,
ripetere quanto detto per le sorelle Boswell: le nostre sorelle Leschan hanno avuto il
merito di svecchiare il panorama musicale italiano, ancora troppo tradizionale e, devo
dirlo, non sempre convincente».
◙ Intervento del Curatore: «Fin dalla creazione del sito ho sempre sostenuto che è un
controsenso, tanto sul piano cronologico quanto su quello propriamente musicale,
affermare – come fanno taluni sedicenti storici della canzone e ripetono
papagallescamente, con deplorevole pervicacia, i gazzettieri di turno – che le
Andrews Sisters siano il modello delle Lescano. Tale modello (se mai ce n’è stato
32
uno) va piuttosto individuato nelle Boswell Sistsers, i cui dischi è assai probabile che
fossero noti al M° Carlo Prato, lo scopritore e preparatore delle olandesine.
Le Boswell Sistsers (Martha, Connie e Vet) all’apice della loro carriera.
Su di loro si veda il bel sito http://www.bozzies.org/.
Le Boswell, in ogni caso, dovettero servire solo da stimolo iniziale per le Nostre, dato
che ben presto Prato individuò per loro uno stile interpretativo originale,
inconfondibilmente diverso da quello delle americane e perfettamente tarato su un
repertorio del tutto differente. Si tenga anche presente che le Boswell, musiciste colte,
cantavano nella loro lingua e nel paese dove il jazz ha avuto origine, giocavano
insomma ‘in casa’, mentre le Lescano, cantanti istintive, percorsero tutta la loro
carriera ‘in trasferta’: vien da chiedersi a tale riguardo come avrebbero cantato in
olandese, la loro lingua materna... Va però ribadito una volta di più che, grazie
all’intuito del M° Prato e al loro prodigioso talento innato, le Lescano seppero
immediatamente trasformare un apparente handicap – una pronuncia alquanto
approssimativa dell’italiano e, in misura minore, del tedesco – in un vezzo in più. Per
certuni, addirittura, la loro carta vincente, al pari della vistosa erre moscia di
Giuditta».
◙ Mail di Renato Percival Allison: «Amici, mi sono sempre chiesto, come mai,
quando si parla di trii femminili che hanno più o meno direttamente fornito
ispirazione per le Lescano, non si nominino mai le Brox Sisters. Molti esempi delle
loro interpretazioni si possono ascoltare su YouTube, come questo:
http://www.youtube.com/watch?v=obMX42zTYPs. Secondo me, sono il vero prototipo dal
quale discendono tutti gli altri trii vocali femminili».
33
◙ Mail di Massimo Baldino: «Carissimi amici, domenica 29 Aprile dedicheremo
un’intera giornata al grande Ernesto Bonino, nel quarto anniversario della sua
scomparsa. Lo faremo con una trasmissione speciale di Dal fonografo al microsolco
interamente dedicata a lui. Nel pomeriggio invece tutta la nostra programmazione
sarà proprio dedicata alle sue canzoni.
Ci piacerebbe poter avere anche qualche breve ricordo dell’indimenticabile cantante
torinese raccontato da Voi. Una sua apparizione televisiva che vi è rimasta impressa,
una sua canzone... insomma qualsiasi cosa vi sia rimasta cara o comunque in mente.
Se volete dunque partecipare a questo nostro revival basta rispondere a questa mail
entro il giorno 24 c.m., comunicandoci il vostro numero telefonico fisso. Sarete
contattati quanto prima e registreremo il vostro ricordo.
Confido dunque in Voi, per poter rendere un giusto omaggio a questo grande
protagonista musicale del secolo scorso».
Ernesto Bonino
(Torino, 16 Gennaio 1922 - Milano, 29 Aprile 2008).
34
Sabato 21 Aprile 2012
◙ Abbiamo potuto chiarire i dubbi relativi al disco menzionato nella seconda delle
Notizie di lunedì scorso. Precisiamo innanzi tutto che si tratta del disco Parlophon GP
92824, messo all’asta su eBay da ferditrilly e contenente sul lato a Mariquita e sul
lato b La campana dell’amore. Ecco l’etichetta di quest’ultima, pubblicata dal
venditore:
Come si vede, in essa si legge che il brano è interpretato da Carlo Moreno, affiancato
dal Trio Lescano, con l’accompagnamento dell’Orchestra Barzizza. La campana
dell’amore, però, non figura nella nostra Discografia, il che ci è sembrato subito
alquanto strano, per i motivi che abbiamo esposto nella news citata qui sopra. Un
rapido controllo effettuato nei cataloghi storici della Casa discografica ha avvalorato i
nostri dubbi, in quanto la presenza delle Lescano non vi è affatto segnalata, mentre al
loro posto figura Michele Montanari:
Dal Catalogo dei Dischi Cetra-Parlophon del Gennaio 1941, p. 74.
Dal Catalogo dei Dischi Cetra del 1942, p. 296.
Restava però la possibilità – a dire il vero assai remota – che l’etichetta fosse giusta e
che a sbagliare fossero i cataloghi. Abbiamo perciò interpellato la signora Gianna
Montanari Bevilacqua, nostra cara amica, la quale, gentilissima come sempre, ci ha
non solo confermato che La campana dell’amore è stata incisa da suo padre in duo
con Carlo Moreno, senza alcun intervento delle Lescano, ma ha anche allegato alla
sua mail, come prova decisiva, il file dell’incisione. Siamo dunque in presenza
dell’ennesimo pasticcio commesso dai funzionari della Parlophon (che – è bene
ricordarlo – era un’emanazione dell’Eiar), in un’epoca in cui, stando alla propaganda
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del Regime, tutto funzionava a dovere, inclusi i treni che partivano e arrivavano
sempre spaccando il secondo.
◙ Nella sezione “Cinema” della nostra Fototeca è prevista anche una sottosezione
dedicata ai Manifesti e locandine, che costituiscono senza dubbio uno degli aspetti
più fascinosi della cinematografia italiana nel periodo da noi preso in considerazione
(1930-1945). Fra i tanti artisti grafici che si specializzarono nella creazione di questi
efficacissimi strumenti pubblicitari si distinse il romano Anselmo Ballester (18971974), autore di un numero impressionante di manifesti per film, tutti di qualità
ineccepibile per abilità compositiva, plasticità delle figure ed espressività dei volti.
Abbiamo rintracciato il nipote di questo grande Artista, Claudio Procesi, il quale,
unitamente alla sorella Lidia, ha accettato di buon grado di scrivere per noi un
affettuoso Ricordo del nonno, dal quale emerge a tutto tondo l’accattivante
personalità di Ballester, non solo illustratore di eccelsa bravura (significativa è
l’ammirazione che nutriva per il Tintoretto), ma anche bon vivant: amante degli
scherzi bonari e arguti, della musica conviviale di qualità e, al tempo stesso,
legatissimo alla famiglia. Un tipo d’uomo che al giorno d’oggi è sempre più raro
incontrare, specialmente fra i troppi attuali sedicenti “artisti”.
http://www.trio-lescano.it/pdf/Ricordo_di_Anselmo_Ballester.pdf
Anselmo Ballester negli anni ’50.
◙ Mail di Roby [Roberto Berlini]: «Cari amici, sono contento che nella pagina delle
Notizie, si parli dei trii e delle altre formazioni vocali. In merito non potevo non
intervenire, visto che è il mio principale e preferito tema di studio, per tentare di fare
ulteriore chiarezza.
Nel 1928 nasce in America il quartetto dei Mills Brothers, che scatenò in oriente,
particolarmente in Giappone agli inizi del 1930, un vera e propria moda. Mentre in
Europa si sarebbe seguito più il filone del Trio Vocale Femminile capitanato dalle
Boswell Sisters (1930-1936), che a loro stessa volta sono state ispirate dalle Brox
Sisters (1920-1930 circa), in Giappone il maestro Tadahuru Nakano formò due
Quartetti: i Fratelli e le Sorelle Nakano, che ebbero vita dal 1931 al 1936 circa.
In Europa, come già detto, si preferì seguire i Trii Vocali Femminili, forse perché più
dolci e meno “black” dei Mills Broders. Nel 1935 in Finlandia nascono dalle Boswell
Sisters le Harmony Sisters, seguite nel 1936 in Italia dalle sorelle olandesi Leschan
36
(Lescano), create dal Maestro Carlo Prato che in quello stesso anno fa esordire il
Quartetto Jazz Funaro. Dal grande successo delle Lescano, alla fine del 1937,
esordiscono discograficamente formazioni vocali Tedesche come il Trio Vocale Köln
e il Duo Nelson della “Voce del Padrone”. Nel 1938 arrivano in Italia, incidendo per
la Odeon, Il Trio Vocale Americano Dunk’s Rhythm Sisters (in realtà olandesi, che
fingevano in pubblico di essere americane); infatti nella canzone La signorina della
Quinta Strada il nome della città statunitense New York viene pronunciano
erroneamente Niork!
È sempre nel 1938 che iniziano a fare capolino nella scena musicale italiana i primi
trii vocali italiani: (in ordine alfabetico) il Trio Capinere, in seguito Villalba, e il Trio
Grazia, in seguito Sorelle Passatore. Il primo, formato dalle Sorelle Codevilla, fu con
il primo nome di chiaro stile lescaneggiante; il secondo sentirà forte l’influenza delle
americane Andrews Sisiters, che iniziavano contemporanee alle Dinning Sisters ad
avere un posto rilevante nella scena discografica mondiale. Nel 1939 esordisce il Trio
(maschile) Cetra, contemporaneo ad un Quartetto (sempre maschile) Cetra, che
passera il testimone nel 1941 ad un Quartetto che gli sarà omonimo, inizialmente
maschile e in seguito misto. Tra il 1940 e il 1943 nascono in Italia in quest’ordine i
Trii: Triestino, in seguito Sorelle Triestine, Primavera, Aurora e Fiordaliso. Nel
dopoguerra resisteranno solo il Trio Aurora che, sostituendo Lidia Martorana con
Santina Della Ferrera del Quartetto (femminile) Stars, arriverà a cantare nel 1954 al
neonato Festival di San Remo, e il Trio Capinere che, con il matrimonio di Gianna
Codevilla, diventerà un duo».
◙ Giuseppe D’Agostino e Franco D’Agostino, rispettivamente figlio e nipote
dell’antiquario Duilio D’Agostino di cui si parla diffusamente nel saggio Caterinetta
1945-1955, ci hanno scritto due mail assai elogiative nei confronti del suo autore, il
nostro Virgilio Zanolla. Ringraziamo di cuore per la loro squisita cortesia questi due
amici, con cui è stato un vero piacere collaborare.
Informiamo i nostri lettori che le prossime Notizie saranno pubblicate, con ogni
probabilità, giovedì prossimo: sono in arrivo importanti novità (una riguardante il
padre delle Lescano) e contributi di pregio. Nessuno, dunque, manchi
all’appuntamento!
Giovedì 26 Aprile 2012
◙ Paolo Piccardo, in stretta collaborazione con Paolo
Benevelli e Virgilio Zanolla (che, come tutti sanno, si
occupa nel nostro team di ricercatori della biografia delle
Lescano), ha potuto recuperare un articolo sul clown
Sandro (esattamente: O’Gust Sandro), che fu il nome d’arte
di Alexander Leschan, il padre delle sorelle Lescano. Tale
articolo, apparso il 4 Settembre 1909 sul periodico
olandese «Het Centrum», riveste per noi un’importanza
fondamentale perché getta una luce del tutto nuova su
questo artista circense, sul quale si sono dette e scritte una
quantità impressionante di mezze verità, se non addirittura
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di spudorate menzogne. Anche la moglie Eva e le sue stesse figlie ebbero con lui –
non sappiamo perché – un rapporto a dir poco strano, nel senso che, a partire dalla
fine degli anni Venti, lo cancellarono di fatto dalle loro vite, evitando, nelle interviste
che concessero, perfino di parlarne o facendolo solo per vaghi accenni.
L’articolo in oggetto, tradotto in italiano da Mariëtta Stapper, una gentilissima amica
olandese di Paolo Benevelli, è stato revisionato da Virgilio e commentato sia da
Paolo Piccardo che dallo scrivente. Esso è stato sistemato nella pagina Oggi parliamo
di…
◙ Mail di Paolo: «Il riferimento alla rivista “Fliegende Blätter”, contenuto
nell’articolo del 1909, mi ha portato ad un simpatico ritrovamento, ovvero tutte le
annate digitalizzate online:
● http://www.ub.uni-heidelberg.de/Englisch/helios/fachinfo/www/kunst/digilit/fliegendeblaetter.html
● http://diglit.ub.uni-heidelberg.de/diglit/fb
La rivista fu pubblicata a Monaco di Baviera, in tedesco, dal 1844 al 1944: ecco
dunque una ragione di più per ipotizzare che Sandro fosse probabilmente di madre
lingua tedesca. Credo che Paolo Benevelli, da buon ex-goliarda, saprà trovare ghiotti
spunti da una consultazione attenta di tale periodico».
◙ Giancarlo Fochesato, scorrendo il lungo elenco delle Attrici dimenticate inserito
nella nostra ricerca sul Cinema italiano del periodo 1930-1945, ha notato un nome a
lui familiare, quello di Diana Varè [la grafia Varé, presente in internet, è da ritenersi
errata, come pure la sua pessima variante Vare’]. Gli è quindi venuta subito l’idea di
raccogliere tutto quello che sapeva e possedeva su di lei, per confezionare un Ricordo
di Diana Varè, da inserire nella pagina Oggi parliamo di… Da parte nostra ci siamo
subito attivati per toglierla dal suddetto elenco e spostarla, con una propria scheda,
nella sottosezione Altre giovani attrici della pagina principale dedicata alle interpreti
femminili del cinema in questione. In realtà, come ci riferisce Giancarlo, la “Settima
arte” rappresentò per Diana Varè, avvenente ragazza della buona società romana del
tempo, solo un’esperienza occasionale.
◙ Abbiamo finalmente potuto chiarire il caso, davvero curioso, della foto con dedica
autografa dell’attrice Nella Maria Bonora: c’era infatti chi sosteneva, con ferma
determinazione, che la persona ritratta non fosse lei, bensì la sua coetanea, nonché
rivale, Elsa Merlini (si veda al riguardo la seconda delle Notizie di martedì 17
Gennaio 2012, ora in Archivio). Grazie ai buoni uffici di Marco Andreani del Centro
Internazionale di Cultura Fotografica ‘Macula’, che ha sede a Pesaro, un collezionista
di Ancona, Roberto Recanatesi, ha messo a nostra disposizione, con encomiabile
liberalità, le scansioni di sette foto inedite della Bonora, le quali vanno dal 1921
(quando l’attrice aveva solo diciassette anni) al 1978. Tre di queste foto risalgono allo
stesso periodo della foto controversa, per cui è possibile effettuare un confronto
diretto: esso prova al di là di ogni dubbio che tale foto ritrae proprio la Bonora, anche
se è innegabile che la sua somiglianza con la Merlini fosse allora notevole, naso a
parte.
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Nella Maria Bonora (Mantova, 1904 - Firenze, 1990) nella seconda metà degli anni Trenta;
collezione di Roberto Recanatesi.
Elsa Merlini (Trieste, 1903 - Roma, 1983);
a destra: nel film Amicizia di Oreste Biancoli, 1938.
◙ Mail di Simone Calomino: «Cari amici, vi propongo il mio ultimo ritrovamento, un
disco del 1943 di Carlastella, contenente la canzone La barca dei sogni. Penso che
Carlastella sia fatta apposta per canzoni come questa: ce lo dimostra la presente
incisione, anche se purtroppo abbastanza rovinata. L’accompagnamento è
dell’Orchestra Mojoli».
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Molto interessanti le Notizie pubblicate ieri nel sito confratello Ricordando i Trii
Vocali: complimenti sinceri ai tre giovanissimi animatori e a tutti i loro ottimi
collaboratori.
◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vi mando la copertina del libro che ho
dedicato a mio padre, Michele Montanari (sarà presentato al Salone del Libro di
Torino il 14 Maggio, alle ore 11; interverranno Felice Liperi e Bruno Quaranta).
Allego anche una fotografia del vostro beneamato Trio: so che ce l’avete in archivio,
ma questa, in più, ha la dedica a mio padre, sia pure un po’ cancellata dal tempo.
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Forse avete anche quest’altra foto, relativa alla Seconda tournée della Compagnia
della Cetra, e mi avete scritto in passato chiedendomi chi fosse la cantante vestita da
sposa. Mi pare che abbiate trovato la risposta [Miti Del Bosco], qui comunque ci
sono molte informazioni sul retro».
◙ Mail di Massimo Baldino: «Amici, preparando la puntata su Bonino [v. l’ultima
delle Notizie del 16 Aprile scorso] mi sono arrivati molti suoi files, alcuni mai
ascoltati prima d’ora. Vi invio i seguenti tre col Trio Lescano, È così (IT 1073), La
Pensione do-re-mi (IT 1103) e Pinocchio e la bambola (IT 930), perché a orecchio
suonano meglio di quelli che avete in archivio».
Ciò che afferma l’amico Massimo è perfettamente vero, per cui lo ringraziamo
moltissimo per questo ennesimo bel gesto nei nostri confronti. Raccomandiamo a
tutti i nostri lettori di non perdere, domenica prossima, la trasmissione speciale del
Discobolo, Dal fonografo al microsolco, interamente dedicata a Ernesto Bonino: per
gli appassionati di questo artista straordinario è un must!
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◙ Mail ricevuta: «Buongiorno, mi chiamo Cesare Cortassa e sono un insegnante
elementare che nel tempo libero ha l’hobby della musica suonata. Canto dal 1989 vari
generi di musica, ma la mia personale ricerca mi ha fatto arrivare alla musica swing e
jazz degli anni 1920/30/40. Attualmente suono in una formazione acustica composta
da contrabbasso, ukulele, chitarra e voce e sono rimasto folgorato dalla bellissima
musica italiana di quegli anni... Ora, per suonare questi brani con l’ukulele mi occorre
trasportare le tonalità delle canzoni ed adattare gli accordi al mio strumento e non è
cosa semplice neanche quando si posseggono gli spartiti originali, ma spesso questi
spartiti sono di difficile reperimento.
Leggendo l’elenco del materiale in vostro possesso mi chiedevo se fosse possibile
avere copia di alcuni spartiti di canzoni del trio. Pensavo al momento a Tulipan,
Signorina Grandi Firme e Maramao perché sei morto? A prescindere dalla vostra
risposta, vi ringrazio anticipatamente per l’attenzione e vi esorto a continuare il
vostro lavoro tanto importante per non perdere la memoria storica di una parte
fondamentale della musica leggera italiana».
Risponde il Curatore - Riceviamo quasi tutti i giorni richieste come questa, che
purtroppo non siamo in grado di soddisfare. Gli spartiti presenti nel nostro archivio,
infatti, non possono in nessun modo essere divulgati o ceduti a terzi per i motivi
chiaramente esposti nell’avvertenza di pagina http://www.trio-lescano.it/spartiti_e_testi.html.
Le case editrici che detengono i diritti su tali pubblicazioni sono molto vigili e hanno
agguerriti e minacciosi avvocati per difenderli. Comunque molti spartiti di canzoni
incise dal Trio Lescano sono tuttora reperibili in commercio (sia nuovi che d’epoca,
spesso su eBay) o, in alternativa, sono visionabili presso la Biblioteca Nazionale di
Firenze. È anche possibile ordinare le relative scansioni ai servizi informatici di detta
Biblioteca: i costi sono assai contenuti. Anche la Biblioteca Comunale di Palazzo
Sormani, a Milano, possiede una ricca collezione di vecchi spartiti di canzoni.
http://www.trio-lescano.it/pdf/Biblioteca_Nazionale_di_Firenze.pdf
http://www.trio-lescano.it/pdf/Biblioteca_Comunale_Di%20_Palazzo_Sormani_Milano.pdf
Mercoledì 2 Maggio 2012
◙ Anche Giorgio Consolini se n’è andato, nella sua Bologna, il 28 Aprile scorso:
esattamente tra quattro mesi avrebbe compiuto 92 anni. Con lui scompare uno degli
ultimi protagonisti della Canzone melodica italiana degli anni Quaranta e Cinquanta,
alla quale oggi abbiamo più di un motivo per guardare con nostalgia e rimpianto. In
attesa che un nostro collaboratore (Alessandro Rigacci?) si incarichi di fare un
bilancio della sua lunghissima carriera, noi lo ricordiamo con una pagina
promozionale apparsa sul mensile «Eldorado» (1954, n. 2) e con questa bella
copertina, dedicatagli da «Sorrisi e Canzoni» il 4 Settembre 1955:
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◙ Mail di Paolo: «Amici, mi giunge la traduzione in inglese dell’articolo del 1909
fatta da Ton Martron. In sostanza egli conferma quanto già fatto da Mariëtta, ma c’è
una variante importante, relativa a questa frase:
Trascrizione: “Als hij armen of beenen of schouderbladen gebroken had,
vond hij dat vooral onaangenaam, omdat hij dan niet kon optreden!”
Mariëtta l’aveva tradotta – liberamente – così: “Se gli capitasse di rompersi le
braccia, o le gambe, oppure le scapole, gli dispiacerebbe soprattutto per non essere in
grado di dare rappresentazioni!”, mentre la traduzione di Ton è più letterale: “When
he broke his arms or his legs or his shoulderblade he particularly disliked that,
because he could not perform”, vale a dire: “Quando si ruppe le braccia o le gambe o
le scapole fu particolarmente contrariato perchè non poteva esibirsi”.
Ma allora l’incidente ci fu? O si trattò di più incidenti?».
Ultim’ora - Abbiamo interpellato vari amici che sono in contatto con persone di
madrelingua olandese affinché appurino il vero significato dell’espressione
“gebroken had”; ecco le loro risposte, in pratica unanimi:
♦ Tito Zaggia: «Ho consultato la moglie del mio libraio di fiducia che è den-hagerin
d.o.c. Mi dice che senza dubbio è da escludere la prima traduzione e che di certo
trattasi di un fatto realmente accaduto (“si ruppe”). Ho telefonato subito anche al
marito di mia nipote a Colonia, insegnante di lingue molto preparato e traduttore
richiestissimo: anche lui conferma che l’espressione citata – tra l’altro comune e
quasi uguale a Colonia (“gebrocken hat”), che come è noto trovasi ad un
“Katzensprung” dalla frontiera olandese – ha il secondo significato (“si è rotto”)».
♦ Giacomo Branca: «Direi che vale la seconda traduzione, ossia “si ruppe”».
◙ Dal canto suo Paolo Benevelli ci scrive: «Ho sottoposto immediatamente a
Mariëtta il dubbio espresso nelle Notizie, chiedendole di chiarire esattamente il tempo
verbale della frase olandese: riguarda un evento possibile, ma futuro e incerto,
oppure un evento già accaduto? Avremo presto la sua risposta».
Venerdì 4 Maggio 2012
Tutti sono invitati a leggere l’importante Avviso:
file:///C:/Documents%20and%20Settings/Administrator/Desktop/trio_lescano/pdf/Avviso.pdf
◙ Mail di Giancarlo a Paolo, a Virgilio e, p. c., al Curatore:
«Cari amici, innanzitutto mi complimento con voi per l’importante acquisizione
dell’articolo su Alexander Leschan del 1909. A Paolo, in particolare, va un caloroso
plauso per aver recuperato materialmente e poi reso perfettamente leggibile il
documento, a Virgilio quello per aver sistemato come meglio non si poteva la
traduzione italiana di Mariëtta. Del resto che Virgilio sia un vero maestro nell’arte di
scrivere lo si sa da tempo!
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Vorrei esporre ad entrambi alcuni miei dubbi. Rileggendo il trafiletto su Alexander
Leschan apparso su “De Piste” nel 1951 e pubblicato con la traduzione italiana tra i
documenti del sito, ho richiamato alla mente la tristissima fine fatta da questo
infelice, che nell’articolo pubblicato il 26 Aprile scorso viene descritto – almeno fino
al 1909 – come un gran lavoratore e buon padre di famiglia, insomma un galantuomo.
Mi chiedo come una cosa del genere sia potuta accadere: egli aveva cinque figlie che
negli anni ’30 se la passavano piuttosto bene, per non parlare della moglie Eva che in
Italia girava in quegli anni ben pasciuta e impellicciata. Possibile che nessuna di
queste cinque donne abbia voluto dare una mano, nel momento del più estremo
bisogno, a chi aveva dato loro la vita? Qualcuno potrebbe osservare che forse
ignoravano che il padre, dopo il 1930, non potendo più lavorare, era diventato un
barbone. Tale ipotesi può al limite reggere per le Lescano, che vivevano in Italia
(anche se mi risulta che i telefoni e le poste funzionassero allora a dovere), ma è
credibile che Marie Françoise e Diane Leschan, che vivevano e lavoravano (pure loro
nei circhi) in Olanda, fossero all’oscuro di tutto? Non è più ragionevole immaginare
che questo abbandono del genitore al suo triste destino sia stato frutto di una scelta
deliberata e non della semplice mancanza di informazioni o notizie? Certo, è
possibile che Alexander avesse, come tutti, dei difetti e magari anche delle colpe
verso i familiari, ma cosa può aver fatto di così orribile per giustificare tanta crudeltà
da parte delle sue stesse creature? Non è più logico supporre che fossero invece
proprio queste ultime ad essere figlie ingrate e degeneri? Il Curatore mi ha scritto,
tempo fa, che in questi quattro anni di vita del sito si è imbattuto in un numero
sconvolgente di discendenti di artisti che definire ‘cattivi’ [i discendenti, ovviamente
- NdC] è molto riduttivo.
Ecco, vorrei che esponiate pubblicamente, nella rubrica delle Notizie, il vostro punto
di vista su questa spinosa faccenda, che a mio modestissimo parere merita di essere
chiarita: non abbiamo sempre dichiarato di essere per la verità, qualunque essa sia?»
♦ Risposta di Virgilio: «In effetti, il comportamento di Eva e delle cinque figlie di
Alexander appare da sempre molto sospetto, al punto tale da costituire uno degli
ultimi grandi misteri che riguardano il nostro Trio. Le considerazioni che si possono
fare in proposito le ha già svolte egregiamente Giancarlo, distinguendo le
responsabilità di Diane e Marie Françoise da quelle di Eva, Alessandra, Giuditta e
Caterinetta; io farei di più: distinguerei anche le responsabilità di Eva da quella delle
tre figlie, ed anzi, quella di ogni sua figlia stessa. Infatti: negli anni dal 1927 (data
accertata della definitiva separazione tra lei e Alexander) al 1945 (data del decesso di
quest’ultimo), fu senza dubbio lei la persona che ebbe i maggiori contatti con
l’Olanda, seguita da Caterinetta, perché quest’ultima visse a L’Aja presso la zia
materna Matje II De Leeuwe tra il 1928 e il ’35, quando madre e sorelle giravano
l’Europa ed altri continenti per lavoro. Credo che se responsabilità vi furono, queste
spettino in effetti anzitutto alle due figlie di primo letto: che non potevano non essere
al corrente della situazione.
Alexander – vi prego di considerare bene questo fattore, che non mi stancherò mai
abbastanza di ribadire – doveva avere un carattere molto orgoglioso; dunque, non
credo proprio sia mai andato a piangere miseria presso i parenti, meno che meno le
figlie. Però è difficile supporre che Diane e Marie Françoise non sapessero in quale
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stato versava; e certo la signora o signorina Mariska Van Lissum [nipote di Marie
Françoise] potrebbe avere qualche scheletro nell’armadio... Ma del resto, perché
colpevolizzarla anzitempo? Ce li hanno tutti, gli scheletri; inoltre, lei non è certo
responsabile del comportamento di nonna e prozia. Quanto ad Eva, è molto difficile
non sapesse. Più facile non sapesse Caterinetta, la quale, come persona molto
affettuosa e sensibile, ove avesse saputo qualcosa avrebbe senz’altro cercato di
aiutarlo; ma all’epoca, Caterinetta era adolescente, e viveva tra il collegio e la zia e
madrina, la quale avrà certo esercitato su di lei un potente velo protettivo.
Veniamo però alle Lescano. Nell’intervista al Trio di Marcello Soria (1938), ad una
sua domanda l’autore scrive: «Mi risponde [a parlare è senza dubbio Alessandra,
‘portavoce’ ufficiale della formazione canora] che papà era ungherese...». Ora, con
ogni evidenza nel ’38 Alexander era ancora ben vivo. Dunque la domanda da porsi è:
le tre sorelle mentivano, o era stata Eva a dir loro della morte di Alexander? Ebbene,
io penso che le tre sorelle mentissero. Per loro il padre era morto; morto soltanto
socialmente, è ovvio, ma in qualche modo anche affettivamente: altrimenti il loro
atteggiamento sarebbe stato diverso. Che a suggerire loro quella menzogna possa
esser stata Eva, nutro pochi dubbi. In altre parole, per dirla col drammaturgo
ottocentesco Paolo Giacometti, esse concertarono la morte civile del padre, in quanto
ormai indegno di esser loro accostato; il motivo? Direi proprio la sua ormai precaria,
e dunque indecorosa, condizione sociale.
Sia chiaro, però: questa è solo un’ipotesi, non suffragata da alcuna prova. Per quanto
ne sappiamo, anzi, esse avrebbero anche potuto averlo aiutato economicamente. Ad
oggi, ripeto, sulla faccenda non sappiamo ancor nulla, quindi qualsiasi supposizione
rimane tale. Suggerirei perciò chiunque sia interessato ad approfondire la questione a
non muoversi solo in direzione delle cinque figlie di Alexander e di Eva, a farlo
anzitutto in direzione di Alexander: per capire bene come si arrivò a questi estremi,
occorre studiare nei dettagli la vita di Alexander tra il 1927 e il ’45: soltanto
conoscendola bene (e quindi, pigliando coscienza di come egli scivolò, per gradi, da
una posizione rispettabile all’indigenza) si potranno formulare ipotesi credibili».
♦ Risposta di Paolo: «Ringrazio Giancarlo delle
belle parole. È stato un bel colpo di fortuna, ho
fatto una ricerca generica per “Sandro”, e quando
ho visto nel titolo che si parlava di un clown sono
andato a colpo sicuro. Vorrei solo puntualizzare
che la gentile Mariëtta Stapper ha fatto del suo
meglio e si è appassionata molto alla storia.
Detto questo, veniamo alle discendenti di
Alexander Leschan.
Per caso e per diverse vie sono incappato nella
nipotina di Marie Leschan, figlia del figlio Marcel
Van Lissum del Circus Jhony [sic]. L’ho quindi
contattata. Al di là che dice di non saperne nulla,
avrebbe dovuto contattare alcune vecchie zie, ma
poi non si è più fatta viva.
46
Ecco la sua mail:
Hello, nice to meet you. Yes, Maria Leschan was my grandmother, my dad ’s mother.
I saw her on the pictures numbers 10 and 11. This is so nice to hear, but why are you
looking for it? Are you writing something? I was born in the Circus Jhony, which my
family had for more then 50 years: my grandmother started it with her husband and
sister Diane. I collect everything involving the Circus, but I have no pictures or
information about Sandro. I will ask my aunties about it. Best regards, Mariska Van
Lissum.
Tempo addietro, tramite l’esperto di storia circense André de Poorter, straordinario
autore belga di studi sul circo dal quale trassi le prime foto di Alexander, Lena Libot
e le storie del circo Libot, seppi che aveva tentato di contattare queste vecchie zie che
negarono addirittura di conoscere Alexander. Quale sarà il mistero dietro a queste
storie? Perché negare l’esistenza o mostrare disinteresse totale per la propria
ascendenza? Ecco tre possibili spiegazioni:
a) Ipotesi remota. Qualcuno si è fatto avanti promettendo mari e monti per avere
l’esclusiva di eventuali dati (mi viene in mente il fondo Portino e come chi lo aveva
in origine negasse di averlo).
b) Esiste un terribile segreto, per il quale Alexander non è proprio degno di ricordo o
menzione.
c) Puro menefreghismo.
Allo stato attuale delle cose non ci è dato saperlo. Certo, che una donna moderna,
nata e vissuta nell’ambiente circense, non sappia nulla del bisnonno, un grande
artista, ne ignori tutto e nemmeno abbia una sua foto (e abbiamo visto che ce ne sono
sul web) suona strano...
Spero vivamente che emergano in futuro dati oggettivi».
◙ Mail successiva di Giancarlo: «Ho trovato strano quel ‘circhi ambulanti’ ripetuto
due volte nel testo [il riferimento è all’articolo del 1909]. Sicuro che non si dica
‘circhi viaggianti’? Ma forse a sviarmi è l’assonanza con ‘gente del viaggio’ e
‘spettacoli viaggianti’. (La prima espressione non so se l’adoperino solo i giostrai e i
lunaparkisti o anche i circensi. La seconda non riguarda la gente del circo, ma
appunto giostre, fiere ambulanti e luna-park).
Ci sono, ancora, nel testo dei ‘fantini’, ma sono fuori posto. I fantini stanno negli
ippodromi e non mi stancherò (è il mio pane quotidiano) di stigmatizzare lo
strafalcione che commettono stampa e tv nel chiamare fantini i cavalieri di concorso
ippico. I cavalli in Italia non stanno più in scuderia, ma in stalla; e tra ippica ed
equitazione si fa una bella confusione. Al circo (sempre ‘circo equestre’ si diceva un
tempo) si esibiscono cavalieri e amazzoni nei numeri di scuola e alta scuola e poi i
cavalli in libertà. Sottigliezze. Che da ricercatori quali voi siete confido mi vorrete
perdonare.
Resto ancora in tema di circo, perché ho appena visto la nuova mail di Paolo che
verte su un punto che avevo notato anch’io e che anticipa un’altra osservazione che
mi accingevo a fare. L’assonanza O’gust - Augusto mi aveva colpito già un anno o
più fa, e ne scrissi anche al Curatore. Mi pare che nel linguaggio del circo ci siano
l’Augusto e l’Augusto da maneggio (quest’ultimo con il compito di riempire
l’intervallo vuoto tra un numero e l’altro e distrarre gli spettatori stando a bordopista
47
mentre gli inservienti preparano la pista per il numero successivo).
E passo al punto che molto mi ha interessato dell’articolo su Alexander. Il fatto che
fosse figlio di un ufficiale. Mi metto nei panni del padre a scoprire che il figlio da
grande vuol fare il clown e lavorare in un circo! Non conosco Der Kamerad – la
fonte da cui è tratta la preziosa notizia. Dal nome completo della testata vedo trattarsi
di un settimanale militar-letterario. Sono andato a controllare sul Militär
Schematismus, l’annuario con l’elenco del Corpo Ufficiali del K.u.k Herr (e della
Marina). Il volume relativo al 1866 (l’anno di Sadowa, Custoza e Lissa!) riporta in
effetti un Adolf Leschan, cadetto in un Reggimento d’Artiglieria (il 5°). Mi è finora
riuscito impossibile consultare i volumi relativi agli anni successivi fino al 1876.
Certo è che nessun ufficiale di questo nome risulta più nei ranghi dieci anni dopo, nel
1877 (quando nasce Alexander).
Due le ipotesi. O Adolf Leschan lasciò presto il servizio attivo, oppure non fu mai
ufficiale di carriera e prestò servizio in artiglieria durante l’assolvimento dell’anno di
volontariato (c’era questa facoltà nella Duplice Monarchia). Cadet era il grado più
basso dell’ufficialità nell’arma di artiglieria. Ad ogni modo, ufficiale di carriera o no,
un bello choc quello datogli dal figlio, o no? Appena avrò consultato altri anni del
Militär Schematismus, vi saprò dire di più».
Seguito: «Da Militär Schematismus 1868: Leschan Adolf è salito di un grado. Da
Cadet (sarebbe Kadett in tedesco, ma il tedesco d’Austria e della burocrazia asburgica
ama di questi francesismi) a Unterleutnant (Sottotenente). È sempre con il 5°
Artiglieria, che adesso è ridenominato Feld-Artillerie o Artiglieria campale, con
comando a Pesth, cioè Pest ancora municipalità autonoma e separata da Buda. Sta
anche scritto che è Stabs-Off. Adj. cioè Aiutante di Stato Maggiore reggimentale.
Procedo lento, ma procedo».
◙ Mail di Paolo [Piccardo]: «Alexander visse per un periodo all’Aia, questo si può
ricostruire dai documenti reperiti da Giacomo Branca, dai quali però sembrerebbe
che: a) Alexander vivesse in Amsterdam dal 7 luglio 1910 (Sandra nacque pochi
giorni dopo, a Gouda); b) ancora nel 1916 lui, Eva e la piccola Sandra vengono
dichiarati “acrobati”; c) gli indirizzi di residenza della famiglia sono riferiti tutti
all’Aia, almeno dal 1916. Purtroppo non è possibile chiarire le residenze precedenti,
ma mi verrebbe da pensare che, come componente di Circhi di giro, Alexander non
avesse residenza stabile.
D’altra parte resto del parere che l’uomo – e lo testimonia il fatto che parli un
olandese stentato – sia nato e cresciuto nell’Impero Austroungarico. Non c’è ragione
per cui il padre, ufficiale dell’esercito austriaco, abitasse in Olanda o parlasse altre
lingue al di fuori del tedesco. Purtroppo ogni tentativo di comunicazione con le
autorità civili di Sarospatak (Ungheria), da dove penso che la famiglia Leschan
provenisse, non ha finora dato frutti.
Quanto alla notorietà di Sandro come artista di circo i giornali dell’epoca ne danno
invece numerose attestazioni, ad es.
http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010252876%3Ampeg21%3Ap002%3Aa0021
http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010189650%3Ampeg21%3Ap003%3Aa0045
Teniamo anche presente il contratto che Sandro avrebbe avuto in America, dove
avrebbe dovuto recarsi con la sfortunata nave “Elbe” già nel 1895. A questo punto
48
vorrei suggerire a Mariëtta di mostrare i documenti di Giacomo Branca al suo
parente che lavora nell’archivio di Stato, magari potrebbe spiegarceli meglio».
◙ Mail di Roberto Recanatesi al Curatore del sito: «Grazie a Lei della cortese nota e
mi compiaccio per il sito sul Trio Lescano e per la fervida passione che tutti voi
dimostrate per questo mondo sempre affascinante, sia pur ormai lontano, a cui
modestamente ho dato molto del mio tempo e delle mie risorse (limitatamente a
cinema, teatro e opera lirica). [...].
Avrei alcune rettifiche sulle date di nascita e di morte delle attrici degli anni Trenta,
molte da me conosciute di persona, sulle quali La prego di farmi fede, disponendo
perfino di certificati anagrafici originali. Tuttavia restano ancora un mistero la vera
data di nascita di Anna Magnani, anche se il Comune di Roma confermò di recente il
7 Marzo 1908, pur essendo molti del parere che l’attrice fosse almeno del 1903, così
come quella di Assia Noris, data addirittura come nata nel 1919 dal Comune di
Sanremo, dove visse e morì; ma non poteva avere 13 anni quando debuttò nel 1932 in
un film con i De Filippo ed è perciò assai più credibile, come anno di nascita, il 1912.
C’è poi quella di Isa Pola: il Comune di Bologna mi comunicò il 19 Gennaio 1911
quale data di nascita; sulla lapide c’é solo Maria Luisa Montesano (senza Betti),
morta il 15.12.1984. Riguardo infine ad Elsa De Giorgi (Elsa Giorgi Alberti), nata a
Pesaro, proprio dove ha sede “Macula”, e vissutaci alcuni anni da bambina, nacque,
su conferma del Comune, il 26 Gennaio 1914».
Col pieno assenso di Virgilio, responsabile della sezione “Cinema” del nostro sito,
abbiamo modificato i dati anagrafici delle attrici interessate in accordo con le
informazioni, più che attendibili, forniteci da Roberto, che ringraziamo sentitamente.
Abbiamo inoltre messo in rete una scheda aggiornata dell’attrice Nella Maria Bonora,
arricchita con le otto foto inedite offerteci dal nostro nuovo collaboratore.
◙ Mail di Antonio: «Amici, dopo un periodo di forzata chiusura, riapro la mia
“vertrinetta”. Questa volta metto in bella mostra l’interpretazione che fece Dea
Garbaccio di Camminando sotto la pioggia. Era il 1941 e l’accompagnava Angelini
con la sua Orchestra da ballo. Disco Cetra IT 841».
◙ Mail di Manuel: «Amici, vi segnalo un raffronto interessante. Ascoltate su
YouTube l’incisione del 1932 delle mitiche Boswell Sistsers della famosa canzone
americana Everybody Loves My Baby di Jack Palmer (musica) e Spencer Williams
(testo). Ci sono svariati punti identici a Il silenzio è d’oro di Prato-Valabrega, incisa
dal Trio Lescano nel 1942 (DC 4152). Cosa pensare di tutto ciò? Io continuo a non
vederci nulla di male... Il jazz è fatto di standard e citazioni. Però è veramente
curioso!».
Commento del Curatore - Nulla di male? Può darsi... Certo è che Carlo Prato, quando
musicò Il silenzio è d’oro del suo amico Mario Valabrega, doveva avere fin troppo
bene in mente, quanto all’impianto armonico e, a tratti, la melodia stessa, la canzone
di Palmer-Williams; anzi possiamo scommettere che avesse sottomano il disco
originale delle Boswell, dal quale, tra l’altro, “tirò giù”, nota per nota, tutto il
49
meraviglioso assolo vocale in scat, facendolo poi eseguire dalle sue pupille, le
Lescano. Queste ultime, brave com’erano, non fanno naturalmente rimpiangere le
americane (le quali, però, c’erano arrivate esattamente dieci anni prima), ma il plagio
è talmente evidente che negarlo o minimizzarlo significa nascondersi dietro ad un
dito.
Lunedì 7 Maggio 2012
◙ Due mail di Paolo Piccardo:
♦ Amici, mi sembrerebbe ora doveroso sottolineare un qualcosa che forse non
avevamo notato. Alexander Leschan viene definito August Sandro, oppure O’ Gust
Sandro. August non è il suo nome d’arte, ma il nome della sua figura di clown.
Ho recuperato questo commento di Federico Fellini al suo film documentario I
clowns (1970), che illustra brevemente la figura dell’Augusto ed il suo dualismo con
il Bianco. Ho anche trovato una dispensa, a cura della Croce Rossa Italiana, che narra
brevemente la storia del clown. Non sarebbe male diffondere anche questo briciolo di
cultura: http://www.trio-lescano.it/pdf/Storia_del_Clown.pdf.
NB - L’intero film, Il Bianco e l’Augusto di Federico Fellini, è disponibile
all’indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=7E2OulrIQfU&feature=fvst
Da I clown, Cappelli Editore, Bologna, 1988:
“Quando dico: il clown, penso all’Augusto. Le due figure sono, infatti, il clown
Bianco e l’Augusto. Il primo è l’eleganza, la grazia, l’armonia, l’intelligenza, la
lucidità, che si propongono moralisticamente come le situazioni ideali, le uniche, le
divinità indiscutibili. Ecco, quindi, che appare subito l’aspetto negativo della
faccenda: perché il clown Bianco, in questo modo, diventa la Mamma, il Papà, il
Maestro, l’Artista, il Bello, insomma quello che si deve fare.
Allora l’Augusto, che subirebbe il fascino di queste perfezioni se non fossero
ostentate con tanto rigore, si rivolta. Egli vede che le “paillettes” sono splendenti:
però la spocchia con cui esse si propongono le rende irraggiungibili. L’Augusto, che
è il bambino che si caca sotto, si ribella ad una simile perfezione, si ubriaca, si rotola,
per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua. Questa è, dunque, la lotta tra il
culto superbo della ragione (che giunge ad un estetismo proposto con prepotenza) e
l’istinto, la libertà dell’istinto. Il clown Bianco e l’Augusto sono la maestra e il
bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l’angelo con la spada
fiammeggiante e il peccatore. Insomma, essi sono due atteggiamenti psicologici
dell’uomo: la spinta verso l’alto e la spinta verso il basso, divise, separate.
Il film finisce così: le due figure si vengono incontro e se ne vanno insieme. Perché
commuove tanto una situazione simile? Perché le due figure incarnano un mito che è
in fondo a ciascuno di noi: la riconciliazione dei contrari, l’unicità dell’essere. Quel
tanto di dolente che c’è nella continua guerra tra il clown Bianco e l’Augusto non è
dovuto alle musiche o a qualcosa di simile: ma alla circostanza che ci si presenta
sotto gli occhi un fatto che riguarda la nostra incapacità a conciliare le due figure.
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Infatti, più vorrai obbligare l’Augusto a suonare il violino e più egli farà scorreggioni
col trombone. Ancora: il clown Bianco pretenderà che l’Augusto sia elegante. Ma,
tanto più questa richiesta verrà fatta con autorità, tanto più l’altro si ridurrà ad essere
stracciato, goffo, impolverato. È l’apologo perfetto di una educazione che intende
proporre la vita in termini idealizzati, astratti. Ma dice, appunto, Lao Tse: se ti
costruisci un pensiero (= clown Bianco), ridici sopra (= l’Augusto)”.
♦ In diversi giornali ho trovato cenni ad August Sandro e August Pico. Il contenuto di
tali articoli mi porta a credere che la scritta O’ Gust sia come una trascrizione “ad
orecchio” del termine corretto August, corrispondente all’italiano Augusto, ovvero il
clown straccione e disordinato contrapposto al Bianco.
Da «Tilsburghsce Courant», 1° Gennaio1909.
Da «Het Centrum», 23 Ottobre 1913.
51
A proposito, invece, del clown Aussude, compagno di Sandro nell’Entrée comique
del 1913, ecco un triste aneddoto (dal sito Base PhoCEM):
«Ménagerie Jouviano (M. Pierre Jouvet). Fête du boulevard Richard Lenoir (octobre
1922). Le lion Pacha ou Négus du groupe de 2 lions et 2 lionnes ayant appartenu à M.
Ch.Debray, directeur du Nouveau Cirque à Paris, et ayant causé l’accident dont fut
victime, en répétition au Nouveau Cirque le dompteur Amédée Lecomte dit William,
qui fut terrassé et grièvement blessé, en mars 1922, par le lion Anas (qui fut ensuite
appelé D’Artagnan à la Ménagerie Jouviano). Au cours de cet accident, un régisseur
du cirque, l’ex-clown Aussude, mourut subitement d’émotion».
◙ Il ritrovamento dell’importante articolo sul clown Sandro (nome d’arte di
Alexander Leschan), apparso sul periodico «Het Centrum» nel 1909, ha suscitato un
ampio dibattito, in parte incentrato sulla sua traduzione italiana, che presenta in
alcuni punti una certa problematicità. Il nostro collaboratore Giancarlo Fochesato ha
cercato in un suo articolo illustrato di fare il punto sulle varie questioni emerse,
articolo che Virgilio ha voluto arricchire con un suo puntuale commento. Il tutto è
stato quindi inserito nella pagina Oggi parliamo di…
http://www.trio-lescano.it/pdf/Parliamo_un_po’_di_clowns.pdf
L’invio di detto contributo è stato accompagnato dalle seguenti considerazioni di
Giancarlo:
«Sì, bene ha fatto Virgilio (che ringrazio delle cortesi parole) a commentare e
precisare. Sapevo di aver messo molta, forse troppa carne al fuoco (come si dice)
nella mia nota. Lo scopo era anche quello di stimolare una discussione e incrociare di
nuovo date e fatti relativi ad Alexander Leschan. L’articolo di «De Piste» del 1951,
che descrive l’incidente al trapezio (e che avrei fatto bene a tenere presente, prima di
scrivere) fa certo piazza pulita di parte delle mie congetture. E poi c’è la fotografia
del trio volante Libot-Leschan. Conclusiva anche questa. Ecco, è possibile – mi
domando – che gli storici del circo belga (che certo dispongono di ampio materiale:
carte e forse archivio della famiglia Libot, locandine e quotidiani d’epoca)
non sappiano datare la foto e dirci qualcosa di più?
Ho fatto un calcolo. Alexander ha 18 anni e termina per legge l’apprendistato nel
1895. Subito o poco dopo (così sembra di poter evincere dall’articolo di «Het
Centrum» del 1909) ottiene il primo ingaggio al Cirque Libot. Dunque, 1895 o 1896.
L’anno al quale Virgilio data la foto del trio. Se potessimo raggiungere la certezza
almeno su questa data, disporremmo di un punto fermo e avremmo fatto un passo
avanti.
Magari Alexander avrà fatto due numeri nel programma, contemporaneamente: nel
Trio al trapezio e come clown. La cosa, al circo, non credo fosse eccezionale.
Ricordo bene, specialmente nei piccoli circhi ai cui spettacoli assistevo da bambino,
come in alcuni numeri si rivedessero artisti che si erano già esibiti in precedenza in
altra specialità. E io mi divertivo a riconoscere l’ammaestratore di cavalli nel
componente la troupe di acrobati ungheresi, il domatore nel giocoliere, l’intrepida
trapezista americana nell’agile funambola spagnola. Perché cambiavano,
naturalmente, i nomi e abbondavano le nazionalità di comodo, fasulle (anche a
52
dissimulare l’appartenenza allo stesso nucleo familiare di gran parte degli artisti dei
circhi minori).
Interessante anche quanto ha richiamato Virgilio a proposito di Sandra Lescano che
parla del padre come di un contorsionista (anziché di un trapezista o acrobata). Lei
certo sapeva con esattezza di che cosa si trattasse, dal momento che la sorella minore
Judith era stata lei stessa contorsionista; e non avrà certo usato questo termine a caso
o a sproposito».
Martedì 8 Maggio 2012
◙ Mail di Paolo Piccardo ad André De Poorter [v. la terza delle Notizie del 28
Gennaio 2011]:
«Dear André,
as you know, we are still trying to understand whether Alexander Leschan became a
clown for choice or after a big accident which we cannot find yet. In a 1909 interview
the journalist says: “Als hij armen of beenen of schouderbladen gebroken had, vond
hij dat vooral onaangenaam, omdat hij dan niet kon optreden!”.
This is not very clear: had he an accident or not? Big mystery.
Have you any record on the matter?
This is the original article:
http://kranten.kb.nl/view/article/id/ddd%3A010003123%3Ampeg21%3Ap006%3Aa0133
Paolo»
Ed ecco la risposta di André:
«Dear Paolo,
in annexe:
Photo 1: 3 Libot, trapeze: Helena Libot, Alexander Leschan and Louis Libot.
Photo 2: Tombs-stone of Helena Libot at cemetry ’Zuiderbegraafplaats’ at Gent.
53
SANDRO
Here I give you some information about the career of Alexander Leschan.
In 1893 he was still well-know as ‘Michele and Sandro, sauteur-équilibriste
extraordinarie’, with as adress: Szondy-Gasse 83, Budapest. Together they worked
by:
- 1895: Alhambra Brussels; Circus Ed. Wulff in the ‘Nieuw Circus’ (circus edifice)
of Gent.
- 1896: Circus Wulff at Amsterdam; and Circus Renz also at Amsterdam.
- 1898: Circus Wulff at Gent; and Circus Renz at Amsterdam.
- April 1899: Circus Renz in the ‘Nieuw Circus’ of Gent.
- 1900: Circus Ed. Wulff at Breslau.
After that time Sandro was not more together with Michel(e).
In the years 1901 till 1908, Leschan was working in the Circus Libot as ‘August
Sandro’ and together with Helena Libot (his wife) and her brother Louis Libot (18741947) at the trapeze. In 1903 he made as August Sandro a ‘saut périlleux du tremplin
au-dessus de dix personnes’.
In Circus Libot, I think, he became August because he was a humorist and he liked to
be a clown.
On 18 Mai 1901 he married Helena Libot at Brugge when the Circus Libot was
staying on the Fair of Brugge.
When Circus Libot played in ’s Hertogenbosch (also named ‘Den Bosch’) in Holland
from 13 till 17 August 1908, he worked there, while his wife died in Gent at 15
August.
A year later he was not more by Circus Libot:
- 1909: Circus De Jonghe, with 3 numbers, as jockey; as August Sandro and his
gooses; and ‘5 Sandro’s’ (also named ‘5 Leschan’) flying trapeze.
- 1910, 1911 and 1913: Circus De Jonghe, ‘3 Leschan’ flying trapeze.
- 1912: Circus Semay, August Sandro.
54
- Oktober 1913: Circus Hagenbeck at Utrecht (Holland), August Sandro.
- 1915: Circus Friscot at Anderlecht (Brussel), equilibrist Sandro.
- September and Oktober 1915: Circus Althoff in Holland; as August Sandro; and as
‘Gadbin II’ looping-the-loop.
- February 1920: Circus Wilke at Amsterdam, clown Sandro.
- August 1921: circus edifice at Scheveningen (Holland), Sandro Gadbin II, jump of
death.
- 1927: Circus Hagenbeck in Holland, clown Sandro.
- 1931: Cirque National (Mullens-Goose) in Holland, clown Sandro.
- 1933: Circus Henny (Teutenberg) in Holland, clown Sandro.
In an article I read that he suffered a big accident in Circus Schumann or Circus
Hagenbeck in Berlin. His face was damaged. But wenn ? I don’t kwow, but I think he
became clown before this accident».
♦ Commento di Paolo:
«Sembra ora chiaro che Sandro esercitasse la sua professione di artista circense nella
duplice figura di clown ed acrobata, e questo ben avanti nella vita. Col nome di
Gadbin II si esibiva ancora nel 1923 nel numero Gadbin II dans le tobogan de la
mort col circo Hagenbeck, riprendendo il pericoloso numero che fu la specialità negli
anni Dieci dell’acrobata tedesco Ernst Gadbin col circo Barnum.
55
Come si può vedere, addirittura i posters, riferiti ai due artisti, sono identici.
Da http://circodiaporama.blogspot.it/2011/09/livre-les-annees-desprez-au-cirque.html:
The ‘Leap for Life’ was performed by the German acrobat Ernest Gadbin. After
being hoisted to his small platform high in the Big Top, [he] would raise his hands
above his head and dive head-first, aiming for a 40-foot-long, 2 1/2-foot-wide
wooden skid on which he slid, its upward curve throwing him into the air, through
which he flew some distance before finally landing in a net" (Strobridge, p. 250).
This type of act is often cited as being one of the most thrilling and nerve-wracking
ever performed in a circus, especially as Gadbin was the only man to perform this
stunt without any sort of armor or safety harness.
Su Gadbin si veda anche: http://crops.over-blog.com/article-27434474.html.
Purtroppo mancano dati biografici. Sembra che il salto fosse veramente pericoloso e
richiedesse una forza fisica fuori dell’ordinario, al punto che altri che eseguivano lo
stesso numero dovevano indossare pesanti protezioni in cuoio. Temo che il povero
anziano Sandro un brutto giorno abbia sbagliato le misure e si sia fracassato
malamente. Questo comunque porterebbe l’incidente tra il 1918 ed il 1923...
Da «Punch» n. 163, 1922
[http://www.archive.org/stream/punchalman162lemouoft/punchalman162lemouoft_djvu.txt]:
Gadbin II.
I found him a special attraction at the Cirque Medrano, that stronghold of simplicity
and primitive fun at the corner of the Boulevard de Rochechouart and the Rue des
Martyrs: the home of the famous Fratellini (“Les Bois de Eire “), who, after wasting
several months of their valuable lives in the uncongenial atmosphere of London
revue, are now again elaborating drolleries for Parisian nonsense-lovers, among
whom, when I am over there, I count myself not the least. It was after their entree, as
members of an impossible band, that we all became serious, because the next item
was Gadbin II. “dans son plongeon périlleux”: words of rich promise in a circus, and
56
not the less so since we had found in the programme a picture of the alarming feat, in
which Gadbin II was seen in mid-air, like St. Mark in Tintoketto’s famous painting,
diving from the roof of a huge hotel (the kind that is called “caravanserai” by
descriptive writers) towards an odd structure on the ground, while at the windows of
the cara of the hotel the guests watched enthralled, and an immense crowd, expectant
and half-paralysed, cheered below.
After a similar structure had been erected in the ring the lights were raised, the band
struck up, and a powerful-looking man in tights entered with that glamorous mixture
of assurance, popularity, self-esteem, eagerness, enthusiasm and efficiency of which
the circus holds the secret. It was Gadbin II. Behind him came his wife, who was, we
discovered, to take no more active part in the turn than to be near her lord perhaps for
the last time ! For was it not to be a “plongeon périlleux”?
And truly it was made to look so, for the plunger tested every stay before he kissed
his spouse tenderly and ascended by a rope ladder to the upper platform high among
the great lamps. The feat was to leap from this point, head downwards, on to a
sloping board-way bent like a switchback ; and I may say at once that, after various
hesitancies and false starts, all calculated to emphasise the danger, the hero did it, and
amid thunders of applause bounded off; only, of course, smiling and gratified at being
alive, to bound on to the switchback again and off again; and on to it still once more.
“But why” – I had been asking myself all through the performance – “Why Gadbin
II?”. In many years of devotion to circuses and other halls of variety I could
remember no such style. Racehorses are sometimes called the second; monarchs too;
and we were all at school with minors and tertiuses; but never had I known an acrobat
so described.
And then the reason suddenly flashed upon me. This was Gadbin II because Gadbin
the first was dead killed in attempting the plunge. Did I not say that Medrano’s was a
stronghold of simplicity ? E. V. L.
Dunque secondo il cronista il primo Gadbin morì nell’esecuzione del suo numero, ma
si noterà che Gadbin II è accompagnato dalla moglie che lo bacia teneramente come
per l’ultima volta».
♦ Commento di Virgilio: «Se è come dice De Poorter, che l’incidente avvenne mentre
Sandro si esibiva col circo Hagenbeck (o col circo Schumann) a Berlino, dovrebbe
essere successo nel 1913, sempre secondo i dati che ha fornito lo studioso belga. A
precisa data dell’anno, occorrerebbe qualche germanista che ci facesse delle ricerche
sui giornali berlinesi dell’epoca, e con buone probabilità risolveremmo finalmente
l’arcano. In ogni caso, una cosa mi sembra chiara: Alexander riprese l’attività di
acrobata anche dopo l’incidente. Si potrebbe supporre che ne contenne o ne ridusse la
pericolosità, eppoi, con l’andar degli anni, la lasciò definitivamente per fare soltanto
il clown; ma i manifesti del 1923 smentiscono tale tesi. Quindi siamo punto e
accapo... Anche perché l’intervista concessa da Alessandra Lescano a Medardo
Vincenzi (che pubblicheremo presto) parla di trasferta in Algeria nel ’24, e, in tutta
franchezza, che lui (con famiglia a seguito) fosse andato in Algeria ‘soltanto’ per fare
il clown mi pare dubbio... È vero che era un clown di eccezionale bravura, come di
eccezionale bravura fu acrobata, trapezista e contorsionista (mettiamocele tutte), ma...
57
Se osserviamo infine la foto n° 2 in http://crops.over-blog.com/article-27434474.html, ci
accorgiamo che è proprio il salto descritto nell’articolo su Sandro dell’Ottobre 1951:
quello dell’incidente».
Giovedì 10 Maggio 2012
◙ Mail di Giacomo Branca: «Tempo fa ho acquistato tre cartoline pubblicitarie,
relative all’attività del clown e acrobata Sandro. La prima è una semplice pubblicità
formato cartolina, che vede un primo piano dell’uomo e poi alcune immagini relative
ai suoi esercizi acrobatici, con la dicitura “Sandro / Souvenir / 1914-1915”; è più che
probabile che questo Sandro non sia il Nostro, bensì un suo omonimo: porta infatti i
baffi, particolare che negli altri due volti non c’è, e poi ha un viso più squadrato, con
mascella larga, mentre il Sandro clown presenta un viso più allungato.
Le altre due [a noi già note] sono anch’esse in formato cartolina, ma inoltre sul retro
presentano la suddivisione necessaria per poter essere utilizzate come tali. Queste due
riguardano entrambe l’attività di clown di Alexander Leschan. La curiosità sta in
quella che è stata effettivamente usata e spedita come cartolina, dato che sul retro
riporta, oltre ai francobolli, anche ben visibile l’annullo che è del 1908, con
francobolli belgi dell’epoca.
58
Ciò fa dunque presumere che il gruppo circense di cui faceva parte il nostro Sandro,
prima di operare in Olanda, avesse avuto un’attività stabile in Belgio. Inoltre l’anno
dell’affrancatura fa pensare che il Leschan praticasse entrambe le attività di clown e
acrobata, contemporaneamente, nel circo in cui lavorava; poi, dopo il tragico
incidente che subì, avrebbe continuato solo con quella di clown.
L’unica delle tre cartoline utilizzata veramente è stata spedita da una località del
Belgio (il nome non si legge chiaramente) verso Edimburgo, in Scozia. Era usanza
dell’epoca, per sfruttare al massimo lo spazio disponibile, soprattutto in aree
francofone, di scrivere il testo in eccesso, ossia più lungo dello spazio a disposizione,
sopra quello già scritto ma in obliquo, e per quel che mi permette la mia conoscenza
del francese, ho capito che il testo stesso in questione non ha nulla a che fare con
l’immagine della cartolina, ossia non sembra che sia stata scelta per ricordare di aver
assistito allo spettacolo rappresentato sul verso».
♦ Commento di Giancarlo Fochesato a quest’ultima cartolina viaggiata:
«La cartolina sembra scritta con mano di bambino o ragazzo, non di uomo adulto. È
indirizzata da fratello a fratello (anche se il mittente firma con nome e cognome, cosa
non infrequente negli scambi epistolari in un’epoca in cui si dava del lei a genitori e
59
nonni). L’indirizzo del destinario – 47, Gilmore place, Edinburgh – designa un
quartiere della metropoli scozzese ubicato a sud del centro e ricco anche oggi di
alberghi e pensioni. Da notare l’assenza nell’indirizzo del nome del paese (Royaume
Uni, Grande Bretagne).
Circa l’annullo postale della località di spedizione ipotizzo sia ANTWERPEN
(Anversa), di cui solo WERP è chiaramente leggibile (il posizionamento di queste
quattro lettere, quasi al centro dell’arco superiore del timbro, sembrerebbe
confermarlo). I francobolli, purtroppo, coprono parte dell’indirizzo del mittente e
qualche lettera e parola del testo. Una mano diversa ha aggiunto tre righe e firma in
basso a destra. Il nome proprio del destinatario è indicato solo con l’iniziale B
nell’indirizzo, ma figura completo nel testo, ripetuto tre volte e da due mani diverse.
Nondimeno, l’esatta grafia mi lascia nell’incertezza (Bonpil, Bonfil o Bonpi?).
La mia trascrizione:
Mr.B. Couttenier / 47, Gilmore place / Edinburgh
Mon cher Bonpil, / j’ai un beau pi[nscher?] et / un canari; et, [Alexander?] a acheté
un beau chien. /...[due parole illegibili]. Bonpil. Est / Est-bien? / Votre frère dévoué /
Gallo Couttenier.
Testo scritto su righe in diagonale:
Ton frère dévoué te / remercie sincerè /ment de tes beaux jeux de cartes, / et reste ton
dévoué /
Couttenier G.
Aggiunto da altra mano, nell’angolo inferiore destro:
Bonsoir / Bonpi / de ...[Inge?].
Oltre al nome esatto del destinatario, sono parecchie le incertezze interpretative. Dal
momento che nelle prime tre righe si parla di animali, ho interpretato il primo nome
come pinscher, razza di cani di piccola taglia. Il nome dell’acquirente del “beau
chien”, da me letto come Alexander, è uno sfoggio eccessivo di fantasia, perché è
illeggibile e seguito da altre due parole del pari illeggibili.
Resta misterioso il nesso con Alexander Leschan, a parte l’aver utilizzato una
cartolina con la sua immagine di clown. Dove, peraltro, Sandro non è solo, ma figura
accanto alla coppia di nani della famiglia Tampous (padre e figlia, fratelli o cugini).
Da rilevare la dicitura “Jefken is getrouwd” sulla cartolina: Ooh Jefke is getrouwd /
hij zit in de misère è la strofa iniziale di un popolare motivo a ritmo di marcetta. Lo si
può trovare (audio e video) su internet, eseguito dal gruppo olandese De Martens».
◙ A proposito delle due canzoni contenute nel disco GP 92813, da lui recentemente
acquisito, Simone Calomino ci scrive:
«La canzone Streghe ha una melodia molto particolare che ricorda un po’ le tipiche
colonne sonore dei primissimi cartoni animati di Walt Disney. Vi suggerisco di
ascoltare The Skeleton Dance (il cui inizio è molto simile alla suddetta canzone) e
Haunted House (la cui atmosfera è abbastanza simile). Le cose da notare in questo
brano sono proprio gli “effetti sonori”. Il rumore del vento, che più volte si avverte, le
lugubri risate e le urla (che, come possiamo avvertire, sono di un uomo!) sono
presenti in pochissimi brani. Un altro brano in cui avvertiamo effetti sonori è
Direttissimo, in cui si ode il fischio del treno ed il rumore delle ruote. Le Lescano
sono perfettamente sincronizzate ed intonate, non vi è alcuna sbavatura. La loro
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pronuncia è però qui meno corretta rispetto ad altre incisioni: non riusciamo infatti a
capire con facilità le parole.
La canzone Corri Cavallino è in realtà Horsey Horsey, una canzone scritta nel 1938
da Paddy Roberts, Desmond Cox e Ralph Butler, e portata al successo da Jack
Jackson. C’è da dire che le olandesine ne fanno una versione molto più bella. Da
notare, in questa incisione, il rumore degli zoccoli del cavallo che non è frequente in
questo periodo. Infatti lo stesso rumore sarà ripreso anni dopo nella canzone Op! op!
Trotta cavallino, sia nell’interpretazione del grande Natalino Otto che in quella di
Nella Colombo.
Nell’introduzione si alternano Giuditta e Caterinetta che, brillantemente, riescono
quasi a non far sentire il “distacco” fra le loro due voci e pare quasi che sia una sola
persona a cantare. Quando cantano in tre mantengono un tono leggero, impastandosi
perfettamente con l’orchestra. Purtroppo, come in altre incisioni, si avverte troppo
alta la voce che dirige e un po’ troppo basse le due voci di accompagnamento. Questo
accadeva, come già discusso in passato, a causa della presenza di un solo microfono,
senza avere la possibilità di regolare le tre voci singolarmente. Che volete, questi
erano i mezzi di una volta!».
◙ Mail di Giancarlo Fochesato: «Amici, con Adolf Leschan ho progredito fino al
1871: Adolf è sempre nei ranghi, promosso Lieutenant (o forse una riforma
dell’esercito ha abolito il grado di Unterlieutenant che non compare più nell’organico
dei reggimenti, mentre è rimasto quello superiore di Oberlieutenant da cui si accede a
quello di Capitano di 2a Classe). Anche il reggimento è sempre il 5° Artiglieria
Campale, con sede del comando a Pest, ma l’annuario ufficiale registra una piccola
novità. È stato esteso ad Artiglieria e Cavalleria l’uso (prima riservato alla sola
fanteria di linea) di contraddistinguere i reggimenti, oltre che con il numero
progressivo, con l’indicazione della nazionalità del distretto di reclutamento quale
parte del nome.
È di qualche interesse per noi sapere che il reggimento di Adolf Leschan è (così la
denominazione ufficiale completa) il Boemisch-Galiziisches Feld-Artillerie Rgt. Nr.
5. Truppa (coscritti di leva) reclutata dunque nei distretti dell’allora Regno di
Boemia, la Repubblica Ceca attuale (meno la Moravia, che sotto gli Asburgo aveva
amministrazione separata e facente capo direttamente a Vienna), e della Galizia
polacca. Prevalenza pertanto degli slavofoni (boemi e galiziani) sui tedescofoni (gli
immigrati dei Sudeti) e sui numerosi ebrei galiziani. Con gli ufficiali – a qualunque
gruppo linguistico appartenessero da civili – tenuti per regolamento a impartire gli
ordini in tedesco, e con i graduati pronti a tradurli nelle lingue della truppa. Così
andavano le cose nel multietnico e multilingue impero di Francesco Giuseppe!
Aggiungo a questa un’altra piccola notizia: Leschan non è (o non è solo) un nome
ungherese, come se non sbaglio abbiamo sempre dato per scontato o quasi, ma ha
radici slave. È collegato con un termine del ceco antico che sta per “bosco”. Leschan
ne è la trasposizione in tedesco ed è anche il nome di un villaggio della Boemia
centrale a sud di Praga che dal 1918 si chiama Lešany. Anche Prostejov, la città più
grossa della regione, era Prossnitz, prima che la neonata Cecoslovacchia di Masaryk
facesse opera massiccia di deteschizzazione, nel clima di acceso nazionalismo del
primo dopoguerra.
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Non dico che Adolf Leschan fosse un tedesco sudeto: nei vecchi registri parrocchiali
di Leschan / Lešany mi sembrano prevalenti i Kaiser e altri cognomi tipicamente
tedeschi. Ma che fosse di famiglia boema è ipotesi su cui lavorare. Paolo ha scoperto
di recente un Adolf Leschan tra gli allievi del ginnasio di Litomysl per l’anno
scolastico 1850 e Litomysl e Lesany sono ubicate in due regioni della Boemia
contigue. Se nato altrove (in Ungheria), Adolf potrebbe essere stato figlio di un padre
militare costretto a cambiare di residenza e di guarnigione. Il reclutamento su base
regionale (e nazionale) dell’esercito (unito al frequente anticipato congedo di intere
classi di leva, per ragioni di economia) faceva sì che da sempre Vienna mandasse i
reggimenti ungheresi nelle provincie slave, i boemi in Ungheria o in quelle italiane e
via dicendo. Anche perché nel mezzo secolo da Sadowa a Sarajevo, Vienna ebbe
bisogno dell’esercito non per combattere guerre, ma per mantenere a freno le etnie in
fermento.
Anche il nome di Frau Leschan, Catharina Vojcek, suona ceco, non ungherese. Il
figlio Alexander si potrebbe essere detto, a ragione, ungherese, perchè il padre, già a
Pest con il suo reggimento di Artiglieria, vi si era stabilito e lui vi era nato».
Carta dell’Impero austro-ungarico nella seconda metà dell’Ottocento.
Da http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1035.
◙ Mail di Antonio: «Per la mia rubrichetta Come le cantavano... gli altri, espongo
oggi in vetrina l’interpretazione che fece Alfredo Clerici della canzone Il mio cuore
di Brigada, accompagnato dall’Orchestra da Ballo dell’Eiar diretta da Angelini
(Disco Cetra IT 793). Sempre nello stesso anno – il 1940 – le Sorelle Lescano la
incidevano (questa volta con l’Orchestra Cetra diretta da Barzizza) seguendo a ruota
quella di Clerici (Disco Cetra IT 795a).
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Ultim’ora - Mail di Paolo Piccardo:
«La foto di Sandro con i baffoni [v. sopra] non mi convince; sarei propenso anch’io
per l’omonimia, in quanto l’artista rappresentato non sembra avere la conformazione
del volto di Alexander. Cercherò qualche informazione, ma è certo che la cartolina ha
origini francesi: http://postcards.delcampe.net/page/item/id,37547104,var,FRANCE-Artiste-SANDROSouvenir-1914-1915-Rare,language,E.html
Scopro che ancora nel 1918 e nel 1919 esisteva un duo di acrobati “Michel y
Sandro”:
Da “Eco Artístico”, 5 Maggio 1918.
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Da “El Pais”, 27 Marzo 1919.
Allego infine la mail [http://www.trio-lescano.it/pdf/Mail_di_Marietta_Stapper.pdf] di Mariëtta
Stapper, in risposta ad alcuni dubbi da noi sollevati a proposito della sua traduzione
italiana dell’articolo sul clown Sandro del 1909».
♦ Osservazione del Curatore - Consideriamo questi due punti: 1) è accertato che la
cartolina dell’acrobata Sandro coi baffi a manubrio è di produzione francese; 2) il duo
“Michel y Sandro” è presentato in altre fonti come “Michel et Sandro”
[comunicazione di Paolo], inoltre è significativamente definito da André De Poorter
“sauteur-équilibriste extraordinarie”: non viene spontaneo ipotizzare che questo
Sandro sia proprio quello del suddetto duo francese o franco-belga, attivo per lo
meno – come si è visto – dal 1893 al 1919? Se è così bisogna dunque evitare di
confonderlo con l’August Sandro di cui ci occupiamo noi e che è tutt’altra persona.
Paolo si è impegnato a fare ulteriori ricerche sui due acrobati summenzionati, al fine
di definirne meglio l’identità e, possibilmente, la storia.
Sabato 12 Maggio 2012
◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Se può interessare, dovrei essere
intervistata da Radio 3, sabato 12 Maggio, fra le 14 e le 15. Forse farò anche una
comparsa su Unomattina, lunedì 14, prima della presentazione del libro su mio padre,
Michele Montanari [v. le Notizie del 26 Aprile u.s.]».
◙ Mail di Filippo Mangieri: «Mi è venuto spontaneo chiedermi perché il nostro
Curatore abbia pubblicato, il 4 Maggio scorso, quell’Avviso. Ciò non è senza
significato, e vale a suggellare nella nostra mente e nel nostro cuore questo concetto:
che se diversi sono per ognuno i tipi di ricerca che vengono pubblicati, la vera finalità
di chi ha creato e dirige il sito è quella di rendere più agevole il riordino documentale
dei contributi e la loro omogeneità.
Finora, ho apprezzato il supporto stabile di dialogo e confronto, anche acceso, tra i
vari Zanolla, Piccardo, Carrera, Fochesato, Mastrorocco, Rigacci, Baldino e
innumerevoli altri. Così si è dato corpo allo sviluppo culturale e critico degli amici di
recente e lunga data. Alcuni di loro, di alto profilo e di cui m’ero quasi abituato, non
li ho purtroppo più visti comparire: è il caso di Alessandro, solo per citarne uno.
Tutto si può giustificare, dati gli attuali tempi di crisi, ma il lavoro di anni, con firme
lodevoli e che hanno visto crescere l’affermazione dell’idea originale di Angelo, non
può cessare di esistere, non può essere “rottamato”.
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Detto questo, poiché non amo i rottamatori e coloro che si professano tali, vorrei che
non si abbandonasse, a cuor leggero, la casa comune di tutti solo perché il Curatore
ha – giustamente – invitato tutti i collaboratori a mettere maggior impegno nella
redazione dei testi destinati alla pubblicazione. È assolutamente necessario che il sito
continui ad essere quel modello di correttezza ed eleganza formali che è sempre stato
sin dall’inizio, ma non è giusto che di tali pregi debba farsi carico in massima parte il
primo responsabile. Tutti possono e debbono fare la propria parte.
Concludo con una spiegazione e una precisazione. Il verbo “rottamare”, per lo più, lo
si usa oggi a sproposito. Ad esempio è assurdo e illogico asserire che un Mozart sia
un relitto del passato e, quindi, che la sua musica sia da rottamare: il Salisburghese è
un oggetto di plastica o l’espressione di un sommo genio universale? Come è dunque
possibile rottamare qualsiasi creazione umana precedente, senza, poi, ammettere di
non essere minimamente all’altezza né di un Mozart o un Bach, né di tanti Autori di
musica leggera che ci hanno deliziato coi loro piacevoli motivi musicali, sia vocali
che strumentali? Lo stesso ragionamento vale per il sito: ritrovarsi dà slancio alla
nostra esistenza, ma il sito ha bisogno dell’apporto di ognuno di noi, nel rispetto delle
regole opportunamente richiamate dal Curatore».
◙ Mail di Paolo Piccardo: «Simone, il nostro giovane e brillante collaboratore, rivela
nuove qualità dimostrandosi buon conoscitore della musica prodotta negli anni ’30,
anche negli Stati Uniti. I riferimenti ai cartoni animati di Walt Disney, della serie
Silly Simphonies, sono particolarmente azzeccati, benché non manchino altri
riferimenti, quali i cartoons di Betty Boop, come The Old Man In The Mountain, o
altre produzioni Fleischer, tipo il primo Popeye (Braccio di Ferro).
Invero la musica di carattere cupo e funereo non è del tutto rara nella produzione dei
compositori anche classici, mi viene in mente la Danse Macabre di Saint-Saëns. Il
jazz, poi, fornisce esempi infiniti di questo stile, che addirittura, nel caso di Duke
Ellington, viene adottato come distintivo dell’orchestra stessa: si ascolti East St.
Louis Toodle-Oo del 1927. Artie Shaw, poco più tardi, adotta come sigla la
celeberrima Nightmare che, a sua volta, è tratta dalla precedente The Skeleton In The
Closet del 1936. Horsey! Horsey! è nota da tempo ai lettori: ne reperimmo con
grande fatica titolo originale e mandolino già nel 2009.
Esattissimi i commenti sulla qualità vocale dell’arrangiamento: il problema di una
voce che sovrasta le altre è ricorrente nella discografia delle Lescano. Tuttavia in
questo caso la voce “conduttrice” è quella più grave di Giuditta, che abitualmente è di
fronte al microfono: le voci “intermedie” vengono al solito ovattate, e purtroppo non
c’è nulla da fare. I mezzi di allora erano assolutamente inadeguati, almeno in Italia;
fortunatamente in America, dove lo standard tecnico era di tutt’altro livello, le
registrazioni risuonano fresche e leggibili come se prodotte con sistemi moderni. Ciò
ci permette di gustare appieno tante opere di grandissimi musicisti.
◙ Altra mail di Paolo Piccardo: «Nel sito GNL - Doorzoek het Geheugen van
Nederland ho trovato questa nitida foto, corredata dalla seguente didascalia:
“Circussen. Vier clowns van Circus Hagenbeck. Scheveningen, Nederland, 1920 or
eerder. Serie van 7 foto’s”. Potrebbe il primo clown sulla sinistra essere il nostro
Sandro?».
65
>
♦ Virgilio: «Sì, è lui, ne sono sicuro».
♦ Angelo: «Sono anch’io d’accordo che è lui. Inoltre, come si vede, nel 1920 o poco
prima il suo volto, dai lineamenti fini e armoniosi, non era affatto deturpato. Ciò
conferma che l’infortunio grave che subì dovette avvenire nei primi anni Venti e non
prima».
♦ Paolo: «Mi associo ai pareri espressi qui sopra e, a sostegno di tale riconoscimento,
ho preparato alcuni significativi raffronti».
http://www.trio-lescano.it/pdf/Foto_di_Sandro.pdf
Martedì 15 Maggio 2012
◙ Mail di Antonio: «Nella mia vetrinetta Come le cantavano... gli altri! questa voltà è
di turno la canzone di Kenny-Panzeri, Chiesetta tra i fiori [Cathedral In The Pines],
che le Sorelle Lescano incisero verso il 1940 insieme ad Aldo Donà con l’Orchestra
di Pippo Barzizza (disco Cetra IT 684). Erano però stati preceduti nello stesso anno –
sempre con Barzizza – da Maria Luisa Dell’Amore e Maria Jottini in duetto (disco
Cetra IT 671).
Mandolino dell’edizione
originale della
canzone dei fratelli
Charles e Nick Kenny
(1939).
66
◙ Mail di Roberto Berlini: «Venerdì 27 Aprile sono andato a trovare, come di
consueto, l’artista Isa Bellini. Le ho fatto vedere l’anteprima della foto proposta da
Gianna Montanari riguardante la “Compagnia della Cetra” [v. la sesta delle Notizie
del 26 Aprile scorso], foto che ha suscitato non poche perplessità circa
l’identificazione degli artisti ivi ritratti.
Abbiamo la conferma che a cantare con Michele Montanari Sposi (C’è una casetta
piccina) è Miti Del Bosco, che fece parte del primo Trio Primavera. Non siamo però
riusciti ad identificare la terza componente del Trio (Tea Prandi, Isa Bellini e ?); Isa
mi ha inoltre descritto con un bel “una” l’artista che si vede fra Fausto Tommei e
Sandra Lescano [ci pare che sia Bebe, la moglie di Tommei]. Con l’aiuto del vostro
sito, vorrei arricchire la biografia delle Primavera, che ho già studiato tanto.
Ho fatto vedere a Isa alcuni filmati Incom, che ha gradito moltissimo, particolarmente
quello in cui canta La maglia rosa per il 34° Giro d’Italia (1951). Ciliegina sulla
torta: grazie al nuovo collaboratore Lio, le ho fatto sentire una rarissima incisione da
lei cantata, che purtroppo non ha ricordato. Se volete sapere il titolo di questa
incisione, non perdetevi le Notizie di Mercoledì 16 p.v. del sito Ricordando i Trii
Vocali! La signora Bellini saluta tutti gli studiosi che collaborano con me, con
profonda gratitudine.
Foto pubblicitaria di Isa Bellini con dedica a Roberto Berlini;
per altre immagini dell’artista si vedano quelle dello spettacolo Il berretto a sonagli
(Notizia del 25 gennaio 2012 in http://triivocali.weebly.com/notizie-gennaio-2012.html).
Avete visto il “mostro” che ho, o per meglio dire, abbiamo creato. Parlo di Simone
Calomino, che ritengo abbia fatto delle considerazioni molto interessanti
sull’incisione delle Sorelle Lescano di Streghe [v. la terza delle Notizie di questo sito
del 10 Maggio scorso]. Quello che mi ha colpito di Direttissimo, che feci notare
subito a Simone, è lo slancio dinamico e lo spirito futurista dell’incisione, presente
anche in Arriva Tazio. Il treno, sbuffando, arresta il suo percorso nella stazione, in
maniera dolce e malinconica; successivamente esso fischia allontanandosi dalla
stazione e prendendo rapidamente velocità. Con l’assolo di saxofono, la velocità
massima è raggiunta e il Diretto va spedito, senza ostacoli. Poi si riodono Le Lescano
che, in un linguaggio universale, dapprima dialogano con le macchine e in seguito
prendono la scena da soliste. La cosa meravigliosa di questa incisione (come per
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Tulilem-blem-blu) è l’universalità dell’interpretazione che, andando oltre alle parole,
rimane affidata solo alla Musica. Come per la maggioranza delle interpretazioni delle
contemporanee Sorelle Triestine (che continuo a studiare), in questa incisione le
Lescano manifestano inizialmente la loro anima slow e successivamente quella briosa
e sincopata.
Mercoledì 16 Maggio 2012
◙ Mail di Vito Vita: «Ieri sono stato, come d’accordo, alla presentazione del libro su
Michele Montanari [v. le Notizie del 26 Aprile u.s.]: ho così fatto conoscenza con la
signora Gianna che, molto gentilmente, mi ha fatto una dedica sul suo libro. Ho
scattato alcune foto che vi invio, e che potrete pubblicare nel sito.
http://www.trio-lescano.it/pdf/Presentazione_libro_di_Gianna_Montanari.pdf
Come potete vedere, era presente anche la signora Lidia Martorana, che ha fatto un
intervento ricordando come il Montanari fosse, oltre che un bravo cantante, un bel
giovane e che, per questo motivo, molte ragazze affollavano l’uscita dell’Eiar (e poi
della Rai) per poterlo incontrare.
Gli interventi dell’Autrice [Gianna Montanari Bevilacqua, figlia dell’artista] e dei due
esperti invitati si sono invece concentrati su alcuni aspetti relativi al volume: la
signora Montanari ha ricordato tra l’altro il repertorio bellico del padre, tra cui La
canzone dei sommergibili.
Al termine della presentazione c’è stato spazio per alcune domande del pubblico».
◙ Mail di Giacomo Schivo: «Vi scrivo per chiedervi se fosse possibile comunicare
anche attraverso il vostro bellissimo sito la notizia della scomparsa di Lidia
Pasqualini, la prima annunciatrice della “Radiovisione” in Italia durante le
trasmissioni sperimentali del 1939. La famiglia mi ha comunicato che il decesso è
avvenuto domenica scorsa, 13 Maggio; era nata a Sedegliano, Udine, il 17 aprile
1920.
Vittorio Veltroni, Lidia Pasqualini e
il radiocronista sportivo Nicolò
Carosio; immagine tratta dal
«Radiocorriere», Dicembre 1967. Da
.
http://www.radiomarconi.com/marconi/cronologia.html
68
I familiari hanno altresì dato a me il compito di divulgare la notizia ed io ho pensato
di comunicarla al pubblico italiano attraverso i siti “Le elegantissime annunciatrici di
una volta”, “Ricordando il Trio Lescano” e “Il Discobolo”. Lidia Pasqualini lavorò
con le Sorelle Lescano durante tutto il periodo delle trasmissioni “radiovisive”, ed ora
che è venuta a mancare, ho avuto la gioia di essere il destinatario del suo archivio
personale, con tutto il materiale d’epoca riguardante lei ed i suoi ex colleghi.
Spero che questo materiale potrà essere di qualche interesse e di qualche utilità al
vostro sito. Appena sarà in mio possesso, sarà mia cura e mio piacere metterlo a
vostra disposizione, anche perché, negli anni scorsi, non ho potuto esservi di molto
aiuto a causa di problemi personali che hanno scombussolato tutti i miei piani ed i
miei ritmi di vita. Ora che è tornato il sereno, mi ripropongo di fare quel che posso
per collaborare col vostro sito, che seguo sempre con immenso interesse e che mi ha
tenuto tanta compagnia durante i momenti peggiori che ho vissuto.
Spero anche che l’Associazione culturale a cui voi e Massimo Baldino volete dar vita
veda presto la luce. A tal proposito, vi annuncio che Massimo ed io abbiamo deciso
di utilizzare “Radio Il Discobolo” per raccogliere le adesioni degli appassionati a
questo progetto».
♦ Ringraziamo di cuore l’amico Giacomo Schivo per questa sua mail e siamo
lietissimi di porgergli il più cordiale “bentornato tra noi!”. Aspettiamo ora con viva
impazienza di conoscere il contenuto di tale archivio, con l’ovvia speranza che vi si
trovino documenti inediti relativi alle Sorelle Lescano.
◙ Riceviamo da Mendola Investigazioni (Palermo) due locandine che pubblicizzano
una serata rievocativa dedicata al 1940 e al Trio Lescano; ad essa interverrà Maria
Bria. Abbiamo invitato il nostro corrispondente locale, Francesco Paci, a seguire tale
iniziativa, in modo da inviarcene un resoconto, possibilmente accompagnato da un
bel servizio fotografico.
◙ Riceviamo da Fabrizio Battini la seguente mail: «Buongiorno, mi permetto di
disturbarvi solo per segnalare un refuso (se così si può definire). Nella vostra
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Fototeca a pagina 4 del documento http://www.trio-lescano.it/fototeca/archivio_francesco_nicola_di_pietro.pdf,
la fotografia in alto a sinistra, la cui didascalia indica “Trio vocale di Terni”, in realtà
ritrae il Trio Vocale F.lli Battini. Di ciò sono assolutamente certo, e tale certezza
deriva dal fatto che io sono il figlio di Piero Battini, al centro della foto, mentre ai lati
ci sono: a destra (zio) Gino e a sinistra (zio) Mario.
Il Trio Vocale F.lli Battini.
Nessuno di loro è più fra noi, e scovare per puro caso, anche se solo marginalmente,
un cenno, un riferimento, una traccia su questo immenso spazio chiamato web, mi ha
fatto un enorme piacere. Plaudo alla vostra iniziativa e ringrazio il Curatore e tutti i
collaboratori del sito per l’opera che state svolgendo».
♦ Dopo aver debitamente espresso la nostra gratitudine a Fabrizio per la segnalazione
e le gentili parole di apprezzamento nei nostri confronti, abbiamo immediatamente
modificato la didascalia della foto (che ricalcava ciò che si legge sul retro della foto
stessa), secondo le sue indicazioni. Lo abbiamo altresì invitato a scrivere un ricordo
di questi tre musicisti, oggi purtroppo dimenticati, corredandolo, se possibile, con
altre foto e qualche incisione, che ci consenta di meglio evidenziarne lo stile
interpretativo.
Venerdì 18 Maggio 2012
◙ Riceviamo da Claudio Scazzocchio la mail seguente:
«Con la presente ci pregiamo invitarvi all’evento sotto indicato. Vi chiediamo anche,
se lo ritenete, di divulgare l’evento. Grazie.
Caffè del Progresso
Corso San Maurizio, 69 - 10124 Torino
Giovedì 7 Giugno alle 18,30
Presentazione del libro
I MIEI TU-LI-PÀN
Mamma cantava nel Trio Lescano
di Alba Beiras
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Casa Editrice: Armenio Editore
Copertina del libro e l’Autrice, Alba Beiras.
Si veda anche http://www.scomunicando.it/tutto-libri/armenio-editore-i-miei-tu-li-panq.
Dedicato a tutti coloro che amano lo swing e che apprezzano le vocalità del Trio
Lescano, questo appuntamento sarà l’occasione per conoscere la storia inedita di
Maria Bria, ultima componente del Trio Lescano ancora in vita. Una storia che la
figlia Alba Beiras, al suo esordio letterario, racconta, condividendo con il lettore
l’incredibile esperienza che portò Maria a fare parte del Trio Lescano e a calcare le
scene di teatri e palcoscenici d’Italia e delle più famose emittenti radiofoniche del
Sud America. Racconta perché la sua presenza nel Trio Lescano rimase segreta e le
motivazioni che portarono il Trio a sciogliersi definitivamente.
Durante la serata Maria Bria racconterà qualche episodio della sua incredibile
esperienza».
◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi è il nostro Alberto Rabagliati a far bella mostra di sé
nella vetrinetta con la canzone Oi Marì di Nisa-Di Ceglie, incisa il 22 Gennaio del
1941 con Angelini, su disco Cetra IT 995 e DC 4057».
71
Ricordiamo che la medesima canzone fu incisa l’anno seguente anche dal Trio
Lescano con l’Orchestra Barzizza (DC 4154), seguita a ruota dalla versione in
tedesco, su testo di Schwenn-Schaeffers e col titolo Oh Marie, oh Marie! (DC 4174).
◙ Mail di Simone: «Sono riuscito a comprare il primo disco inciso da Lina Termini,
un vecchio Parlophon GP 92775. La prova che questo sia il primo brano inciso dalla
brava cantante si trova nel catalogo Cetra - Parlophon dell’Aprile 1939. La canzone
in questione, Tu sei bella come il cielo, è l’unica che riporti il nome di Lina Termini.
Notiamo nell’immagine da me montata che il suo nome è scritto in un carattere molto
più piccolo rispetto agli altri artisti e che il nome di Lina Termini sul catalogo non è
scritto sulla destra (come accadeva con gli artisti importanti) ma nella parte inferiore
della descrizione. A destra appare invece scritto “Orchestra da ballo dell’EIAR diretta
dal M° Angelini”.
Un’ulteriore conferma del fatto che questo sia il primo disco di Lina Termini la
troviamo nel catalogo Cetra - Parlophon del Gennaio 1941. Tu sei bella come il cielo
è infatti il disco con il codice di catalogo meno recente ed è infatti in cima alla lista.
Direi che, dunque, non vi sono più dubbi.
La canzone Tu sei bella come il cielo ha un ritmo allegro e brillante, ma non è il ritmo
la cosa che più ci colpisce, bensì la voce di Lina Termini: essa ci appare infatti
abbastanza diversa da quella che conosciamo. Usa una tonalità più alta del solito e la
sua voce appare più stridula e immatura rispetto a quella sensualissima che la
caratterizza in incisioni come Ma l’amore no.L’attento e minuzioso restauro
dell’incisione è stato fatto da Roberto Berlini, che ci dimostra dunque che, oltre ad
essere il più grande esperto di trii vocali, se la cava bene anche nel ridare dinamicità a
questi vecchi cimeli di cui ci occupiamo. Approfitto di questa occasione per
ringraziarlo pubblicamente per il suo lavoro e per le tante iniziative che riesce
brillantemente a portare avanti. Che altro dire... speriamo di poterlo vedere presto
anche come direttore di un suo trio vocale! Perché dico questo? Seguite il nostro sito
e presto lo saprete!».
◙ Sulla presentazione del libro di Gianna Montanari Bevilacqua, di cui abbiamo
parlato mercoledì scorso, si veda http://laulilla.wordpress.com/parliamo-di-libri/6296-2/.
72
◙ Mail di Loris Davide: «Ciao bella gente... Certo è dura, infatti questo è l’ultimo
lavoro che ho fatto un anno fa, ossia l’attore in Workers - Pronti a tutto del regista
Lorenzo Vignolo: si veda http://www.youtube.com/watch?v=V9o3DwqsoZY&feature=plcp.
Però sto continuando a cercare le ragazze del Trio [Lescano] visto che le precedenti
attrici hanno dato forfait per partire. L’evento è pubblicato anche qui...
http://www.wikieventi.it/torino/evento.php?id_evento=3226&evento=ULTIMATE_CASTING_FIR
MAMENTO_NEROSTELLATO_LOW_BUDGET
Che dire, io ci credo... A presto amici,
Loris Davide Fiore,in arte Victor Vegan».
Ultim’ora - Mail di Paolo Piccardo a commento delle Notizie odierne:
«La bravissima Lina Termini, come segnalato da Simone, esordisce dunque col disco
Parlophon Tu sei bella come il cielo. In quel periodo la Termini incide anche, sempre
dallo stesso film – Quella certa età – la canzone Con te (GP 92775b). Purtroppo non
è chiaro quali siano i titoli originali di questi brani. Adamson e Mc Hugh, coppia
affiatatissima della musica americana, composero per la pellicola That Certain Age
(1938): Be A God Scout, Has Anyone Ever Told You Before, My Own, That Certain
Age, You’re As Pretty As A Picture.
Il disco scompare dal Catalogo Cetra 1942, probabilmente perché a quel punto l’Italia
si trovava in guerra con gli Stati Uniti ed ogni canzone d’oltreoceano non era
ovviamente ben vista dal regime. La datazione della registrazione, esaminando la
matrice 154073, può ben situarsi tra le date 10 e 13 Febbraio 1939. Nei cataloghi
Cetra-Parlophon quasi sempre è il numero di matrice che stabilisce il periodo di
produzione; talvolta il numero di serie del disco non è un fattore indicativo esatto,
poiché poteva capitare che un numero eliminato venisse riassegnato ad un’altra
incisione. Ad esempio Bilbao, dell’Orchestra Angelini, matrice 150565 è in catalogo
come GP 91566. Mudundu, matrice 150566 è invece elencato come GP 91448.
È possibile che la Termini abbia inciso anche la canzone che al film ha dato il titolo,
ovvero Quella certa età. Alla matrice 154128 viene infatti associato interprete e
titolo, ma manca il numero di catalogo. La sessione di registrazione porta la data del
27 febbraio 1939».
◙ Mail di Antonio a commento delle Notizie odierne: «Mi spiace dissentiere su
quanto affermato da Simone circa la prima incisione della Termini (Tu sei bella come
il sole, GP 92775 del ’39). Sarebbe più preciso dire che questa è la prima incisione
‘ufficiale’ della cantante, in quanto su disco IT 638 (senza comparire sull’etichetta
del disco col suo vero nome) accompagnava Odoardo Spadaro con l’Orchestra di Tito
Petralia nelle due canzoni Sulla carrozzella e Vecchio disco, ma con lo pseudonimo
di Mary Field».
♦ Risposta di Simone: «Tengo a sottolineare che come “primo disco” si intende, o
meglio, io ho sempre inteso primo disco DA SOLISTA. Per spiegare la cosa,
prendiamo ad esempio il disco Valzer di primavera di Nilla Pizzi e Bruna Rattani.
Questo è il primo disco in cui compare il nome di Nilla Pizzi, ma l’esordio vero e
proprio di questa cantante è con il disco Alba della vita inciso da solista.
Probabilmente su una cosa Antonio ha ragione, andrebbe specificato nella dicitura
“primo disco da solista”.
73
Detto questo, credo che sia anche giusto dire “Primo disco di Lina Termini” perché
nell’altro disco non appare il suo nome bensì uno pseudonimo e Tu sei bella come il
cielo è il primo brano in cui l’artista si presenta come Lina Termini.
Nota tecnica. Nonostante che Valzer di primavera (matrice 52022) non sia il
primissimo brano inciso dalla Pizzi (perché questo in realtà è Ronda solitaria, lato B
dello stesso disco, matrice 52011), esso viene considerato da molti il primo perché
facciata A del primo disco in cui appare il suo nome; io personalmente non mi trovo
d’accordo con questo ragionamento».
Sabato 19 Maggio 2012
◙ Mail di Antonio: «Riferendomi a quanto scritto da Paolo sulla canzone Tu sei bella
come il cielo, sono andato a rivedermi il film da cui fu tratta la canzone di Adamson
e Mc Hugh, interpretata dalla Termini. Un vero tuffo nel passato! Anno 1938, film
That Certain Age (Quella certa età, presentato in Italia nel 1939), con una
giovanissima Deanna Durbin ed un fascinoso Melvyn Douglas nei panni del suo
rubacuori. Una piacevole commedia familiare, dove ho riconosciuto i motivi in
questione: Tu sei bella come il cielo è You’re As Pretty As A Picture mentre Con te è
My Own, che la Durbin interpreta con la sua impareggiabile classe. Quanto agli altri
motivi menzionati da Paolo posso precisare che A Good Scout è un inno, Has Anyone
Ever Told You Before e That Certain Age sono due motivi molto allegri, non adatti al
genere della Termini. Vi allego il poster del film e due delle canzoni originali».
74
Sullo stesso argomento Paolo ci ha inviato una scheda, come al solito ben
documentata: http://www.trio-lescano.it/pdf/Scheda_del_film_That_Certain_Age.pdf.
◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Vorrei integrare il resoconto di Vito Vita
della presentazione del mio libro Abbassa la tua radio per favore, avvenuta lunedì 14
Maggio al Salone del Libro di Torino. Al “repertorio bellico” ha fatto un accenno uno
dei due relatori, Bruno Quaranta (l’altro era Francesco Devescovi, direttore della Eri),
che ha letto un passo del libro in cui dico del mio imbarazzo rispetto a quelle canzoni
e dimostro il mio atteggiamento critico, le domande che mi sono posta e le risposte
che per il momento mi sono data. È un discorso abbastanza complesso, che qui non
posso riassumere, e che si può seguire davvero soltanto leggendo il libro. Quello però
che mi spiace molto è che la Canzone dei sommergibili, di cui si è proposto l’ascolto
(e perché non, invece, di Silenzioso slow?), sia estratta da un link di chiaro stampo
politico. Se non è un accostamento voluto, l’effetto è comunque molto infelice.
Oltretutto c’è scritto “Nello” Montanari e non Michele Montanari. Mi spiace poi che,
dei molti argomenti trattati nella presentazione, sia uscito fuori solo questo.
Poiché non tutto il male viene per nuocere, approfitto della circostanza per chiarire
una volta per tutte l’argomento del rapporto tra mio padre e le canzoni della guerra
fascista. Come ho scritto nel libro, un cantante dell’Eiar cantava quello che gli
facevano cantare, non poteva scegliere; anche se non le avrà cantate malvolentieri, a
un certo punto mio padre si rese conto che cantare la vittoria, mentre la guerra andava
male, non era molto vantaggioso per lui; tanto è vero che, come mi ha recentemente
raccontato un fratello di mia madre, si sfogava dicendo: “Questi mi fanno sempre
cantare Vincere; mi vogliono rovinare”. Mio padre non si è mai interessato di
politica, dopo la guerra non mi risulta che abbia mai preso parte a manifestazioni
‘nostalgiche’ e in un’intervista di Everardo Della Noce si dichiara in politica un
incompetente, e aggiunge: “Lì, la mia voce sarebbe stonata”.
Quelle canzoni fermarono la sua carriera dopo la guerra; mi dispiace molto che a 17
anni dalla sua morte ritornino a pesargli addosso».
La Signora Gianna ci ha infine confermato che il nostro Alessandro Rigacci ha
accettato l’invito, da lei rivoltogli, di recensire il libro: aspettiamo tutti fiduciosi.
Domenica 20 Maggio 2012
◙ Mail di Antonio intitolata Lina Termini e le canzoni
‘fantasma’: «Voglio segnalarvi una “curiosità”, sempre in
riferimento alla Termini. Che abbia inciso le versioni
italiane delle canzoni tratte dal film Quella certa età con
Deanna Durbin, ne abbiamo già parlato; quello che vi sto
raccontando è accaduto nel 1941, in fase di doppiaggio del
film Il primo bacio (First Love,1939) sempre interpretato
dalla Durbin.
Deanna Durbin e Robert Stack,
interpreti del film Il primo bacio.
75
Eravamo già in piena guerra e chissà per quale recondita ragione fu confezionata una
musichetta da usare (questo è anche da accertare) come sottofondo al film. Tale
motivo quindi non era interpretato dalla protagonista (Deanna Durbin) ma fu
trasformata in canzone con il titolo Il primo bacio. Gli autori di questa fantomatica
canzone erano Giovanni D’Anzi e Alfredo Bracchi e ad inciderla fu chiamata proprio
la nostra Lina Termini insieme all’Orchestra Cetra diretta da Pippo Barzizza (disco
IT 1016). Una canzone – come si potrebbe definire – di serie B, in quanto non viene
mai ricordata tra i successi del famoso duo D’Anzi-Bracchi. Un caso analogo era già
accaduto (e chissà quanti altri) per il film Una romantica avventura (1940), dove il
famoso valzer del maestro Cicognini diventò una canzone di successo – sempre
interpretata dalla Termini – su dischi Cetra IT 869, DC 4160, DC 4522 e DD 10013.
◙ Mail di Francesco Paci, in relazione alla terza delle Notizie di Mercoledì 16 Maggio
scorso:
«Cari amici, eccovi un resoconto accurato della rappresentazione di venerdì sera. Vi
allego anche un breve filmato, con qualche “spezzone” della serata, ed alcune foto
(purtroppo, di qualità non eccelsa, dal momento che sono state scattate con il telefono
cellulare).
- http://www.trio-lescano.it/incisioni/Serata.wmv
- http://www.trio-lescano.it/pdf/Circolo_Ufficiali_di_Palermo_18.5.2012.pdf
La sala si è presentata davvero piena, con tanta gente, in parte già partecipe del primo
incontro, organizzato l’anno scorso (l’8 Ottobre, quando io mi trovavo a Roma, per
incontrare Roberto Berlini e la sua famiglia, oltre che Isa Bellini).
La serata è stata impostata nel modo seguente: tre ragazze, più, ovviamente,
l’orchestra, si sono esibite in sei brani delle nostre olandesine (in ordine: Pippo non lo
sa, Ciribiribin, La gelosia non è più di moda, Il pinguino innamorato, Tulipan,
Maramao perché sei morto?), intervallati da brevi spezzoni storici, esposti dal
presentatore, utili a “rievocare” i momenti storici più importanti del Trio.
Presente, ieri sera, come avrete già saputo, l’ultima “sopravvissuta” della seconda
formazione del Trio vocale: Maria Bria, che ha avuto anche la “sua” parte della
serata, cantando, dinnanzi al pubblico, un tango argentino (memoria del periodo
trascorso in Sudamerica).
Fra musica e fotografie (proiettate su uno schermo, ma tutte già conosciute, nulla di
veramente originale o inedito) rappresentanti le nostre Lescano, la serata si è conclusa
con la premiazione di alcuni dei presenti per la loro collaborazione e/o partecipazione
allo spettacolo (in particolar modo, la figlia della Bria, Alba Beiras, autrice del libro I
miei TU-LI-PÀN - Mamma cantava nel Trio Lescano).
Veniamo, adesso, ai giudizi su quanto ho potuto assistere, venerdì sera.
In una scala da uno a dieci, darei un bel nove all’orchestra presente: molto fedeli agli
originali, i brani suonati. Lo posso garantire, in quanto, fra me e me, ripercorrevo
tutte le incisioni, e non ho riscontrato sorprese, tranne per Il pinguino innamorato
(sicuramente la canzone meno riuscita), in cui mancava una parte dell’introduzione
originale.
Passiamo alle ragazze. A loro, non potrei dare più di sei e mezzo-sette. Hanno una
bella voce, hanno lavorato e si sono impegnate, indubbiamente, ma sono ben lontane
76
dalle vere Lescano. Non giudicatele dal filmato che ho allegato alla mia recensione:
l’audio non è di buona qualità, e non rende loro giustizia.
Il discorso, per il trio d’imitazione, è, in realtà, più complesso: alcuni momenti sono
stati eccezionali (Ciribiribin è stata, sicuramente, la canzone meglio interpretata: mi
ha trascinato parecchio, ed era molto gradevole), altri, da dimenticare (come Tulipan,
oppure Il pinguino innamorato, distantissime dalle originali, per quanto concerne
l’armonizzazione e la fedeltà). Come al solito, purtroppo, ogniqualvolta si assista ad
una “rievocazione” del nostro, inimitabile Trio, manca la solista: Pippo non lo sa, Il
pinguino innamorato, Maramao perché sei morto?, avrebbero avuto bisogno di una
ragazza, accompagnatrice della formazione vocale, che avrebbe dovuto interpretare
Silvana Fioresi e Maria Jottini. Cosa che, regolarmente, non è avvenuta.
Interessante è stata la presentazione di un documento che attesta la falsità dell’arresto
(già presunto, da molto tempo, e che, su questo sito, è stato oggetto di un amplio
dibattito) delle Lescano, verificata mediante una ricerca, condotta dagli stessi
organizzatori della serata, al carcere Marassi, dal quale non è uscita fuori nessuna
prova che dimostri il fermo delle tre ragazze al penitenziario Ligure. Tale documento
è stato esternato dalla Procura della Giustizia di Genova, che ha collaborato alla
ricerca.
Maria Bria è stata, indubbiamente, la vera diva della serata: posso affermare, con
certezza, che ella si stia ampiamente rifacendo del danno economico e morale, subìto
fra il 1946 ed il 1952, periodo in cui lavorò con Sandra e Giuditta. Ovverosia, sta
conquistando popolarità ed interesse, da parte del pubblico, dopo tanti anni di ombra.
Maria Bria oggi, a 87 anni.
Mi è sembrato di capire che lei abbia riferito, al presentatore, che siano state le sorelle
Lescano a non averla pagata, durante la trasferta in Sudamerica: io ricordavo
diversamente, ovvero che, le due olandesi, non sapessero che il loro amministratore
non le versasse un solo centesimo.
A dir poco epico il momento in cui, all’ospite d’onore della serata, nonché ultima
testimonianza vivente del Trio Lescano (almeno, così è stata definita), è stato
“svelato” un vero cimelio: il microfono originale del 1938, marchiato EIAR e facente
ora parte dell’archivio RAI, con il quale le sorelle hanno cantato le loro più celebri
77
canzoni.
È stato, addirittura, utilizzato dalla signora Bria per cantare Tulipan, insieme alle tre
ragazze, che si sono, invece, servite di un microfono moderno.
Maria Bria, come detto, ha anche cantato – con quel poco di voce che, ormai, le è
rimasto – un tango argentino, accompagnata da un bravo violinista; c’è da dire, per
onestà, che lei ha premesso di non avere più voce, in quanto “le corde vocali sono
come una bicicletta: se la si lascia in cantina ad arrugginire, poi, non funziona più.
L’ultima volta che ho cantato professionalmente è stato a quarant’anni: adesso, la mia
voce è quella che è. Abbiate pazienza”.
Sono, comunque, riuscito a farmi firmare, da parte sua, un autografo, per il sito
“Ricordando i Trii Vocali”, con il nome di Roberto, di Simone ed il mio.
Maria Bria canta il tango Adiós, pampa mia!
In complesso, una bella serata, certo, con qualche difetto e strafalcione: sono state
“citate” le Capinere come accusatrici delle Lescano, in quanto “invidiose del loro
successo e non capaci di decollare”, ma la smentita dell’arresto ha fatto,
indirettamente, cadere questa accusa. Al massimo, si possono confermare, sempre
secondo il documento di cui sopra, due fermi da parte della Gestapo, ma nulla di più.
Mi ha fatto imbestialire soltanto l’aver udito che “la fiction, trasmessa due anni fa, ha
ricostruito minuziosamente la vita delle Lescano”. No comment».
Mercoledì 23 Maggio 2012
◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi nella vetrinetta “Come le cantavao... gli altri” fa
capolino il dolce viso acqua e sapone di Dea Garbaccio che, insieme al Duo Fasano
(ai primi passi, dato che era il 1942), interpreta Don Pasquà, la ben nota canzone di
Nisa-Concina incisa anche dal Trio Lescano nel medesimo anno e sempre con
Angelini (DC 4136)».
78
Dea Garbaccio (Borgosesia, 29.6.1919 - Fara Novarese, 12.9.1997) e
il Duo Fasano, formato dalle gemelle Dina (Torino, 21.9.1924 - Torino, 24.11.1996) e
Delfina Fasano (Torino, 21.9.1924 - Torino, 16.12.2004).
◙ Grazie alla generosa disponibilità del collezionista Renato P. Allison, Manuel ha
potuto acquisire le registrazioni di ottima qualità delle canzoni Fascino slow (GP
92190a), con Emilio Livi e il Trio Lescano, Piccolo chalet (GP 92350a), con Luciana
Dolliver e il Trio Lescano, Ba... ba... baciami piccina (DC 4143a) e Cantiamo in tre
(DC 4143b), interpretate dal Trio Lescano da solo. Tutte queste incisioni erano fin
dall’inizio presenti nel nostro Archivio sonoro, ma la loro qualità – specialmente nel
caso di Fascino slow e di Ba... ba... baciami piccina – lasciava molto a desiderare.
Walter ha quindi provveduto a ridare ulteriore smalto ai file ottenuti da Manuel,
cosicché essi fanno ora bella mostra di sé nel suo canale di YouTube, dove tutti li
possono ascoltare e gioirne. Si tratta infatti di quattro splendide gemme, che danno la
misura della classe inarrivabile delle olandesine.
http://www.youtube.com/user/AlbertoRabagliati
◙ Umberto Mendola ci ha precisato che la presentazione del
libro di Alba Beiras dedicato a sua madre, Maria Bria, ultima
componente del Trio Lescano tuttora con noi, si è svolta presso il
Circolo Militare Ufficiali di Palermo, un bel palazzo d’epoca,
molto ben tenuto. Umberto, carabiniere in congedo, è il titolare
dell’Istituto palermitano Mendola Investigazioni, specializzato
nella ricerca di persone scomparse, sia in Italia che all’estero.
Appassionato del Trio Lescano, è naturale che, data la sua
professione, egli sia attratto in particolare dalle vicende
biografiche delle tre sorelle, vicende che, come si sa, conservano
tuttora non pochi lati oscuri. Fra questi basti ricordare gli ultimi
anni di vita di Caterinetta e la sorte toccata a Giuditta, di cui si
perdono le tracce verso la metà degli anni Settanta.
Umberto Mendola.
79
Ingresso del Circolo
Militare Ufficiali di
Palermo.
Avvalendosi delle sue approfondite competenze e conoscenze Umberto è riuscito a
ottenere due documenti di notevole interesse, che ha poi generosamente messo a
nostra disposizione tramite il nostro collaboratore siciliano Francesco Paci, uno dei
Curatori del sito gemello Ricordando i Trii Vocali: li ringraziamo entrambi
calorosamente. Siamo ora lieti di pubblicare qui tali documenti, a beneficio di tutti i
ricercatori seri (precisazione d’obbligo, perché non mancano purtroppo quelli che
non lo sono affatto, dal momento che preferiscono inventarsi di sana pianta le
informazioni, invece di andarle a cercare là dove normalmente si trovano, cioè tra i
documenti d’archivio).
80
Venerdì 25 Maggio 2012
◙ Mail di Renato P. Allison: «Ecco un piccolo supplemento alle tante novità di questi
giorni. Vi invio l’etichetta IT 818a che vi manca: credo che sia la prima edizione di
Firenze con Spadaro e il Trio Lescano, poi ristampata varie volte fino agli anni ’50.
Ho notato che manca anche nella Discografia. La matrice è sempre 50638».
81
Abbiamo subito provveduto ad aggiornare sia le varie pagine della Discografia che
l’elenco delle etichette in archivio.
◙ Mail di Simone Calomino: «Amici, vi invio una bellissima incisione: Autunno di
Santafè e Di Roma, pubblicata nel 1939 su disco Cetra IT 656b nella brillante
interpretazione di Maria Jottini e Maria Luisa Dell’Amore. Si tratta di un duo molto
particolare, dato il caratteristico timbro alto e squillante di entrambe le voci, che
riescono ad impastarsi con un ottimo risultato (si ascoltino a tale riguardo su
YouTube per la prima Un bel dì vedremo e per la seconda La bella lavanderina).
Notevole anche il lato ‘a’ del medesimo disco, nel quale lo stesso duo interpreta
Madonnina Innamorata.
Il motivo per cui vi propongo la canzone Autunno è che essa è stata incisa anche da
Fedora Mingarelli e il Trio Lescano su disco Parlophon GP 93065. Quale delle due
versioni preferite? A voi l’imbarazzo della scelta!».
Martedì 29 Maggio 2012
◙ Mail di Antonio: «Quest’oggi la vetrinetta di “Come le cantavano... gli altri” si apre
82
per mostrare – affiancate – due cantanti di genere e tempo diversi: la melodia ‘soft’
degli anni ’30 e lo swing degli anni ’40.
Ninì Serena (1912-1979) [o Niny, come si legge nei titoli di testa del film Ecco la
Radio!, del 1940]: cantante dalla voce calda e sensuale, ma con una carriera alquanto
breve, seppur memorabile, durata sì e no due anni circa. Nella Colombo (1927-1999):
cantante tutto swing che, sotto la guida del maestro Carlo Prato, iniziò giovanissima –
appena sedicenne –- una carriera ben lunga (1941-1966), che la rese popolarissima.
Ninì Serena e Nella Colombo.
La prima l’ascoltiamo in un notissimo motivo di Porter-Valabrega, Ma perché? (GP
92779, 1938), inciso con Angelini e l’Orchestra da ballo dell’Eiar; il Trio Lescano lo
inciderà un anno dopo su disco GP 92840, con la medesima Orchestra.
La seconda ci presenta Il pesce e l’uccellino di Kramer-Rastelli, una canzone lanciata
nello stesso anno (1942) da Silvana Fioresi e il Trio Lescano con Barzizza, su disco
DD 10070. Nella Colombo la canta assieme al Trio Aurora, con l’Orchestra diretta
dal M° Carlo Zeme».
I due files sono stati restaurati, con la sua consueta perizia, dal nostro Walter.
♦ Commento di Paolo: «Nell’ascoltare con piacere la versione della canzone Il pesce
e l’uccellino di Nella Colombo mi sorge un dubbio. È sicuro che si tratti
dell’Orchestra Zeme? In effetti l’arrangiamento è lo stesso eseguito da Barzizza, e lo
stile del Pippo sanremese si riconosce al primo istante, con il violino che raddoppia la
melodia cantata. Forse la proprietà degli arrangiamenti era della Cetra, ma non credo
che questi fossero intercambiabili fra le varie orchestre, ognuna delle quali aveva un
suo stile ben definito. Quale direttore l’avrebbe accettato? Detto ciò, colpisce
l’intervento del Trio Aurora: ineccepibile armonicamente ma, in confronto al Trio
Lescano, impreciso qua e là e decisamente con meno swing».
♦ Replica di Antonio: «Carissimi, mi dispiace confermare a piè pari quanto da me
già affermato. Se l’arrangiamento [della canzone Il pesce e l’uccellino] è quasi
identico a quello di Barzizza, che sia lo stile del maestro Carlo Zeme – per chi non lo
ha conosciuto o non lo ricorda – si nota ben presto sin dalle prime note di apertura del
brano. Ben più corposa è l’entrata di Barzizza, avvalorata anche dal numero maggiore
dei componenti l’orchestra e dalla ripresa subito dopo il ritornello cantato dalle
Lescano.
A Paolo consiglierei di andarsi a riascoltare la versione della Fioresi, per rendersene
83
ben conto. Nel caso non l’avesse, gliela potrei inviare, in modo da fare un preciso
confronto. Perché sempre tanti dubbi su quanto afferma il sottoscritto???».
♦ Controreplica di Paolo: «Caro Antonio, perché dovresti dispiacerti nel comunicare
dati e pareri? Siamo qui per studiare ed apportare i nostri contributi. Che
l’introduzione sia di Zeme è possibilissimo. Che sia altrettanto vero che dalla
modulazione in poi l’arrangiamento sia di Barzizza è ineluttabile; conosco benissimo
la versione della Fioresi, essendo studioso di arrangiamento ed orchestrazione, ed
essendo uso a documentarmi attentamente prima di parlare. Per quanto riguarda la
formazione orchestrale Zeme nel 1942 schierava:
- trombe: Oscar Valdambrini, Angelo Gori, Elettro Bartolucci, Ferri;
- tromboni: Mario Midana, Giuseppe Schezzi (vivente, mio conoscente);
- sax: Silvano Morra, Glauco Masetti, Paolo Ferraresi, Battista Gimelli;
- archi: Marcello Zeme, Rovesio, Giovannelli, Campana;
- ritmica: Picconetto, Trotta, Regolo Rovero, Frazzi.
Quindi una formazione standard al pari di Barzizza. L’arrangiamento omette il solo di
sax tenore di Mario Di Cunzolo, per ragioni di spazio. Non entro in altri meriti, ma
posseggo una notevole discografia ed esperienza orchestrale che mi consentono di
poter esprimere un garbato parere senza malintesi secondi fini.
In conclusione, il reperimento dell’etichetta risolverebbe ogni residuo dubbio, ma il
disco non compare nel catalogo del 1942 e non c'è più in quello del ’47/’48.
Evidentemente sono quelle incisioni fatte a Bologna dopo il ’42, e chissà quanto
materiale è andato perduto.
Un cordiale saluto, Paolo».
de

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