incompatibilita consigliere in enti soggetti a vigilanza
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incompatibilita consigliere in enti soggetti a vigilanza
Rif. Prot.n.946/2007 Pesaro, 17 dicembre 2007 Al Segretario Generale Dott. Roberto Rondina Sede OGGETTO: parere su incompatibilità consigliere provinciale Con riferimento alla sua allegata richiesta di parere del 6 novembre 2007, formulo le seguenti valutazioni. L’art.63, comma 1, punto 1 del d.lgs.267/2000, nella versione in vigore prima delle modifiche introdotte dall’art.14 decies, D.L. 30 giugno 2005, n.115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n.168 del 17 agosto 2005, stabiliva che “1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale: 1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente”. In ordine a tale disposto normativo (o comunque a quello sostanzialmente identico di cui all’art.3, comma 1, n.1 della L.154/1981 poi trasposto nel T.U. EE.LL.) l’attenzione della giurisprudenza della Cassazione Civile si è particolarmente appuntata sul concetto a cui rimanda il termine “vigilanza”, che, come ricorda Cass. Civ. sez. I, 28 dicembre 2000, n.16203, “va inteso nel senso di comprendere ogni forma d'ingerenza o di controllo del Comune nell'attività dell'ente controllato, non occorrendo che la vigilanza medesima si esplichi nelle forme più penetranti dell'annullamento o dell'approvazione degli atti dell'ente stesso; ed ha aggiunto che il termine "vigilanza" deve essere interpretato, sul piano grammaticale e logico, nella sua accezione più lata, quindi non in modo limitativo con riferimento ai soli tipici controlli tutori e di legittimità o a quelli (sostitutivi) sugli organi, potendo invece il relativo potere concretarsi anche in controlli di più ampia e diversa natura e potendo esso discendere non soltanto dalla legge ma anche da un vincolo contrattuale (così Cass., 11 aprile 1995, n. 4168, in motivazione: v. anche la giurisprudenza in detta pronuncia richiamata)”. pag. 1 di 6 In particolare la giurisprudenza, pur convenendo sul carattere eccezionale delle norme che esprimono divieti ed incompatibilità destinati a limitare l’elettorato passivo e l’effettivo esercizio delle funzioni pubbliche elettive, ha comunque valorizzato, al fine di elaborare convincenti criteri ermeneutici per la definizione della nozione di “ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza ... da parte del comune o della provincia”, la finalità pure costituzionalmente rilevante perseguita dalla normativa de quo, vale a dire l’esigenza di garantire, ai sensi dell’art.97 Cost., l’imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione, evitando l’insorgere di conflitti anche soltanto potenziali, fra l’interesse che l’amministratore dell’ente controllato deve tutelare e quello che deve tutelare l’eletto alla carica dell’ente locale controllore. Sulla base delle suddette coordinate ermeneutiche, per cui sarebbe riconducibile alla nozione di vigilanza di cui all’art.63, comma 1, punto 1 citato, qualunque forma di controllo, da parte del comune o della provincia, idonea ad incidere sul processo formativo della volontà dell’ente o azienda controllata in conformità ad apposita disposizione di legge, di contratto o statutaria, è stato altresì ritenuto, in relazione alle partecipazioni degli enti locali alle società di capitali: a) “per un verso, che la partecipazione del comune ad una società di capitali in veste di socio sottoscrittore della maggior quota di capitale determini l'ipotizzata situazione di incompatibilità tra la carica di amministratore dell'ente e quella di amministratore di detta società, dovendo, sotto questo profilo, ritenersi rilevante la partecipazione azionaria del comune in una società quando essa, per la sua entità (maggioritaria appunto), conferisca al comune stesso un effettivo controllo dell'ente dando luogo, per tutte le facoltà attribuite dalla legge alla maggioranza assembleare in tal modo precostituita, ad un potere di vigilanza nel senso precisato e quindi ad una di quelle situazioni dalle quali insorge una situazione di conflitto, quanto meno potenziale, nel soggetto che si trova nella posizione di amministratore della società controllata dal comune ed è portatore, come tale, di un interesse proprio contrapposto a quello pubblico di cui deve essere tutore come consigliere comunale (Cass. 1679-72, cit.; Cass. 8 luglio 1974, n. 1987); b) per altro verso, secondo quanto questa Corte ha già avuto modo di riconoscere (Cass. 11 aprile 1995, n. 4168), che lo stesso può accadere, come nella specie, anche in presenza di partecipazione soltanto minoritaria del comune al capitale della società amministrata dal consigliere comunale, essendo anzi ipotizzabile, almeno in via di principio, che la partecipazione ad una società, indipendentemente dall'entità della quota sottoscritta, ponga sempre il socio in condizioni di concorrere alla formazione della volontà e, più in generale, al funzionamento dell'ente collettivo, posto che egli ha, in ogni caso, la pag. 2 di 6 possibilità di intervenire nelle assemblee, di prendere parte alle discussioni che vi si tengono, di farvi sentire la propria voce svolgendo eventualmente opera di convinzione nei riguardi degli altri soci, esprimendo infine il proprio voto e risultando comunque titolare di posizioni soggettive individuali che lo legittimano ad impugnare le deliberazioni invalide, laddove simili attività manifestano, di per sè stesse, un potere di ingerenza nel funzionamento della società rispetto al quale torna puntualmente a porsi la necessità, che si è detta alla base della norma contenuta nel richiamato art. 3, n. 1, della legge n. 154 del 1981, di prevenire ogni potenziale conflitto di interesse e, perciò, di evitare che la persona investita del compito di tutelare l'interesse dell'ente pubblico partecipante alla società si identifichi con l'amministratore della società medesima”. Nei sopra riportati termini si è espressa da ultimo (sulla scorta anche di più risalenti pronunce della Suprema Corte) Cass. Civ., sez.I, 7 aprile 2001, n.5216, la quale ha ulteriormente precisato che una potenziale ingerenza dell’ente locale nel processo formativo della società partecipata sia pure attraverso la sottoscrizione di una quota minoritaria del capitale sociale, è idonea di per sé a sostanziare quella relazione di vigilanza assunta dalla normativa come causa di incompatibilità, non potendosi far dipendere l’applicabilità o meno della norma in esame “da una valutazione quantitativa della possibile ingerenza del comune nel funzionamento della società partecipata, là dove una qualche possibilità di ingerenza sia comunque ravvisabile, potendosi tutt'al più discutere dell'applicabilità della norma in questione solo qualora fosse dato affermare che, per lo specifico atteggiarsi del caso concreto, alla partecipazione minoritaria corrisponda una capacità di incidenza sulle vicende della società così esigua da risultare addirittura eguale a zero (Cass. 416895, cit.)”. E’ indubbio che, rispetto ad una così lata accezione della nozione di vigilanza, assai numerose sono state le fattispecie concrete che la giurisprudenza in passato ha ritenuto suscettibili di determinare una situazione di incompatibilità ai sensi dell’art.63, comma 1, numero 1 del d.lgs.267/2000, nel testo anteriore a quello ad oggi vigente. Si può fare riferimento, al riguardo, alla seguente casistica: è stata ritenuta sussistente l’incompatibilità tra le cariche, rispettivamente, di consigliere comunale e di componente del consiglio di amministrazione della S.p.A. Autostrade Centro Padane, nella quale il Comune, pur azionista di minoranza, aveva in concreto la possibilità di concorrere alla formazione della volontà della società, pag. 3 di 6 esprimendo in assemblea un voto suscettibile di risultare addirittura determinante, considerato il frazionamento del capitale sociale tra una pluralità di soci nessuno dei quali è azionista di maggioranza (Cass. 5216/2001, cit.); “sussiste incompatibilità tra la carica di sindaco ... e quella di amministratore di una società consortile a responsabilità limitata (costituita ai sensi dell'art. 17 della l. 21 maggio 1981 n. 240, sulle società consortili miste) della quale sia socio lo stesso comune per aver sottoscritto una quota anche minoritaria del capitale sociale (nella specie, il tre per cento), allorquando sia accertato - con una valutazione di merito che, in quanto adeguatamente e logicamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità - che il capitale sociale è frazionato tra i soci in modo tale da rendere possibile che il socio titolare della minor quota sia in grado di esprimere un voto determinante in assemblea” (Cass. Civ., sez.I, 11 aprile 1995, n.4168, in Giust. civ. 1995, I,2722); “si trova in una situazione d'incompatibilità rispetto alla carica di consigliere comunale l'amministratore di una associazione sportiva: che sia obbligata a predisporre e sottoporre al controllo della giunta comunale un regolamento per l'utilizzo degli impianti sportivi; alla cui riunione partecipi il comune per il tramite di un suo rappresentante nominato dal sindaco; che debba confrontarsi con il comune su progetti specifici in ambito sportivo, con eventuale contributo comunale per progetti eventualmente ritenuti validi; le cui tariffe per l'utilizzazione degli impianti possano essere applicate solo dopo formale approvazione da parte della G.M.” (Cass. Civ. 16203/2000, cit., in Giust. civ. Mass. 2000, 12); “il contenuto del rapporto esistente fra i comuni e gli enti esercenti il servizio di tesoreria ... ben consente di ravvisare nella specie quella situazione di vigilanza amministrativa che è causa di ineleggibilità o di incompatibilità sopravvenuta con la carica di consigliere comunale, secondo le prospettazioni della più recente e accreditata dottrina ... ” (Cass. Civ. , sez.I, 9 febbraio 1995, n.1465: nella specie, la S.C. ha ritenuto la sussistenza della suddetta vigilanza amministrativa in quanto la cassa rurale che gestiva il servizio di tesoreria comunale era soggetta, oltre all'obbligo convenzionale di rendiconto, ad una serie di vincoli giuridici, espressamente sanzionati dagli art. 166 e ss. del r.d. 12 febbraio 1911 n. 297 e consistenti nella sottoposizione a verificazioni di cassa, ordinarie e straordinarie, ed a controllo sulla regolarità degli inventari, nonché nell'obbligo di tenuta di determinate scritture e pag. 4 di 6 registri. L'osservanza di tali obblighi era garantita con la prestazione di una congrua cauzione ed essi comportavano la giurisdizione della corte dei conti su tutti gli agenti contabili che avevano il maneggio di pubblico denaro, ai sensi dell'art. 56 della legge n. 142 del 1990). Va tuttavia dato atto che, nel 2005, è subentrata una sostanziale innovazione normativa della disciplina delle incompatibilità degli amministratori locali destinata ad incidere sensibilmente sul quadro giurisprudenziale sopra delineato. L’art.14 decies, comma 1, lett.b) del D.L. 30-6-2005 n. 115 recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione”, come integrato dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, ha infatti stabilito che all’art.63, comma 1, numero 1 del d.lgs.267/2000, “dopo le parole: «azienda soggetti a vigilanza» sono inserite le seguenti: «in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione»”. Il testo oggi vigente della disposizione rilevante al fine di sciogliere le questioni poste nel quesito de quo, è pertanto il seguente: “1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale: 1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente”. Non è chi non veda come, a seguito della suddetta modifica legislativa, oggi, diversamente dal passato, non è causa di incompatibilità per i consiglieri comunali e provinciali qualunque relazione di vigilanza intercorrente tra l’ente locale di appartenenza (controllore) e l’ente, istituto o azienda (controllato) in cui il medesimo consigliere ricopra la carica di amministratore o sia dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento, dovendo tale relazione di vigilanza, per rilevare quale causa di incompatibilità per l’amministratore locale, configurarsi, per espresso dettato normativo, come partecipazione del comune o della provincia all’ente, istituto o azienda, almeno nella misura minima del 20%. Si ritiene dunque, essendo le norme sull’incompatibilità di stretta interpretazione, che, limitatamente al disposto dell’art.63, comma 1, numero 1 del d.lgs.267/2000, non sussista l’incompatibilità tra la carica di consigliere provinciale e quella di amministratore di società partecipate dalla provincia in misura inferiore alla soglia del 20% o da questa sovvenzionate a pag. 5 di 6 titolo facoltativo in misura non superiore, nell’anno, al “dieci per cento del totale delle entrate”. Per altro, proprio in virtù della ormai tassativa definizione legale - ai fini della determinazione della fattispecie normativa di incompatibilità degli amministratori locali - del rapporto di vigilanza tra comune e provincia ed enti, istituti o aziende, si reputa vada escluso che l’esercizio delle funzioni della Provincia in materia di “organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale” (art.19, comma 1, lett.g) del d.lgs.267/2000), configuri di per sè (ossia prescindendo dalla misura della eventuale partecipazione della provincia al capitale sociale della società di gestione), rispetto agli enti gestori delle discariche, una relazione di vigilanza causa di incompatibilità ai sensi dell’art.63, comma 1, numero 1 T.U. EE. LL., per gli amministratori provinciali che siano amministratori anche in detti enti. Il Dirigente Del Servizio Affari Generali, Giuridici e Legislativi Dott. Andrea Pacchiarotti pag. 6 di 6