Numero 35 - giovanemontagnapinerolo.it

Transcript

Numero 35 - giovanemontagnapinerolo.it
Giovane Montagna - Sezione di Pinerolo
Viale della Rimembranza 65/A (aperta tutti i mercoledì sera dalle 21 alle 23)
NOTIZIARIO SEZIONALE
Sito Internet: www.giovanemontagna.org www.giovanemontagnapinerolo.it
“Il passato non è passato, esso si conserva eternamente
da qualche parte in qualche modo, e continua ad
essere reale e ad agire.”
.
Pavel Florenskij
Numero 35 - Ottobre 2014
Il cammino di Santiago
In modo fortuito siamo venuti in possesso di una relazione risalente al primo trekking che la nostra Sezione aveva
organizzato ufficialmente ventitrè anni fa lungo il classico “Camino de Compostela”. Lo pubblichiamo integralmente
certi di fare cosa gradita a quanti negli anni successivi hanno fatto questa esperienza, magari seguendo altri itinerari,
ma sempre finalizzati a raggiungere la meta finale: “Santiago de Compostela”.
Carlo Galetto
IL CAMINO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA
Sabato, 29 giugno 1991 ore 15.45: qui comincia l'avventura...........
L'appuntamento è davanti all' Enel, i nostri autisti fino a Cuneo sono Nino con Mirella e Mauro.
Cuneo – Ventimiglia: la suggestiva Val Roja, vista dal treno, ci fa sognare e desiderare il nostro “Camino di Santiago”.
Ventimiglia – Lourdes: alla Fantozzi verso mezzanotte riusciamo finalmente a raggiungere le nostre cuccette ed arrivare
domenica mattina alla prima tappa del nostro itinerario alquanto in forma.
E' difficile parlare di Lourdes, si tocca da vicino il mondo della sofferenza, non si può chiedere, ma solo ringraziare per
tutto quello che la vita ci ha dato.
1° Luglio: di buon mattino prendiamo il treno per Bajonne, non troviamo un bagagliaio per depositare gli zaini, la visita
della città risulta un po' faticosa sotto il sole con la lunga traversata del ponte sul fiume Adour che ci porta in centro città.
Bella cattedrale e caratteristiche vie con molti negozi.
Nel pomeriggio, un simpatico trenino a scartamento ridotto ci porta in un'ora da Bajonne a Saint Jean Pied de Port, un
ridente paese basco al confine con la Spagna. Sotto un sole cocente iniziamo le nostre ricerche, prima all' Ufficio
Turistico, poi ci rivolgiamo ad una signora che dovrebbe essere l'incaricata locale per il “Camino”, la quale ci invita a
ritornare più tardi, ma non si farà trovare....
Alla pensione “Ramuncho” troviamo vitto e alloggio. Dopo un’ottima cena partiamo alla ricerca del segnavia. Con un po'
di fatica arriviamo all'esito positivo, ancora un incontro con uno strano tipo che si definisce un “Trombadeur de Dieu” e
tutti a nanna a sognare il giorno dopo.
2 luglio ore sei: albeggia, in punta di piedi usciamo dalla pensione. Che tempo fa?, chiede Imina. Bellissimo risponde
Guido! Durerà poco il suo ottimismo, dopo pochi minuti apriamo gli ombrelli e più tardi infileremo le mantelle che ci
ripareranno fino a Roncisvalle.
La pioggia e la nebbia ci hanno impedito di godere il panorama , ma ci hanno fatto provare emozioni altrettanto forti, dire
paura è troppo, sgomento, incertezza per quel gioco di ombre radenti provocato dalla nebbia, ci siamo sentiti molto vicini
ai pellegrini medioevali. Imina ha creduto di vedere un lupo, la mia fantasia sperava di incontrare Orlando e i suoi
Paladini.
Finalmente dopo dieci ore di cammino, bagnati come pulcini abbiamo bussato all'Abbazia di Roncisvalle e..ci è stato
aperto.
Calorosa accoglienza del Padre preposto al ricevimento dei pellegrini, il quale dopo averci consegnato la “ Credencial del
Peregrino “ ci accompagna alla Foresteria, non senza averci prima invitati a visitare il museo ed alla Messa d'Investitura.
1
Curiosi e un po' emozionati partecipiamo alla sacra funzione, dopo la Messa noi, e tutti gli altri pellegrini, siamo invitati
intorno all'altare e il Celebrante benedice il nostro “Camino di Santiago”.
3 luglio ore otto: nebbia e pioggia in quel di Roncisvalle, non riusciamo a far colazione, i bar sono ancora chiusi,
torniamo nella foresteria e ci aggiustiamo con gli avanzi del giorno prima, the e caffè a volontà. A Espinal faremo scorta
di viveri per il pranzo.
Tappa ricca di bellezza agreste, cavalli, greggi al pascolo, boschi meravigliosi, torrentelli dove si vedono saltare le trote, il
nostro entusiasmo sale alle stelle quando Carlo e Corrado trovano nel bosco due funghi porcini.
Zubiri dove sei? La nostra “Guida” ce la segnala come una tappa corta, ormai siamo decisi a contestarne il contenuto e
con santa ragione: arriveremo a Zubiri verso sera e con un po' di ricerca troviamo un’eccellente sistemazione in casa
privata. Un violento quanto improvviso temporale chiuderà la nostra giornata.
4 luglio: Una foto di gruppo con la simpatica signora che ci ha alloggiato per la notte e ci dirigiamo verso Trinidad de
Arre. Dovrebbe essere una tappa breve, comunque ci siamo premuniti, abbiamo viveri per il pranzo al sacco.
Siamo al terzo giorno di “Camino”, la stanchezza comincia a venir fuori.
A Larrasoana, ridente paesino con case caratteristiche e una bella chiesetta, abbiamo l'onore di essere ricevuti in Comune
dal Sindaco signor Santiago Zubiri, grande amico dei pellegrini.
Spinti da un forte vento nel primo pomeriggio arriviamo a Trinidad de Arre, accolti dal caldo sorriso di Suor Pilar addetta
all'accoglienza del convento che ci ospiterà per la notte.
Una foresteria accogliente ci permette di lavare prima noi e poi fare il nostro bucato personale e a sera, dopo aver
presenziato alla celebrazione della Compieta, di gustare una deliziosa cenetta, piatto forte il risotto coi funghi raccolti il
giorno precedente e cucinati dal nostro “cordon bleu” Guido.
5 luglio: salutiamo e ringraziamo Suor Pilar e ci dirigiamo verso Pamplona. Aleggia incertezza circa questa quarta tappa,
si parla di dimezzarla, ma non ci sono le idee molto chiare. Il primo tratto di strada è praticamente tutto su marciapiedi di
paesi che si susseguono alla periferia di Pamplona. Entriamo in città dopo avere attraversato il ponte sul fiume Arga,
siamo simpaticamente fermati da un padre Gesuita spagnolo, non sono molti gli italiani che fanno il “Camino” e lo
abbiamo incuriosito. Lui è stato redattore a Radio Vaticano e vive a Roma. Ancora un saluto e un augurio, si riparte,
passiamo il ponte levatoio ed entriamo in città.
Visitiamo la Cattedrale, il museo e l'antica cucina dove venivano preparati i pasti per i pellegrini medioevali. A giudicare
dall'enorme camino dovevano essere veramente tanti.
La città si sta preparando per la festa di San Firmino, 6 e 7 luglio, è pieno di giovani, ragazzi e ragazze vestiti di bianco e
con fasce ai fianchi e baschi rossi. La festa è nell'aria, i bar sono pieni di gente, un pensiero a Hemingway e alla sua
“Fiesta”. Pranzo nei giardini pubblici ed approccio con monelli locali. Si riparte, passiamo vicino alla città universitaria e
poi finalmente in campagna.
A Cizur Menor il nostro “capo” fa l'indiano sull'eventualità di finire la tappa e così proseguiamo attraverso i campi di
grano in un ondeggiare di messi, meraviglioso, ma molto caldo. A Zariquieguei Imina scoprirà di dover percorrere ancora
16 chilometri prima di arrivare alla meta e dovremo salire al colle del Perdon, ridiscendere, ricevere in regalo una borsa di
nailon con delle deliziose ciliege durone, risalire a Obanos, paese dove il camino di Roncisvalle e quello di Somport si
congiungono, dover aspettare i comodi di una bizzarra perpetua per visitare una bellissima chiesa e poi una lunga discesa
per arrivare ultrastanchi a Puente la Reina.
Sono le venti passate quando iniziamo la ricerca di un posto dove dormire, e, solo dopo aver fatto la conoscenza del
“Padre Reparadores” che ci ha offerto cinque posti per sei, approdiamo in un comodo albergo dove vitto e alloggio
saranno eccellenti.
6 luglio: decisamente riposati lasciamo l'albergo, vogliamo visitare il paese e vedere il famoso “ Puente de la Reina”.
Tutta la nostra arte fotografica verrà fuori immortalando il ponte, è veramente notevole. Molto bella la chiesa dedicata a
Santiago.
Così finisce la parte escursionistica , iniziamo la parte turistica servendoci dei mezzi pubblici.
Con un po' di pazienza e devo dire molta fortuna andrà tutto bene. Solo nel primo pomeriggio riusciremo a trovare un
autobus che via Estella ci porteràa Logrogno e da questa località un altro mezzo per Burgos. A sera giungiamo in una
Burgos in festa patronale, dopo un’ottima cena spettacolo pirotecnico veramente notevole.
7 luglio domenica: messa nella cattedrale di Burgos, imponente anche se con un’architettura molto pesante. Una veloce
visita alla città e alle 12.15 treno in partenza per Santiago.
In vettura scopriremo di avere acquistato biglietti col posto prenotato e la sorte ci riserverà di viaggiare con due suore,
così Carlo sarà presentato come don Carlos, padre salesiano di Torino. Adeguerà a tale carica il suo comportamento!
Alle 21 arriviamo a Santiago di Compostela, velocemente troviamo alloggio. In una serata piovigginosa avverrà il nostro
primo incontro con l'agognata meta del nostro viaggio. Stanchi ed infreddoliti chiudiamo la giornata.
8 luglio: “Giornata del Pellegrino”. Iniziamo di buon mattino la visita alla città, molto bella, carichi di entusiasmo ed
anche un po' commossi ammiriamo prima dalla Piazza dell'Obradoiro la Cattedrale dedicata all'Apostolo Giacomo, poi
entriamo dal Portico della Gloria, come tutti i pellegrini appoggiamo la nostra mano e la fronte sulla pietra millenaria, poi
proseguiamo fino ad abbracciare la statua dorata dell'Apostolo. Assistiamo alla Santa Messa di ringraziamento che si
celebra tutti i giorni per i pellegrini che hanno terminato la loro fatica. Ci presentiamo per ritirare la “Composteliana” ed
ancora troviamo una buona accoglienza da parte di un giovane sacerdote spagnolo, anche lui studente a Roma.
2
Affinché il nostro “Camino di Santiago” possa dirsi terminato dobbiamo andare a Finisterre , e cosi in una nebbiosa e
fredda mattina del 9 luglio 1991 a bordo di una vecchia corriera di paese inizia la nostra ricerca del punto più a ovest
dell'Europa. Il sole vincerà le nebbie mattutine e il nostro incontro con l'oceano Atlantico sarà felice come tutto il nostro
viaggio. Non può passare in silenzio il nostro pranzo in un ristorantino di Finisterre in compagnia dei coniugi italo –
francesi conosciuti a Santiago di Compostela.
A sera si ritorna in città per partire il giorno seguente alla volta di Lisbona dove giungeremo dopo un avventuroso viaggio
in treno all'una dopo mezzanotte dell'undici luglio. L'albergo che siamo riusciti a rimediare è stato il più scarso di tutti,
non abbiamo dormito molto, ma l'infelice scelta non ci ha impedito una veloce visita a questa bellissima città.
Fermarsi solo un giorno è stato poco ma Fatima ci attende.
12 Luglio: visitiamo Fatima, Nazarè, Belem col gruppo del Pellegrinaggio Paolino, e con loro torneremo in Italia il giorno
dopo per via aerea Lisbona – Orio al Serio.
13 Luglio 1991 ore 18, infiliamo la chiave nella serratura della porta di casa, felicemente siamo arrivati a Pinerolo.
Grazie Guido, Carlo, Imina, Adriana, Corrado, per questa indimenticabile avventura.
Angela
CRONACA sulle GITE SOCIALI
e le ATTIVITA’ di QUESTI MESI
GITA AL RIFUGIO AMPRIMO (1385 m) E AL RIFUGIO TOESCA (1770 m)
11 maggio 2014
Buona partecipazione per questa uscita in Val di Susa con cinque macchine alla partenza. In pole position, Marco A. che sul sedile
del passeggero ha Ferruccio (capogita) come navigatore. Al via, scatto felino di Marco A. subito seguito da Marco T. e a seguire
Mirella, Mercurio, Marcello. Avete notato che i piloti hanno tutti il nome che comincia con la lettera M?
Puntiamo su Avigliana e, una volta raggiuntala, imbocchiamo le gallerie che ci consentono di bypassare il centro abitato, dopodiché
svoltiamo sulla sinistra per inoltrarci in Val di Susa fino a raggiungere San Giorio di Susa, dove nella domenica più vicina al 23 aprile
si svolge la rievocazione storico-leggendaria della “Soppressione del feudatario”, dove il popolo contadino si ribella per opporsi allo
“ius primae noctis”. Qui svoltiamo sulla sinistra, ed iniziamo a salire fino a raggiungere la Borgata Città (1075 m), dove
parcheggiamo e ci prepariamo per iniziare la camminata, che comincia sotto alcune gocce di pioggia portate dal vento che si era già
fatto notare durante la salita in macchina. Speriamo bene.
Raggiungiamo il primo punto di interesse al “Paradiso delle rane”, due stagni che a detta del nome dovrebbero brulicare di tali anfibi,
ma forse per l’ora (sono circa le 10) neanche l’ombra.
A quel punto il vento disperde un po’ le nuvole, interrompendo la leggera pioggerella e consentendo al sole di fornirci un po’ di
tepore, che apprezziamo quando nell’alternanza del percorso, dopo dei tratti nel bosco, attraversiamo piccole radure.
Poco oltre, un cartello indica il Rifugio Amprimo a 30 minuti e il Rifugio Toesca a un’ora e trenta.
Giunti al Rifugio Amprimo, dopo una breve sosta riprendiamo la camminata che ci porterà ad attraversare l’Alpe Balmetta, un
alpeggio ancora silenzioso per l’assenza del bestiame e dove il caratteristico fischio della marmotta saluta il nostro passaggio.
Arriviamo al Rifugio Toesca giusto in tempo, perché il vento si rafforza con raffiche e pioggia battente mentre la temperatura si
abbassa repentina.
Passata la buriana, usciamo dal Rifugio e ci sediamo sulle panche a goderci il ritrovato sole mentre ci scambiamo quattro chiacchiere,
con Mirella che dispensa un po’ di buonumore raccontando storielle.
Ma il tempo incalza ed è meglio iniziare la discesa per tornare alle nostre case.
In auto, sulla strada del ritorno, passiamo nuovamente sotto la Sacra di S. Michele, maestosa ed immota, testimone millenaria delle
molteplici traversie dell’uomo. Un saluto e un arrivederci a tutti.
Mercurio Malatesta
3
GITA AL MONTE CRISTETTO
18 maggio 2014
In sostituzione dell’escursione al Gran Truc ancora troppo innevato, e per ricordare il centenario dell’Associazione a livello
sezionale, si è pensato ad una escursione nelle vicinanze di Pinerolo, e pertanto di risalire la val Lemina dal colle del Crò al monte
Cristetto, sullo spartiacque fra l’impervio vallone di Gran Dubbione e la meno scoscesa val Sangone.
Raggiunto in macchina il Crò, minuscolo villaggio adagiato in una radura a prevalenza pascolo e bosco di castagno, crocevia di
sentieri per località diverse, tra cui Pra Martino e Rocca Sbarua, si percorre la bella mulattiera che, inoltrandosi in una fitta distesa di
faggi e pini silvestri, costeggia le pendici dei monti Faiè, da cui comunemente prende inizio la sua corsa verso valle il torrente
Lemina, e Sette Confini, così chiamato per il posizionamento di un cippo di confine dei sette comuni vicinali.
Ricordando il centenario dell’Associazione non possiamo dimenticare che, agli albori della nostra sezione, al Crò era stato installato
un artistico crocefisso ligneo, scolpito dai maestri della val Gardena, successivamente rimosso per accurato restauro e collocato nella
cappella invernale della chiesa di Ghigo-Praly dove si trova ancora attualmente.
Al colle di Pra l’Abbà, un richiamo ai più veloci, un incitamento alle retrovie per ricompattare il gruppo, ed un rapido spuntino, per
dirigersi compatti verso il vallone di Gran Dubbiose, scosceso e misterioso, trapuntato di alcuni torrioni e pinnacoli utilizzati anche
per esercitazioni di salita su roccia, antica dimora di masche e framasun (vero Ferruccio?) e rifugio per esiliati e perseguitati di altri
tempi.
Proseguendo sul crinale si giunge con poca fatica al ben individuabile colle del Besso, importante valico sullo spartiacque ChisoneSangone, tra il monte Paletto a Ovest, ed il Cristetto a Est.
Poco sotto il colle la vegetazione arborea si dirada e cominciano a fare comparsa bassi cespugli di rododendro e macchie di erica.
Mantenendo il filo di cresta, valicando o aggirando alcuni irti affioramenti rocciosi, si raggiunge in meno di tre ore di cammino la
piccola croce di vetta. Il pranzo al sacco, la condivisione di leccornie, la preghiera e il canto concludono l’escursione.
Al ritorno, tranquilli e riposati da alcune soste rigeneratrici lungo il sentiero, utili anche per consolidare conoscenze e rinsaldare
vecchie amicizie, ci si rinfresca ancora alle chiare acque della fontana Eglantina, non più libera come trovata alcune volte durante la
marcia di Tomin, di passata memoria, ma incubata per esigenze di acquedotto .
E’ stata una bella gita, su percorso naturalistico interessante e panoramico, dove anche la Giovane Montagna ha scritto alcune righe
della sua storia, utili da ricordare in quest’anno del centenario.
Silvio Crespo
GITA A PUY PER I LAVORI DI RIPRISTINO SENTIERO
8 giugno 2014
La gita di oggi è stata dedicata dal Consiglio direttivo al ripristino del sentiero che dalla borgata Puy porta al capoluogo di Usseaux, in
Val Chisone.
Nonostante la giornata prevedesse un notevole spargimento di sudore, visto che in cielo non si vedeva una nuvola e che, al posto dei
soliti bastoncini, si sarebbero dovuti usare pale e picconi, ben 19 volenterosi e volenterose si sono presentati all’appuntamento in
Piazza Fontana.
Formati gi equipaggi delle auto, raggiungiamo Usseaux. Dopo esserci preparati, ci organizziamo in due gruppi: uno formato dai più
atletici dovrà portarsi velocemente verso l’inizio del sentiero alla borgata Puy e a ritroso iniziare il lavoro di ripristino, mentre l’altro
gruppo dovrà iniziare subito il suo lavoro appena fuori dall’abitato di Usseaux.
Il primo, del quale faceva parte il sottoscritto, più altri otto, parte speditamente e, complice la fretta ed un po’ di disattenzione, finisce
per imboccare un falso sentiero che ci porterà, una volta accortici dell’errore, ad una ripidissima risalita per incrociare quello giusto
che raggiungiamo comunque senza problemi, se non con un po’ di fatica in più.
Raggiunto il Puy, ci rimbocchiamo le maniche ed iniziamo il nostro lavoro che consiste, soprattutto, nel sistemare il sentiero, dove le
mucche, con il loro passaggio, hanno finito per danneggiarlo e nel tagliare gli arbusti e i rovi che ostruiscono il passaggio.
Frattanto il presidente Renzo, armato di pennello e vernici, si occupa di ripassare i segnavia bianchi e rossi.
Circa a metà percorso incontriamo l’altro gruppo che ha lavorato in senso opposto e, a questo punto, visto che avevamo ormai
superato mezzogiorno, decidiamo di andare tutti insieme a fare pranzo alla borgata di Pequerel.
Dopo un lauto pasto ed un meritato riposino ci siamo concessi un momento di svago ascoltando le divertenti storielle di Mirella e
Mercurio.
Ci siamo poi radunati in un momento di raccoglimento per recitare la preghiera della Giovane e, quindi, coinvolgendo anche alcune
persone che si trovavano a pranzare vicino a noi abbiamo cantato il nostro inno “Signore delle Cime”, concludendo poi con la rituale
foto di gruppo, ognuno con il proprio strumento di lavoro.
Siamo, quindi, ritornati per il ripristinato sentiero, terminando questa gita un po’ faticosa, ma vissuta in buona e allegra compagnia.
Raggiunte le auto ci siamo salutati, mentre il sottoscritto è stato “pizzicato” da Alfonso per fare questa “breve” relazione.
Con amicizia, alla prossima
Marco Tron
Francigena del Sud - da Brindisi a Santa Maria di Leuca
25 giugno 03 luglio
L'anno scorso è stato il Finisterre Spagnolo, quest'anno è stato il Finibus Terrae Italiano Santa Maria di Leuca in Puglia a fare da
richiamo e indirizzare i nostri passi. Queste vie che furono, tra gli altri, dei crociati e dei pellegrini per raggiungere i porti dove ci si
poteva imbarcare per varie mete, tra cui quelle che conducevano a Gerusalemme.
4
Il nostro tragitto parte da Brindisi, per circa la metà si dipana nella campagna salentina per l'altra metà lungo il litorale adriatico,
ricalcando in parte la via Traiana Costantiniana e la Salentina-Calabra, toccando solo due città, Lecce ed Otranto, prima di arrivare a
Santa Maria di Leuca. Questo tratto della Francigena è ancora poco frequentato e segnalato solo sporadicamente col simbolo stilizzato
ICHTHUS ( parola greca che significa Pesce ed è costituita dalle iniziali greche della frase Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, già
simbolo dei primi cristiani) di colore rosso. Il caldo, tanto caldo, è stato una compagnia costante per tutto il tragitto, mitigato solo in
certe zone dalla presenza di un venticello proveniente dal mare, rari i luoghi di ristoro per cui dovevamo approvvigionarci di acqua al
mattino e dopo un po' di ore ci toccava berla assai riscaldata dal cocente sole salentino. A parte la prima giornata dove si camminava
in una campagna brulla e in presenza di numerose immondizie lungo la strada, il nostro tragitto si è svolto tra gli ulivi.
Immense piantagioni di olivi, alcune recenti, ma per per lo più olivi centenari con tronchi dalle forme contorte che sembrano l'opera di
un artista stravagnate, fanno da cappello a questi tronchi fitti rami dove passano la loro vita le cicale. Si, le cicale, a migliaia e
migliaia che cantano ininterrottamente e fanno da colonna sonora al nostro passaggio nelle strade limitate da caratteristici muretti in
pietra bianca. All'interno degli uliveti si trovano delle paticolari costruzioni in pietra a secco a forma di tronco di cono dette Pajare,
utilizzate dai contadini come luogo di sosta e di rifugio. Hanno tutte una scala esterna anch'essa in pietra, inserita nello spessore del
muro, che veniva utilizzata per portare al piano superiore pomodori, fichi e altro da far essicare al sole. Altre costruzioni
caratteristiche sono le masserie, che ricordano le nostre grandi cascine, se ne incontrano poche, alcune trasformate in lussuosi Hotel,
altre dismesse e fortificate, questo era necessario per difendersi dagli attacchi dei turchi che arrivavano dal mare. Così tra stradine
sterrate, uliveti, chiese medievali e rari paesini arriviamo al mare.....
A Otranto, città già dall'aspetto orientale, col suo bel porto e all'orizzonte l'Albania, visitiamo il Duomo col famoso Mosaico e
facciamo un giro turistico per la città. Ci concediamo poi un giro turistico su un' Ape cabinata, dove il conducente-cicerone ci porta
nei luoghi più caratteristici e così, senza fatica, ci dedichiamo alla visita della parte periferica della città, con passaggio nei pressi del
faro di Capo Palascia, il punto più est dell'Italia.
Dopo un tratto, ancora nella brulla campagna salentina, arriviamo a Santa Cesarea Terme e di qui in poi il mare sarà una presenza
costante. Un mare limpido dai
colori cangianti che vanno dal
verde pallido al blu intenso:
bellissimo, con spettacolari viste
panoramiche e lievi brezze che
rendono più piacevole il nostro
andare. Il grande faro di Santa
Maria di Leuca ci annuncia che il
nostro cammino sta per finire, è
quasi il tramonto quando arriviamo
al cartello che ci annuncia di essere
arrivati al Finibus Terrae e dopo
pochi passi siamo nella piazza del
Santuario della Madonna di Leuca:
la meta è raggiunta!!!
Portiamo i tipici segni dei
pellegrini bolle ai piedi, gambe un
po' doloranti, scottature dovute al
sole implacabile, ma soprattutto il
piacere di aver condiviso questa
bella avventura e qui voglio
ringraziare di cuore i miei
compagni: Renzo la nostra guida, che ho sottoposto a lunghe discussioni con ingerenze sul percorso da seguire, su pali della luce che
non erano al loro posto e che, nonostante questo, non mi ha abbandonata nella campagna salentina. A Silvina e Carla per la loro
compagnia paziente, piacevole e preziosa!
Alcuni dati tecnici: 6 giorni di cammino per un totale di 134 Km, media di 22,3 Km al giorno.
Imelda Trecco
5
GITA AL RIFUGIO GUIDO REY
22 giugno 2014
Il rifugio “Guido Rey”, dedicato all’alpinista, scrittore e fotografo nipote del fondatore del CAI Quintino Sella, si trova in Val Susa,
all’altezza di 1761 m, sopra il paese di Chateau-Beaulard, ubicato tra prati e circondato da boschi di larice.
Partenza ore 7 da piazza Fontana, presenti 13 persone, arrivo a Chateau-Beaulard in circa 2 ore. In poco più di un’ora, percorrendo un
agevole sentiero attraverso il bosco, siamo al rifugio. Pausa caffè, acquisto di magliette. Vista l’ora, decidiamo di proseguire verso la
cappella di San Giusto. Tragitto non lungo (45 minuti) ma sentiero in pessime condizioni con numerosi tratti in ripida salita o discesa,
fango, alberi caduti. Superate senza danno le numerose insidie la truppa raggiunge compatta la meta, dove consumiamo il pasto
(allietato in chiusura dal genepy di Alberto) e scattiamo le foto di rito. Il ritorno al rifugio ci sembra più breve ed agevole. Dopo una
lunga e piacevole sosta, si ritorna alle macchine e quindi a Pinerolo.
Bella gita. Alla prossima!
Marco Forneris
GITA AL RIFUGIO PIER GIORGIO FRASSATI AI LAGHI DES MERDEUX
12/13 luglio 2014
Nonostante il tempo incerto con promessa di pioggia abbondante, siamo in tredici, se ricordo bene, a partire il sabato mattina per la
valle d’Aosta (la Vallée), meta Saint Remy, sulla storica strada che porta all’ospizio del Gran San Bernardo, benemerito punto di
sosta per viandanti e pellegrini di tempi andati, che ancor oggi trasmette un forte richiamo di storia e di vita. Ci attendono due ore
abbondanti di macchina sotto una pioggerella intercalata a tratti da un timido sole che a stento cerca di bucare nuvole alte.
Il rifugio Pier Giorgio Frassati è il secondo costruito in valle di Aosta dai volontari dell’OMG (operazione Mato Grosso), giovani
che donano tempo e fatica, e che con i proventi di gestione aiutano le popolazioni dei paesi del terzo mondo in via di sviluppo.
Al grande parcheggio degli impianti di risalita di Crevacol, dopo i consueti riti di preparazione per la partenza a piedi, un cielo color
cobalto, che purtroppo durerà poco tempo, rinfranca il morale ed invita ad iniziare il cammino. La strada poderale divide pascoli di un
verde brillante, mentre sul versante meno solatio della valle domina il verde cupo delle conifere, sfumato in alto dal colore quasi
rosato delle rocce. Si sente in basso il fragoroso rumore del torrente che scroscia nel fondovalle.
Giunti all’alpeggio della Tza di Merdeux, dove termina la sterrata, ricompare la pioggia, ma pure si scorge tra la nebbia che sovrasta
il paesaggio, anche se ancora lontana, la linea frastagliata del rifugio Frassati.
Si cammina su un sentiero ben tracciato, anche se di forte pendenza, e salendo lo sguardo si posa sul circolo di rocce scoscese che
chiude il vallone. Al rifugio l’accoglienza è calorosa, accanto ad una stufa a fuoco continuo, che generosa da posizione strategica dona
all’ampio salone un tepore molto apprezzato.
Anche il cielo notturno si rasserena, e sui valichi impervi appare prima una luce, poi due, e successivamente agli occhi stupiti una
volta stellata, ma, per non smentire un classico proverbio, al mattino seguente con il soffio del vento si ripiomba nel cupo colore del
brutto tempo.
Ai cinque coraggiosi che,nonostante tutto,si dirigono verso il colle Malatrà , dopo un’ra di cammino non rimane che tornare sui propri
passi e ricongiungersi a chi nel frattempo ha intrapreso la via del ritorno a valle.
Nonostante tutto si sono condivise alcune belle realtà, tra polenta, salciccia, lardo, genepì e alcuni bicchieri di rosso, e ascoltato
esperienze di ragazzi a volte dalle lunghe chiome trattenute da fasce colorate, ma generosi e disponibili ad ascoltare le voci di chi
arriva nel loro rifugio.
Un’ultima curiosità: il toponimo Merdeux ( Merdosi nella lingua della Grande France ) può far riferimento al terreno fangoso del
vallone, oppure può derivare dal termine dialettale usato per il larice “Merzè”, mentre il monosillabo Tzà può significare l’ultimo
recinto, quello più in alto dell’alpeggio.
Silvio Crespo
GITA AL MONTE PINTAS
27 luglio 2014
Finalmente una bella giornata di sole, dopo tante domeniche di maltempo con conseguenti gite soppresse.
Andiamo in auto fino all'agriturismo Alpe Pintas, siamo in diciannove, un bel numero, comprese due nuove “ragazze”, Ida e Alice.
Ci incamminiamo per la strada asfaltata fino al Colle delle Finestre dove ci attendono Mario e Mirella; prendiamo il sentiero a tratti
evanescente, che ci porta alla cima seguendo la traccia delle vecchie trincee.
Procediamo tranquillamente e finalmente arriviamo sulla cima del Pintas, dove troviamo ancora traccia delle vecchie fortificazioni
risalenti al XIV secolo.
Vista la bella giornata sbinoccoliamo attorno: Chaberton con le sue inconfondibili quanto inutili torri, Rocciamelone, ecc.
Mangiamo, e durante la siesta ( degli altri) mi sposto sull'altro versante della montagna per cercare un sentiero più agevole per la
discesa, lo trovo, quindi ritorno di corsa alla postazione, perché un nugolo di fotografi sta armeggiando per trovare l'inquadratura
migliore.
Emulo di Mario, mi sbatto in primo piano appena in tempo per la foto ufficiale.
Scendiamo perché qualcuno delicatino sente l'aria, ci fermiamo quindi più in basso sulla strada militare, nei pressi dell'unica fontana
esistente in zona.
Chi prende il sole, chi chiacchiera, infine scendiamo all' agriturismo Alpe Pintas per un meritato caffè, baci, abbracci, alla prossima, e
poi a casa.
Ferruccio Clot
6
GITA AI LAGHI FRISSON E ALBERGHI DA PALANFRE’
10 agosto 2014
Anche per questa gita l'incertezza dovuta alle condizioni meteo è rimasta fino all'ultimo momento il fattore dominante. Solo il sabato
sera le previsioni escludevano la pioggia per il giorno seguente, specialmente nei luoghi della nostra gita, pur persistendo il cielo
nuvoloso. Alle sette di domenica mattina ci troviamo alla partenza in tredici, gruppetto discreto, considerato che forse qualcuno si è
scoraggiato per il tempo non troppo bello. Ci avviamo così, con le auto, verso Cuneo; da qui imbocchiamo la Val Vermenagna che
percorriamo fino a Vernante dove svoltiamo a destra in Val Grande fino a Palanfrè (1379 m). Durante questo viaggio, poco dopo la
partenza, ci troviamo per un tratto sotto la pioggia; da qui in avanti il cielo si fa gradatamente più chiaro e quando arriviamo alla
nostra meta risplende un bel sole. Parcheggiate le macchine ci incamminiamo, finalmente rincuorati dal bel tempo, oltre il paese,
imboccando la sterrata che si inoltra in un bel faggeto. Superato il bosco, raggiungiamo Gias Piaman, caratterizzato da una fontana
ricavata da un tronco d'albero. Proseguendo, troviamo una deviazione che ci fa attraversare il torrente in secca e risalire dalla parte
opposta, sulla destra orografica, percorrere un tratto nel bosco, poi nei prati e ridiscendere al torrente per riattraversarlo. In questo
punto, scendendo lungo l'ultimo tratto di sentiero incontriamo una mandria di mucche, le quali fanno il percorso inverso e perciò
siamo costretti a cedere loro il passo e fermarci ad osservare l'evento. Quando riprendiamo il cammino, attraversiamo il greto e
continuiamo lungo l'altra sponda fino a raggiungere il Gias Vilazzo (1823 m) recentemente riattato e la sua fontana. Breve sosta per un
piccolo spuntino, dissetarsi con l'acqua fresca che sgorga copiosa dalla suddetta e ripartire per affrontare un ripido tratto tra pini
mughi, rododendri e spazi erbosi. Giunti ad una certa quota, vediamo in basso il minuscolo lago Vilazzo. A questo punto siamo quasi
arrivati; oltrepassata la sorgente "Fontana delle Reine" passiamo vicino all'emissario del lago e poco dopo siamo sulla sponda del
Lago inferiore di Frisson (2057 m). E' bellissimo e ricco di acqua. Ne aggiriamo le sponde, ma questa non è ancora la nostra meta:
dobbiamo raggiungere il Lago superiore. Imbocchiamo il sentiero sulla destra che con ulteriori settanta metri di dislivello ci porta alla
piccola conca che accoglie questo bel laghetto e dalla quale si domina tutta la valle. Il nome di questi due laghi è dato dal M.te Frisson
(2637 m) che li sovrasta. Qui ci sistemiamo per il pranzo, cercando di metterci il più possibile al riparo dal vento che soffia un po'
fastidioso verso valle. Al temine di questo pasto "arieggiato", continuamente impegnati a bloccare gli oggetti leggeri, buste, berretti,
ecc. che la "brezza" cerca di portarci via, ritorniamo al Lago inferiore dove scattiamo la foto di gruppo e ci avviamo lungo il sentiero
che tra saliscendi e pietraie ci porta al Lago Alberghi, quasi alla stessa quota. Il toponimo "Alberghi" deriva probabilmente dal celtico
"all bergh" o "arbergh" indicante abitazione, ricovero o pascolo di alta montagna. Avvistiamo il bel laghetto giungendo dall'alto,
scendiamo verso la riva e ci fermiamo sui grandi pietroni che lo caratterizzano. Dopo avere ammirato anche questo bel laghetto a
ridosso del M.te Ciamoussè, con la sua residua chiazza di neve sulla riva opposta, altra foto di gruppo, poi raggiungiamo il vicino
sentiero proveniente dal passo Ciotto Mieu (o Mien) che scende dolcemente prima nei prati costeggiando l'emissario del lago, poi
entra in un boschetto di pino mugo e scende ripido fino ad attraversare gli emissari dei laghi e giungere nei pressi del Gias Vilazzo.
Qui facciamo una sosta riposante (ci sono delle panchine), rinfrescante (la fontana di prima), rifocillante (qualcosa è rimasto nello
zaino!?) divertente (battute, barzellette, sono sempre pronte)......e chi si muove più?
Forza ragazzi! (?), abbiamo ancora un lungo tratto da percorrere per arrivare a Palanfrè.
Chiuso qui l'anello dei laghi, ripercorriamo a ritroso il sentiero di andata, mentre in cielo compaiono delle nuvole grigie; ma non
importa, la giornata è trascorsa serena (oltre ogni previsione) e tutti sono soddisfatti. Giunti a Palanfrè passiamo dentro la borgata,
perfettamente ristrutturata e addobbata di fiori ai balconi e alle finestre, che pare un villaggio svizzero o tirolese.
Qui producono e vendono, in un bel negozietto, il loro formaggio, di varie forme e stagionature, che noi, in molti, acquistiamo per
l'assaggio. Proseguiamo tra le case fino a valle della borgata dove si trova il parcheggio per le auto. Ci salutiamo ed iniziamo il
viaggio di ritorno, abbastanza lungo, felici di aver trascorso una piacevole giornata insieme.
Marco Aimonetto
GITA AL MONTE PELVO
17 agosto 2014
Oggi si va in Val Chisone e
più precisamente sul Monte
Pelvo, che ho sempre chiamato
“sghiun” per il ripido profilo
che ostenta guardandolo dalla
SS23 del Sestriere.
Usseaux, Balboutet e su per il
Parco Orsiera Rocciavrè fin
quasi al Pian dell’Alpe, dove
svoltiamo a destra su una
strada sterrata, andando a
parcheggiare le auto nei pressi
del Forte di Serre Marie.
Da lì inizia il sentiero 369 del
Pelvo e dopo circa 20 minuti
di salita siamo al cospetto
della massiccia costruzione del
Corpo di Guardia del Falouel,
meglio noto come il “Dado”,
che doveva proteggere il Forte
di Serre Marie da eventuali
7
minacce provenienti da monte.
La giornata è serena e uno sguardo verso il basso evidenzia che il sole non ha ancora raggiunto tutte le abitazioni, ma quando, come
noi, si porterà più in alto la sua luce illuminerà tutto il fondo valle.
Incontriamo un fotografo che sta scendendo e scambiamo alcune parole con lui, non è stata una buona uscita, non ha visto animali.
Non molto dopo esserci separati, in alto su alcune rocce vediamo tre camosci: è una nostra impressione o stanno guardando il
fotografo?
La salita è tranquilla e tranne un paio di erte abbastanza regolare, bisogna però fare attenzione a non posare il piede a valle sull’erba
che affianca il sentiero, perché un’eventuale scivolata potrebbe rivelarsi molto pericolosa, vista l’accentuata pendenza.
Nel frattempo leggere velature cominciano a salire lungo il pendio e quando raggiungiamo il colletto del Pelvo si sono fatte più
consistenti, ma la Val Susa è inondata dal sole ormai alto e offre allo sguardo una visione profonda che si spinge fino al Lago del
Moncenisio.
Ma qui in Val Chisone siamo avvolti dalla nebbia e spira un’aria piuttosto fresca, quindi alcuni di noi decidono di fermarsi, mentre i
restanti proseguono per la vetta e, una volta raggiuntala, una breve schiarita ci premia della fatica e ci permette di scattare una foto
ricordo.
Quindi scendiamo al colletto per raggiungere il resto della comitiva, consumare un boccone e intrattenerci in conversazioni varie.
A tempo debito riprendiamo il sentiero per tornare, ma una sorpresa ci aspetta, infatti più a valle incontriamo Mario e Mirella che
sono saliti fuori tempo massimo e si sono fermati in un piccolo spiazzo lungo il nostro percorso.
Ci intratteniamo con loro, e quando riprendiamo la discesa, restano lì a godersi ancora un po’ il bel tempo che nel frattempo è
ritornato.
Per quanto riguarda noi, non ci resta che cambiare le scarpe e affrontare il caldo della pianura
Un saluto e un arrivederci a tutti.
Mercurio Malatesta
GITA AL BIVACCO SOARDI
24 agosto 2014
Puntualmente, alle sette, i dodici partecipanti alla gita al bivacco Soardi iniziano la giornata partendo da piazza Fontana con l’auspicio
che le condizioni atmosferiche possano esserci amiche.
Contrariamente al solito la gita in programma questa volta parte dalla val Pellice e non dalla val Germanasca con punto di arrivo in
macchina a Villanova e da qui, inforcati gli zaini, a piedi si prosegue lungo il vallone di Crosenna.
All’inizio il sentiero che una volta collegava gli alpeggi e il vallone si è presentato un po’ disagevole data la mancanza di
manutenzione, ma tutto sommato, tolto qualche contatto diretto con le ortiche per chi aveva i pantaloncini corti, in circa un’ora dopo
aver percorso anche un breve tratto dello sterrato che porta al rifugio Jervis deviamo a destra imboccando il sentiero che ci immette
direttamente nel vallone di Crosenna.
Il tempo tende decisamente al bello, ma, data l’alta percentuale di umidità nell’aria, chi desiderava fare una salutare “sauna”
sicuramente è stato accontentato!
Superato l’alpeggio dove il nostro amico Giovanni gestisce l’accogliente alberghetto della “Porziuncola” proseguiamo lungo il
tortuoso sentiero che con alterni saliscendi ci porta al Col della Boina (2330 m). Breve tappa per riprendere fiato prima di attraversare
l’ultimo vallone che con un dislivello di altri trecento metri ci consentirà di arrivare alla meta finale: il bivacco Soardi (2630 m).
Anche se siamo arrivati alla spicciolata, dato che alcuni di noi non praticano la disciplina dello “skyrunning”, posso confermare che
eravamo tutti soddisfatti per aver effettuato questa gita, classificata come EE, visto gli oltre 1500 metri di dislivello richiesti per
raggiungere la méta.
Rifocillati, dopo una pausa di oltre due ore, il sempre attento capogita Roberto decide che è tempo di rientrare visto che dal fondovalle
la nebbia comincia a lambire una parte del vallone.
Da questo momento fino all’arrivo a Villanova il tutto si è svolto nella norma, anche se personalmente ho trovato la discesa
interminabile, seppure tutta la giornata sia stata caratterizzata da sincera amicizia e serenità.
Carlo Galetto
GITA AL COLLE DELLA GIANNA (2525 m) DAL RIFUGIO BARBARA (1753 m)
31 agosto 2014
Folta partecipazione (25 Giovani) per
questa uscita in Val Pellice.
Un trenino di cinque macchine punta
all’imbocco della valle dei Carbonieri
dove ci aspetta Marcello.
La salita, sulla strada stretta e
tortuosa, comporta ancora maggiore
attenzione da parte degli autisti, dato
che l’eventuale incrocio con un altro
veicolo potrebbe essere un problema.
Ma per fortuna ciò non avviene, e
arriviamo al parcheggio del Rifugio
Barbara. Prima di iniziare il percorso,
qualcuno prende un caffè, forse per
8
dissolvere gli ultimi veli del sonno, quindi via, verso la nostra meta.
Poco dopo il rifugio, un’immagine bucolica appare ai nostri occhi, una mucca e il suo vitellino sono sdraiati a terra vicini una all’altro
godendosi la luce del nuovo giorno.
Imbocchiamo quindi il sentiero 111 che inizialmente si snoda tra gli abeti, il passo è buono, e quando incappiamo nello sbarramento
del “vachè elettric” lo superiamo di slancio per portarci sempre più in alto oltre la linea delle conifere.
Durante il cammino ci concediamo qualche piccola golosità, dai bassi cespugli di mirtillo (Vaccinium myrtillus) cogliamo e
degustiamo le saporite bacche.
Oltre gli ultimi alberi, il vallone che si trova alla nostra destra, è un’enorme discarica di massi di ogni dimensione portati lì dal lavoro
instancabile degli elementi della natura.
Giunti alla palina che indica “Colle della Gianna 25’” una breve pausa per riunirci prima dell’ultimo strappo.
Ma il tempo comincia a essere instabile, qualche leggera velatura risale dalla valle, mentre nel cielo le nuvole cominciano ad
addensarsi coprendo il sole.
Arrivati al Colle, il sole è ricomparso, ma delle nuvole ostinate non ci concedono la vista del Monviso che sappiamo essere di fronte a
noi. Per la foto di gruppo approfittiamo di un ragazzo tedesco che insieme alla sua compagna è partito, come noi, dal Rifugio Barbara
ed è diretto a Pian del Re.
Per mangiare, visto che le nuvole la fanno da padrone e la temperatura si è abbassata, si decide di scendere più in basso e, qui giunti,
Buon Appetito.
Nel dopo pasto chiacchiera libera, e quando sembra esaurirsi ci alziamo in piedi per prepararci alla discesa, ma ahimè, come la brace
sotto la cenere, la “lenga” riprende vigore tenendoci in piedi almeno un’altra mezz’ora, quindi la recita della Preghiera della Giovane
Montagna sancisce il momento del rientro, ma non prima di aver scaldato l’ugola con “Signore delle cime”.
Mentre scendiamo, le foschie continuano a rincorrersi formandosi e dissolvendosi, svelando od occultando il panorama come un gioco
di prestigio attuato da un grande illusionista. Tornati al rifugio, breve relax prima di riprendere la strada di casa.
Un saluto e un arrivederci a tutti.
Mercurio Malatesta
GITA AL RIFUGIO CA’ D’ASTI E AL ROCCIAMELONE
13/14 settembre 2014
Come già saprete in questi due giorni si è concluso in vetta al Rocciamelone (3538 m) il ciclo di manifestazioni (a parte la
presentazione ufficiale del volume “Camminare insieme nella Luce” che si terrà domenica 26 ottobre presso il Museo della Montagna
di Torino) in occasione del centenario di fondazione della nostra Associazione,
avvenuta a Torino nel 1914.
La nostra Sezione era rappresentata da sei Soci i quali (per alcuni) con un po’ di
fatica domenica hanno raggiunto tutti la vetta, dove alle 10 il presidente centrale
Piasentini, salutando gli oltre centoventi Soci in rappresentanza di tutte le
Sezioni italiane, ha fatto una breve prolusione sulla ricorrenza che
festeggiavamo oggi augurandosi che i valori portanti, che in questi cento anni
sono sempre stati presenti nella nostra Associazione (dove l’alpinismo, insieme
all’escursionismo e la salvaguardia dell’ambiente sono sempre stati valori che ci
hanno caratterizzato), possano essere trasmessi e potenziati per le nuove
generazioni che si aggregheranno.
Personalmente aggiungo che l’articolo 2 del nostro attuale Statuto specifica che
“L’Associazione è apolitica e si ispira ai principi cristiani”. Al termine dei saluti
rivolti anche dal presidente della Sezione di Torino si è proceduto alla
celebrazione eucaristica, dove nella preghiera dei fedeli sono stati letti anche tre
brani che mi hanno coinvolto particolarmente per il loro profondo significato.
Ve li trascrivo in modo che eventualmente ne possiate partecipare.
“Aiuta, Signore, tutti i Soci della Giovane Montagna ad affrontare le fatiche
quotidiane con quella determinazione, speranza e fiducia che hanno quando
salgono in montagna”.
“Ai piedi della Madonna siamo giunti per festeggiare i nostri cento anni.
Affidiamo a Maria i nostri ragazzi e le nostre ragazze, affinché possano
continuare il cammino della Giovane Montagna portando avanti lo spirito ed i
valori che ci caratterizzano”.
“Ti preghiamo, Signore, per tutti i Soci che avrebbero desiderato essere
presenti, ma non hanno potuto. Possano trasmetterci, con il loro esempio,
l’amore e l’attaccamento alla Giovane Montagna, nonostante i malanni e
l’età”.
Al termine della cerimonia, conclusasi con un rinfresco a base di pasticcini, spumante e per gli astemi the caldo, con un po’ di
rammarico per non potermi fermare un po’ di più dato che dovevamo essere a Susa alle 15 per il rinfresco ufficiale, con la debita
precauzione visto l’affollamento verificatosi nel tratto delle corde fisse, puntualmente siamo arrivati per prendere parte alla cerimonia
finale dove, con piacere, abbiamo rivisto parecchi “vecchi” amici che per circostanze varie non sono venuti in vetta al
Rocciamelone.Al termine di questo breve rendiconto mi sia concesso di rivolgere un “grazie” sentito per tutto quanto la Sezione di
Torino ha organizzato perché la conclusione dei festeggiamenti dei cento anni di fondazione della Giovane lasciassero in tutti i
partecipanti un positivo e duraturo ricordo.
Carlo Galetto
9
PROSSIME GITE in CALENDARIO
Per informazioni specifiche sulle prossime gite in calendario rivolgersi direttamente in sede.
NOTIZIE dalla SEZIONE
LUTTI
E’ recentemente mancata la mamma della nostra socia Ivana Zini; inoltre è mancata anche la mamma del nostro socio
Ferruccio Clot. Alle famiglie e agli amici porgiamo sentite condoglianze.
FELICITAZIONI
Le più vive felicitazioni a Bruna Manero e Carlo Galetto per la nascita del nipotino Thierry, e ad Ivana Zini per la nascita
della nipotina Sarah.
RINGRAZIAMENTI
Un vivissimo ringraziamento va a tutti i soci che si sono impegnati per rendere possibile la partecipazione della Sezione al
mercatino delle pulci di Pinerolo che si è svolto domenica 29 settembre al fine di raccogliere fondi.
NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO
Mercoledì 8 ottobre si è svolta in sede l’annuale assemblea dei Soci, con una buona partecipazione di presenze. Essa è
iniziata con la relazione del presidente sull’attività svolta nel corso dell’anno sociale e si è conclusa con l’elezione del
nuovo Consiglio direttivo.
Da queste pagine porgiamo un sincero ringraziamento ai consiglieri uscenti che per motivi vari non hanno più accettato di
far parte del Direttivo. A quanti li hanno sostituiti e a tutto il Direttivo l’augurio di un proficuo lavoro per i prossimi anni.
*****
L’esito delle votazioni, scrutinate dai Soci Pagnanelli Angelo (presidente del seggio), Rosetta Colace, Boetto Adriana,
Maulucci Salvatore, ha dato i seguenti riscontri:
votanti 39, deleghe 5, totale voti 44; hanno conseguito voti: Aimonetto Marco 43; Tealdi Renzo 42; Gelato Alfonso 42;
Bruno Imina 41; Griotti Roberto 41; Gainelli Silvina 40; Tamagno Paolo 37; Tron Marco 35; Clot Ferruccio 34; Forneris
Marco 34; Cesario Alberto 32; Bonino Mirella 29; Zini Ivana 23; Malatesta Mercurio 2, non eletto; Galetto Carlo 1, non
eletto.
L’ANGOLO DELLA POESIA
Vogliamo ringraziare Renzo Tealdi che, al termine del suo sesto (!) anno come Presidente della Sezione, intende lasciare
ad altri l’incarico con la seguente poesia:
Al Presidente uscente
Se me ne vado fuori dai marroni,
infine al riposo meritato,
lascerò ai compagni tanto buoni
di progettar della Sezione il fato.
Mi è toccato pure il centenario,
fervor di iniziative da seguire;
neanche se mi dessero un salario
vorrei tanti problemi a non finire!
Sei lunghi anni son ormai passati,
tra gli impegni in Sezione e fuori,
tanti monti abbiamo visitati,
in alto levando i nostri cuori.
Eppure non c’è solo il sollievo,
ma anche un pochino di tristezza,
a lasciare le cose che facevo
con in mente dei monti la bellezza.
Mai mancata è anche qualche rogna,
problemi d’ogni sorta da affrontare;
talora ti mettono alla gogna,
se qualcuno ti vuole criticare.
Orsù compagni, è la vostra ora,
a voi è passato il testimone:
che la Sezione prosperi allora,
fate in futuro tante cose buone!
Paolo Tamagno
10