Il Serpente di Fango
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Il Serpente di Fango
Le parole della bellezza progetto di scrittura e narrazione Il Serpente di Fango racconto di Luigi Dal Cin scritto con la Classi I A e I B Scuola Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo ‘Cesare Pavese’ di Santo Stefano Belbo (CN) Coordinato da Francesca Spissu per l’Associazione Culturale Imago Mundi Onlus Santo Stefano Belbo - Monumenti Aperti 2014 I l Belbo è sempre stato un luogo di allegria, di giochi, di nuotate, di pesci da pescare, di sole da raccogliere sulla pelle. Ma una volta è accaduto qualcosa di diverso. Una volta quel fiume è come se avesse cambiato faccia: e mi sono chiesto il perché. Perché un fiume così bello un giorno è diventato così terribile? Ma era veramente il fiume a cambiare faccia, oppure è stato qualcos’altro? Io credo sia stato qualcos’altro. Quella notte la pioggia ha cominciato a cadere forte, sempre più forte, e la terra non è più stata in grado di assorbire tutta quell’acqua. E chiedeva aiuto, la terra, anche perché era stata in parte rico- perta di cemento, e non ce la faceva più. Ma la voce della terra è lieve lieve, non si impone: la sente solo chi vuole ascoltare. Frane e alluvioni sono eventi che non si possono evitare, ma l’uomo può cercare di proteggere il territorio in cui abita e può costruire le opere in modo da impedire le tragedie. Per esempio, è inutile innalzare gli argini di cemento perché i corsi d’acqua così diventano canali in cui l’acqua corre veloce, uscendo poi dall’alveo con maggiore forza distruttiva. È inutile anche deviare il corso del fiume, perché torna sempre a riacquistare quel che è suo. Bisognerebbe poi prendersi cura delle colline evitando disboscamenti e colture intensive. Non si dovrebbe estrarre ghiaia e sabbia dal letto dei corsi d’acqua. Bisognerebbe vietare le costruzioni nei pressi dei fiumi: perlomeno si eviterebbero tragedie in termini di vite umane. I ponti andrebbero ricostruiti con una sola campata per evitare che tronchi e rami possano fare da tappo. Un intervento molto utile sono, poi, le casse di espansione: grandi bacini in cui l’acqua si può spandere senza pericolo, riducendo così la quantità e la forza dell’acqua contenuta nel fiume. L’acqua saliva, saliva, e così piano piano raggiunse l’apertura della tana del Serpente di Fango, che viveva addormentato nelle viscere della terra, e lo risvegliò. Chi era il Serpente di Fango? C’era una volta una masca che, molto tempo fa, viveva in una grot- ta in una della grandi colline che circondano il Belbo. Era una masca pigra, così un giorno decise di usare i suoi poteri per creare con il fango un piccolo serpente perché le facesse da servo. Per farlo vivere scrisse sulla sua fronte di fango la parola ‘Potere’. E in effetti il piccolo serpente prese subito forza e vita. In breve tempo però nacque un inconveniente: il serpente così creato diventava ogni giorno più potente e più grande, e la masca capì che stava perdendo il controllo del gigantesco Serpente di Fango, che aveva cominciato a mangiare tutto ciò che incontrava. La masca pensò che era necessario far addormentare il Serpente di Fango, ma non sapeva come fare perché non riusciva a cancellare la parola ‘Potere’ che ormai gli aveva scritto in fronte: la testa del Serpente stava ora molto più in alto di lei. Nella sua grotta la masca allora pretese che il Serpente di Fango, pur sempre suo servo, le togliesse le scarpe, e nel mentre gli cancellò dalla fronte la parola ‘Potere’ e gliela sostituì con la parola ‘Fiducia’. Il Serpente di Fango si addormentò come un cagnolino fiducioso, la masca abbandonò la grotta, e affidò alle colline la custodia di quel suo errore. Quella notte di novembre del 1994 l’acqua continuava a salire, ed entrò nella grotta che era anche la tana del Serpente di Fango... l’acqua in breve tempo cancellò la parola ‘Fiducia’ scritta sulla fronte del Serpente di Fango che, così, si risvegliò. Affamato, nel buio della notte, si gettò nel Belbo e divorò ogni cosa che trovava: alberi, automobili, case, mordeva le strade che correvano lungo la riva del fiume creando voragini, e crebbe, crebbe sempre di più, diventando ancor più gigantesco. Fu così che, una sera come tutte le altre, il 5 novembre 1994, mentre si guardava la televisione e la pioggia continuava a cadere come dei grandi sassi, qualcosa fece rumore e l’acqua entrò in casa. Si sentiva il frastuono dell’acqua che stava per esplodere espandendosi fino a corrodere gli argini del fiume. Quella notte sembrava che qualcuno avesse impostato la stessa musica su un grande stereo: il rumore dello scroscio dell’acqua impetuosa che sbatteva su ponti e case. All’inizio la gente pensava che fosse un normale periodo di pioggia, ma quando il fiume iniziò a gonfiarsi di melma, erbacce e ramoscelli vari, cominciò ad avere paura di quel mostro che si ingigantiva sempre più. Ci furono numerosi danni in diverse parti del paese, ad esempio la scuola subì molti disagi: le si allagarono le cantine e le classi erano completamente piene di fango. Gli alunni dovettero spostarsi nella sede comunale fino a quando la scuola non si sarebbe completamente riassestata. Si udiva di tutto: pentole, piatti, mobili che cadevano e la gente era disperata. L’odore era tremendo, si sentiva puzza di fango, terreno umido, e tutte le case erano ricoperte di quella gelatina disgustosa. Intanto il tempo continuava ad essere grigio e piovoso, e il cielo era pieno di nuvole che sembrava volessero scoppiare in profonde lacrime. Quando entrò l’acqua in casa mi spaventai molto, ma nonostante le grida di paura riuscii a salvarmi salendo su un tavolo. Il tavolo si trovava vicino alla finestra e, da lì, si riusciva a vedere l’acqua che pian piano saliva e portava via tutto, comprese persone, oggetti, auto... tutto. Ad un tratto il tavolo, sopra cui mi trovavo, cadde e con lui anch’io, e così urlai alla mia sorellina: “Gioca a rialzo! Gioca a rialzo come facciamo insieme in giardino! Salvati dall’acqua!”. Quella sera fu infinita, l’acqua non se ne andava, le ore non passavano, sembrava un vero e proprio incubo! La ferrovia che collegava la Valle Belbo con Canelli, Nizza ed Alba fu interrotta; in alcune parti - nei pressi del Gazebo di Canelli - le rotaie del treno vennero sollevate dalla forza impetuosa dell’acqua, in altre zone, invece, cumuli di fango mescolati a rami, alberi ed oggetti si ammassarono impedendo il transito dei treni. L’odore del pane fresco e delle brioches appena sfornate erano state sostituite dall’odore di marcio e di fango. Per almeno due giorni si interruppe l’energia elettrica e l’acqua dell’acquedotto non fu più potabile a causa delle infiltrazioni di prodotti chimici che vagavano in modo selvaggio per l’ambiente. In effetti, la forza dell’acqua aveva sollevato da sottoterra parecchie cisterne piene di gasolio ed altri liquidi derivati dal petrolio per il riscaldamento. Purtroppo tutto questo materiale si riversò nell’ambiente causando inquinamento e morte per la flora e la fauna della nostra Valle: fu questo il motivo per cui i raccolti della primavera successiva furono drasticamente ridotti. Parecchi animali, legati o chiusi nelle stalle, morirono annegati, non riuscendo a fuggire. Tutti i lavori di una vita andarono persi in un attimo. Il Serpente lasciò sulle case una linea di fango marrone che, nel corso degli anni, non scomparve più. Il silenzio e la malinconia dominavano il cuore delle persone. Faceva male vedere i genitori che cercavano di spiegare ai piccoli cosa era successo: la loro casa e il loro bel giardino non c’erano più! Venivano i brividi sentendo i loro pianti strazianti, vedendo i loro visi tristi e pieni di lacrime. C’era pure l’odore di fango, il suo tipico odore nauseante, che non era solo sulle pareti dei garages ma anche nell’anima della gente. Quel piccolo paese fu divorato dall’enorme insaziabile Serpente di Fango. Mi mancava il fiato. Non sapevo cosa stesse succedendo. Tutti erano in panico. C’erano macchine capottate; un odore di fango infestava la quiete cittadina; era notte: vedevo solo il cielo coperto da nuvole nere e minacciose. L’acqua mi aveva inzuppato dalla testa ai piedi. Il rumore delle urla della gente e delle sirene spaccavano il silenzio notturno del paese. L’intenso odore della benzina e del cherosene uscito dal benzinaio della stazione faceva puzzare la borgata. Il paese era al buio e, ovunque ti giravi, c’era un’insidia fatale: il Serpente mortifero. Mi svegliai e alla luce del giorno vidi la catastrofe: il paese era stato messo in ginocchio da Madre Natura; nessuno sapeva perché fosse arrabbiata, ma una cosa è certa, era infuriata. Madre Natura e il Serpente di Fango si erano alleati: avevano distrutto le Langhe e il Monferrato. Al Serpente piaceva molto il sapore del cemento. E strada facendo ingurgitava bovini, suini, animali domestici, polli e molto altro. Intanto sconvolgeva giardinetti e altri luoghi pubblici, inondava le fogne facendo scoppiare i tombini. La gente era abbattuta, e il Serpente diventava sempre più grande perché si nutriva anche della disperazione e dei ricordi delle persone. Mangiò persino i libri preziosi della biblioteca, i racconti, gli scritti autografi di Cesare Pavese, perché la gente fosse ancora più disperata. Il Serpente conosceva bene il potere della parola impressa nel fango della sua fronte. Forse era per questo che voleva distruggere le parole, perché tra quelle c’era anche la parola ‘Fiducia’ che avrebbe potuto farlo nuovamente addormentare. O forse perché le storie ci insegnano sempre a combattere la disperazione e sconfiggono la morte. La parola è importante perché senza di essa si commetterebbero sempre gli stessi errori, e i fatti accaduti non servirebbero a nulla. Nonostante i progressi della Scienza, le catastrofi naturali non possono essere previste con largo anticipo, quindi non abbiamo molto tempo per metterci in salvo quando ci troviamo coinvolti in un evento del genere: è allora importante fare tesoro dell’esperienza di chi ci ha preceduti. Spesso la stupidità umana rovina tutto: la parola, allora, è il nostro megafono con cui farci sentire. Il Serpente di Fango quella notte mangiò i libri della biblioteca per impedirci di trovare un modo per fermarlo e per negarci la possibilità di imparare. Ma la parola ‘Speranza’ echeggiava nella notte tenebrosa, e questa debole luce brillava nel cuore delle persone. La gente è disperata, finché accadde un fatto piccolo, ma straordinario. Nella notte dell’alluvione, mentre stavo cercando di mettermi in salvo dal fango, vidi un signore anziano che non sapeva dove andare e che stava per essere assalito dal Serpente di Fango. Corsi subito da lui per prestargli soccorso, ma il fango gli aveva bloccato le gambe e, visto che io da solo non sarei mai riuscito a tirarlo fuori, mi guardai intorno per cercare qualcuno più forte di me: non vidi nessuno. Mi armai allora di forza di volontà, presi una corda, la legai ad un palo e la lancia verso di lui. Il signore anziano riuscì ad afferrarla ed io cercai di tirarlo verso di me. Nel frattempo un uomo ci vide e venne ad aiutarci, così riuscimmo a salvarlo. Dopo questo episodio la parola ‘Fiducia’ cominciò a ricomparire piano piano sulla fronte del Serpente, e ad ogni gesto di fiducia, di bontà, di altruismo, di aiuto, di solidarietà, ad ogni preghiera per gli altri, la scritta diventava sempre più netta e il Serpente cominciava a rimpicciolire... L’alluvione sarà non solo ricordata ma impressa sui muri, sulle strade e nelle anime delle persone, per sempre. Ma si deve sempre andare avanti, e quelle persone così colpite lo fecero, grazie all’umanità e all’altruismo delle centinaia di uomini e donne che arrivarono da tutta Italia per aiutare la popolazione colpita. L’indomani mattina la gente iniziò a rimboccarsi le maniche per occuparsi dei danni creati dall’alluvione, e credetemi se vi dico che erano veramente, ma veramente parecchi. La protezione civile, gommoni usava, e la gente in pericolo salvava. Quella mattina arrivarono in paese molti volontari che, con parole e gesti, riempirono di gioia e di speranza il cuore di molti alluviona- ti. Quello che forse diede una svolta alla situazione fu la collaborazione che univa gli abitanti del paese. Le emozioni che provava la gente in quel momento si potevano percepire dai loro volti: tristezza e malinconia, perché avevano perso le loro case - in cui erano conservati i ricordi di una vita - e molto altro ancora, ma portavano anche una piccola luce di speranza in fondo all’anima. In giro c’erano solo stivali di gomma e rastrelli per spazzare il fango. Arrivarono anche i volontari del Trentino che alloggiarono alla palestra di Canelli, e molta gente volontaria dei paesi vicini ad aiutarci: insomma ci siamo dati tutti da fare. Urla e paura avevano riempito di notte il paese. Alla mattina scesi sotto ed aiutai il più possibile, poi non sapendo più cosa fare andai sul balcone e vidi il disastro: bottiglie rotte, mobili che navigavano, macchine ribaltate e persino i mutandoni del nonno che da bianchi erano diventati marroni per il fango. Il giorno seguente quando gli abitanti si svegliarono videro mucchi di fango cosparso per il paese e si misero a ripulire aiutati dai volontari: pompieri, forze armate e molte altre persone provenienti da diversi paesi. Quando, il giorno dopo, arrivarono i volontari, il Serpente di Fango era già ritornato piccolo piccolo a dormire nella sua tana come un cagnolino, con scritta sulla fronte la parola ‘Fiducia’, con intorno le grandi colline che lo nascondono e ci proteggono da lui. Così, potremo dire ancora insieme: “Ho rivisto la luna d’agosto tra ontani e canneti/sulle ghiaie del Belbo e riempirsi d’argento/ogni filo di quella corrente./Sapevo che intorno/tutt’intorno s’alzavano le grandi colline” (Cesare Pavese). Ma attenzione: il Serpente di Fango è ancora lì. Sta a noi non farlo risvegliare. Anno Scolastico 2013/2014 Scuola Secondaria di Primo Grado dell’Istituto Comprensivo ‘Cesare Pavese’ di Santo Stefano Belbo (CN) Classe I A Classe V B Anastasia Aleksova Angelova Blagica Roberta Arione Micaela Arione Carolina Canaparo Carola Capetta Riccardo Carpani Pietro Cugnasco Lazar Filimonov Edward Giordano Monika Gocevska Laura Guadagnoli Nicole Huayrac Sifuentes Chiara Iraldi Snezana Kamceva Tommaso Novello Andrea Penna Giulio Ruffinengo Dario Stoimenov Hristijan Stojanov Bojan Todorov Nicolo’ Vogliotti Luca Alossa Elisa Amerio Emma Baldi Matteo Barbero Michele Bazzano Francesco Bona Mariachiara Canaparo Filippo Conese Edoardo Cuniberti Elisa Gonella Nicolo’ Gonella Jasmine Kabbori Maria Kostadinova Domenico Lutricuso Valeria Marzolla Alessia Mirano Anastasia Molinari Ivan Rape’ Fabio Rausa Pietro Rovetta Marilena Venturino Insegnanti Melissa Abbà Claudia Filippi Insegnanti Melissa Abbà Claudia Filippi 18^ edizione