Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia

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Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia
Studi sperimentali
Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia
trattato con psicoterapia comportamentale
Long term outcome of Panic Disorder with Agoraphobia
treated by behaviour therapy
SANDRA CONTI, SILVANA GRANDI, CHIARA RUINI, CHIARA RAFANELLI, GIOVANNA BARTOLUCCI
FRANCESCO MARIA SAVIOTTI, LARA MANGELLI, GIOVANNI ANDREA FAVA
Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna
RIASSUNTO. Scopo. Sono scarsi gli studi che si occupano del decorso a lungo termine del Disturbo di Panico che vadano oltre
i 2 anni di follow-up. Lo scopo di questo studio è quello di valutare il follow-up a lungo termine di pazienti affetti da Disturbo di
Panico con Agorafobia trattati secondo protocolli psicoterapeutici standardizzati. Materiali e Metodo. Una serie consecutiva di
200 pazienti che soddisfano i criteri diagnostici del DSM-IV per un Disturbo di Panico con Agorafobia è stata sottoposta ad un
ciclo di psicoterapia comportamentale basata sulla esecuzione di compiti di esposizione. Dopo 12 sedute di psicoterapia, 136 pazienti non hanno più manifestato Attacchi di Panico e 132 pazienti sono stati selezionati per il follow-up. È stato effettuato un follow-up da 2 fino a 14 anni (mediana: 8 anni). Per descrivere il decorso clinico dei pazienti è stata utilizzata l’analisi della sopravvivenza. Risultati. Trentuno dei 132 pazienti (23%) hanno presentato una ricaduta del Disturbo di Panico durante il follow-up.
La percentuale complessiva dei pazienti che sono rimasti in remissione è del 93,1% dopo 2 anni, 82,4% dopo 5 anni, 78,8% dopo
7 anni e 62,1% dopo 10 anni. Le probabilità di rimanere in remissione aumentano con la giovane età. Diminuiscono, invece, quando sia presente un concomitante Disturbo di Personalità, umore depresso prima del trattamento, persistenza di un comportamento di evitamento dopo il ciclo psicoterapico e un uso concomitante di benzodiazepine e di antidepressivi. Discussione. I risultati di questo lavoro suggeriscono che la psicoterapia comportamentale mediante esposizione può produrre miglioramenti clinici stabili e duraturi nella maggior parte dei pazienti. La scomparsa del comportamento di evitamento residuo e subclinico, e non
solo degli Attacchi di Panico, deve essere l’obiettivo della psicoterapia comportamentale.
PAROLE CHIAVE: disturbo di panico, agorafobia, psicoterapia comportamentale, predittori di esito, ricaduta
SUMMARY. Aim. There is a paucity of long term outcome studies of Panic Disorder which exceed a 2 year follow up. The aim
of the study was to evaluate the long term follow-up of patients affected by Panic Disorder with Agoraphobia treated according
to a standardized protocol. Materials and Method. A consecutive series of 200 patients satisfying the DSM-IV criteria for Panic Disorder with Agoraphobia was treated in an outpatient clinic with behavioral methods based on exposure homework. Onehundred-thirty-six patients became panic free after 12 sessions of psychotherapy and 132 were available for follow-up. A 2 to 14
year (median = 8 years) follow-up was performed. Survival analysis was employed to characterize the clinical course of patients.
Results. Thirty-one of the 132 patients (23%) had a relapse of Panic Disorder at some time during follow-up. The estimated
cumulative percent of patients remaining in remission was 93.1 after 2 years, 82.4 after 5 years, 78.8 after 7 years and 62.1 after 10 years. Such probabilities increased with younger age, and in the absence of a Personality Disorder, of high pre-treatment levels of depressed mood, of residual agoraphobic avoidance after exposure, and of concurrent use of benzodiazepines
and antidepressant drugs. Discussion. The findings suggest that exposure treatment can provide lasting relief to the majority of patients with Panic Disorder and Agoraphobia. Disappearance of residual and subclinical agoraphobic avoidance, and
not simply of Panic Attacks, should be the aim of exposure therapy.
KEY WORDS: panic disorder, agoraphobia, behaviour therapy, outcome predictors, relapse
E-mail: [email protected]
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Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia
INTRODUZIONE
C’è una crescente consapevolezza del fatto che il Disturbo di Panico sia una malattia cronica con scarsa
possibilità di miglioramento spontaneo (1, 2). Diventa,
pertanto, di cruciale importanza individuare un trattamento adeguato con effetti positivi, duraturi nel tempo. Sappiamo dalla letteratura che, sia il trattamento
cognitivo-comportamentale e farmacologico insieme o
singolarmente, si sono dimostrati efficaci nella terapia
del disturbo di panico (3). Mancano, tuttavia, dati sufficienti che riguardino sia studi di follow-up superiori a
2 anni, che informazioni adeguate sul tipo di trattamento a cui sono sottoposti i pazienti durante il followup stesso (4-6). Alcune questioni nell’ambito della ricerca rimangono ancora aperte: qual’è la probabilità di
ricaduta dopo 2 anni in un paziente con Disturbo di
Panico e trattato con psicoterapia comportamentale?
Si possono individuare variabili predittive di decorso?
Uno studio preliminare (7) aveva evidenziato che, anche se un paziente su quattro non è in grado di completare un ciclo di psicoterapia e non riceve un sufficiente miglioramento da questo, la psicoterapia con
esposizione può determinare un duraturo benessere
nella maggioranza dei pazienti.
Lo scopo del presente studio è quello di valutare ad
un follow-up a 14 anni, una coorte di 132 pazienti con
diagnosi di Disturbo di Panico con Agorafobia. Tutti i
soggetti sono stati trattati secondo il protocollo di psicoterapia comportamentale di Isaac Marks (8, 9). Per
caratterizzare meglio il decorso clinico, è stato applicato il metodo statistico dell’analisi della sopravvivenza.
MATERIALI E METODI
RECLUTAMENTO
Una serie consecutiva di 200 pazienti ambulatoriali
che soddisfano i criteri diagnostici del DSM-IV (10) per
un Disturbo di Panico con Agorafobia, sono stati valutati presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di
Bologna, nell’ambito del Programma per i Disturbi Affettivi, lungo un arco di tempo di 12 anni.
Le valutazioni diagnostiche iniziali sono state effettuate sia da uno psichiatra che da uno psicologo clinico
indipendentemente, utilizzando la Schedule for Affective
Disorders and Schizophrenia (11). I pazienti che erano
stati in precedenza identificati come affetti da Disturbo
da Attacchi di Panico con Agorafobia (DSM III-R) (12),
sono stati inclusi solo se rientravano anche nei successivi criteri del DSM-IV per il Disturbo di Panico con Ago-
rafobia. Sono stati esclusi dalla ricerca i pazienti con
concomitante Disturbo Depressivo Maggiore secondo i
criteri del DSM-IV, in quanto avrebbero richiesto un diverso protocollo terapeutico. Allo stesso modo sono stati esclusi pazienti con concomitante Fobia Sociale e/o
Disturbo Ossessivo-Compulsivo: condizioni che richiedono l’applicazione di strategie cognitivo-comportamentali più complesse. Ciascun soggetto ha accettato di
partecipare allo studio, fornendo un consenso informato
scritto, dopo essere stato edotto sulle modalità e sugli
scopi della ricerca.
TRATTAMENTO
Dopo la valutazione psicometrica iniziale, tutti i pazienti sono stati trattati da tre psicologi clinici, secondo
un protocollo comportamentale standardizzato: (esposizione in vivo alle situazioni fobiche, tramite compiti da
eseguire a casa senza l’aiuto del terapeuta) (8, 9). L’esposizione in vivo, pianificata e concordata con il paziente, è focalizzata sulla importanza di una graduale, regolare e prolungata esposizione alle situazioni fobiche. Il
soggetto registra l’andamento degli esercizi in un diario
strutturato con l’automonitoraggio dell’ansia e del panico, materiale oggetto poi di analisi ad ogni seduta successiva. Il principio fondamentale di questo trattamento
è quello di persuadere il paziente a rientrare nella situazione fobica e di rimanervi nonostante l’aumento dell’ansia (8).Vengono sottolineate le conseguenze di un
comportamento di evitamento (9). Ad ogni seduta viene
ripetutamente raccomandata la necessità di esporsi e si
rinforza positivamente il paziente per i progressi raggiunti. Particolare attenzione è stata posta nel rilevare i
fattori psicologici (comportamento di evitamento) che
precipitano gli Attacchi di Panico. Il trattamento comportamentale è consistito in 12 sedute della durata di 30
minuti, una volta ogni 2 settimane, per una durata complessiva di 6 mesi. Ogni seduta consiste nel verificare l’esecuzione degli esercizi di esposizione tramite il diario e
di discutere nuovi obiettivi da raggiungere. Al termine
del protocollo psicoterapeutico i pazienti sono stati rivalutati con strumenti psicometrici somministrati da uno
psicologo clinico non coinvolto nel processo terapeutico.
Centosessantacinque pazienti hanno completato il trattamento. In 136 pazienti i sintomi di panico erano cessati da almeno un mese dalla fine del trattamento con un
quadro clinico “notevolmente migliorato” secondo la valutazione della scala globale del miglioramento di Kellner (13, 14). Le valutazioni di follow-up sono state condotte su 132 pazienti. Quattro pazienti non hanno acconsentito a partecipare alla prosecuzione della ricerca.
Il disegno sperimentale non ha previsto interventi terapeutici nel periodo di follow-up. Solo nel caso di ricadute, i soggetti sono stati sottoposti ad un secondo ciclo di
psicoterapia comportamentale.
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CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE
te e sospesi durante la psicoterapia, in modo tale che, alla prima valutazione di follow-up, nessun paziente assumeva più la suddetta terapia. Analogamente 116 pazienti (88%) stavano assumendo benzodiazepine e, nonostante questo, rispondevano in pieno ai criteri diagnostici del DSM-IV per il Disturbo di Panico con Agorafobia.
Durante il trattamento anche questi farmaci sono stati
gradualmente ridotti e, dove possibile, sospesi. Il clonazepam ha sostituito quelle BDZ (soprattutto lorazepam
e alprazolam) che in 21 soggetti non era stato possibile
sospendere completamente.
Le caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei 132
pazienti che hanno completato il trattamento sono elencate in Tabella 1.
La comorbilità è stata valutata alla fine del trattamento per ridurre al minimo le eventuali contaminazioni di
“stato-tratto”(15, 16), utilizzando la Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia (11).
La più frequente diagnosi riscontrata secondo il
DSM-IV, in Asse I, è quella di Disturbo da Ansia Generalizzato; mentre in Asse II: il Disturbo di Personalità
Dipendente e Istrionico. Al momento dell’intake, 30 pazienti (23%) erano in terapia farmacologia con antidepressivi (soprattutto imipramina a basse dosi). Nonostante la terapia in corso, rispondevano ugualmente ai
criteri diagnostici del DSM-IV per il Disturbo di Panico
con Agorafobia. I farmaci sono stati ridotti gradualmen-
VALUTAZIONE PSICOMETRICA
La valutazione psicometria, eseguita da uno psicologo
clinico che non prendeva parte alla terapia, è stata effettuata all’inizio e al termine del trattamento comportamentale; a 6 mesi, a 12 mesi e successivamente ogni anno. Nella seduta di follow-up particolare attenzione è stata posta nel valutare lo stato psicologico del soggetto con
approfondita raccolta anamnestica e monitoraggio di
eventuali farmaci, utilizzando inoltre l’Intervista Clinica
per la Depressione (CID) di Paykel (17). La durata complessiva di questo studio è stata di 12 anni (dal 1988 al
2000 con un follow-up complessivo di 14 anni): i primi
pazienti trattati presentano anche il follow-up più lungo.
È stata registrata ogni ricaduta verificatasi durante il periodo esaminato.
La Tabella 2 mostra la durata della malattia, i punteggi relativi al panico, all’agorafobia e all’umore depresso
prima del trattamento e il livello di agorafobia dopo il
trattamento nei 132 pazienti, divisi anche secondo il verificarsi o meno di una ricaduta.
La ricaduta viene definita come ricomparsa del disturbo di panico secondo i criteri del DSM-IV.
A tutti i pazienti è stata data la possibilità di ricontattare il terapeuta, all’eventuale ripresentarsi della sintomatologia psichiatrica pregressa. Laddove i sintomi si
configuravano in un Disturbo di Panico con Agorafobia,
veniva riproposto un nuovo ciclo di psicoterapia comportamentale.
Il periodo minimo di follow-up richiesto per questo
studio è stato di 2 anni (a partire dal 1986).
Tabella 1. Caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei
pazienti che hanno completato la psicoterapia comportamentale (n=132*)
Caratteristiche
Età all’intake, anni
Sesso, maschi/femmine
Stato civile, coniugato/non coniugato
Classe sociale, medio-alta/occupato**
Scolarità, almeno 13 anni/inf. a 13 anni
Comorbilità in Asse I: presente/assente
Disturbo da ansia generalizzata
Ipocondria
Dipendenza da sostanze
Disturbo ciclotimico
Disturbo distimico
Comorbilità in Asse II: presente/assente
Disturbo dipendente di personalità
Disturbo istrionico di personalità
Disturbo narcisistico di personalità
Disturbo ossessivo-compulsivo
di personalità
Uso di farmaci antidepressivi: sì/no
Imipramina, 50-150 mg/d
Amitriptilina, 50-150mg/d
Fluvoxamina, 50-150mg/d
Fluoxetina, 20 mg/d
Desipramina 50 mg/d
Uso di benzodiazepine: sì/no
Lorazepam, 1-3 mg/d
Clonazepam, 1-2 mg/d
Alprazolam, 0.5-1.5 mg/d
Bromazepam, 4.5 mg/d
Prazepam, 10-30 mg/d
Oxazepam 30 mg/d
Diazepam 5-10 mg/d
Etizolam 2 mg/d
Occupato/non occupato fuori casa
34.5 (8.8)
35/97
82/50
90/42
88/44
36/96
30
2
2
1
1
16/116
7
6
2
1
30/102
21
3
3
2
1
39/93
12
9
7
3
3
2
2
1
86/46
STRUMENTI PSICOMETRICI
La Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia, di Endicott & Spitzer (11) è stata utilizzata sia per le
valutazioni diagnostiche iniziali che, alla fine del trattamento, per rilevare la presenza di eventuali disturbi di
personalità.
L’Intervista Clinica per la Depressione (CID) di
Paykel (17) è un’intervista semistrutturata di ricerca per
la quantificazione psicopatologica dei pazienti ed in par-
*I dati si riferiscono alle medie (DS) e al numero dei pazienti
**Secondo la classificazione di Goldthorpe e Hope (52)
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Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia
Tabella 2. Durata di malattia e punteggi medi (DS) relativi al panico, all’agorafobia e all’umore depresso
Durata in mesi
Panico iniziale (1-7)
Agorafobia iniziale (1-7)
Depressione iniziale (1-7)
Agorafobia dopo trattamento (1-7)
Campione
(n=132)
Pazienti con ricaduta
(n=31)
Pazienti che rimangono
in remissione
22.7 (22.2)
2.6 (1.4)
4.7 (2.3)
1.5 (0.7)
2.1 (0.6)
22.4 (21.8)
2.8 (1.1)
5.2 (2.2)
1.8 (0.8)
2.3 (0.6)
22.8 (22.5)
2.5 (1.1)
4.6 (2.3)
1.4 (0.6)
2.0 (0.6)
ticolare per la Depressione e i Disturbi d’Ansia. È una
versione modificata dalla Scala di Hamilton per la Depressione, ed è costituita da 36 items: ogni item viene
quantificato con un punteggio “ancorato” da 0 a 7. Per la
formulazione del punteggio vengono considerate la frequenza, la gravità e la qualità del sintomo a cui l’item si
riferisce. La CID permette di quantificare sia la patologia
depressiva che ansiosa nelle sue varie espressioni cliniche (Agorafobia, Fobia Sociale, Ansia Generalizzata, Ansia Somatica, Panico, Irritabilità, Ipocondria).
In particolare nel nostro studio, vengono presi in considerazione due items della CID che riguardano rispettivamente gli Attacchi di Panico e l’evitamento agorafobico. Questi 2 items forniscono una misura sensibile dei
cambiamenti clinici del Disturbo di Panico durante il
trattamento comportamentale (16-20). Si definisce sintomo assente se il punteggio relativo è 1 e 2, mentre il sintomo è presente per punteggi da 3 a 7.
RISULTATI
DECORSO
Il follow-up è durato da 2 a 14 anni, a partire dal
1986, ( mediana = 8 anni).
Trentuno dei 132 pazienti ( 23%) hanno presentato
una ricaduta del Disturbo di Panico.
La Figura 1 indica la proporzione cumulativa del
campione dei pazienti che rimangono in remissione
dopo il ciclo di psicoterapia.
Come già indicato nei metodi, tutti i pazienti hanno
effettuato un follow-up di almeno 2 anni.
La percentuale cumulativa stimata per i pazienti rimasti in remissione è stata di 93,1 per almeno 2 anni,
82,4 dopo 5 anni, 78,8 dopo 7 anni e 62,1 dopo 10 anni.
PREDITTORI DI ESITO
Il principale metodo statistico utilizzato è stato l’analisi della sopravvivenza (21) che ha avuto come oggetto la
ricaduta del Disturbo di Panico. Come predittori di rischio di ricaduta sono state prese in esame le seguenti variabili: età, sesso, classe sociale, stato civile, scolarità, attività lavorativa, durata di malattia, comorbilità psichiatrica (Asse I e Asse II), intensità e gravità iniziali di panico,
agorafobia e umore depresso, assunzione di benzodiazepine o antidepressivi al termine del trattamento, livelli di
agorafobia e umore depresso al termine del trattamento.
Per valutare le curve di sopravvivenza atte a stabilire
la probabilità di rimanere in remissione dopo la guarigione dall’episodio iniziale, è stato utilizzato il metodo
Kaplan-Meier.
Ogni fattore di rischio è stato dicotomizzato secondo
un cut-off corrispondente alla mediana.
Per confrontare la distribuzione della sopravvivenza
per ciascuno dei 16 fattori considerati è stato utilizzato il
log-rank test.
Per tutti i test utilizzati sono stati considerati significativi valori di p<0.05.
Sei dei 16 fattori rischio, di seguito elencati, hanno ottenuto significatività statistica (Tabella 3, Figure 2-7):
1) la presenza di un disturbo di personalità (log-rank
1
Proporzione cumulativa di pazienti
che rimangono in remissione
ANALISI STATISTICA
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0,4
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Figura 1. Proporzione cumulativa dell’intero campione dei soggetti
che rimangono in remissione al follow-up.
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Tabella 3. Percentuali cumulative (DS) dei pazienti che rimangono in remissione (n=132)
Dist. Personalità assente
Dist. Personalità presente
Assenza depressione iniziale
Presenza depressione iniziale
No agorafobia residua
Sì agorafobia residua
Non uso di BDZ
Uso di BDZ
Non uso di AD
Uso di AD
Eta più avanzata
Età più giovane
Dopo 2 anni
Dopo 5 anni
Dopo 10 anni
95.7% (1.9)
93.7% (6.0)
97.6% (1.3)
40.0% (21.9)
97.0% (1.7)
90.3% (5.3)
96.8% (1.8)
92.3% (4.3)
97.1% (1.7)
90.0% (5.5)
94.0% (2.9)
96.9% (2.1)
90.4% (2.9)
51.9% (13.3)
87.4% (3.2)
40.0% (21.9)
89.7% (3.3)
72.6% (8.3)
89.2% (3.4)
76.4% (7.4)
87.0% (3.5)
80.5% (8.0)
79.2% (5.4)
91.6% (3.6)
69.5% (6.3)
37.1% (13.0)
66.9% (5.8)
40.0% (21.9)
69.2% (6.5)
56.7% (10.7)
69.0% (6.8)
56.2% (10.6)
75.5% (5.4)
39.0% (11.8)
48.2% (10.8)
76.7% (6.6)
1
Proporzione cumulativa di pazienti
che rimangono in remissione
Proporzione cumulativa di pazienti
che rimangono in remissione
1
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0,7
0,6
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0,4
0,3
0,2
0,1
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
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3
4
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10
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12
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0
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3)
4)
5)
3
4
5
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7
8
9
10
11
12
13
14
Figura 3. Proporzione cumulativa dei pazienti che rimangono in remissione e livelli iniziali di depressione.
Presenza di depressione;
Assenza di depressione.
Figura 2. Proporzione cumulativa dei pazienti affetti o meno da distubo di personalità che rimangono in remissione.
Disturbo di personalità presente;
Disturbo di personalità assente.
2)
2
Anni dopo la psicoterapia comportamentale
Anni dopo la psicoterapia comportamentale
test, X12 = 13.00; p < 0.001) è predittiva di una prognosi peggiore (Figura 2);
il livello dell’umore depresso prima del trattamento è associato ad una più elevata probabilità di ricaduta nei primi 2 anni (log-rank test, X12 = 4.55; p
< 0.05) (Figura 3);
il livello di agorafobia residua. I pazienti che hanno
risolto completamente l’evitamento agorafobico
hanno avuto un miglior esito (log-rank test, X12 =
4.55; p < 0.05) (Figura 4);
l’assunzione di benzodiazepine al termine della psicoterapia è predittivo di un esito peggiore (logrank test, X12 = 4.8; p < 0.05) (Figura 5);
l’assunzione di farmaci antidepressivi prima di iniziare la psicoterapia comportamentale predice un
esito peggiore (log-rank test, X12 = 6,43; p < 0.05)
(Figura 6);
6) la giovane età è correlata ad un migliore esito (logrank test, X12 = 5.29; p < 0.05) (Figura 7).
DECORSO CLINICO DOPO LA COMPARSA
DI RICADUTA
I 31 pazienti che hanno presentato la ricaduta, sono stati nuovamente trattati con esposizione. In 28
pazienti i sintomi di panico sono cessati alla fine del
secondo ciclo di trattamento che prevedeva un minore numero di sedute psicoterapeutiche (una media
di quattro) rispetto al primo ciclo. In 6 pazienti si è
verificata una seconda ricaduta e in 2, una terza. In 3
soggetti la psicoterapia è risultata inefficace e pertanto sono state messe in atto altre strategie di trattamento.
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Figura 4. Proporzione cumulativa dei pazienti che rimangono in
remissione e livelli di agorafobia al termine del trattamento.
Agorafobia residua;
Assenza di agorafobia residua.
3
4
5
6
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8
9
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Figura 6. Proporzione cumulativa dei pazienti che rimangono in
remissione e assunzione di AD.
Assunzione di AD;
Non assunzione di AD.
1
Proporzione cumulativa di pazienti
che rimangono in remissione
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che rimangono in remissione
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0,8
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
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Anni dopo la psicoterapia comportamentale
Anni dopo la psicoterapia comportamentale
Figura 5. Proporzione cumulativa dei pazienti che rimangono in
remissione e assunzione di BZD.
Assunzione di BDZ;
Non assunzione di BDZ.
Figura 7. Proporzione cumulativa dei pazienti che rimangono in
remissione in base all’età.
Età più giovane;
Età più avanzata.
ALTRI PROBLEMI PSICHIATRICI
E INTERNISTICI
DISCUSSIONE
Otto pazienti durante il follow-up hanno sviluppato un Episodio Depressivo Maggiore secondo i criteri diagnostici del DSM-IV. È interessante notare che
solo 3 degli 8 pazienti hanno presentato Attacchi di
Panico durante l’episodio depressivo. Gli 8 soggetti
sono stati trattati con imipramina (150-200 mg/die)
per un periodo di sei mesi, rispondendo in modo soddisfacente.
Un paziente è deceduto per una neoplasia maligna
allo stomaco dopo 4 anni di follow-up.
I risultati dello studio di questo lungo follow-up confermano quelli di un precedente lavoro (7) e indicano
che la psicoterapia comportamentale con esposizione
in vivo nel Disturbo di Panico con Agorafobia ha effetti duraturi nel tempo. L’analisi della sopravvivenza
ha mostrato alte probabilità di rimanere in remissione
dai 2 ai 14 anni dopo la psicoterapia (3 pazienti su 4
continuano a stare bene dopo 7 anni) e tali probabilità
aumentano in maniera considerevole se si tratta di
soggetti di giovane età, in assenza sia di un Disturbo di
Personalità che di Agorafobia residua.
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Nei soggetti che presentavano una ricaduta, l’intensificazione dell’esposizione in vivo è stata effettuata
con un minore numero di sedute.
I risultati sono conformi ai precedenti studi sul trattamento cognitivo-comportamentale del Panico con
follow-up a 3 anni (4-6, 22-30) e in linea con studi di
follow-up a lungo termine (31).
Nello studio si è evidenziato che la concomitanza
con un Disturbo di Personalità e la residualità sintomatologica agorafobica dopo il trattamento, rappresentano un fattore prognostico negativo. Questi dati
sembrano non confermare i precedenti studi di followup a 1 anno di Clair et al. (32) sulla correlazione tra
Disturbo di Personalità e esito negativo al trattamento. Questa discordanza può essere ascritta alla lunghezza del follow-up: nel nostro studio l’esito peggiore
si rende evidente solo a partire dal 4° anno di followup e non dal 1° (22).
Pazienti con Disturbo di Panico e Agorafobia spesso
presentano sintomi residui dopo la guarigione (2). La
persistenza dell’evitamento agorafobico al termine del
trattamento comportamentale rappresenta un fattore
di rischio per una ricaduta. Questi risultati concordano
con quelli che dimostrano una correlazione, nell’ambito del Disturbo Depressivo, tra presenza di sintomi residui e peggiore prognosi (33) e con quelli di follow-up
dei disturbi fobici (31).
Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla incompleta sospensione delle BDZ durante la psicoterapia. Questo dato replica quello di altri 4 studi (25, 3436), mentre un altro porta a conclusioni discordanti
(37). Sia in questo studio che in quello di Otto et al.
(35), i livelli iniziali di Panico e/o di Agorafobia non
potrebbero spiegare l’effetto nocivo delle BDZ. Si è
visto che l’uso delle BDZ aumenta la sensibilità all’ansia, cioè la convinzione che l’ansia, oltre alla spiacevolezza percepita nell’immediato, possa avere conseguenze negative a lungo termine (19). La sensibilità all’ansia costituisce un rischio per una ricaduta (38, 39).
Inoltre, la sensibilità all’ansia indotta dall’uso delle
BDZ, può ostacolare una corretta esecuzione degli
esercizi di esposizione (19).
Sia elevati livelli di umore depresso che l’uso di farmaci antidepressivi (AD) all’inizio del trattamento sono correlati ad una prognosi peggiore. L’effetto potenzialmente negativo degli AD potrebbe semplicemente
riflettere le conseguenze a lungo termine della Depressione sul Disturbo di Panico. Il Disturbo di Panico è solitamente più grave e invalidante quando coesiste con
sintomi depressivi (40) e uno studio di follow-up a 7 anni mostra che la presenza di sintomi depressivi è correlata a una condizione di cronicità (41). In quei pazienti, che nello studio stavano già assumendo farmaci AD
al momento della valutazione iniziale, è risultato difficile stabilire se erano stati prescritti per una concomitante Depressione. Non si può escludere che si possa
trattare di un effetto collaterale dell’AD nel Disturbo
di Panico (42). Altre ricerche confermano la correlazione tra uso di AD e aumentato rischio di ricaduta
(30, 34, 35); si è visto, inoltre, che la Depressione si sviluppa anche durante il follow-up di pazienti che stanno
assumendo AD per il Disturbo di Panico (43).
Molti studi evidenziano la predisposizione, nei pazienti affetti da Disturbo di Panico, a sviluppare un
Episodio Depressivo Maggiore (1). Vollrath e Angst
(44) hanno trovato che in pazienti inizialmente affetti
da Disturbo di Panico senza Agorafobia, dopo 7 anni,
l’esito più probabile, è quello di sviluppare una Depressione. Alla luce di questi dati, è sorprendente come, nel presente studio, solo 8 pazienti (6%) abbiano
sviluppato un Episodio Depressivo Maggiore. Sappiamo da precedenti ricerche che la psicoterapia cognitivo-comportamentale dei sintomi ansiosi residui migliora l’esito a lungo termine della Depressione Unipolare (45-47). È possibile allora ipotizzare che l’esito
favorevole della psicoterapia comportamentale nel Disturbo di Panico con Agorafobia possa diminuire anche la vulnerabilità alla Depressione.
Questo studio presenta dei limiti metodologici. Prima di tutto, si tratta di uno studio di follow-up naturalistico, senza le variabili di controllo presenti in uno
studio randomizzato, controllato.
I pazienti hanno ricevuto differenti classi di farmaci
psicotropi prima dello studio. La psicoterapia comportamentale, invece, è stata applicata secondo un protocollo standardizzato e per questo sono stati esclusi soggetti con concomitante Disturbo Depressivo Maggiore, Fobia Sociale o Disturbo Ossessivo-Compulsivo, in
quanto avrebbero richiesto un diverso protocollo terapeutico. I risultati favorevoli possono dipendere in
parte dai sopracitati criteri di esclusione che hanno
permesso di selezionare un campione dove vengono a
mancare quei fattori rischio che già la letteratura ha indicato come responsabili degli esiti sfavorevoli e di
non risposta alla terapia farmacologia e/o psicoterapeutica. Comunque, in uno studio naturalistico di psicoterapia cognitivo-comportamentale nel Disturbo di
Panico (48), la comorbilità con la Depressione Maggiore sembra non influire sull’esito.
Un altro fattore può avere influenzato i risultati: l’introduzione di ingredienti terapeutici forti, non specifici, come ad es. la capacità di convincere e motivare i
pazienti a partecipare ai compiti di esposizione (49)
che può contribuire a quella sensazione di capacità di
controllare i sintomi così importante per un miglioramento clinico (Marks indica questo come un ingre-
Rivista di psichiatria, 2002, 37, 3
122
Follow-up a lungo termine del Disturbo di Panico con Agorafobia
diente terapeutico essenziale). Ricerche di psicobiologia dello stress (50) ci suggeriscono suggestive ipotesi
a supporto di queste osservazioni cliniche: in alcuni
studi sulle modificazioni GABA stress-indotte è stato
rilevato che un parametro decisivo è la controllabilità/incontrollabilità dell’agente stressante. Alcuni Autori hanno rilevato che l’esposizione a stressors incontrollabili produce modificazioni del complesso recettoriale GABA/BDZ tipiche della reazione d’ansia acuta.
Le modificazioni prodotte da stressors incontrollabili
sono nettamente maggiori rispetto a quelle da stressors
controllabili. Sembrerebbe che la possibilità di affrontare e gestire l’agente stressante si associ ad una maggiore attivazione del sistema GABA/BDZ, con inibizione della reazione d’ansia a livello comportamentale. Un aspetto di potenziale interesse è che questi dati
potrebbero anche suggerire che una terapia non farmacologica, come la psicoterapia, agisca di fondo come
una terapia farmacologica, su una comune matrice
neurochimica (50).
Infine, sia i risultati a breve termine che il tasso di
drop-out, sono in linea con la letteratura (5, 8, 51).
CONCLUSIONI
Questo studio può avere importanti implicazioni cliniche che possono essere così riassunte:
1. due pazienti su tre completano il trattamento e si
mantengono clinicamente stabili alla catamnesi;
2. la psicoterapia comportamentale con esposizione in
vivo alle situazioni fobiche, oltre ad essere efficace
nel trattamento del Disturbo di Panico a breve termine, mantiene effetti positivi duraturi nel tempo;
3. i risultati dello studio, in conformità con i dati della
letteratura, pongono la psicoterapia comportamentale come uno dei trattamenti d’elezione per il Disturbo di Panico con Agorafobia, inducendo una riflessione sul ruolo e il significato di un trattamento
farmacologico a lungo termine;
4. un paziente su quattro non completa il protocollo
terapeutico o non risponde alla terapia: occorre individuare strategie terapeutiche alternative (farmacologiche e psicoterapiche integrate o applicate in
modo sequenziale?);
5. dall’analisi dei fattori predittivi di rischio di ricaduta, è possibile identificare quei soggetti che, presentando un maggiore rischio di ricaduta, necessitano
di un intervento più attento, personalizzato, mirato
a quei fattori, che, se persistenti, predispongono ad
una peggiore prognosi;
6. l’obiettivo della terapia non deve essere mirato solo alla diminuzione della sintomatologia acuta del
panico, ma è di cruciale importanza “smantellare”
ogni forma, anche mascherata e subclinica, di evitamento fobico nella sua fase residuale.
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