Una vigilia di Natale di 40 anni fa

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Una vigilia di Natale di 40 anni fa
Una vigilia di Natale di 40 anni fa
di Tiziana Zambelli
Dopo le Olimpiadi invernali del 1956,
anche da noi arrivò la televisione: un
solo canale in bianco e nero. Solo i più
abbienti la potevano acquistare, per gli
altri il prezzo era decisamente
proibitivo.
Nella vetrina del nostro negozio, che
allora era il solo di questo genere nel
Comune, ne avevamo una esposta, ed
era cosi grande che la occupava quasi
per intero. Proveniva dalla Graetz
germanica ed aveva un bellissimo
mobile di legno scuro lucido con i bordi
dorati.
Anche se i miei genitori la vendevano,
in casa non l'avevamo perché anche
per noi - genitori con quattro bocche da
sfamare, casa costruita da poco,
negozio di generi elettrici non di prima
necessità - il prezzo era inaccessibile.
Qualche volta, di sabato, andavamo
tutti al bar "da Luminiera" dove mio
padre aveva installato un televisore e
guardavamo qualche film per tutti,
oppure "II musichiere", seduti sulle
ginocchia degli adulti o sotto le sedie
per la calca di gente che vi affluiva a
godersi uno spettacolo che allora
sembrava un sogno.
Avevo meno di dieci anni e Natale si
avvicinava. A Gesù Bambino avevo
chiesto in dono una scatola da sei di
pastelli Giotto, ma capivo dai miei
genitori che le difficoltà di Gesù di
arrivare fino a noi erano cosi tante, che
forse anche questa volta i pastelli
colorati sarebbero rimasti solo un
desiderio.
Ma la notizia che il papà ci diede della
vendita di un televisore, mi fece mettere
da parte ogni pensiero, e con profonda
gioia accettai di accompagnarlo nella
consegna che doveva essere fatta a
Sopalù nel pomeriggio.
Non avevamo la macchina, per cui il
televisore, ben bene impacchettato nel
suo scatolone enorme, venne legato con
dei grossi spaghi sulla nostra slitta più
grande. Verso le 16 partimmo alla volta di
Sopalù.
C'era moltissima neve. Dopo le case di
Candide la strada si stringeva e si
chiudeva in mezzo a due muri bianchi
molto più alti di me.
Faceva molto freddo, sentivo l'aria
sferzarmi il viso e pizzicare sulle gambe,
coperte solo da calze di lana di pecora
grigia che la mamma ci faceva a mano.
Allora le bambine non potevano portare i
calzoni, e la gonna a grosse pieghe che
indossavo non copriva più giù dalle
ginocchia. Sentivo il cric-croc dei nostri
passi sulla neve mentre arrivavamo al "col
dia vecia".
La slitta scivolava veloce con il grosso
peso che la spingeva e noi cercavamo di
trattenerla a tutta forza: Guai se fosse
scivolata o caduta, sarebbe stato un
grosso debito da pagare se si fosse rotta,
ed il Natale allora che triste!
Papà aveva attaccato i ferri sotto i suoi
scarponi, ma il peso premeva sulla sua
schiena mentre scendevamo e la sua
fatica per rallentare la corsa era enorme.
lo tiravo da dietro uno spago e "frontavo" i
piedi nella neve, sentivo l'aria alzarmi le
gonne e cristalli di neve schizzarmi
addosso fino sulla faccia, ma potevo dare
ben poco aiuto pur con tutta la mia piccola
forza e volontà. Più in basso la stradina
era ancora più scoscesa ed il pericolo di
di perdere il prezioso carico ancora più
grande. Sentivo che il papà aveva paura
di non farcela.
Attorno c'era solo tanto silenzio, non si
vedeva alcuno che salisse da Sopalù.
Che fare? Che Natale sarebbe stato se
non ce l'avessimo fatta? Pregai, pregai
con tutta la forza di una bambina che ha
paura.
E improvvisamente, come venuto da
chissà dove, ci apparve un uomo "Bepo
Palotta" che tornava dalla stalla dopo la
mungitura.
Ci bloccò e ci disse che non avremmo
assolutamente potuto scendere con un
tale carico da quella strada che in fondo
si profilava ancora più ripida e
pericolosa, per cui il peso ci avrebbe
trascinati a valle, con chissà quali
conseguenze. Perciò si offrì di
accompagnarci per un pezzo. Posò la
pegna del latte e scese con noi.
Era un uomo forte, che dava sicurezza.
Era anche un uomo che qualcuno
diceva in modo dispregiativo "comunista
e non frequentante la Chiesa", ma per
me in quel momento era un vero angelo
del Paradiso, ed ero felice della sua
presenza. E così lo ricordo ancora
adesso, dopo 40 anni.
Non so come, ma arrivammo sopra le
prime case di Sopalù in un batter
d'occhio,
con
il
nostro
carico
perfettamente saldo sulla slitta. Solo qui
Bepo ci lasciò e risalì a riprendere la sua
pegna.
Nella casa dei "Danetti" ci accolse un
bel caldo ristoratore ed una tazza di
latte. Papà installò il televisore. Ci volle
tanto tempo perché si potesse vedere in
quanto la borgata era posta fuori dalle
onde del ripetitore ma alla fine funzionò.
Quando riprendemmo la strada di casa
era buio ormai. Risalimmo con il peso
leggero della slitta vuota, forse papà
aveva anche ricevuto del danaro, era
contento.
Salendo sentivamo le campane festose
della vigilia di Natale. Era passata la
paura, non sentivo più il freddo, e
ringraziavo di tutto cuore il Signore e
quell'uomo che Lui aveva messo sulla
nostra strada ad aiutarci. Non pensavo
più ai pastelli chiesti a Gesù Bambino.
Ero felice. La mia mano in quella del
papà era calda.
Grazie, Bepo.