I due malfattori Medito e vivo la Parola
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I due malfattori Medito e vivo la Parola
Passi nella fede con il vangelo di Luca Catechesi Adulti 31 marzo 2015 I due malfattori Medito e vivo la Parola A differenza dei testi presi in considerazione nelle precedenti lectio, che non avevano paralleli in Marco e Matteo, Luca, nel raccontare gli eventi della passione di Gesù, segue il canovaccio costituito dal Vangelo di Marco. Tuttavia si potrebbe dire che lo fa a modo suo, come in questo caso. Infatti sia Marco (“Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra ... E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano”, 15, 27. 32) che Matteo (“Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra ... Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo”, 27, 38. 44) menzionano il fatto che insieme a Gesù furono crocifissi due ladroni, ma essi non si differenziano. Sono infatti concordi nell’associarsi all’insulto rivolto a Gesù dai passanti e dai capi dei Giudei, mentre Luca riscrive per così dire l’episodio dandogli un significato teologico diverso. Com’è sua abitudine, infatti, e lo abbiamo visto nel nostro cammino, egli presenta una coppia di personaggi che reagisce in modo differenziato di fronte a Gesù, invitando ancora una volta il lettore a scegliere il tipo di risposta corretta. Inoltre alleggerisce la responsabilità del popolo che assiste alla crocifissione come se si trattasse di uno spettacolo, ma non partecipa alla derisione che viene rivolta a Gesù dai capi e dai soldati. L’atteggiamento che i due malfattori assumono nei confronti di Gesù, che a prima vista appare opposto, potrebbe anche essere interpretato come un cammino di incontro con Gesù che conosce due tappe successive. In un primo momento viene espressa la ribellione, mentre in seconda battuta fa capolino un’invocazione che esprime la conversione nei confronti di Gesù, riconosciuto come re («Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»). Il testo si presta dunque a due letture non alternative, bensì in qualche modo complementari. Il lettore è invitato a prendere in mano il testo in due riprese, vedendo come cambia la sua prospettiva passando dall’una all’altra, sempre in un contesto di preghiera, tipico di questi giorni. Gesù è in croce e gli astanti lo deridono rivolgendogli parole che richiamano altri brani del Vangelo. Nelle parole dei capi si sente l’eco del racconto delle tentazioni (4, 9-11), mentre i soldati ripetono l’accusa che i capi dei Giudei formulano contro Gesù quando lo conducono da Ponzio Pilato (23, 1-2). A questi insulti Gesù non risponde, come tace pure davanti alle parole che gli rivolge uno dei due malfattori. L’altro, invece, che la tradizione definirà “buon ladrone”, anche se nel testo non viene mai chiamato in questo modo, interviene. In primo luogo si rivolge al compagno rimproverandolo e riconoscendo la sua colpa. Nel fare questo, riconosce pure l’innocenza di Gesù, che era già stata proclamata in precedenza da Pilato e da Erode (Lc 23, 13-15). La punizione cui Gesù è stato sottoposto appare dunque immotivata, ingiustificata, e questo fa risaltare ulteriormente le parole di perdono che il Signore rivolge ai suoi aguzzini: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (si potrebbe tuttavia dare una connotazione volitiva alla frase, che si leggerebbe allora: «Non vogliono sapere quello che fanno»). Il malfattore buono si rivolge poi a Gesù dicendogli: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Sono parole che conosciamo così bene che rischiamo di non apprezzarne adeguatamente la portata. Infatti solo qui il nome Gesù viene usato in senso assoluto. Altrove nel Vangelo i discepoli o gli amici di Gesù si rivolgono a Lui chiamandolo “maestro” o “Signore”. Il demone del cap. 4 lo aveva chiamato “Gesù Nazareno” (4, 34), l’uomo indemoniato di 8, 28 invece “Gesù, figlio del Dio altissimo”. I lebbrosi del cap.17 lo avevano definito “Gesù, maestro” (17, 13) e il cieco di Gerico infine “Gesù, figlio di Davide” (18, 38). Nella confidenza con cui il malfattore buono si rivolge a Gesù si potrebbe avvertire anche dell’ironia: infatti la prima ed unica persona che mostra una tale confidenza nei confronti del Signore è un criminale, che inoltre è anche l’ultima persona sulla terra che parla con Lui prima che muoia. Questa invocazione, che esprime un affidamento quasi irragionevole, non viene messa in bocca ai discepoli o agli amici di Gesù, ma a questo personaggio anonimo, discutibile dal punto di vista morale, secondario all’interno del Vangelo. Egli infatti pronuncia solo due battute che però sono indimenticabili e che gli permettono di udire una promessa che nessun altro ha ricevuto da parte di Gesù: «Oggi con me sarai nel paradiso». A quest’uomo, che mostra di avere una fede in una vita al di là della morte, Gesù dichiara che il compimento del suo desiderio non è rimandato al futuro, ma che esso si realizza oggi, un avverbio molto importante nel terzo Vangelo. Esso compare infatti in momenti molto significativi, come ad esempio nella nascita di Gesù (2, 11), nel discorso programmatico che il Signore pronuncia nella sinagoga di Nazaret (4, 21), nelle parole che Egli rivolge a Zaccheo (19, 9). Che cosa ha permesso al malfattore buono di assumere questo atteggiamento nei confronti di Gesù? Si potrebbe dire che è lo stesso motivo che ha indotto l’altro ad insultarlo. Gesù appare infatti come un Messia apparentemente sconfitto, che ha scelto di salvare gli altri, ma non se stesso. Quello che i capi e il primo ladrone ritengono essere una smentita delle pretese messianiche di Gesù è invece compreso in modo corretto dal buon ladrone, che si dimostra in tal modo capace di interpretare la dedizione incondizionata che ha caratterizzato l’esistenza di Gesù dall’inizio alla fine. Il perdono accordato a chi non se lo merita, avvalorato dal fatto che Egli non ha fatto nulla di male, consente a questo personaggio di accedere ad un livello di verità che gli stessi discepoli faranno fatica ad eguagliare. A questo riconoscimento corrisponde, coerentemente, la parola di Gesù: «Con me, cioè in paradiso». Tu sarai con me, perché io, l’Emmanuele, sono con te. Ormai ovunque, come vedi. Tu non sei stato con me, sei fuggito lontano. E io sono venuto lontano, fin qui sulla croce. Voglio stare con te, perché tu possa stare con me. Ora concludo con te un’alleanza. È nuova, come la nostra amicizia che comincia oggi. È eterna, come la mia fedeltà che è più forte della morte. Il paradiso non è un luogo geografico, ma un modo di essere: con Gesù, oggi. E questo è il paradiso, perché io sono la tua vita. Adamo uscì dal giardino a causa della menzogna. Ora che mi vedi vicino e non puoi e non vuoi più fuggire, conosci la verità di me e di te. Siamo di nuovo l’uno con l’altro. Sono venuto con te sulla croce, perché tu tornassi con me nel Regno. Ora che la tua paura di me è cessata, vedi che il mio amore per te è crocifisso e inchiodato. Non si allontanerà mai da te; e tu non ti allontanerai più da me. Vivremo per sempre insieme: tu con me perché io con te, tu di me e io in te. La mia delizia è stare con te (Pro 8, 31), perché tu mi hai rapito il cuore, e sei diventato per me il paradiso (Ct 4,9-13). Per questo, vicino al tuo che mi dà la morte, ho piantato il mio albero che ti dà la vita. Qui è il centro del nuovo giardino (cf. Ap 22, 1s). Ora capisci perché sta scritto che l’uomo lascerà tutto per unirsi alla sua donna, e i due saranno una carne sola (Gn 2, 24)? Mistero grande dirà Paolo in Ef 5. Io, lo Sposo tuo, ho lasciato tutto per unirmi a te. Nulla potrà più separarci, perché il mio amore è per sempre con te per farsi il tuo stesso amore per me. Io sono solidale con il tuo dolore affinché tu sia solidale con la mia gioia (Mt 25, 21.23). A questo punto il Padre chiama tutti e dice: “congioite con me”. Facciamo festa. Ora bisogna far festa e rallegrarsi perché costui era morto e rivive, era perduto e fu ritrovato (cf. 15, 6. 9. 24. 32). Veramente Dio ha compatito noi, perché noi congioiamo lui! La sua sim-patia (=com-passione) per noi è la fonte perenne della nostra gioia. Questa è la salvezza che ci offre il Cristo di Dio, l’eletto, il re d’Israele, che perde se stesso per salvare noi.