55100 Lucca, data dell`inoltro postale Alla Attenzione del Generale

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55100 Lucca, data dell`inoltro postale Alla Attenzione del Generale
55100 Lucca, data dell’inoltro postale
Alla Attenzione del
Generale Zeno TASCIO
SUA SEDE PRIVATA
V. Augusto Ciuffelli, 14
06059
TODI - PERUGIA
Egregio Sig. Generale,
Si e’ rinnovata, il 15 Giugno scorso, la Sua sconfitta nella
temeraria azione giudiziaria che ha voluto coltivare nei miei confronti. Non sono state
evidentemente sufficienti le “aderenze” e le “compiacenti disponibilita’” di cui Lei gode, a
mutare la natura imperfetta della Sua azione giudiziaria, nel tentativo estremo di attribuirmi
comunque un marchio di diffamatore.
A Lei non importava che non vi fosse per me il concorso di una qualche pena, in ragione
della prescrizione accuratamente coltivata del reato contestatomi; ma che l’operazione Le
consentisse comunque di potersi rivalere in sede civile della lamentata diffamazione, e per
cifre che mi avrebbero dovuto distruggere indipendentemente dal fatto che io fossi o meno
in grado di farvi fronte. Per il resto della vita avrei avuto il suo fiato sul collo qualsiasi cosa
“pignorabile” io avessi potuto acquisire.
Ma la soluzione da Lei auspicata era anche tale da offrire una scappatoia qualsiasi e
tuttavia definitiva perche’ le mie dichiarazioni non venissero piu’ ritenute idonee (in quanto
provenienti da un conclamato diffamatore) alla persecuzione dei responsabili dei crimini
che avevo fin ad oggi denunciato. E che avrei continuato a denunciare; ma con la
consapevolezza del limite di credibilita’ legata al marchio infamante di diffamatore che avrei
dovuto portarmi addosso.
Fortunatamente per me, ho trovato un Procuratore Generale intellettualmente onesto che
ha dichiarato fin dall’apertura del dibattimento il suo “personale disagio” a sostenere una
causa nella quale era stato di fatto inibita all’imputato (io) di poter sostenere in qualsiasi
maniera le proprie controdeduzioni. Questo mi rende certo che egli avesse letto la mia
memoria e che fosse rimasto sconcertato dalla assenza di deposito (da parte Sua, sig.
Generale) di quella mia lettera del 1998 in cui La invitavo a non utilizzare querele fondate
su dati artificiosi, ma ad utilizzare ampiamente le accuse che andavo rinnovandoLe in
quello scritto. Ma come Le avevo profetizzato nel mio scritto sarebbe stata la definizione
del vocabolario di italiano (“pavidita’”) cio’ che Le avrebbe impedito di raccogliere una
limpida sfida di confronto-scontro nella leale rappresentazione delle reciproche posizioni.
Quello che una volta era un duello tra gentiluomini.
Ma dovrei forse ricordarLe la risposta che, alle Sue proposte di “accomodamento e di
appoggi” in cambio di una defezione dal Movimento Democratico, Le riservo’ un esponente
dei Sottufficiali che Lei certamente si aspettava piu’ incline ad assecondarLa per la notoria
cultura di riferimento politico di quel Sottufficiale che guardava alla destra: e parlo di Aldo
Stilli. Ricorda come la fulmino’ dopo la Sua dichiarazione “Sa Stilli io se voglio so anche
essere un gentiluomo”? Egli Le rispose: “Mi spiace per Lei Comandante, ma gentiluomini o
lo si e’ sempre, per nascita e per modi di comportamento, o non lo si puo’ diventare a
comando o quando faccia solo comodo”. C’erano dunque anche altri fastidiosi oppositori
alla Sua policy di comando che non i soli odiati Ciancarella e Marcucci.
E’ stato ancora il Procuratore Generale a ricordare come, di fronte alla sentenza del
Tribunale, sarebbe stata necessaria piuttosto la impugnazione in Cassazione che avrebbe
consentito la rinnovazione totale del dibattimento, con la conseguente garanzia all’imputato
di poter argomentare le proprie controdeduzioni. Ma a Lei ed a quanti hanno tutelato i Suoi
interessi, questo aspetto non interessava proprio, anzi avete certamente “brigato” perche’
quell’appello, sostenuto dall’Ufficio del P.M. contro le sue stesse richieste in sede di primo
grado del processo, fosse astutamente e celatamente coltivato fino all’intervento di una
prescrizione comunque punitiva per me.
E che l’unico vero obiettivo della causa da Lei propugnata fossi io, come ha ben detto
l’avvocatessa del mio coimputato Sgherri, era testimoniata dal fatto che nessuno si fosse
dato premura di registrare il decesso dello stesso Sgherri, al fine di stralciarne la posizione
processuale, ne’ avesse dato atto della conseguente materiale impossibilita’ di notificargli
la notizia del dibattimento fissato per il 15 Giugno.
Un progetto miseramente fallito, dunque, e che potrebbe avere ora delle spiacevoli
conseguenze per il Suo personale interesse.
In questi giorni, in attesa delle motivazioni della sentenza dell’appello, i miei legali stanno
infatti valutando la possibilita’ di essere noi, a nostra volta, a promuovere la richiesta di un
riconoscimento di danno materiale, morale ed esistenziale. Non so se cio’ sara’ possibile,
secondo le previsioni del Diritto Positivo e per la natura stessa del proscioglimento
intervenuto, ma oltre che augurarmelo cio’ e’ comunque per me fonte di grande
soddisfazione, sapendoLa in apprensione. Come lo e’ il sapere che quegli stessi miei legali
hanno gia’ avviato la impugnazione di una radiazione mai notificata, e per di piu’ fondata
su un atto presuntivamente firmato dal Presidente Pertini, ma che si palesa come un
documento recante una evidente e goffa falsificazione della firma del Presidente.
Mentre restiamo comunque in attesa delle soluzioni possibili a questi due orientamenti
giudiziari, e della possibilita’ che quel Magistrato che ha ancora fra le mani il fascicolo per
strage, nella vicenda Ustica (di cui oggi – mentre Le scrivo – ricorre il 27° anniversario)
volesse davvero tornare ad indagare sulle responsabilita’ politico-militari per quella strage
(indagine sulla quale non avrebbe alcuna influenza il Suo proscioglimento ottenuto in virtu’
di imputazioni un po’ “fantasiose”, disgiunte come apparivano da una puntuale descrizione
del progetto stragista e dettate da una crisi di coraggio del Giudice Priore) e volesse
dunque eventualmente tornare ad ascoltarmi, con maggiore convinzione e determinazione
di quelle che animarono il giudice Priore, in attesa di tutto questo con la presente intendo
anche farLe due “doni”: il primo e’ il libro di Hannah Arendt “La banalita’ del male” ed il
secondo e’ un piccolo “specchietto”.
Il libro, se mai ne avesse avuto conoscenza, e’ la lunga riflessione che la giornalista ebrea
sviluppo’ – durante il processo al criminale nazista Adolf Eichmann, in Israele negli anni ’60
- sui percorsi di ignobilta’ a cui ciascun uomo ordinario puo’ essere indotto dalla passivita’
di fronte alla perversione dei propri superiori, e dalla sua attesa di lucrare interessati
privilegi e miglioramenti di posizione funzionale da questo servilismo passivo nelle reazioni
di contrasto ed attivissimo peraltro nella realizzazione dei desiderata criminali e criminogeni
di quei perversi “superiori politico-militari”.
Sentieri di cui chiunque, nessuno escluso, puo’ subire quella torbida affabulazione, che io
ho voluto combattere - a qualsiasi prezzo risultasse necessario pagare - per conservare la
mia struttura di umanita’ e di valori ideali, e che Lei io credo abbia invece assecondato con
quella caratteristica che ricordava Sandro Marcucci nella sua ultima intervista:
“Conoscevamo benissimo il Generale Tascio, era disponibile a qualsiasi cosa pur di
fare carriera”.
C’e’ sempre per tutti, tuttavia, una possibilita’ di riscatto, in questa vita e prima che siamo
chiamati a rendicontare le nostre azioni all’unico Superiore di ciascuno, Dio Padre. A me fu
molto utile la lettura combinata del libro della Arendt e della Bibbia, mentre continuavo a
spiare nello specchio gli eventuali sintomi di una mia mutazione indesiderata verso
l’ignobilta’. E’ dunque nella speranza che anche Lei possa essere disponibile ad un simile
percorso terapeutico che ho deciso di inviarLe questi due soli doni dei tre elementi
necessari alla “cura”, convinto che, se volesse, potra’ trovare facilmente disponibilita’ di una
copia della Bibbia.
Qui di seguito le riporto le “istruzioni per l’uso” di entrambi i doni.
Ricordera’, signor Generale, le Sue espressioni - che gia’ Le citavo nella mia precedente
del 1998 - con cui Lei, con irosi toni montanti, mi accusava per la mia diversita’ da Lei,
rispetto al quale avrei dovuto invece nutrire (secondo il Suo pensiero) le stesse aspettative
di carriera e di emulazione di successo. Ricordera’ come tali differenze la facessero
imbestialire al punto da trarre la conclusione che esse fossero dettate dal mio “essere
comunista” e ad affermare che come tale (cioe’ comunista) io fossi destinato ad essere
“distrutto”, da Lei e quelli come Lei – cosi’ come sarebbe accaduto (nei Suoi auspici e nelle
Sue minacce) a tutti coloro (ivi compreso i rappresentanti del Parlamento) che facessero
riferimento a quel complesso di valori e di filosofia di vita, che Voi chiamate banalmente
comunismo, ma volendo forzosamente ricondurlo alla sola e fallimentare esperienza del
“socialismo reale sovietico”, mentre e’ una ben diversa e piu’ ampia ricchezza di umanita’
ed umanesimo integrale.
Dimenticava, forse, in quelle circostanze minatorie che, oltre alla radice filosofico-politica e
sociale, ci divideva anche una insanabile diversita’ nel sentire come andavano incarnati i
riferimenti di fede evangelica che Lei pensava di condividere con me. Ma anche per il
Vangelo e la fede una cosa e’ l’astuto rifugiarsi nei tradimenti storici coltivati da una Chiesa
imparentata piu’ con il potere temporale garantito dai principi che con i propri riferimenti
teologici ed ideali, altra cosa e tutt’affatto diversa e’ il riferire al grande annuncio di
umanita’ed umanesimo integrale che veniva annunciato, proclamato e pagato dal Cristo
sulla sua pelle.
Poiche’ sta scritto “A sua immagine li creo’, ad immagine di Dio li creo’”, l’unica certezza
che possiamo coltivare sul “dopo” della nostra vita terrena, e’ quella della dinamica del
giudizio finale. “Ecco la tua immagine” proclamera’ il Signore della storia, ponendo il suo
volto accanto allo specchio, nel quale vedremo riflessa la distorta e mostruosa realta’ in cui
avremo trasformata la nostra essenza di divinaumanita’, rispetto a quella originale
vocazione dell’esser stati creati ad immagine di Dio, in quella di predatori cinici ed avidi
della dignita’ degli altri esseri umani. E sara’ questa l’unica certezza che possiamo avere di
quel terribile ed affascinante momento: l’essere rivelati a noi stessi per come eravamo in
origine ed eravamo chiamati ad essere costruendo la nostra storia, e per come in realta’ ci
saremo trasformati adeguandoci alle ambizioni del potere e dei potenti.
Allora le istruzioni sono queste, ne’ piu’ ne’ meno di quelle che potevano leggersi su un
Dash One, di operabilita’ di un qualsiasi velivolo:
Mentre La invito a leggere quotidianamente sia la Parola (che Le presentaera’ il vero volto
di Dio e dunque il volto originario di ciascuno di noi) che il libro della Arendt (che Le
consentira’ di ritrovare le ignobilta’ cui una similare aspirazione di potere e di
irresponsabilita’ possano averci, ed averLa, condotti), Le suggerisco di mantenere davanti
a Se’ lo specchietto per studiare nella Sua immagine riflessa i sintomi della pericolosa
patologia di cui Lei potrebbe essere affetto. La patologia “nazifascista” violenta ed
irresponsabile che Eichmann interpreto’ per tutta la sua vita e non seppe riscattare neppure
durante il processo finale della sua squallida esistenza.
Potrebbe riconoscerVi, via via, i segni della versione cilena di quella patologia, o di quella
cambogiana, o di quella sovietica, come di quella statunitense o di quella ecclesiale.
Potrebbe imparare a riconoscere come le forme di manifestazione della devianza possano
anche richiamarsi a radici apparentemente lontane ed incompatibili tra loro, ma come in
realta’ esse tutte corrispondano all’unico virus della ricerca del potere assoluto,
insindacabile e con pretesa di immunita’ ed impunita’.
Solo allora i volti delle vittime di Ustica potranno riemergere - anche nella Sua coscienza,
assieme alla rivendicazione della propria dignita’ umiliata e della propria vita scippata dall’insignificanza in cui gli stragisti le avevano sospinte, perche’ non importunassero le loro
coscienze. La stessa insignificanza che Eichmann aveva riservato e coltivato per le sue
vittime ebree, perche’ non ne importunassero la sua tensione ed il suo impegno a
realizzare al meglio l’organizzazione necessaria al raggiungimento dell’obiettivo fissato dai
suoi capi a Swansee: lo sterminio di un intero popolo di “diversi”.
Ci sono infatti i grandi criminali, ideatori organizzatori e dispositivi dei peggiori ed efferati
crimini che la storia abbia dovuto registrare, ma anche i loro “volenterosi carnefici” –
uomini piccoli, che non camminano ma strisciano, usando la colonna vertebrale per questo
viscido esercizio piuttosto che per mantenere alta e ritta la schiena come si confa’ ad un
Uomo -, i quali con la loro opera di collaborazione e di non contrasto ne diventano i
migliori epigoni ed i piu’ ferventi esecutori. Responsabili in pienezza del crimine
consumato senza nessuna scusante per una “obbedienza dovuta” che e’ stato sempre
l’alibi degli omuncoli criminali e criminogeni, e da sempre e’ accampata per giustificare la
propria personale nefandezza.
Provi dunque, signor Generale, a svolgere questo semplice esercizio di lettura combinata
ed osservazione del Suo proprio volto, e se ci riesce cerchi di dare risposte diverse da
quelle offerte fino ad oggi alla consapevolezza di aver comunque collaborato ad agevolare
un crimine scellerato come la strage di Ustica ed il suo occultamento.
Chissa’ che un giorno qualche Magistrato non possa chiederLe come mai, a fronte di una
richiesta di sorvolo appena tangente al nostro spazio aereo del velivolo di Gheddafi
(Bengasi – Brindisi – Zagabria – Varsavia), fosse proprio il Suo Ufficio, il Sismi - unico
responsabile del rilascio delle clearence internazionali - ad autorizzare piuttosto una rotta
di attraversamento tutta interna al nostro sistema difensivo (Bengasi – Palermo – Ponza –
Ancona – Zagabria – Varsavia). Chissa’ che quel curioso di un Magistrato non voglia
chiederLe come mai il Suo Ufficio potesse autorizzare quel volo proprio in un giorno in cui
era impossibile che Gheddafi potesse chiedere ed ottenere di recarsi a Varsavia, per
motivi di diplomazia internazionale che ne inibivano qualsiasi richiesta di recarsi nella
capitale Polacca. Ed era il Suo Ufficio, delegato al rilascio della Clearence internazionale,
quello che non avrebbe dunque potuto e dovuto consentire un simile volo per
garantire quelle condizioni diplomatiche internazionali (“diplomatic clearence” e’ il
nome della autorizzazione ad un volo internazionale), tranne nella ipotesi che proprio
per ragioni di diplomazia internazionale fosse stata costruita una astuta trappola per
invogliare il satrapo libico a richiedere di volare fino a Varsavia.
Chissa’ che quel Magistrato indisponente ed eccessivamente curioso non voglia chiederLe
quando fu dichiarato obsoleto il codice cripto Nato che poi inaspettatamente qualcuno
pote’ ritrovare in un anonimo cassetto alla fine degli anni ’90. Stia certo che di fronte ad un
Magistrato consapevole e determinato Lei non potrebbe uscirsene con il “sia benedetta
per una volta l’italica sciatteria” invocata davanti ad un Parlamento, in squallido e servile
ascolto tacito, dal suo ex vice comandante alla 46^ AB e successivamente divenuto Suo
Capo di Stato Maggiore prima e della Difesa poi, il Generale Mario Arpino.
Quella sciatteria non e’ infatti consentita dalle regole militari della conservazione di
documentazione riservata e di distruzione assoluta della documentazione obsoleta e
sostituita. E la vigilanza sul rispetto di tali condizioni di vincolo assoluto era ed e’
competenza degli Uffici SIOS di cui Lei era responsabile al tempo.
E cosi’ via dicendo, in una serie di possibili domande impertinenti che qualche Giudice
volesse fare a Lei ed ai Suoi amici di cordata, al solo scopo di individuare i meccanismi ed
i responsabili della strage e del suo occultamento pianificato con assoluta scrupolosita’.
Anche con l’omicidio di personaggi pericolosi per la loro intervenuta inaffidabilita’ –
primo fra tutti il Generale Boemio, per finire al Mllo Parisi – o per la loro limpida ed
autonoma ricerca di Verita’ per la dovuta Giustizia - primo fra tutti e su tutti il
Tenente Colonnello Alessandro Marcucci, che non ha esitato a mettere in gioco la
sua dimensione familiare e professionale fino a mettere in gioco la vita che gli e’
stata criminalmente scippata -.
Ora La lascio, signor Generale, sperando di non averLa infastidita esageratamente con
questo intervento. Ma non posso congedarmi da Lei senza averLe ricordato un’altra delle
massime che qualcuno dei miei educatori ha scolpito nella mia pelle quando ero ancora un
giovane carico di speranze ed attese di nobilta’ (che comunque non ho rinnegato
nonostante il peso di cio’ che mi avete costretto a pagare e portare nella mia vita
diseredata). Essa suona cosi’: “Abbiamo una o due volte nella vita l’occasione di
essere eroi. Ma tutti i giorni abbiamo l’opportunita’ di non essere vigliacchi”.
Anche l’accettare di scrutarsi in uno specchio puo’ essere una forma di liberazione da
questa condanna alla vigliaccheria che ci fa tutti un po’ meno uomini ed un po’ piu’ servi
del potere come lo fu Adolf Eichmann.
Saluti di costante disistima.
Mario CIANCARELLA