Fra XX e XXi secolo: il mondo della globalizzazione

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Fra XX e XXi secolo: il mondo della globalizzazione
Materiali per l’Esame di Stato • V anno
Sezione 6
Fra XX e XXi secolo:
il mondo della globalizzazione
Tema sTorico Dopo il miracolo economico e lo sviluppo degli anni Sessanta del XX secolo, l’Italia attraversa un periodo
difficile, segnato dalla crisi economica e dall’emergenza terrorismo fino ad arrivare alla corruzione politica e allo scandalo di “Mani
pulite”. Ripercorri gli ultimi 40 anni di storia italiana, alla luce della situazione odierna, individuando i maggiori fattori di crisi e le
risorse che l’Italia ha dimostrato e dimostra di possedere per superare i problemi.
saggio breve - ambito storico-politico
Argomento: uno scontro trA civiLtà?
Sviluppa l’argomento scelto in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utiliz-zando i documenti che lo corredano.
• Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti proposti. Co-struisci il percorso del testo facendo
riferimento anche alle tue conoscenze, individua un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizza una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale ecc.). Se lo ritieni
opportuno, infine, suddividi il saggio in paragrafi, cui potrai dare eventualmente un titolo specifico.
• Se scegli la forma dell’“articolo di giornale”, identifica nei documenti forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e
costruisci su di essi il tuo “pezzo”. Individua un ti-tolo appropriato per l’articolo e indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi
la pubbli-cazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico ecc.). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, con-vegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di scrittura, non superare
le quattro o cinque colonne di foglio protocollo.
DocumenTo 1
La democrazia liberale come «fine della Storia»
Le lontane origini del presente volume vanno ricercate in un mio articolo intitolato «Siamo forse alla fine della
Storia?», scritto per la rivista «The National Interest» nell’estate del 1989. In esso sostenevo come in questi
ultimi anni fosse emerso in un gran numero di paesi un notevole consenso verso la legittimità della democrazia
liberale come sistema di governo, vincente nei confronti di ideologie rivali quali la monarchia ereditaria, il
fascismo e ultimamente anche il comunismo. Non solo, ma aggiungevo che la democrazia liberale avrebbe
potuto costituire addirittura «il punto di arrivo dell’evoluzione ideologica dell’umanità» e «la definitiva forma
di governo tra gli uomini» presentandosi così come «la fine della Storia». Mentre infatti le precedenti forme di
governo erano state caratterizzate da gravi difetti ed irrazionalità che avevano finito per provocarne il crollo,
la democrazia liberale pareva immune da contraddizioni interne tanto profonde. Con questo non intendevo
dire però che in democrazie stabili come sono attualmente quelle degli Stati Uniti, della Francia o della Svizzera non vi fossero ingiustizie o gravi problemi sociali, ma solo che questi problemi riguardavano l’incompleta
attuazione dei due principi della libertà e dell’uguaglianza sui quali si fonda la democrazia moderna, piuttosto
che non difetti degli stessi principi.
(F. Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992)
DocumenTo 2
Disintegrazione e conflittualità nel mondo contemporaneo
Nel mondo post guerra fredda le bandiere sono importanti al pari di altri simboli di identità culturale: croci, mezzelune
e persino copricapi; perché la cultura è importante e l’identità culturale è per la gran parte degli uomini il valore
primario. Il genere umano sta scoprendo nuove, ma spesso anche vecchie identità e sta marciando sotto nuove (ma
spesso anche vecchie) bandiere che portano a combattere guerre contro nuovi (ma spesso anche vecchi) nemici.
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Sezione 2 - Verifca
Volume 3
Una ben triste Weltanschauung per questa nuova era è stata ben espressa dal demagogo veneziano protagonista del
romanzo di Michael Dibdin, Laguna morta: «Non esistono veri amici senza veri nemici. Se non odiamo ciò che non
siamo, non possiamo amare ciò che siamo. Sono queste le antiche verità che stiamo dolorosamente riscoprendo
dopo un secolo e passa di ipocriti sentimentalismi. Chi osa negarle, nega la propria famiglia, la propria tradizione, la
propria cultura, il proprio diritto di nascita, la propria stessa persona! E non sarà perdonato tanto facilmente». Statisti
e studiosi non possono ignorare tali antiche verità: per tutti i popoli intenti a ricercare un’identità e a reinventarsi
un vincolo d’appartenenza etnica, l’individuazione di un nemico costituisce un elemento essenziale, e i focolai d’inimicizia potenzialmente più pericolosi scoppiano sempre lungo le linee di faglia tra le principali civiltà del mondo.
La tesi di fondo di questo saggio è che la cultura e le identità culturali – che al livello più ampio corrispondono a
quelle delle rispettive civiltà – siano alla base dei processi di coesione, disintegrazione e conflittualità che caratterizzano il mondo post guerra fredda. Le cinque parti in cui è suddiviso elaborano vari corollari di tale tesi.
Parte I: per la prima volta nella storia, lo scenario politico mondiale appare a un tempo multipolare e caratterizzato
da un alto numero di civiltà diverse; modernizzazione non è sinonimo di occidentalizzazione e tale processo in atto
non produce alcuna forma significativa di civiltà universale, né l’occidentalizzazione delle società non occidentali.
Parte II: gli equilibri di potere tra le varie civiltà stanno mutando; l’influenza relativa dell’Occidente è in calo;
le civiltà asiatiche accrescono la loro forza economica, militare e politica; il mondo islamico vive un’esplosione
demografica con conseguenze destabilizzanti per i paesi musulmani e per i loro vicini; le civiltà non occidentali in
genere riaffermano il valore delle proprie culture.
Parte III: emerge un ordine mondiale fondato sul concetto di «civiltà»; le società culturalmente affini tendono
a cooperare tra loro; i tentativi di alcune società di passare a un’altra civiltà falliscono; i vari paesi si raccolgono
intorno agli stati guida della propria civiltà.
Parte IV: con le sue pretese universalistiche, l’Occidente sta entrando sempre più in conflitto con altre civiltà, in
particolare con l’Islam e la Cina, mentre a livello locale lo scoppio di guerre tribali, soprattutto tra musulmani e non
musulmani, provoca la «chiamata a raccolta dei paesi fratelli», innesca il pericolo di un’espansione del conflitto e
induce perciò gli stati guida a tentare di porvi fine.
Parte V: la sopravvivenza dell’Occidente dipende dalla volontà degli Stati Uniti di confermare la propria identità
occidentale, e dalla capacità degli occidentali di accettare la propria civiltà come qualcosa di peculiare, ma non di
universale, e di unire le proprie forze per rinnovarla e proteggerla dalle sfide provenienti dalle società non occidentali. La possibilità di scongiurare una guerra globale tra opposte civiltà dipende dalla disponibilità dei governanti
del mondo ad accettare la natura «a più civiltà» del quadro politico mondiale e a cooperare alla sua preservazione.
(S.P. Huntington, Lo scontro tra le civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano, 1996)
DocumenTo 3
Lo scontro di civiltà
I conflitti tra civiltà sorgono in parte perché il dominio occidentale dell’economia politica mondiale suscita risentimento, tanto più in quanto diventa il veicolo della diffusione degli interessi, delle idee, dei valori occidentali. Ma la
forza principale dietro allo scontro di civiltà che si preannuncia è il mutamento negli equilibri di potere tra civiltà,
causato dalla prolungata modernizzazione del mondo non occidentale. Huntington non ritiene che questa tendenza
costituisca un’immediata minaccia per il dominio occidentale. Nondimeno indica «la crescita sostenuta della potenza
militare cinese e i suoi strumenti per sviluppare una forza militare» come elementi «di primaria importanza per lo
sviluppo di capacità militari antioccidentali». Tenendo conto anche della consuetudine cinese a esportare armi e
tecnologie militari verso gli stati mediorientali, questa evoluzione sembra configurare una «connection islamicoconfuciana» in grado di mettere seriamente in pericolo il predominio occidentale. Per far fronte a questa sfida,
Huntington invoca da parte occidentale una strategia su tre fronti, finalizzata a contenere e da ultimo a rendere
innocuo il crescente potere delle civiltà non occidentali: in primo luogo maggiore cooperazione e unità all’interno
dell’Occidente; in secondo luogo conservazione delle capacità militari occidentali, come se la guerra fredda non
fosse finita; e, infine, maggiore attenzione agli assunti religiosi e filosofici alla base delle altre civiltà.
(G. Arrighi, B.J. Silver, Caos e governo del mondo, Bruno Mondadori, Milano, 2003)
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Materiali per l’Esame di Stato • V anno
DocumenTo 4
L’11 settembre
Le tragiche immagini dell’attentato alle “Torri gemelle”.
DocumenTo 5
I fondamentalisti islamici
Manifestazione di estremisti islamici in Palestina.
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