L`ipotesi di reintroduzione dello storione nelle acque interne

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L`ipotesi di reintroduzione dello storione nelle acque interne
LA REINTRODUZIONE DELL’ACIPENSER STURIO L. NEL BACINO DEL MAGRA/VARA
(Prof. Paolo Berni – Università di Pisa)
1 - Premessa
Arbocco nel 1966 segnalava nel suo lavoro intitolato “I pesci d‘acqua dolce della Liguria” la
presenza dell’Acipenser sturio L., aggiungendo che, il sistema idrico Magra /Vara, oltre ad essere il
più importante della Liguria aveva una conformazione estuariale tale da permettere la risalita dello
storione europeo.
Putroppo le segnalazioni della presenza di storioni, citate dall’Arbocco, rientrano nel novero delle
ultime, assieme ad altre “rare” informazioni che avvennero in quel periodo nell’area del nord Italia.
La situazione attuale induce a ritenere che questa specie sia scomparsa, non solo dalle acque liguri,
ma dell’intera costa tirrenica e con molta probabilità anche da quelle dell’Adriatico.
Holčik (1989) sulla base dei dati raccolti, ricostruiva la cronistoria dell’evoluzione dell’areale di
distribuzione della specie che a partire dal 1850, in cui lo storione europeo occupava un’area molto
vasta comprendendente il mar Nero, il bacino del Mediterraneo, compreso il nord Africa con le
coste di Tunisia, Algeria (prevalente) e Marocco, quest’ultimo anche con una piccola porzione della
sponda atlantica. Tutti i grandi fiumi della penisola italiana, tra cui segnatamente: Po, Tevere, Arno
e, a seguito di quanto asseriva Arbocco, anche il bacino del Magra/Vara, oltre alla costa atlantica
della penisola iberica, la costa atlantica francese e il complesso delle coste del Mar del Nord, con le
Irlanda, Inghilterra, Francia del Nord, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia anche con il
Mar Baltico e Finlandia con il Mare di Barents fino al Mar Bianco. Holčik proseguiva la
connotazione dell’area di distribuzione indicando che nel 1962 lo sturio pur avendo un areale
sensibilmente ridotto, veniva segnalato ancora lungo le coste irlandesi, inglesi, francesi, scandinave,
nell’atlantico e nel bacino del mediterraneo, epoca che non contrasta con le notazioni di Arbocco.
Nel 1970, sempre secondo i dati di Holčik, l’area di distribuzione oltre che subire una ulteriore
riduzione era anche frammentata. Rimaneva infatti ancora una presenza di sturio nel nord Europa,
mentre la zona atlantica ed il sud entrano in crisi. Infatti si assiste ad una forte riduzione di questa
specie in queste aree, dove vengono segnalate solo due piccole popolazioni che si riproducono
nell’estuario della Gironda (Francia) e nel fiume Rioni in Georgia (Castelnoud et al., 1991; Debus
1997).
La situazione della diffusione dello storione europeo si aggrava sempre più e nel 1980 viene
segnalata solo una popolazione molto ridotta nell’area del Mar del Nord, mentre le altre popolazioni
scompaiono (Almaça C., Elvira B., 2000; Fernandez-Pasquier, 2000; Van Winden et al., 2000;
Bloesch B. et Al. 2005)
Attualmente la situazione per questa specie non si esita a definirla tragica. Alcuni rari esemplari
adulti vengono segnalati in un area molto vasta che parte dalla baia di Biscaglia fino al mar del
Nord (Rochard et Al, 1997). Tutti i dati convergono nel dichiarare questa specie a grave rischio di
estinzione. Williot (1997) segnala la presenza di un ultima popolazione ancora presente nei bacini
dei fiumi Dordogna, Garonna e della Gironda.
Negli ultimi 20 anni di ricerca, nell’estuario della Gironda, sono stati reperiti complessivamente
solo 41 esemplari, tra cui solo 10 femmine e tra esse solamente 2 erano in condizioni idonee per
effettuare una riproduzione, nel 1981 e nel 1995. Con l’ultima cattura di una femmina è stato
possibile fare una riproduzione artificiale e i prodotti di questa riproduzione attualmente vivono
presso le strutture del CEMAGREF di Bordeaux e presso le strutture dell’IGB di Berlino.
Le osservazioni condotte nella Gironda hanno inoltre rivelato che la riproduzione naturale di questa
specie ormai è estremamente rara, mentre si attende che i pochi esemplari rilasciati nella Gironda e
allevati presso l’IGB di Berlino, provenienti dalla riproduzione artificiale “occasionale”, giungano a
maturità.
2 - Ciclo biologico dell’Acipenser sturio L. 1758
Lo storione europeo è una specie conosciuta da molto tempo e sebbene si disponga di numerosi
riferimenti a riguardo, solo recentemente si è posto il problema di allestire una tecnica di
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riproduzione artificiale, per la quale ancora non si è trovata una soluzione efficace, in grado di
soddisfare una produzione massiccia di avannotti di questa specie.
Il ciclo biologico dello sturio indica che è una specie migratoria, diadroma e longeva che vive in
acqua dolci e nelle zone estuariali dei grandi fiumi.
Figura 1: schema del ciclo biologico dell’Acipenser sturio L. 1758
L’A. sturio è una specie potamotoca il cui ciclo vitale è schematizzato in figura 1 e si compie
attraverso alcuni stadi.
Il primo stadio si compie nel fiume, a partire dall’ovideposizione in cui la femmina depone le uova
sulle pietre levigate del fondale ad una profondità di circa 1 - 3 m. Dopo la schiusa le larve
rimangono nella zona di ovideposizione per circa 6 mesi. In questa fase le larve raggiungono i bassi
fondali delle rive dove si alimentano attivamente, attingendo gli alimenti dagli ambienti del
perifiton, dal fouling e dal bentos ingerendo prede a base di piccoli invertebrati come copepodi,
daphnie ecc.. Le larve si allontanano progressivamente a partire dal 3-4 mese e fino al 6, risalgono
l’acqua dolce del fiume in cerca di aree di “pascolo”. Durante questo periodo di accrescimento, fino
all’età di circa 1,5 - 2 anni gli animali si spostano attivamente nel fiume pur rimanendo in acqua
dolci / salmastre, conducendo una dieta bentonica, costituita prevalentemente da policheti anellidi,
insetti, piccoli pesci, sostanza organica presente sul fondo, ecc. che individuano anche a lunga
distanza, grazie ai chemiorecettori presenti sui 4 barbigli in posizione gnatale sotto la bocca. Gli
animali si spostano nella zona esturaiale e gradualmente con lo sviluppo delle cellule a cloruri,
acquistano la possibilità di adattarsi all’acqua marina.
A partire dall’età di circa 2 anni gli animali sono pienamente diadromi e si spostano facilmente
dall’ambiente marino all’ambiente fluviale, rimanendo prevalentemente nella zona esturiale, da
dove attingono la maggior parte della loro dieta alimentare. Le abitudini sono bentoniche e di
conseguenza anche le prede appartengono a questo tipo di habitat sia marino che dulcicolo.
Raggiungono la maturità sessuale dopo i 7 anni quindi, in primavera migrano nelle acque dolci,
risalendo dall’estuario per pochi km, fino ad un’area fluviale con un fondale di circa 1-2 metri
dotato di pietre levigate sul fondo e con bassa corrente; ovidepongono facendo aderire le uova al
substrato ghiaioso, mentre il maschio le feconda emettendo lo sperma mentre nuota sopra di esse.
L’ovideposizione sembra avvenga a più riprese dando agli animali la possibilità per la procreazione,
di usufruire di combinazioni genetiche diverse.
2.1 – Età larvale
In primavera, dopo circa 5 gg di incubazione le uova schiudono (Williot P. et Al. 2000), le giovani
larve, emergono dalle uova e con deboli movimenti si allontanano dall’area di deposizione e
tendenzialmente raggiungono le zone poco profonde di questa zona del fiume. In questo ambiente si
accrescono gradualmente per circa 6 mesi. (Magnin 1962; Kinzelbach 1987; Holčik et Al. 1989).
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La dieta degli avannotti, in questo periodo è costituita prevalentemente da microinvertebrati
oligocheti, larve di chironomidi e larve di insetti.
2.2 - Stadio giovanile
Questa fase che abbraccia un arco di tempo che va dall’età di 6 mesi fino a circa 7 anni in realtà
possiamo dividerla in due momenti. Il primo comprende gli animali fino all’età di circa 2 anni che
vivono in ambiente fluviale ed estuariale. In questo ambiente compiono l’acclimatazione vivendo e
spostandosi in una salinità che varia da 0‰ - 3‰ - 5‰ - 25‰ - 30‰. Vivono nella zona bentonica
ad una profondità di circa 3 - 7 metri (mediamente 5 metri) con una temperatura compresa tra 15 e
20 °C. (Castelnaud et Al. 1991).
La seconda parte dei questo stadio della vita degli storioni, inizia con l’acquisizione della capacità
di migrare in ambiente marino. Che avviene di solito a partire dall’età di circa 2 anni fino alla
maturità sessuale che avviene tra i 7 e gli 8 anni di età. In questo periodo l’animale vive
prevalentemente in mare migrando negli estuari in cerca di cibo.
2.3 – Stadio adulto
A partire da circa 7-8 anni lo storione acquisisce le abitudini tipiche dell’adulto, ma non è detto che
acquisisca anche le capacità riproduttive. La “capacitazione” per i due sessi, avviene a seguito di
particolari stimoli ormonali e ambientali ed il raggiungimento i una taglia critica, in cui la femmina
più del maschio, può disporre di “energia” sufficiente a portare a maturazione le uova che si
sviluppano nei due ovari. I due sacchi ovarici si accrescono nell’addome della femmina e possono
raggiungere una massa di circa il 10-15% del peso vivo dell’animale.
Nel caso generale in cui l’animale subisce uno stress, ovvero il fiume non consente una corretta
migrazione (barriere artificiali, scarsità di acqua, bassi fondali, corrente troppo forte), in particolare
per le femmine si aggiunge anche la presenza di sostanze inquinanti che agiscono come deterrente,
impedendogli la migrazione anadroma. Inoltre le femmine, con grande facilità, possono decidere di
arrestare lo sviluppo delle uova e riassorbire i follicoli annullando di fatto la riproduzione per quel
ciclo annuale.
Gli adulti vivono prevalentemente in mare, come descrive Holčik et Al. (1989) nel mare Adriatico,
ad una profondità variabile da 50 a 200 metri. Nei mesi di Febbraio – Marzo, gli adulti migrano per
la riproduzione potamotoca e né questo aspetto, né le modalità migratorie, sono ancora noti. Si
ritiene che sia i maschi che le femmine, abbiano la possibilità di raggiungere la maturità sessuale
con cadenza biennale, in funzione dell’influenza delle diverse variabili a cui abbiamo accennato.
Possiamo però citare un dato che riguarda le catture degli storioni in ambiente estuariale in epoca
riproduttiva, che rivela come i maschi sessualmente maturi, siano stati catturati con una frequenza
di circa 3 – 4 volte superiore rispetto alle femmine. Questo potrebbe indicare come la femmina
abbia un ciclo sessuale differente e più lento rispetto al maschio. In linea di principio questo
fenomeno sarebbe conforme con la valutazione di una maggiore necessità energetica della femmina
per la maturazione ovocitaria, rispetto al maschio che per organizzare la spermiogenesi, ha un
bisogno energetico sensibilmente minore.
3 - Considerazioni sui rischi che affliggono la popolazione naturale
In generale possiamo dire che i rischi sono analoghi a quelli che colpiscono altre popolazioni di
specie a rischio di estinzione. Tuttavia nei confronti di questa specie sembra prevalere quella delle
catture. Infatti la cattura di un grosso storione, nell’immaginario del pescatore è una soddisfazione
“che non ha eguali”, tuttavia il danno che reca a seguito del lungo ciclo vitale di questa specie, che
gli impone fin dalla nascita una dura selezione e del lunghissimo periodo necessario alla
maturazione sessuale, toglie la possibilità di riprodursi ad un individuo già di per se “raro”.
A questo si aggiunge il fatto contingente dovuto al piccolo numero di cui si compone l’intera
popolazione dello storione europeo.
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Le conseguenze di una popolazione ridotta portano con se una serie di problemi di derive genetiche
pericolose e l’insorgenza della consanguineità tra gli individui, porta ad un indebolimento delle
capacità di risposta immunitaria e a una riduzione della taglia degli animali. Non ultimo esiste
anche il problema che una piccola popolazione porta ad una enorme riduzione di densità con il
rischio che gli animali, nel corso delle loro migrazioni, non si incontrino nel momento della loro
condizione di fertilità, rendendo di fatto nulla, ai fini della conservazione della specie la loro stessa
esistenza.
Fortunatamente a favore dello storione europeo esiste il fatto che si tratta di una specie longeva, si
stima infatti che gli adulti possano vivere fino a oltre 25-30 anni, il che apporta un certo vantaggio
sul piano della sopravvivenza, ma come si può intuire se non si interviene rapidamente, con la
riproduzione artificiale degli esemplari tutt’oggi esistenti, ben presto avremo l’estinzione della
specie.
Purtroppo i problemi direttamente collegati con la specie si sommano al degrado e all’inquinamento
dei fiumi, con il risultato che i pochi esemplari che riescono ad arrivare alla riproduzione,
producono larve con una bassa percentuale di sopravvivenza e con il problema che gli animali sono
intossicati dai molti inquinanti presenti, soprattutto nei grandi fiumi (Danubio, Reno, Rodano Lot,
Dordogna, ecc.), quindi oltre alla mortalità neonatale e perinatale delle larve, si avrà anche un
aumento della mortalità embrionale poiché a causa dei veleni immagazzinati nel vitello dell’uovo,
la morte dell’individuo sopraggiunge durante l’embriogenesi.
Gli adulti inoltre possono subire gravi alterazioni a livello tissutale e gonadico che possono renderli
sterili, con la conseguenza di ridurre enormemente la capacità di sopravvivenza dell’intera specie.
La concorrenza con specie esotiche conduce ad un aumento della competizione per il cibo e più
ancora per l’areale di riproduzione. Come segnalato da Williot in Dordogna con la fuga di alcuni
esemplari di A. baeri dagli allevamenti per la produzione del caviale, che vanno a contendere lo
spazio vitale della già piccolissima popolazione di A. sturio.
Dobbiamo sottolineare anche l’effetto delle barriere artificiali realizzate in alveo provocano delle
interruzioni di continuità insormontabili, introducono un ulteriore elemento di rischio per la
sopravvivenza dello storione europeo. Contro questo ostacolo solo recentemente, si sta cercando di
porre rimedio mediante la realizzazione di opportune scale di rimonta.
Infine non meno importante vi è una costante riduzione della portata dei fiumi, accompagnata da
una sensibile modificazione dei regimi di flusso idraulico degli alvei. Questa situazione è prodotta
in parte dalla riduzione della piovosità per i noti effetti di riscaldamento del pianeta, a cui si
aggiunge un aumento dei prelievi ai fini alimentari e più ancora ai fini agricoli.
4 – Conclusioni
Abbiamo elencato sinteticamente il complesso dei fattori biotici e abiotici che possono mettere in
crisi una specie e per risolvere questo problema, oltre a cercare di rimuovere o attenuare le cause di
rischio, è possibile agire incrementando, almeno nella prima fase, la quantità di juveniles prodotti
dalla specie.
In pratica le tecniche acquacolturali impiegate nelle avannotterie possono contribuire a tamponare
nell’immediato, il rischio di estinzione della specie (Gisbert E., Williot P., Berni P., Billard R.
(2002)). Ovviamente questa è solo una misura di emergenza e non può sostituire le azioni di
recupero ambientale e la rinaturalizzazione che debbono essere condotte in parallelo e se possibile
precedere la reintroduzione della specie.
Dobbiamo inoltre aprire uno studio scientifico per analizzare i criteri di scelta sull’opportunità del
ripopolamento, la forma con cui attuarlo e la sequenza delle procedure di attuazione.
Al primo posto si dovrà effettuare un monitoraggio completo del fiume, per accertare oltre che la
situazione idraulica anche quella biologica e ambientale, per accertare l’equilibrio delle diverse
catene trofiche e valutare l’impatto della reintroduzione. A questo riguardo la predisposizione di
utili modelli matematici sarebbe di valido aiuto, come dimostrato da molti Autori tra cui segnaliamo
Barbuti et Al. (2007 “a” e “b”)
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Oltre alla quantità di novellame/esemplari/uova da immettere e la loro localizzazione lungo il
fiume, si dovrà affrontare anche il problema della tipologia delle taglie da reintrodurre e individuare
la modalità di immissione, favorendo ove possibile la costituzione delle “avannotterie di valle”, in
cui i juveniles possono accrescersi e le uova schiudersi, in modo naturale, raggiungendo una taglia
che dia una maggiore capacità di sopravvivenza e di resistere alla predazione di altri animali ma non
dell’uomo.
Tutte le attività riproduttive dovranno essere certificate mediante un esame del DNA dei
riproduttori, al fine di evitare la consanguineità e garantire l’effettiva appartenenza dei riproduttori
alla specie desiderata che nel nostro caso è Acipenser sturio L. 1758.
Il percorso di reintroduzione dovrà essere realizzato secondo un programma preciso che tenga conto
degli effetti sulle biocenosi presenti e della situazione preesistente. Valutando la possibilità di
modulare il processo di reinserimento al fine di attenuare l’impatto e produrre un nuovo equilibrio
naturale che contenga anche la “nuova” specie
A conclusione del processo di reintroduzione e naturalizzazione, si potrebbe avviare anche una utile
attività di trasformazione dei prodotti ittici che, in questo caso, potrebbero fregiarsi di un importante
valore aggiunto rappresentato dall’immagine del Parco.
Le produzioni che si possono ottenere dallo storione sono essenzialmente due: i filetti e il caviale.
La prima produzione si ottiene più facilmente e consente un più rapido raggiungimento degli
obiettivi, mentre per la seconda occorrono tempi più lunghi e la messa a punto di una filiera di
trasformazione, con personale appositamente istruito. (Billard R., Berni P., 2002)
L’idea di favorire produzioni sostenibili nell’ambito dei parchi potrebbe contribuire fortemente
migliorare l’immagine del Parco stesso nei confronti degli abitanti ed il Parco potrebbe trarre delle
risorse significative da reinvestire nel migliorare i servizi e nel complesso di opere e interventi che
tutelino la biosfera parco e la sua fruibilità da parte dei cittadini.
Infine ci sembra appropriato segnalare l’opportunità offerta dal 7° programma quadro della UE per
rilanciare il progetto di ripopolamento dell’A. sturio. Il progetto trova già potenziali interessi e noi
stessi siamo stati coinvolti assieme ai colleghi degli altri Paesi europei.
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