Festa e teatro dell`Annunciazione nel dominio veneto

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Festa e teatro dell`Annunciazione nel dominio veneto
Festa e teatro dell'Annunciazione nel dominio veneto
secc. XIII-XV
Claudio Bernardi
1. Il significato religioso dell'Annunciazione
Le rappresentazioni italiane dell'Annunciazione costituiscono un particolare caso
delle cerimonie drammatiche medievali. Nella cristianità occidentale la festa
dell'Incarnazione vantava un fortissimo potere simbolico in quanto centro della storia
della salvezza e di conseguenza dell'anno liturgico. In tale giorno infatti le rubriche
liturgiche, come quelle redatte dal milanese Beroldo (XII sec.), commemoravano oltre
al concepimento di Cristo, la sua crocifissione (e quindi la morte dell'uomo vecchio e
la nascita dell'uomo nuovo), il martirio di san Giacomo, fratello di Gesù, la
“creazione” del primo uomo, Adamo, il sacrificio di Isacco e altri eventi di
prefigurazione e avveramento storico dell'evento pasquale1. Il 25 marzo
(corrispondente al 14 di Nisan del calendario ebraico) era la data storica della morte
di Gesù e fu perciò la data di celebrazione della Pasqua cristiana seguita da coloro,
come i quartodecimani, che rifiutavano la Pasqua mobile decisa dal Concilio di
Nicea2. L'universale accettazione della data di celebrazione della Pasqua avvenne
nell'VIII secolo. Tuttavia grazie al suo permanente legame con la data storica della
morte di Cristo, il 25 marzo continuò a mantenere i significati simbolici e teologici
della Pasqua ebraica e cristiana. Il 25 marzo era considerato il giorno perfetto
dell'anno in quanto equinozio di primavera, inizio della bella stagione, un tempo
anche Capodanno degli ebrei. La festa di Pasqua, inoltre, veniva considerata il tempo
perfetto della salvazione. A Pasqua infatti Dio aveva creato il mondo. Sempre a
Pasqua, secondo la tradizione ebraica, Dio era intervenuto per salvare e rifondare il
popolo eletto e l'umanità, come successe con Noè e l'Arca quando avvenne il diluvio
universale, poi con il sacrificio di Abramo e con la liberazione d'Israele dalla
schiavitù di Egitto. Sempre a Pasqua, alla fine del mondo, il Messia inaugurerà il suo
regno eterno3.
Un manoscritto tedesco, redatto a Monaco nel XV secolo, testimonia, con uno dei
più ricchi elenchi degli eventi accaduti il 25 marzo, come la festa dell'Annunciazione
fosse considerata il giorno fondamentale nella storia della salvezza:
1
Cfr. Beroldus sive Ecclesiae Ambrosianae Mediolanensis Kalendarium et Ordines, saec. XII, ex
codice Ambrosiano, a cura di M. Magistretti, Mediolani 1894, p. 4: “Annuntiatio Mariae Matris
Domini: eodem die Dominus noster crucifixus est et passio trecentorum Martyrum, et Jacobi fratris
domini et Protasii ac Gervasii: et Susannam de falso crimine liberavit, et tres pueros de camino ignis
liberavit, et depositio s. Monae archiepiscopi et Adae plasmatio et Ysaac immolatio”. Nel XIII sec.
Iacopo da Varazze, Legenda aurea, a cura di A. e L. Vitale Brovarone, Torino 1995, p. 275,
sintetizzava con gli “eccellenti versi” di un “autore ignoto” le “molte cose nel volgere del tempo” che
Dio compì “in questo giorno”: “Salve, giorno di giustizia, che richiudi le nostre ferite!/ L'angelo fu
mandato, Cristo patì in croce,/ Adamo fu creato, e nello stesso tempo cadde,/ Per il merito acquisito
con la decima/ Cade Abele sotto la spada del fratello,/ Offre Melchisedech, Isacco è posto sull'ara,/ è
decollato il beato battista di Cristo,/ Pietro ucciso, Giacomo fatto giustiziare da Erode./ Con Cristo
risorgono molti corpi di santi,/ Il buon ladrone ottiene grazie a Cristo una dolce fine.”
2 Cfr. C. Bernardi, La drammaturgia della settimana santa, Milano 1991, pp. 22-24.
3 Ibidem, pp. 24-29.
Dio creò il mondo; fu creato Adamo e ricevette da Dio un'anima; Adamo venne ingannato dal
serpente; Adamo e tutto il genere umano vennero redenti attraverso la crocifissione di Cristo; Abele
venne ucciso da suo fratello Caino; il mondo intero venne sommerso dal diluvio; le città di Sodoma e
Gomorra furono distrutte a causa dei loro peccati e dei loro misfatti; Abramo offì in sacrificio suo
figlio, “per volere di Dio”; il faraone d'Egitto venne travolto insieme al suo esercito dai flutti del Mar
Rosso. Nello stesso giorno morì Sansone e il suo popolo insieme a lui; l'angelo Gabriele annunciò la
lieta novella a Maria; Cristo fu crocifisso e redense il mondo intero; Dio condusse il ladrone in
Paradiso; Adamo venne salvato dall'Inferno per opera di Gesù; l'apostolo Pietro venne liberato dal
carcere nel quale lo aveva fatto rinchiudere Erode; l'apostolo Giacomo venne invece decapitato;
Gerusalemme si sbarazzò di Tito e Vespasiano tornando città libera. E gli Ebrei fisserebbero al 25
marxo il giorno del giudizio4.
Come data storica dell'incarnazione e della morte di Cristo, il 25 marzo divenne il
centro e il perno dell'anno liturgico cristiano. Nella ricostruzione di Thomas Talley,
fondata sull'accurato spoglio delle fonti patristiche, la formazione dell'anno liturgico
si spiega proprio con la centralità che assumono la Pasqua e la festa
dell'Annunciazione. Se infatti l'incarnazione si considerava avvenuta il 25 marzo, la
natività di Cristo doveva cadere il 25 dicembre, nove mesi dopo il concepimento. Il
Natale nel solstizio d'inverno non avrebbe dunque origine dal tentativo della Chiesa di
sostituire feste e culti pagani molto radicati. Così la nascita del Battista venne posta
nel solstizio d'estate, il 24 giugno, in quanto, secondo il racconto evangelico di Luca,
il Precursore venne concepito da Elisabetta sei mesi prima di Gesù, dunque il 25
settembre, equinozio di autunno5.
Anche e soprattutto nella vita quotidiana delle donne fu notevole l'effetto culturale
e sociale del racconto e della rappresentazione dell'Annunciazione. Nelle pitture
medievali la Madonna dell'annunciazione è la Madonna del libro. Maria l'intellettuale
divenne simbolo della cultura e della sapienza femminile e molto di più. Come
sosteneva la monaca Ildegarda di Bingen, l'incarnazione di Cristo fu opera esclusiva
di una donna. «Ciò significava che la salvezza dell'umanità era stata opera femminile.
Opera del corpo di Maria per nove mesi tenda, ricettacolo e tempio in cui Gesù
riposò; un corpo-tabernacolo, un corpo-pisside: la purezza di una donna custodiva e
dava dignità al Cristo uomo. L'interesse per la sostanza fisica di Maria, per il suo
ventre, per i suoi seni, induceva una forte identificazione, e in nessun caso sensi di
colpa o imbarazzi. Per la religione del medioevo non si trattava di un essere superiore
e irraggiungibile, bensì di una donna che aveva patito dolori e rischi condivisi dalle
sue figlie e sorelle: la gravidanza, il parto, la povertà, l'esclusione, la miseria
dell'esilio, la perdita del figlio. Il suo intervento era concreto: si manifestava nella vita
quotidiana, non esclusa quella sessuale»6
2. L'Annunciazione di Venezia
4
K. Schreiner, Maria Jungfrau, Mutter, Herrscherin , 1994, tr. it. Vergine, Madre, Regina. I volti di
Maria nell'universo cristiano, Roma 1995, pp. 12-13.
5 Cfr. T. J. Talley, The Origins of the Liturgical Year , Collegeville (Minnesota-USA) 1986 e 1991 2 ed.
riveduta, tr. it. Le origini dell'anno liturgico, Brescia 1991, p. 98: “Non è più soltanto la Pasqua a dare
significato all'anno. Il ciclo annuale, con il cambiamento delle stagioni, parla [...] dei misteri che
circondano l'incarnazione: il concepimento del Precursore nell'equinozio d'autunno e la sua nascita nel
solstizio d'estate, il concepimento del Redentore nell'equinozio di primavera (il giorno della sua
passione) e la sua nascita nel solstizio d'inverno”.
6 K. Schreiner, Vergine, Madre, Regina cit., p. 178.
Notevole importanza e diffusione ebbe la festa dell'Annunciazione in alcune aree
italiane, come quella veneta: Nei domini della Serenissima il 25 marzo costituiva
l'inizio ufficiale dell'anno.
Per Venezia il 25 marzo coincideva con il giorno della mitica fondazione della
città, avvenuta nel 421 7. Tale data compare come data ufficiale di fondazione nella
storiografia veneziana medievale e rinascimentale8. A Venezia la ricchezza simbolica
e rituale dell'Annunciazione non era data solo dal suo significato religioso, storico e
liturgico. Si credeva infatti che il 25 marzo fosse il giorno anche della fondazione di
Roma. Inoltre, essendo l'equinozio di primavera nel calendario giuliano, era l'inizio
della bella stagione e del rinnovamento della natura.
A Venezia dunque l'anniversario della fondazione della città era associato alla
fondazione di Roma, all'inizio dell'era cristiana, al rinascere della natura e al primo
giorno dell'anno civile. Giorno di miglior auspicio non si poteva trovare e
l'Annunciazione divenne così un tema religioso e politico fondamentale per i
veneziani. Non a caso compariva in rilievo sulla facciata di San Marco, la cui
costruzione, e quindi atto di fondazione di Venezia, era iniziata appunto il 25 marzo.
Non a caso la festa dell'Annunciazione era celebrata con la processione e la messa
solenne in San Marco, legando il destino di Venezia ai massimi vertici del potere
politico, religioso e naturale9.
La rappresentazione della scena dell'Annunciazione non è però attestata a Venezia
in relazione alla festa del 25 marzo, ma alla celebre festa delle Marie che aveva luogo
in prossimità di un'altra festa mariana, la Purificazione della Vergine. La festa durava
otto giorni. Iniziava il giorno della conversione di San Paolo (25 gennaio) e finiva il 2
febbraio. Era la festa delle donne veneziane e si inseriva nel più ampio contesto
festivo del carnevale veneziano. Le processioni pubbliche punteggiavano la sequenza
di banchetti, riunioni sociali di donne, regate, giochi, gare. Tra le sessanta contrade ne
venivano scelte ogni anno due, col principio della rotazione. Erano esse ad offrire la
festa alla città, aprendo i palazzi dei più ricchi cittadini per ricevere le visite e dare
ospitalità e raccogliendo i fondi necessari sia per le iniziative di carità che per la
realizzazione della festa.
Il primo evento era costituito dalla doppia processione delle due contrade alla sera
del 30 gennaio, vigilia della traslazione di San Marco, patrono di Venezia. Una
compagnia di giovani si recava in barca dalla parrocchia della propria contrada fino al
Palazzo Ducale. Sbarcava al molo, distribuiva bandierine ai ragazzi che lo
affollavano, percorreva processionalemnet la piazza preceduta da trombettieri, a loro
7
Cfr. M. Sanudo, De origine, situ et magistratibus Urbis Venetiae, ovvero la città di Venezia (14931530), a cura di A. Caracciolo Aricò, Milano 1980, pp. 12-13: “Venezia fo comenzata a edificar [...]
del 421, adì 25 Marzo in zorno di Venere circha l'hora di nona ascendendo, come nella figura
astrologica apar, gradi 25 del segno del Cancro. Nel qual zorno ut divinae testantur litterae fu formato
il primo homo Adam nel principio del mondo per le mano di Dio; ancora in ditto zorno la verzene
Maria fo annunciata dall'angelo Cabriel, et etiam il fiol de Dio, Christo Giesù, nel suo immacolato
ventre miraculose introe, et secondo l'opinione theologica fo in quel medesmo zorno da Zudei
crucefisso”. .
8 Si vedano i testi in particolare di Martino da Canal, Jacopo Dondi, Andrea Dandolo, Bernardo
Giustiniani, il citato Marin Sanudo, Marc'Antonio Sabellico e Francesco Sansovino, cfr. E. Muir, Civic
Ritual in Renaissance Venice, Princeton 1981, tr. it. Il rituale civico a Venezia nel Rinascimento, Roma
1984, p. 84.
9 Ibi, p. 85.
volta seguiti dai sacerdoti della parrocchia e dai servi che portavano vassoi colmi di
dolci (calisons), vino, tazze d'oro e argento. Da Piazza San Marco la processione
proseguiva a piedi verso la chiesa di Santa Maria Formosa, dove i giovanotti
distribuivano i loro doni ad un numeroso gruppo di ragazze nubili e di povera
condizione, che si erano là radunate. Nella stagione più frequentata per convolare a
nozze, la città esprimeva la propria solidarietà procurando la dote alle ragazze
povere, incoraggiando i matrimoni, sostenendo l'istituto familiare, promuovendo
infine il ruolo politico e l'aggregazione sociale delle contrade e delle parrocchie.
Il 31 gennaio, che commemorava la traslazione di San Marco, i due cortei delle
contrade, separatamente, si recavano nell'omonima piazza a rendere omaggio al Doge.
Tre sacerdoti si staccavano dal corteo, salivano su un palco ed eseguivano un canto di
lode. Il doge ringraziava gettando delle monete ai sacerdoti, che si ricongiungevano
poi al corteo. In fondo all'uno quattro uomini reggevano su un trono il chierico vestito
come la Vergine Maria. Nel secondo corteo veniva portato allo stesso modo il
sacerdote della contrada che impersonava l'angelo Gabriele. Quando i due cortei
avevavno raggiunto la chiesa di S. Maria Formosa, avveniva la rappresentazione
dell'Annunciazione, così come è narrata nel Vangelo di Luca (1, 28-38).
Nel pomeriggio del 31 i parroci rendevano pubblici tutti i fidanzamenti dell'anno
precedente. Si spiega così il significato della rappresentazione dell'Annunciazione,
commemorazione delle nozze mistiche di Maria con Dio e presentazione della
Vergine come modello di sposa e madre. Questo significato morale va tuttavia
intrecciato con il ricordo della fondazione politica della città, avvenuta il giorno
dell'Annunciazione e con la commemorazione dell'acquisizione delle spoglie
dell'evangelista Marco, il cui emblema, il leone, e il cui patronato simboleggiavano il
potere della Serenissima.
Terminata la rappresentazione, in ciascuna delle due contrade sei ricchi o nobili
cittadini aprivano le proprie case al pubblico. In ogni dimora troneggiava un
simulacro ligneo di Maria, rivestito di abiti dorati e adorno di perle, pietre preziose e
una corona scintillante. Le donne veneziane, sposate e nubili, con i loro abiti più belli
entravano ad ammirare il simulacro, si sedevano e conversavano piacevolmente,
mentre gli uomini in piedi bevevano vino. Le visite ciontinuavano anche l'1 febbraio.
Alla sera, la vigilia della Purificazione, il doge accompagnava i sacerdoti che avevano
impersonato Maria e l'angelo Gabriele a Santa Maria Formosa per ascoltare i Vespri.
Il giorno delle Purificazione le due contrade allestivano sei barche (scaule o scole),
una ospitava quaranta uomini armati, una seconda i sacerdoti e il vescovo di Venezia,
le altre quattro portavano ciascuna tre delle dodici statue di Maria. Le dodici statue di
ragazze erano dette anche "marione" e da qui si dice derivino i termini marionette in
italiano e in inglese e marionnette, in francese10. Le sei barche, accompagnate da
centinaia d'altre private, si recavano alla chiesa episcopale di S. Pietro, per iricevere la
benedizione del vescovo che poi saliva sull'imbarcazione dei sacerdoti. Si
aggiungevano altre quattro barche, due di Santa Maria Formosa e due delle contrade
destinate ad organizzazre la festa nell'anno successivo. Tutte insieme si dirigevano al
Molo, sbarcavano, assistevano ad una seconda messa nella basilica di San Marco.
Durante la funzione religiosa venivano benedette e distribuite le candele, secondo la
tradizione della festa della Purificazione o Candelora. Poi ripartiva il corteo con
10
A. Brissoni, Marionetta, in Enciclopedia dello spettacolo, Roma, 1954-1968, voll. 9, VII, col. 148.
l'agginta dell'imbarcazione del doge. Risaliva il Canal Grande, poi per un canale più
piccolo raggiungeva Santa Maria Formosa dove si celebrava una terza messa. La festa
tuttavia non era finita. Banchetti e giochi popolari continuavano per giorni11. La festa
delle Marie capitava proprio nel bel mezzo del Carnevale che a Venezia iniziava il 26
dicembre, giorno di Santo Stefano.
I riti delle Marie erano solo in parte controllati dal goveno veneziano. il doge e San
Marco avevano un ruolo secondario rispetto alla centralità delle contrade. Un parte
eminente della manifestazione toccava poi alle donne, una classe a Venezia molto
emancipata rispetto ad altri contesti ma sempre suborddinata. Inoltre un ruolo
decisivo nella gestione era giocato dalle parrocchie. Le spese dei privati e delle
contrade nel corso del tempo crebbero troppo, a causa della gara spietata per ottenere
prestigio e fasto tra cittadini e tra contrade. Il governo veneziano cercò di regolare il
settore, ma con scarsi risultati: Si verificarono anzi numerosi episodi di irriverenza
verso le autorità e si susseguirono interventi fino alla riforma del 1362 e all'abolizione
di fatto della festa nel 1379, giustificata dalle spese per la guerra di Chioggia, e
sostituita da una processione del doge e del suo seguito a Santa Maria Formosa.
La trasformazione della festa rivela un più ampio processo di emarginazione delle
contrade e delle parrocchie nella vita sociale e pubblica di Venezia in favore di una
ritualità e di un governo politico, religioso e sociale sempre più gerarchizzato e
centralizzato12
La Repubblica di Venezia creò mirabili leggende e costruì un'immagine di città
formosa, santa, voluta e protetta dai massimi poteri divini e terreni. La vita politica di
Venezia era continuamente alimentata da cerimonie pubbliche e cultuali che avevano
al loro centro l'ideale di Gerusalemme come città perfetta e la Madonna come
immagine mitica di Venezia, bella, pia, libera, vergine, sposa e madre.
3. L'annunciazione more veneto
In altre città italiane la celebrazione dell'Annunciazione era importante come a
Venezia. E non era solo una celebrazione religiosa, ma anche civile e politica. A
Milano nel '400 venne introdotta nella data del 25 marzo la celebre Festa del Perdono.
Le cospicue offerte annuali erano destinate, ad anni alterni, all'edificazione dei due
massimi centri cultuali e sanitari della città: il Duomo e l'Ospedale Maggiore13. .
A Firenze e in gran parte della Toscana, come a Venezia, il 25 marzo era
Capodanno. Come spiegava il predicatore Giordano da Pisa il 25 marzo del 1306:
questo dì d'oggi è diritto capo d'anno di tutti i cristiani, e oggi incominciano gli anni Domini in tutti
i libri, in tutte le scritture e carte [...]. Altresì a tutte le criature s'incomincia l'anno [...] sì che questo
giorno è diritto capo d'anno, e quanto ai cristiani, quanto al cielo, quanto all'universo, quanto a tutte le
creature. Gennaio si è capo d'anno de' pagani, ove non è ragione nulla14.
11
12
Sulla festa delle Marie cfr. E. Muir, Il rituale civico, cit., pp. 163-167.
Cfr. M. Casini, I gesti del principe. La festa politica a Firenze e Venezia in età rinascimentale
,
Venezia 1996, pp. 155-157.
13 R. Bagnoli, Festività e tradizioni poplari milanesi, Milano 1973, pp. 74-75.
14 Giordano da Pisa, Quaresimale fiorentino 1305-1306, a cura di C. Delcorno, Firenze 1974, pp. 346347.
Sulla scorta della connessione teologica tra incarnazione e morte di Cristo, e
tenendo conto dell'importanza non solo religiosa e devozionale, ma della sua
importanza civile e politica, si comprende l'enorme diffusione nelle aree toscane di
chiese e di scene di annunziazione sia nella pittura, come nella scultura. La regola più
comune di composizione delle scene permanenti dell'Annunciazione vedeva i
simulacri della Vergine e dell'Angelo, come quelli esposti in recenti mostre a Pisa e a
Lucca15, ai lati dell'arco trionfale e quindi in stretta relazione con l'altare maggiore,
quotidiano luogo del memoriale dell'incarnazione, passione, morte di Cristo16.
Le rappresentazioni dell'Annunciazione italiane presentano due grandi tipologie.
La prima include solo la scena della salutatio angelica, ma la sua peculiarità sembra
data dal volo dell'angelo. L'esempio e il testo più famoso di questo tipo ci sono forniti
dall'Ordinarium di Parma del 1417, che riporta però usi più antichi. Qui si dice che la
rappresentazione della Vergine doveva essere fatta
in mane, ad Missa Tertiarum, et similiter in Vesperis, videlicet: a fenestris voltarum dictae
ecclesiae, versus sanctam Agatham, per funes Angelum transmittendo, usque per directum pulpiti super
quo evangelium cantatur, in quo fit reverenter et decenter repraesentatio Virginis Mariae, ipsam
angelica salutatione devote annunciaturum cum Prophetis et aliis solemnitatibus opportunis17.
Non possiamo sapere se l'angelo e la Vergine fossero dei simulacri. L'editore
dell'Ordinarium ricorda il prezioso corredo (“vestes Annunciatae de serico rubeo”)
citato nell'inventario del 148318. L'annunciazione di Parma segnala, in ogni caso, la
tradizione del “volo” dell'angelo che deve partire da un Paradiso e sembra appartenere
a quella tipologia spettacolare di annunciazioni in cui i fiorentini divennero maestri,
primi fra tutti il Cecca e il Brunelleschi. Con le loro macchine e “ingegni” vennero
allestite all'Annunziata la notissima salutazione angelica descritta da Abramo vescovo
di Souzdal19., presente al Concilio di Firenze del 1439, e le annuali rappresentazioni,
ma il martedi dopo Pasqua, di San Felice in Piazza20.
15
Oltre ai due volumi di Scultura lignea, cit. cfr. Sacre Passioni. Scultura lignea a Pisa dal XII al XV
secolo, a cura di M. Burresi, Milano 2001.
16 Così mirabile esempio di connubio iconografico tra incarnazione e morte di Cristo, comune nelle
chiese medievali, è la chiesa di S. Maria Assunta a Esine in Valle Camonica (Brescia). Qui l'angelo
Gabriele e la Vergine sono posti ai due lati dell'arco trionfale del frontone che incornicia la grande
crocefissione affrescata sulla parete di fondo del presbiterio, cfr. F. Mazzini, La chiesa di Santa Maria
Assunta a Esine. Gli affreschi di Giovan Pietro da Cemmo, Bergamo 1989, pp. 61-63, 120-122 e 130132
17 Cit. in K. Young, The Drama of the Medieval Church, Oxford 1933, voll. 2, II, pp. 479-480.
18 Ordinarium ecclesiae parmensis e vetustioribus excerptum reformatum anno 1417
, a cura di L.
Barbieri, Parma 1866, p. 122 nota 2. Sui costumi delle statue, cfr. M. Brunori, B. Nicoli, “ad
vestiendum imaginem”. I costumi degli attori: le vesti scolpite e le stoffe dipinte delle statue, in Sacre
Passioni, cit., pp. 245-256.
19 A. D'Ancona, Origini del teatro italiano , Torino 1891 (ediz. anastatica Roma 1971), voll. 2, I, pp.
246-250. Da notare in particolare il Paradiso dove sta il trono di Dio Padre «circondato da più di
cinquecento lampane ardenti, che girano continuamente, andando su e giù. dei fanciulli vestiti di
bianco, raffiguranti gli angioli, lo attorniano, alcuni col cembalo, altri col flauto o la cetra, facendo uno
spettacolo lieto e d'inesprimibile bellezza. Dopo qualche tempo, l'angiolo spedito da Dio, discende sui
due canapi [...] per annunziare la concezione. L'angiolo è un bel giovane, vestito di un abito bianco
come neve, ornato d'oro [...]. Intanto ch'ei scende, canta a bassa voce, e tiene in mano un ramoscello.
La discesa si fa in questo modo: dietro di lui stanno due ruote, invisibili dal basso per la distanza, e due
canapi vanno su coteste ruote, mentre delle persone non vedute che stanno in alto, fanno col mezzo
d'un canapo sottilissimo, scendere e risalire l'angiolo» (ibi, pp. 248-249). La rappresentazione iniziava
con la scena sul palco della Vergine ossia «un bel giovane, vestito di ricchi abiti femminili, con corona
La seconda tipologia di drammatizzazione liturgica dell'Annunciazione,
considerata come tipica dell'area veneta, è meno spettacolare e si caratterizza per
l'aggiunta alla salutazione angelica della visita di Maria ad Elisabetta21. La data del 25
marzo e i significati religiosi e politici sopra descritti, distinguono inoltre l'officium
more veneto dell'Angelus dalla Missa aurea, ossia la messa celebrata in una delle feste
mariane d'Avvento, in cui il racconto di Luca era recitato dialogicamente da un
diacono nella parte del narratore e da due giovinetti nel ruolo della Vergine e
dell'Angelo22.
Il modello veneto ha come principali testimoni i testi di Cividale, Padova e quello
conservato a Venezia presso la chiesa di S. Maria della Fava, scoperto recentemente e
studiato da Giulio Cattin23. I tardi compilatori degli officia liturgici di Cividale e di S.
Maria della Fava mettono in musica con molta fedeltà tutte le battute dialogiche del
vangelo lucano e non utilizzano le procedure centonizzanti e il ricorso alla citazione
libera del testo biblico come accade invece con le antifone usate nella liturgia del
periodo d'Avvento o per la festa dell'Annunciazione a Padova o nella
rappresentazione di fine di gennaio per la festa delle Marie a Venezia 24.
in capo e nelle mani un libro che leggeva in silenzio». Sullo stesso palco si vedevano «quattro uomini
travestiti, con barbe lunghe e capelli rabuffati», sono i quattro profeti. Ognuno «ha uno scritto nelle
mani, che contiene le antiche profezie sulla nascita e l'incarnazione di Cristo» (ibi, pp. 247-248).
20 Cfr. L. Zorzi, Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana, Torino 1977, pp. 71-76.
21 Una poco nota descrizione dell'Annunciazione eseguita a Ferrara nell'aprile del 1503, in occasione
delle feste di nozze di Alfonso d'Este con Lucrezia Borgia, sembra conciliare i due principali stili delle
annunciazioni italiane, quella veneta e quella toscana. Nel Duomo era stato allestito: «uno apparato
fabricato de legname, di grandissima spesa e assai sumptuosa. Cussì fo dato principio per uno
spiritello, quale pronunciò lo argomento de la Demonstratione, narando li Propheti che parlorono del
advenimento de Christo; et in quello narare, uscirono dicti Propheti, li quali seriatim dixeno la loro
prophetia, reducti in taciti vulgari. Doppoi, Maria, qual era sotto un capitello, levato super colonne ad
octo cantoni, cominciò pure alcuni versi de predicte prophetie; et in quello dire fo aperto in un istante il
celo, dove se demonstròe uno in similitudine de Dio Padre, quale non se dicerneva dove posasse, cum
angeli intorno, in uno zirare piano, che a pena si vedeva il reposar loro di piedi, et cum altri sei anzoli
sostenuti in aere da ferri; e nel mezo gli era l'anzolo Gabriel, al quale quello Deo Padre parlòe; et
doppoi questo ordene, descese cum mirabile arteficio fino ala alteza de la sumità de l'organo: li quali
fermati, se vedete in uno subito acendere infiniti lumi, che ge cadetero da li piedi, e che erano
congegnati in un razo che li copriva: che in vero fo una cosa digna da vedere: Et acesi questi lumi, ultra
l'altri ch'erano infiniti in lo celo, ch'io ho dicto, il discese al basso quello angelo Gabrielo, conzegnato
cum ferri ch'el teneva, li quali non se vedevano; in forma ch'el pareva essere desceso libero in una
nuvola, substenuta da uno ferro, con uno solo possare di piedi. Et intanto facta la naratione, se ne
tornòe cum li altri angeli al celo, cum canti et soni che se audivano, et cum certi acti de letura facti da
quelli spiritelli, li quali tenendo torce bianche in mano, se inclinavano in quello substegno di piedi, che
quasi faceano timore a vederli. Gionti de sopra e serato il celo, fo facti alcuni acti de la Visitatione de
sacta Elysabetha et de Joseph, qual vuolse per terra; in lo qual acto se aperse un altro celo, et cum un
altro bello e mirabile ingegno descese un anzolo, manifestando a Joseph la incarnatione esser facta de
Gesù: e detto sancto pacificato da quello che prima il dubitava, et narato quello che l'avea hauto in
visione, per il trafugare la Vergine Sancta, fo dato fine a la festa. La quale duròe circa due hore e meza,
assai dilectevole per quelli belli artificj ch'io ho dicto, e alchuni altri ch'io pretermetto» (A. D'Ancona,
Origini del teatro italiano, cit. I, pp. 337-338).,
22 G. Cattin, Tra Padova e Cividale: nuova fonte per la drammaturgia sacra nel medioevo
, in “Il
saggiatore musicale”, I ,1994, p. 72, nota 109. La Missa aurea sembra essere nata in Francia, a Tournai
nel 1231, per diffondersi poi nell'Europa del Nord, in Francia e anche in Italia, cfr. K. Young, The
Drama of the Medieval Church cit., II, pp. 245-247 e 480-483.
23 Ibi, pp. 7-111.
24 Per l'ufficio drammatico di Padova cfr. G. Vecchi,
Uffici drammatici padovani, Firenze 1954, pp.
67-75. Il testo di Venezia è noto grazie alla descrizione del 1267 di Martin da Canal, Estoires de
Riti analoghi a quello di Padova sono documentati per il 1364 nella cattedrale di
Treviso25 e a Gemona del Friuli nel 1389 26. A Treviso la confraternita di Santa Maria
dei Battuti aveva in Duomo un proprio altare dedicato all'Annunziata. Nella
convenzione stipulata nel 1364 il Capitolo del Duomo garantisce per la festa
dell'Annunciazione la presenza di “duos clericos sufficientes pro Maria et Angelo et
bene instructos ad canendum in festo fiendo more solito in die Annuntiationis”27.
A Padova gli statuti prescrivevano la rappresentazione nel giorno dell'Annunciata,
post prandium, assumendo “un significato civile e religioso insieme, alla pari della
citata festa veneziana, nella quale i cortei processionali rendevano omaggio al
doge”28. Anche a Cividale il ludus non si svolgeva all'interno della chiesa, ma al
Forum. Dalla chiesa principale usciva la processione, mentre si cantava il responsorio
Gaude, Maria virgo. Giunti nella piazza più grande della città, il diacono cantava il
vangelo dell'Annunciazione e subito aveva luogo la Representatio Angeli ad Mariam.
Terminata la quale, Clero e Popolo ritornavano processionalmente in chiesa al canto
del Te Deum 29.
L'alleanza tra significato religioso e politico del culto mariano e la
generalizzazione della festa dell'Annunciazione nelle diocesi venete non discende solo
dall'influsso e dal condizionamento della Repubblica di Venezia, ma risale in realtà al
tempo del patriarcato di Aquileia. Alcune «delle cattedrali venete, che già in forza dei
concili di Efeso e Calcedonia erano dedicate a Maria, specificarono la loro titolarità
scegliendo la Vergine dell'Annunciazione». Questo avvenne a ricordo della lunga
lotta a sostegno della dottrina dell'incarnazione, proclamata dal concilio di
Calcedonia, che portò i vescovi veneti ad un lungo scisma detto dei Tre Capitoli
contro il papa di Roma. Lo scisma venne risolto sotto il pontificato di Sergio I, negli
anni 687-701.
La devozione alla Vergine doveva manifestare l'integrità della fede nell'incarnazione di Cristo. La
lunga battaglia allora ingaggiata in un clima di assoluta compattezza spiega anche il coinvolgimento
nei riti celebrativi del potere politico delle città, che al tempo dello scisma, almeno nelle diocesi di
terraferma, si schierò dalla parte dei vescovi. Appare quindi del tutto comprensibile la solennizzazione
mediante cerimonie straordinarie, sfociate a un certo momento (sec. XII-XIII?) nella drammatizzazione
del dialogo lucano, che poteva avvenire in chiesa oppure al centro d'una processione nella principale
piazza della città30.
Venise. Cronaca veneziana in lingua francese dalle origini al 1275, II, a cura di A. Limentani, Firenze
1972, pp. 254-257.
25 L. Pesce, La Chiesa di Treviso nel primo Quattrocento, Roma 1987, voll. 3, I, pp. 74-77. Vedi anche
in appendice III, n. 10, pp. 470-475 un testo del 1442 del servita Maria Ambrogio Spiera che è un
processo in Paradiso, forse da premettere alla tradizionale rappresentazione della salutazione angelica.
26 G. Cattin, Tra Padova e Cividale, cit., p. 14. Per Vicenza cfr. ibi, p. 18, nota 31.
27 Ibi, pp. 18-19. Per maggiori ragguagli cfr. D. Bryant, M. Pozzobon.
Musica devozione città. La
Scuola di Santa Maria dei Battuti (e un suo manoscritto musicale) nella Treviso del Rinascimento,
Treviso 1995, pp. 41-51..
28 G. Cattin, Tra Padova e Cividale, cit., p. 14.
29 E. Papinutti, Il processionale di Cividale, Gorizia 1972, p. 90.
30 Cfr. G. Cattin, Tra Padova e Cividale, cit., pp. 15-16.