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PAOLA ALGERI – matricola 1000458 Tesi di laurea specialistica in “Management, Finanza e International Business” FIDUCIA E CRESCITA ECONOMICA: indagine empirica nei paesi dell’Europa-27 Nel corso degli ultimi decenni, sempre più la letteratura economica ha esaminato il ruolo del “capitale sociale”, e la nozione di capitale sociale è stata ed è tuttora largamente utilizzata quando si è impegnati in discussioni concernenti lo sviluppo economico e sociale dei paesi. Essendo la fiducia una componente centrale del capitale sociale, è evidente che gli studiosi abbiano in seguito posto l’attenzione all’interno di questa tematica, collegandola alla performance delle moderne economie. Il lavoro si concentra su una particolare forma di fiducia, ovverosia la fiducia interpersonale, vale a dire quel tipo di fiducia in grado di facilitare la cooperazione e la coordinazione, conducendo a minori costi di transazione. Alla luce di ciò, nel corso della tesi, si è voluto rendere evidente il ruolo della fiducia interpersonale in relazione alla crescita delle moderne economie. Con riferimento alla letteratura esistente, e nell’ambito della relazione presa in esame, assume un ruolo fondamentale il lavoro di Zak e Knack (2001). Il modello teorico da loro elaborato poggia sulla relazione principale-agente, più precisamente tra investitore e broker, in cui il primo è soggetto a moral hazard da parte del secondo. A partire da questo quadro di contesto, gli autori concludono che è più probabile barare (e dunque il livello di fiducia è inferiore) laddove la distanza sociale tra gli agenti è maggiore, le istituzioni formali sono più deboli, le sanzioni sociali contro chi imbroglia sono inefficaci, e i salari degli investitori sono bassi. L’aspetto importante individuato da Zak e Knack (2001) è che le società eterogenee, specialmente quelle con deboli istituzioni formali e informali, esibiscono una minore fiducia e una crescita del reddito minore a quello di società più egualitarie caratterizzate da maggiore fiducia. Queste conclusioni vengono confermate in larga parte dall’analisi econometrica svolta da Zak e Knack (2001), i quali – con riguardo alla relazione tra fiducia e crescita – confermano la positività assunta nel loro modello teorico: la crescita aumenta di quasi un punto percentuale, in media, per ogni aumento di 15 punti percentuali della fiducia. Quanto detto fino ad ora viene in parte contraddetto dall’indagine di Felix Roth (2009), il quale individua un rapporto curvilineo tra fiducia interpersonale e crescita economica, rivelando che quest’ultima è negativamente correlata ad un aumento della fiducia al di sopra di una determinata soglia di Trust Index, pari a 30%. Ciò assume un significato rilevante nell’ambito delle decisioni politiche: apparirebbe conveniente investire in politiche volte al consolidamento della fiducia limitatamente nei paesi che esibiscono bassi livelli di fiducia. 1 Si è poi approfondito il significato di disuguaglianza e di eterogeneità, in quanto variabili fondamentali che influenzano il livello di fiducia caratterizzante una società. In proposito, l’analisi di Jong-Sung You (2005) suggerisce che l'effetto negativo della disparità di reddito sulla fiducia sociale (così come individuato da Zak e Knack, 2001) è più legato all’asimmetria (iniquità) piuttosto che alla dispersione (eterogeneità) del reddito. Dopo aver mostrato le principali conclusioni della letteratura in merito alla relazione fiduciacrescita economica, il capitolo finale della tesi è dedicato a comprendere in maniera più dettagliata la relazione intercorrente tra fiducia interpersonale e performance economica, conducendo un’analisi panel nell’ambito dei paesi dell’Europa-27. Nel corso di tale analisi econometrica, la prima importante conclusione cui si è giunti risiede nel fatto che il Trust Index perde di significatività nel momento in cui l’effetto paese viene inserito nella regressione, il che indica che l’effetto paese elimina l’effetto che la fiducia ha sul PIL pro capite. In altri termini, la fiducia è propria di ogni singolo paese, e da quest’ultimo viene catturata. Si è voluto in seguito considerare eventuali correlazioni tra la fiducia interpersonale e i Confidence Indeces (Chiesa, Parlamento, Unione Europea, grandi compagnie societarie, Sindacati e sistema sanitario). Da una prima analisi risulta che fra il Trust Index e i Confidence Indeces, ma anche tra i Confidence Indeces medesimi, vi sono significative correlazioni. Le regressioni in cui rientrano come variabili indipendenti anche gli indici di confidence, mostrano un Trust Index significativo, ma l’aspetto singolare è dato dalla negatività del segno: un aumento della fiducia comporterebbe una riduzione del PIL pro capite. Si è così deciso di svolgere ulteriori regressioni con lo scopo di comprendere la natura di questo rapporto negativo tra fiducia e crescita, ragionando in termini di aree economico-geografiche (oltre che in termini di livelli di fiducia). Si è giunti in tal modo all’importante conclusione che, limitatamente all’area di paesi dell’est Europa, ci si discosta dall’effetto medio negativo che il Trust Index ha sul PIL pro capite, quando anche i Confidence Indeces rientrano nella regressione. La retta che descrive la relazione tra fiducia interpersonale e logaritmo naturale del PIL pro capite cambia la pendenza, assumendo segno positivo per i paesi dell’est Europa (transition economies). Dopo il primo grande allargamento avvenuto nel 2004, e successivamente nel 2007, il “blocco comunista” ha dovuto sperimentare il fenomeno nuovo della “transazione” a una forma di mercato completamente diversa da quella dominante per quasi cinquant’anni della sua storia. È possibile argomentare che l’entrata di questi paesi nell’Unione Europea e l’accesso a un’economia di mercato ha svolto un ruolo cruciale, facendo sì che a un aumento della fiducia seguisse un aumento del PIL pro capite, in funzione del fatto che l’entrata recente in questa nuova realtà istituzionale ha permesso di creare delle relazioni e delle cooperazioni governate da una maggiore trasparenza. 2