1 durata dell`ora di lezione – quadro normativo

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1 durata dell`ora di lezione – quadro normativo
DURATA DELL’ORA DI LEZIONE – QUADRO NORMATIVO
IL QUADRO NORMATIVO, di seguito, chiarisce in modo inequivocabile che nessun preside potrà
chiedere ai docenti di recuperare le frazioni orarie se non saranno essi stessi, in collegio docenti, ad aver
deliberato in tal senso.
CM 243 – 22/09/1979 regolamenta la riduzione dell’ora di lezione per motivi di necessità (orari trasporti, doppi turni)
CM 192 - 3 luglio 1980 prevede la possibilità di riduzione in ipotesi diverse da quelle della CM 243 ‘situazioni di necessità
debitamente rappresentate e...’
CCNL 94-97 Art. 41, 4 prevede il completamento d’orario (cioè il recupero dei minuti di riduzione) quando l’ora di lezione è
ridotta per sperimentazione di ordinamento e struttura (maxi-sperimentazioni)
Accordo di
interpretazione
autentica 1 luglio 97
chiarisce che il precedente art.41.4 si applica a tutti i casi di riduzione dell’ora di lezione deliberati dalla
scuola per esigenze interne, ma non a quella per cause di forza maggiore, regolata dalle circolari 243/79
e 192/80.
Nota: secondo l’Associazione nazionale presidi «una causa di forza maggiore non si delibera: se ne può
solo prendere atto in via amministrativa …l’accertamento della necessità non può essere rimessa al
voto, ma solo ad una presa d’atto che non può essere fatta che dal responsabile dell’ufficio.»
CM 620 - 3 ottobre 97 demanda alla scuola la decisione di ridurre l’ora di lezione per motivi di necessità.
DM 234 - 26/6/2000
Art. 3
prevede che, se nel POF si adotta un’unità di lezione diversa dall’ora, i minuti residui si recuperano
nell’ambito del curricolo.
Accordo 27 luglio 2000
Articolo unico
conferma che anche con l’autonomia (dal 1 settembre 2000) le norme sull’orario di lavoro dei docenti
restano quelle già vigenti.
CM 225 - 5 ottobre
2000
chiarisce che, se il POF non contempla modifiche d’orario legate a nuove modalità organizzative, l'orario
di servizio degli insegnanti resta disciplinato dall'art. 24 C.C.N.L. 26 maggio 1999, e dall'art. 41 del
C.C.N.L. 4 agosto 1995.
SENTENZA - Giudice del lavoro di Reggio Emilia -10/10/2002
…se la deliberata riduzione dell’unità oraria di lezione comporti o
meno l’obbligo per i docenti al recupero della riduzione di orario
relativa alle ore intermedie… Al quesito il Giudicante ritiene debba
darsi risposta negativa. Incontestato che la riduzione di orario in
discorso trova causa nella volontà di sopperire, alla difficoltà,
ingenerata dagli orari dei pubblici trasporti, degli studenti di fruire
di adeguati spazi temporali di studio domiciliare, ove sia
mantenuta un’unità oraria di lezione di 60 minuti tale da imporre
lunghi tempi di attesa dei mezzi di pubblico trasporto o, al limite,
l’impossibilità di utilizzarli, diviene evidente come il rimedio
prescelto abbia l’effetto di far assurgere la difficoltà a causa di
forza maggiore determinata da motivi estranei alle esigenze
didattiche (regolata dall’art.41/4 del Ccnl 4/8/1995, dall’accordo
del 1/7/1997 e dalle circolari n.243/1979 e 192/1980)
Le motivazioni: quando la riduzione è finalizzata a consentire
ai ragazzi di prendere i mezzi pubblici per tornare a casa in
tempo per avere ore a sufficienza per studiare, il recupero non è
dovuto. Il giudice ha anche condannato l'amministrazione a
rifondere ai ricorrenti 3.300 euro per spese ed onorari.
SENTENZA - Corte d’appello di Torino - sez. Lavoro 28 febbraio 2005
… se la CM 192/80 avesse voluto imporre il recupero delle
frazioni orario non lavorate, lo avrebbe detto espressamente (così
come ha fatto l’art.41 del CCNL 4.8.95 per l’ipotesi della riduzione
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orario per sperimentazione didattica). …La CM 192/80 contiene
espressa conferma delle disposizioni della CM 243/79…
Il Tribunale ha assunto che “non esistono quindi ore “riducibili” ed
altre “irriducibili” con relative sottrazioni per ricavare minuti da
recuperare da parte dei soli docenti; la discriminante è data da chi
assume la decisione:
didattica con recupero, da parte del collegio docenti;
per cause di forza maggiore senza recupero, da parte del consiglio di istituto.
Non necessariamente una riduzione per cause di forza maggiore
è legata al pendolarismo degli studenti o dalla localizzazione della scuola in area a rischio.
Il Tribunale di Torino ha dato ragione ai docenti che ricorrevano contro il DS che non ha tenuto
delle CC.MM. 243/79 e 192/80 sulla riduzione oraria,
CONDANNANDO
- il Ministero dell'Ec. e Finanze a corrispondere ai ricorrenti i seguenti importi netti: a …
omissis… € 360,32 e a …omissis… € 373,53 oltre interessi legali dalle trattenute al saldo.
- l'istituto Marchesini ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in solido tra loro, a rifondere ai
ricorrenti le spese di lite, che liquida in € 2.500,00 oltre IVA
SENTENZA - Corte d’appello di Venezia 11 ottobre 2005
Situazione nell’Istituto: pendolarismo degli studenti anche da fuori
provincia; una delibera del collegio docenti aveva confermato ore
di 60 minuti; la dirigente aveva deliberato la riduzione a 50 minuti
delle 6 ore quotidiane dopo una deliberazione del Consiglio che
citava sia problemi di trasporto che motivazioni didattiche.
Richiesta del ricorrente: annullamento della delibera che
cumulava due fattispecie diverse di riduzione (per motivi di
trasporto che non prevede recupero; per motivi didattici, decisa
necessariamente dal collegio docenti e che prevede
contestualmente l’adozione di forme di recupero obbligatorio).
I GIUDICI DICHIARANO TESTUALMENTE CHE
“la circolare,fonte di causa, cumula in unico atto le due diverse ipotesi di
riduzione d’orario realizzando, come dedotto, una terza ipotesi che è
priva di alcun supporto normativo e quindi è illegittima”.
C.C.N.L. 2006 – 2009 - ART.28 - ATTIVITÀ DI INSEGNAMENTO
Commi 4 - 7 - 8
Comma 4 Gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento ed in
attività funzionali alla prestazione di insegnamento.
Prima dell’inizio delle lezioni, il dirigente scolastico predispone, sulla base delle eventuali proposte degli
organi collegiali, il piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente, che sono
conferiti in forma scritta e che possono prevedere attività aggiuntive. Il piano, comprensivo degli impegni
di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione didatticoeducativa
e con la stessa procedura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte a nuove
esigenze. Di tale piano è data informazione alle OO.SS. di cui all’art. 7Comma 7. Al di fuori dei casi previsti dal comma successivo, qualunque riduzione della durata dell'unità
oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione
scolastica. La relativa delibera è assunta dal collegio dei docenti.
Comma 8. Per quanto attiene la riduzione dell'ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da
motivi estranei alla didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e
n.192 del 3.7.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate. La relativa
delibera è assunta dal consiglio di circolo o d’istituto.
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Da Tuttoscuola-Focus
Ore di lezione da 60 a 50 minuti ?
Scuola: Quei milioni di ore non lavorate ma pagate. Da trent’anni
Tra le misure previste dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini per aumentare
l’efficienza nella gestione del sistema di istruzione c’è quella di recuperare - visto che
sono pagate - le ore di minor insegnamento conseguenti alla riduzione della durata delle
lezioni. Di che si tratta?
Lo “sconto” di orario è legato alla riduzione della durata delle lezioni dipendente da
“cause di forza maggiore” (mancanza di trasporti, mense ecc.), avallata da una norma
contrattuale (l’art. 28 comma 8 del CCNL 2006-2009 che richiama una circolare del
1979). La riduzione di orario delle lezioni per gli alunni non comporta infatti, secondo
quella vecchia circolare, obbligo di recupero per i docenti. Un’eccezione alla regola?
Non proprio. Si tratta di una consuetudine ampiamente diffusa negli istituti di scuola
secondaria superiore sul territorio nazionale: invece di 60 minuti, in migliaia di scuole
l’unità didattica è fatta durare, di regola, 50 o 55 minuti.
Questa eccezione, ormai diventata una regola, è dovuta al fatto che, con orari di 34-36 e
più ore settimanali, i rientri pomeridiani laddove non vi siano servizi di trasporto non
sono quasi mai possibili. Pertanto, al fine di evitare disagi agli studenti, per “cause di
forza maggiore” l’orario viene ridotto, con “sconti” di 10 minuti all’ora. Di fatto 34, e
anche 36 ore di lezione, si riducono a circa 30 ore effettive (di orologio). Perché però
non chiedere ai docenti il recupero di quelle ore facenti parte dell’orario previsto dal
contratto di lavoro?
Oltre 200 milioni di euro di risparmi possibili
Era stata Tuttoscuola nel dossier “Qualità e risparmi. La sfida della scuola italiana” di
settembre a richiamare l’attenzione sulla questione, stimando in almeno 6 milioni di ore
all’anno il non lavorato (ma retribuito) dei professori.
Il calcolo è presto fatto: si può stimare che dei 224 mila docenti di istituti secondari di II
grado (soprattutto di istituti d’arte, tecnici e professionali), almeno 100 mila fruiscono
del non recupero. Per una media di 2 ore a settimana (stima prudenziale), pari quindi a
60-70 ore all’anno normalmente retribuite, il benefit può essere stimato in un monte
annuo complessivo di 6-7 milioni di ore “scontate”.
Applicando un costo medio all’ora di circa 35 euro per un docente della secondaria
superiore (anzianità media 15 anni, comprensivo di oneri riflessi a carico dello Stato), se
ne ricava un importo virtuale compreso tra i 210 e i 245 milioni di euro. Per ore non
prestate, ma regolarmente retribuite.
L’aspetto più grave della questione è che in non pochi casi gli stessi docenti che
beneficiano di questo “sconto” vengono retribuiti per le attività aggiuntive di recupero
dei debiti degli studenti (pagate 50 euro all’ora per corso di recupero).
Insomma lo Stato “abbona” alcune ore di lavoro (in taluni casi fino a cento e più ore a
persona l’anno) e poi paga alle stesse persone, o a loro colleghi, una prestazione
supplementare. In tempi di crisi economica, con migliaia di lavoratori (nel privato) già
in cassa integrazione (per non parlare dei tantissimi precari rimasti senza lavoro) si
tratta effettivamente di un vero e proprio spreco non motivato. Che rimane tale anche
considerando lo stipendio medio scandalosamente basso dei docenti italiani. Anzi, si
tratta proprio di un esempio significativo di quanto sia stata spesso impostata una
politica sbagliata che ha consentito la coesistenza di un impiego inefficiente delle
risorse e di stipendi bassi. Con il dubbio che in fondo l’uno abbia giustificato i secondi.
Basti pensare che se dal 1979 ad oggi si fossero risparmiate o ottimizzate queste risorse
(per esempio realizzando risparmi sul fondo di istituto per attività aggiuntive, o per il
finanziamento dei citati corsi di recupero o per supplenze), in trent’anni si sarebbero
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accumulati a valori di oggi oltre 6 miliardi di euro, che una gestione illuminata avrebbe
potuto reinvestire proprio in incrementi retributivi.
Su cosa agisce il provvedimento del Governo. Bisognerà aspettare il 2015?
Ora la Gelmini annuncia che con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento, non
saranno più ammesse deroghe all’obbligo di rispettare gli orari previsti dai piani degli
studi. E contestualmente prevede per i licei e per i tecnici una riduzione rispettivamente
a 30 e 32 ore settimanali. Secondo la presentazione diffusa dal Miur il 18 dicembre
2008, l’orario settimanale negli istituti tecnici passerà da 36 ore di 50 minuti (pari a 30
ore settimanali effettive, cioè a 990 ore effettive all’anno) a 32 ore di 60 minuti (pari a
1.056 ore all’anno). Si persegue pertanto un doppio obiettivo: un orario effettivo di
lezione analogo a quello attuale, con un significativo risparmio di spesa (nei tecnici si
pagano oggi docenti per 36 ore, domani per 32).
Qualcuno ha fatto confusione ritenendo che il provvedimento colpisca l’autonomia
didattica delle scuole, che consente loro di organizzare l’orario di lezione in modo
flessibile (per esempio una scuola può stabilire di svolgere le 3 ore di una determinata
disciplina in 6 moduli didattici da 30 minuti). Ma nel rispetto ovviamente del monte
orario fissato per quella disciplina. Una fattispecie del tutto diversa rispetto al diritto
(sarebbe meglio chiamarlo privilegio, peraltro riservato ai soli docenti della secondaria
superiore), sancito per contratto, che consente ai professori di non recuperare le ore di
servizio non prestate quando l’orario di lezione dei ragazzi è, per l’intero anno
scolastico, ridotto. C’è da credere che il Governo intenda colpire quest’ultimo diritto (e
per farlo sarà necessario rinegoziare nel contratto la materia o emanare una norma non
contrattuale che imponga il rispetto effettivo degli obblighi di servizio), piuttosto che
l’autonomia didattica delle scuole.
Durante una trasmissione di Porta a Porta di settembre, l’ex-segretario della Flc-Cgil,
Enrico Panini, glissava sulla domanda del conduttore Bruno Vespa che chiedeva conto
di quella montagna di ore non lavorate, scaricando sul ministero la responsabilità di
ogni decisione in merito (“se il Ministero non abroga quella circolare è un problema
suo”), questo il senso della sua risposta. Ora il ministro Gelmini sembra voler risolvere
il problema. Ma dovrà agire, perché per ora tutto resta come prima e si rischia, caduto il
clamore del momento, di rinviarne la soluzione a quando partirà la riforma delle
superiori o, peggio, a quando lentamente, di anno in anno, sarà andato tutto a regime,
nel 2015.
Quella vecchia circolare del 1979 cosa dice?
Da dove viene la disposizione che consente ai professori di non recuperare le ore non
lavorate?
A leggere il Contratto nazionale (art. 28, comma 8 del CCNL 2006-2009) non si capisce
cosa voglia dire quella formula strana di rinvio a circolari ministeriali di trent’anni fa
nascoste negli archivi polverosi di viale Trastevere: “Per quanto attiene la riduzione
dell'ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla
didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e n.
192 del 3.7.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate.
La relativa delibera è assunta dal consiglio di circolo o d’istituto”.
La formula contrattuale sembra fatta apposta per non essere capita, come nei giochi
delle scatole cinesi e nel miglior gergo burocratico: non si riesce a capire infatti come
“la materia” (cioè la riduzione oraria) sia stata regolata da quelle fantomatiche e
introvabili circolari. Con un po’ di pazienza e di fortuna, cercando negli archivi del web,
si può scoprire, però, che quelle circolari erano state fatte per regolare la riduzione delle
ore di lezione in quegli istituti secondari superiori dove non era possibile (per cause di
forza maggiore come la mancanza di trasporti e di mense) svolgere le lezioni al
pomeriggio. Il ministero consentiva di ridurre di 10 minuti la prima e l’ultima ora di
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lezione (in certi casi anche quelle intermedie) in modo da consentirne lo svolgimento
delle attività al mattino: 30 minuti in meno al giorno per sei giorni equivalgono a tre ore
piene. Mediamente l’orario settimanale si poteva ridurre, dunque, anche di tre ore a
settimana per gli alunni. Saggia autorizzazione, ma gli obiettivi dei programmi di
insegnamento dove andavano a finire?
Ma, soprattutto, quale effetto aveva la riduzione sul lavoro degli insegnanti? Secondo la
circolare di trent’anni fa “non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare
le frazioni orarie oggetto di riduzione”. Cioè le ore non prestate (ma pagate) non vanno
recuperate. Perché? non si sa, si direbbe per magnanimità del datore di lavoro, ma
nessuno ha mai sollevato obiezioni. Anzi, anni dopo, in regime di autonomia scolastica,
per non perdere l’occasione di tanta concessione, il contratto ha richiamato in vita quelle
circolari dimenticate, dando ad esse piena validità. E il non lavorato, pagato ma non
recuperato è diventato un diritto intangibile, come ben sanno alcuni dirigenti scolastici
che hanno tentato il recupero, che in taluni casi hanno perso i ricorsi presentati dai
docenti ai quali erano stati trattenuti dallo stipendio gli importi relativi alle ore non
prestate che si erano rifiutati di recuperare.
Una storia di ordinaria follia della Pubblica Amministrazione italiana.
ORA DI LEZIONE DI 60 MINUTI
COMMENTO ALL’ARTICOLO APPARSO SU TUTTOSCUOLA
I redattori della rivista specializzata sostengono che anche se apparentemente l’offerta formativa subirà un decremento
di oltre il 10%, in realtà verrà garantito «più tempo a scuola, più ore di lezione effettive, per la maggior parte degli
studenti delle superiori». Ma come si è giunti a questa conclusione? Si sono presi in esame gli istituti tecnici, per i quali è
prevista una riduzione di quattro ore dell’orario settimanale, dalle attuali 36 ore (medie) a 32 ore.
Ma poiché attualmente nella maggior parte degli istituti tecnici le ore di lezione sono della durata di 50 minuti
«diminuendo di 10 minuti ciascuna delle 36 ore degli istituti tecnici - spiega in una nota la rivista - si otteneva un
risparmio complessivo di 360 minuti a settimana, equivalenti esattamente a sei ore». La sottrazione dei 10 minuti è stata
resa possibile da una circolare ministeriale del 1979, ripresa nel contratto di lavoro, secondo la quale per cause di forza
maggiore (mancanza di trasporti, mense ecc.), le ore di lezione possono essere ridotte a 50 minuti: «le ore effettive continua la nota - anziché 36, diventavano in questo modo sei di meno, cioè 30 a settimana».
La norma contrattuale, nata per andare incontro soprattutto a fenomeni circoscritti di pendolarismo, è però divenuta
quasi una prassi: la procedura per «contenere l’intero orario settimanale - spiega Tuttoscuola - nella sola fascia del
mattino», è diventata «negli anni, soprattutto con l’arrivo di centinaia di sperimentazioni che hanno ampliato i piani di
studio e gli orari di lezione, una diffusa consuetudine nella scuola secondaria superiore».
E poiché i nuovi regolamenti parlano di ore «il ministero dell’Istruzione ha lasciato intendere che si tratti di ore effettive,
non virtuali, della durata, cioè, di 60 minuti. Se così sarà, il nuovo orario, pur ridotto, avrà una durata complessiva
maggiore di quello attuale».
La rivista ha proiettato il calcolo di ore sull’intero anno scolastico. Ed è emerso che «le attuali 36 ore settimanali “virtuali”,
ridotte per cause di forza maggiore a 30 effettive, sono pari a 990 effettive annue», mentre «le nuove 32 ore settimanali
effettive sono pari a 1.056 ore annue effettive».
In conclusione, «gli studenti dei tecnici, inclusi quelli delle prossime seconde, terze e quarte classi ancora a vecchio
ordinamento del 2010-11, avranno un carico di lezione effettivo di due ore in più a settimana, pari a 66 ore in più all’anno
(+7%). E un discorso analogo, con numeri diversi, si può fare per gli istituti professionali e i licei».
Tuttavia, per vedere realizzate queste stime, avverte “Tuttoscuola”, «è necessario che il ministero dell’Istruzione
introduca una norma che impedisca l’applicazione di quell’eccezione delle ore di lezione da 50 minuti».
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