L E E R Y T H R U R A E

Transcript

L E E R Y T H R U R A E
Monography
M O N O G R A P H Y
L E
E R Y T H R U R A E
Andrea Miraval
QO
Quaderni di Ornieuropa
Monography
Quaderni di Ornieuropa13
d
“Il mondo è un bel posto
e per esso vale la pena
di lottare.”
Ernest Hemingway
Quaderni di Ornieuropa
Monography
M O N O G R A P H Y
L E
E R Y T H R U R A E
Andrea Miraval
A cura
della Redazione
di ORNIEUROPA
N°13 - anno II°
In omaggio ai Soci
dell’AOE
Associazione
Ornitologica
Europea
N13
www.ornieuropa.com
Monography
Le Erythrurae
Andrea Miraval
con la collaborazione di: Prof. Ferragutti . per le erythrurae di Darwin (biologo evluzionist )
Errol Corsbie, Jose Manuel Sarno, Steve Pellow ed Helmut Hillar (per il Diamane quadricolore)
Richard Svoboda (Diamante di Peale) - Gyuri Hlonved e Steve Pellow (Astri Montani)
Quaderni di Ornieuropa
INTRODUZIONE:
L’argomento di questo numero è (quasi) unico: le Erythrurae. Appartengono a questo genere Astrildi insulari dell’Oceania (ben noti agli allevatori) dai meravigliosi
colori contrastati in cui ad un verde smeraldo di fondo fanno risalto in modo netto e
definito il rosso carminio, il blu cobalto, il violetto ed il giallo. Ovviamente non tutti
presenti contemporaneamente nella medesima specie… Anche se una li comprende
quasi tutti: il ben noto Diamante di Gould (Erythrura Gouldiae).
Troppo famoso ed importante negli allevamenti mondiali per essere trattato
qui. A sua maestà il Diamante di Gould è inoltre dedicata già un amplissima
letteratura specialistica in cui viene detto praticamente tutto. No qui si vuole
parlare dei suoi cuginetti meno famosi ma non per questo meno interessanti.
Nel primo articolo (Le Erythrurae di Darwin) si vuole fare, in occasione del bicentenario della sua nascita, un divertente gioco di fantasia che tenta di rispondere ad una semplicissima domanda: se Charles Darwin fosse finito, anziché alle
Galapagos col famoso brigantino Beagle, nelle isole del Pacifico Meridionale
cosa sarebbe successo? Sarebbero potute diventare le Erythurae (che lì abitano
diffusi su varie isole) una sorta di nuovi Fringuelli di Darwin? La semi-leggenda
dei fringuelli delle Galapagos che si vuole furono fari ispiratori per Darwin per
la formulazione del libro più rivoluzionario della storia delle Scienze Naturali,
On the origin of the species, si sarebbe potuta trasporre alle Eryhthrurae, che
mostrano simili fenomeni di speciazione divergente insulare? Questo articolo
sarà quindi un viaggio fra meravigliose isole alla scoperta delle Erythrurae che lì
vivono e dei rapporti evolutivi che intercorrono fra le varie specie.
Il secondo articolo è tutto nel suo titolo: “Le difficoltà allevative del Diamante Quadricolore – Erythura Prasina”. Non vuole questo articolo sovrapporsi a
quello bellissimo di Marino Russo presente in questo sito come articolo free,
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Diamante di Gould
(Erythrura Gouldiae)
Introduzione
Diamante quadricolore
(Erythrura prasina)
ma un suo compendio, con nuove testimonianze da me recuperate inizialmente
sul web e poi continuate mediante scambio diretto via mail, con i pochi allevatori che tentano di far riprodurre in cattività questo stupendo Astrilde (secondo
come variabilità cromatica, a mio modesto parere, al solo Diamante di Gould)
ma che offre ancora notevoli difficoltà di allevamento.
Il terzo articolo (Il Diamante di Peale) tenta di far conoscere un’altra Erythrura
ancora non molto allevata in Italia ma che può essere promettente per il futuro:
Il Diamante di Peale (Erythrura Pealii).
Infine il quarto articolo, “Le Erythrurae d’Africa” parla di un genere di Astrildi che qualche autore avvicina per comportamento e aspetto d’insieme alle
Erythrurae vere e proprie: gli Astri Montani (Genere Cryptospiza). Sono da
considerarsi dei parenti stretti, migrati dalle isole del Pacifico fino alle alte vette
montane centroafricane, o è un semplice fenomeno di convergenza evolutiva?
Questo articolo sarà anche di spunto per una riflessione che oggi può valere per
qualsiasi specie di uccello allevata: se l’allevatore ai tempi delle importazioni
“selvagge” veniva spesso visto dagli ambienti protezionisti come un collezionista
privo di scrupoli, depredatore della biodiversità per bassi scopi egoistici (anche a
ragione va ammesso), oggi che le importazioni sono bloccate, può esso diventare
invece un soggetto da inserire in programmi di conservazione e preservazione
delle popolazioni selvatiche? Alcuni Astri Montani, in particolare l’Astro Montano di Shelley, sono in fase di forte declino. Con un opportuno programma di
riproduzione captiva, si potrebbero creare ceppi idonei ad un loro reinserimento nell’ambiente di origine, ove fossero ovviamente preventivamente abolite le
condizioni che hanno portato al forte decremento numerico? Simon Espley, con
cui ho avuto un fitto contatto epistolare, e la sua associazione (The rare finch
conservation group), che si occupa appunto di preservazione di Astrildi rare, la
pensa allo stesso modo e non è certo l’unico.
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Non mi resta che augurarvi una buona lettura,
Andrea Miraval
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Diamante
di Tanimbar
(Erythrura
tricolor)
Quaderni di Ornieuropa
LE ERYTHRURAE
di Darwin
Charles Darwin 1809 – 1882. Questo è quindi un anno particolare ed in tutto il mondo, dall’Inghilterra alle remote Galapagos si celebra il bicentenario
della nascita del padre dell’evoluzionismo moderno. A Milano fra l’altro si è
da poco conclusa una bellissima mostra espositiva alla Rotonda della Besana,
proprio dedicata alla vita ed opere di Darwin, mostra che è stata accompagnata
da quotidiane tavole ed incontri cui hanno partecipato il gotha del naturalismo,
e non solo, italiano. Anche qui, nel nostro piccolo, si vuole fare omaggio a questa grande figura di naturalista, all’uomo di Scienza che, insieme a pochissimi
altri, ha dato l’avvio a ciò che non è stata solamente una rivoluzione di pensiero
scientifico ma più in generale umano e sociale. Quest’articolo infatti si propone, meglio tenta, di rispondere ad un semplice, apparentemente, quesito: cosa
sarebbe accaduto se Darwin, con il famoso brigantino Beagle, avesse fatto rotta
verso i meravigliosi arcipelaghi del Pacifico anziché alle Galapagos? La risposta
più immediata è: Darwin, allora 29enne, si sarebbe perdutamente innamorato
delle esotiche bellezze femminee di quei paradisi perduti, non avrebbe mai scritto “On the origin of the species” ed avrebbe terminato i suoi giorni danzando
al soave suono della risacca e ricoperto da ghirlande di fiori!
Si, probabilmente sarebbe andata così ed il Mondo non avrebbe avuto in omaggio uno dei più rigorosi e rivoluzionari libri di Storia Naturale.
Ma purtroppo ciò che sottende questa domanda è più complesso. Uno dei capisaldi alla teoria evoluzionistica di Darwin (cui si farà cenno nel paragrafo
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Charles Darwin
Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
successivo) sono i famosi Fringuelli di Darwin, piccolo gruppo sistematico di
Emberizidi assai simili fra loro, ma con alcune importantissime differenze adattative, e che vivono solo alle Galapagos. Ciò che rappresentano questi uccellini
sarà spiegato nei dettagli più avanti. Possiamo però innanzitutto dire che la loro
somiglianza ed al contempo le loro differenze rappresentano una prova indiretta
all’evoluzione. Un gruppo di uccellini chiaramente imparentati fra loro, che
hanno avuto cioè un’origine comune, a partire da un piccolo gruppuscolo di
fondatori, e che si sono nel tempo differenziati fra loro in una serie di specie,
ognuna adattata ad un particolare ambiente e ad una particolare isola dell’arcipelago. Il fenomeno si chiama radiazione adattativa ed avviene similmente in
tanti arcipelaghi, specialmente vulcanici (cioè che non hanno mai avuto contatti con la terraferma). Le Erythrurae ne sono un altro valido esempio. Ecco che
il vero quesito è il seguente: se Darwin fosse andato tra le isole indonesiane e del
Pacifico anziché alle Galapagos, sarebbero potuti diventare le Erythrurae i nuovi
Fringuelli di Darwin? Quindi un articolo sulla storia evolutiva delle Erythrurae,
ma, soprattutto, un viaggio (solo virtuale purtroppo) attraverso quelle esotiche
e meravigliose isole, analogo a quello (questa volta reale) che Darwin compì in
Sudamerica e Galapagos e che fu per lui essenziale alla formulazione della sua,
ancor oggi valida, teoria evoluzionista.
Prima però è necessario fare una piccola premessa. Premessa che si dividerà in
3 piccoli capitoletti.
L’evoluzione secondo Darwin
Significato degli arcipelaghi isolati
I fringuelli di Darwin
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L’EVOLUZIONE SECONDO DARWIN
Darwin non scoprì l’evoluzione, intesa come cambiamento nel tempo della forma e della fisiologia degli esseri viventi. Ciò era già noto da tempo. Darwin non
scoprì nemmeno che il motore principale dell’evoluzione era l’ambiente. Già
Jean Baptiste Lamarck, circa un secolo prima, l’aveva intuito. Ciò che Darwin
scoprì fu il meccanismo dell’evoluzione, meccanismo che oggi è considerato ancora valido, alla luce di innumerevoli prove provenienti dalle più varie discipline
scientifiche: genetica, paleontologia, immunologia, citologia, biologia molecolare, biologia cellulare, biochimica... La cosiddetta Nuova Sintesi (o neodarwinismo) che ebbe, nel dopoguerra, come fari ispiratori un pool di scienziati di varie
discipline (Ernst Mayr, zoologo e genetista; Julian Huxley, genetista; Ronald
Fisher, statistico…) consiste appunto nell’integrazione della teoria darwiniana
con la genetica mendeliana, la genetica delle popolazioni e la paleontologia,
scienze poco o punto conosciute all’epoca di Darwin.
La teoria darwiniana di Evoluzione per selezione naturale può essere riassunta così:
■ Caratteri e loro modificazioni spontanee e casuali: Darwin intuì che ciò che
siamo, il nostro aspetto fisico, fisiologico e comportamentale, è un insieme di
caratteri. Questi caratteri possono essere soggetti, nel loro passaggio da genitore
a figlio, a modificazioni spontanee ed assolutamente casuali. Individui appartenenti alla medesima specie presentano caratteri molto simili fra loro. Peraltro
esiste una variabilità individuale all’interno della specie, ma entro range ben
definiti e limitati.
■ Ereditarietà dei caratteri: i caratteri sono trasmissibili per via parentale. I figli
ereditano dai genitori una ricombinazione dei caratteri parentali.
■ Selezione delle modificazione dei caratteri: se la modificazione, spontanea e
casuale, di un carattere rappresenta un vantaggio per l’individuo che ne è portatore, allora questa modifica viene selezionata in senso positivo dall’ambiente.
Quaderni di Ornieuropa
Con ambiente si intende non solo l’ambiente fisico, ma anche l’interrelazione, la
competizione, la pressione predatoria ecc.
Un individuo portatore di una modifica positiva è quindi avvantaggiato rispetto ai suoi co-specifici, più vigoroso e si riproduce meglio, trasmettendo questa
modifica alla discendenza. Nel tempo quindi questa modifica si afferma nella
popolazione.
Oggi sappiamo che i caratteri sono l’espressione (i feni) dei geni. Mutazioni
spontanee a carico di un gene (segmento di DNA codificante per una proteina)
causano (se espresse in entrambe le coppie del gene o se dominanti) modificazione del carattere. Se questa mutazione rappresenta un vantaggio allora essa si
afferma nel tempo nella popolazione, se svantaggiosa allora essa si estingue rapidamente. Il soggetto che decide il successo o meno di una mutazione spontanea
e casuale, è l’ambiente (selezione naturale).
Poche righe, una rivoluzione enorme. Secondo Darwin gli esseri viventi sono
quindi tutti il frutto di una continua evoluzione e selezione dei caratteri, cioè
tutti i viventi sono imparentati fra loro (origine comune) e tanto maggiore è il
grado di somiglianza (omologia sistematica) fra due specie, tanto maggiore è la
loro parentela, cioè tanto più recente la loro formazione a partire da una specie
progenitrice comune.
L’evoluzione è un processo graduale che procede però a velocità variabile in
rapporto alla pressione ambientale (velocità tanto maggiore quanto maggiore
è la pressione ambientale). L’evoluzione avviene ovunque ed a carico di tutte le
forme viventi. Però è molto difficile osservarla direttamente, perché molto lenta
rispetto ai nostri parametri. La si può intuire mediante la comparazione fra le
specie viventi (neontologia), mediante la comparazione con le specie estinte (paleontologia), ed infine oggi mediante l’analisi genetica, cercando di ricostruire
la loro storia evolutiva. Le prove a favore dell’evoluzione sono quindi, tranne
rarissimi casi, tutte prove indirette.
Le Erythrurae di Darwin
SIGNIFICATO DEGLI ARCIPELAGHI ISOLATI
L’evoluzione per selezione naturale, come detto, avviene continuamente e dappertutto. Peraltro riuscire a ricostruire la storia evolutiva di un gruppo di specie
simili nelle grandi masse continentali è spesso opera assai difficile. Troppo fitta
la rete di interrelazioni, troppo complesso l’ecosistema. Spesso non si riesce a
comprendere se due specie siano o meno davvero imparentate fra loro (alias origine comune) o se invece la loro somiglianza non sia conseguenza di simile adattamento a simili condizioni ambientali. Il pattern (o rete) evolutiva è talmente
complesso da, spesso, vanificare gli sforzi volti a ricostruirne la storia.
Prendiamo ora un gruppo di isole vulcaniche. Sono sorte spesso nel mezzo
dell’oceano per eruzione lavica da faglie sottomarine. Spesso sono nate in tempi
brevi ed anche recentemente. Non hanno mai avuto contatti con la terraferma
e, al momento della loro genesi, sono completamente prive di vita e ricoperte
solo da lava continuamente eruttata e che va poi gradualmente raffreddandosi
e solidificandosi. Scogli neri, desolati. Nel tempo l’attività vulcanica si smorza
fino a fermarsi del tutto, tranne poi magari riaccendersi di colpo con una grande
esplosione. Queste isole vengono nel tempo ricoperte di vita, prima vegetale e
poi animale, prima pioniera e poi, via via, più esigente. Poche popolazioni di
organismi fondatori (piante ed animali) trovano in queste terre deserte notevoli opportunità, mancanza di predatori specifici, assenza di competitori. Le
popolazioni vanno ad occupare le varie nicchie ecologiche, presenti sulla stessa
isola, oppure a colonizzare le altre isole dell’arcipelago. Queste popolazioni si
suddividono in una serie di sub-popolazioni che nel tempo si differenziano (per
adattamento evolutivo) tra loro, andando a costituire, ciascuna, una nuova specie. Quindi poche specie fondatrici, un numero maggiore, ma sempre scarso,
di specie discendenti. Spinta ambientale forte, evoluzione in genere piuttosto
rapida. Leggere la storia evolutiva, il processo di speciazione (formazione di due
o più specie a partire da una specie progenitrice) in questi arcipelaghi è molto
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
Esempio di arcipelago
vulcanico: le Filippine
più semplice che sui continenti. Ecco perché questi arcipelaghi insulari isolati
sono considerati dei veri e propri laboratori dell’evoluzione. Il più famoso è
l’arcipelago delle Galapagos, formato da 14 isole vulcaniche. È il più famoso
perché qui arrivò Darwin, e qui riuscì a leggere correttamente ciò che questi
isolotti di lava nera gli comunicavano, donandogli le basi per la formulazione
della sua teoria.
Accanto a strane creature, iguane marine, cormorani con ali minuscole ed incapaci di volare, qui vivono dei piccoli uccellini nerastri (i maschi) o grigiastri
(le femmine), invero piuttosto bruttarelli, ma che aiutarono Darwin, più di altre
creature, a capire l’evoluzione. Oggi sono chiamati in suo onore i Fringuelli di
Darwin.
I FRINGUELLI DI DARWIN
Darwin fu un eccezionale osservatore ed analizzatore sistematico. E quegli uccellini imbalsamati, nerastri o bruni, raccolti nelle varie isole delle Galapagos e
gettati tutti insieme in una cassa del Beagle rappresentavano un rompicapo ed,
in seguito, un grande rammarico per non avere in precedenza annotato il punto
di raccolta di ciascun reperto. Il rompicapo consisteva nella notevolissima somiglianza di tutti gli esemplari raccolti, tranne un dettaglio: il becco. Il becco era
diversissimo in ciascun campione o gruppi di campioni: grosso, a forma di vanga, o piccolo, simile a quello di una Dendroica americana, conico e allungato, o
slargato alla base. Allora, quando Darwin presentò i suoi mammiferi ed uccelli,
raccolti durante il secondo viaggio con il brigantino Beagle, alla Geological Society of London (1837), diede quegli esemplari ad un suo conoscente per l’identificazione: John Gould. Gould era già notissimo all’epoca come ornitologo di
fama e grande illustratore (con il prezioso ausilio di sua moglie, Elizabeth Coxen, di notevolissime capacità artistiche), aveva già pubblicato The Birds of Euro-
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I fringuelli di Darwin:
Fringuello dei cactus
(imm. grande), Fringuelli
terricoli (dall’alto in basso:
maggiore, mezzano e minore)
Quaderni di Ornieuropa
pe in 5 volumi, impreziositi da bellissime litografie colorate a mano. La risposta
che Gould gli diede fu inaspettata per Darwin: quei campioni rappresentavano
un gruppo del tutto nuovo di Passeriformi Emberizidi costituito da ben 12 specie differenti. Presentavano una evidente somiglianza con gli Zigoli americani,
ma soprattutto una vicinanza sistematica fra loro. Insomma un gruppo di specie
distinte, ma chiaramente imparentate fra loro, ed uniche.
Studi successivi hanno stabilito che i Fringuelli di Darwin constano di 16 Specie. Si differenziano principalmente, come detto, per la foggia e le dimensioni
del becco, che prefigura differenti adattamenti alimentari e, di conseguenza,
comportamentali. Così abbiamo i Fringuelli terricoli diffusi in tutte le principali
isole (e quindi coabitanti) ma differenziati in 3 distinte taglie, soprattutto relativamente al becco: Minore (Geospiza fuliginosa), Mezzano (Geospiza fortis), e
Maggiore (Geospiza magnirostris). Si nutrono, come dice il nome, preferibilmente a terra ma mangiano
semi di taglia differente e
proporzionali alle dimensioni del becco stesso. Poi
c’è una specie che soggiorna volentieri sui cactus Opuntia dell’arcipelago dei cui semi si ciba,
Fringuello
picchio
il Fringuello dei cactus
(Geospiza conirostris). Infine un’altra, somigliante
per foggia del becco alle
Vermivore e Dendroiche
nordamericane (warblers),
Le Erythrurae di Darwin
Frimguello vampiro
timida e forestale e che
sul
dorso di una Sula
integra la propria dieta di
bacche con vari insetti, il
Fringuello pigliamosche
(Certhidea olivacea). Ma le
due specie dal comportamento più tipico e curioso
sono il Fringuello Picchio
(Camarhynchus pallidus) ed
il Fringuello Vampiro (Geospiza difficilis septentrionalis). Il primo si nutre di
larve ed insetti che va ricercare come un picchio sui rami degli alberi, ma, non avendo la lunga lingua di un
picchio, utilizza un rametto o una spina di cactus, che insinua nei buchi slargati
a beccate, per infilzare la preda (raro caso, fra l’altro, di utilizzo di strumento nel
mondo animale). Il secondo è ancora più particolare. Forse la scoperta è avvenuta
per puro caso. Nutrendosi delle zecche sul corpo delle Sule (grossi uccelli pelagici),
un bel giorno un esemplare provocò una ferita con piccola perdita di sangue al
grosso uccello. Il sangue, ricchissimo oltretutto di principi nutrizionali, dovette
essere di gradimento del fringuello, e l’abitudine alimentare si diffuse all’intera
popolazione. Oggi gli esemplari di questa specie occasionalmente parassitizzano
le Sule, beccandole sul groppone e nutrendosi del loro sangue.
Insomma 16 specie assai simili fra loro nelle fattezze (tranne appunto il becco)
e che hanno occupato altrettante nicchie ecologiche. Darwin ipotizzò la loro
recente origine comune, continentale, e la loro rapida diversificazione per isolamento geografico (speciazione allopatrica) o anche solo alimentare (speciazione
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Quaderni di Ornieuropa
simpatrica). Insomma, per finire, questi umili uccellini diventarono in breve
una delle prove indirette più forti alla sua teoria del’evoluzione. Di loro oggi,
pur con ampie incertezze, si è ricostruita la storia evolutiva (vedi figura).
John Gould, l’anno successivo alla sua collaborazione con Darwin, andò a soggiornare in Australia, intendendo studiare gli uccelli di quel continente. Il risultato fu la monumentale opera The birds of Australia per la stesura della quale Gould
impiegò più di dieci anni (sarà completata solo nel 1848). Ma soli tre anni dopo
il suo trasferimento la sua adorata moglie ed illustratrice morì di parto nel 1841.
Fu una tragedia per Gould, che le volle dedicare uno degli uccelli australiani a lui
più cari, mirabile per colori e contrasti. Ancor oggi gli inglesi rammentano quella
dedica chiamandolo Lady Gouldian Finch (Fringuello della Signora Gould). Per
noi italiani è semplicemente il Diamante di Gould. Ed essendo questa specie un
Erythrura, si può passare ora, con questa piccola giunzione poetica, all’analisi
dell’intera famiglia, cercando di usare la metodologia di Darwin.
LE EYTHRURAE
Finalmente si parla di cose nostre! Infatti questa famiglia, quasi inutile dirlo, è
costituita da molte specie diffuse in tutto il mondo come uccellini ornamentali
e di allevamento. Le specie sono elencate nella seguente tabella:
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Le Erythrurae di Darwin
Il Diamante di Tanimbar si chiama anche
Diamante tricolore. In questa foto (maschio)
si comprende appieno il perché
NOME
SCIENTIFICO
NOME
VOLGARE
Erythrura prasina
Diamante quadricolore
Erythura hyperytrha
Diamante del bambù
Erythrura coloria
Erythrura viridifaces
Diamante coloria
Diamante facciaverde
Erythrura tricolor
Diamante di Tanimbar
Erythrura papuana
Erythrura gouldiae
Erythrura psitaccea
Diamante di Papua
Diamante di Gould
Diamante pappagallo
SOTTOSPECIE
DISTRIBUZIONE
E.p. prasina
E.p. coelica
E.h. hyperythra
E.h. brunneiventris
E.h. borneensis
E.h. malayana
E.h. intermedia
E.h. microrhynca
Tailandia, Laos, Malesia, Sumatra, Giava
Borneo
Giava
Luzon, Mindoro (Filippine)
Borneo
Malesia
Piccole isole della Sonda
Sulawesi
Mindanao (Filippine)
Luzon e Negros (Filippine)
Timor, Tanimbar e isole minori della Sonda
Nuova Guinea
Australia settentrionale
Nuova Caledonia
E.t. trichroa
E.t. sanfordi
E.t. modesta
E.t. pinaiae
E.t. sigillifera
Caroline e Kusaie
Sulawesi
Molucche sett.
Molucche mer.
Australia nord-orientale, Nuova Guinea
E.t. eichorni
E.t. pelewnsis
E.t. clara
E.t. woofordi
E.t. cyanifrons
Bismarck
Palau
Caroline
Guadalcanal e Salomon
Vanua Tu
Erythrura trichroa
Diamante di Kittlitz
Erythrura cyaneovirens regia (o E. regia)
Diamante reale
Vanua Tu
Erythrura cyaneovirens pealii (o E. pealii)
Diamante di Peale
Viti Levu, Vanua Levu (isole Fidji)
Erythrura cyaneovirens cyaneovirens
(o E. cyaneovirens)
Diamante di Samoa
Isole Samoa
Diamante di Kleinschmidt
Vitu Levu, (isole Fidji)
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Erythrura kleinschmidti
Quaderni di Ornieuropa
Sono specie per lo più insulari, che hanno, come i Fringuelli di Darwin, conquistato sistemi di arcipelaghi isolati. Peraltro risultano anche presenti sulle masse
continentali, quali penisola indonesiana ed Australia Nord-Occidentale. Anche
le isole di grandi dimensioni della zona indonesiana-malaysiana-oceanica, quali
Celebes, Giava, Sumatra e la Nuova Guinea, non sono sfuggite alla loro invasione.
Le varie specie di Erythrurae presentano numerose caratteristiche comuni:
■ Corpo abbastanza compatto, talvolta tozzo, in cui il colore di fondo è il
verde-erba brillante.
■ Presenza di contrasti cromatici piuttosto netti e definiti a carico di testa,
gola, groppone e sopracoda soprattutto, a causa della disposizione particolare
delle barbe e barbule delle piume, rifrattive nei confronti della luce e in grado
di scindere il raggio incidente e scomporlo nelle sue componenti cromatiche
(effetto Tyndall).
■ Code brevi e tronche, ma in tre specie allungate, soprattutto nelle timoniere
mediane.
■ Becchi nerastri, conici, robusti, tipicamente da granivori, ma anche qui con
qualche piccola eccezione alla regola.
■ Bulbi oculari in generale piuttosto grandi, adatti ad una visione con luce
scarsa e filtrata.
■ Dimorfismo sessuale sempre presente, talvolta evidente, talaltra appena accennato, coi maschi presentanti in genere colorazioni più brillanti.
■ Presenza nei pulli di tubercoli laterobuccali, di colorazione azzurro brillante,
riflettenti la luce, ed utili a guidare all’imbecco i genitori.
Questa la breve presentazione della famiglia. Ora è però il momento di applicare
la metodologia scientifica alla nostra analisi, cioè l’osservazione prima di tutto.
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Le Erythrurae di Darwin
Diamante di
Kittlitz ripreso
nel suo ambiente
E quindi, al pari di Darwin, ora ci imbarchiamo in un viaggio virtuale (ahimè)
che ci porterà fra le bellissime isole ed arcipelaghi indonesiani ed oceanici.
Il brigantino andrà bene nel XIX secolo, noi preferiamo un cabinato moderno
e dotato di ogni comfort!
Nella cartina a seguire l’itinerario e le tappe previste.
Per cui……mettiamoci in viaggio!!
Le Erythrurae di Darwin
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
I TAPPA: ThAILANDIA
Non sono facili, come tutte le Erythrurae, ad incontrare ma se ci appostiamo
al confine tra un macchione di bambù ed una coltura di riso, specie quando è
in semenza, possiamo vederli arrivare. Si tratta del Diamante quadricolore
(Erythrura prasina). Arrivano in gruppetti misti, maschi e femmine. Puntano
dritto sulle colture. Notiamo il netto dimorfismo sessuale, il becco allungato
a pinza, e, in una minoranza di soggetti, il ventre, groppone e sopracoda dei
maschi (e sopracoda nelle femmine) giallo, anziché rosso carminio. Sono agili e
buoni arrampicatori sugli steli del bambù.
Due maschi di Diamante quadricolore
Risaia in Thailandia
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
II TAPPA: GIAVA
Qui bisogna un po’ scarpinare. Si arranca fra la foreste montane, tra i 1000 ed
i 3000 metri, nella fitta jungla di bambù. È possibile incontrare anche qualche
quadricolore (anche se ad altitudini inferiori), ma se ci addentriamo laddove la
macchia è più fitta si possono intravvedere. Sono molto rapidi, veloci ed agili, caratterizzati da coda corta e tronca. Si tratta del Diamante del bambù
(Erythrura hyperythra). Notiamo l’intensa colorazione color camoscio della
gola e del petto in entrambi i sessi, ma più scura nei maschi. I maschi inoltre
presentano la fronte, fino al vertice, di un colore blu intenso, più acceso che
nelle femmine. Occhi grandi, adatti ad una vita nella semioscurità delle foreste.
Infine il sopracoda non è rosso, come in tute le altre Erythrurae, ma pure color
camoscio (in qualche sottospecie verde). Il becco conico e nerastro è leggermente curvato verso l’alto. Si nutrono principalmente di semi di bambù.
Femmina di Diamante del bambù
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Cascate presso
Jakarta (Giava),
circondate
da macchioni
di bambù
Quaderni di Ornieuropa
Diamante
facciaverde
Le Erythrurae di Darwin
III TAPPA: LUZON
Dopo lunga traversata tra
Malesia e Borneo malese,
giungiamo alle Filippine.
Prima tappa la settentrionale isola di Luzon. Essa, insieme alla più meridionale
isola di Negros, rappresenta
l’habitat elusivo ed esclusivo di questa specie. Vive ai
margini della foresta intricata che ricopre le pendici, a bassa quota (non oltre i
1000 metri), dei rilievi montuosi. Il Diamante facciaverde (Erythrura viridifacies). Lo si trova in vicinanza dei macchioni di bambu e talvolta si aggrega
in grandi stormi erratici soprattutto in relazione alla maturazione del riso. Per il
resto è specie assai forastica, timida. Notiamo che nella forma del becco, e nella
diversa lunghezza delle timoniere centrali fra maschio e femmina esiste una certa rassomiglianza col Diamante quadricolore (alcuni immettono le due specie
in un’unica superspecie). Notiamo infine un dettaglio unico fra le varie specie
di Erythrurae: l’assoluta mancanza di una qualsiasi colorazione blu o rossa (o
camoscio) della testa, gola o sottogola. La testa è infatti verde erba sia nel maschio che nella femmina come il resto del corpo. I due sessi si differenziano, oltre
che per la lunghezza della coda (di un colore rosso ocra, più o meno brillante a
seconda del sesso), anche per la diversa estensione del color senape del sottocoda
e calzoni, maggiore nel maschio rispetto alla femmina. Da notare che a Luzon
ambienti molto simili li frequenta anche un’altra Erythrura, il Diamante del
bambù, ma ad altitudini maggiori (oltre i 1600 metri).
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Foresta pluviale
di bassa montagna
a Luzon
Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
IV TAPPA: MINDANAO
Anche qui è necessario munirsi di attrezzatura da montagna. L’ascesa del monte
Katagland infatti non è cosa molto agevole. Ma, per fortuna non è necessario
spingersi fino alla vetta, ci contenteremo di alture comprese fra i 1000 e i 1600
metri. Ai margini dell’intricata foresta tropicale che ricopre le pendici, nelle
radura, fra l’erba, i Diamanti coloria (Erythrura coloria) si possono intravvedere mentre beccuzzano in piccoli gruppi o coppie. Al termine della giornata
ritornano nei macchioni di bambù e della boscaglia per la notte. Notiamo che
il maschio presenta il rosso delle copritrici auricolari più acceso ed esteso della
femmina, come del resto il blu della fronte guance e pileo. Somigliano molto
ai Diamanti di Kittlitz. Se ne differenziano per la coda più corta ed, appunto,
per la bellissima corona peri-auricolare rossa. Vivono solo qui e sul Monte Apo,
sempre a Mindanao.
Maschio maschio
femmina
Le pendici del
Monte Katanglad
(Mindanao)
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
V TAPPA: PAPUA NUOVA GUINEA
La Papua Nuova Guinea, teatro di aree inesplorate, di tribù che vivono ancora
all’età della pietra, di interi ecosistemi costituiti da nuove specie, scoperti quasi
ogni anno, ospita, in alta quota, anche il Diamante di Papua (Erythrura
papuana). È specie che per lungo tempo è stata considerata niente più che una
delle tante sottospecie del Diamante di Kittlitz. Ma alcune osservazioni etologiche l’hanno ascritta a ruolo di specie a sé stante. Il Diamante di Papua in effetti
ha aspetto assai simile al Kittlitz, se ne differenzia per le dimensioni decisamente
maggiori, per il becco più robusto ed incurvato, per la coda più lunghetta e, nei
maschi, per una sottile striscia blu sotto il becco. I Papua coesistono in Nuova
Guinea con i Diamanti di Kittlitz della sottospecie sigillifera (la più grande fra
tutte), ma difficilmente si vedranno aggregati in stormi misti, sia perché si trovano qua e là sparsi ad altitudini superiori (sopra i 1000 metri), sia perché molto
meno socievoli e più forastici dei Kittlitz. Difficili da vedere, dovremo quindi
aver fortuna, e molto più forestali, scendono meno a terra e si nutrono preferibilmente di fichi e dei loro semi sugli alti alberi da frutto.
Coppia di Diamanti di Papua
Monti Tamrau
(Nuova Guinea)
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
VI TAPPA: TANIMBAR
La relativamente piccola isola di Tanimbar, insieme alla vicina Timor Est (più
altri isolotti vicini) alberga una fra le più piccole specie di Erythrurae: il Diamante di Tanimbar (Erythrura tricolor). È specie di pianura o bassa montagna, fino ai 1400 metri, molto schivo e forestale. Vive ai margini delle intricate
foreste dell’isola e vicino ai macchioni di bambù in piccoli gruppi o coppie. La
sua attitudine all’intrico oscuro della boscaglia tropicale ha adattato gli occhi
di questa specie alla visione nella semi-oscurità. In effetti fra tutte le Erythrurae
questa è quella che probabilmente presenta i bulbi oculari, in proporzione, più
grossi e convessi. Si riproduce sulle alte cime delle palme da cocco. Osserviamo
un evidente dimorfismo sessuale con i maschi che presentano un carico blu
scuro intenso su testa, gola, petto, e che sfuma sui fianchi nel verde carico delle
parti superiori e del basso ventre e addome; inoltre il sopracoda e il groppone
sono rosso brillanti. Nelle femmine il blu è sostituito da un turchese più pallido
che sfuma in grigio-azzurro su fianchi, ed il rosso brillante del sopracoda è più
sulle tonalità arancioni. Le sue abitudini in natura sono in gran parte sconosciute, in quanto specie molto elusiva.
Maschio di Diamante di Tanimbar in ammollo
Moluku Kei (Tanimbar)
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VII TAPPA: AUSTRALIA SETTENTRIONALE
Vista della savana di Cape York
(Australia Settentrionale).
Sotto, 3 maschi
di Diamante di Gould
nelle tre varietà selvatiche
di colore del capo
Abbandoniamo per un momento isole ed isolotti e facciamo una capatina
in Australia. Esattamente la penisola di Capo York, estremo lembo settentrionale del continente australiano. La parte più a nord della penisola è ancora ricoperta di foresta pluviale e qui è ancora presente, seppure in decremento, l’unica altra Erythrura ad aver colonizzato l’Australia: il Diamante
di Kittlitz (sottospecie sigillifera). Ma la sua presenza è davvero di confine,
per cui si può dire che la vera Erythrura d’Australia è il Diamante di Gould
(Erythrura gouldiae). Vive nella stessa penisola (però più a sud) ed in altre
poche zone settentrionali del continente australiano. A lungo questa specie
è stata inclusa nel genere Poephila, poi Chloebia per caratteristiche che
la fanno avvicinare ad altri Diamanti australiani (coda lunga, bavetta…)
e soprattutto ad alcune Lonchurae (quali la castaneothorax, la Donacola
pettocastano). Peraltro oggi un folto gruppo di ornitologi ritiene che il
Diamante di Gould sia un’Erythrura aberrante. Le sue aberrazioni, che la
fanno nettamente distinguere dalle altre specie dello stesso genere, sono la
conseguenza di un adattamento agli spazi aperti, e l’abbandono dell’habitat forestale. Infatti il Diamante di Gould vive in pianure erbose secche e
con alberi sporadici e lì lo possiamo trovare, magari preferibilmente vicino
ad un fiume o stagno. Notiamo il deciso dimorfismo sessuale coi maschi
presentanti colori nettamente più brillanti. Inutile descrivere qui un uccellino noto in tutto il mondo. Però da naturalisti di campo osserviamo che vi
sono 3 forme con la testa diversamente colorata (in entrambi i sessi): testa
nera (circa il 75%), testa rossa (il restante 25%), e testa giallo-arancione
presente solo in sporadici esemplari (circa lo 0,05%). Si muovono in fitti
stormi erratici alla ricerca di cibo e pozze d’acqua. Molto socievole anche
durante il periodo riproduttivo. Insomma un’Erythrura davvero particolare e soprattutto semplicemente stupenda!
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
Paesaggio della Nuova Caledonia
Foto piccola: maschio di Diamante pappagallo
VIII TAPPA: NUOVA CALEDONIA
Quest’isola oceanica francese è l’unico posto al mondo dove si possa trovare un’Erythrura anch’essa diffusamente allevata in tutto il mondo: il
Diamante pappagallo (Erythrura psitaccea). Una piccola popolazione ha
mantenuto gli usi tradizionali della specie, frequentando ancora i margini
delle foreste. A seguito dell’intenso disboscamento, la specie in maggioranza è riuscita ad adattarsi ai cambiamenti ambientali, vivendo vicino ai
giardini, le pianure erbose e le coltivazioni. Peraltro si mantiene comunque
abbastanza schiva, un macchione in cui rifugiarsi risulta sempre vicino.
Notiamo un dimorfismo sessuale appena accennato coi maschi (di dimensioni leggermente maggiori) che presentano il bellissimo rosso brillante di
testa, gola, sottogola e petto più diffuso ed intenso delle femmine. Notiamo che soggiornano al suolo in coppia o piccoli gruppi e talvolta in stormi
piuttosto modesti numericamente. Il Diamante pappagallo soffre di una
situazione ambientale generale non idilliaca nell’isola, e di competitori alimentari irresponsabilmente introdotti (quali il Bengalino moscato, Amandava amandava) e quindi risulta in notevole contrazione numerica.IX
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Quaderni di Ornieuropa
IX TAPPA: VANUA TU
Il meraviglioso arcipelago delle Nuove Ebridi, che ha ripreso il vecchio nome
con la fine del colonialismo, è patria di 2 specie di Erythruae. La prima è cosmopolita, l’Erythrura con il più ampio areale (fino a Celebes) e suddivisa in
una serie quasi infinita di sottospecie: il Diamante di Kittlitz (Erythrura trichroa). Se ci occupiamo della sottospecie di Vanua Tu (cyanifrons) c’è però una
ragione precisa: sembra che la maggior parte degli esemplari allevati in tutto il
mondo derivino proprio da questa sottospecie. Il Diamante di Kittlitz, osserviamo, ha abitudini simili alle altre Erythrurae: abbastanza schivo, si muove a terra
in basso numero (spesso nuclei famigliari). Peraltro è comune, come dimostra
il fatto che talvolta compare in fitti stormi erratici nei periodi in cui il bambù
o il riso sono in semenza. Per quanto timido il Kittlitz viene, più spesso di altre
Erythrurae, osservato in natura, vivendo un po’ dappertutto: ai margini delle
foreste, in aree disboscate, ai margini delle risaie, in montagna (fino a 3000
metri di altitudine) come in piana, fino alle foreste di mangrovie in riva al
mare. Insomma una specie altamente adattabile, evoluta. Il dimorfismo sessuale
è davvero minimo, con il blu della testa dei maschi più acceso ed esteso che nelle
femmine, ed il rosso del groppone e sopracoda più vivo.
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Le Erythrurae di Darwin
Diamante di Kittlitz
Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
Diverso è il caso dell’altra Erythrura
dell’isola, che anzi forse proprio per
la competizione col Kittlitz e l’alterazione ambientale con la riduzione
della foresta primaria, sta soffrendo
ed è in decremento numerico: il
Diamante reale (Erythrura cyaneovirens regia o Erythrura regia). A differenza del Kittlitz, lui
vive solo qui. È probabilmente uno
Diamante
dei più bei passeriformi del mondo
pappagallo reale
ed insieme al Gould un’autentica
tavolozza di colori. Infatti nei maschi il colore della testa e del pileo è rosso scarlatto brillante, che contrasta
mirabilmente col resto del corpo di un colore blu cobalto, con l’eccezione delle
scapolari e copritrici alari di colore verde intenso. Nelle femmine il cobalto è
limitato al collo, gola, sottogola e petto, mentre il basso petto e l’addome sono di
un verde piuttosto spento. Insomma è una specie, o sottospecie, davvero fantastica, ma estremamente difficile da vedere. È specie infatti tipicamente forestale.
Si sposta in piccolissimi gruppi o coppie fra gli alti rami degli alberi, soprattutto
fichi dei cui frutti si nutre, anzi sembra essere un vero specialista alimentare di
questo frutto. Il Diamante reale è quindi molto elusivo ed, oltretutto, in forte
contrazione numerica. Delle 12 isole ed isolotti in cui era stata segnalata la sua
presenza, oggi questa specie è stata avvistata solo in 4.
Cascata nella foresta
pluviale di Vanua Tu
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Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
Diamante di Peale
X TAPPA: ISOLE FIJI
Si va sempre più in posti vacanzieri, non male del resto abbinare
stupende nuotate in questi mari turchesi alle osservazioni ornitologiche!
Le meravigliose isole ospitano due specie distinte di Erythrurae, una considerata piuttosto adattabile e diffusa, l’altra relittuale di un’antica colonizzazione di proto-erythrurae e invero
molto rara.
La prima è abbastanza facile da osservare, la si trova in tutte le
isole Fiji, comprese le due principali: Viti Levu e Vanua Levu: il
Diamante di Peale (Erythrura cyaneovirens pealii o Erythrura pealii). Delle tre sottospecie cyaneovirens questa è la più dissimile alle altre due, la più piccola e la più opportunistica. La si
trova generalmente in piana, spesso in prossimità delle coltivazioni di riso e sorgo. Durante la maturazione di queste due colture il
Diamante di Peale risulta un vero flagello, unitamente al Padda
(Padda orzyvora) a cui si unisce in bande miste. Fuori da questo
periodo invece il Peale è specie più schiva e forestale, sebbene
permanga, in piccoli gruppi, sempre vicino alle radure aperte. Si
riproducono tutto l’anno e rimangono abbastanza socievoli anche nei siti di riproduzione, non frammentandosi in coppie come
fanno altre Erythruae. I sessi sono assai simili, entrambi con la
testa rossa che arriva fino a guance e zona periauricolare. Ma nei
maschi il blu cobalto della gola e l’azzurro turchese del petto superiore sono decisamente più estesi e brillanti. Alcuni esemplari
non hanno la testa rossa, ma blu. Una mutazione spontanea che li
rende molto simili ai Kittlitz (peraltro in queste isole assenti).
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Tipico ambiente
costiero di
Vanua Levu
Quaderni di Ornieuropa
La seconda Erythrura delle Fiji la si trova solo a Vitu Levu. È però assai rara
e timida, al punto che è da considerare un evento quasi eccezionale osservarla
in natura. Si consideri che questa specie è così di difficile avvistamento da non
essere riconosciuta dalla maggioranza degli abitanti dell’isola come specie locale. Si tratta del Diamante di Kleinschmidt (Erythrura kleinschmidti). Uno
degli ultimi siti in cui è stato osservato è la foresta vicino a Suva, nella parte meridionale dell’isola. È in effetti l’Erythrura più forestale ed insettivora fra tutte.
Un tempo si riteneva fosse intimamente legata alla foresta primaria e sull’orlo
dell’estinzione. Oggi si è rivalutata la situazione (in meglio) grazie a recenti osservazioni in natura che lo vogliono presente in un areale più vasto rispetto a
quanto ritenuto in precedenza e non così strettamente legato alla foresta primaria, ma anche ad ambienti parzialmente modificati. I Diamanti di Kleinschmidt
sono fortemente insettivori e si nutrono in modo assai simile ai Monarchi del
pacifico appartenenti al genere Clytorhynchus (in inglese becchi d’averla). Essi
infatti si muovono attivamente su e giù sui tronchi usando il loro grosso becco come leva per sondare nascondigli in cerca di termiti e spremere piccioli e
rametti morti. Inoltre si nutrono di infiorescenze di fico e sono stati osservati
strappare soffici pezzi di corteccia per raggiungere i tessuti
Diamante di
sottostanti e per trovare insetti
Kleinschmidt
ivi nascosti. Sono mediamente
solitari, o al massimo sono stati
osservati a coppie. Osserviamo
che è l’unica Erythrura ad avere
la testa nera, il becco rosa (ranfoteca depigmentata) e un dimorfismo sessuale assente (maschi e
femmine identici).
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La foresta pluviale
vicino a Suva,
Vitu Levu meridionale
Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
XI TAPPA: ISOLE SAMOA
L’ultima tappa del nostro viaggio è nel perduto arcipelago di Samoa, in
pieno Oceano Pacifico. Qui vive la terza sottospecie cyaneovirens, il Diamante di Samoa (Erythrura cyaneovirens cyaneovirens o Erythrura cyanevorens). I Diamanti di Samoa presentano aspetto e comportamento che
è intermedio tra quello delle altre due sottospecie (Diamante reale e Diamante di Peale). Sono infatti Diamanti piuttosto grossi e dal becco maggiormente allungato rispetto al Peale anche se meno massiccio del reale.
La colorazione, pur avendo (in particolare nei maschi) riflessi cobalto, non
raggiunge certo per intensità quella del Diamante reale. I diamanti di Samoa sono forestali, come i reale si nutrono di fichi ma dimostrano un maggiore eclettismo, facendo visita ogni tanto alle colture di riso della costa in
bande di discrete dimensioni.
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27
Cascate di Upolu,
Isole Samoa
Quaderni di Ornieuropa
Le Erythrurae di Darwin
RITORNO A CASA
Levu: Diamante di Kleinschmidt-Diamante di Peale, Papua Nuova Guinea:
Diamante di Papua-Diamante di Kittlitz).
Ma cominciamo con l’analisi dei caratteri. La loro comparazione, insieme alle
analisi genetiche è in questi animali, in cui sono praticamente inesistenti reperti
paleontologici (le minuta ossa degli uccelli fossilizzano molto male o per nulla),
l’unico metodo per ricostruire una storia evolutiva.
Prenderemo in esame due caratteri: forma del becco e colore della testa.
Tornati stanchi, abbronzati e felici dal nostro lungo viaggio in questi posti meravigliosi, ora è venuto il momento dell’analisi comparativa, lo step successivo. Scopo? Creare un albero filogenetico o cladogramma, che esemplifichi
graficamente l’evoluzione delle Erythruae. Una volta, a dire il vero lo si fa
ancora, si raccoglievano campioni tassodermici, alias si sparava agli uccelli e li si
imbalsamava. I campioni venivano poi sottoposti ad analisi biometriche ed anatomiche comparative al ritorno nei vari Musei di Scienze Naturali. Noi però, da
profani romantici quali siamo, preferiamo altri metodi. Ed in effetti ora esistono
altri strumenti molto meno cruenti, prima fra tutte la fotografia.
Innanzitutto però un’osservazione è d’obbligo: ma quanto sono diffuse queste
Erythrurae! Un territorio grande tre volte l’Europa, fra isole e continenti distanti migliaia di chilometri fra loro e separati da solo Oceano. Questo farebbe
prefigurare un notevole istinto migratorio in questi uccelli, istinto che invece,
nelle specie moderne almeno, manca del tutto. Sono specie in cui invece, al
contrario, si è selezionata una notevolissima inclinazione alla sedentarietà nei
loro, spesso minuscoli, territori insulari. E allora, com’è avvenuta la radiazione
evolutiva? Un’ipotesi risiede nelle glaciazioni. Quando nel Quaternario recente
il clima era invero più rigido, specie nelle zone temperate, i ghiacciai erano assai
più estesi di oggi e la massa disponibile d’acqua liquida della Terra minore. Il
livello dei mari era cioè inferiore rispetto ad oggi e probabilmente erano presenti
dei corridoi di terre emerse tra un arcipelago e l’altro, oggi scomparsi sotto la superficie dell’Oceano in seguito al disgelo. Gruppi di proto-Erythrurae si sarebbero potuti avventurare (magari perché si erano perse a seguito di un uragano)
in questi corridoi e colonizzare a tappe gli arcipelaghi via via più lontani.
La colonizzazione è probabilmente avvenuta più volte nel tempo (a ondate successive), così oggi in alcune zone troviamo coesistenti due o più specie, di cui
una più adattata ed evoluta e l’altra più primitiva e specialistica (esempio Vitu
Forma del becco
Per quanto in misura molto minore rispetto ai Fringuelli di Darwin, le Erythrurae presentano fogge del becco leggermente differenti, frutto e conseguenza di
diverse specializzazioni alimentari.
■ Becchi a pinza: il becco risulta particolarmente allungato nel Diamante
quadricolore, Diamante facciaverde e Diamante del bambù (in quest’ultimo
in modo meno evidente). Si tratta sempre di becchi conici ma più lunghetti ed
adattati a ghermire e sgusciare semi di medie dimensioni, quali sono quelli del
bambù ed il riso. Si tratta infatti di specie strettamente granivore e specializzate
in questo tipo di alimentazione.
■ Becchi universali: sono i classici becchi conici a margini appiattiti di molte
specie di Erythrurae eclettiche e poco specializzate da un punto di vista alimentare, quali Diamante di Gould, Diamante di Kittlitz, Diamante di Tanimbar, Diamante coloria, Diamante di Peale e, in parte, Diamante di Samoa.
Si tratta quindi di becchi piuttosto aspecifici, tipici da granivori e frugivori opportunisti, quali sono in effetti queste specie che, conseguentemente, vivono in
habitat piuttosto vari (tranne il coloria).
■ Becchi a margini taglienti: una sola specie presenta questo becco: il Diamante pappagallo. Esteriormente è simile al modello precedente ma i margini
delle valve non sono appiattiti ma piuttosto taglienti, a guisa assai simile a quelle
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Quaderni di Ornieuropa
dei Fringillidi. Sono becchi atti a triturare in modo egregio i semi, per una specie che in effetti risulta sostanzialmente granivora e meno frugivora di altre.
■ Becchi da frugivori: si tratta di becchi mediamente più massicci degli altri,
atti a rompere frutti (in particolare fichi). Li presentano specie adattatisi a questo tipo di alimento ed eminentemente forestali, quali il Diamante reale ed il
Diamante di Papua.
■ Becchi da averla: non so in quale altro modo definire questo becco che è
presente in una sola specie che, per molte caratteristiche, è davvero unica: il
Diamante di Kleinschmidt. È un becco massiccio e piuttosto lunghetto, adattato ad un’alimentazione particolarmente insettivora, tipica di questa Erythrura. È inoltre l’unico becco la cui ranfoteca (l’astuccio corneo superficiale) non è
pigmentata, mettendo in evidenza la sottile trama capillare sottostante e conferendo quindi un colore d’insieme rosa (esattamente come nel Padda).
Colore della testa
Già Darwin lo aveva notato e ci aveva scritto anche un libro, successivo al suo
più famoso, l’Origine delle specie. Il libro si intitola: “La selezione sessuale”.
Non tutti i caratteri si affermano o scompaiono a causa della Selezione Naturale, operata dall’ambiente. Alcuni caratteri sono selezionati dalle signorine delle
varie specie. Beh, cari maschietti, tutto il mondo è paese e, si sa, sono le signore
a scegliere molto più degli uomini, non solo nel colore dei divani! Le femmine
di tantissime specie sono molto attente a scegliersi il partner giusto, cioè il più
sano, vistoso e che, nelle specie monogame, dà in potenza maggiori garanzie
di affidabilità e fedeltà al legame. Ecco che anche qui le colorazioni di testa e
petto, presenti anche nelle femmine, sono più vistose nei maschi. La legge che
sembra valere nel mondo alato e che rende spesso i maschi molto più colorati è:
sono un semaforo cara, cioè sono sano e libero dai parassiti. Il piumaggio
vistoso è cioè sinonimo di salute fisica e di assenza di acari che rendono lo stesso
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Le Erythrurae di Darwin
più opaco e polverulento. Le signorine Erythrurae sembrano aver optato per il
colore rosso o blu della testa (seppur il nero, il camoscio e l’arancione sono pure
presenti). I due colori però si formano in modo molto differente.
■ Testa blu: la posseggono il Diamante di Kittlitz, il Diamante di Tanimbar, il Diamante di Papua e il Diamante Coloria (qui le femmine si sono
dimostrate incontentabili volendo anche il rosso in contemporanea). Il colore
blu si forma molto facilmente (evolutivamente parlando): basta eliminare il pigmento lipocromico giallo dalle barbe e dal verde ottieni il blu.
■ Testa rossa: la posseggono il Diamante pappagallo, il Diamante coloria
(solo nella zona peri-auricolare, il resto è blu), il Diamante di Peale, il Diamante reale e il Diamante di Samoa. Non ci si può dimenticare del Diamante di
Gould (nel 25% dei soggetti). Il colore rosso si forma in modo più complesso
per l’aggiunta di pigmento rosso (anch’esso di origine lipocromica) sul vertice di
alcune barbe.
■ Testa nera: il colore nero è presente come mutazione spontanea in tutte le
specie. Il gene che regola questa colorazione è sul cromosoma W (il corrispondente X dell’uomo) ed essendo il sesso femminile (all’opposto dell’uomo) dizigotico (ZW) si esprime molto di più nelle femmine che nei maschi. Stabilmente il
nero è presente solo nel Diamante di Kleinschmidt e nel Diamante di Gould
(75% dei soggetti).
■ Altri colori: Il Diamante facciaverde non presenta alcuna colorazione a carico della testa, ricordando in questo forse un possibile antenato delle Erythruae,
il Diamante del bambù ha testa e petto color camoscio, infine nel Diamante
di Gould è presente una piccola aliquota di soggetti a testa arancione.
Quaderni di Ornieuropa
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d. pappagallo
d. reale
d. di peale
d. di samoa
di kittlitz
di papua
coloria
di tanimbar
d.
d.
d.
d.
d. quadricolore
d. facciaverde
d. del bambu ’
I due caratteri esaminati sembrano, presi singolarmente, non essere assolutamente indicativi di un percorso evolutivo preciso. La forma del becco e il colore
della testa sembrano essersi cioè affermati più volte ed in modo indipendente.
Però la combinazione dei due caratteri dice qualcosa di più. Dalla combinazione
comparativa dei due caratteri, nonché anche dall’analisi del territorio (zonazione), le Erythrurae sono suddivisibili nei seguenti gruppi:
■ Gruppo Diamante quadricolore-Diamante facciaverde-Diamante del
bambù: questo gruppo sembra aver subito un’evoluzione indipendente fin da
stadi piuttosto antichi.
■ Gruppo Diamante di Kittlitz-Diamante di Papua-Diamante coloriaDiamante di Tanimbar: anche questo è un gruppo piuttosto omogeneo che
mostra però alcune caratteristiche comuni col successivo.
■ Gruppo cyaneovirens (Diamante reale, Diamante di Peale, Diamante
di Samoa): è un gruppo a testa rossa ma in cui il rosso è comparso in un secondo momento sovrapponendosi al blu. Può derivare dal gruppo precedente.
■ Gruppo Diamante pappagallo: questa Erythrura rappresenta forse un ramo
piuttosto primitivo e distaccatosi prematuramente in cui il rosso, forse, si è affermato fin da subito.
d. di gould
CONCLUSIONI
■ Gruppo Diamante di Gould: anche questa Erythrura particolarissima ha
probabilmente avuto un’evoluzione a parte, a partire da proto-Erythrurae piuttosto antiche.
■ Gruppo Diamante di Kleinschmidt: questa Erythrua, anch’essa unica, è
da considerare forse quella più vicina per alcuni caratteri agli antenati delle
Erythrurae. Forse rappresenta una specie relitto, testimonianza della prima
espansione delle Erythrurae in Oceania.
Per finire ecco lo schema, il famoso albero evolutivo.
d. di kleinscmidt
I due colori più diffusi, blu e rosso, assolvono alla stessa funzione di selezione
sessuale da parte delle femmine. Non vi sono prove che uno dei due sia preferito
rispetto all’altro. Peraltro il blu si forma più facilmente. Il rosso sembra essersi
formato quindi successivamente. Ne è una prova ulteriore che anche nel gruppo
cyaneovirens, tipicamente a testa rossa, il colore blu si forma primitivamente in
tutti i novelli. Il rosso si afferma in un secondo momento. Solo nel Diamante
pappagallo si nota completa assenza di blu in ogni fase di sviluppo dei piccoli.
Quest’ultima è cioè la vera ed unica Erythrura a testa rossa.
Le Erythrurae di Darwin
Questo schema è un ipotesi. Ove si prendessero in considerazioni altri caratteri
se ne potrebbero produrre altri ugualmente validi. Solo l’analisi genetica comparativa (soprattutto a carico del DNA mitocondriale, molto più conservativo)
Quaderni di Ornieuropa
permetterà forse ricostruzioni più accurate.
Ciò che ho tentato di fare con questo articolo in effetti è stato solo spiegare il
metodo di indagine utilizzato da Darwin per ricostruire una storia evolutiva.
Storia che riguarda tutti i vari gruppi animali che, nella loro meravigliosa biodiversità, popolano il nostro Pianeta.
Infine, siamo partiti da Darwin e con Darwin mi piace chiudere. Da quanto
visto forse, se Darwin fosse finito fra queste isole e continenti anziché in Sudamerica, sarebbero state le Erythrurae e non i Fringuelli delle Galapagos ad
assurgere agli onori di animali simbolo dell’evoluzione, oltre che essere oggi fra
i più belli e popolari uccellini di compagnia.
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Quaderni di Ornieuropa
LE DIFFICOLTA’ ALLEVATIVE
del Diamante quadricolore
(Erythrura prasina)
Il Diamante Quadricolore (Erythrura prasina) presenta alcuni punti in comune col Diamante di Gould ma una anche una caratteristica diametralmente
opposta. E’ infatti assai comune (al punto di rappresentare una minaccia per le
coltivazioni di riso) nei luoghi di origine (seppure, a causa della sua timidezza,
non molto visibile in genere e quindi sottostimato), ma lo è assai meno in cattività, seppure numerose siano le testimonianze di allevatori europei ed americani
che lo riproducono. L’esatto contrario del Gould quindi, diffusissimo a livello captivo ed in forte decremento in libertà. Questo articolo tenta appunto di
spiegare le ragioni della rarità negli allevamenti di questa stupenda specie, con
quattro esperienze, più il mio piccolo modesto contributo, avendo anche io nel
tempo detenuto tre coppie di questa Astrilde.
TASSONOMIA:
Il Diamante Quadricolore appartiene al genere Erythrura sulle cui caratteristiche si rimanda all’articolo precedente. Rispetto alle altre Eyrthrurae (con
l’esclusione del Gould) presenta un netto dimorfismo sessuale con i maschi,
mirabili, molto più colorati delle femmine. Sono conosciute due sottospecie:
■ Erythrura prasina prasina: è la sottospecie nominale, ed anche quella maggiormente diffusa negli allevamenti. I caratteri distintivi sono l’estensione nel
32
Coppia in evoluzione su bambù
32
Quaderni di Ornieuropa
maschio del blu cobalto della fronte e delle guance solo fino al sottogola, con
l’esclusione quindi del petto che è arancione-senape intenso. Nelle femmine la
maschera del maschio è limitata a due sottili strisce azzurro polvere sulle redini
e le copritrici auricolari. In Natura, condizione che si ripete anche a livello captivo, circa l’8-10% dei maschi presentano del giallo al posto del rosso della zona
centrale del basso petto e del ventre.
■ Erythrura prasina coelica: è indubbiamente la sottospecie più bella e la
meno diffusa in cattività (pur presente). La differenza sostanziale è che nei maschi il blu cobalto si estende per tutto il petto superiore e mediano fino quasi a
lambire la macchia rosso-viva del ventre e del basso petto.
La zona arancio-senape è quindi limitata ai fianchi ed al sottocoda. Anche le
femmine risultano maggiormente colorate con l’azzurro esteso per intero sulle
guance, gola, sottogola e petto.
Diamante quadricolore
DIFFUSIONE ED HABITAT
Le due sottospecie si dividono il territorio in modo piuttosto preciso. La prasina
è infatti diffusa in Tailandia, Laos e Malesia, fino a Sumatra e Giava, la coelica
è esclusiva del Borneo.
Lo studio dell’habitat riveste in questo caso particolare importanza per questa
specie non ancora perfettamente domesticata. Innanzitutto è specie più socievole delle altre Erythrurae (con eccezione del Gould), che limitano la loro socialità
a coppie o piccoli gruppi familiari. Il quadricolore invece si sposta generalmente
in stormi più numerosi, e talvolta lo si trova in assembramenti di notevoli dimensioni, soprattutto in vicinanza delle colture di riso (di cui è in qualche zona,
come detto, un vero flagello). Questa caratteristica comportamentale, unita al
netto dimorfismo sessuale e ad uno spiccato erratismo stagionale (legato alla
E. prasina prasina “gialla”. Nella femmina il giallo è limitato al groppone
Sottospecie a confronto: E. prasina prasina (a destra),
E. prasina coelica (a sinistra)
33
2 tipici habitat: risaia (Borneo),
foresta di bambu (Tailandia)
34
Quaderni di Ornieuropa
semenza del riso e del bambù), fa intuire una sorta di processo evolutivo che
questa Erythrura ha intrapreso in direzione degli spazi aperti (al pari del Gould,
anche se in modo meno accentuato). In effetti il suo habitat di elezione è la zona
di transizione tra le zone aperte (radure o colture) e la fitta vegetazione (foreste
o macchie di bambù). Anche in riproduzione il quadricolore si mantiene socievole, spesso aggregandosi in piccole colonie durante questa stagione. In natura
il quadricolore costruisce rozzi nidi sferoidali piuttosto piccoli in proporzione
a quelli delle altre Erythrurae e ad altezze variabili. Vengono deposte da 4 a 6
uova bianche.
Insomma un’Erythrura un po’ particolare, nettamente più socievole delle altre
specie insulari, dotata di notevole istinto erratico e di spazi più aperti. Tutte
queste sono conoscenze che, come vedremo, sono utili per avere un buon successo riproduttivo, insieme a quelle relative all’alimentazione di cui si parlerà
diffusamente più avanti.
STORIA DELLE IMPORTAZIONI
Questo capitolo può essere inteso come un’appendice del successivo. Anche la
storia delle importazioni di questa specie è sicuramente una concausa della sua
attuale rarità oggi, dopo il blocco relativo, causa influenza aviaria. È una storia
che lo fa assimilare maggiormente alle Astrildi africane che ai suoi cuginetti
Kittliz e Pappagallo (per citare le due Erythrurae più diffuse oggi negli allevamenti). Se per questi ed altri, tutti i ceppi oggi domesticati sono originari di poche partite di importazione (addirittura una sola per il Diamante di Tanimbar
– Erythrura tricolor), il Diamante Quadricolore, molto maggiormente diffuso
in natura e nemmeno limitato territorialmente ad una sola isola o arcipelago, è
stato importato a lungo, fino ad appunto al blocco di 4 anni fa. Certo il numero
dei soggetti importati era in fase di contrazione già qualche tempo prima, ma
era sicuramente l’Erythrura più facilmente reperibile ed a prezzi popolari (circa
35
Diamante quadricolore
E. prasina prasina femmina
E. prasina prasina maschio
Quaderni di Ornieuropa
Confronto tra sottospecie: E. prasina coelica
... “sono appena(sinistra),
uscito dalE.nido!”
prasina prasina (destra)
Diamante quadricolore
30-40000 £ a soggetto). Ciò lo ha reso specie inflazionata. Come al solito tra gli
appassionati vale la legge del: “Non c’è e lo voglio”, legge che a sua volta ne crea
un’altra tra gli allevatori: “E’ disponibile, costa poco, perché dovrei allevarlo per
rivenderlo a prezzi maggiori?”. Allevare è anche un business e quando una specie economicamente rende poco, e parimenti non risulta di facile allevamento
come il nostro, ci si buttano solo poche menti illuminate. E così si arriva alla
situazione di oggi. Oggi il suo allevamento è economicamente conveniente, i
pochi soggetti rimasti vengono fatti riprodurre, ma ci vorrà del tempo prima
che si creino ceppi domesticati, la specie si re-diffonda, i suoi prezzi (oggi molto
esosi) calino.
NOTE DI ALLEVAMENTO
Ecco la sezione che dà un senso al titolo di questo articolo. Ho raccolto le seguenti esperienze sul web e mediante contatto epistolare via mail:
■ Esperienza di Errol Crosbie (UK). Un’esperienza ormai terminata, anche in
modo drammatico. Errol, gentilissimo, mi ha autorizzato a pubblicare qualsiasi
cosa volessi, relativa al suo sito ancora presente sul web
(http://www.parrot-finches.com/index.html)
■ Esperienza di Jose Manuel Serna Ayela (Spagna)
http://www.erythrura.es/. Al contrario è attuale e foriera di speranza per il
futuro. Le foto pubblicate mi sono state spedite ed autorizzate da questo bravo
allevatore iberico.
■ Esperienza di Steve Pellow (UK)
http://www.southwestparrots.co.uk/Breeding%20Pintail%20ParrotFinches.pdf
■ Esperienza di Helmut Hillar (Germania)
http://www.vogelfocus.de/papageiamadine.html attuale e di ottimo livello.
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Quaderni di Ornieuropa
■ La mia esperienza. Non sono riuscito a far riprodurre questa difficile
Erythrura, ma per due volte la femmina mi ha deposto uova che si sono poi
rivelate bianche. Ciononostante ho detenuto per parecchi anni coppie di quadricolore (quando ancora si reperivano a 30000 £ l’uno), facendole anche vivere
in salute per lungo tempo.
Le suddette esperienze non saranno riportate qui né per intero né per sommi
capi, ma saranno di volta in volta spunto per l’analisi delle seguenti sottosezioni
di questo capitolo.
■ Alloggio, comportamento, socialità, compatibilità
■ Alimentazione
■ Riproduzione in purezza
■ Riproduzione a balie
Premessa necessaria prima della loro analisi è che molto di quanto riportato si
riferisce a soggetti di cattura. Troppo recente il suo allevamento sistematico
per avere informazioni sufficienti sui soggetti nati in cattività. Sicuramente essi
sono più domestici dei loro progenitori selvatici, ma è anche vero che qualche
“tara”comportamentale-adattativa (essendo di prime generazioni captive) se la
portano sicuramente dietro.
Alloggio, comportamento, socialità, compatibilità
Un titolo lungo, un breve assunto. Il Diamante quadricolore va alloggiato preferibilmente in voliera interna plantumata (l’ideale sarebbe un macchione di bambù), in piccolo gruppetto e possibilmente insieme a specie con lui compatibili
e che assolvano alle funzioni di tutor. Il quadricolore offre infatti una serie di
problematiche alimentari per cui è utile la presenza di qualche soggetto che dia
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Buccale di pullo di Diamante quadricolore (in alto) e di Diamante di Kittlitz
(in basso). Si notino le verruche molto meno evidenti e biancastre nel primo
Quaderni di Ornieuropa
il buon esempio (vedi più avanti). Da
mie personali osservazioni (ma anche
pescate in altri articoli) la specie con
cui meglio si adatta è il Diamante
di Gould. Le due specie subiscono
indubbiamente reciproca attrazione,
o meglio buona tolleranza reciproca.
Inoltre la cromia d’insieme che ne
deriva è davvero fantastica!
Il Gould infatti, domesticato da
Esempio di voliera interna plantumata
anni, funge appunto da esempio per
indurre questa specie ad accettare
gli alimenti somministrati, verso molti dei quali il quadricolore si dimostra
riluttante. A queste condizioni il quadricolore può diventare anche specie
piuttosto prolifica.
Il quadricolore è specie timida, forastica e piuttosto spaventevole. Ciò riguarda
sicuramente meno le nuove generazioni nate in cattività, ma l’indole temo non
si discosta molto da quanto detto. Delle mie tre coppie detenute i maschi nel
tempo si sono calmati e sono diventati abbastanza confidenti, le femmine invece
molto meno. Il processo peraltro, ho notato, si accelerava notevolmente se posti
insieme ai calmi Gould e se si dava loro la possibilità di infrascarsi fra fogliame
messo ai lati della parte alta della voliera.
Il quadricolore manifesta notevoli doti acrobatiche, maggiori che nelle altre
Erythrurae. Spesso, ho notato, i miei esemplari preferivano arrampicarsi sulle
sbarre della gabbia (quasi come un pappagallo) piuttosto che volare, fino al punto di servirsi dai trogoli a testa in giù ed aggrappati alle sbarre stesse. Ciò era si-
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Diamante quadricolore
Diamante di Gould (Erythrura gouldiae)
Quaderni di Ornieuropa
curamente dovuto anche alla loro innata timidezza (“me ne sto schiscio ai bordi
del gabbione”) ma anche alla loro natura di “predatori” di semi semi-maturi o
maturi di bambù, sulle cui spighe (vedi foto) i quadricolori compiono in natura
delle acrobazie degne delle Cince!
Infine la temperatura è fattore abbastanza delicato per questa specie. Specialmente i soggetti di cattura, oggi non più reperibili come detto, sono poco resistenti alle basse temperature e soprattutto all’umidità relativa, meno delle altre
Erythrurae comunque. Meglio sembra andare per i soggetti nati in cattività, ma
l’alloggio in voliera esterna e dotata di un semplice riparo non è da consigliare.
La temperatura oltretutto gioca un ruolo fondamentale se si vuole tentare la
riproduzione in purezza (vedi più avanti).
Alimentazione
Su questo argomento sono state spese, per il quadricolore, più parole che per
qualsiasi altra specie. Il motivo è semplice. Il quadricolore accetta con difficoltà
le normali miscele di semenze utilizzate per gli esotici. La causa va ricercata
nella sua specializzazione alimentare. In Natura il quadricolore si nutre di semi
di erbe selvatiche, di semi di bambù e di riso, sia semi-maturo che maturo.
Reperire il riso vestito (o risone) è fattibile (solo presso negozi specializzati),
i semi precedenti molto meno. In genere i quadricolori preferiscono semi di
dimensioni medie, disdegnano il panico ed il miglio normale, ma si possono
abituare, specialmente se, come detto, vedono compagni di allevamento che se
ne nutrono. Lo stesso vale con la verdura e la frutta.
Vi lascio a seguire 3 “ricette” tratte dagli articoli summenzionati:
■ Ricetta di Helmut Hillar: miscela di avena, grano, miglio bianco, panico,
Diamante quadricolore
panico rosso. La miscela viene arricchita con misto per pappagallini senza l’aggiunta di semi di girasole. Questa miscela viene somministrata preferibilmente
germinata. In recipiente a parte risone sia secco che germinato, Durante lo svezzamento dei pulli viene aumentata la razione di panico rosso e di grano. Inoltre
è vivamente consigliata una somministrazione giornaliera, non soltanto durante
questo periodo, di uova di formica e camole. Infine grit, gusci d’uovo e vitamina 3D Una volta alla settimana Helmut dà anche qualche goccia di complesso
multivitaminico nell’acqua da bere.
■ Ricetta di Errol Crosbie: 30% miglio bianco, 30% scagliola, 10% panico,
10% miglio giapponese, 5% avena, 5% semenze selvatiche. Grit in abbondanza
e ossi di seppia a pezzetti, mescolati con complesso vitaminico in polvere (essenziale per le femmine in deposizione la 3D). Il risone viene somministrato
in recipienti a parte, TRANNE che durante i primi 12 giorni di allevamento
dei pulli (viene giudicato letale per lo svezzamento degli stessi). Inoltre giornalmente viene data una miscela di pastoncini all’uovo (CeDe normale e esotico)
arricchita da vitamina 3D e spirulina, ed ammorbidita con succo d’arancia.
■ Ricetta di Steve Pellow: 40% scagliola, 20% panico, 15% miglio bianco,
15% miglio giapponese, 5% panico rosso, 5% risone. Questa miscela base viene
affiancata giornalmente, in recipienti a parte, con una miscela di semi rammolliti e di cibo soffice, così composta (è per 12 soggetti): 3 cucchiaini di pastoncino
all’uovo morbido EMP, 3 cucchiaini di semi rammolliti, 1 cucchiaino di pate
Orlux, 2 cucchiaini di semi selvatici, 1 cucchiaio da the di avena decorticata. La
miscela viene somministrata nel tardo pomeriggio e risulta umida unicamente
per l’acqua ceduta dai semi rammolliti e parzialmente essiccati. Inoltre verdura
e frutta (pere) a volontà e camole (che però sono ghermite solo occasionalmente
dagli uccelli)
39
Quaderni di Ornieuropa
Per concludere racconto ciò che penso in merito. I semi che maggiormente preferiscono i quadricolore sono, nell’ordine: risone, avena e scagliola. Bisogna limitare la seconda (che è altamente grassa ed appesantisce il fegato). Io ho scelto
la strada dell’autarchia per i quadricolori ed in genere per tutti gli uccelli che
allevo ed ho allevato. Tanti trogoli, tante miscele, ognuno sceglie quella più
congeniale. Lo stesso facevo coi quadricolori: oltre alla miscela base, in altrettanti trogoli a parte: miscela canarini (ricca di scagliola), semi selvatici (cicoria
selvatica, normale, lattuga, niger…..), avena (poca), semi della salute, risone e
miglio australiano. Il tutto, settimanalmente veniva “irrorato” da vitamine in
polvere (due volte alla settimana complesso multivitaminico nell’acqua da bere).
Più ovviamente grit e pastoncino all’uovo CeDe. I quadricolore lentamente ampliavano la dieta, semplicemente per emulazione, fino a divorare l’insalata e
ad apprezzare panico e miglio. Le camole invece sono sempre state mangiate
pochino (differenza enorme coi Kittlitz ed altre Erythrurae).
Diamante quadricolore
AVVERTENZA: la mia prima coppia di quadricolore mi è morta in tre mesi per
intossicazione con risone ammollato nell’acqua. Questa procedura è altamente
pericolosa (l’ho scoperto ahimè solo dopo), perché sviluppa facilmente muffe
tossiche. Il risone dopo l’ammollamento in acqua, va lavato, poi fatto decantare
per qualche ora in ambiente fresco, poi rilavato e poi parzialmente disseccato su
un panno. Insomma una procedura complessa e pericolosa se non si sta attenti.
Riproduzione in purezza
Come sempre da consigliare rispetto a quella a balie, riserva qualche accorgimento particolare che vado ad elencarvi.
Temperatura del locale di riproduzione
I genitori del quadricolore si dimostrano, come molte Erythrurae, piuttosto svogliati sia nella cova sia soprattutto nel riscaldare i pulli. Per essere chiari i geni-
Pulli di 9 giorni dell’allevamento di J.M. Serna (sinistra), pulli di 18 gg e novelli appena svezzati di E. Crosbie. A destra tipica postura di imbecco
40
Quaderni di Ornieuropa
tori riscaldano gli stessi in modo continuativo per soli 4-7 giorni dalla nascita.
Ciò che chiamiamo svogliatezza è invece adattamento all’ambiente originario,
dalla temperatura elevata e costante durante il dì e la notte. È quindi essenziale,
se si vuole tentare la strada della purezza, allevare i quadricolore in voliera interna (tendono a riprodursi, come molte erythrurae nei mesi invernali) e con una
temperatura di almeno 25°C (o più) costante durante questo periodo. Umidità
relativa consigliata: circa 60% (ma successi riproduttivi si sono avuti anche ad
umidità superiore).
Socialità riproduttiva
Come già ampiamente ricordato, i quadricolore sono Erythrurae particolarmente sociali anche durante il periodo riproduttivo. L’ideale sarebbe (sempre
che ciò non comporti impegnare auto o casa visti i prezzi attuali!) tenere più
coppie insieme. Helmut Hillar ha avuto successo con 3 coppie, Steve Pellow
con 8 e mezzo. L’aggressività intraspecifica dei maschi e delle coppie in genere
si mantiene entro limiti accettabili, ed anche quella interspecifica non straborda
oltre misura.
Accoppiamento, nidi
La danza del maschio del quadricolore è il preludio alla stagione riproduttiva. Li
ho osservati più volte i maschietti del quadricolore inseguire le femmine impettiti e con la lunga coda posta lateralmente e fatta vibrare velocemente in su e giù.
Tentano in ogni modo di evidenziare le porzioni rosse del loro corpo, ventre,
sopracoda e groppone (vi è un’altra variante, mai osservata dal sottoscritto però,
in cui il maschio tiene nel becco una pagliuzza orizzontalmente, spostando la
coda, non vibrante in questo caso, verso la femmina). Il canto d’amore si riduce
ad un verso stridulo emesso con insistenza, simile a quello del Kittliz ma ancor
meno armonico. Il quadricolore non è certo un canterino! Il nido, sferico e roz-
41
Diamante quadricolore
zo, viene costruito un po’ dappertutto, ma il quadricolore si adatta benissimo
anche ai comuni nidi a cassetta utilizzati per i Gould. L’imbottitura risulta in
genere assai sciatta e soprattutto disordinata.
Deposizione, allevamento pulli
I quadricolore sono effettivamente specie prolifica e, oltretutto, non essendo
ancora stati selezionati particolarmente, né sfruttati in allevamenti intensivi a
balie (come ad esempio i Diamanti pappagallo) ancora presentano bassa sterilità
(uova quasi tutte fertili per intenderci). Mediamente una coppia depone da 2
a 6 uova (con una media di 4) che incuba per circa 2 settimane. I pulli sono
piuttosto dissimili a quelli delle altre Erythrurae. In essi i 4 tubercoli rifrangenti
del buccale, pur presenti, sono meno in rilievo, più slargati e di colore bianchiccio anziché giallo. Inoltre sono presenti due evidenti pliche giallastre ai lati
del becco, del tutto simili a quelle dei pulli dei Ploceidi e dei Fringillidi. Anche
la modalità di richiesta del cibo (caratteristica questa che, come vedremo, crea
qualche problema nell’allevamento a balie) ricorda quella dei Fringillidi, con i
piccoli che si ergono, man mano che passa il tempo, sempre più in piedi durante
l’imbeccata. L’uscita del nido è momento assai delicato per questa specie, perché
mediamente i giovani si dimostrano assai forastici e spaventevoli, svolazzando
per ogni dove e spaventandosi per un nonnulla. Fin dai primi giorni i giovani si
dimostrano agili arrampicatori e discreti volatori. È necessario quindi limitare
a questo periodo le visite nell’aviario, per non provocare fughe precipitose dei
piccoli, col rischio che si possano anche ferire, sbattendo contro gli ostacoli.
L’alimentazione durante lo svezzamento ricorda quella già descritta nel capitolo
precedente, ricordandosi di aumentare il tasso proteico e, soprattutto, l’apporto
di semi immaturi o germinati. Il risone viene sconsigliato durante questo periodo, sia secco, sia, soprattutto, ammollato in acqua. Essenziale invece l’apporto
di vitamina 3D per le femmine in cova. I quadricolori si dimostrano in genere
Quaderni di Ornieuropa
Passero del GIappone (Lonchura domestica)
Diamante quadricolore
genitori premurosi, se alloggiati in condizioni idonee (alias in voliera e con la
corretta e bilanciata alimentazione). Peraltro talvolta i pulli muoiono nei primi
giorni di vita. Steve Pellow lamenta la morte di ben 54 pulli, tra il 2° e l’11°
giorno, posti a balia sotto i passeri del Giappone, nonostante avessero i gozzi
ben pieni e fossero giudiziosamente alimentati. Non sapendo se questo dipenda
dalla modalità di svezzamento (a balie), lo riporto in questa sezione. Il problema è stato totalmente risolto mediante l’apporto di un medicamento, chiamato
dall’autore “Bengalese medicine”, una sorta di antibiotico somministrato ai
passeri del Giappone due volte l’anno ed anche dato agli adulti di quadricolore. Non so esattamente cosa sia, sembra sia stato consigliato a Steve da alcuni
allevatori belgi che così lo chiamano. I risultati sono stati eccezionali e nessun
pullo è stato mai più perso, nemmeno uno! I giovani diventano indipendenti,
dall’uscita dal nido, dopo 4 settimane. Dopo 8-10 settimane completano la
muta. Entro i nove mesi raggiungono la maturità sessuale.
Riproduzione a balie
Spesso è necessario ricorrere all’allevamento a balie. Tutti e 4 gli autori ne hanno
fatto uso, sistematico o almeno occasionale. Uno dei motivi è che le femmine
di quadricolore, molto forastiche, spesso abbandonano la covata se disturbate.
Innanzitutto quali balie? Alcuni autori suggeriscono l’utilizzo dei Diamanti di
Kittlitz, che, dicono, incontrano meno difficoltà rispetto ai passeri nello svezzamento. A parte che anche queste Erythrurae (ben più comuni e domesticate)
hanno evidenti difficoltà riproduttive in purezza, la pratica è da sconsigliare.
Steve Pellow, sempre lui, ci ha provato ed il risultato è stato che i pulli sono stati
trovati massacrati sul fondo della voliera. Se si guarda la foto di comparazione si
può comprendere il motivo. Il buccale del Kittlitz è assai diverso, i genitori non
possono venire ingannati! Coi passeri del Giappone le cosa vanno ovviamente
molto meglio, ma ci sono anche qui dei problemi. I giovani quadricolori pre-
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Quaderni di Ornieuropa
sentano modalità di richiesta del cibo, come detto, simili a quelle dei fringillidi e diversissime da quelle dei passeri, molto ritti all’impiedi e tremolanti. Finché sono nel
nido le cose vanno avanti, ma quando ne escono i passeri non riescono ad imboccarli
e addirittura si spaventano al vedere questo strano, per loro, comportamento. Il trucco consiste nel lasciare il nido fino al completo svezzamento, nido in cui i giovani
quadricolori possano entrare e lì, finalmente, ricevere l’agognata razione! Lasciando
il nido però, la femmina del Passero può aver voglia di cominciare una nuova covata
e così il problema si ripresenta. Errol Crosbie suggerisce un terzetto di maschi di
passeri al posto della coppia maschio-femmina. Anche a me sembra un’ottima soluzione: 3 sono meglio di 2, i passeri allevano benissimo anche in questo modo, così si
evitano nuove covate che possano far lasciare al loro destino prima del tempo i figli
adottivi. In ogni caso, come mi ha confermato anche Jose Manuel Serna, i passeri
sono ottimi genitori adottivi per i quadricolore, che permettono il superamento di
parecchie problematiche. Ciononostante alcuni autori sono usi rinforzare la nidiata
con imbeccate allo stecco (ottima l’energette).
Conclusioni
Come si è visto il Diamante quadricolore è specie che presenta alcune problematiche, derivanti da alcune sue proprie rigidità comportamentali ed adattative, che
stanno rallentando la sua re-diffusione captiva. Peraltro le testimonianze di allevamento sono numerose, forse più all’estero che in Italia. In Italia l’unica voce che
mi è arrivata (da confermare) è quella relativa ad un allevatore che li ha riprodotti
con successo, utilizzando i padda come balie. Non essendo riuscito a saperne di
più, mi limito a riportare la notizia. Per concludere si può quindi essere ottimisti
sul destino di questa specie in allevamento, di cui già alcune mutazioni di colore
si stanno affermando (avorio su tutte). Mi auguro di cuore che sia così: questa specie, che ho tanto amato e che considero inferiore al solo Diamante di Gould per
bellezza e accostamenti cromatici, non merita proprio di scomparire!
43
43
Quaderni di Ornieuropa
Diamante di Peale
IL DIAMANTE DI PEALE
(Erythrura cyaneovirens pealii)
In un’ipotetica classifica della diffusione delle specie di Erythrurae in allevamento le cose sembrano stare nel seguente modo:
1. Specie diffusamente allevate: principalmente tre: il Diamante di Gould, il
Diamante di Kittlitz e il Diamante pappagallo. La prima ormai è domesticata
praticamente come i canarini, anche se presenta qualche difficoltà riproduttiva
legata a certe sue intrinseche rigidità comportamentali. Le altre due, il Kittlitz e
il pappagallo, sono ancora legate ad ambiti più settoriali, di allevatori più che di
semplici amatori, anche se mondialmente diffuse e stabilizzate.
2. Specie affermate: anche se non raggiunge i livelli delle prime tre specie
possiamo dire che il Diamante di Tanimbar è ormai specie quasi perfettamente
domesticata ed in aumento numerico negli allevamenti.
3. Specie in re-diffusione: una speranza ed una considerazione fondata su
alcuni contatti avuti è che il Diamante quadricolore faccia presto la sua ricomparsa alle mostre espositive di settore. È oggi allevato da una ristretta cerchia di
appassionati e probabilmente in espansione.
4. Specie quasi scomparse: il Diamante del bambù, una volta ben presente anche come Erythrura di cattura (è stato, come il precedente a lungo importato),
sembra oggi scomparso e nemmeno pare che ci sia gente disposta ad investire
sulla sua conservazione captiva, come per il precedente.
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Coppia di Diamanti di Peale.
Maschio a sinistra
Quaderni di Ornieuropa
5. Specie mai domesticate: non hanno mai fatto parte delle Erythrurae di
allevamento (a parte esigui gruppi importati e qualche successo riproduttivo) il
Diamante reale, il Diamante di Samoa, il Diamante di Papua e (quest’ultimo
probabilmente mai allevato del tutto) il Diamante di Kleinschmidt. Dire quale sia oggi la situazione di queste specie è un rebus. Ce ne sono ancora presso
qualche allevatore? A parte l’ultima, sembra di sì, ma non ho notizie precise in
merito. Piccola notazione (che ben esemplifica il suddetto rebus): il Diamante
di Papua non si sa nemmeno se sia mai stato importato, nonostante si affermi
spesso il contrario. Le pochissime foto che circolano, anche su testi specialistici,
e che vengono vendute per Papua è possibile illustrino un Diamante di Kittlitz
della sottospecie sigilli fera!
Infine vi sono due specie che si possono inserire tra il punto 2 e 3: il Diamante
coloria e il Diamante di Peale. Non sono ancora del tutto affermate ma pur
sono presenti e sono occasionalmente reperibili alle mostre di settore, anche se
a prezzi ancora piuttosto elevati. Potremmo indicarle come Specie di nicchia.
Presentano cioè uno status non ancora perfettamente domesticato e non sono
nemmeno in grande espansione come il Tanimbar.
Fra queste ci occupiamo qui di quella che è originaria di un arcipelago incantevole, meta del turismo mondiale al pari della Polinesia francese, le Isole Fiji: il
Diamante di Peale, che gli inglesi chiamano appunto Fiji Parrotfinch.
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Diamante di Peale
TASSONOMIA:
Il Diamante di Peale appartiene al genere
Erythrura, ed in particolare alla specie
cyaneovirens. È una specie altamente
politipica (formata cioè da sottospecie
molto differenziate fra loro) e dall’areale
molto vasto che va da Vanua Tu fino a
Samoa, passando per le Fiji. Le tre sotConfronto tra sottospecie: D. Peale
tospecie (la regia, il Diamante reale, la
(sinistra), D. Samoa (destra)
cyaneovirens, il Diamante di Samoa,
e la piccola pealii, il Diamante di Peale appunto) sono talmente differenti fra
loro che molti autori le ascrivono al rango di specie distinte. In effetti…cosa si
intende con specie? Beh, la definizione moderna di specie è “insieme di individui che in Natura si riproducono fra loro”. Secondo questa definizione, quando
due individui si incontrano in Natura, se si riproducono, allora appartengono
alla stessa specie, altrimenti no. Molto semplice quindi. Il difficile è farli incontrare a volte! Per esempio, le tre sottospecie in questione sono separate fra loro
da bracci di Oceano di migliaia di chilometri. È quindi estremamente difficile
che entrino in contatto. Si può allora provare a vedere cosa accade in cattività!
Sarebbe la strada migliore, se non che, com’è noto a chi alleva volatili, molto
spesso in cattività molte specie adottano comportamenti strani, innaturali, fra
cui appunto una diffusa tendenza all’ibridazione. Addirittura alcune Lonchurae
(quali la malabarica e la maya, i cappuccini testa nera e testa bianca) sembrano invogliate maggiormente ad ibridarsi con altre specie vicine piuttosto che riprodursi
in purezza! Gli ibridi che ne derivano manifestano spesso, anche se non sempre,
una certa sterilità riproduttiva, a dimostrazione che i loro genitori sono piuttosto
lontani geneticamente ed appartengono probabilmente a specie distinte, che in
Natura non si accoppierebbero mai. Ma….se accade il contrario? Un’esperienza in
Quaderni di Ornieuropa
tal senso è stata effettuata dall’ornitologo tedesco Neff, che ha messo a convivere
3 coppie di Peale e 3 di Samoa (quindi teoricamente tutti della stessa specie) nella
stessa voliera alberata. I due gruppi portarono a compimento diverse covate, senza
che si verificasse una sola ibridazione. Ciò forse prova che le barriere riproduttive
fra le due sottospecie (atte ad evitare l’ibridazione) sono ormai molto radicate, e
conseguenza di un prolungato e reciproco isolamento geografico. In una parola,
le due sottospecie sono ormai forse due specie distinte. È quindi possibile che una
rivalutazione sistematica dell’intero gruppo cyaneovirens dovrà essere effettuata
in futuro.
DIFFUSIONE ED HABITAT
Delle tre sottospecie l’unica per cui probabilmente la massiva antropizzazione
dell’ambiente di quelle isole è stata un vantaggio, è questa. In effetti il Peale è sicuramente la sottospecie più adattabile, opportunista e meno legata all’ambiente di
foresta. L’agricoltura, ed in particolare la coltivazione di riso e sorgo, hanno allargato l’habitat del piccolo diamante delle Fiji, che sovente durante la maturazione,
si avventura, in bande miste coi padda, per farvi razzia. Il Peale non è decisamente
urbanizzato, anche se può frequentare i giardini cittadini, ma sicuramente il suo
avvistamento in campagna o nei campi da golf ampiamente diffusi nelle isole,
non è di certo un evento raro. Insomma è un’Astrilde evoluta, adattabile, opportunista. Ecco spiegato perché delle tre sottospecie cyaneovirens, questa è l’unica
di cui è stato fissato nel tempo uno stock di allevamento abbastanza stabile. In
natura i Peale si riproducono su palmizi. Lo stormo in questo periodo si fraziona
in gruppetti piuttosto modesti. Non è cioè specie particolarmente coloniale in fase
riproduttiva, come non lo è la maggior parte delle Erythrurae.
I due sessi si distinguono per la maggiore estensione e brillantezza del blu cobalto
del sottogola e petto superiore nei maschi. Si è inoltre notata una predilezione delle femmine verso i maschi in cui la testa è di un rosso è più definito e marcato.
46
Le due Erythrurae
a testa rossa allevate:
D. pappagallo (sopra),
D. Peale (sotto)
Immagini del Diamante
di Peale in Natura.
Novello(foto grande),
due esemplari su un prato
(foto piccole)
Quaderni di Ornieuropa
NOTE DI ALLEVAMENTO
Inizio la sezione parlandovi di intestino. L’intestino delle
Erythrurae è stato analizzato e comparato con quello di
altre Astrildi ed è risultato davvero particolare. Pur vivendo in ambienti lussureggianti vicini all’equatore, esiste una ciclicità climatica stagionale, dovuta agli alisei,
ed anche sovente, purtroppo, ad uragani periodici. La
maturazione delle semenze e dei frutti di cui le Erythrurae si nutrono ha anch’essa di conseguenza una ciclicità definita periodica. Inoltre, e forse è questa la ragione
principale, molti semi appetiti in Natura da questi uccellini presentano un tenore nutrizionale piuttosto basso.
Ed ecco il loro mirabile adattamento: l’intestino dei Parrotfinch (ivi compreso il Peale) presenta una superficie di
assorbimento molto maggiore rispetto a quella di qualsiasi altro astrilde esaminato. Ciò è dovuto alla presenza
di villi intestinali particolarmente fitti e numerosi. Questa peculiarità anatomica permette loro quindi di poter
estrarre sufficiente nutrimento da cibo a bassa energia.
Ciò che rappresenta un indubbio vantaggio evolutivo per
una vita in libertà, diventa fattore negativo in condizioni
di cattività. Infatti molte Erythrurae, e fra queste includiamo a pieno titolo il Diamante di Peale, hanno fortissima tendenza ad ingrassare in cattività, con associati
problemi epatici ed aumento della sterilità riproduttiva.
Ecco che quindi particolare importanza rivestono due
aspetti di allevamento: alloggio ed alimentazione.
48
Diamante di Peale
Quaderni di Ornieuropa
Alloggio, compatibilità
Indubbiamente da preferire sono le voliere interne plantumate. Il Peale si dimostra oltretutto specie tollerante e non molto aggressiva, meno del pappagallo e
Kittlitz comunque. In effetti questa è un’Erythrura particolarmente socievole,
meno legata ad ambiti forestali di altre (seppure in minor misura del Diamante
quadricolore e del Diamante di Gould) e che, se vi è sufficiente spazio, può (anzi
è consigliato) stare in gruppetto anche durante la fase riproduttiva e convivere
pacificamente con altre specie simili Il Peale, oltre che socievole è piuttosto tranquillo, meno del Diamante coloria (che arriva a livelli di “paciosità”, mi si passi
il termine, invero irraggiungibili) ma senz’altro meno vivace del Kittlitz (con cui
viene sconsigliata la coabitazione, sia perché più grande ed aggressivo del nostro
– che arriva a misurare non oltre i 10 cm – sia perché risultano abbastanza facili
le ibridazioni). La gabbia in questi ultimi anni viene maggiormente utilizzata
e vi è anche possibile la riproduzione (specie mediante l’utilizzo delle balie),
purchè non sia troppo piccola e si tenga in particolare attenzione l’alimentazione, vista (come detto) la naturale tendenza della specie alla pinguedine. Molti
allevatori consigliano gabbie non inferiori alle seguenti misure: 90-110 cm di
lunghezza, 50 cm di profondità e 65 cm di altezza.
La temperatura del locale di allevamento, per questa specie domesticata da non
tantissimi anni, riveste una certa importanza. Difficile che il Peale possa superare i freddi mesi invernali delle nostre latitudini senza subire danni, quando
alloggiato in voliera esterna priva di un locale riparato e riscaldato. Molti allevatori consigliano una temperatura intorno ai 24°C o più. Ad altri ciò sembra
eccessivo e garantiscono che i loro Peale sopravvivono benissimo, senza che si
siano osservate perdite, a temperature comprese fra i 18°C ed i 20°C. Pur non
avendo mai detenuto Peale (ma è solo questione di poco tempo, garantisco!), la
mia esperienza con i Parrotfinch di altre specie mi induce a ritenere che queste
ultime indicazioni siano senz’altro più credibili. Anzi io direi che fino a tempera-
49
Diamante di Peale
ture di 15-17°C, purché non siano costanti, ci si possa tranquillamente arrivare.
L’importante, come al solito, è che l’umidità non sia eccessiva, anche se, rispetto
ad altre specie di Astrildidi originarie di climi più secchi (come lo stesso Gould),
il Peale risulta più resistente relativamente a questo parametro.
Alimentazione
Col fine soprattutto di prevenire l’obesità ed i problemi correlati, particolare attenzione si deve porre all’alimentazione, soprattutto se si decide di allevare i Peale in
gabbia o in spazi dove le possibilità di movimento non siano adeguate. In Natura i
Peal si nutrono di una grande quantità di semi di prato, quali il sorgo, il miscanto
ed il penniseto, insieme a riso, semi di fico, e numerosi semi di piante erbacee.
Infine Casuarina glauca e semi di varie bacche o, addirittura, bacche intere. In
cattività è estremamente difficile avere le semenze, anche secche, delle piante sopraindicate, si deve quindi ricorrere ad una dieta bilanciata di semi surrogati.
Ottima risulta essere la somministrazione, accanto alla miscela base per esotici, di
miscele di semi selvatici, quali lattuga, cicoria, sorgo europeo. A parte avena e riso
in modiche quantità ed anche germinati (attenzione alle muffe!). Il Peale inoltre
si dimostra maggiormente frugivoro di altre specie di Erythrurae allevate. I frutti
più apprezzati risultano essere i fichi, sia freschi (in stagione), ma anche secchi,
le pere e le mele. La verdura è pure consigliata da molti autori: cicoria, lattuga e
foglie di denti di leone. Si possono pure somministrare spinaci e mordigallina.
Un autore dà perfino quel sacco misto di verdura di varia qualità reperibile nei
supermercati che, a suo parere, i Peale sembrano adorare. Per finire grit e gusci
d’uovo quotidianamente. Camole ed eventualmente altre prede vive di minutissime dimensioni (fra cui soprattutto graditi risultano i buffalo worms) sono molto
apprezzate ma vanno somministrate in piccola quantità ed a giorni alterni (qualche autore suggerisce due volte alla settimana), ricordandosi di aumentare la frequenza (fino a quotidiana) durante il periodo riproduttivo, ma mantenendo bassa
Quaderni di Ornieuropa
Diamante di Peale
la dose. Pure abbastanza gradito il pastoncino all’uovo, meglio se mischiato con
semi germogliati. Insomma il solito avvertimento: grande varietà, ponendo però
attenzione a dare poco alimento grasso e riscaldante.
Riproduzione
I maschi del Peale in amore (picco corrispondente alla nostra stagione invernale) sono notevolmente irruenti, al pari di molti altri Parrotfinch, e la buona
convivenza del piccolo gruppo allevato (sempre da consigliare per permettere
la scelta naturale del partner) ben presto rimane solo un ricordo. Zuffe, trilli
acutissimi dei maschi (paragonati al fischiare di un arbitro), suddivisione degli
spazi riproduttivi. Il Peale insomma non è particolarmente coloniale durante
questo periodo, ogni coppia deve avere il suo spazio. Un ottimo accorgimento è
la distribuzione dei nidi (vanno bene anche quelli normali a cassetta) per la voliera, ancor meglio se separati da “barriere” di piante verdi (maggiore è la piantumazione, maggiore è anche il senso di agio che provano queste Erythrurae),
barriere che oltretutto hanno anche la funzione di proteggere le femmine verso
l’irruenza eccessiva dei maschietti in calore. Una volta che la coppia si è formata
(ed il “fidanzamento” in questa specie sembra essere più duraturo che per altre
della stessa famiglia, andando spesso a coprire diverse stagioni riproduttive) inizia la preparazione del nido, che il Peale può costruirsi in proprio, pur, come
detto, essendo benissimo accettati anche i normali nidi chiusi a cassetta per
esotici. Anche in quest’ultimo caso fornire abbondante materiale di imbottitura, che i Peale (soprattutto il maschio) utilizzeranno per “costruire” all’interno
un guazzabuglio disordinato ed abbastanza approssimativo (è lo stile di molte
Erythrurae, che, quanto ad “ingegneria edilizia” non sono certo paragonabili ai
Tessitori africani!). La coppia vi depone 3-5 uova bianche, del tutto simili (anche
se di dimensioni leggermente inferiori) a quelle dei Kittlitz e pappagallo. Esse
verranno incubate per 13-14 giorni. I Peale, se allevati in voliera, in genere si di-
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Pullo di 7 gg
(a sinistra)
Pullo di 18 gg
(in basso)
mostrano genitori assai premurosi e coscienziosi. Peraltro si può andare incontro
facilmente ad alcuni inconvenienti. L’eccesso di alimento proteico, vivo e non,
in questo periodo stimola l’istinto copulatorio nei maschi che, per assolverlo al
più presto, sovente si sbarazzano della prole buttandola fuori dal nido, e così
rendendo nuovamente recettiva la femmina. Inoltre, anche questa caratteristica
di quasi tutte le Erythrurae, la coppia riscalda bene la nidiata (i pulli presentano
Quaderni di Ornieuropa
Diamante di Peale
Novelli appena
svezzti
(si notino i
riflessi bluastri
della testa)
a sinistra.
Novelli ad
inizio muta
(compaiono le
piume rosse)
in basso
i classici tubercoli azzurri rifrangenti ai lati del becco) per i primi 14 giorni e
poi lo fa in modo continuativo solo durante le ore notturne. Se la temperatura
del locale non è di almeno 24-25°C i piccoli facilmente muoiono di freddo alle
nostre latitudini (cosa che invece mai avviene nel clima equatoriale delle Fiji).
L’involo avviene a 17-19 giorni e, sorpresa, i piccoli mostrano riflessi bluastri sulla mascherina facciale e totale assenza di piumette rosse (invece sempre presenti
nei nidiacei e novelli del Diamante pappagallo). Hanno inoltre becco chiaro con
la punta scuretta. Le prime piume rosse compariranno a svezzamento terminato e con le prime fasi della muta. Sono meno spaventevoli dei piccoli di altre
Erythrurae e presentano fin dalle prime fasi di vita all’aperto un atteggiamento
abbastanza confidente. Saranno alimentati dagli adulti per altre 3 settimane. Si
consiglia di far fare alla coppia non più di tre covate all’anno.
Se l’allevamento viene portato avanti in gabbia, è buona usanza infrascare l’angolo della stessa dove è posizionato il nido. In genere quando si opta per questo tipo di allevamento, possibile per questa specie, onde evitare problematiche
maggiori rispetto all’allevamento in voliera plantumata, si fa ricorso ad una
coppia affiatata di Passeri del Giappone a cui dare le uova e destinare tutto il
ciclo di allevamento dei pulli. Grosse difficoltà non sembrano sorgere in questa
pratica, le balie allevano i Peale senza grandi problemi.
CONCLUSIONI
Il Diamante di Peale è specie bellissima, che probabilmente ha subito negli anni
la concorrenza dell’altra Erythrura a testa rossa, il Diamante pappagallo, più
diffusamente allevata e da maggior tempo. Peraltro come variabilità cromatica
(soprattutto considerando gli stupendi riflessi blu sul petto), il Peale a mio parere è senz’altro più interessante del pappagallo. Sarebbe quindi ora di allevare
maggiormente questa piccola Erythrura, che sembra davvero promettente anche
per la ricerca di eventuali mutazioni di colore.
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Quaderni di Ornieuropa
Diamante di Peale
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Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
LE “ERYTHRURAE” D’AFRICA:
gli Astri montani
(Genere Cryptospiza)
Questo articolo ci porta in montagna. Non si deve con ciò pensare a pendii ammantati di neve, dove torme di sciatori si lanciano più o meno agilmente. Non a
baite di legno di pino e tetti spioventi o vacche che pascolano in gruppo facendo
udire a distanza un dolce scampanare. No, queste sono le Alpi! Le montagne in
questione sono invece tipicamente tropicali o equatoriali. Si va dai monti Chimanimani o gli altopiani di Inyangani dello Zimbabwe, su fino agli altopiani
Etiopici della provincia di Shoa. Ma la regione in cui massimamente si concentrano i protagonisti di questo modesto lavoro sono le mitiche “Montagne della
Luna”, ma sì quelle del film per intenderci, l’attuale Catena del Ruwenzori, al
confine tra Congo ed Uganda. Là dove i due grandi esploratori, l’aristocratico
inglese John Hanning Speke e l’avventuriero geografo Richard Francis Burton partirono insieme nel 1856 alla scoperta delle misteriosi sorgenti del Nilo
e scoprendo il Lago Tanganika e quindi, Speke da solo, con Burton caduto
gravemente malato, il Lago Vittoria e le sue magiche cascate. Storie affascinanti,
antiche, si dipanano, a guisa di liane, per queste impenetrabili foreste, che avvolgono come manti intricatissimi le pendici della catena montuosa, lasciando
gradualmente il passo in alta quota (la catena si spinge fino 5109 metri ) a straordinarie piante endemiche, tanto “aliene” nelle fattezze quanto gigantesche nelle
dimensioni: eriche, lobelie e seneci. Queste foreste ancora oggi proteggono uno
dei più rari e suggestivi primati del Pianeta: il Gorilla di Montagna (Gorilla
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Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
La foresta impenetrabile delle Ruwenzori mountains (Zaire occidentale),
habitat di 3 specie di Astri Montani
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54
Quaderni di Ornieuropa
gorilla beringei), anch’esso protagonista di un’altra epica avventura, quella della
naturalista (uccisa per mano dei bracconieri) Dian Fossey e della sua fondazione
volta alla salvaguardia di questo carissimo nostro cugino: la Dian Fossey Gorilla
Fund (http://www.gorillafund.org/). Ma questa è davvero un’altra storia. I
nostri protagonisti sono ben più piccoli, sfuggenti ed assai meno famosi.
3 delle 4 specie di questi uccellini si trovano infatti anche (o solo) nella Catena di
Ruwenzori, invero ad altitudini minori di quelle delle piante extraterrestri degli
alti pendii (massimo 3200-3400 metri). La denominazione latina del genere è già
un programma, abbastanza indicativa di ciò di cui stiamo per parlare: Cryptospiza che, tradotto letteralmente, sta a significare Fringuello Criptico, cioè nascosto.
Questo già la dice lunga sulle abitudini in Natura di queste Astrildi africani. Sono
uccelli tipicamente silvani, che abitano le pendici delle catene montuose, in genere
estremamente schivi e molto difficili da avvistare (e quindi conseguentemente da
fotografare). Sono 4 specie che in Italiano prendono il nome di Astri Montani. Gli
inglesi li chiamano Crimsonwing (cioè dorso cremisi) per una loro caratteristica
comune che, insieme alle altre, ora vado ad elencarvi:
■ La caratteristica più evidente è l’intenso color rosso cremisi del mantello,
dorso e scapolari, presente in entrambi i sessi (anche se più accentuato e diffuso
nei maschi) e che ne attesta la comune origine filogenetica. Negli uccelli in generale, e le Astrildi non fanno eccezione, le colorazioni del piumaggio collegate
alla selezione sessuale (operata in genere dalle femmine sui maschi) sono relative
alla testa, petto e ventre, cioè a quelle parti che tendono a non esporre il volatile ai predatori “visivi” (quali i falchi) che attaccano dall’alto. Il dorso risulta
invece mimetico ed in genere assume la colorazione di fondo dell’habitat in cui
l’uccello vive. Meno importanza infatti rivestono i colori brillanti delle parti
inferiori per i predatori “olfattivi” (quali mustelidi o serpenti) che attaccano
55
Astri montani
Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
dal basso, dato che appunto non si affidano alla vista per localizzare la preda ed
avendo questa nei loro confronti la possibilità di volare via se se ne accorge in
tempo. Detto ciò anche il dorso cremisi degli astri montani (caratteristica che
più di tutte li ha fatti amari dagli ornicoltori) ha probabilmente una funzione
più criptica che attrattiva. Nella lettiera di foglie morte delle radure di foresta,
dove talvolta queste astrildi scendono a “pascolare”, la marezzatura cremisi ben
si confonde col fogliame ricco di carotenoidi, spezzando oltretutto la sagoma
dell’uccellino (somatolisi).
■ Il dimorfismo sessuale è pure, in maniera più o meno accentuata (massima
nel Shelley, minore nelle altre specie), caratteristica comune.
■ Presenza di un solido e accentuatamente conico becco nerastro (tranne che
nel Shelley dove è rosso), molto simile a quello di molte Erythrurae (Kittliz e
Pappagallo soprattutto).
■ Colorazione di fondo di massima verde oliva e, in una specie (l’Astro montano di Jackson), grigiastra.
■ Comportamento nervoso, sfuggente, criptico appunto. Come già accennato,
amano tutti vivere nel folto dei macchioni, foreste o rampicanti presenti ai lati
di corsi d’acqua, dove immediatamente cercano albergo e rifugio quando sorpresi in spazi più aperti. Peraltro questo comportamento sfuggente può, dopo
opportuno acclimatamento, venire meno in cattività, dove anzi gli Astri montani arrivano a mostrare atteggiamenti piuttosto confidenti (o addirittura temerari) con l’allevatore. In ogni caso, è opportuno dirlo subito, sono tipici uccelli da
voliera (le cui caratteristiche vedremo dopo), poco adatti alla gabbia.
■ Canto in genere lieve ed emesso raramente, varia da specie a specie e risulta
talvolta aspro, talaltra più melodico.
Nella pagina a fianco, maschio di Reichenow (alto) e femmina di Salvadori (basso)
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Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
TASSONOMIA
Maschio di Astro montano di Salvadori
1 solo Genere, Cryptospiza, 4 specie:
Cryptospiza Reichenovii Cryptospiza Salvadori
Cryptospiza Jacksoni Cryptospiza Shelleyi Astro Montano di Reichenow
Astro Montano di Salvadori
Astro Montano di Jackson
Astro Montano di Shelley
Caratteristica comune da un punto di vista nominale è che tutte queste 4 specie
prendono il nome da altrettanti ornitologi, tra cui quelli di gran lunga più conosciuti sono Anton Reichenow, ornitologo tedesco, ed il conte Tommaso Salvadori, italiano. Il senso di queste 4 dediche ad altrettanti ornitologi dell’epoca
sta nella storia della loro scoperta avvenuta a seguito di una serie di spedizioni
esplorative svoltesi in Africa Centro-Occidentale tra il 1874 ed il 1878. Campioni tassonomici arrivarono ai vari Musei di Scienze Naturali europei, facendo
subito intuire i cladisti dell’epoca che si trattava di un genere compiutamente
nuovo, peraltro per alcuni aspetti avvicinabile ad altri già conosciuti, quali Pyrenestes, Spermophaga e soprattutto Mandingoa.
L’incerto, ancor oggi, apparentamento evidente di questo Genere ad altri di
Astrildi africane ha causato violente e prolungate “zuffe” tassonomiche fra i
sostenitori di un pensiero o di un altro. La corrente più accreditata, come detto,
vuole che sia il genere Mandingoa (la ben nota Astrilde verde punteggiata con
tutte le sue sottospecie) quello più prossimo al nostro. Peraltro un’altra scuola,
a seguito anche di comparazioni estesisi ben oltre il continente africano (e che
dà il senso al titolo di quest’articolo) ritiene che le numerose similitudini con
il genere Erythrura non siano affatto casuali ma conseguenza di una discen-
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Femmina di Astro montano
di Reichenow
Maschio di Astro montano
di Jackson
Quaderni di Ornieuropa
Astrilde verde di
Schlegel
(Mandingoa nitidula
schlegeli)
Astri montani
denza da un antico progenitore comune. Dire come dagli aspri e silvani monti
dell’Africa centrale un uccellino di dimensioni modeste sia potuto giungere fino
ai meravigliosi arcipelaghi del Pacifico Australo-melanesiano (o viceversa) è impresa assai ardua, però le somiglianze sono numerose e tenterò di riassumerle
brevemente.
■ Colorazione di fondo, a parte una specie, verdastra
■ Becco conico massiccio
■ Aspetto d’insieme piuttosto tozzo con code brevi
■ Comportamento nervoso ed irrequieto
■ Presenza di escrescenze fluorescenti ai lati del becco nei pulli, aventi la funzione di guidare i genitori nell’imbeccata, assai simili per disposizione a quelle
delle Erythrurae: 4 piccole, di colore giallo pallido, 2 nel bordo superiore e 2 in
quello inferiore e circondate da un anello nero.
Sono tutte caratteristiche che non danno una risposta certa al grado, se esiste, di
apparentamento fra gli Astri Montani e i Diamanti Pappagallo (per dirla all’anglosassone, Parrotfinch, in cui non si indica, come in italiano, una sola specie
ma l’intero raggruppamento ascrivibile al Genere Erythrura). Infatti in ambito
tassonomico è sempre facile confondere le similitudini dimostranti apparentamento (le cosiddette omologie) con quelle conseguenti di uno stile di vita simile
(le cosiddette analogie), frutto cioè di convergenza evolutiva. È indubbio che
tutti i Cryptospiza e quasi tutte le Erythrurae abitano ambienti silvani. Questo
spiegherebbe facilmente tutti i punti sopracitati in cui il verde è colore di fondo
criptico nella volta della foresta, il corpo tozzo è garanzia di agilità tra l’intreccio
dei rami, il becco conico è strumento utile a rompere i duri e grossi semi forestali, la presenza di papule fluorescenti ideale accorgimento per guidare l’imbecco
in questi ambienti piuttosto oscuri.
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Quaderni di Ornieuropa
Ma….esiste una prova aggiuntiva proveniente dal mondo dell’ornicoltura.
Un tentativo di ibridazione tra un maschio di Astro montano di Reichenow
ed una femmina di Diamante di Kittliz ha prodotto un uovo fecondo in cui
però lo sviluppo dell’embrione si è interrotto a circa 8-9 giorni (“Club dell’esotico news” N° 36/94). È una prova risolutiva? No, purtroppo e per una serie di
ragioni: entrambi i generi appartengono alla Famiglia delle Astrildi, dove non
rari sono i casi di ibridazione anche tra uccelli di continenti diversi (ricordo le
ibridazioni tra Amaranti del Senegal – Lagonosticta Senegala – e Diamanti
Ruficauda – Neochmia Ruficauda, di maggior successo fra l’altro e che hanno
prodotto ibridi vitali), la morte prematura dell’embrione fa invece ipotizzare un
apparentamento piuttosto blando e lontano.
L’unica prova, che però prova non è, è che tutti, i pochi, ornicoltori che hanno
avuto esperienze dirette con gli Astri Montani rimarcano evidenti similitudini
con le Erythrurae, sia d’aspetto sia comportamentali. Al di là di ogni diatriba da
soloni, forse questa è la “prova” migliore, da chi quotidianamente, con gli alati
viventi ci ha a che fare e li osserva da vicino!
Veniamo ora alla descrizione più nei dettagli delle 4 specie.
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Astri montani
ASTRO MONTANO DI REICHENOW
(Crytpospiza reichenowii)
E’ indubbiamente la specie a maggior diffusione, nettamente distinta in tre popolazioni isolate. La prima (C. r. reichenovii) è distribuita nella Nigeria sud
orientale (altopiano di Obudu), Camerum occidentale e isola di Fernando Po
(dove coabita, ma a maggiori altitudini, con l’Astrilde verde di Fernando Po
– Mandingoa Nitidula Virginiae). La seconda popolazione (C. r. australis) è
presente in Uganda, Zaire e Ruanda, fino ad arrivare, attraverso la Tanzania
e lo Zambia, al Mozambico settentrionale, peraltro in modo discontinuo. La
terza popolazione infine (C. r. rhomogenis) abita l’altopiano Inyangani verso
sud fino ai monti Chimanimani in Zimbabwe orientale e Mozambico centrosettentrionale. Tutte e tre le popolazioni (ascritte anche al rango di altrettante
sottospecie) mostrano stili di vita simili.
I Reichenow vivono ad altitudini comprese fra i 1000 ed i 2000 metri, nel folto
dei sottoboschi o ai margini delle radure.
Passano facilmente inosservati per il fatto che si aggregano al massimo in moMaschio
Femmina
Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
destissimi stormi (ma più spesso si muovono a coppie) e che mostrano un comportamento molto schivo e nascosto. Si nutrono a terra generalmente di semi di
piante erbacee.
ASTRO MONTANO DI SALVADORI
(Crytpospiza salvadorii)
Questo Astro Montano è distribuito con tre sottospecie (salvadorii, ruwenzori
e klimensis) rispettivamente in Etiopia meridionale fino al Kenya settentrionale, sulle montagne del Ruwenzori (Zaire e Uganda), e nel Sudan sud orientale
(monti Imatong). Come la precedente anche questa alberga ad altitudini considerevoli (si spinge addirittura più in alto, essendo stato trovato anche a 3000
metri), in fitte foreste, ai margini delle radure di montagna, o fra i rampicanti
che delimitano i corsi d’acqua. Di indole schiva, forse ancora maggiormente
della precedente, pur essendo probabilmente relativamente abbondante è di difficile avvistamento ed osservazione. Si sposta in piccoli gruppi o a coppie.
Maschio
ASTRO MONTANO DI JACKSON
(Crytpospiza jacksonii)
È specie monotipica dall’areale molto ristretto. Vive nella catena del Ruwenzori
fino all’Uganda occidentale, Ruanda e Burundi tra i 1550 e i 3000 metri di
altitudine. Ancora più timido e criptico delle specie precedenti raramente esce
dal fitto sottobosco spingendosi talvolta ai margini delle radure per nutrirsi a
terra. E’ fra l’altro di indole solitaria, o al massimo in coppia. La sua estrema
elusività rende difficile comprenderne la consistenza, che è comunque scarsa per
la limitatezza del suo areale di distribuzione.
Maschio
Femmina
Femmina
ASTRO MONTANO DI SHELLEY
(Crytpospiza shelleyi)
È la specie più bella, più grossa, con maggiore dimorfismo sessuale e, purtroppo,
anche la più rara. Lungo fino ai 13 cm il maschio è un tripudio di colori in cui
il porpora di pileo, testa, scapolari, dorso e sopracoda contrastano nettamente
col verde oliva del collo e del petto (sfumato di giallo sulla gola), fianchi e ventre
60
Quaderni di Ornieuropa
sono di un arancione brillante. Ma non finisce qui perché le remiganti delle corte
e tozze ali sono nere lucide tranne le due terziarie interne che hanno bordi color
porpora, e che sparano come semafori quando lo Shelley prende il volo. La femmina
differisce dal maschio per avere i colori leggermente più smorti e per essere priva
della calotta porpora su testa, pileo e parte delle scapolari (il porpora quindi si riduce
al solo dorso) sostituita da una colorazione verde oliva. In entrambi i sessi il becco
è di colore rosso brillante con base rosata nel maschio e marroncino nella femmina. Insomma è un’Astrilde magnifica, fra le più belle e non solo africane. E’ però
molto rara, presente solamente nella catena dei monti Ruwenzori e Uganda sudoccidentale, fra i 1550 e i 3400 di altitudine, in un’areale largamente sovrapponibile
a quello della specie precedente. È in assoluto la specie più silvana, non si allontana
praticamente mai dal fitto intrico del sottobosco. Si nutre a terra, generalmente di
balsamina. Solitario, raramente a coppia. È quindi di difficilissima osservazione,
sebbene ritenuto di notevole rarità ed in declino. Il sito http://www.birdlife.org che si
occupa di conservazione ornitologica mediante un pattern di associazioni locali, indica, quali cause del probabile forte declino di questa specie l’intensa deforestazione
del suo areale, per motivi agricoli e bellici. Ho parlato via mail, col responsabile del
progetto di conservazione di questa astrilde e ciò sarà trattato nell’ultimo capitolo.
Bwindi Impenetrable Forest,
una delle ultime roccaforti dello Shelley
61
Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
Note di allevamento
Innanzitutto è essenziale chiederci se questa sezione abbia un senso. Non perché
gli Astri Montani non abbiano fatto parte delle Astrildi di allevamento (sono
stati importati a più riprese soprattutto nei Paesi Nord Europei, Olanda, Belgio
e Germania in testa), ma perché oggi col blocco delle importazioni è estremamente difficile reperire qualche nota allevativa recente che li riguardi. Ne ho
trovata una dopo lunga ricerca più un mio contatto diretto con un ragazzo
ungherese che ha detenuto in tempi recentissimi una coppia di Astri montani
di Reichenow. La sua prima domanda è stata: “Esistono in Italia? Perché vorrei
tanto entrare in possesso nuovamente di una coppietta e qui sono introvabili,
anzi penso di essere stato l’unico ungherese a detenerli!”
In effetti sono praticamente scomparsi, ma ho buone ragioni per ritenere che
qualche Reichenow e Salvadori (più difficilmente le altre due specie) ancora sopravvivano in qualche allevamento dei Paesi Bassi. Del resto sono le uniche due
specie di Astri montani che sicuramente si sono riprodotte in cattività.
Ma prima di descrivere le note tecniche sull’allevamento permettetemi di presentarvi…Gyuri! L’ho trovato su youtube dove è presente un suo raro filmato
del corteggiamento del maschio di Reichenow nei confronti della sua compagna
di prigionia: http://www.youtube.com/watch?v=aRWB8y8IvEw
Da lì sono risalito al sito: http://handfeed.fw.hu/
Un ragazzo simpatico Gyuri, alleva anche altri uccellini ricercati, fra cui l’amaranto fiammante (Hypargos Niveoguttatus), i Bengalini moscati, i Ventre arancio ed i Diamanti Pappagallo. .Ma la sua passione è l’handfeeding, cioè l’allevamento allo stecco, a cui ha dedicato anche il suo sito (vi avverto è scritto in
ungherese, ci vuole il traduttore!). Di seguito vi rimando a un filmato molto
carino di un gruppo di pulli di circa 2 settimane di Diamanti pappagallo alle-
62
Quaderni di Ornieuropa
vati da Gyuri appunto allo stecco:
http://www.youtube.com/watch?v=7bwRslCRSeA&feature=channel
Ma torniamo alla sua coppietta di Astri Montani di Reichenow. Ecco cosa Gyuri mi ha raccontato, autorizzandomi alla pubblicazione (in inglese ovviamente..
non conosco l’ungherese, una delle lingue più difficili fra l’altro!): “Al momento
non li detengo più. La femmina mi è morta un anno e mezzo fa ed il maschio,
all’età considerevole di 7 anni e mezzo mi è morto a giugno di quest’anno. Hanno
deposto le uova due volte, ma probabilmente bianche perché non è nato nessun pullo.
La mia coppia era nata in natura, ciò è forse la ragione per cui nessun pullo è nato.
La cosa più strana è però che, nonostante le loro abitudini in libertà, la coppia non si
è mai dimostrata timida, non hanno mai avuto paura di me, sempre mi seguivano
con lo sguardo quando li liberavo per la stanza, senza timore, specialmente quando
portavo in mano qualche insetto. Io allevo uccelli allo stecco, conosco la differenza di
comportamento fra soggetti di cattura e quelli allevati da me. Ecco si comportavano
come i secondi stranamente e venivano fiduciosi a catturare gli insetti direttamente
dalle mie mani. Sono stati i miei favoriti, li ho molto amati e disperatamente ho
cercato una femmina per il vedovo senza trovarla”.
Le foto del vedovo “disperato” le trovate nel suo sito. Un bel soggetto tranquillo,
quasi in posa, davanti alla macchina fotografica.
Ecco questa è la situazione attuale purtroppo. Si parla di uccellini bellissimi,
sembra pure molto amichevoli con chi ne ha cura eppure ormai praticamente
introvabili. In ogni caso, con la speranza che possano ricomparire un giorno, do
qualche dritta circa il loro allevamento.
Nonostante la loro indole mite, gli Astri montani, come tutti gli uccelli, danno
63
Astri montani
il meglio di sé in un ambiente
che ricostruisca in piccolo il
loro habitat naturale. Indicate
le voliere, specialmente quelle
in cui l’altezza sia il lato preponderante. Una fitta piantumazione, anche mediante intrichi di
canne, è essenziale. Gli Astri
montani sì posano sì a terra per
ricercare i semini di cui si nutrono ma non amano soggiornarvi a lungo, amano
invece volare basso tra un cespuglio e l’altro. Nonostante siano di montagna,
sono uccellini comunque equatoriali. Non temono particolarmente le temperature sopra i dieci gradi, ma eccessivi sbalzi termici. Se allevati all’aperto è quindi
essenziale una porzione al chiuso e magari leggermente riscaldata per i mesi più
freddi. Se trovano le condizioni adatte gli Astri montani si dimostrano uccellini
robusti ed anche parecchio longevi.
L’alimentazione deve essere variata il più possibile. Miglio bianco e tenero innanzitutto, scagliola e poco niger. Essenziali sono le spighe immature di panico
e miglio per tenerli in perfetta forma, così come una sempre presente alimentazione integrativa insettivora e pastoncini poco grassi. Bisogna stare attenti all’eccesso proteico, perché, come le Erythrurae, anche gli Astri montani tendono ad
ingrassare. Tutto va bene, dai bigattini scottati alle larve di Tenebrione (queste
ultime, per i motivi suddetti, non in quantità eccessiva).
Per assonanza con le Erythrurae, e visto l’analogo becco conico, io ipotizzerei
anche fichi e risone, ma è solo un’ipotesi. Tentar non nuoce!
In Natura gli Astri montani si riproducono a non eccesiva altezza dal suolo (mai
però sul terreno come i Twinspot), costruendo un tozzo nido sferico, con entrata
Quaderni di Ornieuropa
Astri montani
laterale rivolta verso l’alto. In cattività, come sempre, è altamente consigliato
(stimola la riproduzione) farlo costruire da loro, fornendo abbondante materiale
(fibre di cocco, peli animali, erba, muschio…). E’ possibile indurre la riproduzione anche fornendo loro le normali cassette di legno per esotici, posizionate
nella porzione più intricata della voliera, in un fitto cespuglio ad esempio. Anche
in questo caso la fornitura di abbondante materiale di imbottitura li stimola
parecchio. Depongono 4-6 uova compiutamente bianche. La cova è di esclusivo
appannaggio della femmina, l’incubazione dura 14 giorni e dopo altre 3 settimane si ha l’involo dei novelli (tempi classici per le Astrildi). Inutile rimarcare
come in questo periodo abbondanti debbano essere le prede vive. I novelli sono
marroni o verde oliva scuro a seconda delle specie e sottospecie e con le papille fluorescenti ai lati del becco ancora visibili per qualche tempo (esattamente
come per le Erythrurae). Mutano velocemente ed a 5 mesi di età, mediamente,
sono indistinguibili dagli adulti.
In cattività si è riprodotto più volte il Reichenow (forse, ma con ampio beneficio di inventario, anche in ampie gabbie schermate ed infrascate) e, con minor frequenza, il Salvadori. Incerte
le altre due specie che, oltretutto,
sono giunte negli allevamenti nordeuropei in modo molto più sporadico (in assoluto il più importato è
stato il Reichenow).
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Novello di
Reichenow
IL PROGETTO ASTRO MONTANO DI SHELLEY
ED IL RUOLO DEGLI ALLEVATORI NELLA PROTEZIONE E
NEL RIPOPOLAMENTO DELLE SPECIE AVIARIE
Ci tengo ad aggiungere
quest’ultima parte anche per
rivalutare il ruolo degli allevatori a fini amatoriali perché talvolta questo nostro
hobby così vituperato, anche
a ragione, dagli ambientalisti può rivelarsi molto utile
in ambito ecologico. La storia del protezionismo ambientale, non solo aviario,
non si opera solamente mediante preservazione dell’habitat della specie minacciata, sensibilizzazione dell’opinione pubblica, e creazione di aree protette, ma
anche, se la specie è scomparsa da un territorio ma presente in altri, mediante
reintroduzione in quel territorio. Il ripopolamento non consiste solamente nello
spostare esemplari di cattura da una areale in cui sono ancora presenti a quello
che si vuole ripopolare, ma anche liberandovi esemplari che sono stati allevati in
cattività. Devono essere presenti ovviamente alcune condizioni essenziali:
■ Preservazione di condizioni idonee ambientali per la specie che si vuole reintrodurre, nel territorio oggetto di ripopolamento.
■ Quando la reintroduzione viene operata a partire da esemplari di allevamento, non eccessivo “imprinting” della specie sull’uomo,
cioè non eccessivo grado di domesticità. In generale gli
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esemplari prima della loro liberazione devono essere rieducati a cavarsela da soli
e vengono posti in voliere molto ampie e con minimi contatti con l’allevatore.
Una volta liberati i primi tempi questi esemplari vengono aiutati fornendo loro
cibo che viene gradatamente diminuito nel tempo fino allo svezzamento.
■ Parimenti gli esemplari devono essere il più possibile “puri” cioè non portatori di mutazioni selezionate a fini allevativi.
È insomma un processo complesso ma che ha ottenuto risultati talvolta straordinari. Due esempi su tutti. Del Gheppio di Mauritius (Falco punctatus),
assai simile alle femmine del nostrano gheppio europeo (Falco tinnunculus), ne
restavano nel 1976 solamente 6-7 esemplari, veramente a un passo dall’estinzione! Grazie ad un progetto di allevamento intensivo in cattività (ed eliminando
ovviamente le cause che avevano fatto quasi sparire questi falchetti) oggi (dopo
poco più di 30 anni) si contano più di 800 esemplari in libertà ed in aumento.
Il condor della California (Gymnogyps californianus) agli inizi degli anni
’80 era ridotto ad una popolazione in libertà di soli 22 esemplari che furono
catturati e riprodotti in cattività allo Zoo di San Diego. Oggi volano liberi 160
esemplari e altrettanti sono nei centri di riproduzione.
Certo questo sono progetti pianificati con l’ausilio di esperti e zoo, non si tratta
di uccelli già allevati a fini amatoriali.
E allora ecco, per chi non lo conoscesse, il seguente link:
http://savethegouldian.org/
E’ un progetto di conservazione del Diamante di Gould, sì proprio lui, diffusissimo nel mondo come uccellino di allevamento amatoriale, sta soffrendo una
grave contrazione numerica e territoriale nell’Australia Settentrionale dove vive.
Ne rimangono circa 2500 esemplari liberi oggi. Per salvarlo si pongono a protezione alcune aree e lo si reintroduce dove si può proprio a partire dai Gould di
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Astri montani
allevamento. Qui insomma l’allevamento ha preceduto temporalmente il progetto di reintroduzione e si può dire che la specie oggi può dirsi al sicuro proprio
grazie alle migliaia e migliaia di esemplari allevati nel mondo (qui il problema
principale è la purezza degli esemplari di allevamento, la maggior parte dei quali
è mutato o portatore di mutazioni).
Simon Espley si occupa di un progetto dal titolo “The Crimsonwing project”,
non è roba da 007, ma è un progetto di censimento e protezionismo dell’Astro
montano di Shelley. Guerre, deforestazioni, flusso turistico massiccio causa Gorilla di montagna (attraversando la Bwindi Impenetrable Forest, Uganda, uno
degli ultimi rifugi della nostra Astrilde multicolore) hanno messo a mala parte
lo Shelley. L’associazione di cui Simon fa parte è la Rare Finch Conservation
Group (Gruppo di conservazione dei fringuelli rari). Il sito è il seguente:
http://www.rarefinch.co.za/help.asp
Se guardate il simbolo del gruppo (che collabora attivamente con l’Institute of
Tropical Forest Conservation http://www.itfc.org/ ) non farete fatica a capire
di quale uccellino si tratta, proprio lui, lo Shelley.
Simon mi ha mandato la brochure in Power Point relativa allo Shelley Project.
4 i punti principali:
■ Incremento delle conoscenze scientifiche dello Shelley in libertà ed in cattività
■ Ridurre la necessità di cattura delle specie rare
■ Creare una popolazione sana allevata e riprodotta in cattività
■ Conservare e proteggere le Astrildi nel mondo
I punti evidenziati in grossetto sono di nostro interesse. Simon mi ha detto
un’ultima cosa: “Could you put me in touch with the Dutch breeder who has Shelley’s crimsonwings? I sent him an email but he never replied.”
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“Puoi mettermi in contatto con l’allevatore olandese che ha gli Shelley? Gli ho mandato una mail ma non mi ha MAI risposto”.
Io non so chi sia, sono solo balzato sulla sedia alla notizia che anche lo Shelley,
forse, non è ancora scomparso dagli allevamenti. La mail di Simon è la seguente:
[email protected] ….se sapete qualcosa circa chi possa allevare
coppie di Shelley segnalatelo a Simon.
Così mi piace concludere questo articolo, con questa piccola speranza per potere
aiutare una piccola creatura in penne e piume ed in serio pericolo di estinzione.
Se lo meriterebbe, non credete?
Anton Reichenow (a sinistra) e Tommaso Salvadori (a destra)
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Astri montani

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