Scelta di codice in contesti comunicativi incerti

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Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
Il caso delle richieste di indicazioni stradali in Alto Adige/Südtirol
1. Introduzione
Lo scopo di questo studio è l’elaborazione di un modello quantitativo che sia in
grado di descrivere come, in una particolare situazione, il parlante selezioni tra le
possibili alternative la lingua, o la combinazione di lingue, più appropriata. La classe di situazioni comunicative indagata è quella delle interazioni verbali tra sconosciuti, caratterizzate dalla richiesta e trasmissione di informazioni sulla posizione
di luoghi dello spazio urbano e sui percorsi ottimali per raggiungerli (per esempio
una via, un negozio, un ufficio pubblico ecc.; Gardner-Chloros 1985).
Almeno da un punto di vista metodologico il processo di code selection all’interno di un repertorio può essere assimilato alla variabilità intralinguistica, in quanto entrambe sono operazioni di selezione di una variante all’interno di un insieme
finito di alternative. Se la possibilità di assimilare sotto il profilo sociolinguistico la
scelta della lingua (e/o la commutazione di codice in senso ampio) alla variazione
linguistica non è certamente nuova (Fasold 1987: 180-81), va altresì osservato che
una teoria generale della scelta linguistica continua a essere una necessità non
soddisfatta (parafrasando il titolo di Van Hout 1984; cf. anche Myers-Scotton/
Bolonyai 2001). D’altra parte, sebbene senza un’adeguata articolazione teorica, un
approccio variazionista alla linguistica del contatto è stato sviluppato in questi anni
attraverso studi empirici (Poplack 1993, Poplack/Meechan 1995, Sankoff 2001).
Poiché questo studio non ha obiettivi teorici, mi limiterò a seguire la linea empirista dell’approccio variazionista al contatto linguistico con lo scopo di descrivere la scelta di codice nello specifico panorama sociolinguistico dell’Alto Adige/
Südtirol. Quest’area geografica è stata spesso classificata sul piano della tipologia
dei repertori linguistici come bilinguismo sociale bicomunitario (Mioni 1990b), caratterizzato cioè dalla presenza di due comunità linguistiche separate, una tedesca
e l’altra italiana.
L’indagine si prefigge l’obiettivo di definire i fattori principali che delimitano e
influenzano la scelta di codice in situazioni comunicative incerte (Myers-Scotton
1976), ovvero un evento comunicativo nel quale il parlante non possiede una piena
conoscenza delle norme linguistiche da seguire, oppure non conosce con certezza
gli effetti delle proprie scelte. In interazioni con interlocutori sconosciuti i parlanti
non sono del tutto in grado di stabilire a priori quali lingue (o combinazioni di lingue) siano consentite, o quale sia la natura del repertorio linguistico altrui.
Partendo da tale prospettiva di osservazione del problema si possono formulare
alcune prime ipotesi di lavoro: esiste una scelta non marcata, un codice linguistico
tipico per questo genere di interazioni? La scelta linguistica è legata ad attributi
Vox Romanica 67 (2008): 34-56
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dell’identità sociolinguistica o è più probabile che i parlanti accomodino in direzione del codice introdotto per primo? E ancora, esistono in Südtirol delle specifiche strategie di neutralità, delle scelte linguistiche equidistanti?
Alcune di queste congetture verranno affrontate attraverso un’analisi quantitativa multivariata su un corpus iniziale di 658 richieste di indicazioni stradali (RIS),
estratto da un campione più ampio di 1100 osservazioni raccolte in due centri urbani altoatesini, Bolzano e Bressanone. Il metodo usato per la raccolta dei dati è
una versione modificata delle laboviane rapid and anonymous surveys, così come
sono state condotte in precedenza da Gardner-Chloros 1985, Sobrero 1992 e
Dal Negro/Vietti 2006.
2. La lingua come variabile sociolinguistica nelle richieste
di indicazione stradale
In anni recenti l’interesse per la scelta del codice, argomento più sociologico-linguistico, ha coinciso in larga parte con il tema della commutazione di codice. Mentre gli studi sul code-switching sono infatti cresciuti esponenzialmente così come
le teorie avanzate per spiegare questo comportamento, il problema della language choice o selection ha perso gradualmente centralità finendo per confluire all’interno dell’ampia area di fenomeni legati alla commutazione.
Questo spostamento di interesse può essere in parte imputato a un mutamento
nel modo di guardare al comportamento plurilingue: mentre inizialmente si enfatizzava una visione più statica dei codici linguistici – un codice per ogni dominio –
in una fase più recente si è affermata una concezione dinamica del comportamento linguistico che si focalizza sull’uso flessibile di più codici all’interno di uno stesso dominio, o di un singolo speech event.
In tale spostamento di interesse, le scelte linguistiche del parlante non sono più
influenzate meccanicamente dal dominio, inteso come una configurazione di proprietà sociali e linguistiche congruenti, piuttosto, in un’ottica più etnografica (a
partire da Blom/Gumperz 1972 e più ancora da Gal 1979), la selezione di codice
è posta al centro di una complessa trama di relazioni che coinvolge varie dimensioni del parlante, ovvero la rete sociale, lo status, il ruolo interazionale e l’appartenenza a un gruppo sociale.
Una cornice teorica che ha fornito interessanti contributi all’interpretazione del
comportamento dei parlanti plurilingui è la accommodation theory (Giles et al.
1991). Nel modello originario si sottolinea la costante attività «sartoriale» del parlante che cerca di adattare il proprio discorso all’interlocutore, adottando alcuni
tratti linguistici o l’intero codice dell’altro partecipante. L’assunto di base della
teoria è stato discusso in chiave dialettologica da Auer/Hinskens 2005 per mostrare come in realtà il parlante non cerchi di imitare il comportamento linguistico dell’interlocutore reale ma di un’immagine stereotipata e idealizzata di un determinato gruppo sociale.
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Alessandro Vietti
it [the original accommodation model, A. V.] may be opposed to what could be called an identity-projection model according to which the adoption of certain dialect features (or their suppression) is the outcome of the speaker’s wish to identify with a certain group (i. e. the consequence of projecting a persona of himself or herself); it is irrelevant whether the interlocutor
belongs to this group or not. . . . Convergence rather proceeds towards an abstract image of a
group (Auer/Hinskens 2005: 337-38).
Su questa prospettiva «dinamica» qui appena sbozzata si salda ottimamente una
visione probabilistica in grado di cogliere la natura variabile del processo di scelta linguistica.
Scegliere quale lingua parlare in un determinato contesto non è però un’operazione elementare come lanciare un dado, piuttosto è una complicata procedura di
valutazione dei valori sociali relativi all’effetto di ogni singola scelta. In questo senso, i parlanti applicano diverse strategie per affrontare il rischio di una decisione
errata, in particolare quando non dispongono di una conoscenza completa e a priori del contesto comunicativo. Myers-Scotton 1976 ha individuato e studiato alcune strategie di code choice, chiamate strategie di neutralità o di evitamento, che
verrebbero messe in atto dai parlanti con lo scopo di minimizzare le probabilità di
una decisione fallimentare nel caso di situazioni comunicative incerte.
L’incertezza è definita da Myers-Scotton come una condizione che riguarda non
tanto la conoscenza delle norme linguistiche da adottare in una data situazione,
quanto piuttosto la loro ordinabilità, la loro importanza relativa. In poche parole,
l’incertezza non deriva della mancanza di conoscenza delle regole ma dalla difficoltà di stabilire quali siano le più importanti: nelle uncertain situations il parlante non
saprebbe con sicurezza quale fattore sia il più saliente per la scelta della lingua. In
questa direzione Van Hout 1984 elabora una definizione più analitica del concetto
di incertezza in relazione alla scelta della lingua, individuando tre elementi di base
per una teoria della scelta linguistica: un insieme di alternative (azioni), dei possibili stati del mondo futuri e le conseguenze di una particolare azione. L’incertezza potrebbe così nascere dalla conoscenza incompleta su uno o più di questi tre elementi
centrali nel processo decisionale, per esempio un parlante potrebbe non conoscere
con precisione l’effetto socio-comunicativo di una particolare scelta oppure non sapere esattamente quali sono le alternative disponibili in un dato contesto.
Secondo l’analisi svolta da Myers-Scotton 1976 su contesti lavorativi in tre
grandi centri urbani dell’Africa centrale (Kampala, Nairobi, Lagos) l’incertezza
comunicativa può essere superata o per lo meno affrontata evitando gli atti di
identità che risulterebbero più marcati etnicamente, in un contesto sociale caratterizzato da una forte inter-etnicità come quello africano. Le due principali strategie di neutralità a disposizione dei parlanti sarebbero, da un lato, l’affidarsi a una
delle due lingue veicolari di largo impiego come l’inglese o lo swahili per l’Uganda e il Kenya, dall’altro, in modo ancora più prudente, l’adoperare entrambe tali
lingue nel medesimo discorso, commutando tra l’una e l’altra.
Considerando la situazione sociolinguistica sudtirolese va osservato che non esiste l’equivalente di una lingua veicolare neutrale, non associata a un particolare
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gruppo linguistico. L’inglese, sebbene lingua di grande comunicazione in Europa,
non ha certo una penetrazione così profonda da costituire un’alternativa percepita come appropriata e attivabile in una vasta gamma di impieghi quotidiani della
lingua, fatta eccezione per gli ambienti lavorativi e professionali con un alto tasso
di diversità linguistica o che si rivolgono a un mercato internazionale.
La mancanza di un codice considerato «neutrale» non implica che non esistano
in Alto Adige delle soluzioni neutre già esistenti e consolidate nelle differenti pratiche comunicative interlinguistiche. La strategia istituzionale tipica dei registri
scritti alti è quella della doppia (sequenziale o parallela) produzione del messaggio in italiano e tedesco (Hochdeutsch) (per una sintesi sull’uso ufficiale delle lingue cf. Egger 2001), mentre per i registri alti orali i parlanti dispongono di un’ulteriore strategia di equilibrio, ovvero la giustapposizione delle due lingue, una
sorta di commutazione di codice «morbida» per così dire, come si può notare
nell’esempio che segue tratto dal discorso di un rappresentante delle istituzioni
locali in occasione dell’insediamento del rettore della Libera Università di Bolzano nell’anno accademico 2004-2005 (Universitätsreden 2004: 15):
Personalmente sono anche convinto che il valore dell’università non si rispecchi solamente in
quanto in pubblico possa apparire brillante. Vi sono altri valori, surplus che rimangono meno
visibili, ma che hanno una grande importanza come la costanza dell’istituzione nel tempo.
Ich nenne dieses unsichtbare Element mit dem lateinischen Ausdruck der mittelalterlichen
Mönchskultur die stabilitas loci.
Esisterebbe un’ulteriore strategia che, sebbene non del tutto neutrale, sarebbe perlomeno avvertita come non-marcata e assegnerebbe all’italiano il ruolo di lingua
normale per la comunicazione intragruppo quotidiana. Questo assunto, oltre ad
avere un fondamento nell’opinione comune, verrebbe confermato da analisi qualitative sul comportamento linguistico reale in contesti lavorativi bilingui come
Veronesi 2001: 320:
Il raro ricorso al tedesco nelle interazioni tra tedescofoni e italofoni sembra dunque legato
non tanto o non solo a presunte o reali (in)capacità linguistiche, quanto piuttosto all’esistenza di abitudini consolidate nella comunicazione interculturale tra i due gruppi linguistici, che
«impongono» per default l’impiego dell’italiano, così come l’uso del dialetto sudtirolese è di
norma la lingua di comunicazione intragruppo: in sostanza, ci si trova di fronte a pratiche comunicative talmente consolidate da annullare o limitare l’influenza del microcontesto interazionale.
Evidenze contrastanti provengono da indagini statistiche sull’uso della lingua basate però su autovalutazioni dei parlanti (ASTAT 1988: 148) dalle quali si evincerebbe un uso della propria lingua (tedesco o italiano) anche nei contesti dove ci
sono persone appartenenti all’altro gruppo linguistico. Analoghe osservazioni in
tempi più recenti (ASTAT 2006: 131) mostrano invece una persistente abitudine
del «Gruppo linguistico italiano» (65,4%) a dichiarare di usare la propria «madrelingua» rispetto al 29,1% del «Deutsche Sprachgruppe», rispondendo alla do-
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Alessandro Vietti
manda «Quando si trova a parlare con persone non della Sua madrelingua, in che
lingua si esprime normalmente, sapendo che queste stesse persone parlano anche
la Sua lingua?».
Quanto rapidamente accennato sinora costituisce un utile punto di partenza per
ogni indagine che voglia empiricamente verificare le reali strategie messe in atto
dai parlanti in situazioni comunicative concrete e, in particolare, in contesti nei
quali, come si è già accennato, non si ha una chiara visione di tutti gli elementi in
gioco come le RIS.
3. Note sul contesto sociolinguistico dell’Alto Adige – Südtirol
L’Alto Adige/Südtirol (coincidente amministrativamente con la Provincia autonoma di Bolzano) è, come è ben noto, caratterizzato dalla presenza di tre comunità linguistiche (tedesca, italiana e ladina) che convivono nella stessa area geografica, ognuna di queste con differenti gradi di bi- e trilinguismo individuale. Lo
status ufficiale del tedesco (e del ladino), accanto all’italiano, è stato ratificato
giuridicamente attraverso il secondo Statuto di autonomia nel 1972, nel quale si
sanciva la parificazione del tedesco all’italiano come lingua amministrativa,
dell’istruzione e della comunicazione di massa. Se lo statuto dunque ristabilì i diritti della minoranza linguistica tedesca (e ladina), contribuì anche sul piano sociolinguistico a mantenere la divisione delle due speech communities principali (tedesca e italiana) stabilendo percorsi educativi e scolastici chiaramente separati.
La distinzione tra i due gruppi linguistici non è costituita unicamente dalla diversa distribuzione di tedesco e italiano, ma anche dalla struttura dei rispettivi repertori linguistici, contraddistinti da una marcata asimmetria funzionale (Mioni
1990b): più equilibrato il repertorio della comunità linguistica tedesca, più sbilanciato e disarmonico quello della comunità italofona.
Il repertorio linguistico della comunità linguistica «tedesca» (cioè prevalentemente tedescofona), sul versante delle varietà tedesche, è descrivibile come una
diglossia mediale con il tedesco standard Hochdeutsch legato agli usi diafasicamente alti e formali (scritti) e i dialetti tirolesi (bavaresi o di area alemannica nel
Tirolo di sud-ovest) a ricoprire le funzioni medie e basse, informali (Egger 2001;
Lanthaler 1990; Mioni 1990a)1. Negli ultimi decenni si è dibattuto sulla possibile
emergenza di una varietà intermedia di tedesco colloquiale regionale (Umgangssprache, cf. Lanthaler 2001): da un lato il Bozner Deutsch (una varietà colloquiale urbana; cf. Tonelli 2002) potrebbe essere un buon candidato a ricoprire
questa funzione di uso medio, dall’altro la presenza estremamente vitale del dialetto fa sì che nella quotidianità si imponga uno stile bilingue che alterna dialetto
a standard (regionale). Accanto poi alle varietà tedesche trova spazio nel reperto1 Per i dialetti tirolesi cf. Klein/Schmitt 1965, Wiesinger 1990 e su aspetti fonologici Alber/
Lanthaler 2005.
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rio anche la competenza dell’italiano regionale (altoatesino2) seppur soggetta a
forte variazione geografica (italiano delle valli vs. italiano di città) e molto probabilmente anche di tipo generazionale.
D’altra parte, il repertorio tipico della comunità linguistica «italiana» è invece
segnato, per ragioni storiche dovute alle caratteristiche sociolinguistiche dell’insediamento nella regione (Gubert 1978), dalla pressoché totale mancanza di dialetti
italo-romanzi, situazione questa particolare rispetto al panorama sociolinguistico
italiano e che ha fatto spesso pensare a un maggior grado di standardizzazione per
l’italiano altoatesino (bolzanino in particolare, cf. Mioni 1990a). Inoltre a fronte di
una competenza del tedesco standard tutt’altro che consolidata, sembra essere ridotta la conoscenza delle varietà di dialetto tirolese di uso quotidiano nella comunicazione parlata, fatta eccezione forse per i parlanti che vivono in piccoli e medi
centri urbani a maggioranza tedescofona. Da qui scaturisce la forte asimmetria nella
struttura dei repertori linguistici: più equilibrato e articolato secondo le esigenze
funzionali della comunicazione quello tedesco, in parte menomato e instabile quello
italiano, carente rispetto agli usi quotidiani ed espressivi sia per la comunicazione
intra-gruppo (per l’impossibilità di attingere all’espressività dei dialetti), sia per
quella interlinguistica e interculturale verso il gruppo tedesco (per la scarsa competenza del dialetto tirolese).
4. Metodologia della ricerca
L’uso delle cosiddette rapid and anonymous surveys come metodo di indagine è
apparso appropriato allo scopo primario dello studio, ovvero l’elaborazione di una
mappa sociolinguistica della scelta di lingua in un contesto bilingue basata su numerose osservazioni della stessa situazione comunicativa in due distinti contesti
urbani altoatesini. Questo metodo offre anche benefici aggiuntivi poiché può essere confrontato, da un lato, con una ricerca analoga condotta da Dal Negro/Vietti 2006 nel Piemonte orientale in un contesto notoriamente dilalico e, dall’altro
lato, con la ricerca sociolinguistica sul bilinguismo in Südtirol basata o su inchieste
autovalutative sull’uso delle lingue (Egger 2001), o su analisi qualitative di singoli episodi comunicativi (Veronesi 2001). Sotto questo secondo aspetto, è particolarmente interessante comparare le conclusioni di tali studi con quelli di indagini
quantitative che poggiano su ampie basi di dati tratte da interazioni reali.
La combinazione di metodo e specifica situazione sociale osservata (richiesta di
indicazioni stradali) presenta alcuni vantaggi di tipo metodologico. In primo luogo, chiedere delle indicazioni per la strada è un tipo di interazione molto breve e
standardizzata nella sua struttura conversazionale perché ha come obiettivo co2 Sebbene manchi una caratterizzazione dell’italiano altoatesino, si possono almeno individuare le influenze dell’italiano regionale veneto (Mioni 1990a) e l’italiano di contatto di tedescofoni (Mioni 2001; Vietti/Spreafico 2008).
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Alessandro Vietti
municativo primario la semplice trasmissione di informazioni. Da ciò ne consegue
la possibilità di raccogliere una notevole quantità di tali interazioni per un’analisi
quantitativa.
In secondo luogo, l’alto grado di controllo sul contesto di elicitazione del dato
spontaneo permette di utilizzare le RIS come dei contesti di ricerca quasi-sperimentali, dei piccoli laboratori nei quali è possibile osservare l’uso naturale delle
lingue in modo relativamente controllato, selezionando i fattori e analizzandone
l’effetto sul processo comunicativo. Come già accennato il metodo utilizzato è un
versione rivista di quello già introdotto in Gardner-Chloros 1985, così come è
stato applicato da Sobrero 1992 e replicato in Dal Negro/Vietti 2006.
I due raccoglitori (un maschio e una femmina)3 sono studenti universitari con
nessuna formazione teorica in sociolinguistica di 20 e 21 anni. Ai due giovani ricercatori sul campo è stato chiesto di camminare per le città di Bolzano e Bressanone chiedendo informazioni in varietà sia di tedesco che di italiano, così come illustrato dagli esempi 1-14 e specificato oltre (cf. anche Tabella 2), nel periodo tra
l’estate del 2005 e l’inverno del 2006 (il così lungo periodo di indagine è legato alla
possibilità di reperire soggetti con caratteristiche linguistiche adatte alle finalità
dell’indagine). L’obiettivo delle loro richieste non era sempre esattamente lo stesso (questo avrebbe richiesto molto più tempo e molti più raccoglitori sul campo),
ma era mantenuta costante la sua natura, ovvero non doveva essere un obiettivo
generico o tipico di un turista (il duomo, la piazza principale, il centro della città,
la stazione ferroviaria e così via), piuttosto oggetti dello spazio urbano che fossero anche parte della vita quotidiana della comunità: per esempio, negozi, supermercati, farmacie, uffici amministrativi, uffici postali, vie e luoghi specifici ecc.
Tutte le interazioni sono state audio-registrate in forma anonima con un registratore Minidisc (Sony MZ-RH10) con un microfono esterno (Sony ECMMS907) e per ogni interazione è stata compilata una scheda con alcune informazioni contestuali rilevanti come l’obiettivo della richiesta, la posizione, il genere e
l’età approssimativa dell’interlocutore, impressioni sulla competenza linguistica
del partecipante e infine alcune note di commento generale4.
Il campione complessivo (1100 osservazioni) è stratificato secondo quattro variabili principali:
–
–
–
–
luogo, o centro urbano (Bolzano, Bressanone);
genere;
età approssimativa (percepita), 15-30, 30-50, 50;
lingua usata per la richiesta (tedesco, italiano).
3 Ci si riferisce qui ai due raccoglitori di lingua tedesca i cui dati sono stati analizzati nel presente lavoro; l’insieme complessivo dei collaboratori all’indagine è indicato nella Tabella 2 e illustrato nella sezione 5. Variabili.
4 Poiché le registrazioni erano completamente anonime per definizione e non venivano raccolte informazioni personali, non si poneva il problema etico di violazione della sfera privata.
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Il sotto-campione di 658 occorrenze (interazioni) estratto dal corpus complessivo
per l’analisi che verrà svolta di seguito è presentato sotto forma di tabulazione incrociata nella Tabella 1.
Tabella 1: Campione di 658 interazioni (frequenze assolute)
Luogo
Genere
Età appross.
Codice della richiesta
Italiano
Bolzano
Bressanone
Tedesco
Totale
Maschio
15-30
30-50
> 50
Totale
27
43
24
94
29
53
32
104
56
96
56
198
Femmina
15-30
30-50
> 50
Totale
23
25
19
67
45
47
25
117
68
72
44
184
Maschio
15-30
30-50
> 50
Totale
15
27
25
67
13
35
12
60
28
62
37
127
Femmina
15-30
30-50
> 50
Totale
20
27
28
75
24
30
20
74
44
57
48
149
Totale
303
355
658
5. Variabili
La regressione logistica, un metodo di analisi statistica multivariata, è stato applicato al corpus di 658 osservazioni di RIS per valutare il peso relativo dei fattori
che co-occorrono in modo significativo con una specifica scelta di lingua. Per
esemplificare la logica della tecnica si può pensare un’ipotesi come la seguente:
quali fattori avranno un effetto significativamente positivo sulla selezione dell’italiano come lingua dell’interazione?
I requisiti metodologici principali posti da questo strumento sono la suddivisione dei diversi fattori in variabili dipendenti e indipendenti (o esplicative) e, in secondo luogo, l’articolazione dei valori della variabile dipendente secondo una scala nominale e, più tipicamente, binomiale (a due valori)5. Inoltre il programma in5 Questa è una caratteristica del software Goldvarb, usato per l’analisi, piuttosto che un tratto specifico dello strumento matematico che è in grado di trattare anche variabili dipendenti a
più valori (multinomiali).
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Alessandro Vietti
formatico Goldvarb X (Sankoff/Tagliamonte/Smith 2005) pone come ulteriore
restrizione che anche le variabili esplicative siano nominali, sebbene questa non
sia una condizione matematico-statistica.
Le variabili considerate sono pertanto le seguenti:
1.
2.
3.
4.
5.
la lingua della risposta (Codice risposta),
la lingua della richiesta (Codice richiesta),
il genere,
l’età,
il luogo (contesto urbano).
La variabile dipendente è Codice risposta, vale a dire la varietà di lingua usata dal
passante per fornire le informazioni richieste dal interlocutore-ricercatore. L’insieme di tutte le alternative è molto ampio e comprende per principio non soltanto tutte le modalità monolingui dei codici linguistici, ma anche tutte le differenti
modalità plurilingui, ovvero tutte le potenziali combinazioni di più di una lingua
all’interno di un turno di parola. È tuttavia molto interessante notare come l’insieme delle opzioni potenziali sia molto più vasto delle scelte messe in atto realmente. Un esempio emblematico è proprio quello dell’assenza nel corpus di modalità bi- e plurilingui come scelte reali, il code-switching è presente soltanto in alcuni casi sporadici come negoziazione di codice, ma non come una modalità comunicativa vera e propria.
Anche una definizione operativa dei valori da assegnare per il repertorio linguistico del parlante sudtirolese presenta notevoli problemi di categorizzazione: come
abbiamo osservato, seppure corrivamente, la realtà sociolinguistica altoatesina prevede un complicato intreccio di varietà di dialetto bavarese meridionale, tedesco e
italiano. Per le finalità elementari di questa analisi preliminare, ho deciso di codificare l’intero repertorio in quattro categorie piuttosto lasche e semplificate: dialetto
tirolese (che spazia dal dialetto locale, di paese o di valle, fino alla varietà regionale
nella quale i tratti geografici più marcati vengono neutralizzati), tedesco standard
regionale, italiano e mancata risposta. Una descrizione sociolinguistica e dialettologica affidabile di quest’area è purtroppo ancora in larga parte attesa e senz’altro
dovrebbe prendere in considerazione il continuum tedesco standard – dialetto6
(esempi 1-12) da un lato, e le diverse varietà di italiano regionale comprese quelle
interferite dal tedesco dall’altro (si notino il calco sintattico e la scelta lessicale nel
sintagma nominale in 13 che riflettono il contatto con il tedesco dell’es. 14).
(1) eh mh: ich wollte wissen wo de:r zugbahnhof ist
(2) entschuldigung ++ können sie mir bitte sagen wo die dantestrasse ist
(3) ich hab eh: eine besorgung in (d)e(r) apotheke zu machen +
ab(er) das ist nicht so dringend ++ abe(r) ich müsste danach ebn oswaldweg
036CP
025CP
014bCP
6 Un test percettivo pilota è stato condotto su un campione di 70 parlanti sudtirolesi con lo
scopo di valutare la capacità di segmentare il continuum in varietà discrete sulla base di stimoli
linguistici (tratti dal corpus RIS); i risultati sono ancora in fase di elaborazione.
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
(4) entschuldigung + wissen sie ob da oben der zugbahnhof ist
(5) tschuldigung + wissen sie wo die nächʃte volksbank iʃ
(6) wissen sie eh: wo eh die nächʃte: apotheke iʃ + irgnwo in do
nächne ++ in də Stɑdt untn odɑ
(7) eh: weil i (hon) a vorstellungsgespräch ++ in do rungadgasse missat des sein
(8) (en)tschuldigung ++ woasch du ob dɒ irgendwo a Internetcafe iʃ
(9) (en)tschuldigung ++ wo iʃ n die Sparkassenstrɒße
(10) (en)tschuldigung + woasch du wo s ötzimuseum iʃ
(11) kanaʃ du mir bitte sɒgn wo s krɒnknhaus iʃ
(12) kɒnn i do a augn gien
(13) mi scusi + dove c’è la: prossima farmacia
(14) tschuldigung ++ eh wissen sie wo die nächʃte Apotheke iʃ
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027CP
002CP
014aCP
037CP
079CP
056aCP
026CP
034CP
056bCP
030CP
001CP
La prima variabile indipendente è il Codice richiesta, ovvero la lingua nella quale
è posta la richiesta di informazioni. L’insieme delle lingue selezionate per chiedere le indicazioni non coincide con il repertorio linguistico sudtirolese appena sbozzato, ma contempla anche varietà di italiano e tedesco esterne alla regione. L’intero corpus di RIS è stato infatti raccolto da quattro collaboratori sul campo con
differenti background sociolinguistici: due di loro sono altoatesini rispettivamente di lingua tedesca e italiana come lingua della socializzazione primaria e con una
buona competenza nella lingua dell’altro gruppo. Gli altri due raccoglitori non
sono sudtirolesi, ma uno proviene dalla Germania (dal Land Baden-Württemberg) e l’altra da una regione dell’Italia settentrionale (Lombardia) ed entrambi
hanno una buona conoscenza rispettivamente dell’italiano e del tedesco come seconda lingua.
Per riassumere, come mostra la Tabella 2 la variabile Codice richiesta ha otto
possibili valori. È importante notare che, nella presente analisi, verranno considerate solo le quattro categorie (le varietà di italiano e di tedesco {T1, T2, I1, I2})
che si riferiscono ai due parlanti nativi di tedesco (PI, sudtirolese e ED, tedesco).
Questa classificazione in quattro valori è senza dubbio estremamente problematica per più di una ragione e costituisce una eccessiva, ma necessaria, semplificazione in questo stadio dell’indagine. Inoltre, descrizioni approfondite delle
varietà di lingua presenti nella provincia altoatesina, come i dialetti tirolesi
(Wiesinger 1990), il tedesco colloquiale sudtirolese (Tonelli 2002), la varietà
regionale di italiano (Coletti/Cordin/Zamboni 1992), le varietà interferite di
italiano (Mioni 2001) e tedesco, le modalità di code-switching o l’eventuale presenza di varietà miste (il cosiddetto Krautwalsch), attendono ancora di essere redatte.
La partizione in quattro varietà di lingua {T1, T2, I1, I2}, anche se sociolinguisticamente povera, costituisce comunque un banco di prova per testare l’ipotesi della
convergenza (o divergenza) verso (da) differenti macro-varietà sulla base dell’opposizione locale – non locale. Per esempio si potrebbe osservare, sebbene da una
prospettiva macroscopica, se i parlanti siano o meno in grado di riconoscere differenti varietà di italiano (I1, I2).
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Alessandro Vietti
Tabella 2: Raccoglitori sul campo e valori della variabile Codice richiesta
Raccoglitori sul campo
Valori della variabile
Descrizione
1 Parlante sudtirolese (PI)
Parlante nativa di tedesco
Tedesco locale (T1)
Dialetto tirolese (Pusteria)
tedesco colloquiale (?),
tedesco standard regionale
Italiano di tedescofoni (I1)
Italiano regionale di
tedescofoni
Tedesco non locale (T2)
Nel corpus: tedesco
standard regionale meridionale (area dialettologica
alemannica)
Italiano non locale (I2)
Varietà di italiano L2
Tedesco di italofoni (T3)
Varietà locale di tedesco di
italofoni
Italiano locale (I3)
Italiano regionale altoatesino
Tedesco non locale (T4)
Varietà di tedesco L2
Italiano non locale (I4)
Italiano regionale
(settentrionale)
2 Parlante tedesco
(Germania) (ED)
Parlante nativo di tedesco
3 Parlante sudtirolese
(NDC)
Parlante nativa di italiano
4 Parlante italiana (FD)
Parlante nativa di italiano
La variabile Età necessita di una breve spiegazione sul significato assegnato ai valori della variabile. Con «età» si intende ovviamente l’età approssimativa, così
come è stata percepita dai (giovani) collaboratori sul campo. Le istruzioni loro impartite erano di assegnare i valori ai rispettivi soggetti procedendo per immagini
(in larga parte stereotipate) di membri prototipici delle diverse categorie generazionali, dai coetanei fino ai nonni.
L’ultima variabile che abbisogna di qualche chiarimento è Luogo, ovvero i contesti urbani nei quali i dati venivano raccolti, Bolzano e Bressanone. Una possibile ipotesi, in relazione a questa variabile, è che i due valori non esercitino direttamente una pressione di tipo causale sulla scelta, ma che rimandino piuttosto alla
presenza di due comunità linguistiche leggermente differenti per quanto riguarda
la condivisione di norme e orientamenti valoriali verso le varietà linguistiche (nel
senso di Labov 1972).
Bolzano (100.052 abitanti7) è come è noto il centro economico e amministrativo della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen e la sua popolazione è composta
7 Fonte: Istituto provinciale di statistica (marzo 2007), http://www.provincia.bz.it/astat/
dati_online
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
45
principalmente, per autodichiarazione8, da cittadini di lingua italiana (73%, gruppo linguistico tedesco 26,29%, gruppo linguistico ladino 0,71% su 96.864 abitanti
della rilevazione del 2001)9. Bressanone è un contesto urbano di minori dimensioni, molto attivo come centro turistico, ed è prevalentemente popolato da cittadini
di lingua tedesca, così come si ricava dalle dichiarazioni ufficiali di appartenenza
a un gruppo linguistico 2001 (lingua tedesca 73,13%; lingua italiana 25,65%; lingua ladina 1,23%; su un totale di 18.597 abitanti nel 2001).
6. Analisi
Come già indicato, il metodo statistico adottato per analizzare il corpus di 658 RIS
è la regressione logistica, così come viene eseguita dal programma Goldvarb X.
Tale programma esegue l’analisi unicamente su variabili dipendenti dicotomiche
ed è necessario perciò ridurre i quattro valori della variabile Codice risposta (dialetto tirolese, tedesco regionale, italiano e mancata risposta) a due, Italiano (I) e
Tedesco (T) (costituito dalle risposte in dialetto più quelle in tedesco regionale),
eliminando per ora dal computo le mancate risposte. La precedente codifica in
quattro valori della variabile dipendente non è stata un’operazione inutile poiché
rende possibili successive analisi di singoli sotto-campioni.
Definite queste condizioni si può stabilire quale valore dalla variabile dipendente (Codice risposta) costituisce il valore di default (application value). Poiché
questa decisione implica il modo nel quale i risultati andranno interpretati, è conveniente iniziare con un modello elementare e, in questo caso specifico, assumere
Italiano10 come application value della variabile Codice risposta. I risultati andranno pertanto letti secondo questa prospettiva: «Quali sono i fattori che influenzano maggiormente la probabilità di selezionare l’italiano come lingua per
fornire indicazioni stradali?»
Una rappresentazione sintetica dei dati e delle variabili incluse nel modello di
partenza è mostrata nelle Tabelle 3 e 4 in forma di tabulazione incrociata di distribuzioni di frequenze.
8 La popolazione residente in Alto Adige può dichiarare ufficialmente la propria appartenenza a un gruppo linguistico (italiano, tedesco, ladino, nessuno) come stabilito nello Statuto di
autonomia.
9 Fonte: Censimento nazionale 2001, per consultare i dati relativi all’Alto Adige cf. N7.
10 Se avessi scelto Tedesco come valore di default i risultati dell’analisi sarebbero stati simili,
soltanto i valori sarebbero stati invertiti.
46
Alessandro Vietti
Tabella 3: Codice risposta (variabile dipendente), Luogo e Codice richiesta
Luogo
Var. Dip.
Codice richiesta
T1
f
Bressanone Italiano
Tedesco
Totale
Totale
T2
%
f
%
I1
f
I2
%
f
%
f
%
12
44
56
21
79
6
61
67
9
91
56
19
75
75
25
43
5
48
90
10
117
129
246
48
52
Bolzano
Italiano
Tedesco
Totale
40
99
139
29
71
11
45
56
20
80
55
5
60
92
8
56
8
64
88
12
162
157
319
51
49
Totale
Italiano
Tedesco
Totale
52
143
195
27
73
17
106
123
14
86
111
24
135
82
18
99
13
112
88
12
279
286
565
49
51
Tabella 4: Genere, Età, e Codice risposta
Età
Var. Dip.
Genere
Totale
Maschio
f
%
Femmina
f
%
f
%
15-30
Italiano
Tedesco
Totale
39
39
78
50
50
40
45
85
47
53
79
84
163
48
52
30-50
Italiano
Tedesco
Totale
71
67
138
51
49
46
64
110
42
58
117
131
248
47
53
> 50
Italiano
Tedesco
Totale
39
28
67
58
42
44
43
87
51
49
83
71
154
54
46
Totale
Italiano
Tedesco
Totale
149
134
283
53
47
130
152
282
46
54
279
286
565
49
51
Mentre la Tabella 4 non presenta interazioni significative, la Tabella 3 mostra, anche a una prima osservazione, delle interessanti tendenze di interazione tra le variabili. Innanzitutto emerge in modo prevedibile l’effetto che la lingua della richiesta di informazioni esercita sulla scelta della lingua da parte del passante e, in
particolare, si nota una convergenza sulla lingua introdotta dal raccoglitore, sebbene vadano segnalate delle differenze tra le varietà di tedesco e italiano usate (si
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
47
vedano le ultime tre righe della Tab. 3). In secondo luogo, si riscontra una probabile interazione tra due variabili indipendenti Codice richiesta e Luogo. All’interno della generale tendenza all’accomodamento verso il codice del raccoglitore,
parrebbe che a Bolzano i parlanti siano leggermente più orientati verso la scelta
dell’italiano e specialmente quando vengono usate le varietà T2 (tedesco non locale) o I1 (italiano di tedescofoni sudtirolesi).
La significatività statistica relativa di queste congetture può essere stimata dall’analisi seguente. Eseguendo inizialmente una regressione stepwise per cercare il
modello «migliore» risulta che soltanto una variabile viene accettata come significativa (Codice richiesta), mentre tre vengono rifiutate (Luogo, Genere, Età) come
non significative. Questo tipo di procedura valuta modelli incrementalmente più
complessi: comincia con un modello senza variabili indipendenti e poi passa alla
comparazione di tutti i modelli a una variabile, promuovendo soltanto il modello
in grado di spiegare la maggiore quantità di varianza nei dati secondo una misura
di bontà di adattamento (goodness of fit). La Tabella 5 illustra questa operazione
di confronto dei vari modelli a una variabile.
Tabella 5: Regressione stepwise: modelli a una variabile
Modelli
Variabile
Input
Log
Likelihood
Significatività
Valori
Peso
run # 2
Codice
richiesta
0,505
–265,885
2,5656E-55
T1
T2
I1
I2
0,263
0,136
0,819
0,882
run # 3
Luogo
0,494
–391,296
0,461
Bolzano
0,514
Bressanone 0,482
run # 4
Genere
0,494
–390,372
0,126
Maschio
Femmina
0,532
0,468
run # 5
Età
0,494
–390,688
0,42
15-30
30-50
50
0,491
0,478
0,545
Osservando i modelli nella Tabella 5 è possibile stimare il potere esplicativo relativo di ogni variabile (separatamente dall’azione delle altre)11; in questo caso Codice della richiesta è la singola variabile statisticamente più importante in relazione
alla scelta di lingua.
11 Le cifre contenute nella colonna Peso variano tra 0 e 1, ma poiché questo intervallo è il
risultato della «traduzione» da una scala logaritmica a una di probabilità, i valori tra 0 e 0,5 esprimono un effetto negativo e tra 0,5 e 1 un effetto positivo della relazione. I valori attorno a 0,5
sono invece la rappresentazione matematica di un effetto nullo.
48
Alessandro Vietti
Ciò nonostante non è questo il modello migliore secondo la procedura di regressione stepwise, perché un altro modello emerge in modo piuttosto anomalo
dall’output dell’analisi. La variabile Luogo, che è stata scartata come variabile singola (p = 0,461; decisamente non significativa) nell’analisi della Tabella 5, diventa
invece significativa in un modello a due variabili insieme al Codice richiesta (Tabella 6). Ciò induce a concludere che le variabili che dovrebbero essere tra di loro
indipendenti, Luogo e Codice richiesta, in realtà interagiscano (Sankoff 1988:
993), ovvero la distribuzione di frequenza dell’una è in parte predicibile osservando l’altra.
Tabella 6: Modello di base con due variabili indipendenti
Variabile
Valori
Pesi
Freq. oss.
Freq. attesa
Codice richiesta
T1
T2
I1
I2
0,243
0,140
0,833
0,885
0,27
0,14
0,82
0,88
0,25
0,14
0,84
0,89
Luogo
Bolzano
Bressanone
0,566
0,415
0,51
0,48
0,57
0,42
Input value = 0,505
Totale Chi-quadrato = 4,3039
Chi-quadrato/cella = 0,5380
Log likelihood = –262,478
Osservando il modello illustrato nella Tabella 6, la prima informazione rilevante è
il valore dell’input12, ossia la probabilità complessiva di occorrenza del valore di
default (in questo caso Italiano) indipendentemente dall’effetto delle variabili
esplicative. In questo modello, il valore (p = 0,505) significa che ogni volta che una
persona chiede informazioni a un passante in Alto Adige la metà delle volte riceverà una risposta in italiano, a prescindere da Genere, Età, Luogo.
Se questa cifra viene confrontata, a puro titolo di esempio, con p = 0,116, cioè la
probabilità generale di occorrenza del dialetto piemontese (Dal Negro/Vietti
2006: 185), opposta a quella dell’italiano, nel contesto dilalico del Piemonte orientale, è possibile cogliere in modo immediato e con una misura sintetica il diverso
status e ruolo funzionale (nelle RIS) dei codici linguistici coinvolti. Nel repertorio
dilalico italo-romanzo, il dialetto è un codice dallo status sociolinguistico basso e
il suo impiego in contesti sociali come le richieste di indicazione stradale non costituisce certo la norma d’uso, al contrario nel repertorio linguistico sudtirolese
(inteso in senso ampio) sia l’italiano che il tedesco rappresentano due scelte ugualmente valide e accettabili per fornire informazioni a sconosciuti.
12 L’input value è una probabilità media di occorrenza del valore di default (in questo caso
Italiano) espressa dal modello.
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
49
Ritornando ai risultati della Tabella 6, l’informazione più saliente dell’analisi è
contenuta dalla colonna Peso, poiché in essa è espressa la forza relativa della relazione tra il fattore esplicativo e la variabile dipendente.
In questo senso, il valore elevato di I1 e I2 si riferisce alla forte influenza positiva che l’uso dell’italiano (come codice della richiesta) ha sulla scelta dell’italiano
come codice della risposta, o in altre parole, si assiste a una convergenza consistente in direzione del codice della richiesta (italiano o tedesco). Ciò che pare ancora più interessante è che T1 (0,243) e T2 (0,140), le due varietà di tedesco, non
soltanto hanno un effetto negativo sulla risposta in italiano, come ci si potrebbe
aspettare secondo un’ipotesi di accomodamento, ma differiscono l’una dall’altra
in modo leggero ma significativo. La cosiddetta varietà locale di tedesco T1 (che
comprende gli usi all’interno del continuum tedesco standard regionale-dialetto tirolese) mostra un effetto negativo meno marcato della corrispettiva T2, la varietà
«non locale» di tedesco. Una ragione immaginabile per questo comportamento potrebbe essere che il passante sarebbe in grado di riconoscere le varietà sudtirolesi
di tedesco e di conseguenza assegnerebbe all’interlocutore lo status [+ locale]13,
questo giudizio attiverebbe un’ulteriore implicazione riguardante le risorse linguistiche del parlante sudtirolese medio: «se stai parlando T1, allora (a) sei un
sudtirolese e (b) si suppone che tu te la possa cavare con successo anche con l’italiano».
All’interno del modello di Tabella 6, va illustrato anche il ruolo particolare rivestito dalla variabile Luogo. Sebbene statisticamente irrilevante (e probabilmente interrelata con Codice richiesta), è necessario rilevare un’evidente differenza
epistemologica tra le funzioni svolte dalle variabili Luogo e Codice richiesta. Mentre la relazione tra Codice richiesta e Codice risposta stabilisce un’associazione positiva tra le variabili e probabilmente anche un rapporto di causa-effetto, nel caso
del legame tra Luogo e la variabile dipendente l’associazione non soltanto è meno
forte, ma anche la natura del legame è diversa. Un’interpretazione ragionevole da
verificare potrebbe essere che la divergenza di valori tra Bolzano, leggermente più
orientata verso l’italiano (0,566), e Bressanone, più incline all’uso del tedesco, rimandi all’esistenza di due sotto-comunità linguistiche con atteggiamenti e norme
d’uso in parte discrepanti.
Per tentare di confortare empiricamente questa interpretazione e per sbrogliare l’interazione tra Luogo e Codice richiesta rivelata dai modelli in Tab. 5, si può
formulare un nuovo modello scisso (Tabelle 7 e 8) basato su due analisi parallele
condotte sui sotto-campioni di dati bolzanino e brissinese.
13 Sarebbe alquanto ingenuo pensare che tale complesso processo di categorizzazione si basi
unicamente su aspetti linguistici che rivestono semmai un ruolo importante insieme ad altri fattori di tipo cognitivo, culturale, sociale ecc.
50
Alessandro Vietti
Tabella 7: Il modello di Bolzano
Variabile
Valori
Peso
Freq. oss.
Freq. attesa
Codice richiesta
T1
T2
I1
I2
0,249
0,167
0,900
0,851
0,29
0,20
0,92
0,88
0,29
0,20
0,92
0,88
Totale Chi-quadrato 0,0001
Chi-quadrato/cella 0,0001
Log likelihood = –152,486
Input value = 0,550
Tabella 8: Il modello di Bressanone
Variabile
Valori
Peso
Freq. oss.
Freq. attesa
Codice richiesta
Genere
T1
Maschio
Femmina
0,349
0,130
0,31
0,11
0,31
0,11
T2
Maschio
Femmina
0,098
0,109
0,08
0,09
0,08
0,09
I1
Maschio
Femmina
0,668
0,871
0,63
0,85
0,63
0,85
I2
Maschio
Femmina
0,929
0,893
0,92
0,88
0,92
0,87
Input value = 0,457
Totale Chi-quadrato 0,0001
Chi-quadrato/cella 0,0001
Log likelihood = –103,497
Guardando al valore di input (input value), il significativo scarto tra il campione
di Bolzano (p = 0,550) e quello di Bressanone (p = 0,457) induce a concludere che
lo status del(le varietà di) tedesco e dell’italiano in questo genere di interazioni
pubbliche con sconosciuti è uguale soltanto a Bolzano, il centro amministrativo e
anche la città con il maggior numero di parlanti che si dichiarano appartenenti al
gruppo linguistico italiano. A causa della mancanza di una specifica evidenza empirica non è possibile formulare una generalizzazione accurata sulla relazione tra
il tipo di insediamento urbano e la propensione alla selezione di una lingua in questo tipo di contesti comunicativi14, tuttavia è sempre possibile immaginare (a puro
titolo di speculazione) che in centri urbani di minori dimensioni e con una forte
presenza demografica di parlanti del gruppo linguistico tedesco le funzioni e lo
status del tedesco e dell’italiano non siano equivalenti e bilanciate, ma vi sia una
14 Troppe sono infatti le dimensioni in azione (demografici, economici, geografici e anche culturali) per formulare ipotesi più precise.
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
51
1.0
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
Maschio
Femmina
T1
Maschio
Femmina
T2
Maschio
Femmina
I1
Maschio
Femmina
I2
Figura 1: Istogramma del modello di Bressanone
chiara preferenza per l’uso delle varietà del tedesco come scelta di default per
comunicazioni pubbliche con sconosciuti e una minore dimestichezza nell’uso dell’italiano. Ma qui evidentemente è necessaria ulteriore ricerca sia ampliando il
campione delle osservazioni, che estendendo il numero dei punti geografici da investigare.
Dai risultati delle Tabelle 7 e 8, all’interno del pattern generale di accomodamento verso il codice della richiesta emergono due modalità di uso delle lingue,
non soltanto per quanto riguarda il valore generale di input, ma anche per la struttura dei due modelli e le variabili selezionate come significative: il modello di
Bolzano è basato su una sola variabile esplicativa (Codice richiesta), mentre nel
modello di Bressanone si osserva una interazione tra Codice richiesta e Genere
del passante.
Nella Tabella 8 e nella sua rappresentazione grafica (Fig. 1) appare in modo
chiaro una differenza tra il comportamento femminile e quello maschile, specialmente in relazione a T1 e I1, rispettivamente le varietà di tedesco e italiano della
parlante (raccoglitrice) sudtirolese. I parlanti maschi brissinesi divergono maggiormente dal codice proposto dalla raccoglitrice poiché l’effetto negativo del
tedesco (0,349) e quello positivo dell’italiano (0,668) sono consistentemente attenuati rispetto ai valori delle donne e a quelli del modello generale (Tab. 6): questo
significa che il codice della richiesta in sé è un fattore meno significativo per i parlanti maschi a Bressanone quando i dati sono raccolti nelle varietà locali di tedesco e italiano. Al contrario invece, T2 and I2 – le due varietà di tedesco e italiano
52
Alessandro Vietti
non sudtirolesi – non mostrano la stessa variazione di genere e condividono piuttosto lo stesso schema generale di accomodamento.
Prima però di tracciare qualsiasi tipo di conclusione a partire da questi dati, bisogna ricordare che esiste una possibilità di distorsione metodologica legata alla
differenza di genere tra i due raccoglitori sul campo, PI è una studentessa sudtirolese mentre ED è uno studente tedesco. Va pertanto tenuto in considerazione che
la differenza tra varietà locali vs. non locali si intreccia purtroppo in modo inestricabile con la diversità di genere dei collaboratori.
Ciò nonostante si possono formulare almeno due interpretazioni piuttosto stimolanti sul comportamento dei passanti brissinesi:
1. i parlanti maschi riconoscono la raccoglitrice come una parlante sudtirolese e di
conseguenza inferiscono una sua competenza bilingue;
2. indipendentemente dal fatto di essere consapevoli o meno delle differenze di
varietà di italiano e di tedesco, i parlanti maschi decidono di eseguire un atto di
identità deviando deliberatamente dalla strategia generale di accomodamento
radicale.
Come già ricordato, in ragione delle caratteristiche metodologiche esplorative e
non del tutto sperimentali dell’indagine non è possibile escludere la possibilità che
questo comportamento sia legato del tutto o in parte al genere femminile della raccoglitrice sul campo.
Anche con questo limitato e tutt’altro che univoco sostegno empirico sembra
comunque piuttosto paradossale e perlomeno inatteso osservare come le ragioni delle scelte linguistiche paiano diventare sempre più complesse e multifattoriali man mano che ci si sposta verso contesti urbani più piccoli. A Bolzano, nel
centro geografico e politico dell’Alto Adige, i parlanti sono più inclini ad adottare una strategia di accomodamento radicale al codice dell’interlocutore come
scelta di default in questo tipo di situazione comunicativa. Come interpretare
tale atteggiamento: costituisce il grado zero di contributo soggettivo nella responsabilità di selezionare un codice linguistico? O piuttosto, l’accomodamento
incondizionato non va visto come una non-scelta, ma come una decisione positiva di convergere e collaborare affermando una reale competenza bilingue?
Oppure indica semplicemente una consuetudine all’uso di più lingue nella vita
quotidiana e lavorativa? La risoluzione di questi nodi non si può trovare nella
presente analisi, ma va ricercata in ulteriori osservazioni dei dati anche di tipo
qualitativo, magari esaminando i casi che i modelli quantitativi giudicano meno
probabili (cf. Cortinovis 2007).
Un rapido raffronto con l’indagine piemontese mi permette di aggiungere un’ultima nota sul comportamento di genere in situazioni di code choice. Le due indagini mostrano una tendenza simile, ovvero quella femminile di essere più sensibili ai
fattori contestuali e quella maschile di affermare maggiormente un’identità sociale precostituita, ma anche una differenza notevole: mentre nel caso piemontese la
maggiore convergenza femminile/divergenza maschile è legata solo all’uso del-
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
53
l’italiano come codice delle richieste15, nell’inchiesta altoatesina (a Bressanone)
l’identità di genere sembra influenzare la scelta linguistica indipendente dalla lingua usata per porre la domanda, ammesso che il raccoglitore sia sudtirolese (e di
genere femminile . . .). Lo schema di variazione di genere in Südtirol scavalca il codice della richiesta e forse anche l’appartenenza al gruppo linguistico: i parlanti maschi prevalentemente tedescofoni o italofoni sembrano reagire nello stesso modo
alla lingua usata nella richiesta.
7. Appunti conclusivi
L’obiettivo di questo studio era di esaminare alcuni modelli multifattoriali di scelta linguistica con lo scopo di determinare come i parlanti selezionassero una lingua per fornire delle indicazioni stradali in interazioni anonime con sconosciuti in
due città sudtirolesi. In quest’ultima sezione vorrei raccogliere le varie riflessioni
sparse nel corso dell’esposizione in una lista di spunti problematici e risultati provvisori, cominciando da alcune note metodologiche.
Un semplice piano di indagine come quello presentato sin qui è sufficiente per
metter in rilievo alcuni punti deboli ben noti dell’analisi quantitativa in sociolinguistica. Osservando le interazioni su vari piani tra le diverse variabili del modello
scisso (Tab. 7 e 8), i limiti euristici della regressione logistica come strumento statistico sono evidenti. Questa è una tecnica confirmatoria estremamente potente, da
usare cioè quando si tratta di mettere alla prova un’ipotesi ben definita in termini
di relazioni tra fattori e che non presupponga complesse interazioni tra le variabili
esplicative. Altri metodi – come i modelli log-lineari o varie tecniche di statistica
esplorativa (analisi fattoriale, PCA, scaling multidimensionale ecc.; per un’applicazione a dati sociolinguistici Vietti in stampa) – nei quali non vengono postulate distinzioni funzionali tra variabili sono forse più adatti a maneggiare questo tipo di fenomeni multidimensionali e caratterizzati da una forte interconnessione dei fattori.
Una seconda annotazione metodologica riguarda la relazione tra analisi quantitativa e qualitativa. I risultati dell’analisi statistica presentati nelle Tabelle 6-8 forniscono una stimolante fonte di nuove informazioni sulle macro tendenze relative
a come e quando vengano usate le lingue, ma non sono in grado di dirci perché i
parlanti si comportano in questo modo o operano una specifica scelta: possiamo
stabilire che esistono delle relazioni tra variabili, possiamo anche stimare direzione (positiva e negativa) e forza, ma ancora non siamo in grado di comprendere che
cosa significhino per i parlanti. Tuttavia non c’è nulla nel piano metodologico dello studio che impedisca di ritornare alle trascrizioni delle interazioni e osservarle
nuovamente con occhio qualitativo (conversazionale per esempio) alla ricerca di
15 Se la richiesta era posta in dialetto piemontese, uomini e donne accomodavano in modo
uniforme verso questo codice, mentre se la richiesta era formulata in italiano le donne tendevano ad accomodare, gli uomini a divergere replicando in dialetto.
54
Alessandro Vietti
segnali interpretativi sul micro-significato sociale del comportamento linguistico.
Per esempio, l’esame di alcuni casi marginali di divergenza di codice potrebbe gettare una nuova luce sul contenuto delle relazioni tra fattori, arricchendo la nostra
conoscenza del fenomeno.
Riassumendo i risultati dell’analisi dei dati, l’esito più notevole è la forte correlazione tra la lingua usata per chiedere le informazioni (Codice richiesta) e quella scelta dai soggetti investigati per fornire le indicazioni (Codice risposta). Da ciò se ne deduce che in Südtirol l’accomodamento verso la lingua dell’interlocutore è la strategia
basilare per gestire il repertorio bilingue, almeno in interazioni stradali anonime.
Altre potenziali alternative esaminate nel primo paragrafo come l’uso di un codice di
default o il code-switching non trovano un sostegno empirico nel corpus analizzato.
Perciò l’accomodamento radicale potrebbe essere interpretato come la strategia di
neutralità della comunità linguistica sudtirolese (in questo senso compatta sul piano
normativo) messa in atto con lo scopo di evitare le insidie di una scelta individuale
marcata, prendendo a prestito il codice proposto dall’altro partecipante.
Sulla base di questa nuova acquisizione si può più realisticamente pensare a uno
status funzionale equilibrato degli spazi varietistici tedesco e italiano poiché entrambi possono occorrere in eguale misura nel particolare contesto comunicativo,
almeno per quanto riguarda Bolzano, il nucleo politico-amministrativo del Südtirol. I dati relativi al campione di Bressanone fanno invece supporre che ambienti
meno urbanizzati e più rurali attribuiscano all’italiano e, in particolare, al (dialetto) tedesco valori socio-funzionali distinti, riflessi in una diversa distribuzione
d’uso e probabilità di occorrenza delle due lingue. Continuando a intrecciare questa serie di congetture, si potrebbe descrivere la comunità linguistica altoatesina,
intesa qui come l’insieme dei parlanti dell’unità geografico-amministrativa, come
una speech community composita le cui linee di articolazione interna non sono modellate unicamente sulla divisione ufficiale tra gruppi etno-linguistici, ma attraversano la società secondo delle dimensioni culturali (vita urbana – vita di montagna) o identitarie (genere maschile e femminile). La comunità linguistica è tipicamente un concetto proteiforme e spesso sfuggente che però può essere osservato nel suo organizzarsi in gruppi sociolinguistici omogenei sotto il profilo del comportamento sociolinguistico. Dal calcolo delle distribuzioni omogenee delle diverse varietà in contesti simili, in modo analogo a quanto si fa con la variazione intralinguistica, possiamo desumere un comune orientamento normativo e una coerente valutazione funzionale delle varietà.
Una postilla, forse ovvia, alla constatazione della effettiva equi-funzionalità di
italiano e tedesco è quella di una diffusa competenza bilingue di base: una tendenza così regolare verso l’accomodamento significa in primo luogo che i parlanti
altoatesini possiedono una competenza di una qualche varietà di italiano e tedesco sufficiente a sostenere un’interazione verbale elementare.
In ultimo, è di particolare rilievo il fatto che l’informazione sociolinguistica contestuale che il parlante ricava dallo svolgimento dell’interazione – in questo caso
rappresentata dalla variabile Codice richiesta – si riveli il fattore più significativo
Scelta di codice in contesti comunicativi incerti
55
nel processo di scelta del codice, quando viene considerato l’intero campione. Se
invece si svolgono analisi aggiuntive su sotto-campioni appaiono immediatamente nuove regolarità e tendenze d’uso, come la relazione significativa tra genere del
parlante, luogo nel quale si svolge l’interazione e varietà di lingua usate dal raccoglitore. Date determinate circostanze, quali trovarsi a Bressanone e usare le varietà locali di tedesco e italiano (di tedescofoni), uomini e donne selezionano il codice linguistico basandosi su diversi fattori, rivelando in tal modo più norme d’uso
delle lingue: gli uomini tendono a divergere di più delle donne dalla lingua dell’interazione, in modo uniforme per l’italiano e il tedesco. Ciò può indicare che per
questi parlanti il contenuto identitario di «essere maschi» risulta più importante
dell’orientamento al contesto e di una norma di collaborazione del tipo «(se puoi,)
rispondi nella stessa lingua del tuo interlocutore (sconosciuto)».
A mo’ di conclusione provvisoria, si può notare come, sulla base delle richieste
di indicazione stradale (analizzate), i parlanti sudtirolesi si dispongano lungo confini sociali e culturali più frastagliati e dinamici rispetto ai ben noti raggruppamenti
(etno-)linguistici: il tipo di contesto urbano, la capacità o abilità di riconoscere e
classificare le varietà di lingua e soprattutto le norme d’uso linguistico attribuite
ai ruoli di genere.
Bolzano
Alessandro Vietti
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