Giocattoli tra stereotipo e socializzazione
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Giocattoli tra stereotipo e socializzazione
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA _ Corso di Laurea Magistrale di Sociologia. Corso: Generi e Generazioni Professoressa Elisabetta Ruspini. Ruolo di genere: giocattoli tra stereotipo e socializzazione. Relazione di: Tomaso Cimino: Matr. 755566 Mail: [email protected] Cell: 340-5573607 Anno Scolastico: 2012-2013 Introduzione ........................................................................................................ 3 Capitolo 1 – Ruolo di genere e giocattoli. ................................................. 5 Capitolo 2 – I giocattoli di oggi tra stereotipo e socializzazione .. 10 Conclusioni ........................................................................................................ 14 APPENDICE I – Glossario ............................................................................. 16 APPENDICE II – Notßa metodologica ..................................................... 18 Bibliografia ........................................................................................................ 21 2 Introduzione Marco corre felice nel cortile della scuola. Nel suo incedere saltellante, agita il suo grembiulino a mo’ di gonnellina e, avvicinandosi alle sue compagne, chiede di poter giocare con loro e le loro bambole. Anna le detesta. Lei preferisce i mostri: si avvicina a un gruppo di suoi compagni per chieder loro se può giocare: “o, se volete, giochiamo a calcio?” . Comportamenti del tutto nella norma, abituali e che sembrano sottolineare un’innocente voglia di giocare, di provare l’emozione dell’attività ludica e del confronto, suggeriscono agli occhi di alcuni rappresentanti delle principali ‘agenzie di socializzazione’, presenti nella vita quotidiana del/la bambino/a (istituzioni come famiglia e scuola), comportamenti devianti rispetto all’atteggiamento che avrebbero dovuto tenere. Modelli proposti in conflitto con identità di genere, nel rapporto intergenerazionale? Nella vita quotidiana si nota sempre più una discrasia tra l’evoluzione dei rapporti di genere1 e i modelli trasmessi dalle agenzie di socializzazione. I messaggi che giungono alle nuove generazioni appaiono spesso non coerenti con l’emancipazione femminile e il mutamento socioculturale relativo alla questione del genere. “Se le relazioni quotidiane esercitano un valore molto rilevante nella costruzione dell’identità di genere, tale processo vede la congiunta partecipazione di tutte le agenzie di socializzazione, private e pubbliche” (Ruspini, 2009: p. 12). In questo senso, risultano oltremodo importanti le modalità di acquisizione della concezione di identità e dei ruoli di genere, in relazione alla funzione della socializzazione, a quella delle istituzioni e a quella dei media. Tali modalità sono importanti per comprendere come confrontarsi con la tematica del genere così come la percepiscono e la percepiranno le nuove generazioni, che garantiranno la continuità e/o il cambiamento (la rottura col passato) della cultura della società, attraverso processi di sostituzione e ricambio generazionale. A partire da questi concetti, si è ritenuto opportuno approfondire, attraverso una ‘piccola ricerca’, le tematiche relative al genere e come esse siano correlate e trasmesse dal principale strumento utilizzato nell’attività ludica: il giocattolo. In questo senso, si è sviluppata una rilevazione relativa ai giocattoli più pubblicizzati dai media (e quindi maggiormente 1 I concetti principali sono meglio definiti e argomentati in Appendice 1. In particolare, sono riprese le deifnizioni dei seguenti termini chiave: alterità, cultura, genere, identità di genere, ruolo di genere, sesso, sessualità, socializzazione, stereotipo, stereotipi di genere. 3 accessibili per visibilità), analizzando sia l’oggetto in questione, sia il modo in cui esso viene presentato e rappresentato. L’importanza dei segni e dei simboli interessa la ricerca sia nell’analisi dei giocattoli, sia in quella delle pubblicità: pertanto, la metodologia utilizzata ha previsto l’osservazione degli oggetti, del luogo e del modo in cui vengono esposti e venduti in un negozio di giocattoli e del modo in cui vengono proposti dai media. Per fare ciò, si analizzerà dapprima il contesto relativo alle tematiche già toccate (seppur solo in superficie) in questa introduzione, con particolare attenzione al ruolo dei giocattoli nella questione legata all’identità di genere, al rischio di stereotipo e alla socializzazione del/la bambino/a. Il secondo capitolo, invece, tratterà più concretamente dell’analisi empirica condotta e di ciò che, grazie ad essa, si è riscontrato. Le conclusioni apporteranno un contributo in termini di proposte e analisi critica al lavoro svolto. Vengono, infine, proposte due appendici con l’intento di suggerire il significato delle parole chiavi dell’elaborato e chiarire la metodologia utilizzata per la ricerca. 4 Capitolo 1 – Ruolo di genere e giocattoli. Una delle questioni a cui la società occidentale moderna ha cercato di far fronte (con modalità molto differenti) è comprendere quella sottile linea di confine che si pone in relazione ai concetti di diversità e uguaglianza tra uomini e donne. Dal secondo dopoguerra la rigida distinzione di ruoli e modelli è stata oggetto di un lungo dibattito e di vivaci contestazioni da parte dei movimenti femministi, i quali hanno rivendicato - e rivendicano pari diritti e dignità tra donne e uomini. Negli ultimi decenni, i movimenti femministi, d’altra parte, si sono interessati alla comprensione delle dinamiche di oppressione di genere e, anche grazie all’evoluzione delle conoscenze afferenti alle cosiddette scienze sociali, sono riusciti ad essere incisivi sul piano sociale e politico. Come scrive Connell: L’origine della nozione di genere è legata al consolidarsi del pensiero femminista durante gli anni 70 e alla diffusa presa d’atto delle scienze sociali- dalla sociologia, alla storia, all’antropologia- che le differenze tra uomini e donne vengono sostenute da molte istituzioni sociali e vanno riportate essenzialmente ad uno squilibrio di potere. (Connell, 2006: p. 7) Tuttavia, la questione legata al genere continua ad essere oggetto di discussione in quanto, certamente, rappresenta una tematica tanto importante quanto delicata, soprattutto nel contesto italiano. Infatti, “tra le società occidentali, quella italiana continua a essere una delle più tradizionali nei ruoli assegnati a uomini e donne” (Piazza, 2009: p. 13). Sin da bambini, d’altronde, gli individui sono sottoposti a diversi tipi di input e stimoli culturali e simbolici. Soprattutto a proposito delle differenze di genere che: “attengono alla sfera socio-culturale, ossia a ciò che le diverse costruzioni sociali giudicano adatto agli uomini e alle donne” (Ruspini, 2011: p. 89). D’altra parte, i livelli di realtà (e, talvolta, quelli di fantasia/irrealtà) restano indifferenziati nel/la bambino/a, partecipando alla formazione della struttura psicologica della prima infanzia allo stesso modo (Cilento, Melucci, Fabbrini, Perego, 1975). In questo senso, risultano importanti le rappresentazioni, come insiemi di significati, che, a partire dalle associazioni con gli oggetti, si strutturano nel gioco. 5 “L’interiorità si esprime a patto che si strutturi in una forma e tale forma si costituisce per l’impatto con un’alterità” (Bondioli, 2002: p. 198). Ma se l’alterità di cui sopra risulta essere forte portatrice di senso, essa incide e influenza sia l’interiorità del/la bambino/a, sia l’espressione dell’essere e, conseguentemente, del proprio genere. Il gioco costituisce uno dei mezzi più importanti per la conoscenza. D’altronde, proprio i giocattoli hanno assunto, col passare degli anni e il mutare della modalità di gioco, un’importanza legata alla forma educativa, oltre che ricreativa. Proprio l’oggetto con cui il/la bambino/a gioca ha assunto, sempre più, caratteristiche variegate in relazione alle caratteristiche del giocattolo: modi, forme e oggetti stessi usati nei giochi sono in continua evoluzione. Infatti, il giocattolo nella sua dimensione moderna ha assunto la fisionomia di prodotto industriale: ormai, ad esempio, esso è acquistabile in qualsiasi supermercato ed entra nel carrello della spesa come qualunque altro prodotto. In questo senso, soprattutto in relazione alla graduale (e attuale) diffusione di atteggiamenti consumistici e ai forti mutamenti sociali e della qualità della vita, vi è stata un progressivo aumento dei giocattoli – in quanto anch’essi oggetti di consumo – nella quotidianità della vita infantile. In qualche modo, dunque, i giocattoli, essendo altresì oggetti accessibili a chiunque, sia per costo che per disponibilità, hanno ‘colonizzato’ il gioco dei bambini. Quanto espresso finora ha, certamente, diverse conseguenze. Sia da un punto di vista educativo, sia da un punto di vista sociologico, l’oggetto innanzi a cui i bambini si trovano in un’espressione relazionale e simbolica, attiva e/o passiva, assume un’importanza sostanziale per lo sviluppo identitario dei soggetti in crescita. D’altra parte, la forma del giocattolo, cosa esso rappresenta, come lo stesso è rappresentato, i significati di cui si circonda, la forza comunicativa che esprime sono fattori intrinsechi all’oggetto ludico stesso. Come spiega Brian Sutton Smith (2002), il/la bambino/a viene stimolato intellettualmente attraverso i giocattoli. “Ci sono, naturalmente, giocattoli che richiedono la cooperazione con altri, ma quello che si vuole sottolineare è che non è questo lo scopo principale dei giocattoli. I giocattoli sono sempre stati il modello della solitudine su cui è basata la civiltà moderna, che ha bisogno di gente capace di affrontare in relativa solitudine gli scopi prefissati, perseguendoli con successo fino alla fine”. 6 (Smith, 2002: p. 61). Di certo i giocattoli possono essere tramite per relazioni di diverso tipo con individui di diversa età e genere. D’altra parte, quello che risulta interessante è come essi rappresentino un oggetto al quale, il/la bambino/a che ne fa uso, lega la propria fantasia (e lo sviluppo cognitivo). Attraverso i giocattoli, infatti, si attraversano diverse potenzialità di educazione: estetica, tecnologica, fantastica, cognitiva, affettiva, aggressiva. E il giocattolo indirizza il gioco dei bambini, guidandone la fantasia, la quale è portata a creare partendo dagli elementi della realtà. Data l’importanza dell’oggetto ludico in relazione a diverse questioni identitarie dell’individuo in crescita, assume una fondamentale rilevanza il ruolo del ‘fornitore’ di giocattoli: il ruolo degli adulti, i quali risultano più o meno consapevoli in merito. Se il giocattolo, come si è visto, è oggigiorno un prodotto industriale, l’adulto in quanto acquirente ha potere sul gioco del /la bambino/a. Di conseguenza, sugli oggetti concreti a cui si riallaccia la fantasia del/la bambino/a e che accompagnano (e talvolta guidano) il/la bambino/a nell’attività ludica. Risulta, dunque, necessario sottolineare l’importanza dell’intenzionalità educativa da parte dell’adulto. Quando si acquista un determinato prodotto con finalità ludiche è conseguente la sottostante implementazione della finalità educativa che è espressa dall’oggetto attraverso il suo significato intrinseco. Infatti, ogni giocattolo ha un valore simbolico ben preciso. È, altresì, estremamente delicata la scelta del consumatore nei passaggi dell’acquisto, dal/la bambino/a, prima, all’adulto, poi. La scelta, per poter esser definita critica e consapevole, deve uscire dai parametri dell’abitudine e della vita quotidiana per poter abbattere le logiche del senso comune (Jedlowski e Leccardi, 2003), il quale rischia di condurre direttamente alla via più breve in direzione dello stereotipo. Occorre una scelta che assuma una visione che vada oltre quell’“atteggiamento, o tipo di pensiero, che dà per scontata una serie di cose”, oltre “l’insieme di ciò che ognuno considera ovvio” (Jedlowski, 2008: p.18-19). Inoltre, il rapporto tra gioco e adulto risulta importante perché facilita l’introduzione dell’argomento che verrà approfondito in questo elaborato, ovvero, come già spiegato, quello relativo all’identità di genere in relazione, appunto, ai giocattoli. Sicuramente, “un aspetto importante che contribuisce alla formazione dell’identità di genere è la relazione genitoriale. I genitori contribuiscono alla differenziazione del genere sessuale attraverso i loro comportamenti durante l’attività ludica, in quanto tendono a metter in 7 atto giochi diversi in base al sesso del bambino con cui interagiscono. Infatti, essi tendono a modificare il loro comportamento a seconda che si tratti di un bambino o di una bambina” (Ruspini, 2012: p.100). Questo risulta importante soprattutto alla luce del modello di ruolo di genere che viene proposto agli occhi del/la bambino/a e, di certo, congiuntamente al comportamento del genitore durante l’attività ludica, comporta un certo tipo di decisione anche in termini di caratteristiche del giocattolo da acquistare. Secondo Master, Johnson e Colodny (1987): “Ancor prima che il bambino nasca, i genitori tendono ad avere un diverso atteggiamento rispetto al sesso del figlio. Se si pensa che sarà un maschio, lo si immagina portato per le attività sportive, teso al successo, forte e indipendente. Se si pensa che sarà una femmina, si pensa a caratteristiche come la bellezza, la grazia, la sensibilità, il talento artistico e l’attitudine alla vita matrimoniale” (Master, Johnson e Colodny, 1987: p. 197-198). Ad ogni modo, la questione relativa al giocattolo (in particolare all’acquisizione dello stesso) appare più complicata, soprattutto per quanto riguarda l’intenzionalità già citata. Infatti, spesso, all’acquisto dei giocattoli partecipano diverse figure, come ad esempio i nonni o altri ‘non-parental giver’. Ciò che i genitori non devono perdere di vista è, però, un altro aspetto: “è importante, invece, negoziare e trasmettere modelli più equilibrati, necessari per aiutare [ad esempio] i giovani uomini a scoprire la ricchezza dell’impegno nella sfera della cura” (Piazza, 2009: p. 13). Appare dunque necessario evitare il rischio che si manifesti “la delega quasi totale al giocattolo da parte di molti genitori, della funzione biologica, psicologica e sociale dello sviluppo del ruolo sessuale e delle affettività interpersonali dei figli” (Cilento, Melucci, Fabbrini e Perego, 1975: p. 31). Vari sono i fattori, espliciti ed impliciti, che influenzano la formazione dell’identità di genere: il fattore biologico (nascere ‘maschio’ o ‘femmina’), il fattore sociale e culturale (ad esempio, percepire, essere percepiti ed affermarsi secondo identità riconosciute come ‘maschio’ o ‘femmina’) e quello educativo (‘essere cresciuti’ conformemente a modelli di ‘maschio’ o ‘femmina’). Questi fattori contribuiscono ad orientare gli individui relativamente a comportamenti socialmente attesi e a mettere in atto scelte rispetto ad un 8 ruolo stereotipato. D'altronde, il maschile e il femminile sono due realtà complesse che vengono spesso semplificate in pregiudizi e stereotipi, che riconducono gli individui a sapersi orientare all’interno della società e che sottolineano le differenze tra uomini e donne. È proprio la credenza che la distinzione di genere sia qualcosa di principalmente “naturale” a rendere ‘scandaloso’ il comportamento di chi non segue questo modello, come accade, per esempio, quando due persone dello stesso sesso si innamorano l’una dell’altra (Connell, 2006). In questo senso, appare interessante anche l’esempio portato da Ruth Padawer in un articolo pubblicato sulla rivista Internazionale (Padawer, 2012), in cui si tratta di bambini che preferiscono vestirsi con abiti solitamente destinati a bambine, e viceversa, e del fatto che ciò possa apparire insolito, ma non innaturale. Quanto detto finora, è evidentemente correlato e correlabile alla socializzazione del/la bambino/a, il/la quale si trova, in solitudine o in interazione, a rapportarsi con diversi segni, segnali e simboli. In questo senso, “la socializzazione corrisponde quindi allo sviluppo nel soggetto delle capacità e delle competenze sociali necessarie alla costruzione dell’intersoggettività, cioè di quella dimensione fondamentale dell’esperienza che sta alla base della convivenza sociale” (Besozzi, 2009: p. 31). Attraverso la socializzazione, gli individui hanno la possibilità di imparare i meccanismi sociali che scaturiscono dallo sviluppo di genere. Insomma, il gioco - attraverso i giocattoli appare sempre più come via di socializzazione e, parallelamente, tramite di sviluppo. 9 Capitolo 2 – I giocattoli di oggi tra stereotipo e socializzazione Come si è visto i giocattoli risultano portatori di messaggi importanti, soprattutto se considerati in relazione all’identità di genere. Per comprendere il significato di quanto detto e come ciò si verifica concretamente si è deciso di osservare alcuni giocattoli, per analizzare l’oggetto con cui i bambini giocano e attraverso il quale fantasticano, e alcune pubblicità, per approfondire come esse indirizzino i bambini nella scelta dell’oggetto con cui giocare. L’intenzione, la domanda di ricerca, è quella di analizzare alcuni giocattoli e interpretarne le caratteristiche, le finalità, ciò che rappresentano e il modo in cui sono rappresentati (dalla pubblicità alla posizione nel negozio di giocattoli in cui sono venduti), evidenziando eventuali relazioni con la socializzazione del bambino e il ruolo di genere. Una volta identificati gli oggetti da studiare, la decisione si è indirizzata sull’osservazione degli stessi all’interno di un negozio di giocattoli, che fosse abbastanza grande da comprendere la vendita diretta di tutti i giocattoli scelti per l’analisi (in tal caso, si è scelto il Toys Center di Cologno Monzese). I giocattoli scelti sono 4, e sono stati selezionati tra quelli più sponsorizzati in televisione sui canali dedicati ai bambini (Boing, Rai Yoyo, Rai Gulp, K2, e Frisbee) in base alle caratteristiche degli stessi, le fasce di età e il genere dei ‘clienti’ a cui sono destinati. In questo senso, sono stati scelti: - Baby Eva ‘Mangia la pappa’, della serie Baby Alive di (Hasbro), bambola per bambine dai 3 anni in su; - Pasta Pasta di Dolce Party (GiG), accessori da cucina e macchinari per creare la pasta e cucinare, per bambine dagli 8 anni in su; - Beyblade Metal Fury Destroyer Dome Set (Hasbro), set per sfide ‘a colpi’ di trottole all’interno di un’arena in dotazione: per bambini dagli 8 anni in su; - Il martello Hammer Rock dei Gormiti (GiG), martello con suoni del ‘Signore della Terra’: per bambini dai 4 anni in su. Nella conduzione della rilevazione si è scelto di utilizzare una metodologia ben definita (si veda, per approfondimento, l’APPENDICE II). Essa consiste nella analisi di documenti, immagini, video e oggetti, i quali sono presi in considerazione in quanto prodotti e testimonianze del cambiamento (o meno) della cultura. 10 I giocattoli sono stati scelti tra quelli destinati alla fascia di età 4-8 poiché studi che hanno esplorato le differenze nella scelta del gioco nelle fasce d’età prescolare e scolare (Bryak Soraka, 1997 e Banerije - Lintern, 2000) hanno stabilito che i bambini e le bambine in età prescolare appaiono maggiormente in difficoltà nel prendere in considerazione informazioni che siano contrarie agli stereotipi. Inoltre i dati (Istat, 2005) dimostrano come per le bambine le bambole (scelte dal 71% di bambine) e i giochi di attività domestiche (34,3%) e per i bambini i giochi di competizione come le macchinine (scelte dal 73,55 dei bambini) e riguardanti i mostri (28%) siano tra quelli preferiti nell’attività ludiche. La rilevazione ha previsto tre fasi operative e, conseguentemente, altrettante fasi di analisi. In questo senso, dapprima, in una fase preliminare è stata condotta una osservazione dei giocattoli nel negozio già citato, per prendere visione di quali fossero i prodotti maggiormente esposti e pubblicizzati e determinare le possibili dimensioni da sottolineare nell’analisi. In un secondo momento, dopo aver scelto i giocattoli da analizzare, si è presa visione delle pubblicità televisive ad essi correlate, al fine di individuare in esse elementi inerenti alla domanda di ricerca e alla questione relativa al ruolo di genere. Infine, si è tornati nel negozio di Cologno Monzese per fotografare e documentare alcuni aspetti – come le caratteristiche dei prodotti prescelti; le loro disposizioni nel negozio e, più in particolare, nel reparto; la gerarchizzazione degli spazi; i messaggi presenti nei prodotti e nell’imballaggio degli stessi. Nel prosieguo del capitolo tratteremo, quindi, dell’analisi specifica dei singoli prodotti citati, seguendo i riferimenti teorici proposti nel primo capitolo. I due giocattoli di cui ci occuperemo inizialmente sono quelli indirizzati ad un pubblico femminile: Baby Eva e Pasta Pasta. Già dalla pubblicità dei due prodotti è possibile, infatti, notare come le attrici siano tutte bambine di età diversa ma, presumibilmente, compresa tra gli 8 e i 12 anni. Questo indirizza notevolmente il target degli acquirenti: entrambi i giocattoli, infatti, da quanto emerge dalla pubblicità, sono pensati per le bambine. Difatti, anche i colori preminenti nello scenario degli spot sono gli stessi che la tradizione associa solitamente al genere femminile: colori caldi nelle sfumature dal giallo al rosa. Ma non solo. Tali colori, usati altresì per le scatole dei giocattoli (packaging) e per il contenuto delle stesse, rimandano agli stereotipi cromatici di genere. Da una parte, “la pubblicità non risulta totalmente indifferente al femminismo e all’esigenza diffusa tra le donne di modificare i propri ruoli. Anzi, cavalca l’onda e, in continuità con le strategie adottate nel passato, costruisce l’immagine della donna moderna, liberata e 11 indipendente, utile a vendere elettrodomestici che fanno risparmiare tempo, cosmetici, biancheria intima e abbigliamento alla moda per conquistare ‘lui’, ma anche per autogratificarsi”. (Capecchi, 2006: p. 32). Dall’altra, questa figura emancipata appare essere, soprattutto nelle pubblicità dei giocattoli, una cruda strategia di marketing piuttosto che una reale presa di coscienza della questione di genere. A tal proposito, si può riflettere sulla posizione dei due giocattoli all’interno del negozio di riferimento: entrambi si trovano nella metà di negozio destinata alle bambine, il primo nel reparto “bambole”, il secondo nel reparto “cucine”. Nei reparti in questioni e nelle posizioni a fianco, i giocattoli che rispecchiano un certo tipo di cultura e tradizione si susseguono: bambolotti, ferri da stiro, cucine, trucchi. A livello simbolico e a livello di riproduzione culturale il significato appare evidente. I giocattoli destinati alle bambine sono portatori di forti stereotipi circa il ruolo della donna nella società e il modello che ne risulta appare essere quello della ‘segregazione’ della figura femminile in ambiti di cura e sollecitudine alla gestione della casa: un modello femminile e della femminilità che spazia dalla perfetta casalinga alla avvenente velina, in cui l’apparenza della bellezza stereotipata sembra essere la via più facile al successo. Da questo punto di vista, anche le parole delle pubblicità e il testo presente sulla scatola dei giocattoli aiutano a capire il modello proposto: frasi come “la pasta la fai tu”(dalla pubblicità di Pasta Pasta), “è ora di cambiare il pannolino, come una bimba vera” e “[…] la tua bimba […]” (dalla pubblicità di Baby Eva) lasciano intendere come il messaggio legato alla figura della ‘massaia’ e alle pratiche di cura sia sempre più presente nella cultura dei giocattoli per bambine. Analizzati i due giocattoli dedicati alle bambine, vediamo ora più nel dettaglio gli altri due giocattoli presi in considerazione: quelli pensati per i bambini di genere maschile. Nella pubblicità dei due giocattoli, il martello dei Gormiti e l’arena da competizione per le trottole Bayblade, possiamo notare immediatamente i colori dello scenario e la gerarchizzazione degli spazi. Gli attori in primo piano, bambini/ragazzi di genere maschile presumibilmente dai 7 ai 13 anni, sono vestiti con colori scuri e freddi - prevalentemente nero, azzurro, grigio e marrone – e assumono un comportamento di sfida nell’interpretazione del role-play o della competizione. In effetti, tale atteggiamento appare enfatizzato anche dai termini utilizzati negli spot e sulle confezioni dei giocattoli: “colpisci e sentirai i suoni della battaglia!”, “ora il potere dei Gormiti è nelle tue mani” (dalla pubblicità di Hammer Rock, il martello dei Gormiti), “combattimenti a 360° che sfidano le leggi della gravità”, “sfide avvincenti” (dalla pubblicità 12 di Bayblade Metal Fury). Il messaggio che filtra dalle parole usate è significativamente pregno di una riproduzione culturale legata al ‘machismo’, alla virilità, alla figura del maschio ‘Alpha’ (Fagiani e Ruspini, 2011). Il modello proposto da questo tipo di giocattolo è quello di uomini eroici, mitizzati come forti guerrieri e vincitori, dove il battersi, il competere per vincere è sinonimo di forza e coraggio. Non è presa in considerazione la possibilità di esprimere la sfera emotiva, tipicamente femminile, in quanto l’uomo non può dimostrarsi insicuro: le emozioni (dalla paura al pianto, dall’amore all’affetto) sono segno di debolezza. Il maschio Beta e il Maschio Omega (Fagiani e Ruspini, 2011) sono di rado interpretati nella cultura del giocattolo. Ciò che appare è come il ruolo stereotipato dell’uomo (a partire da quello del/la bambino/a) sia rigido nel comprendere la possibilità di essere forti e virili, o quanto meno ‘scienziati’ e riflessivi, e difficilmente lasci modo ad una molteplicità di modalità di rappresentare il genere maschile, se non rimanendo nei canoni della costruzione sociale della mascolinità. A partire dagli argomenti analizzati nelle pagine precedenti, risulta importante proporre alcune considerazioni. Abbiamo visto come con il termine ‘giocattoli’ è possibile intendere oggetti molto diversi l’uno dall’altro. Ciò che risulta interessante, quindi, non è tanto la definizione di giocattolo, quanto la tipologia ludica dello stesso, il tipo di relazioni che prevede (da parte del/la bambino/a in primis ed, eventualmente, dell’adulto), l’uso dello stesso e le modalità di presentazione dell’oggetto. Gli elementi appena citati risultano, altresì, importanti perché, parallelamente al significato simbolico che i giocattoli assumono, provocano un forte effetto di ‘scrematura’ nei probabili acquirenti e nelle intenzioni e finalità degli stessi nel momento di acquistare l’oggetto. In questo senso, difficilmente ci si aspetta di vedere, nel breve termine, un genitore di genere maschile – ad esempio – acquistare per il proprio figlio un giocattolo portatore di un forte stereotipo legato al genere femminile. In questi termini, “il processo di socializzazione al genere, attraversa, senza ombra di dubbio, anche la definizione culturale del comportamento sessuale reputato ‘corretto’ o ‘giusto’ per l’uomo e per la donna, nonché per età e per collocazione sociale di uno e dell’altra” (Ruspini, 2009: p. 101). 13 Conclusioni Nell’elaborato si sono analizzati i concetti di socializzazione e intersoggettività, in relazione al ruolo di genere, allo stereotipo ad esso connesso e all’analisi di queste tematiche nei giocattoli. “L’intersoggettività si basa su sentimenti importanti, come per esempio il rispetto di sé e degli altri, che mostra chiaramente come, nell’esperienza sociale, esista una dimensione regolativa, che dà delle regole e delle norme di riferimento per tutti. La socializzazione alle regole consiste appunto nel portare il bambino a far propri valori, norme, regole sociali, perché sia in grado di rispondere in modo positivo a ciò che gli altri gli chiedono e che si aspettano da lui” (Besozzi, 2009: p. 31). In relazione al ruolo di genere e agli stereotipi ad esso correlati si è visto come il ruolo maschile sia maggiormente concentrato e rappresentato all’interno della sfera pubblica, quello femminile, invece, all’interno di quella privata-domestica. Risulta, dunque, importante una riflessione inerente la questione della ‘doppia presenza’ (Balbo e Siebert, 1979 e Ruspini, 2009): da una parte, infatti, già nell’analisi dei giocattoli rivolti al genere femminile è visibile come venga incentivato soprattutto l’aspetto relativo alla ‘riproduzione’ e alla ‘gestione della casa’. Dall’altra, l’aspetto legato alla ‘produzione’ sembra in crescita ma ancora forte portatore di stereotipo. In questo senso, i giocattoli che spingono la bambina alla ‘sfera produttiva’, ad esempio quello che riproduce un registratore di cassa, appaiono portatori di significati simbolici ben differenti dai giochi da ‘scienziato’ e ‘piccolo genio’ dedicati ai bambini di genere maschile. Ad ogni modo, esistono anche giocattoli che sembrano proporre un modello differente da quello consueto. Ne sono un esempio concreto, i giocattoli di “Shrek” e dei “Pokemon”. I primi si rifanno al film d’animazione intitolato, appunto, “Shrek” e che tratta delle disavventure di un orco, innamorato di una principessa. La presenza di diversi personaggi e di un certo tipo di processi di interazioni tra essi tocca diverse tematiche legate all’identità e alla diversità. “In Shrek 1 trionfa la coppia ‘mista’, che si materializza nella storia d’amore tra Ciuchino e la draghessa; nel secondo episodio, invece, gli autori inseriscono (forse per la prima volta in un film d’animazione per bambini) i concetti di omosessualità e transgenderismo: il Principe Azzurro ha il lucidalabbra e la voce di Rupert Everett, Pinocchio indossa un tanga, la barista della locanda è una transgender, innamorata del 14 Principe Azzurro” (Ruspini, 2009: p. 84). Nel cartone animato e nei giocattoli dei ‘Pokémon’ (pocket monsters), invece, è possibile notare come la possibilità di essere protagonisti nelle vicende sia divisa allo stesso modo tra i generi. “La possibilità di preparare al combattimento i piccoli ‘mostri’ è aperta sia a femmine sia a maschi: obiettivi e regole non sono discriminanti, sia bambini che bambine possono catturare nuovi Pokémon e allenarli, con competenza e disciplina, affetto e rispetto, fedeltà e correttezza, attitudini comuni e trasversali a entrambi i generi” (Ruspini, 2009: p.84). Negli esempi appena citati – Shrek e Pokémon - il modello proposto appare un modello ‘gender-sensitive’ (Ruspini 2009), che tiene cioè conto della questione legata al genere e dello stereotipo che ad esso si accompagna. Insomma, appare necessaria una proposta di giocattoli (e pubblicità) “[…] in cui gli stereotipi di genere siano distrutti in favore di nuove figure e nuove relazioni tra i generi” (Ruspini, 2010: p. 43). Questo risulterà ovviamente complicato, dal momento che i media e le fabbriche di giocattoli difficilmente appaiono in grado di anticipare ciò che nella realtà non si è ancora pienamente verificato (Ruspini, 2010). Per questo, risulta altresì necessario un cambiamento di cultura, intesa come “quel complesso di conoscenze (tradizioni e saperi) che ogni popolo considera fondamentali e degni di essere trasmessi alle generazioni successive” (cit. dalle slide del corso ‘Generi e generazioni’), per permettere a Marco, Anna e tutti i bambini e le bambine di giocare liberamente e sviluppare la propria identità (di genere, ma non solo), lontani da (pre)giudizi e modelli stereotipati. 15 APPENDICE I – Glossario Di seguito si propongono alcuni concetti chiavi e le interpretazioni che ne vengono date dagli autori di riferimento. Alterità: “nel linguaggio filos., il carattere di ciò che è o si presenta come «altro», cioè come diverso, come non identico; anche in espressioni della sociologia: a. culturale, diversità di tradizioni rispetto a quelle dominanti o autoctone” (dal dizionario online Treccani). Cultura: “complesso di conoscenze (tradizioni e saperi) che ogni popolo considera fondamentali e degni di essere trasmessi alle generazioni successive. Insieme di saperi, conoscenze, costumi, credenze, tradizioni, convenzioni, aspettative, significati, valori, ideali che caratterizzano individui e collettività di cui fanno parte” (Slide del corso “Generi e generazioni”). Genere: “processo di costruzione sociale delle caratteristiche biologiche (sesso): definizione, rappresentazione, incentivazione di appropriati comportamenti connessi con le aspettative sociali legate allo status di uomo o donna. […] il genere (in quanto socialmente definito) è un prodotto della cultura umana (come il linguaggio, la parentela, la religione) dunque variabile nel tempo e nello spazio” (Ruspini, 2009: p. 11). Identità di genere: “percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l’esperienza personale e collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi con gli altri […]. In altre parole, è il riconoscimento delle implicazioni della propria appartenenza a un sesso int ermini di sviluppo di atteggiamenti, comportamenti, desideri più o meno conformi alle aspettative” (Ruspini, 2009: p. 18) Ruolo di genere: “modelli che includono comportamenti, doveri, responsabilità e aspettative sociali: ad essi donne e uomini sono chiamati a conformarsi” (Ruspini, 2009: p. 22) Sesso: “riguarda le differenze biologiche e anatomiche tra maschio e femmina” (Ruspini, 2009: p. 10). Sessualità: “non intendiamo solo il dato biologico (l’essere sessuati e l’avere rapporti 16 sessuali), ma un aspetto integrante dell’identità individuale” (Ruspini 2009: p. 101) che “ciascuno di noi ha e coltiva, piuttosto che una condizione naturale che l’individuo accetta come un dato di fatto. In qualche modo, e ciò deve essere ancora studiato, la sessualità funziona come un tratto malleabile dell’essere, un nesso primario fra il corpo, l’identità di sé e le regole sociali” (Giddens, 1995: p. 23). Socializzazione: “A process of social interaction and communication in which an individual comes to learn and internalize the culture of their society or group. Socialization begins immediately at birth, with the conditioning influences of infant handling, and continues throughout an individual's lifetime. The sociological use of the term refers to the learning and absorption of culture and not simply to the process of interacting with others” (dizionario on line delle scienze sociali, creato dall’università canadese Athabasca). Stereotipo: il termine stereotipo (dal greco stereos = rigido e tupos = impronta), è un termine usato originariamente in tipografia per indicare gli stampi di cartapesta dove veniva fatto calare il piombo fuso (Mazzara, 1997). In quanto “stampi” gli stereotipi sono rigidi, fissi e ripetitivi. Il concetto di stereotipo come termine sempre uguale a se stesso e predefinito è strettamente connesso con il concetto di pregiudizio: pregiudizio significa etimologicamente giudizio precedente all'esperienza o formulato in assenza di dati empirici. Stereotipi di genere: “Gli stereotipi di genere sono un insieme coerente e abbastanza rigido di credenze, condivise e trasmesse socialmente, su quelle che sono o dovrebbero essere le caratteristiche fisiche, psicologiche e le attività tipiche dei due sessi” (Ruspini, 2007: p. XXVI-XXVII). Quindi, “[…] immagini e rappresentazioni comuni e ipersemplificate della realtà che influenzano il pensiero collettivo riempiendo di specifici contenuti le convinzioni e le idee di un determinato gruppo sociale rispetto a uomini e donne e ai rapporti tra di essi” (Ruspini, 2009: p. 68) 17 APPENDICE II – Nota metodologica Attraverso la metodologia si è cercato di individuare quei messaggi discriminatori o stereotipati diretti all’infanzia che promuovano un modello di socializzazione restrittivo e di continuità con le disu- guaglianze, in modo diretto o indiretto. A questo fine sono state usate due tecniche di ricerca: Osservazione del prodotto: viene presa in considerazione l’importanza delle 4 P: prodotto, prezzo, posizione (all’interno del negozio), promozione. Sociologia visuale: viene presa in considerazione l’analisi delle pubblicità dei giocattoli presi scelti. Se da una parte i termini dell’osservazione appaiono stabiliti, dall’altra la sociologia visuale appare ancora attorniata da confini poco definiti. In questo senso, essa è una tecnica che mira a meglio approssimare il reale (Faccioli e Losacco, 2005). Quello che si vuole indagare, dunque, è la funzione comunicativa delle immagini: quindi, rappresentazioni, simboli e segni sulla base di un codice identificativo (Mattioli, 1991). L’intenzione, soprattutto nell’analisi delle pubblicità, è quella di “combinare la comunicazione verbale e quella iconica in modo da superare la separazione culturale che vi è fra esse, nel senso che rende possibile definire sul piano verbale e intellettuale ciò che l’immagine mostra e rivela” (Faccioli e Losacco, 2005: p.14). D’altronde, la pubblicità si basa su diversi tipi di segni: insieme di idee, alcune delle quali iconiche (che rimandano alla rappresentazione della realtà), e altre puramente simboliche (che rimandano all’interpretazione dei segni). Ma perché scegliere le pubblicità? Esse rappresentano un esempio lampante della direzione intrapresa dai media, in relazione all’esempio dei giocattoli. “I media rappresentano oggi una delle dimensioni della vita quotidiana più importanti per comprendere e analizzare il mutamento sociale” (Ruspini, 2009: p.78) Seguendo queste precisazioni, si è venuto a delinare uno schema preciso delle dimensioni da privilegiare nell’osservazione del prodotto. 18 Dimensioni privilegiate durante l’osservazione del prodotto Interpretazione: identificazione dei significati ◦ Codici iconici e codici iconografici Colore oggetto/ scatola (packaging) Scenario: posizione all’interno del negozio Forma messaggio: testo/ immagini presenti sopra scatola Spiegazione: ◦ Codice simbolico (socioculturale) Significato simbolico Osservazione al Toys’ R Us: Mi sono recato due volte al negozio di giocattoli di Cologno Monzese. La prima, durante una fase preliminare della rilevazione, quando ancora non avevo scelto i giocattoli da osservare. In effetti, in questo modo ho potuto constatare quali fossero i più pubblicizzati e i più esposti, notando la gerarchizzazione degli spazi, nonché prendendo atto di quali potessero essere le dimensioni da privilegiare nell’osservazione. La seconda volta che mi sono recato nel negozio è stato per la rilevazione e l’osservazione dei giocattoli prescelti, di cui avevo già osservato lo spot televisivo. All’interno del negozio, ho individuato i giocattoli e ho osservato la loro posizione tra i corridoi e tra i reparti, le loro dimensioni e caratteristiche, i messaggi espressi, e le dimensioni sopra elencate. La rilevazione è stata documentata attraverso fotografie agli oggetti e al negozio e grazie agli appunti presi sul luogo delle informazioni necessarie per l’analisi. Oltre all’analisi del prodotto, come si è detto, si propone la griglia interpretativa inerente le pubblicità dei giocattoli scelti. Attraverso questa è possibile comprendere le fasi di interpretazione dei dati rilevati dopo l’osservazione degli spot. 19 Griglia Interpretativa - Pubblicità Interpretazione dei segni e identificazione dei significati ◦ Codici iconici e codici iconografici Partecipanti: genere, età, posizione e gerarchizzazione degli spazi (primo o secondo piano), abbigliamento, aspetto. Caratteristiche principali dell’oggetto (se non emerse in precedenza). Scenario: colore principale, sfondo, ambiente circostante. Forma messaggio: testo esposto, parole dette, modo in cui sono dette. Spiegazione ◦ Codice simbolico (socioculturale) Significato simbolico Ruolo interpretato e ruolo simbolico degli attori. Significato simbolico giocattolo. 20 Bibliografia Banerije R., Lintern V. (2000), Boys Will Be Boys: the Effect of Social Evaluation Concerns on Gender-Typing; Social Development, 9, 3; p. 397-408, University of Sussex (UK) in Social Development (2000) Blackwell publishers. Balbo L., Siebert R. 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