Napoli street
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Sommario 6 Napoli street. Echigrafia di un passato minimo Francesco Escalona 9Premessa 11Acitillo 13Acquari 14Agnano 15 Anna alle Paludi (Sant’) 16Anticaglia 18Antignano 20Arenaccia 22Arenella 23Armieri 24 Arte della lana 25Astroni 26Azzimatori 27Bagnoli 29Baku 30 Banchi Nuovi 31 Bonafficiata vecchia 32Calascione 33Campagnari 34Canestrari 35Capodichino 36Capodimonte 40Cappuccinelle 41Carbonara 44 Carmeniello ai Mannesi 46Catalana 47 Chiaia (riviera) 48Chiaia (via) 50Chiatamone 52Chiavettieri 53Cinesi 54 Cisterna dell’Olio 55 Colli Aminei 57Coroglio 58 Corpo di Napoli 60Cristallini 62Donn’Anna 64 Fate a Foria 65 Ferri Vecchi 66Fiorentini 68Fontanelle 72 Fontanelle al Trivio 75Forcella 77Foria 82Fuorigrotta 85Gaiola 87 Guantai a Nazareth 89 Guantai Nuovi 90Kagoshima 91Lavinaio 92Marechiaro 94Mergellina 98Mezzocannone 101Miradois 103Moiariello 106Molosiglio 107 Monte di Dio 110Nisida 112Orefici 113Ottocalli 114Petraio 116Piedigrotta 119Pietrarsa 120Pignasecca 122Poggioreale 124Polveriera 125 Ponte di Casanova 126 Ponte della Maddalena 127 Ponti Rossi 128Posillipo 130 San Biagio dei Librai 132Scassacocchi 133Serapide 134Torretta 135 Tre Tornesi 136 Zite al Lavinaio 1 38Papunciello 150L’Alifana 157Conclusioni 159 Bibliografia Napoli street. Echigrafia di un passato minimo Francesco Escalona Quando visito una città per la prima volta, amo entrare da una sua Porta. Che sia una porta antica, di pietra o di mattoni (di quelle che hanno scolpite immagini mitologiche che evocano i vincitori, o magari con una lapide che accoglie o ammonisce il Viaggiatore…) o che sia invece una porta moderna, un viale alberato o un belvedere che incornicia il paesaggio, o un porto, o un aeroporto, è del tutto secondario. Per me la cosa più bella è percepire chiaramente in quel punto preciso la volontà della Comunità, che dà forma e senso a un Luogo, per spiegare se stessa. Che mostra al viaggiatore il biglietto da visita. Una carta d’identità civica. Individuata la porta, varcata quella soglia, mi rassereno e mi arrendo alla città. Amo a quel punto abbandonarmi alle sue regole e ai suoi ritmi. Attraversarla, facendomi guidare da un sentimento di empatia. Dalla voglia di conoscerla, seguendo l’intuito. Mi piace vagare a zonzo per quelle strade, ancora sconosciute, senza meta precisa, andando là, dove mi portano le scarpe, seguendo solo la sequenza delle sue architetture. Facendomi guidare da quello che le sue forme mi comunicano, attraversando quindi docile le piazze, le scale, i vicoli, ora oscuri, ora colorati. E anche, perché no, facendomi assorbire, docile, dai suoi suoni vaganti; dagli intensi profumi, dalle urla in dialetto. Dai rumori della gente che si affaccenda inconsapevole tra le cose della vita. Poi, ci sono anche le porte immateriali. Quelle raccontate da Gennaro Galario nella sua splendida intuizione: Napoli street curiosità come perché ovvero: ma se voglio saperne di più? E mi domando, dunque, dove sono? Qual è la vera storia di questa città? E di questa strada? Di cosa narrano i mille racconti legati a questi posti? Come si chiama questa bella piazza? E, soprattutto, perché? A volte avidi di notizie, finiamo per chiederlo al primo arrivato, spesso ricevendo un’alzata di spalle. O, se possiamo, o ne siamo capaci, consultiamo la rete... Ma, molto più spesso e più semplicemente, alziamo lo sguardo e, se siamo un po' più attenti, le informazioni le troviamo tutte lì, nei nomi delle strade. Incise indelebilmente nelle targhe impolverate agli angoli delle strade. Che siano in pietra o in marmo, dipinte sui muri delle case, le più antiche..., o su tabelle in ferro, è proprio lì, in quelle scritte, nei suoi toponimi antichi o moderni, che la città ci comunica in maniera schietta, sincera e diretta, la sua vera storia. Le sue vere storie. Ma vediamola così, dice Galario: Anche le scritte sulle targhe sono Porte. Porte immateriali, porte del tempo che ti introducono in un batter d’occhio, 6 con la mente e con il cuore, in passati prossimi o remoti. In storie antiche. Non solo quelle dei pochi o dei tanti vincitori. Quelle dei re e dei papi, di sindaci e marchesi, che le hanno interpretate. Ma quelle, spesso, sono storie ridondanti, altisonanti. A volte retoriche, ci rimandano dirette agli aridi sillabari delle vecchie classi elementari e a pomeriggi sonnolenti. No... In quelle targhe, o lapidi, puoi invece trovare la nostra storia minima. Quella che emerge frizzante. Quella che ci interessa di più, dice Galario. Quella che ci rimanda al nostro Genius loci. La storia popolare, quella silenziosa che si è svolta in millenni e millenni e che fluisce ancora, ogni giorno, tra le pieghe del tempo, e ancora scorre negli affluenti della storia. La storia minima che spesso viene sprecata e, ancora prima, dimenticata. Ora, dice Galario, solo grazie alle targhe che ci sembrano mute e impolverate, tutto ciò non accade. è lì che si conservano ancora, rilanciate in queste pagine per mano di Gennaro Galario: l’essenza del paesaggio antico, ormai quasi illeggibile. La presenza di alberi secolari, ormai secchi o bruciati. Fenomeni naturali, oggi cancellati dalla macina della vita moderna. Mestieri antichi, quasi scomparsi, resi inutili dall’avvento della macchina. Il modo naturale di guardare le cose del mondo della gente. Tutte cose ormai perse. Microstorie che altrimenti sarebbero dimenticate, sono invece l’humus, il substrato, le fondamenta di tutto ciò che accade oggi. Sono strani nomi, che spesso evocano senza spiegare. Vico Acitillo, Arenaccia, Azzimatori, Calascione, Moiariello, Ottocalli… Come quegli oggetti che ritroviamo a volte, dopo anni, abbandonati nei cassetti. Frammenti di un passato minimo. Oggetti dei quali non ci ricordiamo neanche più del come e del perché siano arrivati lì; del quando siano entrati nelle nostre vite né di chi ce li ha portati. Ma, se ci fate caso, sono gli oggetti dai quali non riusciamo più ad allontanarci. Nel tempo è a loro che ci leghiamo di più. Caratterizzano i luoghi a cui siamo più legati e finiscono per ricordarci qualcosa, ma velato di una dolce poesia. Sono scrigni, piccoli ma preziosi, di cui abbiamo perso le chiavi, ma che conservano piccoli gioielli dimenticati. Gennaro Galario, attraversando negli anni la sua città, Napoli, con la testa all’in sù - me lo immagino proprio così - ha provato curioso, a volte stupito, a riaprirli. E poi, li ha analizzati e progressivamente disvelati. Li ha messi in bella mostra in queste preziose pagine edite dalla Clean, come avrebbe fatto disponendo su una tavola di legno tutti gli antichi oggetti ritrovati nel cassetto, per osservarli per bene, tutti insieme. Viene fuori così, questa piccola controstoria di una Napoli minima. Composta di frammenti. Frammenti veraci e sinceri. Espressivi e convincenti proprio perché dimenticati, fuori dalle pagine accademiche, dalle spinte dei 7 media, dalle mode; dalla toponomastica voluta da esigenze di potere. Penso che vi divertirete anche voi, come ho fatto io, a guardarle una a una. E poi, magari, tutte insieme in successione, rievocando in famiglia o con gli amici, quegli antichi ricordi. Tornando a traguardare quel passato nascosto dietro “porte celate", e ora disvelato da Gennaro Galario. Immaginando, perché no, proprio a partire da quei frammenti, un possibile futuro. Un futuro minimo, certo, ma che potrebbe contribuire, forse molto più di quanto immaginiamo, a legare in questi tempi travolgenti, quelle tenere nostalgie dimenticate che rappresentano nonostante tutto l’essenza del nostro vivere, con un futuro straordinario, affascinante, luminoso ma anche sconosciuto e inquietante, che bussa forte, sempre più forte alla porta del presente. 8 Premessa Come nasce questo libro? Dalla curiosità di un Napoletano e dalla voglia di far conoscere ad altri ciò che nel frattempo avevo appreso e ricordato; ad altri che hanno voglia di conoscere meglio questa bella Città e di amarla e rispettarla. Da bambino, leggendo anche distrattamente le targhe riportanti i nomi delle strade (targhe odonomastiche), cercavo di capire il perché quella strada avesse quel determinato nome (toponomastica). Per la maggior parte la risposta era ovvia e scontata: via S. Antonio Abate era così denominata per la presenza in sito della chiesa del Santo, come per le vie Santa Lucia, Santa Brigida ecc...; altre in ricordo di un personaggio storico o famoso (corso Garibaldi, via Caracciolo, via Diaz, ecc...). Ma altri nomi da dove derivavano, qual era l'origine e il perché? Dapprima iniziai dalla strada in cui ero nato, via Arenaccia, e poi presi l’abitudine di leggere attentamente i toponimi delle strade, e di cercarne l’origine, la derivazione, le curiosità, gli aneddoti legati a esse. Sono giunto alla conclusione che il 99% delle strade caratterizzate da nomi "particolari" sono solo a Napoli, così cominciai a prendere qualche appunto, mentre mi frullava per la testa di divulgare ciò che avevo appreso…un sogno, fino all’incontro con Gianni Cosenza e la Clean. 9 10 Acitillo Vico Acitillo, la derivazione toponomastica non è molto chiara ma si sa che questo nome compare già in carte topografiche di età barocca, si presume che derivi da Aceto e…non sarebbe strano che non sia legato alla presenza in zona di una taverna o cantina dove il vino non fosse di ottima qualità. Inoltre questa strada fu teatro delle gloriose “Quattro giornate di Napoli”, anzi, come riportato dai Diari di Benedetto Croce, (raccolti qualche anno fa - 1991 - da Arturo Fratta per Il Mattino) fu proprio al Vomero che scoppiò la prima scintilla delle Quattro Giornate. Il Croce era in quel periodo scappato da Napoli per i continui bombardamenti, e si divideva tra Capri e Sorrento, località nelle quali gli facevano visita emissari del re, del governo Badoglio, i più alti rappresentanti dell’esercito alleato e dei gruppi partigiani provenienti dal Nord del Paese. Quello che stava accadendo «Quel che si dice e quel che si vede di qui delle cose di Napoli mi opprime l’anima», annota Croce in data 25 settembre. I primi scontri si erano avuti il 10 settembre. In tutta la città erano cominciati i rastrellamenti degli uomini alle armi. Quei napoletani furono concentrati prevalentemente nel Campo Littorio, lo stadio del Vomero, per essere deportati come lavoratori sulla linea Gustav, che andava dal Garigliano al Sangro, o in Germania. La prima scintilla scoppiò proprio al Vomero. 11 Alcuni giovani riusciti a fuggire dal «Campo Littorio, oggi Collana» si impadronirono di armi tedesche e cominciarono a resistere, tra vico Acitillo e via Belvedere, alle forze tedesche. Un giovane ufficiale, il tenente Stimolo (magistralmente interpretato da Gianmaria Volonté nel film di Nanni Loy), prese il comando di un gruppo di persone e il primo conflitto a fuoco si ebbe in località Pagliarone al Vomero vecchio. Si ebbero aspri combattimenti nella zona dell’allora Stadio dove si svolgeva il campionato di calcio, e lì furono rinchiusi centinaia di prigionieri. Il tenente Stimolo riunì i suoi uomini e decise di tentare la liberazione dei prigionieri, lo Stadio fu circondato e i partigiani aprirono il fuoco contro le truppe tedesche asserragliate con i prigionieri; dapprima i tedeschi risposero al fuoco, ma poi tutto a un tratto si videro uscire dallo stadio tre autocarri militari che sventolavano bandiera bianca, seguiti dai primi gruppi di prigionieri, lo stadio fu per anni conosciuto come stadio della Liberazione. Da lì la rivolta si estese a tutta la città, con punte di maggiore intensità nella zona del Museo e di Salvator Rosa, nei pressi dell’Università e finì per espandersi un po’ ovunque. 12 Acquari Via Acquari, è la strada che da piazza Bovio va a via Sedile di Porto, quartiere Porto, deve il suo toponimo al fatto che in epoca romana ospitò strutture termali per la presenza di sorgenti e corsi d’acqua dovuti alla particolare caratteristica del terreno distante pochi metri dalla linea costiera. Infatti, tutta la zona era ricca di corsi d’acqua e il mare era a pochi metri dall’attuale Palazzo della Borsa. Della struttura termale appunto vi sono interessantissime tracce nella chiesa di Sant’Aspreno al Porto, nota anche come chiesa di Sant’Aspreno ai Tintori, inglobata nel fianco del Palazzo della Borsa. Il perché fu detta chiesa dei Tintori è dovuto alla presenza in zona di artigiani tintori i quali usavano, per esigenza del loro lavoro, le abbondanti acque sorgive della zona. 13 Agnano Via e quadrivio Agnano, si trova nel quartiere Bagnoli e va da via Nuova Bagnoli a via Astroni, per quanto concerne il suo toponimo, non vi è concordia nella individuazione dell’origine dello stesso; secondo Benedetto Di Falco, a metà del Cinquecento, il nome della località sarebbe derivato da Anguignano, per la moltitudine di serpi che si annidavano tra le felci che contornavano il lago (dal latino anguis, “serpente”), esiste infatti una miniatura che illustra la sorgente termale di Agnano, chiamata Balneum Sudatorium, che mostra il lago (oggi essiccato) pieno di rane e serpenti. Una tale etimologia, però, non ha basi linguisticamente probanti mentre, Raimondo Annecchino, dopo un’attenta disamina, fa risalire il toponimo Agnano a un ipotetico praedium Annianum, cioè a un fondo di proprietà di esponenti della gens Annia, attestata a Pozzuoli in epoca romana. Cita, infatti, vari documenti medioevali in cui compare il toponimo Anianum o Annianum; altri dicono che fosse Angulanum (luogo a forma di angolo) e traesse origine dalle caratteristiche geomorfologiche del luogo. Da Angulanum (attestato già in una fonte del VI secolo), attraverso le forme intermedie Anglanum e Agnanum, si sarebbe giunti alla moderna forma Agnano. In ogni modo il nome Ananium, si trova in documenti anteriori al 997, anno in cui in un documento ufficiale figura per la prima volta il nome Agnanum. 14 Sant’Anna alle Paludi Strettola, traversa Sant’Anna alle Paludi, parte dal corso Lucci nelle adiacenze della omonima chiesa, caretterizzando per nome tutta la zona adiacente, riferendosi al carattere paludoso della zona, in napoletano “Sant’Anna ‘e parule”. La certezza di questa caratteristica del terreno è confermata da notizie relative a operazioni di bonifica iniziata dagli Angioini. In questa zona esistevano orti da cui si ricavavano ortaggi destinati al mercato locale, da qui la derivazione di “parulano” (ortolano, campagnolo), parola forgiata sul termine parula addizionata del suffisso di pertinenza aneus (ano); parula e il forgiato parolaneus derivano dal latino: palude(m) con evidente metatesi e metaplasmo d/r che danno parula da cui il successivo parulano. Chiesa di S. Anna alle Paludi in corso Lucci. 15 Anticaglia Via, strada dell’Anticaglia, nel quartiere S. Lorenzo, da via S. Paolo all'incrocio con via S. Giovanni in Porta e vico Giganti, è una delle strade più antiche di Napoli che sta sul tracciato che in origine era la Summa Plateia della città greca e più tardi il “Decumano Superiore” della città romana. L’Anticaglia prende il nome da due archi di epoca romana che attraversavano in due punti la strada e che servirono a contenere le spinte del muro esterno del teatro romano, che con il vicino “Odeion” coperto, si trovava lungo il percorso del maggiore decumano. Successive costruzioni incorporarono la cavea e le strutture dei due teatri, così che i due archi sembrano sostenere soltanto i muri esterni dei palazzi. Nella zona, altre murazioni di epoca romana affiorano lungo i muri ma anche negli scantinati delle botteghe e dei bassi che incorporano opus reticulatum o quadratum di epoca romana parte integrante della costruzione. Da una di queste botteghe o basso, attraverso una botola si giunge nell’odeon (o Odeion), teatro divenuto, all’epoca, famoso per una tre giorni canora che Nerone impose ai napoletani, senza quasi abbandonare la 16 scena e, si dice, facendosi addirittura servire i pasti sul palcoscenico. Subito dopo il secondo arco dell’Anticaglia vi è il palazzo appartenuto ai marchesi Artiaco, che il popolino chiama “palazzo di Nerone”, perché nel suo giardino si trovano mura costituite da opus reticulatum inglobate in strutture seicentesche. Poco distante dagli archi si trova la casa del filosofo Metronatte che proprio ai tempi di Nerone vi teneva scuola di filosofia e Seneca in suoi scritti racconta che spesso, attraversando il Teatro napoletano, nella ora ottava (attuale mezzogiorno circa), vi si recava ad ascoltare quelle lezioni. 17 Antignano Il rione Antignano, è una delle zone più antiche del quartiere collinare del Vomero e si estende lungo la via Antignano, il largo Antignano, il vico Antignano, la via Nuova Antignano (oggi via Giuseppe Recco), nonché il tratto superiore di via Annella di Massimo, parte di piazza degli Artisti e via San Gennaro ad Antignano. Nasce al tempo dei Romani come un semplice nucleo abitativo rurale, sulla “via Puteolis Neapolim per colles”, strada che prima dello scavo della galleria di collegamento tra Fuorigrotta e Mergellina, la Grotta di Pozzuoli (Crypta neapolitana), costituiva l’unico collegamento via terra tra Pozzuoli, la zona flegrea, e la città. Intorno al II secolo d.C. la strada fu risistemata e chiamata via Antiniana (da cui il nome attribuito prima all’intera zona, poi all’attuale rione). La via Puteolis-Neapolim “per colles” si supponeva, partendo da Pozzuoli, che iniziasse dalla “Piscina Cardito” (zona attuale via Vecchia San Gennaro) e che proseguisse per l’attuale salita Solfatara, lungo il seguente percorso: via Vigne-Solfatara-Preventorio-Monte Dolce, in territorio appartenente a Pozzuoli, e ancora oggi ha il nome di via Antiniana per proseguire nel territorio di Napoli con la attuale via Scarfoglio, poi per Agnano-via Terracina-Santo Stefano-via Belvedere-Antignano-via Conte della Cerra-via Salvator Rosa-Salita Tarsia-Spirito Santo-piazza S. Domenico Maggiore. A proposito del tragitto a nord del Monte Spina, e che andava dal Preventorio fino alla località “Lo Scassone” ad 18 Agnano, conosciuta come l’attuale via Marconi, si sa che tale strada fu utilizzata fino al 1618, allorquando venne chiusa dalle autorità perché poco agibile e infestata da ladroni. Fu sostituita con una via Marittima, l’attuale via Napoli, dal viceré Parafano de Rivera, per proseguire attraverso la grotta di Pozzuoli. Ma da Agnano, la “via per colles” aveva altre varianti: oltre che per Terracina, la strada per Napoli poteva proseguire costeggiando a nord il lago di Agnano, risalendo a nord il Monte Sant'Angelo attraverso via Cavone degli Sbirri, pervenendo così a Soccavo e, di qui, proseguendo per via Pigna, l’Archetiello e via Vicinale del Lacco, giungere egualmente ad Antignano. La via Puteolis a Pozzuoli. 19