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PERIODICO DI INFORMAZIONE DEL COMUNE DI FLAIBANO
Anno IX Edizione speciale 2010
C O N L A C O L L A B O R A Z IO N E D E L L A R E G IO N E F R I U L I V E N E Z I A G I U L I A .
DIREZIONE CENTRALE ISTRUZIONE, CULTURA, SPORT E PACE – SERVIZIO IDENTITÀ LINGUISTICHE, CULTURALI E CORREGIONALI ALL’ESTERO.
DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Vidoni REDAZIONE: Natascia Beano, Moris Cruciatti, Alessandra Giandomenico, Irene Tomadini,
Evelina Zavagni - PROGETTO E STAMPA: Graphis - Fagagna/Ud
ggi che il Tempo Pieno viene messo seriamente in discussione
dall’attuale normativa, questa edizione di Fruçons appare quanto mai
appropriata. Essa sarà completamente dedicata alla nostra Scuola a
Tempo Pieno della quale si festeggia proprio quest’anno il 40° anniversario.
Sarebbe utile interrogarsi sul contributo che il modello organizzativo della
scuola a tempo pieno ha dato alla scuola italiana. Potremmo scrivere pagine su
come questo modello proponga un ambiente didattico ricco di sollecitazioni,
di situazioni sociali, di incontro di linguaggi e saperi e di graduale iniziazione
disciplinare alla conoscenza. Non vogliamo però perderci in dissertazioni
pedagogiche che non ci competono e quindi, senza schierarci a favore o contro
questo modello di scuola “in via d’estinzione”, vogliamo solamente ripercorrere
con voi 40 anni di storia della nostra scuola.
Abbiamo cercato date ed avvenimenti dagli archivi scolastici, ma non
riuscivamo ad ottenere il risultato sperato. La storia era ricostruita
fedelmente, avevamo tutto ciò che ci serviva ma
mancava qualcosa... Mancavano i
bambini! I loro pianti, le
loro risa, le
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PAG.
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LE
MAESTRE:
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SCUOLA NU
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MAMMA SCUOLA
PAG.
UN,
PAG.
4
DUE,
TRE... SCUOLA!
marachelle
e i loro piccoli drammi,
PAG. 5
mancavano le maestre e tutte le persone MI RITORNA
che la scuola l’hanno vissuta dall’interno, ne hanno
MENTE
6
fatto un lavoro ma soprattutto una passione. Abbiamo quindi preferito IN
PAG.
dar voce alle loro testimonianze. Insieme a queste persone abbiamo potuto
rivivere momenti che, forse, altrimenti, ci sarebbero sfuggiti, lasciandoci orfani
PAGELLE DALLA A...
di quelle emozioni che abbiamo provato ascoltandoli dalla voce dei diretti
protagonisti e, soprattutto, rivedendoli nei loro occhi. Queste persone
...AL 10
rappresentano l’anima autentica della scuola ed è grazie a loro che abbiamo
PAG. 9
ricostruito, a nostro modo, la storia dei 40 anni di tempo pieno: dalle prime
A
L
O
difficoltà vissute comunque con entusiasmo e grandi aspettative fino ai nostri
LA SCU
VERRÀ
giorni in cui possiamo dire con certezza ed orgoglio che la nostra scuola
CHE
10 DUE
rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro piccolo Comune.
PAG.
Ed è proprio per preservare questa realtà che l’Amministrazione Comunale si sta
CHIACCHERE
adoperando ed ancora di più si adopererà nei prossimi anni. Un primo grande
CON LA
passo sarà la costruzione della nuova scuola: una sede moderna e funzionale
MAESTRA
.
pensata per le esigenze della scuola di oggi ed in grado di assicurare anche
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per gli anni a venire la presenza di un ambiente idoneo...
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IDA
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Un secondo passo è rappresentato dallo sforzo profuso nella promozione di
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PAG. 12
incontri a livello regionale per pianificare un nuovo e più razionale modello di
-16
4
1
.
G
A
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scuola in cui le amministrazioni comunali, le famiglie e la stessa scuola
collaborino in modo organico e fattivo con il solo ultimo fine comune di
garantire ai nostri bambini un’istruzione di elevato valore qualitativo, magari
CHE STO
puntando anche a migliorare ciò che già fino ad oggi è stato fatto.
RIE
In questo 40° anno dalla pionieristica introduzione del Tempo Pieno, abbiamo
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quindi provato a offrirvi uno scorcio di quella che era allora e che è oggi la
nostra scuola. Quella che sarà domani dipenderà dall’impegno di tutti noi.
3
La parola
al sindaco...
la prima volta che Fruçons ospita
uno spazio “istituzionale”, ovvero
dedicato agli Amministratori
Pubblici di ogni grado. Infatti questo
importante organo informativo, qual è
Fruçons, è da sempre stato considerato
unanimemente la “voce” della comunità,
piuttosto che un mezzo di informazione
del “palazzo”. La Commissione Cultura
(già Commissione Biblioteca) ha sempre
garantito che queste pagine
fossero un
È
momento di scambio, di confronto, di
presentazione di iniziative e di
esperienze del nostro contesto locale ed
il fatto che oggi il Sindaco venga
invitato a dare un suo saluto sta a
sottolineare la straordinarietà del
momento storico che Fruçons vuole
celebrare.
Per questo ringrazio la redazione
del giornale che mi dà l’opportunità di
porgere un caloroso saluto ai lettori e
augurare loro di vivere questo 40°
anniversario della Scuola a tempo pieno
con la consapevolezza che esso è una
tappa fondamentale per la
crescita della nostra
comunità. I 40 anni della
Scuola a tempo pieno
sono il risultato di un
lavoro tenace, continuo,
certosino che ogni
insegnante ed ogni
famiglia della nostra
comunità ha svolto.
Impossibile citare
nomi e cognomi.
Sono tantissimi e noi
siamo qui con il
compito di far sì che
questa schiera
aumenti ancora.
Abbiamo il dovere di
guardare avanti e di
impegnarci tutti
affinché la nostra
Scuola resti il
riferimento
principale della
comunità.
Una specie di sole intorno al quale
ruotano i pianeti della vita sociale. Un
sole che ci riscalda, che segna il
passaggio delle stagioni, che ci rassicura
anche quando le nubi minacciano
pioggia. Leggete attentamente questo
giornale, conservatene una copia negli
archivi di famiglia, cercate la maniera,
anche la più semplice, per partecipare a
questo quarantesimo anniversario. Ci sarà
sempre qualcuno, un domani, che vi dirà
GRAZIE così come lo dico io a tutti voi
che avete amato, amate ed amerete
questa Scuola.
Il Sindaco
rag. Stefano Fabbro
Da sinistra a destra, il Sindaco Fabbro e
l’Assessore all’Istruzione Amo Picco
... e all’assessore
a scuola primaria a tempo pieno
“L. Bevilacqua“ di Flaibano,
costituisce un elemento di spicco
del sistema scolastico comunale che
negli anni si è sviluppato e ampliato.
Mantenere, ma possibilmente migliorare,
lo standard di insegnamento ed
educativo è l’impegno dell’
Amministrazione Comunale attuale e
delle precedenti, che nella scuola a
tempo pieno hanno sempre creduto e
profuso ogni tipo di sforzo sia in
termini di risorse umane che
economiche.
Al fine di rivitalizzare le peculiarità
fondanti di questa scuola, costituite da
un ventaglio di competenze, opportunità
di recupero, figure specifiche in
compresenza, dopo 40 anni dalla sua
nascita, l’amministrazione si è
impegnata nel farsi promotrice, a livello
regionale, di incontri con le
amministrazioni locali in cui operano
scuole similari per quantificare gli sforzi
sia economici sia umani che ogni
comunità riversa nella propria scuola.
Le finalità di tali incontri sono quelle di
creare una rete fra le scuole a tempo
pieno, al fine non solo di quantificare le
risorse che nella scuola giungono dalle
amministrazioni comunali, ma
soprattutto di non trovarsi impreparati
all’ampliamento dell’autonomia
L
2
scolastica e della possibile attuazione
del federalismo, temi, in particolare
quest’ultimo, che trovano sempre più
spazio nelle discussioni da parte degli
organi preposti.
Gli incontri iniziati già da qualche mese
con sette comuni referenti di zona
sparsi in tutta la Regione, sono stati
ufficializzati da un primo incontro
tenutosi con l’Assessore regionale
all’Istruzione Roberto Molinaro, che da
subito si è dimostrato disponibile a
sostenere tale iniziativa, al punto da
mettere a disposizione un funzionario
regionale per fornire ogni tipo di
informazione e chiarimento sulla strada
da percorrere.
Il lavoro, così come è stato avviato, è
stato preceduto durante l’anno
scolastico appena concluso, da una serie
di atti ufficiali - ordini del giorno votati dal Consiglio Comunale
all’unanimità, dove si ribadisce
l’importanza di mantenere la scuola a
tempo pieno con le peculiarità originarie
e, successivamente, da incontri con il
personale docente e con i genitori per il
loro coinvolgimento nel percorso che si
intende fare.
Gli incontri con le amministrazioni
comunali, con la Regione e con le altre
componenti della scuola contribuiranno
a preparare un momento di discussione
ed incontro durante il 40° della scuola a
tempo pieno, nel prossimo mese di
ottobre, con il fine di sottolineare le
motivazioni che hanno portato alla
creazione del tempo pieno e rilanciare
tale metodologia scolastico-educativa in
un contesto sociale in cui sempre più
famiglie la scelgono.
In parallelo agli incontri di carattere
istituzionale c’è il lavoro dei componenti
la commissione della Biblioteca, che già
da qualche mese si sono attivati per
l’organizzazione del 40° della scuola,
curando anche attività di contorno alla
manifestazione.
L’appuntamento sarà
di notevole
importanza per la
nostra
scuola,
che sorta come “centro scolastico
sperimentale” fu la prima realtà a tempo
pieno in Friuli Venezia Giulia.
Le attività, sinteticamente esposte,
rappresentano l’impegno che una piccola
amministrazione intende portare avanti,
con la collaborazione delle varie
componenti scolastiche, famiglie e
comunità locale, per sostenere la scuola
primaria a tempo pieno, realtà di
fondamentale importanza nella crescita e
formazione delle nuove generazioni e per
offrire nuove opportunità e stimoli tesi a
migliorare il percorso scolastico.
L’Assessore all’Istruzione
Amo Picco
C’ERAVAMO, CI SAREMO
Le maestre:
pioniere di una
scuola “nuova”
uando a settembre 1980, fresche
di Concorso, andammo a scegliere
la sede scolastica al
Provveditorato agli Studi di Udine, la
nostra preoccupazione erano le scuole
di montagna (Lusevera, Sauris, Paluzza,
Platischis, ...). Mai avremmo
immaginato di trovare cinque posti
liberi a Flaibano e di poterli scegliere!
Da lì incominciò la nostra storia in
questa scuola.
Ricordiamo ancora i primi pensieri
nell’andare in Direzione didattica dal
direttore Tonutti per la presa di servizio
o meglio la firma di accettazione
dell’incarico: “E’ un tempo pieno, chissà
cosa dovremo fare, chi troveremo…? Ma
fu amore a prima vista!
La maestra Ida e la maestra Santina, le
“veterane” del posto, ci accolsero con
la massima benevolenza e disponibilità!
Da subito ci siamo sentite parte di un
“gruppo”! Gruppo che condivideva un
progetto didattico, ma soprattutto la
proposta educativa.
Per consolidare questo risultato, la via
è stata il confronto didattico-culturale
costante, anche animato, ma sempre
costruttivo, che ci ha fatto crescere e,
a parere nostro, ha dato un’impronta
alla scuola che ancora oggi la
contraddistingue.
Ci siamo ritrovate in un contesto in cui
ciò che avevamo sentito, studiato e
letto nei vari corsi e nella preparazione
al Concorso Magistrale: la scuola di Don
Milani, la sua metodologia, il metodo
della ricerca, l’interdisciplinarità, la
scelta alternativa ai libri di testo, i
laboratori, lo studio e la riscoperta
delle radici storiche ed ambientali del
proprio territorio…era stato messo in
atto con la collaborazione delle famiglie
e dell’Amministrazione Comunale, che
sosteneva moltissimo la scuola.
Eravamo entusiaste e nel contempo ci
sentivamo pioniere di una scuola
“nuova” che poi effettivamente (come
scuola a tempo pieno) a livello
nazionale ha dato origine al grande
dibattito sulla riforma della scuola
elementare sfociata nei Nuovi
Programmi del 1985.
Gli alunni, che allora abbiamo
incontrato, erano molto coinvolti in
questo “modo di fare scuola”; nelle
Q
famiglie l’uso del televisore era
limitato, il computer non c’era, le gite
e le vacanze erano rare, alcuni alunni
contribuivano attivamente al lavoro
della famiglia, c’era chi prima di venire
a scuola andava a portare il latte in
latteria o chi, finita scuola, aiutava i
genitori nel lavoro dei campi.
La scuola era veramente “un’agenzia”
educativa in cui i bambini si
entusiasmavano per le tante
conoscenze e attività che
apprendevano: le ricerche, i laboratori,
le feste, le assemblee, le gite e le
uscite didattiche (Verona, Gardaland,
Pompei, Capodimonte, Venezia,
Ampezzo, Sutrio, il Bosco Romagno, il
Parco del Prescudin, la laguna di
Marano, il Bosco del Cansiglio, l’Isola
della Cona ecc.).
Sono trascorsi 30 anni da allora, la
società stessa è molto cambiata, le
famiglie sono cambiate, hanno
problematiche ed esigenze diverse, la
tecnologia ha invaso tutte le nostre
azioni quotidiane e naturalmente la
scuola si è adeguata.
Le nuove riforme l’hanno costretta a
seguire parametri più rigidi (legge
privacy, regolamentazione uscite, prove
Invalsi, curricoli, legge 626 sulla
sicurezza, ecc.) tante regole senz’altro
utili e necessarie, ma che hanno tolto
alla scuola quel pizzico di “scelta
emotiva” che comunque era sempre
associata al buon senso!
Gli alunni… anche loro sono cambiati,
non sono più i bambini che andavano a
portare il latte o che lavoravano nei
campi, ora hanno ogni tipo di
giocattoli, televisioni a volte anche in
camera da letto, il computer, vanno in
vacanza in macchina, in treno, in aereo
con la massima disinvoltura, conoscono
luoghi lontani che ricerchiamo con loro
sulla cartina geografica, frequentano
corsi di nuoto, di Karate, di ginnastica
artistica, di musica…
Sono ancora molto coinvolti
nell’esperienza scolastica e vengono a
scuola volentieri, sono curiosi e
motivati, ma quando arrivano hanno già
un bagaglio di conoscenze diverso da
quello dei bambini di 30 anni fa, anche
se hanno mantenuto il desiderio del
fantastico e la capacità di sognare.
Noi oggi, vivendo questa nuova realtà
sociale, abbiamo adattato la nostra
didattica ai cambiamenti, partiamo però
sempre dal mondo dei loro sogni,
seguiamo con lo stesso entusiasmo
quegli occhioni curiosi che si affacciano
alle porte della prima, li
accompagniamo per sviluppare
interessi, curiosità, capacità critiche ed
attitudini attraverso un lavoro che non
si esaurisce con l’apprendimento dei
contenuti delle varie discipline, ma
ritorna a quella condivisione del gruppo
docente sulla proposta educativa ancora
valida dopo 30 anni, che vuole
sviluppare la sensibilità, la lealtà, la
generosità, il rispetto verso il prossimo,
l’amore per la natura per formare
Individui in grado di conoscere e
trasmettere quei valori che da sempre
contribuiscono a rendere il mondo
migliore.
Ora tutto ciò è diventato più faticoso,
forse anche perché le nostre età
anagrafiche sono cambiate, ma
l’entusiasmo, il desiderio del nuovo, le
idee che ci hanno motivate fin
dall’inizio di questa avventura, sono
rimasti e nonostante tagli, riforme,
modifiche, cambiamenti, la nostra
scuola a tempo pieno rispecchia il
nostro ideale di scuola e non ci
sentiamo di affermare che essa ha fatto
il suo tempo, ma riteniamo che come
modello di cooperazione tra insegnanti
e opportunità formativa per i bambini
abbia ancora molto da offrire.
Luisa Venuti e Giuliana Morati
3
Ciao
mamma scuola
ranco era il mio compagno di
banco, un tipo chiuso, serio,
dotato in matematica ed
abbastanza generoso. Talvolta
concedeva infatti qualche timido e
sporadico suggerimento agli
sguardi persi di fronte al solito,
assurdo problema di matematica:
“Una vasca semisferica ha il
diametro di m 2,6. Quanto tempo
impiegherà a riempirsi se il
rubinetto versa litri 6,27 al
minuto?“.
Stavamo scomodi in quei banchi
formati da un unico corpo a due
posti. La panca aveva una
distanza fissa dal ripiano di lavoro
ed io, di statura non alta, dovevo
sedermi in punta per scrivere o,
cosa ancor più difficile, arrivare al
foro tondo in cui la maestra ci
inseriva il vasetto per l’inchiostro.
Già, l’inchiostro. Che cosa magica
l’inchiostro, con quelle sfumature
blu di Prussia, che davano corpo
alle parole apprese o a quelle che
erano imprigionate nei nostri
cuori. I bordi delle unghie ed i
polpastrelli bluastri tradivano
l’affondare delle dita dentro il
calamaio, a volte involontario, ma
altre volte del tutto intenzionale.
Le labbra, spesso screpolate dal
freddo, trattenevano i residui
d’inchiostro e del legno del
portapennino infliggendo un
aspetto indemoniato agli ignari
autori di quel continuo
sbocconcellare. Qualcuno lo
succhiava l’inchiostro, tanta era
l’attrazione, e aveva giurato che
aveva il gusto di ribes. Nessuno di
noi conosceva i ribes, ma doveva
essere sembrato un frutto esotico
e le cose esotiche, si sa, sono
sempre molto strane. Proprio come
il gusto dell’inchiostro.
Tuttavia la magia non si esauriva
nel suo colore. Era un’impresa
domare quel liquido dentro le
righe del quaderno. A volte
scorreva in discesa sulla pagina
come un torrente impetuoso, a
F
4
volte ingrossava le parole fino a
farle diventare mostri inquietanti,
prefigurando così scenari oscuri
per noi, scolari timorosi,
obbedienti e riverenti, senza
possibilità d’appello, né a scuola
né a casa. C’era infatti una sordida
e inconfessata complicità fra la
scuola e la famiglia, vuoi perché
l’insegnante era considerato una
specie d’autorità indiscutibile,
vuoi perché in qualche famiglia si
preferiva delegare alla scuola la
trasmissione dei principi
educativi.
Ad ogni modo i maestri avevano
sempre ragione. Nel mio caso poi,
in qualità di figlia di una maestra
della stessa scuola, c’erano ancora
meno indulgenze . Non si poteva e
non si doveva dare adito a
sospetti su eventuali favoritismi
che la mia condizione avrebbe
potuto generare. Così, tra
condotte inflessibili e sguardi
severi, ho mosso i miei primi passi
nel mondo del sapere.
L’altro colore della mia memoria
scolastica è il grigio.
Grigio era il colore delle pareti
delle aule e dei “servizi” (così
veniva chiamato pudicamente il
luogo per espletare i propri
bisogni fisiologici, che poi non ho
mai capito perché si usava il
plurale, visto che, quando si
andava lì, si occupava un posto
alla volta), stanzoni altissimi di
cui io non vedevo mai la fine e
dove l’enorme spazio, lusso
impensabile ai nostri giorni, era
pieno, pur essendo completamente
vuoto, era eloquente, nonostante
il suo grigiore, perché esprimeva il
senso del rigore che,
effettivamente, l’apprendimento e
la conoscenza portano con sé.
Ma erano grigie anche la seconda
e la penultima pagina dei
quaderni, quelle in cui si scriveva
il proprio nome e in cui si trovava
la mitica tavola pitagorica.
Qualcuno le considerava delle non
pagine, perciò, nella convinzione
che passassero inosservate
all’occhio vigile della maestra, le
usava come zona franca, per
provare il pennino o la punta della
matita, che così volteggiava libera
sul foglio lasciando tracce
altrimenti dette “riprovevoli
scarabocchi”.
Grigio chiaro era il registrogiornale della maestra, dove
quotidianamente lei segnava il
nome degli alunni assenti ed
annotava gli argomenti delle sue
lezioni.
Un giorno era venuto in visita il
Direttore (all’epoca si chiamava
“Didattico” perché il suo compito
era proprio quello di occuparsi di
controllare l’efficacia dei metodi
di insegnamento-apprendimento),
un buffo ometto, basso e con la
testa tonda e quasi
completamente calva, dalla pelle
così rilucente che veniva voglia di
passarci la mano per sentire
quanto era liscia o se scottava.
Come spesso accadeva in queste
visite formali, il Direttore decise
di interrogare qualcuno e, nel
travagliato ma ossequioso silenzio
generale, scelse un alunno a caso.
Con la consueta attrazione verso
la sventura posseduta da chi non
vuole essere esaminato, cercai di
guardare disinvoltamente in faccia
il mio presunto aguzzino ma,
invano: alla fine la vittima
prescelta fui proprio io. Dietro
l’autorevolezza del ruolo che
ricopriva, il Direttore celava però
una grande umanità e una forte
capacità di empatia nei confronti
dei bambini. Così, dopo aver preso
il famoso registro grigio della
maestra e consultato l’elenco degli
argomenti trattati quel giorno, mi
chiese di che cosa volevo parlare.
Quella mattina, la maestra aveva
ascoltato alcuni di noi nella recita
della poesia di Giovanni Pascoli “X
agosto”, assegnata come compito
per casa. Fin da piccola ho amato
la poesia e quel linguaggio, per
me sublime, che sa esprimere
pensieri e sentimenti umani e sa
raccontare la bellezza del creato.
Quei versi, che descrivevano il
dolore del poeta per la perdita del
padre, mi avevano colpito, quasi
che quelle parole avessero toccato
il mio cuore nel profondo, facendo
sentire anche a me quel dolore.
C’ERAVAMO, CI SAREMO
Scelsi di recitare quella poesia e
lo feci con un trasporto tale da
suscitare stupore e meraviglia nel
Direttore ed una malcelata
soddisfazione nella maestra che,
in questo modo, poteva brillare di
luce riflessa. L’interrogazione si
fermò lì, il grigio registro-giornale
dell’insegnante Maria Luisa
Papinutti in Nigris venne
depositato sulla cattedra e tutti
gli altri alunni furono salvi.
A completare il quadro già fosco
del grigiore dell’edificio c’era il
nero della lavagna e dei grembiuli,
sempre troppo “qualcosa”: troppo
stretti o troppo larghi, a seconda
che fossero quelli comperati dalla
prima ed usati fino in quinta, con
quei numeri romani della classe di
appartenenza cuciti sul braccio
cercando di nascondere l’impronta
precedente, oppure quelli ereditati
da fratelli o parenti più grandi che
si cercava di stringere con strisce
di stoffa non proprio adatte allo
scopo.
Nonostante la cupezza di quegli
ambienti, credo però che la scuola
abbia rappresentato per noi scolari
di quel tempo un luogo
rassicurante, come una mamma,
che forniva la possibilità di
crescere culturalmente e che
forniva ad alcuni l’occasione per
riscattarsi socialmente.
Durante la mia permanenza alle
elementari non ho avuto
l’opportunità di vivere la
trasformazione della scuola a
tempo antimeridiano in scuola a
tempo pieno. Solo molto più tardi
ho avuto modo di sperimentarla,
non più come alunna, ma come
insegnante supplente. Il confronto
con la mia esperienza di scolaretta
è stato quasi traumatico: tutto il
grigiore degli ambienti aveva
lasciato spazio al colore, delle
aule, degli arredi, dei cartelloni
che ora abbellivano le pareti e
davano testimonianza di nuovo
modo di lavorare, dove l’alunno
era diventato protagonista del
proprio apprendimento, partecipe
e consapevole del cammino da
percorrere. Le relazioni fra
insegnanti ed alunni erano
improntate ancora al rispetto, ma
era cresciuta una maggior fiducia
nelle capacità del singolo, che
poteva così trovare la sua strada
anche grazie all’aumento del
tempo scuola e delle proposte
didattiche. Non più la scuola
“mamma”, che indottrina e
protegge, ma la scuola
“laboratorio” che attiva e mette in
gioco le risorse di ognuno in un
clima più sereno e gioioso.
Carla Picco
Un, due, tre… scuola!
el 1970 la comunità di
Flaibano, prima in tutta la
Regione assieme a quella di
Budoia e subito seguita da quella di
Terzo d’Aquileia, in anticipo sulla
Legge 820/71 che istituiva
ufficialmente il tempo pieno nella
scuola elementare, optava con
spirito pionieristico per un nuovo
modo di “fare scuola”, lanciando di
fatto una sfida a se stessa.
Due anni prima veniva inaugurata la
nuova sede scolastica di via
Indipendenza che dal ‘70, con
l’avvento del TP prese ad accogliere
anche gli alunni della vicina
frazione di Sant’Odorico dove la
vecchia scuola “Tomadini” cessò
N
definitivamente di svolgere la sua
benemerita funzione.
Ma come si sta evolvendo la nostra
scuola? In quale direzione? Una
prima risposta la si può trarre da un
semplice sguardo alle statistiche
che riguardano la provenienza degli
alunni: il trend è piuttosto chiaro e
se da un lato evidenzia il crescente
numero di alunni (costantemente in
aumento dagli anni ’90), dall’altro
porta in risalto come il rapporto tra
residenti e non residenti si sia
oramai rovesciato rispetto agli anni
‘70/’80. Nel merito di questa
importante osservazione – che pone
in luce come la qualità dell’offerta
scolastico-formativa del tempo
pieno e della
nostra scuola in
modo particolare
goda di un
sempre maggior
apprezzamento –
è interessante
osservare come
negli anni il
bacino di utenza
si sia mano a
mano ampliato,
interessando,
seppur ancora marginalmente,
comuni anche non propriamente
prossimi al nostro quali Codroipo,
Majano, Fagagna e Udine. Una
evoluzione che rispecchia, in un
certo qual modo, l’affermarsi di
nuove istanze da parte delle
famiglie in termini di qualità dei
servizi e, più in generale, in termini
di qualità della vita, dando una
volta di più conferma di come la
scuola a tempo pieno di Flaibano
rappresenti un punto di eccellenza
ed un valore aggiunto per la nostra
comunità.
5
Mi ritorna in mente...
li alberi,
le radici deg
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te
...l’odore della
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la paura della
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del cancello,
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tro della scuo
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struite sugl’a
le casette co
ipone,
Margherita C
1994-1999
...ciò che rico
rdo con
maggior nos
talgia è l’ora
di
ricreazione.
Non perchè
le
lezioni fosse
ro noiose, m
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el momento
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tanto atteso
dagli alunni
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adesso, la n
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riuscivamo ad
inventare un
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o.
Cruciatti Chi
ara,
alunna 1998
-2003
...il mio pensierino va a quando, in quinta
elementare, divoravamo a tempo di
record il pranzo per poi fare a gara con
gli amici, correndo verso il cortile, a chi
passava più vicino alla maestra della
terza classe:
la (per noi, allora) bellissima
meastra Sofia.
Pecile Omar,
alunno 1982-1987
6
...un pensiero all’indecisione delle
maestre nel farci indossare o meno il
grembiulino. Il risultato fu che tutti
dovevamo avere la tuta da ginnastica,
con la particolarità che tutte erano
uguali e tutte blu, visto che le nostre
mamme andavano a comperarcela, non al
CittàFiera ma bensì da “Minute”
(alimentari, frutta, verdura, casalinghi e
abbigliamento, tutto in dieci metri
quadrati) con, naturalmente, un’unica
scelta obbligata!
Chissà... forse per me
un segno premonitore,
visto che ora faccio
il metalmeccanico.
Michelutti Giacomino,
alunno 1976-1978
...mi ricordo che quando ero n prima
elementare ci siamo vestiti in maschera: chi
da ungherese, chi da spagnolo, chi da
messicano, chi da indiano, ...
E’ stato molto divertente perchè anche
noi bambini abbiamo contribuito alla
realizzazione delle maschere, e durante il
Carnevale abbiamo sfilato per le vie del
paese. In seconda, poi, abbiamo cominciato
a scrivere ai nostri “amici di penna” di
Terzo d’Aquileia che avremmo poi
conosciuto l’anno successivo. Della quinta,
in fine, ricordo il mercatino - con tanto
di bancarelle - che avevamo organizzato
per “vendere” i nostri lavoretti di cucito,
uncinetto e traforo: fu un vero e proprio
successo e, nonostante un brutto
acquazzone, finimmo addirittura su
TeleFriuli.
Marzia Picco,
alunna 1977-1982
C’ERAVAMO, CI SAREMO
...a quei tempi facevo parte
dell’ amministrazione comunale
ed il fatto di essere di San Odorico
mi permetteva di poter ascoltare da
vicino gli umori della gente
all’ idea di chiudere definitivamente la
scuola nel nostro piccolo paese a
era il
...eravamo in quinta,
Doris e
1975, e le maestre
avano in
Colombritta ci port
arci a
corridoio per insegn
ballare...
Cinzia Gentilin
alunna 1971-1977
favore di una a tempo pieno e per di
più “in quel“ di Flaibano. Ricordo una
normale preoccupazione iniziale che
...ricordo che quando, nel 1970, la scuola
accompagna qualsiasi cambiamento ma
“Antonio Tomadini” di Sant’Odorico venne
non ci sono stati problemi nell’
chiusa io dovevo cominciare la terza
accettare il tempo pieno e nel
elementare. Per me, allora bimba di otto
portare quindi tutti i bambini a
anni, fu un autentico dramma. Avrei dovuto
Flaibano, anzi, la popolazione di San
cominciare ad andare a scuola a Flaibano,
Odorico in quel momento storico ha
in una scuola tutta nuova e la novità del
dimostrato una buona apertura mentale
tempo pieno. Non avrei più rivisto la vecchia
nei confronti di questa novità.
Sicuramente l’ amministrazione comunale
di quegli anni ha avuto il merito di
saper spiegare bene alle famiglie quali
vantaggi si potevano trarre da una
scuola a tempo pieno, ad iniziare dalla
volontà di unire i 2 paesi in un’ unica
comunità partendo proprio dai ragazzi
che, andando in un’ unica scuola,
avrebbero avuto la possibilità di
frequentarsi quotidianamente e
stufa a legna che a Sant’Odorico noi
bambini avevamo il compito di mantenere
accesa; non sarei più potuta andare a
scuola a piedi; avrei avuto due maestri e
molti più compagni di classe, ed a
mezzogiorno non avrei più pranzato a casa.
E’ stata dura. E se solo ripenso a quel
periodo, mi prende la nostalgia per quella
nostra vecchia scuola con la sua stufa a
legna. Eppure, oggi, da mamma di quattro
crescere assieme.
figli e che lavora, devo riconoscere la
Ricordo però che il maestro Fantin,
grande disponibilità che offre questa
insegnante di allora a San Odorico,
scuola a tempo pieno. Inoltre i miei figli
soffrì molto per questo diverso modo
non hanno avuto le mie stesse difficoltà
di concepire la scuola, e non riuscì ad
perchè hanno iniziato a frequentare
abituarsi al diverso metodo di lavoro
Flaibano fin dagli anni dell’asilo, conoscendo
che il tempo pieno richiedeva. Preferì
bambini di altri paesi.
quindi chiedere il trasferimento alla
vicina scuola di Carpacco che era a
modello tradizionale con orario
antimeridiano.
Lieto Tomadini,
Giandomenico Marilena,
alunna 1970-1973,
mamma
amministratore ‘70
7
Quando il funerale era una festa.
Leggendo il titolo di questo articoletto potreste immaginare scenari ameni. Forse una storia
ambientata in Grecia, dove veramente i funerali si concludono con un banchetto, o in un covo
di gangster newyorkesi che festeggiano dopo aver appena fatto fuori uno “sbirro”.
Nulla di tutto ciò. Solo un semplice racconto di vita vissuta a Flaibano, ai tempi della “mia”
scuola elementare a tempo pieno.
Succedeva (e succede ancora) che nel nostro piccolo paese una persona passasse a miglior vita.
Le campane suonavano (e suonano ancora) con quel inconfondibile rintocco fatto di accelerazioni ed
improvvisi rallentamenti; metafora della vita che inizia timida, si rinvigorisce, cresce per poi
lentamente lasciare lo spazio al silenzio, che sembra proprio eterno.
A quel punto la “prassi” prevedeva (e prevede ancora) l’organizzazione del funerale affinché il caro
estinto potesse essere dignitosamente accompagnato al Camposanto. Questo semplicissimo e consolidato
iter si consumava da secoli con tutte le figure saldamente fissate dal copione. I parenti, gli amici,
la chiesa listata a lutto, il parroco ed i chierichetti. Tutto come da tradizione, tutto sempre
uguale…. fino al 1970. Cosa successe nel 1970 nella nostra comunità? Ve lo dico io.
Nacque la SCUOLA A TEMPO PIENO….. A T – E – M – P - O
P - I- E- N - O….capite?
Un dramma !!!
Perché? Direte voi. Ma è facile capirlo. Se i bambini erano tutti a scuola, come trovare i
chierichetti?
Fortunatamente l’uomo è l’animale che meglio si sa adattare alle situazioni ambientali e, ancora più
fortunatamente, tra gli uomini c’è sempre qualcuno che eccelle per spirito di adattamento e genio
dell’imprevisto. Uno di questi era senza dubbio don Antonio Marioni, il parroco di Flaibano. Lui non
ci pensò molto e con il riconosciuto suo carisma, alla prima necessità funebre, si presentò a
scuola, proprio appena stavamo rientrando dal pranzo, che, allora, si consumava alla Trattoria “al
Fogolar” (di fronte alla latteria).
Don Marioni sapeva che subito dopo il rancio ci saremmo sfogati in quella che tutti chiamavamo la
ricreazione lunga. Uno spazio “enorme”, dove, con una pallina da tennis, riuscivamo a giocare a
calcio delle partite che finivano 18 a 7 o 24 a 19. Quel giorno ci chiedemmo che cosa mai il
parroco facesse lì a quell’ora. Solitamente ci raggiungeva al mattino, quando veniva a farci
catechismo. Famosa era la sua frase quando, mettendo la sedia in mezzo all’atrio, diceva “Vengano a
me i Discepoli“. Tutti correvamo come fulmini e ci sedevamo in terra intorno a lui che, con la sua
suadente e severa voce, ci portava a spasso per il Vangelo senza che noi osassimo fiatare. Quel
giorno capimmo che non si trattava di normale prassi. Insieme a lui, sulla scalinata della scuola
c’erano il maestro Ermete Sbrizzi e la maestra Ida Bizzaro (due dei maestri storici della Scuola a
tempo pieno). Il conciliabolo dei tre durò tutto il tempo della “ricreazione lunga”, fino a quando
il suono della campanella interruppe le urla, le corse, i pianti, che ribollivano in quel polveroso
cortile. Diligentemente, classe per classe, in fila per due, in ordine crescente dalla prima alla
quinta, ci disponevamo per entrare in aula. In quel momento ecco che don Marioni ed il maestro
Ermete presero la parola «Tu, tu, tu, e tu» disse il maestro. «Mi coventin ancjemò doi» disse Don
Marioni «Ce môt ancjemò doi» sbottò il maestro «E cui puartie la cros? Cui fasie di fouc?» Ribattè
don Marioni. Dopo un breve scambio di battute il maestro indicò altri due: «Tu e tu….. dai».
Si compose così il primo plotone di sei alunni con “licenza funebre”. Due di 5^ due di 4^ e due di
3^. I prescelti (tra i quali stranamente il sottoscritto) seguirono il parroco che li accompagnò in
chiesa camminando con ritmo forsennato. «Dai, movisi. Al è di meti dentri il catafalc, di meti il
tapêt, di pià i cjandeleirs… movisi». Don Marioni mise immediatamente al lavoro il manipolo di
“scolari in permesso funebre” che non credevano alle loro orecchie ed ai loro occhi.
In poco più di mezz’ora tutto era pronto ed il “plotone funebre” era perfettamente preparato. Uno di
“ampoles”, uno di “fazzolet”, due di “ferâr”, uno di “fuc” e un “muni” (sì, perché non avevamo il
sacrestano) che poi avrebbe portato la croce alla testa del corteo.
Il tempo del funerale passò come una scheggia ed una volta ritornati dal cimitero a gambe levate
ecco che ci ritrovammo con il pallone tra i piedi a giocare dietro la chiesa.
E la Scuola? Accipicchia è vero… la Scuola.
Nessun problema. Avevamo il permesso “canonico”. Eravamo protetti dall’immunità totale. Nessuno,
neanche i genitori, avrebbero osato dire “bao”.
Ben presto questo spazio di libertà divenne ambito tant’è che il maestro Ermete e don Marioni
dovettero fare in modo che ci fosse una dovuta “rotazione del personale” onde evitare possibili
“zuffe da funerale”.
Ma vi immaginate….saltare scuola per andare al funerale. Troppo figo!!!
A dire il vero non tutti erano così contenti di sgattaiolare. La nostra Scuola era divertente e
coinvolgente al punto tale che qualcuno ci andava anche di sabato, quando era chiusa. Si saltava il
cancello e si giocava a calcio in cortile. C’erano da finire le partite iniziate nella settimana…
mica scherzi.
E così siamo cresciuti… siamo cambiati. Fortunatamente la nostra amata scuola è ancora lì ed
accoglie i nostri figli con lo stesso affetto con cui ha accolto noi. Ma mi viene da fare una
proposta. E se inserissimo nel P.O.F. un bel…funerale ogni tanto?
(Scritto pensando a tutte quelle persone che con ingenua cocciutaggine hanno voluto e aiutato a
crescere la Scuola a tempo pieno facendola amare da tutta la comunità)
Chierichetto ’70
8
C’ERAVAMO, CI SAREMO
Pagelle...
....dalla
A al 10
La vignetta... Gaia
9
La scuola
che verrà
SCUOLA DI PUZZLE
CHIAVE (5-5): la peculiarità della
scuola di Flaibano.
T
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AMICI
GONNA
NOIA
GREMBIULE
NOVE
BENE
PANINI
BIMBO
ITALIANO
BIRO
LETTERE
RICREAZIONE
MAGHI
SEDIE
GESSO
TAVOLE
GIOCHI
MENSA
ANNO
IDEA
PENNE
ETA'
MATITA
TEMI
Cancellare nello schema tutti i nomi elencati,
scritti in orizzontale, verticale e anche da
destra a sinistra o dal basso verso l’alto.
Le lettere restanti danno la soluzione.
10
C’ERAVAMO, CI SAREMO
11
Due chiacchiere
con la
maestra Ida
er ripercorrere i 40 anni della
Scuola Primaria a tempo pieno
“Luigi Bevilacqua” di Flaibano una
tappa era fondamentale. Tutti concordi
nel dire che senza la testimonianza
della “maestra Ida” non potevamo
proprio partire per questo affascinante
percorso attraverso i banchi della
nostra scuola. Ecco, quindi, che viene il
giorno in cui decidiamo di andare a fare
visita a chi questo percorso lo ha fatto
tutto d’un fiato, con l’entusiasmo e la
passione, con la competenza e l’umiltà
di chi sa di doversi mettere in gioco
giorno dopo giorno.
Entriamo nella casa della “Maestra”
dove lei ci attende e ci accoglie con il
suo sorriso e l’inconfondibile voce
cristallina.
Dopo esserci accomodate cominciamo la
nostra intervista cercando di partire da
prima del 1970, quando il tempo pieno
non era neppure nell’anticamera dei
cervelli di insegnanti, amministratori
locali e cittadini. La maestra Ida ci
racconta di lei, della sua formazione
fatta a Udine sostenuta con tanti
sacrifici dai suoi genitori. La carriera
professionale comincia così a S. Odorico
per poi continuare a Sauris e
ridiscendere nelle vicine scuole
elementari di Grions e Sedegliano. Alla
fine di questa che potremmo definire
“gavetta”, arriva a Flaibano per
rimanerci fino alla giornata del
pensionamento, nel 1986.
Parlando a ruota libera su come era la
scuola di quel primo dopo guerra non
possiamo non toccare il tema della
disciplina, del rispetto delle regole che
oggi sembrano così tanto assenti tra i
banchi di scuola. La maestra Ida ci dice
di come, nonostante la durezza, le
punizioni non fossero mai pesanti e
gratuite. Bastava alzare la voce,
mandare il monello fuori dalla porta e
la maggior parte dei casi si risolveva
senza strascichi, nel completo rispetto
dei ruoli. Da una parte l’insegnante,
dall’altra i genitori; al centro sempre e
comunque il bambino. La maestra ci
racconta di come le famiglie entravano
P
12
nel percorso educativo della scuola in
modo non paragonabile a quello
attuale; ovvero con qualche difficoltà
nell’ aprirsi al rapporto, ma con una
chiara definizione dei ruoli che aiutava
gli insegnanti nel loro doppio compito
di maestri ed educatori.
A questo punto ci viene spontaneo
chiedere come fossero composte le
classi che in quell’inizio carriera
venivano affidate agli insegnanti.
La maestra Ida ci dice che il numero e
la composizione delle classi è
rapidamente cambiato. Impressiona il
suo racconto quando racconta di una
esperienza “terribile” da supplente in
una classe di 55 bambini: «Più che
bambini era un gruppo eterogeneo dal
quale emergevano anche dei ragazzi
grandi quanto me». Era il risultato dei
tanti ripetenti che si accumulavano
negli anni e che si trovavano molto
frequentemente nella scuola del dopo
guerra.
«Le cose cambiarono rapidamente negli
anni Sessanta quando, nonostante il
boom economico, le curve demografiche
dei nostri paesi cominciarono
sensibilmente a flettere e le classi a
ridimensionarsi.
Nel caso più specifico della Scuola a
tempo pieno di Flaibano il numero di
bambini per classe aumentò
notevolmente già dal suo inizio, poiché
ci fu l’arrivo del bambini di
Sant’Odorico e di qualche altro
proveniente da paesi vicini
(Cisterna, Dignano etc… )».
Prendiamo fiato. La maestra ci offre un
buon caffé che ci aiuta per azzerare
quell’impercettibile imbarazzo che
sempre c’è quando si risponde a una
intervista. La maestra ha tantissime
cose da dire, ma ci tiene a esporle con
chiarezza e dando il giusto peso a
quegli argomenti a sua detta più
importanti. E come non parlare, allora,
del rapporto con le famiglie dei suoi
bambini, della situazione sociale che ha
potuto analizzare in così tanti anni di
attività. Le famiglie, dice la maestra, si
affidavano spesso agli insegnanti non
solo per il periodo di passaggio dalla
scuola elementare, ma anche nel
percorso scolastico successivo. «È così
che molte mamme e molti papà mi
chiedevano consigli sia sugli indirizzi
da dare ai figli che per eventuali
ripetizioni. Spesso succedeva che oltre
a parlare di scuola si parlasse di altro e
così emergevano problemi di ogni tipo.
C’erano famiglie in difficoltà, ma che
credevano nella scuola, altre che
ritenevano tempo poco produttivo
quello passato sui libri e sottratto al
lavoro in famiglia, spesso nei campi o
nelle tante stalle che allora c’erano». La
maestra ricorda bene alcune “battaglie”
con dei genitori che videro la Scuola a
tempo pieno come il fumo negli occhi,
salvo, poi, ritornare sui loro passi una
volta compresa la valenza di questo
nuovo metodo formativo.
Ecco che torniamo immediatamente a
bomba. La Scuola a tempo pieno. La
maestra Ida si riassetta sulla sedia e da
una posizione più rilassata inizia a
raccontarci qualcosa di più dettagliato
C’ERAVAMO, CI SAREMO
rispetto alle origini. «Fu l’allora
direttore Tonutti, persona alla quale noi
tutti insegnanti dobbiamo un ricordo
affettuoso e di gratitudine, che ci portò
in Trentino a vedere il nuovo modo di
fare scuola. Lì entrammo
immediatamente nel nostro ruolo di
insegnanti della sperimentazione. Una
fase molto motivante, ma altrettanto
faticosa. Si trattava di stravolgere
completamente un sistema. Infatti il
tempo pieno prevedeva una
suddivisione tra insegnamento delle
materie curricolari e attività
integrative. Il tutto doveva essere
perfettamente garantito in presenza di
insegnanti che dovettero anche iniziare
percorsi di formazione professionale
molto impegnativi. Ricordo - dice la
maestra - che ci fu fatto seguire un
corso manuale per la tecnica dello
sbalzo sul rame…. Cose mai viste».
Siamo all’ultima sollecitazione prima dei
saluti. Chiediamo alla maestra Ida,
senza alcun indugio, se guardandosi
indietro si sentisse soddisfatta di ciò
che ha dato e ricevuto dalla sua scuola.
Il volto della maestra si fa tenero, le
mani si chiudono unite, la voce cambia
tono divenendo più bassa. «Ho lavorato
sempre con tantissima passione
ottenendo grandi soddisfazioni. La
scuola mi ha assorbita quasi totalmente
e per questo negli ultimi anni ho
sentito un certo affaticamento. Oggi
sono serena nel pensare a cosa ho fatto
insieme a tanti altri straordinari
colleghi con i quali ho condiviso ansie,
incertezze, soddisfazioni, ma la cosa
che più porto dentro sono, uno per
uno, tutti i miei bambini, oggi uomini
e donne che ancora mi salutano con un
“buondì maestra…». Nessuna moneta
può pagare tanto.
EZIO PICCO (Sindic)…
CUORE PULSANTE A TEMPO PIENO
itrovarsi, oggi, a festeggiare i 40
anni della nascita della Scuola a
tempo pieno è emozionante per
tutti noi che sappiamo cosa questa
istituzione scolastica ha rappresentato
nelle nostre vite.
Ebbene la matrice di queste emozioni
sta in quelle persone che 42 anni fa,
circa, si ritrovarono a prendere una
decisione che avrebbe da lì in poi
radicalmente cambiato lo sviluppo delle
nostre comunità. Non erano eroi, non
erano scienziati, non erano esperti.
Erano persone abituate a guardarsi
intorno con smisurata curiosità, con la
sete di crescere, di progredire che dava
loro un’energia positiva, carismatica.
Di queste persone oggi, da queste
pagine, riteniamo quanto mai
opportuno raggiungerne una che è qui
con noi e che da sola potrebbe scrivere
un intero libro sia sulla Scuola a tempo
Pieno che sull’intero impianto sociale
ed amministrativo del nostro Comune:
l’ex Sindaco Ezio Picco.
Fu lui che riuscì a coinvolgere i suoi
collaboratori più vicini, a condividere
con l’allora Direttore Didattico Tonutti il
percorso che avrebbe di fatto cambiato
volto alle comunità di Sant’Odorico e di
Flaibano. Chi oggi ricorda quei tempi
dice di un uomo che aveva prima di
tutti capito l’importanza di avviare un
processo educativo nuovo, capace di
aprire la scuola all’esterno per far
entrare ciò che fino ad allora nella
R
scuola non poteva entrare.
E’ nel ricordo di molti, che con lui
hanno percorso questo processo di
mutazione, la grande energia che egli
seppe trasmettere a tutte le persone
che a vario titolo avrebbero poi
costituito il “nocciolo duro” della nuova
creatura. Pensare che tutto sia stato
facile non è corretto. Tante furono le
difficoltà non solo burocratiche ed
organizzative ma anche di carattere
culturale. C’era veramente bisogno di
una specie di condottiero, capace di
sopportare il carico delle responsabilità
e di tranquillizzare tutti su quei
risultati che, è bene saperlo, non erano
del tutto scontati.
“Centro Sperimentale Scolastico
Flaibano”. Così si chiamava.
Sperimentale voleva dire mettersi in
gioco a 360°, non guardarsi più
indietro ma puntare dritti alla meta
attenti nel non lasciare nessuno
indietro. Ezio Picco ha avuto
l’intuizione del “fuoriclasse” così come
gli succedeva quando giovane e
spensierato inforcava la bicicletta per
andare a giocare a calcio a Cordovado
dove lo attendeva la maglia n° 10,
quella del regista. Quella volta fu una
paurosa pleurite a sbarrargli la strada
da calciatore di probabile carriera ma
dopo nulla lo fermò. Le difficoltà
vennero una per volta superate e non
mancarono momenti di tensione. Lui,
però credette nella Scuola a tempo
pieno e nella sua capacità di costruire
cittadini migliori, capaci di farsi
coinvolgere e vogliosi di partecipare
allo sviluppo della loro comunità e se
oggi siamo qui significa che la sua fede
al progetto lo ha ripagato.
Ezio Picco, il Sindic, oggi più che mai è
il protagonista di questa splendida
pagina di storia. A lui, a chi lo ha
sostenuto nella sua caparbia
convinzione va una riconoscenza a
TEMPO PIENO.
La redazione di Fruçons.
Ezio Picco (Sindic)
13
Ermes & Ilde
cuolabus? ...pulmino? ...o
corrierino? Con qualunque nome
lo abbiate conosciuto certamente
vi tornerà alla mente, non senza un
pizzico di nostalgica emozione, quel
suo giallo fiammante con cui ha
accompagnato i giorni di scuola della
vostra infanzia e della vostra
adolescenza.
Per noi, poi, nati nello scorso secolo,
non è possibile pensare allo scuolabus
senza pensare a chi ne è stato primo
ed indimenticato autista: Ermes Picco,
il “guardiàn”.
Per questo numero speciale che, nella
ricorrenza dei 40 anni
dall’introduzione del tempo pieno,
vuole celebrare la nostra scuola
elementare, noi di Fruçons siamo
andati a trovarlo; per farci raccontare
qualcosa di lui, del “suo” pulmino e di
quella scuola che ogni giorno, per
tanti anni, lo ha atteso al proprio
ingresso col suo chiassoso carico di
futuro.
Lo abbiamo incontrato a casa sua, in
via Garibaldi, dove ci ha accolto con
la sobria cortesia che ancora
ricordavamo dagli ormai lontani tempi
dei nostri trascorsi tra i banchi di
scuola.
Quando cominciamo la nostra
chiacchierata, quasi ci sorprendiamo
nello scoprire l’emozione con cui
Ermes ricorda quegli anni; ed in fondo
la sua commozione è anche un po’ la
nostra che, attraverso il suo racconto,
riportiamo alla mente uno tra i periodi
S
14
più sereni e spensierati della nostra
vita.
Così, tra un po’ di imbarazzo, qualche
bonaria battuta ed una punta di
malinconia, Ermes ci racconta di come
la sua carriera di pubblico servizio
abbia avuto inizio sul finire degli anni
sessanta, con la qualifica di guardia
cantoniera. E’ infatti solo alcuni anni
più tardi, nel 1970, che si presenta la
necessità di dover garantire un
servizio di trasporto scolastico ai
bambini di Sant’Odorico. Viene quindi
acquistato il primo scuolabus ed
Ermes riceve l’incarico di autista;
incarico che non abbandonerà fino al
momento della pensione, nel 1993,
dopo ben ventuno anni di onorata
carriera.
Dal tono con cui ne parla e dalle sue
stesse parole, ci appare evidente che
quello di autista dello scuolabus era
un lavoro a cui teneva molto: da un
lato gli consentiva di stare in mezzo
ai bambini, dall’altro gli ha dato
l’opportunità di visitare, nel corso
delle gite scolastiche, tanti luoghi del
Friuli di cui ancora conserva intatto il
ricordo.
Ed accanto alla soddisfazione di aver
svolto per tanti anni un lavoro
piacevole, Ermes non manca di
sottolineare come il suo fosse anche
un ruolo di enorme responsabilità, che
gli è valso il rispetto dell’intera
comunità. Ci tiene infatti a ricordare
come, ai suoi (ed ai nostri) tempi, sul
pulmino assieme ai bambini c’era solo
lui e che, mentre guidava, aveva uno
sguardo costantemente rivolto allo
specchietto per controllare
che tutto, tra i
sedili, fosse in
ordine.
Ecco,
ripensandoci,
assieme ai mille
aneddoti che
riemergono
nel ricordare
quei viaggi
in pulmino
tra
Sant’Odorico,
Flaibano e poi
Cisterna
ripetuti
centinaia e centinaia di volte, quello
dello sguardo severo e vigile di Ermes
sullo specchietto è forse uno dei più
nitidi. E, subito dopo, quello del suo
profondo vocione che il più delle volte
era sufficiente a ristabilire la
disciplina anche tra le fila dei
passeggeri più vivaci. Ma se
proprio ricorreva la necessità,
la minaccia del “verdòn” (il
manico da scopa che
molto probabilmente
non ha neppure mai
dovuto usare) era garanzia di
sicuro silenzio. Ma accanto al
suo modo di fare burbero e
severo, Ermes sapeva anche
trovare le parole per consolare e
rassicurare i più piccini che, al
distacco dalla mamma, si lasciavano
immancabilmente andare a pianti
disperati.
Lo scuolabus era un po’ la sua
seconda casa; ogni mattina, mentre
faceva scaldare il motore, gli dedicava
infinite attenzioni: controllava le
gomme, spazzava il corridoio, passava
i sedili. Poi si avviava, piano piano,
verso Sant’Odorico. Ricorda ancora con
orgoglio l’ordine e la pulizia che gli
piaceva mantenere a bordo e di come
(lasciandosi andare ad un po’ di sano
campanilismo) per più di dodici anni
il “suo” pulmino non abbia avuto
necessità di aggiustamenti, al
contrario di quelli dei comuni vicini
che erano invece costretti a ricorrere
frequentemente alle cure di meccanici
e carrozzieri. I suoi ragazzi sapevano
che non dovevano sporcare o rovinare
i sedili anche perché, se venivano
colti in flagrante, il “verdòn” era lì,
pronto a far giustizia.
Nel corso della nostra chiacchierata,
Ermes ricorda un solo grosso guaio
accaduto nei primi anni ’70 quando,
nottetempo, lo scuolabus venne
“preso in prestito” per mettere a
segno il furto di decine di forme di
formaggio ai danni della vicina
latteria. Ritrovato la mattina seguente
nei pressi di Manzano, ci vollero
settimane ed olio di gomito prima che
l’aroma di cacio svanisse.
Tra i mille episodi cui Ermes ripensa
con piacere e che ci spingono ora a
sorridere di gusto e a ripensare con
malinconia a quegl’anni, con
particolare simpatia lo ascoltiamo
raccontare dei ritardatari
cronici che ogni mattina
C’ERAVAMO, CI SAREMO
arrivavano correndo mentre lo
scuolabus già stava ripartendo verso
Flaibano; allora, fingendo di non
averli visti, percorreva qualche decina
di metri per poi farsi raggiungere dai
malcapitati che, dopo una corsa
disperata ed ancora col fiatone in
gola, si dovevano pure sorbire il
giusto seppur bonario rimprovero.
Tanti ricordi, che ancora oggi
riemergono vividi alla memoria mentre
ascoltiamo Ermes, il “guardiàn”;
ricordi di centinaia di bambini che,
negli anni di servizio, ha
accompagnato, rimproverato,
consolato e che ora, cresciuti e
diventati adulti, si fermano con
piacere a parlare con lui di quegl’anni
indimenticabili.
Come detto, nel 1993, raggiunta l’età
della pensione, Ermes viene
“congedato” con onore e premiato con
una targa di riconoscimento per
l’impegno e la dedizione con cui, per
tanti anni, ha svolto il suo lavoro.
Mentre lo ascoltiamo ce la indica
compiaciuto, appesa in bella vista alla
parete della sala. Accanto alla sua,
un’altra targa di egual valore: quella
della moglie Ilda che, dal 1979 al
1996, fu “la” cuoca della mensa
scolastica e che, mentre Ermes ci
raccontava la sua storia, si è seduta
accanto a noi e con cenni affettuosi
del capo conferma e ricorda con lui i
tanti avvenimenti di quel periodo.
Anche per lei l’imbarazzo e la
commozione sono palesi. Rammenta
ancora perfettamente e con un pizzico
di divertimento, come stesse
lavorando nell’orto quando l’allora
sindaco Ezio Picco la contattò per
proporle la mansione di cuoca della
mensa scolastica.
I primi anni Ilde si avvalse
dell’importante aiuto del figlio Oscar,
cuoco di professione. Ma ben presto si
scoprì capace di gestire da sola tutto
il lavoro. Anzi, così capace da
dedicarvisi per i successivi
diciannove anni.
Tutta l’organizzazione della mensa era
nelle sue mani: dall’acquisto degli
alimenti alla preparazione dei menù
(su indicazioni del medico di base e di
dietologi specializzati) fino al servizio
in tavola alla giovanissima ed
affamata “clientela” ed alle pulizie.
Un lavoro sfiancante che la occupava
per ben dieci ore al giorno, ma che ha
saputo anche darle enormi
soddisfazioni.
Mentre si lascia andare nel raccontarci
le sue esperienze, traspare tutta
l’emozione e l’affetto che ha sempre
avuto verso i “suoi” bambini; perchè,
in fondo, siamo stati tutti un po’ suoi
figli ed ancora oggi, incrociandola per
le strade di Flaibano, ci fa un grande
piacere renderci conto che ci ricorda e
si rivolge a noi, come allora, con un
“il gnò frùt” che dice davvero tanto
dell’amorevolezza con cui si è sempre
dedicata a noi ed al suo lavoro.
Certo, come lei stessa rammenta, alle
volte era costretta ad essere severa.
Non era affatto semplice tenere
a bada tanti
bambini e far
capire loro che
la mensa della scuola non era
la cucina di casa, nè tanto meno un
ristorante: bisognava mangiare ciò che
veniva servito. Chiaramente stava
molto attenta ai casi di intolleranza,
ma anche a quelli di pura (seppur
forte) antipatia verso certe portate.
Per questo teneva un suo
personalissimo quaderno in cui
appuntava con cura le eccezioni e le
possibili alternative.
E parlando di antipatie, tanto a Ilde
quanto a noi scappa ancora da ridere
nel ricordare con quanta malavoglia ci
toccava sorbire la crema di spinaci
che, per sottolinearne la dubbia
provenienza e appetibilità, era stata
ben presto ed unanimemente
ribattezzata “crema Visitors”.
Tra i tanti ricordi che affiorano nella
piacevole conversazione con Ilde,
soprattutto per noi della generazione
scorsa, è impossibile dimenticare
l’impegno che quotidianamente
toccava, a turno, ai ragazzi delle
ultime classi: prima aiutare Ilde a
servire in tavola e poi darle una mano
nella pulizia e nel riordino della
mensa ricevendo, a fine settimana,
l’ambito gelato di ricompensa.
Nella sua lunga e appagante carriera,
Ilde non ricorda di aver avuto
particolari problemi. Racconta però
che un giorno tutto il pranzo era
pronto ed i bambini erano già seduti a
tavola. Le pentole erano state messe
nel montacarichi che avrebbe dovuto
farle scendere dalla cucina fin nella
sala da pranzo, ed ecco... l’imprevisto!
A causa di un guasto improvviso il
montacarichi si bloccò a mezza via e
non ci fu verso di aggiustarlo. I
bambini erano tutti in trepida attesa
del meritato pasto, dopo una
mattinata di attività; serviva una
soluzione rapida e così Ilde corse al
forno ed acquistò pane e
companatico: quella fu davvero l’unica
volta che in mensa tutti mangiarono
panini.
Il tempo è piacevolmente volato
ascoltando Ermes e Ilde. Se ne
avessimo avuto l’opportunità, molto
probabilmente avremmo potuto
scrivere un intero libro con tutti gli
episodi interessanti che hanno
segnato i loro anni trascorsi al
servizio della scuola. In questa
edizione speciale di Fruçons però, a
noi premeva soprattutto sottolineare
con quanta dedizione Ermes e Ilde
abbiano svolto il loro lavoro a
contatto con quei bambini oggi
divenuti adulti. Gli stessi che li
ricordano ancora oggi con tanto
affetto, a dimostrazione del fatto che
passione, impegno, serietà e amore
lasciano un segno indelebile in chi ci
circonda.
Lasciamo Ermes e Ilde alle faccende di
ogni giorno. La loro storia ci è parsa
emblematica: marito e moglie legati
nella vita dall’amore per la propria
famiglia e che condividono anche
l’impegno e le difficoltà di un lavoro
bello ma carico di responsabilità.
Quando li incroceremo di nuovo, per
le vie di Flaibano, ci fermeremo con
piacere ad ascoltare ancora le loro
storie che sono, in fondo, le nostre.
15
... e Rina
opo il primo autista e la prima cuoca non
poteva mancare, tra coloro che hanno
contribuito a “dar vita” alla nostra scuola a
tempo pieno, la prima bidella: Rine.
La incontriamo in un’afosa giornata d’estate e lei
ci accoglie nella sua casa pronta a raccontarci la
sua esperienza. Rine ci sorprende con i suoi
ricordi che ci appaiono infatti come un continuo
contrapporsi di emozioni contrastanti: la passione
e l’amore per i bambini miste alla sofferenza per
un lavoro duro e svolto per la maggior parte del
tempo in solitudine, senza l’aiuto di nessuno.
Rievoca le fredde sere invernali quando, intenta a
ripulire la scuola buia e deserta, qualche bambino
tornava a riprendere un quaderno dimenticato per
sbadataggine facendola suo malgrado, spesse
volte, prendere dei grossi spaventi. Ascoltandola
ci immaginiamo la fatica nel ripulire e riordinare
da sola tutto quanto mentre per tutti la giornata
era ormai finita da tempo. Non era un lavoro
facile e Rine ci confida come, alle volte, avesse
desiderato una mano nelle mansioni più pesanti.
Ma nonostante tutto, l’amore per i bambini e il
bel rapporto instaurato con le maestre riusciva ad
allietarla. Nei pochi momenti di contatto con i
bimbi è stata per loro un punto di riferimento,
quasi una figura materna nella quale rifugiarsi nei
momenti di difficoltà e bisogno. Quanti bambini
hanno ricevuto una parola di conforto dalla
bidella Rine e quanti di quei bambini la ricordano
ancora con affetto per la sua comprensione e per
la sua complicità.
Rine conserva un buon ricordo anche delle
maestre con le quali aveva instaurato un legame
basato sulla stima reciproca, sul rispetto e sulla
collaborazione.
Ascoltiamo Rine rievocare questi semplici ma
significativi frammenti della
sua personale esperienza
nella scuola;
esperienza breve
(dopo
alcuni anni
ha infatti
preso
servizio
presso la
scuola
materna)
ma che ha
sicuramente
lasciato un
segno
importante.
D
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Che storie....
NOTTE IN TENDA
Nella serata di venerdi 21
maggio è stato proiettato nella
Palestra comunale un filmato
realizzato ad Haiti subito dopo
i recenti fatti sismici,
mediante il quale sono state
mostrate ai bambini e ai
genitori le conseguenze del
sisma, oltre al lavoro svolto
dai volontari della Protezione
civile. Al termine i bambini e i
genitori capitenda si sono
preparati per trascorrere la
notte nelle tende, che erano
state accuratamente predisposte
dai volontari della Protezione
civile. La mattina seguente,
alle 6, c’erano già una ventina
di bambini che scorazzavano per
l’accampamento. È seguita la
colazione e poi l’avvio a
scuola, dove è stata effettuata
la prova di evacuazione e la
dimostrazione di montaggio di
una tenda, attività durante la
quale sono state poste parecchie
domande ai volontari della
Protezione civile.
C’ERAVAMO, CI SAREMO
SCACCIATE DALLA STUPIDITA’!
Che emozione quella mattina!
Circa vent’anni fa, una coppia di cicogne si era posata sulla cima spezzata
del grande cedro tra le nostre aule e l’edificio del parascolastico.
Le avevamo trovate là, al nostro arrivo a scuola…e mentre stavamo tutti
incantati, col naso “all’insù“, mi accorsi che il maschio, in tutta la sua
maestosa eleganza, batteva ritmicamente il becco manifestando alla compagna
l’intenzione di fare il nido proprio là, su uno dei meravigliosi cedri della
nostra scuola!
Era fantastico!
Spiegai questo ai bambini, invitandoli ad ammirare questo spettacolo che la
natura offriva loro come un magico regalo, nel rispetto silenzioso necessario
a non spaventarle.
Avevano scelto noi e noi le avremmo protette.
Già, questi erano i propositi ai quali i bambini avevano aderito con la
rigorosa lealtà che sanno esprimere quando si parla al loro cuore.
Per tutta la giornata si alternarono a osservare e difendere la coppia di
cicogne, perché intanto la voce si era diffusa e, purtroppo, oltre a chi
veniva solo ad ammirarle e fotografarle con condiviso rispetto, arrivò anche
chi, con ignoranza ed egoistica superficialità, distrusse in pochi minuti
tutto il nostro entusiasmo.
Verso sera, infatti, una macchina si fermò davanti al cancello d’entrata, che
quella volta si trovava solo sulla strada principale e i suoi occupanti
cominciarono a gridare e strombazzare con trombe da stadio perché… volevano
fotografarle mentre si alzavano in volo!
Quando poi uno dei miei alunni di allora (mi pare fosse Ivano Vascotto) cercò
di fermarli, invitandoli a smettere per non spaventarle, diedero ulteriore
prova della loro stupidità, insultandolo vivacemente.
Il risultato inevitabile fu che le
cicogne volarono via in cerca di pace, ma
alcuni giorni dopo una venne abbattuta
lungo le rive del Tagliamento (purtroppo
non c’è limite alla stupidità!) e l’altra
venne poi accolta nell’attuale oasi
faunistica di Fagagna.
Piano piano, col passare dei giorni,
volarono via anche quei ramoscelli che
le cicogne avevano iniziato a depositare
sul grande cedro e a tutti noi restò una
malinconica, profonda amarezza nel
guardare quella cima così desolatamente
vuota.
Da allora tanti anni sono trascorsi e i
grandi cedri hanno continuato ad
assistere silenziosi ed imponenti alle
tante vite che si sono intrecciate nella
nostra scuola, offrendo la loro ombra
nelle giornate afose e le loro radici ai
tanti bambini che hanno trovato lì la
sede ideale per i loro giochi all’aperto,
ma nessuna cicogna è più venuta ad
incantarci con la sua eleganza.
Giuliana Morati
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BICE LA COTURNICE
LA SACRA RAPPRESENTAZIONE
Nell’anno scolastico 2006-2007 la classe
quarta si è classificata al primo posto
nel concorso regionale di educazione
ambientale “Conoscere per crescere”.
L’obiettivo era la realizzazione di un
elaborato inerente una delle aree
protette della nostra regione e in
particolar modo le tracce degli animali.
Durante le ore di scienze gli alunni
hanno lavorato molto sulla fauna e la
flora del Parco Naturale delle Prealpi
Giulie presentando in regione il gioco
di BICE LA COTURNICE (simile al gioco
dell’oca) con in allegato numerose
carte-gioco con quiz sugli animali
creati dai bambini.
Il lavoro ha coinvolto le aree
scientifico geografiche e pittoriche e
ha permesso di vivere un’esperienza
naturalistica diretta con l’avventurosa
escursione nel bosco della Val Resia per
andare alla ricerca di tracce di
animali. Nella giornata di domenica 13
maggio 2007 bambini, genitori ed
insegnanti sono stati invitati alla
premiazione del lavoro nel Palazzo
Congressi di Grado. Il premio consisteva
in un computer portatile che è rimasto
in dotazione alla scuola. Ad ogni alunno
inoltre è stato regalato un comodo
zainetto e simpatici peluche. Grande la
soddisfazione dei ragazzi che hanno
dimostrato sempre impegno, entusiasmo e
tenacia nel perseguire gli obiettivi.
L’esperienza ha unito e coinvolto
bambini, insegnanti e genitori, che
insieme hanno condiviso la gioia di un
percorso educativo ambientale che li ha
portati a riflettere sull’importanza dei
parchi e a conoscere meglio le aree
protette della nostra regione.
Nella Pasqua del 1971 i ragazzi
della scuola elementare a tempo
pieno di Flaibano sono stati
impegnati nella recita della Sacra
Rappresentazione: una pièce teatrale
della Passione di Cristo. Lo
spettacolo - che ha coinvolto in
prima persona tanto gli alunni
quanto gli insegnanti – messo in
scena dopo settimane di prove ha
riscosso l’unanime consenso del
pubblico tanto da essere
addirittura replicato in una sorta
di mini tournèe nel vicino paese di
Tomba di Mereto.
Un’esperienza che ancora oggi viene
ricordata con orgoglio e
soddisfazione
dagli exalunni di
allora –
oramai padri
di famiglia –
e che offre un
concreto
esempio di
quali infinite
risorse di
entusiasmo e
fantasia accompagnassero i
primissimi passi mossi della scuola
a tempo pieno.
TEMA: LETTERA AGLI ASTRONAUTI
La piccola Marilena, nell’anno 1970,
ricevette come compito scolastico lo
svolgimento del tema riguardante lo
sbarco sulla luna appena accaduto. La
sua attenzione fu rivolta all’unico
membro dell’equipaggio che era rimasto
sulla navicella sorvolando la luna in
attesa e nella speranza di
intraprendere il viaggio di rientro
assieme ai suoi compagni che
esploravano per la prima volta quel
luogo così misterioso. Reputata la
lettera più sensibile fu spedita
direttamente all’astronauta il quale
le rispose
prontamente
inviando la
propria foto
autografata che
ancora oggi
conserva
incorniciata.
C’ERAVAMO, CI SAREMO
A SCUOLA... IN LUSSEMBURGO
Il 1989 fu un anno storico: la caduta del muro di Berlino. Un evento che dette il
via ad un futuro diverso, sia per la Germania, sia per il resto d’Europa e del mondo
per le sue inevitabili conseguenze, in particolare, fra le tante, politiche, sociali
e di comunicazione fra i popoli. Fatte le dovute proporzioni e sicuramente non
azzardando alcun paragone con questo avvenimento, data l’importanza rilevante che ha
avuto e che ha tutt’ora, anche Flaibano, nel suo piccolo, nello stesso anno ha dato
il via a un futuro un po’ diverso, ha guardato avanti: proprio in quell’anno nacque
il primo gemellaggio fra il nostro comune e quello di Bettembourg, in Lussemburgo.
Dopo vari colloqui, telefonate, visite e accordi fra amministrazioni comunali,
scuole e genitori si diede vita ad un vero e proprio scambio, ovvero, una ventina di
ragazzi lussemburghesi di età compresa fra gli 11 e i 12 anni soggiornò per una
settimana nelle case dei relativi coetanei qui a Flaibano e San Odorico, vale a dire
dei ragazzi delle classi ’77 e ’78, per poi contraccambiare l’ospitalità qualche
mese più tardi. All’inizio fu difficile capirsi, causa la diversa lingua, ma non
passò molto tempo perché ragazzi e ragazze andassero d’accordo e si capissero, un
po’ a gesti e un po’ a parole, dopo aver imparato qualche parola qua e là dell’altra
lingua. La scuola diede una mano favorendo visite d’istruzione, insegnando un po’ la
lingua e illustrando le differenze di insegnamento fra le due realtà; ma oltre a
questi aspetti pratici è assai importante evidenziare quanto lungimirante ed
efficace fu questa idea, paragonabile agli scambi alla pari e ai progetti Erasmus
per studenti di diverse nazionalità frequentanti l’università. Quello fu il primo di
una variegata serie di scambi che coinvolsero ragazzi delle scuole medie, membri del
comune, società sportive, cori, varie associazioni, emigranti e cittadini vari nel
corso degli anni.
Attualmente, di tanto in tanto in occasione di qualche sagra, festa o compleanno,
capita che noi giovani appartenenti ai primi scambi, a distanza di una ventina
d’anni, ci soffermiamo a rievocare qualche ricordo, condito da qualche episodio
divertente, qualche personaggio particolare che suscitava le nostre risate, e quasi
sempre se ne parla col sorriso, ricordando nomi e facce: ad esempio la partita che
si svolse in Lussemburgo in un campo di erba e terra vinta da noi, con delle porte
ricavate da qualche tubo; la casa a tre piani del ragazzo portoghese; il biondino
che faceva arti marziali; il pulmann che ci ha portato a Bettembourg i primi due
anni (che poi era lo stesso che ci avrebbe portato qualche anno più tardi ogni
giorno alle superiori a Udine) mentre i ragazzi dell’81, molto più fortunati, ebbero
una corriera super accessoriata con tanto di divanetti in pelle, TV e servizi
igienici; l’autista del pullman, Giorgio, detto Arturo, del secondo anno, ecc… e
tanti altri ancora sarebbero i flashback, le memorie e i fatti da elencare. Di tutto
ciò ci resta qualche foto, scattata all’epoca, con delle macchine fotografiche che
sapevamo usare poco, a differenza dei bambini “tecnologici” dei giorni d’oggi,
qualche indirizzo e qualche cartolina o lettera ricevuta dal nostro amico o amica
ospitati nei primi anni Novanta. Ma ciò che ci rimane di sicuro, a chi più e a chi
meno, è un bel ricordo,
una esperienza di gruppo,
che ci ha cresciuti un
po’ socialmente e
culturalmente, un
progetto/esperienza che
vorremmo durasse e venisse
sostenuto ancora perché
crediamo che, in fondo in
fondo, possa sempre esser
utile, nella nostra
piccola realtà flaibanese,
un’apertura mentale verso
ciò che ci circonda, senza
porsi limiti.
Davide Antonio Zanini
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40° ANNIVERSARIO DELLA SCUOLA A TEMPO PIENO DI FLAIBANO
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Venerd
Ore 20,30 TEMPO PIENO DI....NOTE, PAROLE ED EMOZIONI. Presso la Chiesa
Parrocchiale di Sant’Odorico, musiche, canti e letture a cura di musicisti ex allievi e
delle attuali insegnanti della Scuola Primaria a Tempo Pieno “L. Bevilacqua” di Flaibano.
Pianoforte: Sebastiano Gubian - Voce: Marta Carafoli
Ore 09,30 CONVEGNO REGIONALE. “PROSPETTIVA TEMPO PIENO” Presso il Centro
Sociale di Flaibano.
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Convegno sulle prospettive della Scuola a Tempo Pieno. In questa sede verrà
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presentato il tavolo di lavoro istituzionale per l’avvio di un laboratorio territoriale mirato a
dare continuità al livello qualitativo del Tempo Pieno.
Indirizzi di Saluto: Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Dr.ssa Daniela Beltrame.
Assessore all’Istruzione della Regione Friuli Venezia Giulia Dr. Roberto Molinaro.
Dirigente Tecnico della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Dr. Luigi Torchio
Relatori:
Sindaco di Flaibano rag. Stefano Fabbro.
Sindaco di Bettembourg (LUX) Mr. Roby Biwer.
Referente Scuola dell’ANCI FVG Prof. Mario Pezzetta (Sindaco di Tavagnacco).
Altri rappresentanti istituzionali delle Amministrazioni Comunali e Scolastiche. Conduce e modera il Prof. Bruno Forte.
Ore 18,00 CRESCERE A TEMPO PIENO.
Inaugurazione della “Mostra Diffusa CRESCERE A TEMPO PIENO”. Partenza dalla Scuola Primaria “L. Bevilacqua” di Flaibano
e percorso itinerante (circa 20 minuti). Successiva visione, presso il centro Sociale di Flaibano, del cortometraggio
“CRESCERE A TEMPO PIENO”, curato da Claudio Cescutti e Barbara Urbano.
Ore 11,00 SS. Messa a ricordo degli insegnanti, degli allievi e del personale ausiliario defunti.
ttobre Ore 12,00 “RADUNO MONDIALE DEL TEMPO PIENO DI FLAIBANO”
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Presso la Palestra Comunale di Flaibano.
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Pastasciutta offerta a tutti i presenti dall’Amministrazione Comunale (turni di distribuzione
ogni 20 min. circa).
“Spazio Aperto” all’incontro di tutti gli allievi ed ex allievi, gli insegnanti ed ex insegnanti, il personale ausiliario l’ex
personale ausiliario della Scuola a Tempo Pieno di Flaibano.
INCONTRIAMOCI dandoci appuntamento con i nostri vecchi compagni di classe, con le maestre, con chi volete.
Portate con un vecchio quaderno, una vecchia foto, un lavoro…. Sarà più bello condividere questo momento magico.
Animazioni per bambini ed adulti con interviste in diretta, cinema storico, musica anni 70 – 80 – 90 e 2000.
Ore 16,00 TEATRO POSITIVO di e con Gianluca Valoppi e Michele Zamparini in “Una Scuola Grande come il Mondo”.
Spettacolo a sorpresa per grandi e bambini.
Ore 17,00 “FIACCOLATA” con concerto bandistico del Gruppo Bandistico Armonie di Sedegliano.
Partenza dalla Palestra, sosta in Piazza Monumento ai Caduti ed arrivo alla Scuola primaria “L. Bevilacqua dove sarà
possibile rivisitare le aule e leggere i pensieri che i bambini avranno esposto (tema: Cara Scuola ti scrivo…).
Durante tutta la manifestazione, sotto un enorme tendone, funzionerà un chiosco con stuzzichini e bibite.
Ore 15,45 GIANDOMENICO PICCO INCONTA LA SCUOLA A TEMPO PIENO.
Incontro con insegnanti ed allievi della Scuola Primaria a Tempo Pieno di Flaibano.
Ore18,30 “LE SFIDE DELLA POST-GLOBALIZZAZIONE”
presso il Centro Sociale di Flaibano,
conferenza aperta al pubblico, tenuta del Dr. Giandomenico Picco, Cittadino Onorario di Flaibano, già
funzionario delle Nazioni Unite. Conduce: Flavio Vidoni
Ottobre
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OMNIAENERGY
IMPIANTI FOTOVOLTAICI