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PERIODICO DI INFORMAZIONE DEL COMUNE DI FLAIBANO Anno IX Edizione speciale 2010 C O N L A C O L L A B O R A Z IO N E D E L L A R E G IO N E F R I U L I V E N E Z I A G I U L I A . DIREZIONE CENTRALE ISTRUZIONE, CULTURA, SPORT E PACE – SERVIZIO IDENTITÀ LINGUISTICHE, CULTURALI E CORREGIONALI ALL’ESTERO. DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Vidoni REDAZIONE: Natascia Beano, Moris Cruciatti, Alessandra Giandomenico, Irene Tomadini, Evelina Zavagni - PROGETTO E STAMPA: Graphis - Fagagna/Ud ggi che il Tempo Pieno viene messo seriamente in discussione dall’attuale normativa, questa edizione di Fruçons appare quanto mai appropriata. Essa sarà completamente dedicata alla nostra Scuola a Tempo Pieno della quale si festeggia proprio quest’anno il 40° anniversario. Sarebbe utile interrogarsi sul contributo che il modello organizzativo della scuola a tempo pieno ha dato alla scuola italiana. Potremmo scrivere pagine su come questo modello proponga un ambiente didattico ricco di sollecitazioni, di situazioni sociali, di incontro di linguaggi e saperi e di graduale iniziazione disciplinare alla conoscenza. Non vogliamo però perderci in dissertazioni pedagogiche che non ci competono e quindi, senza schierarci a favore o contro questo modello di scuola “in via d’estinzione”, vogliamo solamente ripercorrere con voi 40 anni di storia della nostra scuola. Abbiamo cercato date ed avvenimenti dagli archivi scolastici, ma non riuscivamo ad ottenere il risultato sperato. La storia era ricostruita fedelmente, avevamo tutto ciò che ci serviva ma mancava qualcosa... Mancavano i bambini! I loro pianti, le loro risa, le O A PAROL E A D CO AL SIN RE SSESSO ALL’A PAG. LA 2 LE MAESTRE: PIONIERE D I UNA SCUOLA NU OVA CIAO MAMMA SCUOLA PAG. UN, PAG. 4 DUE, TRE... SCUOLA! marachelle e i loro piccoli drammi, PAG. 5 mancavano le maestre e tutte le persone MI RITORNA che la scuola l’hanno vissuta dall’interno, ne hanno MENTE 6 fatto un lavoro ma soprattutto una passione. Abbiamo quindi preferito IN PAG. dar voce alle loro testimonianze. Insieme a queste persone abbiamo potuto rivivere momenti che, forse, altrimenti, ci sarebbero sfuggiti, lasciandoci orfani PAGELLE DALLA A... di quelle emozioni che abbiamo provato ascoltandoli dalla voce dei diretti protagonisti e, soprattutto, rivedendoli nei loro occhi. Queste persone ...AL 10 rappresentano l’anima autentica della scuola ed è grazie a loro che abbiamo PAG. 9 ricostruito, a nostro modo, la storia dei 40 anni di tempo pieno: dalle prime A L O difficoltà vissute comunque con entusiasmo e grandi aspettative fino ai nostri LA SCU VERRÀ giorni in cui possiamo dire con certezza ed orgoglio che la nostra scuola CHE 10 DUE rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro piccolo Comune. PAG. Ed è proprio per preservare questa realtà che l’Amministrazione Comunale si sta CHIACCHERE adoperando ed ancora di più si adopererà nei prossimi anni. Un primo grande CON LA passo sarà la costruzione della nuova scuola: una sede moderna e funzionale MAESTRA . pensata per le esigenze della scuola di oggi ed in grado di assicurare anche LDE.. I S E M per gli anni a venire la presenza di un ambiente idoneo... ER IDA INA R Un secondo passo è rappresentato dallo sforzo profuso nella promozione di E . .. PAG. 12 incontri a livello regionale per pianificare un nuovo e più razionale modello di -16 4 1 . G A P scuola in cui le amministrazioni comunali, le famiglie e la stessa scuola collaborino in modo organico e fattivo con il solo ultimo fine comune di garantire ai nostri bambini un’istruzione di elevato valore qualitativo, magari CHE STO puntando anche a migliorare ciò che già fino ad oggi è stato fatto. RIE In questo 40° anno dalla pionieristica introduzione del Tempo Pieno, abbiamo PAG. 16 quindi provato a offrirvi uno scorcio di quella che era allora e che è oggi la nostra scuola. Quella che sarà domani dipenderà dall’impegno di tutti noi. 3 La parola al sindaco... la prima volta che Fruçons ospita uno spazio “istituzionale”, ovvero dedicato agli Amministratori Pubblici di ogni grado. Infatti questo importante organo informativo, qual è Fruçons, è da sempre stato considerato unanimemente la “voce” della comunità, piuttosto che un mezzo di informazione del “palazzo”. La Commissione Cultura (già Commissione Biblioteca) ha sempre garantito che queste pagine fossero un È momento di scambio, di confronto, di presentazione di iniziative e di esperienze del nostro contesto locale ed il fatto che oggi il Sindaco venga invitato a dare un suo saluto sta a sottolineare la straordinarietà del momento storico che Fruçons vuole celebrare. Per questo ringrazio la redazione del giornale che mi dà l’opportunità di porgere un caloroso saluto ai lettori e augurare loro di vivere questo 40° anniversario della Scuola a tempo pieno con la consapevolezza che esso è una tappa fondamentale per la crescita della nostra comunità. I 40 anni della Scuola a tempo pieno sono il risultato di un lavoro tenace, continuo, certosino che ogni insegnante ed ogni famiglia della nostra comunità ha svolto. Impossibile citare nomi e cognomi. Sono tantissimi e noi siamo qui con il compito di far sì che questa schiera aumenti ancora. Abbiamo il dovere di guardare avanti e di impegnarci tutti affinché la nostra Scuola resti il riferimento principale della comunità. Una specie di sole intorno al quale ruotano i pianeti della vita sociale. Un sole che ci riscalda, che segna il passaggio delle stagioni, che ci rassicura anche quando le nubi minacciano pioggia. Leggete attentamente questo giornale, conservatene una copia negli archivi di famiglia, cercate la maniera, anche la più semplice, per partecipare a questo quarantesimo anniversario. Ci sarà sempre qualcuno, un domani, che vi dirà GRAZIE così come lo dico io a tutti voi che avete amato, amate ed amerete questa Scuola. Il Sindaco rag. Stefano Fabbro Da sinistra a destra, il Sindaco Fabbro e l’Assessore all’Istruzione Amo Picco ... e all’assessore a scuola primaria a tempo pieno “L. Bevilacqua“ di Flaibano, costituisce un elemento di spicco del sistema scolastico comunale che negli anni si è sviluppato e ampliato. Mantenere, ma possibilmente migliorare, lo standard di insegnamento ed educativo è l’impegno dell’ Amministrazione Comunale attuale e delle precedenti, che nella scuola a tempo pieno hanno sempre creduto e profuso ogni tipo di sforzo sia in termini di risorse umane che economiche. Al fine di rivitalizzare le peculiarità fondanti di questa scuola, costituite da un ventaglio di competenze, opportunità di recupero, figure specifiche in compresenza, dopo 40 anni dalla sua nascita, l’amministrazione si è impegnata nel farsi promotrice, a livello regionale, di incontri con le amministrazioni locali in cui operano scuole similari per quantificare gli sforzi sia economici sia umani che ogni comunità riversa nella propria scuola. Le finalità di tali incontri sono quelle di creare una rete fra le scuole a tempo pieno, al fine non solo di quantificare le risorse che nella scuola giungono dalle amministrazioni comunali, ma soprattutto di non trovarsi impreparati all’ampliamento dell’autonomia L 2 scolastica e della possibile attuazione del federalismo, temi, in particolare quest’ultimo, che trovano sempre più spazio nelle discussioni da parte degli organi preposti. Gli incontri iniziati già da qualche mese con sette comuni referenti di zona sparsi in tutta la Regione, sono stati ufficializzati da un primo incontro tenutosi con l’Assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro, che da subito si è dimostrato disponibile a sostenere tale iniziativa, al punto da mettere a disposizione un funzionario regionale per fornire ogni tipo di informazione e chiarimento sulla strada da percorrere. Il lavoro, così come è stato avviato, è stato preceduto durante l’anno scolastico appena concluso, da una serie di atti ufficiali - ordini del giorno votati dal Consiglio Comunale all’unanimità, dove si ribadisce l’importanza di mantenere la scuola a tempo pieno con le peculiarità originarie e, successivamente, da incontri con il personale docente e con i genitori per il loro coinvolgimento nel percorso che si intende fare. Gli incontri con le amministrazioni comunali, con la Regione e con le altre componenti della scuola contribuiranno a preparare un momento di discussione ed incontro durante il 40° della scuola a tempo pieno, nel prossimo mese di ottobre, con il fine di sottolineare le motivazioni che hanno portato alla creazione del tempo pieno e rilanciare tale metodologia scolastico-educativa in un contesto sociale in cui sempre più famiglie la scelgono. In parallelo agli incontri di carattere istituzionale c’è il lavoro dei componenti la commissione della Biblioteca, che già da qualche mese si sono attivati per l’organizzazione del 40° della scuola, curando anche attività di contorno alla manifestazione. L’appuntamento sarà di notevole importanza per la nostra scuola, che sorta come “centro scolastico sperimentale” fu la prima realtà a tempo pieno in Friuli Venezia Giulia. Le attività, sinteticamente esposte, rappresentano l’impegno che una piccola amministrazione intende portare avanti, con la collaborazione delle varie componenti scolastiche, famiglie e comunità locale, per sostenere la scuola primaria a tempo pieno, realtà di fondamentale importanza nella crescita e formazione delle nuove generazioni e per offrire nuove opportunità e stimoli tesi a migliorare il percorso scolastico. L’Assessore all’Istruzione Amo Picco C’ERAVAMO, CI SAREMO Le maestre: pioniere di una scuola “nuova” uando a settembre 1980, fresche di Concorso, andammo a scegliere la sede scolastica al Provveditorato agli Studi di Udine, la nostra preoccupazione erano le scuole di montagna (Lusevera, Sauris, Paluzza, Platischis, ...). Mai avremmo immaginato di trovare cinque posti liberi a Flaibano e di poterli scegliere! Da lì incominciò la nostra storia in questa scuola. Ricordiamo ancora i primi pensieri nell’andare in Direzione didattica dal direttore Tonutti per la presa di servizio o meglio la firma di accettazione dell’incarico: “E’ un tempo pieno, chissà cosa dovremo fare, chi troveremo…? Ma fu amore a prima vista! La maestra Ida e la maestra Santina, le “veterane” del posto, ci accolsero con la massima benevolenza e disponibilità! Da subito ci siamo sentite parte di un “gruppo”! Gruppo che condivideva un progetto didattico, ma soprattutto la proposta educativa. Per consolidare questo risultato, la via è stata il confronto didattico-culturale costante, anche animato, ma sempre costruttivo, che ci ha fatto crescere e, a parere nostro, ha dato un’impronta alla scuola che ancora oggi la contraddistingue. Ci siamo ritrovate in un contesto in cui ciò che avevamo sentito, studiato e letto nei vari corsi e nella preparazione al Concorso Magistrale: la scuola di Don Milani, la sua metodologia, il metodo della ricerca, l’interdisciplinarità, la scelta alternativa ai libri di testo, i laboratori, lo studio e la riscoperta delle radici storiche ed ambientali del proprio territorio…era stato messo in atto con la collaborazione delle famiglie e dell’Amministrazione Comunale, che sosteneva moltissimo la scuola. Eravamo entusiaste e nel contempo ci sentivamo pioniere di una scuola “nuova” che poi effettivamente (come scuola a tempo pieno) a livello nazionale ha dato origine al grande dibattito sulla riforma della scuola elementare sfociata nei Nuovi Programmi del 1985. Gli alunni, che allora abbiamo incontrato, erano molto coinvolti in questo “modo di fare scuola”; nelle Q famiglie l’uso del televisore era limitato, il computer non c’era, le gite e le vacanze erano rare, alcuni alunni contribuivano attivamente al lavoro della famiglia, c’era chi prima di venire a scuola andava a portare il latte in latteria o chi, finita scuola, aiutava i genitori nel lavoro dei campi. La scuola era veramente “un’agenzia” educativa in cui i bambini si entusiasmavano per le tante conoscenze e attività che apprendevano: le ricerche, i laboratori, le feste, le assemblee, le gite e le uscite didattiche (Verona, Gardaland, Pompei, Capodimonte, Venezia, Ampezzo, Sutrio, il Bosco Romagno, il Parco del Prescudin, la laguna di Marano, il Bosco del Cansiglio, l’Isola della Cona ecc.). Sono trascorsi 30 anni da allora, la società stessa è molto cambiata, le famiglie sono cambiate, hanno problematiche ed esigenze diverse, la tecnologia ha invaso tutte le nostre azioni quotidiane e naturalmente la scuola si è adeguata. Le nuove riforme l’hanno costretta a seguire parametri più rigidi (legge privacy, regolamentazione uscite, prove Invalsi, curricoli, legge 626 sulla sicurezza, ecc.) tante regole senz’altro utili e necessarie, ma che hanno tolto alla scuola quel pizzico di “scelta emotiva” che comunque era sempre associata al buon senso! Gli alunni… anche loro sono cambiati, non sono più i bambini che andavano a portare il latte o che lavoravano nei campi, ora hanno ogni tipo di giocattoli, televisioni a volte anche in camera da letto, il computer, vanno in vacanza in macchina, in treno, in aereo con la massima disinvoltura, conoscono luoghi lontani che ricerchiamo con loro sulla cartina geografica, frequentano corsi di nuoto, di Karate, di ginnastica artistica, di musica… Sono ancora molto coinvolti nell’esperienza scolastica e vengono a scuola volentieri, sono curiosi e motivati, ma quando arrivano hanno già un bagaglio di conoscenze diverso da quello dei bambini di 30 anni fa, anche se hanno mantenuto il desiderio del fantastico e la capacità di sognare. Noi oggi, vivendo questa nuova realtà sociale, abbiamo adattato la nostra didattica ai cambiamenti, partiamo però sempre dal mondo dei loro sogni, seguiamo con lo stesso entusiasmo quegli occhioni curiosi che si affacciano alle porte della prima, li accompagniamo per sviluppare interessi, curiosità, capacità critiche ed attitudini attraverso un lavoro che non si esaurisce con l’apprendimento dei contenuti delle varie discipline, ma ritorna a quella condivisione del gruppo docente sulla proposta educativa ancora valida dopo 30 anni, che vuole sviluppare la sensibilità, la lealtà, la generosità, il rispetto verso il prossimo, l’amore per la natura per formare Individui in grado di conoscere e trasmettere quei valori che da sempre contribuiscono a rendere il mondo migliore. Ora tutto ciò è diventato più faticoso, forse anche perché le nostre età anagrafiche sono cambiate, ma l’entusiasmo, il desiderio del nuovo, le idee che ci hanno motivate fin dall’inizio di questa avventura, sono rimasti e nonostante tagli, riforme, modifiche, cambiamenti, la nostra scuola a tempo pieno rispecchia il nostro ideale di scuola e non ci sentiamo di affermare che essa ha fatto il suo tempo, ma riteniamo che come modello di cooperazione tra insegnanti e opportunità formativa per i bambini abbia ancora molto da offrire. Luisa Venuti e Giuliana Morati 3 Ciao mamma scuola ranco era il mio compagno di banco, un tipo chiuso, serio, dotato in matematica ed abbastanza generoso. Talvolta concedeva infatti qualche timido e sporadico suggerimento agli sguardi persi di fronte al solito, assurdo problema di matematica: “Una vasca semisferica ha il diametro di m 2,6. Quanto tempo impiegherà a riempirsi se il rubinetto versa litri 6,27 al minuto?“. Stavamo scomodi in quei banchi formati da un unico corpo a due posti. La panca aveva una distanza fissa dal ripiano di lavoro ed io, di statura non alta, dovevo sedermi in punta per scrivere o, cosa ancor più difficile, arrivare al foro tondo in cui la maestra ci inseriva il vasetto per l’inchiostro. Già, l’inchiostro. Che cosa magica l’inchiostro, con quelle sfumature blu di Prussia, che davano corpo alle parole apprese o a quelle che erano imprigionate nei nostri cuori. I bordi delle unghie ed i polpastrelli bluastri tradivano l’affondare delle dita dentro il calamaio, a volte involontario, ma altre volte del tutto intenzionale. Le labbra, spesso screpolate dal freddo, trattenevano i residui d’inchiostro e del legno del portapennino infliggendo un aspetto indemoniato agli ignari autori di quel continuo sbocconcellare. Qualcuno lo succhiava l’inchiostro, tanta era l’attrazione, e aveva giurato che aveva il gusto di ribes. Nessuno di noi conosceva i ribes, ma doveva essere sembrato un frutto esotico e le cose esotiche, si sa, sono sempre molto strane. Proprio come il gusto dell’inchiostro. Tuttavia la magia non si esauriva nel suo colore. Era un’impresa domare quel liquido dentro le righe del quaderno. A volte scorreva in discesa sulla pagina come un torrente impetuoso, a F 4 volte ingrossava le parole fino a farle diventare mostri inquietanti, prefigurando così scenari oscuri per noi, scolari timorosi, obbedienti e riverenti, senza possibilità d’appello, né a scuola né a casa. C’era infatti una sordida e inconfessata complicità fra la scuola e la famiglia, vuoi perché l’insegnante era considerato una specie d’autorità indiscutibile, vuoi perché in qualche famiglia si preferiva delegare alla scuola la trasmissione dei principi educativi. Ad ogni modo i maestri avevano sempre ragione. Nel mio caso poi, in qualità di figlia di una maestra della stessa scuola, c’erano ancora meno indulgenze . Non si poteva e non si doveva dare adito a sospetti su eventuali favoritismi che la mia condizione avrebbe potuto generare. Così, tra condotte inflessibili e sguardi severi, ho mosso i miei primi passi nel mondo del sapere. L’altro colore della mia memoria scolastica è il grigio. Grigio era il colore delle pareti delle aule e dei “servizi” (così veniva chiamato pudicamente il luogo per espletare i propri bisogni fisiologici, che poi non ho mai capito perché si usava il plurale, visto che, quando si andava lì, si occupava un posto alla volta), stanzoni altissimi di cui io non vedevo mai la fine e dove l’enorme spazio, lusso impensabile ai nostri giorni, era pieno, pur essendo completamente vuoto, era eloquente, nonostante il suo grigiore, perché esprimeva il senso del rigore che, effettivamente, l’apprendimento e la conoscenza portano con sé. Ma erano grigie anche la seconda e la penultima pagina dei quaderni, quelle in cui si scriveva il proprio nome e in cui si trovava la mitica tavola pitagorica. Qualcuno le considerava delle non pagine, perciò, nella convinzione che passassero inosservate all’occhio vigile della maestra, le usava come zona franca, per provare il pennino o la punta della matita, che così volteggiava libera sul foglio lasciando tracce altrimenti dette “riprovevoli scarabocchi”. Grigio chiaro era il registrogiornale della maestra, dove quotidianamente lei segnava il nome degli alunni assenti ed annotava gli argomenti delle sue lezioni. Un giorno era venuto in visita il Direttore (all’epoca si chiamava “Didattico” perché il suo compito era proprio quello di occuparsi di controllare l’efficacia dei metodi di insegnamento-apprendimento), un buffo ometto, basso e con la testa tonda e quasi completamente calva, dalla pelle così rilucente che veniva voglia di passarci la mano per sentire quanto era liscia o se scottava. Come spesso accadeva in queste visite formali, il Direttore decise di interrogare qualcuno e, nel travagliato ma ossequioso silenzio generale, scelse un alunno a caso. Con la consueta attrazione verso la sventura posseduta da chi non vuole essere esaminato, cercai di guardare disinvoltamente in faccia il mio presunto aguzzino ma, invano: alla fine la vittima prescelta fui proprio io. Dietro l’autorevolezza del ruolo che ricopriva, il Direttore celava però una grande umanità e una forte capacità di empatia nei confronti dei bambini. Così, dopo aver preso il famoso registro grigio della maestra e consultato l’elenco degli argomenti trattati quel giorno, mi chiese di che cosa volevo parlare. Quella mattina, la maestra aveva ascoltato alcuni di noi nella recita della poesia di Giovanni Pascoli “X agosto”, assegnata come compito per casa. Fin da piccola ho amato la poesia e quel linguaggio, per me sublime, che sa esprimere pensieri e sentimenti umani e sa raccontare la bellezza del creato. Quei versi, che descrivevano il dolore del poeta per la perdita del padre, mi avevano colpito, quasi che quelle parole avessero toccato il mio cuore nel profondo, facendo sentire anche a me quel dolore. C’ERAVAMO, CI SAREMO Scelsi di recitare quella poesia e lo feci con un trasporto tale da suscitare stupore e meraviglia nel Direttore ed una malcelata soddisfazione nella maestra che, in questo modo, poteva brillare di luce riflessa. L’interrogazione si fermò lì, il grigio registro-giornale dell’insegnante Maria Luisa Papinutti in Nigris venne depositato sulla cattedra e tutti gli altri alunni furono salvi. A completare il quadro già fosco del grigiore dell’edificio c’era il nero della lavagna e dei grembiuli, sempre troppo “qualcosa”: troppo stretti o troppo larghi, a seconda che fossero quelli comperati dalla prima ed usati fino in quinta, con quei numeri romani della classe di appartenenza cuciti sul braccio cercando di nascondere l’impronta precedente, oppure quelli ereditati da fratelli o parenti più grandi che si cercava di stringere con strisce di stoffa non proprio adatte allo scopo. Nonostante la cupezza di quegli ambienti, credo però che la scuola abbia rappresentato per noi scolari di quel tempo un luogo rassicurante, come una mamma, che forniva la possibilità di crescere culturalmente e che forniva ad alcuni l’occasione per riscattarsi socialmente. Durante la mia permanenza alle elementari non ho avuto l’opportunità di vivere la trasformazione della scuola a tempo antimeridiano in scuola a tempo pieno. Solo molto più tardi ho avuto modo di sperimentarla, non più come alunna, ma come insegnante supplente. Il confronto con la mia esperienza di scolaretta è stato quasi traumatico: tutto il grigiore degli ambienti aveva lasciato spazio al colore, delle aule, degli arredi, dei cartelloni che ora abbellivano le pareti e davano testimonianza di nuovo modo di lavorare, dove l’alunno era diventato protagonista del proprio apprendimento, partecipe e consapevole del cammino da percorrere. Le relazioni fra insegnanti ed alunni erano improntate ancora al rispetto, ma era cresciuta una maggior fiducia nelle capacità del singolo, che poteva così trovare la sua strada anche grazie all’aumento del tempo scuola e delle proposte didattiche. Non più la scuola “mamma”, che indottrina e protegge, ma la scuola “laboratorio” che attiva e mette in gioco le risorse di ognuno in un clima più sereno e gioioso. Carla Picco Un, due, tre… scuola! el 1970 la comunità di Flaibano, prima in tutta la Regione assieme a quella di Budoia e subito seguita da quella di Terzo d’Aquileia, in anticipo sulla Legge 820/71 che istituiva ufficialmente il tempo pieno nella scuola elementare, optava con spirito pionieristico per un nuovo modo di “fare scuola”, lanciando di fatto una sfida a se stessa. Due anni prima veniva inaugurata la nuova sede scolastica di via Indipendenza che dal ‘70, con l’avvento del TP prese ad accogliere anche gli alunni della vicina frazione di Sant’Odorico dove la vecchia scuola “Tomadini” cessò N definitivamente di svolgere la sua benemerita funzione. Ma come si sta evolvendo la nostra scuola? In quale direzione? Una prima risposta la si può trarre da un semplice sguardo alle statistiche che riguardano la provenienza degli alunni: il trend è piuttosto chiaro e se da un lato evidenzia il crescente numero di alunni (costantemente in aumento dagli anni ’90), dall’altro porta in risalto come il rapporto tra residenti e non residenti si sia oramai rovesciato rispetto agli anni ‘70/’80. Nel merito di questa importante osservazione – che pone in luce come la qualità dell’offerta scolastico-formativa del tempo pieno e della nostra scuola in modo particolare goda di un sempre maggior apprezzamento – è interessante osservare come negli anni il bacino di utenza si sia mano a mano ampliato, interessando, seppur ancora marginalmente, comuni anche non propriamente prossimi al nostro quali Codroipo, Majano, Fagagna e Udine. Una evoluzione che rispecchia, in un certo qual modo, l’affermarsi di nuove istanze da parte delle famiglie in termini di qualità dei servizi e, più in generale, in termini di qualità della vita, dando una volta di più conferma di come la scuola a tempo pieno di Flaibano rappresenti un punto di eccellenza ed un valore aggiunto per la nostra comunità. 5 Mi ritorna in mente... li alberi, le radici deg a fr a rr te ...l’odore della ra, maestra Sand la paura della classe, ell’alfabeto in le lettere d del cancello, la pesantezza la, le tro della scuo re l su e ar d an il divieto di panchina, maestre sulla le e, Ild i d patatine arpe da tela per le sc i d o tt he cc il sa ginnastica, lberi, ... struite sugl’a le casette co ipone, Margherita C 1994-1999 ...ciò che rico rdo con maggior nos talgia è l’ora di ricreazione. Non perchè le lezioni fosse ro noiose, m a perchè in qu el momento , tanto atteso dagli alunni di allora come da quelli di adesso, la n ostra fanta sia si poteva sc atenare e riuscivamo ad inventare un gioco divers o ogni giorn o. Cruciatti Chi ara, alunna 1998 -2003 ...il mio pensierino va a quando, in quinta elementare, divoravamo a tempo di record il pranzo per poi fare a gara con gli amici, correndo verso il cortile, a chi passava più vicino alla maestra della terza classe: la (per noi, allora) bellissima meastra Sofia. Pecile Omar, alunno 1982-1987 6 ...un pensiero all’indecisione delle maestre nel farci indossare o meno il grembiulino. Il risultato fu che tutti dovevamo avere la tuta da ginnastica, con la particolarità che tutte erano uguali e tutte blu, visto che le nostre mamme andavano a comperarcela, non al CittàFiera ma bensì da “Minute” (alimentari, frutta, verdura, casalinghi e abbigliamento, tutto in dieci metri quadrati) con, naturalmente, un’unica scelta obbligata! Chissà... forse per me un segno premonitore, visto che ora faccio il metalmeccanico. Michelutti Giacomino, alunno 1976-1978 ...mi ricordo che quando ero n prima elementare ci siamo vestiti in maschera: chi da ungherese, chi da spagnolo, chi da messicano, chi da indiano, ... E’ stato molto divertente perchè anche noi bambini abbiamo contribuito alla realizzazione delle maschere, e durante il Carnevale abbiamo sfilato per le vie del paese. In seconda, poi, abbiamo cominciato a scrivere ai nostri “amici di penna” di Terzo d’Aquileia che avremmo poi conosciuto l’anno successivo. Della quinta, in fine, ricordo il mercatino - con tanto di bancarelle - che avevamo organizzato per “vendere” i nostri lavoretti di cucito, uncinetto e traforo: fu un vero e proprio successo e, nonostante un brutto acquazzone, finimmo addirittura su TeleFriuli. Marzia Picco, alunna 1977-1982 C’ERAVAMO, CI SAREMO ...a quei tempi facevo parte dell’ amministrazione comunale ed il fatto di essere di San Odorico mi permetteva di poter ascoltare da vicino gli umori della gente all’ idea di chiudere definitivamente la scuola nel nostro piccolo paese a era il ...eravamo in quinta, Doris e 1975, e le maestre avano in Colombritta ci port arci a corridoio per insegn ballare... Cinzia Gentilin alunna 1971-1977 favore di una a tempo pieno e per di più “in quel“ di Flaibano. Ricordo una normale preoccupazione iniziale che ...ricordo che quando, nel 1970, la scuola accompagna qualsiasi cambiamento ma “Antonio Tomadini” di Sant’Odorico venne non ci sono stati problemi nell’ chiusa io dovevo cominciare la terza accettare il tempo pieno e nel elementare. Per me, allora bimba di otto portare quindi tutti i bambini a anni, fu un autentico dramma. Avrei dovuto Flaibano, anzi, la popolazione di San cominciare ad andare a scuola a Flaibano, Odorico in quel momento storico ha in una scuola tutta nuova e la novità del dimostrato una buona apertura mentale tempo pieno. Non avrei più rivisto la vecchia nei confronti di questa novità. Sicuramente l’ amministrazione comunale di quegli anni ha avuto il merito di saper spiegare bene alle famiglie quali vantaggi si potevano trarre da una scuola a tempo pieno, ad iniziare dalla volontà di unire i 2 paesi in un’ unica comunità partendo proprio dai ragazzi che, andando in un’ unica scuola, avrebbero avuto la possibilità di frequentarsi quotidianamente e stufa a legna che a Sant’Odorico noi bambini avevamo il compito di mantenere accesa; non sarei più potuta andare a scuola a piedi; avrei avuto due maestri e molti più compagni di classe, ed a mezzogiorno non avrei più pranzato a casa. E’ stata dura. E se solo ripenso a quel periodo, mi prende la nostalgia per quella nostra vecchia scuola con la sua stufa a legna. Eppure, oggi, da mamma di quattro crescere assieme. figli e che lavora, devo riconoscere la Ricordo però che il maestro Fantin, grande disponibilità che offre questa insegnante di allora a San Odorico, scuola a tempo pieno. Inoltre i miei figli soffrì molto per questo diverso modo non hanno avuto le mie stesse difficoltà di concepire la scuola, e non riuscì ad perchè hanno iniziato a frequentare abituarsi al diverso metodo di lavoro Flaibano fin dagli anni dell’asilo, conoscendo che il tempo pieno richiedeva. Preferì bambini di altri paesi. quindi chiedere il trasferimento alla vicina scuola di Carpacco che era a modello tradizionale con orario antimeridiano. Lieto Tomadini, Giandomenico Marilena, alunna 1970-1973, mamma amministratore ‘70 7 Quando il funerale era una festa. Leggendo il titolo di questo articoletto potreste immaginare scenari ameni. Forse una storia ambientata in Grecia, dove veramente i funerali si concludono con un banchetto, o in un covo di gangster newyorkesi che festeggiano dopo aver appena fatto fuori uno “sbirro”. Nulla di tutto ciò. Solo un semplice racconto di vita vissuta a Flaibano, ai tempi della “mia” scuola elementare a tempo pieno. Succedeva (e succede ancora) che nel nostro piccolo paese una persona passasse a miglior vita. Le campane suonavano (e suonano ancora) con quel inconfondibile rintocco fatto di accelerazioni ed improvvisi rallentamenti; metafora della vita che inizia timida, si rinvigorisce, cresce per poi lentamente lasciare lo spazio al silenzio, che sembra proprio eterno. A quel punto la “prassi” prevedeva (e prevede ancora) l’organizzazione del funerale affinché il caro estinto potesse essere dignitosamente accompagnato al Camposanto. Questo semplicissimo e consolidato iter si consumava da secoli con tutte le figure saldamente fissate dal copione. I parenti, gli amici, la chiesa listata a lutto, il parroco ed i chierichetti. Tutto come da tradizione, tutto sempre uguale…. fino al 1970. Cosa successe nel 1970 nella nostra comunità? Ve lo dico io. Nacque la SCUOLA A TEMPO PIENO….. A T – E – M – P - O P - I- E- N - O….capite? Un dramma !!! Perché? Direte voi. Ma è facile capirlo. Se i bambini erano tutti a scuola, come trovare i chierichetti? Fortunatamente l’uomo è l’animale che meglio si sa adattare alle situazioni ambientali e, ancora più fortunatamente, tra gli uomini c’è sempre qualcuno che eccelle per spirito di adattamento e genio dell’imprevisto. Uno di questi era senza dubbio don Antonio Marioni, il parroco di Flaibano. Lui non ci pensò molto e con il riconosciuto suo carisma, alla prima necessità funebre, si presentò a scuola, proprio appena stavamo rientrando dal pranzo, che, allora, si consumava alla Trattoria “al Fogolar” (di fronte alla latteria). Don Marioni sapeva che subito dopo il rancio ci saremmo sfogati in quella che tutti chiamavamo la ricreazione lunga. Uno spazio “enorme”, dove, con una pallina da tennis, riuscivamo a giocare a calcio delle partite che finivano 18 a 7 o 24 a 19. Quel giorno ci chiedemmo che cosa mai il parroco facesse lì a quell’ora. Solitamente ci raggiungeva al mattino, quando veniva a farci catechismo. Famosa era la sua frase quando, mettendo la sedia in mezzo all’atrio, diceva “Vengano a me i Discepoli“. Tutti correvamo come fulmini e ci sedevamo in terra intorno a lui che, con la sua suadente e severa voce, ci portava a spasso per il Vangelo senza che noi osassimo fiatare. Quel giorno capimmo che non si trattava di normale prassi. Insieme a lui, sulla scalinata della scuola c’erano il maestro Ermete Sbrizzi e la maestra Ida Bizzaro (due dei maestri storici della Scuola a tempo pieno). Il conciliabolo dei tre durò tutto il tempo della “ricreazione lunga”, fino a quando il suono della campanella interruppe le urla, le corse, i pianti, che ribollivano in quel polveroso cortile. Diligentemente, classe per classe, in fila per due, in ordine crescente dalla prima alla quinta, ci disponevamo per entrare in aula. In quel momento ecco che don Marioni ed il maestro Ermete presero la parola «Tu, tu, tu, e tu» disse il maestro. «Mi coventin ancjemò doi» disse Don Marioni «Ce môt ancjemò doi» sbottò il maestro «E cui puartie la cros? Cui fasie di fouc?» Ribattè don Marioni. Dopo un breve scambio di battute il maestro indicò altri due: «Tu e tu….. dai». Si compose così il primo plotone di sei alunni con “licenza funebre”. Due di 5^ due di 4^ e due di 3^. I prescelti (tra i quali stranamente il sottoscritto) seguirono il parroco che li accompagnò in chiesa camminando con ritmo forsennato. «Dai, movisi. Al è di meti dentri il catafalc, di meti il tapêt, di pià i cjandeleirs… movisi». Don Marioni mise immediatamente al lavoro il manipolo di “scolari in permesso funebre” che non credevano alle loro orecchie ed ai loro occhi. In poco più di mezz’ora tutto era pronto ed il “plotone funebre” era perfettamente preparato. Uno di “ampoles”, uno di “fazzolet”, due di “ferâr”, uno di “fuc” e un “muni” (sì, perché non avevamo il sacrestano) che poi avrebbe portato la croce alla testa del corteo. Il tempo del funerale passò come una scheggia ed una volta ritornati dal cimitero a gambe levate ecco che ci ritrovammo con il pallone tra i piedi a giocare dietro la chiesa. E la Scuola? Accipicchia è vero… la Scuola. Nessun problema. Avevamo il permesso “canonico”. Eravamo protetti dall’immunità totale. Nessuno, neanche i genitori, avrebbero osato dire “bao”. Ben presto questo spazio di libertà divenne ambito tant’è che il maestro Ermete e don Marioni dovettero fare in modo che ci fosse una dovuta “rotazione del personale” onde evitare possibili “zuffe da funerale”. Ma vi immaginate….saltare scuola per andare al funerale. Troppo figo!!! A dire il vero non tutti erano così contenti di sgattaiolare. La nostra Scuola era divertente e coinvolgente al punto tale che qualcuno ci andava anche di sabato, quando era chiusa. Si saltava il cancello e si giocava a calcio in cortile. C’erano da finire le partite iniziate nella settimana… mica scherzi. E così siamo cresciuti… siamo cambiati. Fortunatamente la nostra amata scuola è ancora lì ed accoglie i nostri figli con lo stesso affetto con cui ha accolto noi. Ma mi viene da fare una proposta. E se inserissimo nel P.O.F. un bel…funerale ogni tanto? (Scritto pensando a tutte quelle persone che con ingenua cocciutaggine hanno voluto e aiutato a crescere la Scuola a tempo pieno facendola amare da tutta la comunità) Chierichetto ’70 8 C’ERAVAMO, CI SAREMO Pagelle... ....dalla A al 10 La vignetta... Gaia 9 La scuola che verrà SCUOLA DI PUZZLE CHIAVE (5-5): la peculiarità della scuola di Flaibano. T A E M G P P R G B I R O A E I R E V O N O N C E N S I N I N R M E N S A T E E B I M B O A R A I H G A M L E Z U C P I I I T I L O C D M A T O E I D E S N E N E G T A V O L E M A T I T A N O AMICI GONNA NOIA GREMBIULE NOVE BENE PANINI BIMBO ITALIANO BIRO LETTERE RICREAZIONE MAGHI SEDIE GESSO TAVOLE GIOCHI MENSA ANNO IDEA PENNE ETA' MATITA TEMI Cancellare nello schema tutti i nomi elencati, scritti in orizzontale, verticale e anche da destra a sinistra o dal basso verso l’alto. Le lettere restanti danno la soluzione. 10 C’ERAVAMO, CI SAREMO 11 Due chiacchiere con la maestra Ida er ripercorrere i 40 anni della Scuola Primaria a tempo pieno “Luigi Bevilacqua” di Flaibano una tappa era fondamentale. Tutti concordi nel dire che senza la testimonianza della “maestra Ida” non potevamo proprio partire per questo affascinante percorso attraverso i banchi della nostra scuola. Ecco, quindi, che viene il giorno in cui decidiamo di andare a fare visita a chi questo percorso lo ha fatto tutto d’un fiato, con l’entusiasmo e la passione, con la competenza e l’umiltà di chi sa di doversi mettere in gioco giorno dopo giorno. Entriamo nella casa della “Maestra” dove lei ci attende e ci accoglie con il suo sorriso e l’inconfondibile voce cristallina. Dopo esserci accomodate cominciamo la nostra intervista cercando di partire da prima del 1970, quando il tempo pieno non era neppure nell’anticamera dei cervelli di insegnanti, amministratori locali e cittadini. La maestra Ida ci racconta di lei, della sua formazione fatta a Udine sostenuta con tanti sacrifici dai suoi genitori. La carriera professionale comincia così a S. Odorico per poi continuare a Sauris e ridiscendere nelle vicine scuole elementari di Grions e Sedegliano. Alla fine di questa che potremmo definire “gavetta”, arriva a Flaibano per rimanerci fino alla giornata del pensionamento, nel 1986. Parlando a ruota libera su come era la scuola di quel primo dopo guerra non possiamo non toccare il tema della disciplina, del rispetto delle regole che oggi sembrano così tanto assenti tra i banchi di scuola. La maestra Ida ci dice di come, nonostante la durezza, le punizioni non fossero mai pesanti e gratuite. Bastava alzare la voce, mandare il monello fuori dalla porta e la maggior parte dei casi si risolveva senza strascichi, nel completo rispetto dei ruoli. Da una parte l’insegnante, dall’altra i genitori; al centro sempre e comunque il bambino. La maestra ci racconta di come le famiglie entravano P 12 nel percorso educativo della scuola in modo non paragonabile a quello attuale; ovvero con qualche difficoltà nell’ aprirsi al rapporto, ma con una chiara definizione dei ruoli che aiutava gli insegnanti nel loro doppio compito di maestri ed educatori. A questo punto ci viene spontaneo chiedere come fossero composte le classi che in quell’inizio carriera venivano affidate agli insegnanti. La maestra Ida ci dice che il numero e la composizione delle classi è rapidamente cambiato. Impressiona il suo racconto quando racconta di una esperienza “terribile” da supplente in una classe di 55 bambini: «Più che bambini era un gruppo eterogeneo dal quale emergevano anche dei ragazzi grandi quanto me». Era il risultato dei tanti ripetenti che si accumulavano negli anni e che si trovavano molto frequentemente nella scuola del dopo guerra. «Le cose cambiarono rapidamente negli anni Sessanta quando, nonostante il boom economico, le curve demografiche dei nostri paesi cominciarono sensibilmente a flettere e le classi a ridimensionarsi. Nel caso più specifico della Scuola a tempo pieno di Flaibano il numero di bambini per classe aumentò notevolmente già dal suo inizio, poiché ci fu l’arrivo del bambini di Sant’Odorico e di qualche altro proveniente da paesi vicini (Cisterna, Dignano etc… )». Prendiamo fiato. La maestra ci offre un buon caffé che ci aiuta per azzerare quell’impercettibile imbarazzo che sempre c’è quando si risponde a una intervista. La maestra ha tantissime cose da dire, ma ci tiene a esporle con chiarezza e dando il giusto peso a quegli argomenti a sua detta più importanti. E come non parlare, allora, del rapporto con le famiglie dei suoi bambini, della situazione sociale che ha potuto analizzare in così tanti anni di attività. Le famiglie, dice la maestra, si affidavano spesso agli insegnanti non solo per il periodo di passaggio dalla scuola elementare, ma anche nel percorso scolastico successivo. «È così che molte mamme e molti papà mi chiedevano consigli sia sugli indirizzi da dare ai figli che per eventuali ripetizioni. Spesso succedeva che oltre a parlare di scuola si parlasse di altro e così emergevano problemi di ogni tipo. C’erano famiglie in difficoltà, ma che credevano nella scuola, altre che ritenevano tempo poco produttivo quello passato sui libri e sottratto al lavoro in famiglia, spesso nei campi o nelle tante stalle che allora c’erano». La maestra ricorda bene alcune “battaglie” con dei genitori che videro la Scuola a tempo pieno come il fumo negli occhi, salvo, poi, ritornare sui loro passi una volta compresa la valenza di questo nuovo metodo formativo. Ecco che torniamo immediatamente a bomba. La Scuola a tempo pieno. La maestra Ida si riassetta sulla sedia e da una posizione più rilassata inizia a raccontarci qualcosa di più dettagliato C’ERAVAMO, CI SAREMO rispetto alle origini. «Fu l’allora direttore Tonutti, persona alla quale noi tutti insegnanti dobbiamo un ricordo affettuoso e di gratitudine, che ci portò in Trentino a vedere il nuovo modo di fare scuola. Lì entrammo immediatamente nel nostro ruolo di insegnanti della sperimentazione. Una fase molto motivante, ma altrettanto faticosa. Si trattava di stravolgere completamente un sistema. Infatti il tempo pieno prevedeva una suddivisione tra insegnamento delle materie curricolari e attività integrative. Il tutto doveva essere perfettamente garantito in presenza di insegnanti che dovettero anche iniziare percorsi di formazione professionale molto impegnativi. Ricordo - dice la maestra - che ci fu fatto seguire un corso manuale per la tecnica dello sbalzo sul rame…. Cose mai viste». Siamo all’ultima sollecitazione prima dei saluti. Chiediamo alla maestra Ida, senza alcun indugio, se guardandosi indietro si sentisse soddisfatta di ciò che ha dato e ricevuto dalla sua scuola. Il volto della maestra si fa tenero, le mani si chiudono unite, la voce cambia tono divenendo più bassa. «Ho lavorato sempre con tantissima passione ottenendo grandi soddisfazioni. La scuola mi ha assorbita quasi totalmente e per questo negli ultimi anni ho sentito un certo affaticamento. Oggi sono serena nel pensare a cosa ho fatto insieme a tanti altri straordinari colleghi con i quali ho condiviso ansie, incertezze, soddisfazioni, ma la cosa che più porto dentro sono, uno per uno, tutti i miei bambini, oggi uomini e donne che ancora mi salutano con un “buondì maestra…». Nessuna moneta può pagare tanto. EZIO PICCO (Sindic)… CUORE PULSANTE A TEMPO PIENO itrovarsi, oggi, a festeggiare i 40 anni della nascita della Scuola a tempo pieno è emozionante per tutti noi che sappiamo cosa questa istituzione scolastica ha rappresentato nelle nostre vite. Ebbene la matrice di queste emozioni sta in quelle persone che 42 anni fa, circa, si ritrovarono a prendere una decisione che avrebbe da lì in poi radicalmente cambiato lo sviluppo delle nostre comunità. Non erano eroi, non erano scienziati, non erano esperti. Erano persone abituate a guardarsi intorno con smisurata curiosità, con la sete di crescere, di progredire che dava loro un’energia positiva, carismatica. Di queste persone oggi, da queste pagine, riteniamo quanto mai opportuno raggiungerne una che è qui con noi e che da sola potrebbe scrivere un intero libro sia sulla Scuola a tempo Pieno che sull’intero impianto sociale ed amministrativo del nostro Comune: l’ex Sindaco Ezio Picco. Fu lui che riuscì a coinvolgere i suoi collaboratori più vicini, a condividere con l’allora Direttore Didattico Tonutti il percorso che avrebbe di fatto cambiato volto alle comunità di Sant’Odorico e di Flaibano. Chi oggi ricorda quei tempi dice di un uomo che aveva prima di tutti capito l’importanza di avviare un processo educativo nuovo, capace di aprire la scuola all’esterno per far entrare ciò che fino ad allora nella R scuola non poteva entrare. E’ nel ricordo di molti, che con lui hanno percorso questo processo di mutazione, la grande energia che egli seppe trasmettere a tutte le persone che a vario titolo avrebbero poi costituito il “nocciolo duro” della nuova creatura. Pensare che tutto sia stato facile non è corretto. Tante furono le difficoltà non solo burocratiche ed organizzative ma anche di carattere culturale. C’era veramente bisogno di una specie di condottiero, capace di sopportare il carico delle responsabilità e di tranquillizzare tutti su quei risultati che, è bene saperlo, non erano del tutto scontati. “Centro Sperimentale Scolastico Flaibano”. Così si chiamava. Sperimentale voleva dire mettersi in gioco a 360°, non guardarsi più indietro ma puntare dritti alla meta attenti nel non lasciare nessuno indietro. Ezio Picco ha avuto l’intuizione del “fuoriclasse” così come gli succedeva quando giovane e spensierato inforcava la bicicletta per andare a giocare a calcio a Cordovado dove lo attendeva la maglia n° 10, quella del regista. Quella volta fu una paurosa pleurite a sbarrargli la strada da calciatore di probabile carriera ma dopo nulla lo fermò. Le difficoltà vennero una per volta superate e non mancarono momenti di tensione. Lui, però credette nella Scuola a tempo pieno e nella sua capacità di costruire cittadini migliori, capaci di farsi coinvolgere e vogliosi di partecipare allo sviluppo della loro comunità e se oggi siamo qui significa che la sua fede al progetto lo ha ripagato. Ezio Picco, il Sindic, oggi più che mai è il protagonista di questa splendida pagina di storia. A lui, a chi lo ha sostenuto nella sua caparbia convinzione va una riconoscenza a TEMPO PIENO. La redazione di Fruçons. Ezio Picco (Sindic) 13 Ermes & Ilde cuolabus? ...pulmino? ...o corrierino? Con qualunque nome lo abbiate conosciuto certamente vi tornerà alla mente, non senza un pizzico di nostalgica emozione, quel suo giallo fiammante con cui ha accompagnato i giorni di scuola della vostra infanzia e della vostra adolescenza. Per noi, poi, nati nello scorso secolo, non è possibile pensare allo scuolabus senza pensare a chi ne è stato primo ed indimenticato autista: Ermes Picco, il “guardiàn”. Per questo numero speciale che, nella ricorrenza dei 40 anni dall’introduzione del tempo pieno, vuole celebrare la nostra scuola elementare, noi di Fruçons siamo andati a trovarlo; per farci raccontare qualcosa di lui, del “suo” pulmino e di quella scuola che ogni giorno, per tanti anni, lo ha atteso al proprio ingresso col suo chiassoso carico di futuro. Lo abbiamo incontrato a casa sua, in via Garibaldi, dove ci ha accolto con la sobria cortesia che ancora ricordavamo dagli ormai lontani tempi dei nostri trascorsi tra i banchi di scuola. Quando cominciamo la nostra chiacchierata, quasi ci sorprendiamo nello scoprire l’emozione con cui Ermes ricorda quegli anni; ed in fondo la sua commozione è anche un po’ la nostra che, attraverso il suo racconto, riportiamo alla mente uno tra i periodi S 14 più sereni e spensierati della nostra vita. Così, tra un po’ di imbarazzo, qualche bonaria battuta ed una punta di malinconia, Ermes ci racconta di come la sua carriera di pubblico servizio abbia avuto inizio sul finire degli anni sessanta, con la qualifica di guardia cantoniera. E’ infatti solo alcuni anni più tardi, nel 1970, che si presenta la necessità di dover garantire un servizio di trasporto scolastico ai bambini di Sant’Odorico. Viene quindi acquistato il primo scuolabus ed Ermes riceve l’incarico di autista; incarico che non abbandonerà fino al momento della pensione, nel 1993, dopo ben ventuno anni di onorata carriera. Dal tono con cui ne parla e dalle sue stesse parole, ci appare evidente che quello di autista dello scuolabus era un lavoro a cui teneva molto: da un lato gli consentiva di stare in mezzo ai bambini, dall’altro gli ha dato l’opportunità di visitare, nel corso delle gite scolastiche, tanti luoghi del Friuli di cui ancora conserva intatto il ricordo. Ed accanto alla soddisfazione di aver svolto per tanti anni un lavoro piacevole, Ermes non manca di sottolineare come il suo fosse anche un ruolo di enorme responsabilità, che gli è valso il rispetto dell’intera comunità. Ci tiene infatti a ricordare come, ai suoi (ed ai nostri) tempi, sul pulmino assieme ai bambini c’era solo lui e che, mentre guidava, aveva uno sguardo costantemente rivolto allo specchietto per controllare che tutto, tra i sedili, fosse in ordine. Ecco, ripensandoci, assieme ai mille aneddoti che riemergono nel ricordare quei viaggi in pulmino tra Sant’Odorico, Flaibano e poi Cisterna ripetuti centinaia e centinaia di volte, quello dello sguardo severo e vigile di Ermes sullo specchietto è forse uno dei più nitidi. E, subito dopo, quello del suo profondo vocione che il più delle volte era sufficiente a ristabilire la disciplina anche tra le fila dei passeggeri più vivaci. Ma se proprio ricorreva la necessità, la minaccia del “verdòn” (il manico da scopa che molto probabilmente non ha neppure mai dovuto usare) era garanzia di sicuro silenzio. Ma accanto al suo modo di fare burbero e severo, Ermes sapeva anche trovare le parole per consolare e rassicurare i più piccini che, al distacco dalla mamma, si lasciavano immancabilmente andare a pianti disperati. Lo scuolabus era un po’ la sua seconda casa; ogni mattina, mentre faceva scaldare il motore, gli dedicava infinite attenzioni: controllava le gomme, spazzava il corridoio, passava i sedili. Poi si avviava, piano piano, verso Sant’Odorico. Ricorda ancora con orgoglio l’ordine e la pulizia che gli piaceva mantenere a bordo e di come (lasciandosi andare ad un po’ di sano campanilismo) per più di dodici anni il “suo” pulmino non abbia avuto necessità di aggiustamenti, al contrario di quelli dei comuni vicini che erano invece costretti a ricorrere frequentemente alle cure di meccanici e carrozzieri. I suoi ragazzi sapevano che non dovevano sporcare o rovinare i sedili anche perché, se venivano colti in flagrante, il “verdòn” era lì, pronto a far giustizia. Nel corso della nostra chiacchierata, Ermes ricorda un solo grosso guaio accaduto nei primi anni ’70 quando, nottetempo, lo scuolabus venne “preso in prestito” per mettere a segno il furto di decine di forme di formaggio ai danni della vicina latteria. Ritrovato la mattina seguente nei pressi di Manzano, ci vollero settimane ed olio di gomito prima che l’aroma di cacio svanisse. Tra i mille episodi cui Ermes ripensa con piacere e che ci spingono ora a sorridere di gusto e a ripensare con malinconia a quegl’anni, con particolare simpatia lo ascoltiamo raccontare dei ritardatari cronici che ogni mattina C’ERAVAMO, CI SAREMO arrivavano correndo mentre lo scuolabus già stava ripartendo verso Flaibano; allora, fingendo di non averli visti, percorreva qualche decina di metri per poi farsi raggiungere dai malcapitati che, dopo una corsa disperata ed ancora col fiatone in gola, si dovevano pure sorbire il giusto seppur bonario rimprovero. Tanti ricordi, che ancora oggi riemergono vividi alla memoria mentre ascoltiamo Ermes, il “guardiàn”; ricordi di centinaia di bambini che, negli anni di servizio, ha accompagnato, rimproverato, consolato e che ora, cresciuti e diventati adulti, si fermano con piacere a parlare con lui di quegl’anni indimenticabili. Come detto, nel 1993, raggiunta l’età della pensione, Ermes viene “congedato” con onore e premiato con una targa di riconoscimento per l’impegno e la dedizione con cui, per tanti anni, ha svolto il suo lavoro. Mentre lo ascoltiamo ce la indica compiaciuto, appesa in bella vista alla parete della sala. Accanto alla sua, un’altra targa di egual valore: quella della moglie Ilda che, dal 1979 al 1996, fu “la” cuoca della mensa scolastica e che, mentre Ermes ci raccontava la sua storia, si è seduta accanto a noi e con cenni affettuosi del capo conferma e ricorda con lui i tanti avvenimenti di quel periodo. Anche per lei l’imbarazzo e la commozione sono palesi. Rammenta ancora perfettamente e con un pizzico di divertimento, come stesse lavorando nell’orto quando l’allora sindaco Ezio Picco la contattò per proporle la mansione di cuoca della mensa scolastica. I primi anni Ilde si avvalse dell’importante aiuto del figlio Oscar, cuoco di professione. Ma ben presto si scoprì capace di gestire da sola tutto il lavoro. Anzi, così capace da dedicarvisi per i successivi diciannove anni. Tutta l’organizzazione della mensa era nelle sue mani: dall’acquisto degli alimenti alla preparazione dei menù (su indicazioni del medico di base e di dietologi specializzati) fino al servizio in tavola alla giovanissima ed affamata “clientela” ed alle pulizie. Un lavoro sfiancante che la occupava per ben dieci ore al giorno, ma che ha saputo anche darle enormi soddisfazioni. Mentre si lascia andare nel raccontarci le sue esperienze, traspare tutta l’emozione e l’affetto che ha sempre avuto verso i “suoi” bambini; perchè, in fondo, siamo stati tutti un po’ suoi figli ed ancora oggi, incrociandola per le strade di Flaibano, ci fa un grande piacere renderci conto che ci ricorda e si rivolge a noi, come allora, con un “il gnò frùt” che dice davvero tanto dell’amorevolezza con cui si è sempre dedicata a noi ed al suo lavoro. Certo, come lei stessa rammenta, alle volte era costretta ad essere severa. Non era affatto semplice tenere a bada tanti bambini e far capire loro che la mensa della scuola non era la cucina di casa, nè tanto meno un ristorante: bisognava mangiare ciò che veniva servito. Chiaramente stava molto attenta ai casi di intolleranza, ma anche a quelli di pura (seppur forte) antipatia verso certe portate. Per questo teneva un suo personalissimo quaderno in cui appuntava con cura le eccezioni e le possibili alternative. E parlando di antipatie, tanto a Ilde quanto a noi scappa ancora da ridere nel ricordare con quanta malavoglia ci toccava sorbire la crema di spinaci che, per sottolinearne la dubbia provenienza e appetibilità, era stata ben presto ed unanimemente ribattezzata “crema Visitors”. Tra i tanti ricordi che affiorano nella piacevole conversazione con Ilde, soprattutto per noi della generazione scorsa, è impossibile dimenticare l’impegno che quotidianamente toccava, a turno, ai ragazzi delle ultime classi: prima aiutare Ilde a servire in tavola e poi darle una mano nella pulizia e nel riordino della mensa ricevendo, a fine settimana, l’ambito gelato di ricompensa. Nella sua lunga e appagante carriera, Ilde non ricorda di aver avuto particolari problemi. Racconta però che un giorno tutto il pranzo era pronto ed i bambini erano già seduti a tavola. Le pentole erano state messe nel montacarichi che avrebbe dovuto farle scendere dalla cucina fin nella sala da pranzo, ed ecco... l’imprevisto! A causa di un guasto improvviso il montacarichi si bloccò a mezza via e non ci fu verso di aggiustarlo. I bambini erano tutti in trepida attesa del meritato pasto, dopo una mattinata di attività; serviva una soluzione rapida e così Ilde corse al forno ed acquistò pane e companatico: quella fu davvero l’unica volta che in mensa tutti mangiarono panini. Il tempo è piacevolmente volato ascoltando Ermes e Ilde. Se ne avessimo avuto l’opportunità, molto probabilmente avremmo potuto scrivere un intero libro con tutti gli episodi interessanti che hanno segnato i loro anni trascorsi al servizio della scuola. In questa edizione speciale di Fruçons però, a noi premeva soprattutto sottolineare con quanta dedizione Ermes e Ilde abbiano svolto il loro lavoro a contatto con quei bambini oggi divenuti adulti. Gli stessi che li ricordano ancora oggi con tanto affetto, a dimostrazione del fatto che passione, impegno, serietà e amore lasciano un segno indelebile in chi ci circonda. Lasciamo Ermes e Ilde alle faccende di ogni giorno. La loro storia ci è parsa emblematica: marito e moglie legati nella vita dall’amore per la propria famiglia e che condividono anche l’impegno e le difficoltà di un lavoro bello ma carico di responsabilità. Quando li incroceremo di nuovo, per le vie di Flaibano, ci fermeremo con piacere ad ascoltare ancora le loro storie che sono, in fondo, le nostre. 15 ... e Rina opo il primo autista e la prima cuoca non poteva mancare, tra coloro che hanno contribuito a “dar vita” alla nostra scuola a tempo pieno, la prima bidella: Rine. La incontriamo in un’afosa giornata d’estate e lei ci accoglie nella sua casa pronta a raccontarci la sua esperienza. Rine ci sorprende con i suoi ricordi che ci appaiono infatti come un continuo contrapporsi di emozioni contrastanti: la passione e l’amore per i bambini miste alla sofferenza per un lavoro duro e svolto per la maggior parte del tempo in solitudine, senza l’aiuto di nessuno. Rievoca le fredde sere invernali quando, intenta a ripulire la scuola buia e deserta, qualche bambino tornava a riprendere un quaderno dimenticato per sbadataggine facendola suo malgrado, spesse volte, prendere dei grossi spaventi. Ascoltandola ci immaginiamo la fatica nel ripulire e riordinare da sola tutto quanto mentre per tutti la giornata era ormai finita da tempo. Non era un lavoro facile e Rine ci confida come, alle volte, avesse desiderato una mano nelle mansioni più pesanti. Ma nonostante tutto, l’amore per i bambini e il bel rapporto instaurato con le maestre riusciva ad allietarla. Nei pochi momenti di contatto con i bimbi è stata per loro un punto di riferimento, quasi una figura materna nella quale rifugiarsi nei momenti di difficoltà e bisogno. Quanti bambini hanno ricevuto una parola di conforto dalla bidella Rine e quanti di quei bambini la ricordano ancora con affetto per la sua comprensione e per la sua complicità. Rine conserva un buon ricordo anche delle maestre con le quali aveva instaurato un legame basato sulla stima reciproca, sul rispetto e sulla collaborazione. Ascoltiamo Rine rievocare questi semplici ma significativi frammenti della sua personale esperienza nella scuola; esperienza breve (dopo alcuni anni ha infatti preso servizio presso la scuola materna) ma che ha sicuramente lasciato un segno importante. D 16 Che storie.... NOTTE IN TENDA Nella serata di venerdi 21 maggio è stato proiettato nella Palestra comunale un filmato realizzato ad Haiti subito dopo i recenti fatti sismici, mediante il quale sono state mostrate ai bambini e ai genitori le conseguenze del sisma, oltre al lavoro svolto dai volontari della Protezione civile. Al termine i bambini e i genitori capitenda si sono preparati per trascorrere la notte nelle tende, che erano state accuratamente predisposte dai volontari della Protezione civile. La mattina seguente, alle 6, c’erano già una ventina di bambini che scorazzavano per l’accampamento. È seguita la colazione e poi l’avvio a scuola, dove è stata effettuata la prova di evacuazione e la dimostrazione di montaggio di una tenda, attività durante la quale sono state poste parecchie domande ai volontari della Protezione civile. C’ERAVAMO, CI SAREMO SCACCIATE DALLA STUPIDITA’! Che emozione quella mattina! Circa vent’anni fa, una coppia di cicogne si era posata sulla cima spezzata del grande cedro tra le nostre aule e l’edificio del parascolastico. Le avevamo trovate là, al nostro arrivo a scuola…e mentre stavamo tutti incantati, col naso “all’insù“, mi accorsi che il maschio, in tutta la sua maestosa eleganza, batteva ritmicamente il becco manifestando alla compagna l’intenzione di fare il nido proprio là, su uno dei meravigliosi cedri della nostra scuola! Era fantastico! Spiegai questo ai bambini, invitandoli ad ammirare questo spettacolo che la natura offriva loro come un magico regalo, nel rispetto silenzioso necessario a non spaventarle. Avevano scelto noi e noi le avremmo protette. Già, questi erano i propositi ai quali i bambini avevano aderito con la rigorosa lealtà che sanno esprimere quando si parla al loro cuore. Per tutta la giornata si alternarono a osservare e difendere la coppia di cicogne, perché intanto la voce si era diffusa e, purtroppo, oltre a chi veniva solo ad ammirarle e fotografarle con condiviso rispetto, arrivò anche chi, con ignoranza ed egoistica superficialità, distrusse in pochi minuti tutto il nostro entusiasmo. Verso sera, infatti, una macchina si fermò davanti al cancello d’entrata, che quella volta si trovava solo sulla strada principale e i suoi occupanti cominciarono a gridare e strombazzare con trombe da stadio perché… volevano fotografarle mentre si alzavano in volo! Quando poi uno dei miei alunni di allora (mi pare fosse Ivano Vascotto) cercò di fermarli, invitandoli a smettere per non spaventarle, diedero ulteriore prova della loro stupidità, insultandolo vivacemente. Il risultato inevitabile fu che le cicogne volarono via in cerca di pace, ma alcuni giorni dopo una venne abbattuta lungo le rive del Tagliamento (purtroppo non c’è limite alla stupidità!) e l’altra venne poi accolta nell’attuale oasi faunistica di Fagagna. Piano piano, col passare dei giorni, volarono via anche quei ramoscelli che le cicogne avevano iniziato a depositare sul grande cedro e a tutti noi restò una malinconica, profonda amarezza nel guardare quella cima così desolatamente vuota. Da allora tanti anni sono trascorsi e i grandi cedri hanno continuato ad assistere silenziosi ed imponenti alle tante vite che si sono intrecciate nella nostra scuola, offrendo la loro ombra nelle giornate afose e le loro radici ai tanti bambini che hanno trovato lì la sede ideale per i loro giochi all’aperto, ma nessuna cicogna è più venuta ad incantarci con la sua eleganza. Giuliana Morati 17 18 BICE LA COTURNICE LA SACRA RAPPRESENTAZIONE Nell’anno scolastico 2006-2007 la classe quarta si è classificata al primo posto nel concorso regionale di educazione ambientale “Conoscere per crescere”. L’obiettivo era la realizzazione di un elaborato inerente una delle aree protette della nostra regione e in particolar modo le tracce degli animali. Durante le ore di scienze gli alunni hanno lavorato molto sulla fauna e la flora del Parco Naturale delle Prealpi Giulie presentando in regione il gioco di BICE LA COTURNICE (simile al gioco dell’oca) con in allegato numerose carte-gioco con quiz sugli animali creati dai bambini. Il lavoro ha coinvolto le aree scientifico geografiche e pittoriche e ha permesso di vivere un’esperienza naturalistica diretta con l’avventurosa escursione nel bosco della Val Resia per andare alla ricerca di tracce di animali. Nella giornata di domenica 13 maggio 2007 bambini, genitori ed insegnanti sono stati invitati alla premiazione del lavoro nel Palazzo Congressi di Grado. Il premio consisteva in un computer portatile che è rimasto in dotazione alla scuola. Ad ogni alunno inoltre è stato regalato un comodo zainetto e simpatici peluche. Grande la soddisfazione dei ragazzi che hanno dimostrato sempre impegno, entusiasmo e tenacia nel perseguire gli obiettivi. L’esperienza ha unito e coinvolto bambini, insegnanti e genitori, che insieme hanno condiviso la gioia di un percorso educativo ambientale che li ha portati a riflettere sull’importanza dei parchi e a conoscere meglio le aree protette della nostra regione. Nella Pasqua del 1971 i ragazzi della scuola elementare a tempo pieno di Flaibano sono stati impegnati nella recita della Sacra Rappresentazione: una pièce teatrale della Passione di Cristo. Lo spettacolo - che ha coinvolto in prima persona tanto gli alunni quanto gli insegnanti – messo in scena dopo settimane di prove ha riscosso l’unanime consenso del pubblico tanto da essere addirittura replicato in una sorta di mini tournèe nel vicino paese di Tomba di Mereto. Un’esperienza che ancora oggi viene ricordata con orgoglio e soddisfazione dagli exalunni di allora – oramai padri di famiglia – e che offre un concreto esempio di quali infinite risorse di entusiasmo e fantasia accompagnassero i primissimi passi mossi della scuola a tempo pieno. TEMA: LETTERA AGLI ASTRONAUTI La piccola Marilena, nell’anno 1970, ricevette come compito scolastico lo svolgimento del tema riguardante lo sbarco sulla luna appena accaduto. La sua attenzione fu rivolta all’unico membro dell’equipaggio che era rimasto sulla navicella sorvolando la luna in attesa e nella speranza di intraprendere il viaggio di rientro assieme ai suoi compagni che esploravano per la prima volta quel luogo così misterioso. Reputata la lettera più sensibile fu spedita direttamente all’astronauta il quale le rispose prontamente inviando la propria foto autografata che ancora oggi conserva incorniciata. C’ERAVAMO, CI SAREMO A SCUOLA... IN LUSSEMBURGO Il 1989 fu un anno storico: la caduta del muro di Berlino. Un evento che dette il via ad un futuro diverso, sia per la Germania, sia per il resto d’Europa e del mondo per le sue inevitabili conseguenze, in particolare, fra le tante, politiche, sociali e di comunicazione fra i popoli. Fatte le dovute proporzioni e sicuramente non azzardando alcun paragone con questo avvenimento, data l’importanza rilevante che ha avuto e che ha tutt’ora, anche Flaibano, nel suo piccolo, nello stesso anno ha dato il via a un futuro un po’ diverso, ha guardato avanti: proprio in quell’anno nacque il primo gemellaggio fra il nostro comune e quello di Bettembourg, in Lussemburgo. Dopo vari colloqui, telefonate, visite e accordi fra amministrazioni comunali, scuole e genitori si diede vita ad un vero e proprio scambio, ovvero, una ventina di ragazzi lussemburghesi di età compresa fra gli 11 e i 12 anni soggiornò per una settimana nelle case dei relativi coetanei qui a Flaibano e San Odorico, vale a dire dei ragazzi delle classi ’77 e ’78, per poi contraccambiare l’ospitalità qualche mese più tardi. All’inizio fu difficile capirsi, causa la diversa lingua, ma non passò molto tempo perché ragazzi e ragazze andassero d’accordo e si capissero, un po’ a gesti e un po’ a parole, dopo aver imparato qualche parola qua e là dell’altra lingua. La scuola diede una mano favorendo visite d’istruzione, insegnando un po’ la lingua e illustrando le differenze di insegnamento fra le due realtà; ma oltre a questi aspetti pratici è assai importante evidenziare quanto lungimirante ed efficace fu questa idea, paragonabile agli scambi alla pari e ai progetti Erasmus per studenti di diverse nazionalità frequentanti l’università. Quello fu il primo di una variegata serie di scambi che coinvolsero ragazzi delle scuole medie, membri del comune, società sportive, cori, varie associazioni, emigranti e cittadini vari nel corso degli anni. Attualmente, di tanto in tanto in occasione di qualche sagra, festa o compleanno, capita che noi giovani appartenenti ai primi scambi, a distanza di una ventina d’anni, ci soffermiamo a rievocare qualche ricordo, condito da qualche episodio divertente, qualche personaggio particolare che suscitava le nostre risate, e quasi sempre se ne parla col sorriso, ricordando nomi e facce: ad esempio la partita che si svolse in Lussemburgo in un campo di erba e terra vinta da noi, con delle porte ricavate da qualche tubo; la casa a tre piani del ragazzo portoghese; il biondino che faceva arti marziali; il pulmann che ci ha portato a Bettembourg i primi due anni (che poi era lo stesso che ci avrebbe portato qualche anno più tardi ogni giorno alle superiori a Udine) mentre i ragazzi dell’81, molto più fortunati, ebbero una corriera super accessoriata con tanto di divanetti in pelle, TV e servizi igienici; l’autista del pullman, Giorgio, detto Arturo, del secondo anno, ecc… e tanti altri ancora sarebbero i flashback, le memorie e i fatti da elencare. Di tutto ciò ci resta qualche foto, scattata all’epoca, con delle macchine fotografiche che sapevamo usare poco, a differenza dei bambini “tecnologici” dei giorni d’oggi, qualche indirizzo e qualche cartolina o lettera ricevuta dal nostro amico o amica ospitati nei primi anni Novanta. Ma ciò che ci rimane di sicuro, a chi più e a chi meno, è un bel ricordo, una esperienza di gruppo, che ci ha cresciuti un po’ socialmente e culturalmente, un progetto/esperienza che vorremmo durasse e venisse sostenuto ancora perché crediamo che, in fondo in fondo, possa sempre esser utile, nella nostra piccola realtà flaibanese, un’apertura mentale verso ciò che ci circonda, senza porsi limiti. Davide Antonio Zanini 19 40° ANNIVERSARIO DELLA SCUOLA A TEMPO PIENO DI FLAIBANO tobre t O 5 1 ì Venerd Ore 20,30 TEMPO PIENO DI....NOTE, PAROLE ED EMOZIONI. Presso la Chiesa Parrocchiale di Sant’Odorico, musiche, canti e letture a cura di musicisti ex allievi e delle attuali insegnanti della Scuola Primaria a Tempo Pieno “L. Bevilacqua” di Flaibano. Pianoforte: Sebastiano Gubian - Voce: Marta Carafoli Ore 09,30 CONVEGNO REGIONALE. “PROSPETTIVA TEMPO PIENO” Presso il Centro Sociale di Flaibano. Ottobre 6 1 o Convegno sulle prospettive della Scuola a Tempo Pieno. In questa sede verrà t a b a S presentato il tavolo di lavoro istituzionale per l’avvio di un laboratorio territoriale mirato a dare continuità al livello qualitativo del Tempo Pieno. Indirizzi di Saluto: Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Dr.ssa Daniela Beltrame. Assessore all’Istruzione della Regione Friuli Venezia Giulia Dr. Roberto Molinaro. Dirigente Tecnico della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Dr. Luigi Torchio Relatori: Sindaco di Flaibano rag. Stefano Fabbro. Sindaco di Bettembourg (LUX) Mr. Roby Biwer. Referente Scuola dell’ANCI FVG Prof. Mario Pezzetta (Sindaco di Tavagnacco). Altri rappresentanti istituzionali delle Amministrazioni Comunali e Scolastiche. Conduce e modera il Prof. Bruno Forte. Ore 18,00 CRESCERE A TEMPO PIENO. Inaugurazione della “Mostra Diffusa CRESCERE A TEMPO PIENO”. Partenza dalla Scuola Primaria “L. Bevilacqua” di Flaibano e percorso itinerante (circa 20 minuti). Successiva visione, presso il centro Sociale di Flaibano, del cortometraggio “CRESCERE A TEMPO PIENO”, curato da Claudio Cescutti e Barbara Urbano. Ore 11,00 SS. Messa a ricordo degli insegnanti, degli allievi e del personale ausiliario defunti. ttobre Ore 12,00 “RADUNO MONDIALE DEL TEMPO PIENO DI FLAIBANO” O 7 1 a c Presso la Palestra Comunale di Flaibano. Domeni Pastasciutta offerta a tutti i presenti dall’Amministrazione Comunale (turni di distribuzione ogni 20 min. circa). “Spazio Aperto” all’incontro di tutti gli allievi ed ex allievi, gli insegnanti ed ex insegnanti, il personale ausiliario l’ex personale ausiliario della Scuola a Tempo Pieno di Flaibano. INCONTRIAMOCI dandoci appuntamento con i nostri vecchi compagni di classe, con le maestre, con chi volete. Portate con un vecchio quaderno, una vecchia foto, un lavoro…. Sarà più bello condividere questo momento magico. Animazioni per bambini ed adulti con interviste in diretta, cinema storico, musica anni 70 – 80 – 90 e 2000. Ore 16,00 TEATRO POSITIVO di e con Gianluca Valoppi e Michele Zamparini in “Una Scuola Grande come il Mondo”. Spettacolo a sorpresa per grandi e bambini. Ore 17,00 “FIACCOLATA” con concerto bandistico del Gruppo Bandistico Armonie di Sedegliano. Partenza dalla Palestra, sosta in Piazza Monumento ai Caduti ed arrivo alla Scuola primaria “L. Bevilacqua dove sarà possibile rivisitare le aule e leggere i pensieri che i bambini avranno esposto (tema: Cara Scuola ti scrivo…). Durante tutta la manifestazione, sotto un enorme tendone, funzionerà un chiosco con stuzzichini e bibite. Ore 15,45 GIANDOMENICO PICCO INCONTA LA SCUOLA A TEMPO PIENO. Incontro con insegnanti ed allievi della Scuola Primaria a Tempo Pieno di Flaibano. Ore18,30 “LE SFIDE DELLA POST-GLOBALIZZAZIONE” presso il Centro Sociale di Flaibano, conferenza aperta al pubblico, tenuta del Dr. Giandomenico Picco, Cittadino Onorario di Flaibano, già funzionario delle Nazioni Unite. Conduce: Flavio Vidoni Ottobre 8 1 ì d Lune OMNIAENERGY IMPIANTI FOTOVOLTAICI