Dionaea muscipula, o come ti contesto Aristotele

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Dionaea muscipula, o come ti contesto Aristotele
Dionaea muscipula, o come ti contesto Aristotele
Ultimo aggiornamento Lunedì 07 Dicembre 2009 09:36
Dionaea muscipula, o come ti contesto Aristotele
Quarto pezzo della nostra raccolta carnivora, questo brano ci illustra come una singola pianta
sia stata capace di mettere in discussione presupposti scientifici consolidati, quali quello per cui
le piante non sono dotate della possibilita' di muoversi.
Un piccolo viaggio intorno alle caratteristiche di una specie che ha dato inizio al riconoscimento
di un intero nuovo gruppo di vegetali e ne e' al tempo stesso il rappresentante piu' conosciuto e,
forse, straordinario.
Autore: Andrea
L'anima è la forma, l'entelechia di un corpo. D'altra parte non tutti gli esseri viventi hanno le
stesse funzioni, e risponderanno quindi a determinati principi vitali diversi a seconda delle
funzioni che sono loro proprie. L'anima vegetativa è il principio più elementare della vita,
principio che governa e regola le attività biologiche, capace di assicurare soltanto la crescita e
la riproduzione. L'anima sensitiva è propria invece degli animali ed infine l'uomo, capace di
ragionare, dispone di un'anima ritenuta razionale.
Così la pensava Aristotele nei suoi studi di psicologia.
D'altra parte lo Stagirita che morì nel 322 a.C., forse troppo preso dall'educazione di Alessandro
Magno, non si preoccupò mai di partire per un viaggio verso la Carolina del Nord (vero, prima si
sarebbe dovuto anche preoccupare di scoprire l'America, ma tant'è, parliamo di uno dei più
grandi filosofi dell'antichità, da lui lo si sarebbe anche potuto pretendere...), dove avrebbe
potuto fare una scoperta della quale si parlerà pubblicamente soltanto nel 1763, quando il
governatore della "North Carolina", Arthur Dobbs, portò l'attenzione su una strana creatura.
Si sarebbe imbattuto in una piccola pianta, che nelle sue regioni d'origine vive quasi nascosta
da altri vegetali ben più alti di lei, e che lui stesso avrebbe potuto calpestare; si sarebbe
imbattuto in quella pianta che lo stesso naturalista Linneo non si convinse che fosse carnivora,
in quella che per molti di noi è il primo amore, in quella che è LA pianta carnivora per
antonomasia, che, guarda caso, prende il nome da Diana, dea della caccia e della natura
selvaggia.
La Dionaea muscipula è stata la prima pianta carnivora che ho coltivato e, come il primo amore,
non si scorda mai, anche quando magari la passione si affievolisce e ci si rivolge ad altri amori
ed interessi; anzi, più passa il tempo e più mi affascina e cattura la mia attenzione, quella che
trovo sia la punta dell'evoluzione vegetale è eguagliata solo, forse, da alcune raffinatissime
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orchidee -, quella che mi portò a controbattere alla mia professoressa di filosofia del liceo che ci
spiegava come i vegetali, con la loro "semplice anima vegetativa" non potessero né contare né
avessero memoria.
Questa piccola pianta, in primo luogo e al pari di molte altre carnivore, ha gli steli fiorali alti,
altissimi. Una caratteristica bizzarra in una pianta già di per sé strampalata (pianta grassa? Ah
no scusa "carnivora" ma è pericolosa? Le dai da mangiare tu?); ad un primo veloce sguardo
non pensiamo al fatto che la riproduzione è sempre e comunque lo scopo principale di qualsiasi
essere vivente, e che lo stelo fiorale alto è l'unica possibilità della Dionea per evitare che un
insetto che vada ad impollinare il fiore, a mantenere la specie, possa finire bello che digerito.
Ma non solo, quando una trappola che abbia già digerito a sufficienza, che abbia finito la sua
"carriera carnivora", quando normalmente sarebbe considerata inutile, nel caso della dionea
viene riutilizzata: i due lobi che formano la trappola si distendono il più possibile per poter
utilizzare al massimo la superficie colpita dal sole ed agevolare così la normale fotosintesi.
E se ancora non dovesse bastare, torniamo ad Aristotele: la Dionaea muscipula fa scattare le
sue "tagliole" con un complesso meccanismo di osmosi di acqua all'interno delle cellule (o
qualcosa del genere, non chiedetemi, non è veramente il mio campo), per attivare il quale si
devono muovere due dei sei peli presenti in ogni trappola entro circa 10 - 20 secondi, e,
attenzione, la digestione comincia soltanto nel momento in cui la preda si continui a muovere
nella trappola ormai chiusa, per evitare che scattato il letale movimento a causa ad esempio di
una pioggia venga digerita appunto della semplice acqua.
Ma come? Ma le piante non dovevano solo crescere e riprodursi? Qui invece siamo davanti ad
un vegetale che sa contare fino a due, ha una memoria di 10 - 20 secondi, sa quando la sua
trappola è chiusa, sa decidere se riaprirla o meno, è perfettamente conscia della sua
pericolosità per coloro che vanno ad impollinarla. Nettamente più evoluta del mio cane.
Non so voi, io davanti ad una creatura del genere mi tolgo il cappello!
Bibliografia:
G. Reale, D. Antiseri, Storia della filosofia - vol. I: dall'antichità al Medioevo , editrice La Scuola,
Brescia, 1997
Peter D'Amato, The Savage Garden, Ten Speed Press, California, 1998
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