Il procedimento amministrativo
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Il procedimento amministrativo
Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale LEZIONE 3 ELEMENTI E NOZIONI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DI CUI ALLA LEGGE 241/90 E SUCC. MODIFICHE, E AGLI ATTI DELLA P.A. ED EVENTUALI VIZI DISPENSA di Marco Di Folco Giugno 2008 INDICE CAPITOLO 1 -LA NOZIONE DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E I PRINCIPI DELLA L. 241/1990...........................................................................3 CAPITOLO 2 - IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO ............................8 CAPITOLO 3 - LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO .........................................................................................10 CAPITOLO 4 - IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI13 CAPITOLO 5 - LA SEMPLIFICAZIONE DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA.....16 CAPITOLO 6. - LE MODIFICHE ALLA L. 241/1990 APPORTATE DALLA L. 15/2005 ...........................................................................................................18 CAPITOLO 7 - LE MODIFICHE ALLA L. 241/2005 APPORTATE DALLA L.80/2005 ........................................................................................................25 CAPITOLO 8 - IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO ..............................29 CAPITOLO 9 - L’INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO ...31 CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 2 CAPITOLO 1 -LA NOZIONE DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E I PRINCIPI DELLA L. 241/1990 Fino all’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990 mancava nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina generale del procedimento amministrativo. Con tale espressione si indica l’insieme di atti, fatti ed attività, tutti tra loro connessi in quanto concorrono allo scopo unitario e comune dell’emanazione del provvedimento amministrativo. Secondo la dottrina prevalente il procedimento amministrativo si articola nelle seguenti fasi: - fase dell’iniziativa: è la fase in cui il procedimento amministrativo ha inizio; ciò può avvenire o d’ufficio, vale a dire per spontanea determinazione dell’amministrazione stessa, ovvero su istanza di parte, e cioè su richiesta del privato; - fase istruttoria: è la fase centrale del procedimento amministrativo, quella nella quale l’amministrazione raccoglie, anche avvalendosi della partecipazione degli interessati, tutti gli elementi, giuridici e di fatto, necessari ai fini dell’assunzione della decisione conclusiva; - fase decisoria: è la fase nella quale l’amministrazione forma il provvedimento conclusivo del procedimento, sulla base degli elementi acquisiti in sede di istruttoria; - fase integrativa dell’efficacia: è la fase in cui si collocano le attività necessarie a far sì che un provvedimento amministrativo già formatosi divenga efficace, e cioè capace di produrre gli effetti giuridici che gli sono propri. Si deve infatti tener conto che non sempre un provvedimento venuto ad esistenza è altresì efficace, occorrendo a tal riguardo ulteriori operazioni: si pensi, ad esempio, alle ipotesi nelle quali il provvedimento deve essere sottoposto a controlli preventivi prima di poter produrre i propri effetti. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 3 Sul versante teorico il procedimento è diventato oggetto di attenzione verso la metà del XIX° secolo, studiato prima nella sua struttura, individuando le fasi in cui si scompone e le relazioni tra gli atti endoprocedimentali – o, interni – e l’atto finale (fondamentale in tal senso è l’opera di Aldo Sandulli del 1940) e poi nei suoi aspetti funzionali (in questo caso sono rilevanti i lavori di Feliciano Benvenuti, il quale definisce il procedimento amministrativo come “forma della funzione”). Con tale ultima espressione si pone l’accento sulle modalità e sul momento in cui il potere amministrativo si traduce in provvedimento finale, evidenziando che il passaggio dall’attribuzione del potere – come possibilità astratta di produrre effetti giuridici – alla concreta produzione dell’effetto finale è contraddistinto da una serie coordinata di attività e di atti endoprocedimentali, che costituisce la funzione. Questa (la funzione) fa da tramite tra una situazione statica (il potere) e un’altra situazione statica (l’effetto prodotto dall’atto). In tale ambito, secondo la ricostruzione del Benvenuti, si colloca il procedimento amministrativo, che dà evidenza a questo momento, rappresentando la forma esteriore con la quale si manifesta l’azione amministrativa. In estrema sintesi il procedimento amministrativo tende a soddisfare talune esigenze e risponde a certe caratteristiche peculiari o particolarmente avvertite nel diritto pubblico, tra le quali, in particolare: a) la necessità di rendere evidenti le modalità di scelta effettuate dall’Amministrazione per il perseguimento dell’interesse pubblico; b) l’importanza di enucleare i vari passaggi che conducono alla decisione finale per consentire il sindacato da parte del giudice amministrativo, il quale così non solo valuterà il provvedimento finale ma potrà esaminare anche l’intero iter che ha condotto all’emanazione del provvedimento finale (ossia le modalità del farsi dell’azione); c) l’esistenza di norme giuridiche alle quali è soggetta l’amministrazione nel corso della sua attività; d) la configurazione del procedimento in modo da permettere l’evidenziazione degli interessi coinvolti nella ponderazione (che, come è noto, costituisce aspetto essenziale della discrezionalità amministrativa) e da CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 4 consentire, così, agli interessati di intervenire nel corso del procedimento per rappresentare il proprio punto di vista. Ponendo nuovamente l’attenzione sulla legge, non è secondario, dunque, rilevare che tale disciplina mette a valore quanto è emerso sia dalla elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi e consolidatasi nel corso del tempo che dal dibattito dottrinario. A conferma dell’influenza che ha avuto il dibattito dottrinario nel concreto processo di formazione di questa legge, va rilevato che i lavori preparatori della stessa sono stati svolti da una Commissione di studio, composta in prevalenza da professori universitari. Come si diceva poco prima, dunque, una soluzione ai problemi derivanti da tale lacuna normativa – cui comunque sopperì la giurisprudenza amministrativa – è provenuta, quindi, proprio dalla legge n. 241 del 1990, che costituisce il primo concreto ed organico tentativo del legislatore di dare attuazione ai principi posti al primo comma dell’art. 97 della Costituzione, in base al quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, ed in modo tale che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa. La legge in esame è stata, peraltro, di recente modificata dalle disposizioni delle leggi 11 febbraio 2005 n. 15 e 14 maggio 2005, n. 80. Si tratta, dunque, di una normativa che, in armonia con l’art. 97 della Costituzione, fissa taluni principi: 1) principio del giusto procedimento, che – in conformità con l’art. 97 della Costituzione, nonché in aderenza con i principi dell’ordinamento comunitario contenuti in norme del Trattato ed elaborati dalla Corte di giustizia europea – attraverso il riconoscimento del diritto di partecipazione consacra la dialettica tra interessi pubblici e privati tendendo alla composizione degli stessi; 2) il principio di trasparenza, in forza del quale deve essere consentito ai cittadini l’esercizio di un controllo democratico su tutti i momenti ed i passaggi in cui si esplica l’operato della pubblica amministrazione, al fine di verificarne la correttezza e l’imparzialità. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 5 Attraverso tale principio si afferma l’obbligo della motivazione dei provvedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, l’obbligo di identificare il responsabile del procedimento. 3) il principio di semplificazione, che, in conformità al principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, introduce o rafforza taluni istituti diretti a snellire e rendere più celere l’azione amministrativa, quali: il silenzio assenso, la denuncia in luogo di autorizzazione, la conferenza di servizi, l’autocertificazione. A tali principi sono informate le regole generali contenute nella legge: 1) economicità, efficacia, pubblicità – già esplicitamente previsti dal legislatore del ’90 – e trasparenza, (art. 1, comma 1) quest’ultimo aggiunto dalla legge n. 15 del 2005 unitamente al riferimento ai principi dell’ordinamento comunitario per quanto attiene alle modalità specifiche di attuazione. In definitiva, si può dire che queste regole/criteri generali riflettono la volontà di informare l’azione amministrativa ai principi cui sono ispirati l’organizzazione ed il funzionamento delle imprese private. La regola/criterio dell’economicità, esplicitamente previsto all’art.1, di cui può considerarsi espressione anche la disciplina sulla semplificazione, tende a raggiungere le finalità pubbliche attraverso percorsi che comportano risparmio di attività amministrativa. La regola/criterio di efficacia, posto anch’esso nell’art.1 della legge, costituisce una esplicitazione del principio costituzionale di buon andamento e deve essere inteso come adeguatezza e funzionalità dell’azione amministrativa, nel senso di essere commisurata giustamente rispetto al fine da perseguire. A tal proposito, è da rilevare che oggi è abbastanza pacifico e acquisito sostenere che la discrezionalità amministrativa è orientata a raggiungere più l’utilità che la mera legittimità, nel senso che non è più sufficiente ottenere una legittimità formale, richiedendosi un’azione improntata anche “alla logica del manager”. Anche il criterio dell’efficienza, inteso come la necessità di raggiungere il rapporto ottimale costi-benefici, è espressione del principio costituzionale di buon andamento. Un’applicazione pratica di tale criterio può essere rinvenuta CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 6 nella disposizione contenuta nell’art. 3-bis introdotto dalla l.m.15/2005, relativa all’uso della telematica nella P.A. La regola/criterio generale di trasparenza, in attuazione del principio di imparzialità dell’ azione amministrativa di cui all’art. 97 comma 1 Cost., è stato esplicitamente introdotto nell’art. 1, comma 1, dalla legge n. 15 del 2005 ed ha la finalità di creare un corretto rapporto con il cittadino per ridurre il tasso di contenzioso. Un’applicazione di tale criterio può rinvenirsi, ad esempio, nella previsione di cui all’art. 10 bis, introdotto dalla legge di modifica n. 15 del 2005, che nei procedimenti ad istanza di parte, obbliga il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della eventuale formale adozione di un provvedimento negativo, a comunicare tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tenere conto ai fini della decisione finale. L’amministrazione, infatti, se conferma definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dare conto nelle motivazioni delle ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle ulteriori considerazioni della parte istante. 2) divieto di aggravamento del procedimento che costituisce una specificazione delle suddette regole di economicità ed efficacia, in virtù della quale, “la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria” (art. 1, comma 2); 3) obbligo di conclusione esplicita del procedimento entro termini certi e prestabiliti (art. 2), in forza del quale l’Amministrazione ha il dovere di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso, sia che il procedimento “consegua obbligatoriamente ad una istanza” sia che questo “debba essere iniziato d'ufficio”. Tale obbligo costituisce un’estrinsecazione del principio di speditezza e, con esso, del principio di certezza del tempo dell’azione. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 7 4) obbligo generale di motivazione del provvedimento amministrativo (art. 3), che recepisce a livello legislativo il frutto della precedente elaborazione giurisprudenziale, con la differenza che, per effetto della previsione legislativa, il provvedimento immotivato o insufficientemente motivato è viziato per violazione di legge e non più, come si riteneva in passato, di eccesso di potere. Attraverso l’esplicitazione della motivazione del provvedimento amministrativo, ossia l’indicazione “dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria”, in ossequio al principio di comprensibilità, si persegue la finalità di rendere maggiormente comprensibile al cittadino l’azione amministrativa. Va inoltre tenuto presente che l’art. 3 della l. 241/1990 specifica la sussistenza dell’obbligo di motivazione anche per i provvedimenti concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, mentre lo esclude con riferimento agli atti normativi e a quelli a contenuto generale. Infine è ammessa la cosiddetta motivazione per relationem, effettuata cioè attraverso il rinvio ad un atto del procedimento che precede il provvedimento finale. Dispone infatti il comma 3 della norma qui in esame che, se dell’amministrazione le ragioni richiamato della dalla decisione decisione risultano stessa, da altro insieme atto alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile anche l’atto cui essa si richiama. CAPITOLO 2 - IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO Una delle più importanti novità introdotte dalla legge 241 del 90 (Capo II, artt. 4-6) è senz’altro rappresentata dalla necessità imposta legislativamente di individuare il responsabile del procedimento, rendendo così effettivamente operante il principio di trasparenza dell’attività amministrativa. Fino a quando non si provvede a questa individuazione, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 8 organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale. In particolare, tale soggetto costituisce una sorta di autorità guida cui la legge attribuisce il compito di gestire l’iter procedimentale dalla fase dell’iniziativa a quella conclusiva. Al riguardo, giova evidenziare che l’ultimo comma dell’articolo 6, nel testo oggi vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 15 del 2005, prevede che “l'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”. Per completezza, è da rilevare che, ai sensi dell’art. 6, il responsabile del procedimento: a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento; b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali; c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indìce le conferenze di servizi; d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le modificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti; e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 9 CAPITOLO 3 - LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Le disposizioni sulla partecipazione (Capo III, artt.7-13) – ai sensi dell’articolo 13 – non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, nonché ai procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. Per tutti gli altri procedimenti, invece, le disposizioni sulla partecipazione prevedono: 1) obbligo di comunicazione di avvio del procedimento (artt.7e 8); in particolare l’art. 7 della l. 241/1990 dispone che, ove ciò non sia impedito da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio di quest’ultimo deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi; parimenti, laddove da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento. La comunicazione dell’avvio del procedimento va effettuata di norma mediante comunicazione personale; se però per via dell’elevato numero di destinatari tale modalità risulti impossibile o comunque troppo gravosa, si può procedere mediante differenti forme di pubblicità di volta in volta stabilite dall’amministrazione stessa. Da rilevare infine che la comunicazione deve contenere alcuni dati specificamente indicati dalla legge e cioè: l’amministrazione competente; l’oggetto del procedimento promosso; l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia della pubblica amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza; l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 10 2) diritto degli interessati a intervenire nel procedimento (art.9); in particolare la l. 241/1990 riconosce il diritto di intervenire nel procedimento ad un’ampia gamma di soggetti, sostanzialmente coincidente con tutti coloro che sono a vario titolo toccati dal procedimento stesso. Più precisamente si tratta dei portatori di interessi pubblici o privati, nonché dei portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento. Il diritto di prender parte allo svolgimento del procedimento amministrativo si concretizza nei poteri indicati nei due successivi numeri; 3) diritto degli interessati di prendere visione degli atti del procedimento; si tratta, a ben guardare, di un ipotesi di accesso ai documenti amministrativi che può essere esercitata prima ancora che il procedimento si concluda (cosiddetto accesso endoprocedimentale); 4) diritto degli interessati di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento; naturalmente ciò non vuol dire che le indicazioni fornite dal soggetto che partecipa siano vincolanti per l’amministrazione, ma semplicemente che quest’ultima deve considerare, tra i diversi elementi raccolti nella fase istruttoria, anche quelli apportati da colui che pone in essere l’intervento. Ne consegue che, ove l’amministrazione ritenga di non uniformarsi alle memorie scritte e ai documenti, deve dar conto delle ragioni attraverso la motivazione del provvedimento finale; 5) possibilità di stipulazione di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della l. 241/1990. Si tratta di un istituto certamente innovativo, il quale attenua il carattere tradizionalmente unilaterale e autoritativo dell’attività amministrativa di diritto pubblico, consentendo che il procedimento amministrativo si concluda con una decisione frutto del consenso tra l’amministrazione e i privati. In particolare si tratta di accordi con i quali la P.A. e i privati, in sede di confronto dialettico, definiscono il contenuto del provvedimento amministrativo finale (accordi integrativi) o sostituiscono quest’ultimo con essi (accordi sostitutivi di provvedimenti). CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 11 Nel primo caso, dunque, uno degli atti dell’iter procedimentale non viene dalla P.A. ma è da essa concordato col destinatario dell’emanando provvedimento finale (es.: nel procedimento espropriativo l’accordo sull’indennizzo); nel secondo, invece, l’iter procedimentale si chiude non con un atto autoritativo, ma con una deliberazione concordata (es.: nell’espropriazione, l’accordo di cessione volontaria dell’area esproprianda). In sostanza, mentre nell’ipotesi degli accordi integrativi l’amministrazione e i privati concordano il contenuto del provvedimento finale che comunque viene emanato ed esiste, nell’ipotesi degli accordi sostitutivi non vi è alcun provvedimento finale, in luogo del quale sta, appunto, l’accordo. Da segnalare che prima del 2005 era stabilito che gli accordi sostitutivi potevano essere stipulati solo nei casi specificamente previsti dalla legge; in base alle modifiche apportate alla l. 241/1990 dalla l. 15/2005 tale limite è stato superato, cosicché l’accordo sostitutivo è divenuto istituto di generale applicazione. In ogni caso l’amministrazione può concludere accordi con gli interessati in accoglimento di osservazioni e proposte presentate in sede di partecipazione al procedimento, perseguendo comunque il pubblico interesse e senza pregiudizio dei diritti degli interessati. Gli accordi devono essere stipulati per atto scritto a pena di nullità e ad essi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili; le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’amministrazione conserva pur sempre il potere di recedere unilateralmente dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nel qual caso deve però provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. Infine, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi passate in rassegna, la stipulazione dell’accordo è preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provvedimento. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 12 6) predeterminazione e pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalità per la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici. CAPITOLO 4 - IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI Una delle principali innovazioni contenute nella l. 241/1990 consiste nella generalizzazione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, il quale può essere esercitato non solo, come precedentemente detto, mentre il procedimento amministrativo è ancora in corso in funzione di partecipazione al medesimo (accesso endoprocedimentale), ma anche a procedimento amministrativo già concluso (accesso esoprocedimentale). In questa sede si illustreranno i principali profili dell’accesso esoprocedimentale, la cui disciplina è stata profondamente modificata dalla l. 15/2005. Per quanto riguarda i soggetti, il diritto di accesso può essere esercitato dagli interessati, vale a dire da tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. E’accessibile ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, sulla base di una richiesta che deve essere motivata e rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente. Per quanto riguarda i limiti, il diritto di accesso è escluso anzitutto in una serie di ipotesi direttamente individuate dalla stessa l 241/1990, tra le quali spiccano quella dei documenti coperti da segreto di stato e quella dei CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 13 documenti contenenti informazioni psico attitudinali relative a terzi . Per il resto le singole amministrazioni hanno il potere di individuare le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso. Oltre ai casi di esclusione, l’art. 24 della l. n. 241/90 prevede la possibilità di differire l’accesso ai documenti da parte dei soggetti indicati nell’art. 23, “sino a quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa” (art. 24, comma 6). I commi dal 4 al 6 dell’art. 25, al fine di offrire una piena tutela del diritto soggettivo di informazione, configurano un’ipotesi di giurisdizione esclusiva avverso il mancato accoglimento della richiesta di accesso. A tal fine, è previsto che, tanto per il caso di diniego esplicito che per inerzia della p.a. protrattasi oltre trenta giorni, il richiedente è legittimato ad esperire, entro il termine di trenta giorni, ricorso al T.a.r.. Questo dovrà pronunciarsi in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso (art. 25, comma 5). In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso, il giudice amministrativo, ove ne ricorrano i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti (art. 25, ult. comma). Appaiono evidenti le differenze tra i ricorsi ordinari e la procedura in discorso, che si caratterizza sia per la chiara natura acceleratoria del termine per la notificazione (di trenta giorni, anziché sessanta), sia, soprattutto, per il breve termine di durata del giudizio, ossia trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 14 Va detto, inoltre, che risulta ridotto anche il termine per appellare la decisione di primo grado, che è di trenta giorni invece di quello ordinario di sessanta. Lo stesso art. 25 prevede, al comma 4, un’ulteriore forma di tutela avverso il diniego o il differimento dell’accesso. Al riguardo, l’interessato può anche chiedere, nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la determinazione di diniego o differimento. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 15 CAPITOLO 5 - LA SEMPLIFICAZIONE DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA Il Capo IV (artt.14-21) della legge 241 del 1990 contiene una serie di disposizioni di notevole rilievo, tese a snellire l’azione amministrativa, in armonia con i già detti principi di economicità ed efficacia. Al fine di snellire e semplificare l’azione amministrativa, la legge 241 del 1990 prevede: a) Conferenze di servizi. Tale istituto, che è sicuramente tra quelli più innovativi introdotti da questa legge (e che è stato di recente oggetto delle modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005), costituisce una forma di cooperazione tra le amministrazioni pubbliche che ha lo scopo di realizzare, attraverso l’esame contestuale dei vari interessi coinvolti, la semplificazione di taluni procedimenti amministrativi particolarmente complessi. b) Accordi fra amministrazioni pubbliche: finalizzati a disciplinare lo svolgimento di attività di pubblico interesse in collaborazione. c) La facoltà per le amministrazioni di procedere prescindendo da un parere obbligatorio che non sia stato espresso nei termini previsti. In particolare, in base all’art. 16 della l. 241/1990, gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso. Se il termine decorre senza che il parere sia stato comunicato o senza che l’organo consultivo interpellato abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente ha facoltà di procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Come si vede le previsioni dell’art. 16 hanno l’effetto di rendere facoltativi pareri sulla carta obbligatori, laddove essi non siano espressi entro i termini perentori previsti dalla legge; è questo il motivo per il quale l’istituto in esame viene sintetizzato dalla dottrina con l’espressione “silenzio facoltativo”. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 16 Va però considerato che siffatte previsioni non si applicano in caso di pareri che debbono essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini. In sostanza l’istituto del silenzio facoltativo non si applica nelle ipotesi in cui l’attività consultiva delle pubbliche amministrazioni sia finalizzata alla cura di interessi pubblici considerati dal legislatore di particolare rilievo. d) Il potere/dovere di richiedere ad altri organi valutazioni tecniche di necessaria acquisizione che gli organi precedentemente chiamati a renderle non abbiano ancora effettuato. In particolare, l’art. 17 della l. 241/1990 stabilisce che, ove per espressa previsione di legge o di regolamento sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non rappresentino esigenze istruttorie nei termini prefissati dalla disposizione stessa, o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve richiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari. In questa ipotesi, a differenza di quella relativa ai pareri passata in rassegna al punto precedente, l’amministrazione non può prescindere dalla valutazione tecnica, ma ha la possibilità di richiederla ad un soggetto diverso da quello in origine interpellato; per questa ragione si discorre al riguardo di “silenzio devolutivo”. Tale disposizione, però, non si applica in caso di valutazioni che debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini. e) Autocertificazione, che consente al privato di poter provare, nei suoi rapporti con la P.A., determinati fatti, stati e qualità a prescindere dalla esibizione dei relativi certificati, semplicemente presentando una dichiarazione sostitutiva. Tale istituto è più dettagliatamente disciplinato dal DPR 28 dicembre 2000, n. 445. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 17 f) Istituto della dichiarazione di inizio attività, totalmente riformulato dalla legge n 80 del 2005. g) Generalizzazione del silenzio-assenso, ad opera delle modifiche apportate dalla legge n 80 del 2005. Il Capo IV – Bis (Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. revoca e recesso) è stato integralmente introdotto dalla legge n. 15 del 2005 e lo esamineremo in eseguito, nell’illustrare le modifiche apportate dalla menzionata legge. Stessa cosa dicasi per l’accesso ai documenti amministrativi (Capo V), in quanto anch’esso interessato dall’intervento di riforma del 2005. CAPITOLO 6. - LE MODIFICHE ALLA L. 241/1990 APPORTATE DALLA L. 15/2005 L’intervento di riforma è stato predisposto per apportare alla legge 241/1990, quelle correzioni e integrazioni resesi necessarie per adeguarla alle innovazioni del sistema costituzionale e normativo e alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza a circa quattordici anni dalla sua entrata in vigore. Il legislatore della riforma ha agito in più direzioni apportando delle modifiche significative alla legge 241: dal regime sull’efficacia e sull’invalidità del provvedimento alla disciplina della conferenza di servizi, dalle modalità di accesso ai documenti amministrativi alla necessità di utilizzo da parte della P.A., in maniera sempre più diffusa, di strumenti di natura privatistica. Si riportano di seguito le principali novità introdotte. Trai principi generali dell’attività amministrativa (articolo 1) la riforma mantiene fermo il principio di legalità (“L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge”). Con riguardo all’agire amministrativo affianca ai criteri di economicità, efficacia e pubblicità il rispetto dei principi del diritto comunitario e – come già evidenziato in precedenza – nell’ottica di un rapporto sempre più paritario e garantistico tra cittadini e amministrazione, il principio di trasparenza. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 18 Viene sancito, inoltre, l’obbligo per la P.A. di agire secondo le norme di diritto privato ad eccezione dei casi in cui la stessa adotti atti di natura autoritativa o in cui la legge disponga diversamente. Tale previsione sancisce una linea di tendenza connotata dal superamento del dogma che storicamente attribuiva all’amministrazione il dovere di agire mediante poteri di imperio e atti unilaterali e riconosce, sul piano normativo, la preferenza accordata a soluzioni in cui le amministrazioni pubbliche operino in via generale attraverso gli strumenti del diritto privato. Va segnalato, inoltre, come il principio dell’accesso ai documenti amministrativi è elevato, in ragione delle sue finalità di interesse pubblico, a principio generale dell’attività amministrativa ed è ricondotto all’interno della clausola dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che, in base all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale. La disposizione, volta ad adeguare la disciplina del diritto di accesso alle modifiche costituzionali intervenute con la revisione del Titolo V della Costituzione, fa comunque salva la potestà delle regioni e degli enti locali di garantire livelli ulteriori di tutela nell’ambito delle rispettive competenze e nell’esercizio dei propri poteri normativi. La riforma, inoltre, mira a rafforzare l’istituto della partecipazione procedimentale e il principio di trasparenza. In seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005, infatti, l’art. 8 della legge 241 del 1990 stabilisce che, nella comunicazione con cui si dà notizia dell’avvio del procedimento, l’amministrazione debba indicare anche: a) la data di conclusione dello stesso nonché le conseguenze e i rimedi esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione; b) la data di presentazione dell’istanza, nei casi in cui il procedimento avviene ad iniziativa di parte. Qualora – come già rilevato in precedenza – l’Amministrazione ritenga di non poter accogliere un’istanza è tenuta ad informare gli interessati dei motivi CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 19 ostativi, prima che il procedimento si concluda formalmente con l’adozione di un provvedimento negativo. Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tenere conto ai fini della decisione finale. L’amministrazione, infatti, se conferma definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dare conto nelle motivazioni delle ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle ulteriori considerazioni della controparte. Con riferimento, inoltre, alla figura del responsabile del procedimento, si ribadisce che a seguito delle modifiche apportate, laddove l’organo competente all’adozione del provvedimento finale sia diverso dal responsabile del procedimento, tale organo non possa discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso responsabile, se non indicando specificamente le motivazioni della difforme conclusione nel provvedimento finale. Vengono apportate anche alcune rilevanti modifiche alla disciplina della conferenza di servizi così come regolata dagli articoli 14 e seguenti della legge 241/1990. In particolare, fra le novità vi sono: a) nell’ipotesi in cui l’amministrazione procedente non ottenga il necessario assenso di altre amministrazioni, la conferenza di servizi è indetta dopo 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta e non, come in precedenza, decorsi 15 giorni dall’inizio del procedimento (cfr. l’attuale art. 14, secondo comma della l. 241/1990); b) la conferenza che riguardi l’affidamento di concessione di lavori pubblici può essere convocata non solo dal concedente, ma anche ad istanza del concessionario, fermo restando il consenso del concedente al quale spetta, in ogni caso, il diritto di voto. Particolare rilevanza assume anche l’art. 14-ter, ai sensi del quale la determinazione adottata in esito ai lavori della conferenza deve tener conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Con riguardo all’espressione del dissenso da parte di una o più amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi e alle ripercussioni di tale CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 20 dissenso sul procedimento, la riforma interviene in maniera incisiva sul testo dell’ art. 14-quater della l. 241/1990. Le modifiche introdotte si muovono in una duplice direzione. a) Elencano gli interessi sensibili costituzionalmente protetti, rispetto ai quali si prevede che la conferenza di servizi non possa superare il motivato dissenso dell’amministrazione preposta alla relativa tutela, e che tale dissenso determini la rimessione della decisione ad altra superiore istanza. All’insieme degli interessi sensibili già presenti sul piano normativo quali: la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e della salute, viene ad aggiungersi la tutela della pubblica incolumità. b) Ridefiniscono quali sono gli organi chiamati ad assumere la determinazione sostitutiva, adeguandola al nuovo sistema multilivello delle competenze introdotto con la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione. La legge n. 15 del 2005 introduce nella l. 241/1990 l’art. 14-quinquies, che prevede la partecipazione alla conferenza di servizi indetta per l’approvazione del progetto definitivo nei casi previsti dagli articoli 37-bis e seguenti della legge n. 109 del 1994 in materia di lavori pubblici, anche dei soggetti aggiudicatari di concessione individuati all’esito della procedura regolata dall’art. 37-quater della legge quadro sui lavori pubblici, ovvero delle società di progetto di cui all’art. 37quinquies della medesima legge. L’articolo, in pratica, dispone un’estensione della platea dei partecipanti alla conferenza di servizi. In particolare, oltre ai soggetti che rappresentano i vari interessi pubblici coinvolti, si consente la partecipazione dei soggetti aggiudicatari di concessione ai sensi dell’art. 37-quater della legge 109/1994 o di quei soggetti privati che intervengono in un’operazione di project financing. La disposizione, tuttavia, chiarisce che tale partecipazione avviene con l’esclusione del diritto di voto. La riforma – non discostandosi da quanto affermato dalla giurisprudenza – introduce, inoltre, una serie di disposizioni relative all’efficacia, all’invalidità, alla revoca e al recesso del provvedimento amministrativo. In particolare, con riferimento all’istituto dell’invalidità, una delle novità di maggior rilievo concerne CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 21 l’eventuale violazione da parte della P.A. delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti amministrativi. Il legislatore prevede che tali tipi di violazioni non diano luogo ad annullabilità del provvedimento, se il contenuto di quest’ultimo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto. La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, inoltre, non consente di invocare l’annullabilità del provvedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Viene così introdotto sul piano normativo un istituto, quello dell’irregolarità, giurisprudenza e della fino ad ora dottrina. frutto di una elaborazione Secondo il prevalente della orientamento giurisprudenziale e dottrinale esistono alcune anormalità di minima rilevanza tali da non dare luogo ad invalidità dei provvedimenti amministrativi, dal momento che l’interesse pubblico non ne risulta leso. Si ritiene, in pratica, che l’irregolarità non comporta delle conseguenze per il regime giuridico dell’atto che resta valido. La legge in esame positivizza, quindi, l’istituto dell’irregolarità relativa alla violazione di norme o di regole sulla corretta redazione degli atti, prescriventi adempimenti di carattere formale, o comunque marginali rispetto alla sostanza della fattispecie. Tutto questo nella convinzione che “l’illegittimità formale assume rilievo, ai fini dell’annullamento, solo quando essa riverbera i propri effetti, diretti o indiretti, sul contenuto del provvedimento”. Con riguardo all’annullabilità l’art. 21-nonies disciplina gli istituti dell’annullamento d’ufficio e della convalida dei provvedimenti amministrativi annullabili. Il legislatore si fa carico, anche in questo caso, delle principali indicazioni che emergono dalla giurisprudenza: la prima tendente tradizionalmente a riconoscere il potere di annullamento, in presenza di determinati presupposti, in capo ad ogni autorità amministrativa e la seconda che prende in considerazione il c.d. “fattore tempo” nell’esercizio di tale potere (in tal senso si era espressa la giurisprudenza, secondo la quale non esistono termini perentori che circoscrivono nel tempo il potere di annullamento della P.A., essendo solo sufficiente che quest’ultimo sia esercitato in ragionevole collegamento logico e causale con la situazione illegittima da rimuovere). CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 22 A questo proposito la legge di riforma prevede che il provvedimento illegittimo possa essere annullato d’ufficio dall’organo che lo ha emanato o da altro organo previsto dalla legge: a) qualora sussistano delle ragioni di pubblico interesse; b) entro un termine ragionevole; c) compiendo una valutazione complessiva degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. La convalida del provvedimento annullabile, invece, può essere disposta in presenza di ragioni di interesse pubblico e sempre che ciò avvenga entro un ragionevole lasso di tempo. La legge n. 15 del 2005 inoltre riscrive, in parte, l’art. 22 della legge n. 241 sul diritto di accesso. Il diritto di accesso viene individuato nel diritto, riconosciuto ai soggetti interessati, di prendere visione dei documenti amministrativi e di ottenerne copia. Si definisce, in maniera specifica, l’ambito soggettivo attivo del diritto di accesso designando come titolari tutti i privati e ricomprendendo tra essi anche i portatori di interessi pubblici o diffusi (associazioni, comitati, etc.) i quali dimostrino di avere un interesse diretto, concreto ed attuale, che corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata e connessa al documento al quale si richiede l’accesso. Viene così riconosciuto dal legislatore ciò che emerse agli inizi degli anni ’90, allorquando la giurisprudenza aveva individuato un ambito di soggetti legittimati più ampio di quello dei portatori dei diritti e degli interessi (recependo così gli orientamenti della giurisprudenza che da tempo affermava che il riferimento della norma è “ad una posizione non necessariamente individuale, purché funzionalmente collegata ad una situazione rilevante per l’ordinamento”). I soggetti controinteressati sono individuati nei soggetti terzi che hanno interesse alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso, mentre l’oggetto di tale diritto viene indicato in tutti quei documenti amministrativi o comunque atti inerenti ad un procedimento amministrativo detenuti dall’amministrazione e che si riferiscano ad un’attività di pubblico CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 23 interesse, prescindendo dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. L’ampia formulazione della norma consente di ricomprendere nella nozione di documento amministrativo anche gli atti formati dai soggetti privati, purché significativamente collegati con lo svolgimento dell’attività amministrativa (anche in questo caso vengono recepiti gli orientamenti del Consiglio di Stato con cui si è chiarito che la disciplina dell’accesso si estende anche agli atti di diritto privato, purché correlati al perseguimento degli interessi pubblici affidati alla pubblica amministrazione). La legge n. 15/2005 enuclea i soggetti nei confronti dei quali può essere esercitato il diritto di accesso. Oltre ai soggetti di diritto pubblico sono ricompresi anche coloro che svolgono un’attività di pubblico interesse regolamentata dalla normativa nazionale o comunitaria. La riforma si occupa, inoltre, delle problematiche sottese al diritto di accesso in relazione al valore costituzionale della riservatezza. Con riguardo, infatti, alle ipotesi in cui il diritto di accesso può essere escluso si prevede che il Governo, con regolamento, possa delineare dei casi di esclusione quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolari, sanitari, professionali, finanziari, industriali e commerciali. Continua ad essere comunque consentito l’accesso ai documenti amministrativi a coloro i quali la conoscenza risulti necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del Codice sulla privacy, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. In base a tale disposizione i dati cosiddetti “supersensibili” possono essere oggetto di trattamento da parte della P.A., al fine di corrispondere ad una richiesta di accesso ai documenti, quando la situazione giuridicamente rilevante che si intende far valere è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale o inviolabile. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 24 CAPITOLO 7 - LE MODIFICHE ALLA L. 241/2005 APPORTATE DALLA L.80/2005 La Legge 14 maggio 2005, n. 80 introduce modifiche agli artt. 18 (sull’autocertificazione), 19 (denuncia di inizio attività), 20 (silenzio assenso), 21, sulle disposizioni sanzionatorie, e 25. All’art. 18 viene aggiunto il comma 2, che, nell’ottica di ulteriormente alleggerire il cittadino quanto più possibile dall’onere di produzione documentale, dispone “I documenti attestanti atti, fatti, qualita' e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente puo' richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti”. Viene, inoltre, riscritto l’articolo 19, già modificato prima dalla legge n. 15 del 2005. Il vigente articolo fissa la regola generale per cui “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, […] il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, […]e' sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente puo' richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualita' soltanto qualora non siano attestati in documenti gia' in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni”. In questo caso,l’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 25 all'amministrazione competente; l'interessato deve darne contestualmente all'inizio dell'attività comunicazione all'amministrazione competente. All’Amministrazione competente residua senz’altro il compito di verificare la sussistenza delle necessarie condizioni di legittimazione e , in caso di accertata carenza di queste, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del “denunciante”, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, sempre che sia possibile, l'interessato provveda a conformare detta attività ed i suoi effetti alla normativa vigente entro un termine fissato dall'amministrazione, che in ogni caso non può essere inferiore a trenta giorni. In capo all’Amministrazione competente vi è comunque potere di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies (revoca) e 21-nonies (annullamento d’ufficio). Tale regola generale in materia di denunzia d’inizio attività, prevista dall’art. 19, non trova applicazione, per espressa previsione del medesimo articolo, con riferimento agli “atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonchè degli atti imposti dalla normativa comunitaria”. Particolarmente significativa è la disposizione di cui al vigente art. 20 sul silenzio-assenso, riscritto integralmente dalla legge n. 80 del 2005. In base al testo vigente, è espressa la regola generale per la quale, fatto salvo quanto appena detto con riguardo alla denunzia d’inizio attività, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione, nel termine previsto per la conclusione del procedimento, non comunica all'interessato il provvedimento di diniego. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 26 Anche in questo caso, tuttavia, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies (revoca) e 21-nonies (annullamento d’ufficio). La regola appena esposta, però, sempre per espressa previsione dell’art. 20, non si applica “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonchè agli atti e procedimenti individuati con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti”. Infine, all’art. 21, viene aggiunto il comma 2-bis, che fa salve le “attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se e' stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20”. All’art. 25, comma 5, viene aggiunto un periodo per affermare che “le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. Campo di applicazione della legge 241 del 1990 È l’art. 29 della legge 241 del 1990, nel testo modificato dalla legge n. 15 del 2005, a definire il campo di applicazione della disciplina in esame. Il nuovo testo dell’art. 29 tiene evidentemente conto delle modifiche costituzionali al titolo V della Carta e dispone, al primo comma, che la legge si applica alle amministrazioni statali ed agli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in materia di giustizia amministrativa, sostanzialmente cioè per la procedura dell’accesso agli atti dell’amministrazione e verosimilmente per il silenzio, a tutte le amministrazioni pubbliche; al secondo comma si rivolge a regioni ed enti locali prevedendo una autonoma regolamentazione della materia, secondo costituzionale e le delle rispettive garanzie competenze, del cittadino nel nei rispetto del riguardi sistema dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla stessa legge 241. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 27 Peraltro, anche il nuovo art. 1 comma 1-ter contiene una disposizione utile a tal proposito quando prevede che “i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei princìpi di cui al comma 1”. Al riguardo, secondo una prima lettura di alcuni Autori, la nuova disposizione riguardante le autonomie locali non sarebbe sostanzialmente diversa da quella originaria, in quanto non vi sarebbe differenza sostanziale tra principi generali dell’ordinamento e principi posti a garanzia del cittadino nei confronti dell’amministrazione. Del resto le materie disciplinate dalla legge 241 sarebbero in gran parte di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117 comma 2 lett. l) od m). Tuttavia, una prima significativa differenza sussiste, e consiste nel fatto che la precedente normativa prevedeva una diretta applicazione della legge 241 per tutto il tempo in cui la regione non avesse disciplinato autonomamente la materia; disposizione che non si rintraccia più nel nuovo testo e che ha portato la giurisprudenza ad affermare che, medio tempore, non si applica la legge 241 bensì la normativa regionale vigente in materia (TAR Puglia Bari sez. II 6 dicembre 2005 n.5196), quindi non si applicano direttamente tutte le nuove norme introdotte con le leggi 15 ed 80 del 2005, fermo restando che, verosimilmente, ogni regione già possiede una disciplina del procedimento modellata sul vecchio testo della legge 241. Di segno diverso è l’opinione del TAR Sicilia Palermo (sez. II 3 novembre 2005 n. 4414) il quale afferma che anche dopo la novella, nemmeno le regioni a statuto speciale possono derogare ai principi generali posti dalla legge 241, potendo introdurre solo garanzie ulteriori per il cittadino, con la conseguenza che detti principi s’impongono subito direttamente, a prescindere da una norma regionale che ne replichi il contenuto: così si è stabilita l’immediata applicabilità nell’ambito regionale dell’art. 2 comma 4 bis in base al quale, decorsi i termini di cui ai precedenti commi 2 e 3, il ricorso avverso il silenzio può essere proposto anche senza preventiva diffida ad adempiere, perdurando l’inadempienza. Peraltro, in base al comma 1 novellato, non dovrebbero sussistere dubbi che tutte le disposizioni attinenti alla giustizia amministrativa si applicano da subito anche agli enti locali; tra queste non solo quelle sull’accesso ma anche CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 28 quella sull’impugnazione del silenzio, nei termini sopra indicati, senza necessità cioè di previa diffida ove permanga l’inadempienza (TAR Puglia Bari, sez. III 6 settembre 2005 n.3801). Anche le nuove disposizioni sull’efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo, contenute negli artt. da 21-bis a 21-nonies, rientrerebbero per alcuni nell’ambito delle norme sulla giustizia amministrativa, opinione che invero desta qualche perplessità avendo le disposizioni sulla validità, efficacia, revoca e recesso dell’atto una rilevanza solo indiretta sulla giustizia, non potendosi considerare certo norme processuali, se non limitatamente ad alcuni aspetti. CAPITOLO 8 - IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO Di norma il procedimento amministrativo si conclude con l’adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento finale1. Con tale espressione si intende fare riferimento ad una particolare categoria di atti amministrativi, attraverso la quale le pubbliche amministrazioni curano un interesse pubblico primario individuato dalla legge incidendo unilateralmente sulla sfera giuridica dei privati. Secondo la prevalente impostazione della dottrina il provvedimento amministrativo presenta le seguenti caratteristiche: - tipicità: il provvedimento amministrativo deve essere previsto dall’ordinamento; si tratta di una manifestazione del generale principio di legalità, in forza del quale i poteri amministrativi devono necessariamente trovare il proprio fondamento in una previa norma giuridica. Dalla tipicità discende che le pubbliche amministrazioni non possono porre in essere provvedimenti non previsti dalle norme. - Unilateralità: il contenuto del provvedimento amministrativo si basa sulla sola volontà della pubblica amministrazione. 1 Come si è rilevato in precedenza, però, il procedimento può concludersi anche con un atto consensuale, e cioè con un accordo, nonché col silenzio della pubblica amministrazione. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 29 - Imperatività/autoritatività: il provvedimento amministrativo è in grado di incidere sulla sfera giuridica dei destinatari senza che rilevi a tal riguardo la volontà di questi ultimi. - Esecutorietà: le pubbliche amministrazioni possono portare ad esecuzione il provvedimento amministrativo, anche contro la volontà dei destinatari, senza il necessario intervento del giudice. - Inoppugnabilità: i provvedimenti amministrativi possono essere impugnati dinanzi agli organi della giustizia amministrativa entro stretti termini di decadenza, al cui decorso consegue la perdita del potere di ricorso. Si deve dunque prestare particolare attenzione a sottolineare che per inoppugnabilità non si intende radicale impossibilità di ricorrere contro provvedimenti illegittimi (ciò che sarebbe in contrasto con l’art. 113 della costituzione in virtù del quale contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa), ma soggezione del potere di ricorrere a rigidi termini di decadenza. Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo sono i seguenti: - il soggetto: corrisponde all’organo titolare del potere amministrativo; è individuato dalla legge. - L’oggetto: si tratta della persona, della cosa o della situazione giuridica sulla quale si producono gli effetti del provvedimento. - La causa: si tratta dell’interesse pubblico primario che, in base alle previsioni di legge, il provvedimento amministrativo è chiamato a curare. - La motivazione. - La forma: la forma del provvedimento amministrativo è tendenzialmente libera, potendo esso assumere forma scritta (es. un verbale), orale (es. un ordine), o simbolica (es. un segnale stradale). In genere è la legge a stabilire quale forma il provvedimento debba assumere. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 30 CAPITOLO 9 - L’INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO Il provvedimento amministrativo può essere affetto da vizi che ne determinano l’invalidità, la quale può assumere le forme della nullità o dell’annullabilità La nullità corrisponde a difetti insanabili, e fa sì che il provvedimento amministrativo sia in radice incapace di produrre gli effetti suoi propri; essa è inoltre rilevabile d’ufficio e senza limiti temporali. Secondo l’art. 21-septies della l. 241/1990 è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione (nel senso che il potere non sussiste in capo all’amministrazione che lo ha esercitato), che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi previsti dalla legge. L’annullabilità corrisponde a difetti in principio sanabili e non impedisce che il provvedimento amministrativo produca i propri effetti fintanto che non sia annullato. Inoltre essa è rilevabile unicamente dai soggetti interessati, entro termini prestabiliti di prescrizione o di decadenza. Secondo l’art. 21-octies della l. 241/1990 è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. In particolare: - l’incompetenza consiste nella violazione della norma circa la competenza dell’organo, nel senso che il potere sussiste in capo all’amministrazione CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 31 ma il provvedimento è emanato da un organo diverso da quello previsto dalla legge. - L’eccesso di potere dell’amministrazione, del consiste proprio in uso potere scorretto, discrezionale, da parte sindacabile attraverso le cosiddette figure sintomatiche. Con questa espressione si intende fare riferimento ad un complesso di sintomi dai quali si può dedurre l’irragionevolezza della decisione assunta dall’amministrazione (si pensi ad ipotesi quali l’incompletezza dell’istruttoria, la disparità di trattamento, l’ingiustizia manifesta, ecc.). - La violazione di legge: è figura residuale, nel senso che essa raccoglie tutte le ipotesi di illegittimità del provvedimento che non rientrino nelle due poc’anzi passate in rassegna. In questa categoria rientrano, tra l’altro, i vizi formali del provvedimento amministrativo (ad es. la mancanza della motivazione), i quali però, in base all’art. 21-octies, comma 2, della l. 241/1990, non danno luogo ad annullamento del provvedimento se l’amministrazione dimostra in giudizio che il contenuto del medesimo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato, in considerazione della natura vincolata del potere esercitato. CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 32