1806 - napoleoneavicenza

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1806 - napoleoneavicenza
1806
1° gennaio 1806.
Vennero da Verona più di 200 soldati francesi di cavalleria, e questi probabilmente per ora
si fermano qui. Resa pubblica la pace tra Bonaparte e Francesco II, per comando del governo
fu dato ordine di fare campanò a tutti i campanili che restano ancora in questa sfasciata città.
Oh! Per quanti di essi (che Dio non permetta) sarà giunto l'ultimo campanò! Ma
Campanò più funesto di questo
in mia vita sentito non ho.
Per questo motivo per ordine del governo si è cangiata in Duomo la solita funzione. Si
sospese il consueto sermone, e invece dell'inno Veni creator, si sostituì il canto in gran
musica del Te Deum, pontificando mons. Vescovo, e assistendovi quattro soggetti del
Governo, il podestà Tiene della nuova Deputazione, il capo dell’Appellazione e il capo della
Polizia co. Antonio Trissino Commendatore. La sera fu illuminata con fanali la torre, e
diversi altri campanili; questo per festeggiare questa pace che sarà per noi
quella pace amara
che ritrovan nel pianto gli infelici.
Chi è saggio saprà farsene un soggetto di merito, sopportando per amor di Dio e in pena dei
propri peccati questa irreparabile tribolazione, che dovremmo renderci cara e soave col
riformare i nostri costumi, e seguitare colla nostra croce sulle spalle le pedate di nostro S. G.
Cristo.
Il Duomo era pieno; ma non lo sarebbe stato niente meno che vi si fosse celebrata l’annua
funzione divotissima di questo giorno. Nessuno disse Viva.
3 gennaio 1806.
Questa mattina è partita la cavalleria di 250 Annovaresi venuta l'altro giorno che credevasi
dovesse fermarsi qui ed è andata verso Cittadella.
Per quanto si può conghietturare noi saremo incorporati col Regno Italico; tristissima sorte
per noi che purtroppo sappiamo quali siano le leggi civili e religiose di quel Regno.
Nel proclama della pace pubblicato e sottoscritto dal principe Eugenio Viceré vi sono delle
espressioni di un entusiasmo pindarico simili a quelle dell'anno 1797, che meritano di essere
conservate. Udìtele, e imparatele a memoria.
Popoli del Regno d'Italia il vostro Re ha egli ora riempiuto tutti i vostri voti, e tutte le vostre
speranze? Popoli degli Stati veneti sarete felici: il vostro Paese non sarà più il teatro della guerra; non
invidierete ai vostri vicini l'onore di essere governati da NAPOLEONE. Rinasce dunque il gran
Secolo dell'Italia. Tali sono i voleri del Genio e del Valore. Italiani, andate superbi dello strepitoso
avvenimento che proclamo. La vostra patria ritroverà l'antica sua gloria aumentata da tutto lo
splendore che si sparge all'istante del suo Risorgimento, e che accompagnavi sino negli ultimi secoli
il nome del suo nuovo Fondatore.
E così, con questo tuono ironico ed irrisorio dopo averci spogliati ed oppressi ci danno anche
poeticamente la burla. Che cangiamento di cose! Gli italiani che conquistarono tutto il
mondo, ora sono preda di una nazione da loro già conquistata!
Vennero da Verona circa 300 soldati dell'armata francese senz'armi e senza divisa; fanteria
di nuove reclute fatta quà e là colla coscrizione.
4 gennaio 1806
Partirono questa mattina verso Padova i suddetti 300 giovani. Non v’ha per altro alcun
giorno che non ne vengano e non ne vadano in piccole quantità.
5 gennaio 1806
Questa sera vennero 1200 soldati di fanteria francese da Verona.
6 gennaio
1806
Partirono 200 di quei soldati venuti ieri, e 1000 si fermano qui; sono tutti svizzeri.
Finalmente i francesi hanno abolito dopo 12 anni il loro pazzo calendario che volevano da
stolti far adottare da tutto il mondo, calendario figlio dell'empietà, dell'ignoranza, della
puerilità. Della empietà perché era diretto e formato al disegno di far perdere ogni traccia
di feste sacre, di misteri, di religione. Della ignoranza perché in tanti paesi, massime delle
colonie francesi si avrebbe detto Brumaire, Vindemmiaire ec. quando la stagione sarebbe
stata nel suo caldo, e le viti nel loro fiorire, con una ridicola contraddizione indegnissima di
quei gran filosofi che si spacciano. Di puerilità perché non è altro che un moderno dizionario
di botanica. Si sono vergognati di averlo composto, e favorito. Hanno veduto che neppure
con questo mezzo hanno potuto abbattere la santa religione cattolica, che a loro dispetto
durerà più di tutta la loro costituzione repubblicana, e monarchica; e perciò nel primo
giorno di questo 1806: lo hanno dopo grandi discussioni abolito, e sostituito il nostro
calendario romano secondo la correzion gregoriana.
7 gennaio 1806
La notte scorsa vennero da Padova e proseguirono la loro marcia verso Verona circa 2000
fanti francesi; e all’incontro questa mattina partirono i mille svizzeri per Padova, i quali si
dubitava che qui si fermassero. Queste contromarcie non ben si capiscono e io non ci penso
di capirle.
La scorsa notte è venuto da Padova il Principe Eugenio, vicerè; e senza niente fermarsi
seguitò il suo viaggio per Verona. Dopo pranzo giunsero da Padova circa 400 soldati
francesi di cavalleria e 4000 circa di fanteria, diconsi diretti nel Parmigiano per una
insurrezione ivi nata, ed anche in altri paesi, per quanto dicesi.
8 gennaio 1806
La notte passata, poco dopo mezzanotte è partita per Verona per Verona [sic] tutta la fanteria
francese venuta jeri; e questa mattina è partita per la stessa parte la cavalleria venuta jeri.
Partirono anche per andare alle case loro quei 200 circa ufficiali austriaci fatti prigionieri a
Castelfranco che da tanto tempo erano fermi in Vicenza ed occupavano tanti alloggi nelle
nostre case, che da nove anni in qua non si possono più chiamar nostre. Grandissimo peso
a cui nessun cittadino non ancora si è potuto avvezzare perché non può più dire: sono
padrone di casa mia.
La nuova deputazione civica ha cangiato nome. Non più chiama si Deputazione si chiama
Municipalità. Vedete come le cose vanno prendendo il color democratico e chissà a qual
segno dovranno giungere? I cittadini probi compiangono la disgrazia estrema di questa città
e provincia.
I buoni veneti
non tornan più.
10 gennaio 1806
In una delle sere passate alcuni soldati della gran nazione hanno assalita in città due o tre
persone in diversi luoghi della città per rubarle tra cui il co. Bernardino Conti, e malgrado i
sontuosi fuochi che illuminano splendidamente tutta la città vero è però che sono queste le
prime aggressioni accadute dopo l'ingresso di questi nuovi nostri padroni.
Serie delle chiese e conventi soppressi in Vicenza ai miei giorni
Chiesa del lazzaretto.
Convento non chiesa dei Camaldolesi di Santa Lucia.
Convento non chiesa dei Lateranensi di San Bartolommeo.
Convento non chiesa degli Eremitani Agostiniani di San Michele.
Convento non chiesa dei Gerolimini delle Grazie.
Convento non chiesa dei padri Minimi a cui furono sostituiti i Minori Osservanti di San Biasio.
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Convento non chiesa dei padri Serviti in piazza cui furono sostituiti i conventuali di San
Lorenzo.
Collegio non chiesa dei padri Somaschi.
Collegio e chiesa dei padri Gesuiti.
Convento e chiesa di San Lorenzo.
Convento e chiesa di San Biagio.
Convento e chiesa di Santa Maria nuova.
Convento e chiesa di San Francesco.
Convento e chiesa di S. Silvestro.
Convento non chiesa di Santa Lazzarina.
Mezzo convento non chiesa di San Tommaso.
Chiesa e convento del ponte degli Angeli.
Chiesa dei santi Apostoli chiesa di San Bovo.
Chiesa di Sant'Antonio abate
Chiesa di San Gottardo.
tutti e tre nell’Ospital vecchio
Oratorio dei Negri di San….?
Oratorio dei Rossi
Oratorio della Carità
Oratorio dei Turchini.
Chiesa di SS. Pietro e Paolo
Chiesa di Sant'Andrea
Oratorio del Crocifisso dei Servi
Queste due ultime son volte in magazzino e io nol sapeva.
Che strage, lettor mio caro, è avvenuta sotto i miei occhi, all’età mia che non è decrepita, in
pochissimi anni.
Questo quadro messo ad un colpo d’occhio non fà da piangere?
Ci fermeremo qui? Che sarebbe se vi aggiungessi le soppressioni avvenute nel nostro
Territorio?
Questi, sì questi furono i zuffoli che chiamarono la terza volta i francesi. Ultio domini est
ultio templi sui. E se il castigo andasse ancora più avanti, che sarebbe di noi?
11 gennaio 1806
La scorsa notte è caduta non poca neve.
Questa mattina partirono diverse reclute di soldati volontarj fatti quì a Vicenza. Giovani
insensati, presto vi accorgerete che voglia dire aggregarsi anche volontariamente all'armata
francese.
In questi giorni è emanata una legge del Governo con cui possono affrancarsi alcuni livelli
anche perpetui verso i ceti ecclesiastici. Così fu fatto anche nell'altra democrazia ma senza
effetto. Brutta legge pregiudiziale sino alla chiesa sempre presa di mira per impoverirla
ingiustamente. Chi si affrancherà avrà da render conto, né questa legge lo giustificherà.
Piaccia a Dio che non se ne faccia un’altra per tutti i livelli.
13 gennaio
Questa mattina partirono dal Campo Marzo diversi cannoni e carra che eran ivi da più
giorni, e mossero verso Padova.
Tutto il monastero di S. Felice è pieno di polvere da cannone, e di una quantità di artiglieri
francesi che lavorano con essa a fabbricare fizzotte [le cariche di polvere racchiuse in un involucro
infiammabile] per i fucili. Non vogliono che si accenda lume neppure in chiesa per timore di
una rovina. Perciò oggi per ordine del sovrano i monaci sloggiarono dal monastero, tre soli
rimanendovi, a patto di non accendere lume. La chiesa fu chiusa, e la parrocchia trasportata
a San Valentino, e a San Nicolò. Vedremo se in poche settimane, come promette il decreto
partirà da Vicenza la polvere, e saranno ridotte e le cose al pristino stato. Oh! Che funesti
principj son questi mai? Dove andranno a finire?
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14 gennaio 1806
La scorsa notte sul corso quasi dirimpetto alla nostra casa fu rotta e spaccata la pietra sotto
la balconata della bottega del signor Guidinali droghiere, sotto il portico di casa Trissino, e
rubato dai ladri entrati per il foro da essi fatto, quanto hanno potuto. Non è mio assunto
tener registro dei furti che nascono per la città; metto soltanto in vista quelli che fanno
vedere l'inutilità dei fanali dispendiosissimi che illuminano in tempo di notte questa
scheletrita città.
Per quanto osservo questa armata francese deve essere composta di un numero
innumerabile di gente reclutata da tutti paesi a loro soggetti, e moltissima dall’Italia, tal che
ogni giorno vengono da Verona e passan poi oltre … picchetti a segno che si fa conto, che
a forza di questi quotidiani rinforzi passati per Vicenza dopo l’invasione dei 4 novembre
passato, a quest’ora l’armata siasi ingrossata di trenta mila uomini, tutti passati a picchetti
per Vicenza.
16 gennaio 1806
Altro furto accaduto nella notte passata nella bottega di Bonaguro scarparo, in faccia a S.
Gaetano sul Corso, col romper la porta. Vivano i fanali e i loro inventori.
Spesse volte una mano di birbanti senza coscienza e senza religione si dilettano da molto
tempo di atterrare qua e là le muragliette che circondano il Cimitero della Cattedrale, e
parmi anco di averlo notato. Ora la scorsa notte questi furfanti hanno spezzata e atterrata
quella colonna sull’orlo della piazzola del Duomo eretta in memoria del martirio sofferto
dal B. Giovanni Cacciafronte, Vescovo di Vicenza.
Attesi i furti seguiti in città è uscito oggi un proclama che sarà catturato chiunque sarà
trovato dopo mezza notte per le strade senza lume. Così si viene solennemente a dichiarare
l’inutilità della notturna gravosissima illuminazione.
17 gennaio 1806
In Pressana vicino a Cologna, nello scavare i fondamenti della chiesa, è stata trovata una
medaglia d’argento di Vitellio di squisita conservazione. Nel dritto, testa di Vitellio A.
Vitellius Germanicus Imp. Nel rovescio figura di donna sedente con patera in mano:
Concordia P. R. Fu portata al nostro mons. Vescovo che gentilmente volle farmene un dono;
e così l’hò aggiunta ad altre cinque di Vitellio d’argento che aveva, e che non sono comuni.
E’ giunto oggi da Padova diretto a Verona l’equipaggio del Viceré Eugenio, il quale da
Monaco deve recarsi a Verona. Questo suo equipaggio finora era stato fermo in Padova.
18 gennaio 1806
Ed oggi è giunta da Padova la Guardia nobile di detto Viceré diretta pur essa a Verona.
Tutta questa guardia questa sera alloggiò per le case dei cittadini; e tutte ne sono piene a
sazietà.
Oggi per ordine del nostro buon Governo dei Settemviri è stata rimessa in piedi a suo luogo
la colonna del beato Giovanni Cacciafronte atterrata e spezzata l'altra notte; ben fatto, ma
non bisognerebbe restar qui.
1806
Giovanni Cacciafronte de Sordi (1125 ca. – 16 marzo 1181)
A sedici anni entrò come monaco benedettino nell'abbazia di san
Lorenzo a Cremona; Con le sue qualità e virtù conquistò le simpatie dei
superiori e dei confratelli. Fu nominato dapprima priore del piccolo
monastero di san Vittore, dipendente dall'abbazia di san Lorenzo e poi
abate della stessa grande abbazia di Cremona, carica che ricoprì dal 1155
al 1159.
In quegli anni nella Chiesa scoppiò lo scisma, con l'elezione dell'antipapa
Vittore IV, sostenuto dall'imperatore Federico Barbarossa, contro il
legittimo Papa Alessandro III, che si opponeva allo strapotere imperiale,
appoggiando la Lega Lombarda dei Comuni. L'imperatore fece esiliare
Giovanni Cacciafronte che fu trasferito alla sede vescovile di Vicenza.
Svolse opera di predicazione contro gli eretici, e forse nell'ambito di
questa sua attività va vista la fondazione di una scuola di teologia per la
formazione del clero, alla quale chiamò un teologo dalla Lombardia.
Appena due anni dopo, il 16 marzo 1181 fu ucciso da un certo Pietro,
feudatario in concessione dei beni delle Chiesa vicentina, il quale volle
vendicarsi perché il vescovo l'aveva scomunicato e privato dei beni, a
causa delle sue frequenti violazioni dei diritti delle Chiesa.
Cathopedia (L’enciclopedia cattolica)
Saria d’uopo scoprir i rei e far loro sentire un adeguato castigo, altrimenti aspetto che
costoro incominceranno a demolire la cattedrale, perché vorrebbero pur levarsi dagli occhi
ogni ombra di cristianesimo, che riesce loro intollerabile perché condanna i loro delitti, e
minaccia loro una pena eterna che li spaventa.
Ma se li spaventa il solo pensiero di un inferno, che sarà poi quando vi saranno precipitati
in perpetuo senza rimedio?
Per i gran furti accaduti nelle notti passate, ed anche per il territorio come nella chiesa
parrocchiale di Doville, in quella di Arcugnano sono state arrestate diverse persone e messi
in prigione.
È venuta anche da Verona una quantità di truppa italiana incorporata nell'armata francese
di fanteria.
19 gennaio 1806
Questa mattina è partita per Padova la suddetta infanteria italiana; ma dopo pranzo, da
Verona ne è sopraggiunta un'altra in gran quantità tutta composta di gioventù bresciana,
bergamasca, ec. nuovamente arrolata.
Quanto è da compiangervi! E tra poco così sarà anche tra noi.
Si incomincia a tormentare il conventi, i luoghi pii, le Fraglie, con fogli di lunghe, minute,
moleste interrogazioni. Vedrete presto a che sono dirette queste perquisizioni.
20 gennaio 1806
Questa mattina parti per Padova tutta la fanteria di nuove reclute venute ieri; e partì per
Verona la Guardia nobile a cavallo del Viceré.
In questi giorni i francesi sono entrati in Venezia a prendere possesso di quella un giorno sì
famosa città e carissima e discretissima nostra madre, non mai abbastanza compianta;
ceduta a Bonaparte dall'Imperatore Francesco II in virtù del trattato di pace segnato li 21
dicembre pass.o in vigor del quale Bonaparte cede all’Imperatore Francesco II la città di
Vienna ed altri stati che gli avea tolti in pochissimi giorni; pace per parte di Francesco II
meschinissima e funestissima. Umanamente parlando tre sbagli ha commesso l’Imperatore
austriaco in questa guerra.
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1.
2.
3.
Stuzzicar estemporaneamente Bonaparte. Credo benissimo che Bonaparte vagheggiasse questi nostri stati,
ma per ora non pensava a conquistarli, avendo sul braccio l’Inghilterra, con cui avea da fare per molto
tempo; e intanto potea nascere qualche apertura di trattati.
Richiamar il Principe Carlo con tutta l’armata dall’Italia per soccorrer la capitale di Vienna minacciata e
poi invasa da Bonaparte, perché il principe Carlo non giunse a tempo.
Malgrado l’ordine avuto dall’Imperatore, attesa la situazione delle cose, dovea il principe Carlo
conquistare Verona, perché è certissimo che i francesi avevano risoluto di abbandonarla, e di ritirarsi fino
in Piemonte; e dopo Verona dovea inseguirli fino alle frontiere della Francia.
Se Bonaparte andava avanti conquistando da un lato, il principe Carlo sarebbe andato
avanti conquistando dall’altro e sarebbesi da tutti questi contrarj avvenimenti, aperto luogo
a un trattato vantaggioso. Ma il castigo dovea venire; e però gli uomini doveano acciecarsi.
Si sa che il Viceré Eugenio è andato a Monaco a farsi sposo con una figlia dell'Elettore di
Baviera, ora Re di Baviera, così creato in adesso da Bonaparte; e tra pochi giorni ritornerà in
questi Stati a farli lieti di sua Vicereale presenza. Queste notizie non hanno che fare con la
storia di Vicenza, a cui io mi confino in questo meschino giornale; ma per quella relazione
che vi hanno, credo non superfluo lo scriverle. Questo Viceré fu a Vicenza anche con
l'armata dell'anno famosissimo 1797: ma allora era un ragazzo solo di primo pelo, che niente
figurava per la sua età ed alloggiò allora nel palazzo del co. Marco Antonio Trissino.
22 gennaio 1806.
Malgrado la pattuglia ambulante, malgrado le folgoreggianti lanterne, la notte passata i
ladri si insinuarono nella bottega che fa cantone a Pozzo Rosso sotto la casa del qu. co.
Vittorio Porto; da questo, rompendo il muro passarono in un'altra bottega; e da questo in
una terza pure contigua. Staremo a vedere dove tenteranno nella notte futura. O tempora!
O mores!
Giorno del nostro protettore San Vincenzo. La Municipalità ha assistito alla solita funzione
nel Palazzo della Ragione.
La corte del Viceré la quale dimora in Padova, e da cui dipendiamo, ha mandato ordine al
nostro Governo provvisorio di Vicenza, di tener allestiti in Montebello per il giorno dei 26
correnti, settanta cavalli atti alla corsa e pomposamente addobbati, con i loro postiglioni
vestiti tutti con uniforme; ed altrettanti a Vicenza: in tutto 140 cavalli, e di addattare le strade
della provincia, perché circa quel giorno passerà per Vicenza, per portarsi a Venezia il Viceré
Eugenio con la nuova sua sposa bavarese, con la quale verrà da Verona. Tutto bene; e se
quest'ordine fosse stato accompagnato da un barilotto di zecchini; per supplire a questa
spesa, ancora meglio, ma di questo non si fa motto; vi si lascia pensare a noi.
Da molti giorni si sta lavorando nella fucina francese la famosa annua gravezza intitolata
Predial.
Quando esca trappoco alla luce, sentiremo tutta la forza e tutto il peso di questo vocabolo
etrusco senza aver bisogna di consultare né il Passeri né il Lori.
23 gennaio 1806
Vennero da Cittadella circa 400 soldati francesi di cavalleria i quali per ora si fermeranno in
Vicenza; favori a noi poco grati.
24 gennaio 1806.
È morto questa mattina dopo tre o quattro giorni di male acuto in età di anni 60 il co.
Leonardo Feramosca, ultimo di sua famiglia, e del suo rinomato cognome. Cavaliere pieno
di pietà, di ottima volontà sempre inclinata al bene, di somma carità verso i poveri e i Luoghi
pii, e di un'edificazione ad ogni classe di persone, dalle quali veniva grandemente amato e
stimato, oltre all'essere stato cittadino utilissimo alla sua patria in tutti gli uffizi nei quali fu
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da essa impiegato; e però non è da dire quanto da tutti sia stata compianta una perdita di
questa sorte.
25 gennaio 1806
Ed oggi è morto il co. Alberto Monza ultimo di sua nobil famiglia, in età di 94 anni. cavaliere
di …. pietà ed integrità. Da molti anni era divenuto cieco; e da qualche anno non si moveva
dal letto.
26 gennaio 1806
E’ venuta da S. Lucia non poca cavalleria francese, ma grandissimo numero di fanteria di
nuove reclute sicché la città n’è tutta allagata e le case piene di uffiziali. Gran peso! Grande
oppressione! Ma l’abbiamo invitato e non facciamo niente per correggerci!
Per avventura il Viceré per ora non passa per Vicenza. Da Verona passerà a Milano. Ad ogni
modo molti dispendiosi preparativi è stato necessario di fare.
27 gennaio 1806
La cavalleria e la fanteria venuta ieri è partita questa mattina per Verona.
Molti dei nostri ragazzi vicentini, ed anche qualcheduno non affatto del volgo si arrolano
volontari, nell'armata francese. Puoh! Puoh! Dededà!
28 gennaio 1806
Un espresso spedito ieri sera da Verona ha portato la nuova che il Viceré d’Italia in luogo di
andare a Milano come divisava, ha risolto di portarsi a Venezia, e perciò passerà per
Vicenza.
Giunsero questa sera da Treviso 500 soldati di cavalleria francesi. Alloggi a voi.
29 gennaio 1806
Partirono questa mattina per Verona i 500 soldati; corazzieri venuti ieri.
Per l'avviso che deve tra pochi giorni avvenire dal Viceré in Vicenza, il nostro Governo
provvisorio ha affisso un editto che ordina due cose
1.
Che tutti i cittadini si abbiano da restringere nelle loro case per poter alloggiare il seguito immenso che
avrà questo principe ….
E non siamo ristretti abbastanza da nove anni in qua?
2. Che tutti i cittadini abbiano da illuminare le loro case nelle notti che qui dimorerà questo Viceré con due
lumi per finestra.
Abbiamo altro in testa che questi spettacoli dispendiosi. Ad ogni modo converrà farlo
comunque e siamo esauriti.
È qualche giorno che si trovano in Verona per corteggiare il Viceré spediti dal nostro
Governo provvisorio due membri del nostro Governo medesimo, erano il co. Luigi Bissaro,
e il co. Leonardo Tiene; quegli stessi che furono a corteggiarlo in Padova.
30 gennaio 1806
La cavalleria di Corrazzieri, che l’altro giorno partì per Verona, oggi ci fa il regalo di vederla
tornar in Vicenza. Questi Corrazzieri sono armati di ferro il petto e la schiena ed hanno
attaccato al di dietro dell’elmo una coda di cavallo che flagella le spalle. Invece di presentare
un’aria militare, hanno piuttosto l’aspetto di maschera.
31 gennaio 1806
La sud.a cavalleria questa mattina è partita per Treviso; ma dopo mezzodì vennero da
Verona altri 200 circa simili Corrazzieri; sicché può dirsi di questi bellissimi frutti della gran
Nazione
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e quando spunta l’un l’altro matura.
***
1 febbraio 1806
Partirono per Castelfranco i Corrazzieri venuti ieri e partì anche per colà non poca fanteria
francese venuta ieri e nei dì passati. Ogni giorno truppa viene, ogni giorno va.
Questa mattina con un decreto giunto dal Viceré è stato cangiato il governo provvisorio dei
Settemviri e concentrata la Amministrazione in un solo soggetto, che si chiamerà Magistrato
Civile; ed il soggetto eletto a questa carica è il co. Leonardo Tiene. Di più è stato eletto dal
med.o Viceré il commendator Enrico Bissari presid.e alle miniere; il sig. S. G. Agostino
Vivorio all’acqua e ai boschi; e trasportato a Venezia il Tribunale d’Appellazione. Di più è
uscito oggi dalla fucina francese il famoso Predial, voce etrusca terribile. Vuol dire che
invece di un campatico annuo che pagavamo in passato ne pagheremo presso che due ad
ogni bimestre, sicché ogni anno ne pagheremo poco meno di dodici. Qui sarebbe il luogo di
ricopiare il proclama che ho trascritto li 3 genn.° 1806. Rileggetelo, che quadra perfettamente
col Predial. Avrò occasione di rimandarvi spesso a questo delizioso Proclama.
2 febbraio 1806.
La molta pioggia di ieri e della notte passata ha fatto crescere l'acqua notabilmente.
Un'ora dopo mezzodì finalmente sotto un diluvio terribile di pioggia è giunto da Verona il
Viceré Eugenio Beaurnais colla sua nuova sposa bavarese. Lo precedeva una squadra a
cavallo della sua Guardia Nobile, un’altra di Corrazzieri assai ben all'ordine, ma tutti
parevano tanti Tritoni grondanti acqua da per tutto.
Lo precedeva un legno a sei cavalli, lo seguiva un altro. Il suo legno era in mezzo a questi
tirato da sei cavalli tutti assai ben forniti, con i postiglioni riccamente vestiti. Egli e sua
moglie erano in questa carrozza. Al suo ingresso si spararono diversi cannoni che stavano
all'ordine in Campo Marzo, si suonarono le campane della Torre e qualche altra della città,
ma poche. Per qualche ora seguitarono a giunger legni dal suo seguito. I cavalli, i vestiari
dei postiglioni di questi legni e del suo, tutto fu messo all'ordine e ritrovato a spese di questa
povera città. Egli andò smontare a casa Nievo Barbarigo alla piazza della Biada, dove gli è
preparato l'alloggio; palagio vasto, nobile, è addobbato riccamente, e squisitamente; eppure
veduto ieri da un generale francese suo precursore si espresse con i suoi di seguito che tutto
era piccolo, e meschino. Che contraddizione! Ci spogliano fino all'osso e vogliono che tutto
sia grande, e magnifico. Cattivi ragionatori. Il Magistrato Civile co. Leonardo Tiene, e il
podestà co. Giacomo Tiene gli andarono incontro fuor di città. Nel suo passaggio per città
non si sentì una voce che gridasse viva, comunque il comandante della Piazza Mr. Savardé
eccitasse le persone ad esclamare viva; e quantunque una quantità di gente e di donne oziose
e curiose camminassero per le strade tutte bagnate da capo a piedi. In questo ingresso si è
veduto praticamente dove è andata a finire la libertà e l'eguaglianza dell'anno 1797: ma chi
non era il re dei Merlotti lo aveva ben compreso fino d’allora. Tutto era per guadagnar il
popolo e farlo giocare nei propri disegni; non vi era bisogno di molta speculativa per
conoscere fino da allora questa verità. Adesso libertà, eguaglianza, diritti dell'uomo non si
sente più a nominare, anzi il nominarli sarebbe delitto. Hanno avuto quell'effetto che si
voleva. Basta così. Oh! Veramente mendaces filii hominum.
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Eugenio di Beauharnais
(Andrea Appiani)
La coppia Vicereale
Amalia Augusta di Baviera
(Andrea Appiani)
Questo Viceré pranzò solo con sua moglie che ha nome Augusta, e tutti i suoi piatti e il
servizio di tavola erano d'oro massiccio. Vi avea poi poi [sic] in un'altra sala altra gran tavola
per i cortigiani. La corte di questo signore è splendidissima e ricca. La sera fu illuminata
qualche contrada della città, cioè tutto il Corso, ma scarsamente con olio, e sevo; la Piazza
col Palazzo della Ragione con lumazzi; così la torre, e qualche altra casa sull'altre contrade.
Gli fu preparata una festa da ballo nel Teatro Eretenio illuminato; vi si portò preceduto da
diversi soldati; e davanti la sua carrozza correvano diversi plebei forse pagati, che gridavano
Viva ma con poco sussurro. Stette nel teatro con la moglie poco più di un'ora, poi ritornò a
casa senza accompagnamento di gente.
Giorno assai mesto per questa agonizzante città, che sarà alla condizione delle altre suddite
della Francia.
3 febbraio 1806.
La notte passata quattro ore dopo la mezzanotte, con lo sparo del cannone è partito il
suddetto Viceré Eugenio per Padova per recarsi a Venezia a felicitare quella nostra mai
abbastanza pianta, Madre e Signora.
Ieri fu a visitarlo prima del pranzo il nostro degnissimo Vescovo che gli fece un
complimento breve ma adattissimo alle circostanze in cui siamo, sì poco favorevoli alla
Religione.
Ieri non pranzò solo, com'è sua usanza; ma erano alla sua tavola il co. Leonardo Tiene
Magistrato Civile.
Il co. Gio. Giacomo Tiene Podestà della Municipalità; il Sig. Pietro Pedrazza Sindico di Tiene
ed il Comandante della Piazza.
6 febbraio 1806.
Per l'imminente ritorno da Venezia del Viceré, si preparavano e si mettono in requisizione
e a Montebello e qui in Vicenza centoquaranta pariglie, come si fece nel suo passaggio per
andare a Venezia, cioè settanta a Montebello e settanta a Vicenza coi loro postiglioni e
fornimenti.
Perciò in Vicenza si ricercano alcuni di quei pochi cavalli che ancora rimangono dopo le
passate perdite in alcune famiglie. Quanto a me se fossi Viceré mi piacerebbe viaggiare con
i miei cavalli, oppure pagando quelli che mi servissero, senza dare questo aggravio ai privati
ed al pubblico del paese.
In Venezia fu accolto con dimostrazioni di eccessiva allegrezza.
Si vuole che in quella città non vi sia mai stato un ingresso così solenne. Lector, quid tibi
videtur?
7 febbraio 1806
1806
Col proclama di questo giorno si comincia ad invitare i cittadini ad arrolarsi
volontariamente all'armata francese. Lector, quid tibi videtur? Questo è il primo passo per
venir poscia alla luttuosissima coscrizione. Molti giovani abbracciano il partito di volontari
per i patti che sperano di ottenere, e che vengono a loro vantaggio.
9 febbraio 1806
Verso mezzogiorno ripassò per Vicenza venendo da Padova il Viceré Eugenio colla nuova
sua sposa.
Cangiò cavalli sull'Isola, dove da molte ore stavano preparati e insellati: e partì subito per
Verona. Al suo ingresso si sparò diverse volte il cannone piantato al Vò dei Zaffi sul monte
Berico, e in Campo Marzo, e suonarono le campane.
Era preceduto da circa 70 Corrazzieri a cavallo e da una carrozza a sei cavalli, dopo la quale
veniva la sua con i cavalli di questo, e di quello forniti a gala. Molto popolo in quel momento
comparve per la strada, ma non si sentì una sola voce che applaudisse e gridasse Evviva.
Molte carrozze del suo seguito vennero, prima e dopo.
Quattro sono i suoi ciambellani, un Chiaramonti, nipote di Pio VII, un Bentivoglio, un
Fenaroli, e un Calini. Mentre il sud.o Viceré era fermo sull'Isola per cangiare i cavalli gli si
affacciò alla portella per inchinarlo il co. Pietro Bissari, a cui il principe disse; venite a Brescia
che ho da parlar con voi. E il d.o cavaliere partì oggi dopo pranzo per Brescia.
[Questo Bissari ha provato all’Arsenale di Venezia, alla presenza del Viceré una bomba da cannone di sua
invenzione, di cui trovai nota all’Archivio di Stato di Venezia. Ma non riuscii a trovar ulteriore traccia dei
documenti dell’Arsenale - dispersi o distrutti - di quando l’esperimento sarebbe avvenuto, comunque proprio
in quest’anno 1806. Quest’invito all’appuntamento di Brescia probabilmente serviva a chiarire il progetto al
Vicerè per il successivo collaudo della bomba].
Il frumento a lire 18: il sorgo a lire 13,10 allo staro.
12 febbraio 1806
La scorsa notte si sono sentite due non piccole scosse di tremuoto, che Dio ne liberi per sua
infinita misericordia. Si vedono da ogni parte i segni manifesti che Dio è sdegnato contro di
noi giustissimamente per i nostri peccati; per la loro moltitudine e gravità, e particolarmente
dei miei; ma dall'altra parte si vede pure manifestamente, che per la sua infinita
misericordia, e per la mediazione della nostra gran Regina e Avvocata Maria SS.a
rattempera e modera pietosamente i castighi a segno che ce li rende tollerabili e
infinitamente minori di quello che noi meritiamo; ma guai se non corrispondiamo a tanti
avvisi che egli ci manda per farci cambiare le massime ed i costumi.
I due Giudici vicentini scelti per portarsi a Venezia per formare il Tribunale da quello
unitamente ad altri Giudici scelti da tutti delle altre soggiogate province, ed erano
malcontenti di essere eletti; hanno ottenuto la dispensa, e furono invece di loro eletti e il co.
Gabriele Anguissola, ed il sig. Gianbatta Cisotti, ottimi giudici.
Ecco un altro castigo. Questa mattina è morto di 78 anni il P.e Ottavio Pace vicentino Min.
Osservante il quale ad una vita illibata e ad un aurea semplicità univa una somma dottrina;
profondo teologo, conoscitore e possessore delle lingue ebrea, greca, e latina, e di alcune
altre. Il P.e Carmeli professore di Lingue nell’Università di Padova se lo avea allevato ed
istrutto con l'idea che foss’egli il suo successore in quella cattedra; e meritavano veramente;
ma morto il P.re Carmeli, la sua umiltà gli suggerì di nascondersi e di fuggire l'elezione,
come gli venne fatto. Vi sono alcune sue opere stampate tra cui una: De vaticinio Jacobeo.
13 febbraio 1806.
1806
Giunsero questa sera più di mille francesi. Ma mi avveggo esser superfluo di tenere questo
conto perché ogni giorno ne vengono e ne vanno quanto in grande, quanto in piccola truppa.
Pochi sono quelli che non confessino esser questo un castigo di Dio e da noi meritato; ma
alcuni vanno ….. variamente avanti; sì dicono, e i francesi perché non sono castigati? Perché
anzi trionfano? A questi ignoranti che fanno questa insensata interrogazione bisogna
rispondere in questo modo.
1. Chi è colui che abbia diritto di entrare nei consigli dell'Onnipotente, e domandare il
perché delle sue divine disposizioni?
2 . Nessuna nazione è stata castigata tanto come la Francia.
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
Il trono dei Borboni è rovesciato.
Si è sparso per tanti anni un mare di sangue civile.
Divennero i francesi al punto di perdere la religione.
Caddero nell'ateismo.
Poscia nell’idolatria adorando pazzamente la ragione, che non fu mai tanto disonorata quanto
allora ci fu adorata.
Per non soffrire un re della loro nazione, per voler ergersi in Rep.a, dopo un giro di pochi anni
eccoli caduti sotto la dominazione di un Sovrano corso.
Quasi tutti i promotori della rivoluzione sono morti trucidati.
Se ora in vista del Concordato col Sommo Pontefice Pio VII non sono più scismatici, la religione
cattolica vi è tra loro in uno stato di sommo languore sì che si può dire una larva di religione. Non
vi pare che siano castighi terribili?
3. Dio si serve della verga dei francesi per castigare altri popoli colpevoli al pari di loro.
Quando questi popoli saranno puniti abbastanza chi vuol sapere cosa Dio abbia
destinato di fare di questa verga che adesso sconvolge l'universo?
4. Finalmente Dio per castigare non ha solamente in mano il giorno dei 13 febbraio 1806:
ha in mano tutta l'eternità. Chi fa la guerra alla chiesa si fabbrica la sua rovina. Tutta le
storie ci confermano questa verità.
14 febbraio 1806
I mille fanti venuti ieri da Chioggia partirono questa mattina per Verona. Erano tutti
volontari; e qui pure in Vicenza si crede una quantità di gente volontaria. Bravi!
Si accorgeranno tra poco in quale vortice sono entrati.
Per qualche tempo dopo la loro venuta i francesi lasciarono a disposizione della città le casse
del Campatico e dei Dazi, e di tutte le entrate regie. Ma da qualche tempo in qua le hanno
tutte avvocate a se. Non è stato piccolo regalo il lasciarcele per qualche mese.
15 febbraio 1806
La continua pioggia di ieri a dirotto ha fatto crescere l’acqua notabilmente, ma assai meno
di quello che si aspettava.
17 febbraio 1806
Va terminando il Carnovale con maschere, e bagordi assai più di quello che dovrebbe essere,
ma assai meno di quello che fu negli ultimi anni andati. Chi non ha né roba né coscienza
mostra allegrezza.
Da qualche giorno è terminata la fattura del restauro della Porta del Castello con la quale
per le memorabili cannonate del 3 novembre passato era ridotta al segno che tutto il volto
ed i fianchi minacciavano ruina. Ora si è ancora allargata notabilmente, e ridotta ad uno
stato migliore di prima.
Non si è ancora posto mano al restauro dell'arco del Campo Marzo assai maltrattato dalle
palle; e forse non vi si penserà più, perché io credo che andiamo incontro ai secoli di ferro;
e che non vi sarà altra scienza che la infelicissima dell'arte militare.
1806
18 febbraio 1806.
Ultimo del Carnovale. Partirono diversi cannoni che erano in Campo Marzo, ed alcune casse
di quella immensa polvere che è collocata a San Felice.
Il freddo in questo inverno è stato discrettissimo. Il tempo più rigido fu nel passato 14
novembre.
22 febbraio 1806
I poveri padri Cappuccini hanno cominciato a dar mano al rialzamento del loro incenerito
convento. Ormai hanno addattato dieci o dodici celle dove sono a stanziare alcuni di quei
buoni religiosi che vivevano divisi con altri conventi di Regolari per la città. Se si trattasse
di erigere un Teatro si troverebbero subito 100 e più mila ducati; ma per assistere questi
angeli del Signore che s’interessano tanto presso di Lui a nostro favore, non si trova una
mano benefica, che generosamente li aiuti.
A proposito di Teatro si dice che con uno scandalo dei più enormi starà aperto fino agli
ultimi giorni della corrente Quaresima.
Ecco un altro castigo il più grande di tutti. Aperto il Teatro in questi giorni di penitenza?
Cosa direbbero i nostri primi cristiani che venissero al mondo? Dio la perdoni a chi è cagione
di sì gran male.
A considerar la condotta del governo francese che in questa sua terza irreparabil venuta,
non si trova più in esso quella ferocia che tanto faceva tremare nella prima democrazia ad
ogni momento. Per questa parte il loro carattere è divenuto più umano. Ma niente i francesi
hanno rimesso del loro interesse e tendono a cavar danaro quanto mai possono, e quanto
facevan prima. Per questa parte la gran Nazione non ha cangiato massime come le ha
cangiate in rapporto alle voci insensate di Libertà, di Eguaglianza, di Diritti dell'uomo che
ora sarebbe delitto di nominare.
Quando mai nel corso di 10 anni lo spirito umano ha rappresentato una contraddizione più
enorme?
25 febbraio 1806
Giorno splendidissimo e tranquillo, e da primavera inoltrata. La processione votiva partì
verso Monte Berico un'ora prima di mezzodì intervenendovi mons. Vescovo, il Magistrato
Civile e la Municipalità, accompagnata da una schiera di fanti francesi che entrarono in
chiesa a Monte col tamburro battente. Vi concorse alla processione gran Popolo. La Madre
SS.a sia quella che ci protegga in queste nostre luttuosissime umane e pur umane ma
irreparabili circostanze.
28 febbraio 1806
Ieri e ieri l'altro è venuta da Verona una quantità di truppa di fanteria francese assai più
dell'ordinario, la maggior parte di nuova leva. Quella venuta ieri l'altro partì jeri; e quella
venuta jeri partì questa mattina, per la porta di Santa Lucia. Fa spavento nel considerare il
numero infinito di soldati che compongono questa armata che ora è padrona di tanta parte
di Europa.
È giunta la nuova che l'armata francese è entrata conquistatrice in Napoli, ritirato il povero
re con la famiglia reale a Palermo. Che strano e rapido rivolgimento di cose! In questa
straordinaria e portentosissima guerra scomparisce affatto il braccio dell'uomo, e non si
vede che il dito di Dio.
***
1° marzo 1806
E’ partita una squadriglia di cavalleria francese che ieri era venuta da Verona, e parte poi
per Verona la fanteria che qui era di guarnigione; e fu fatta partire perché da qualche giorno
1806
alcuni di essi vedevano di malocchio i birri, e volevano malvivere con essi [sic]; anzi un
povero birro fu percosso da uno di questi soldati; e la cosa andava crescendo a segno che si
giudicò spediente far che i birri si nascondessero jeri, od uscissero taciti dalla città. Si misero
guardie di cavalleria alla porta di Padova e in Piazza nel corpo di guardia per impedire ogni
sconcerto. E per grazia di Dio niente è successo. Questa fanteria che era qui di guarnigione
era composta tutta di italiani, una gran parte bresciani e della Lombardia. Così la povera
Italia sarà da qui avanti il seminario di soldati; tutte le scienze e le arti andranno a terra
fuorché l'arte militare. Oh povera Italia!
3 marzo 1806
In questi giorni le Monache di San Tommaso hanno ottenuto dal Governo nostro di Vicenza
la facoltà di tornare a occupare quella parte del loro monastero che con tanto loro incomodo
avevano dovuto cedere alle inutili truppe tedesche. Piaccia a Dio che questo loro ritorno sia
stabile, e perpetuo, e non soggiacciano ad altre moleste vicende com’io e tutti quelli che
conoscono la gran nazione ne temono.
Ritorna il freddo assai sensibile dopo tre giorni di fortissimo vento. Quasi che in Vicenza
oggi non vi fossero vizi abbastanza il Governo francese ha dato il permesso di introdurre i
rovinosi giochi di faraone ed altri giochi di invito e di azzardo che erano severamente
proibiti sotto il Governo veneto. La giustificazione di tal massima perniciosa si appoggia su
questo, che il Governo francese considera questo, come un affare di Stato ed un ramo di
finanza: ed infatti lo appalta ad un prezzo altissimo all'impresario. O tempora! O mores!
Per i due mesi primi dopo il loro ingresso in Vicenza i francesi lasciarono in mano della Città
tutte le Casse regie con i loro proventi; ma dopo li hanno tutti tirati a sé, scaricandoci per
altro di alcuni pesi.
Tutti i generi da qualunque sorta, niuno eccettuato dopo la venuta di questi amici dell’uomo
sono cresciuti ad un prezzo smodato. I venditori ciò fanno per rimborsarsi delle pagate
contribuzioni, e di quello che pagheranno.
7 marzo 1806
Predica in Duomo in questa quaresima il P.te Marcellino da Venezia, Minor Riformato, con
molto zelo e dottrina
10 marzo 1806
Ha nevicato violentemente tutta questa mattina.
Questa mattina in un batter d’occhio ho perduto circa la parte terza della mia entrata e così
meco l’hanno perduta tutti i cittadini possidenti; e ciò in virtù dello Spazza campagna
chiamato con vocabolo … Predial, uscito questa mattina dalla fonderia francese a felicitare
questa d’altronde già felicitata vicentina provincia. Si tratta dunque di pagare
immancabilmente, ogni due mesi, nella Cassa regia trecento sessantacinque mila; e questo
per due terze parti in moneta nobile, che bisogna comprarla, essendo divenuta rarissima.
Questa imposta è gettata sull’Estimo Generale, e per conseguenza, ogni due mesi
cominciando dal cor. marzo avremo da pagare L. 89,12 almeno sopra ogni lira di estimo.
Eccoci pienamente felici. Vedremo se almeno, in questa magnifica annuale imposta, sarà
abolito il Campatico, e le altre gravezze di Mandato Domini, come si dice, ma non si crede.
Ah?
I buoni veneti
i cari veneti
discreti veneti
non tornan più.
Nella villa dell’Olmo a tre miglia di qua vi è un morbo epidemico che degenera in maligno
e leva la vita. Questo male è già entrato in Vicenza e v’ha molti attaccati da esso
1806
nell’Ospitale. L’Uffizio della Sanità se ne mette in pensiero, e pensa ai provvedimenti: io
suggerisco il migliore di tutti, anzi l’unico. Placar Dio colla penitenza e riformare
interamente i costumi. Allora finiranno tutti i castighi. Finché non adopreremo così, tutto
sarà inutile; ogni altro mezzo sarà vano.
11 marzo 1806
In questi giorni è stata chiusa la chiesa parrocchiale di S. Lucia e trasportata la Parrocchia
nella chiesa delle Monache dell’Araceli, e ciò per non sopprimere quella chiesa (cosa passata
purtroppo in questi infelicissimi mesi) ma perché essendo cadente nel soffitto ha bisogno di
un lungo restauro.
12 marzo 1806
Il male epidemico maligno va inoltrando, e guadagnando in città, e in Villa.
In città ne abbiamo più di cinquanta attaccati nell’Ospital Grande, altri nell’Ospital militare
di S. Silvestro, altri sparsi in varie case della città; le quali case, questa mattina per ordine
della Sanità sono state chiuse perché non abbiano comunicazione; cosa che ha cominciato a
funestare il Paese.
Nelle ville v’ha degli infetti ad Arzignano, a Chiampo, all’Olmo. Pochissimi per altro, grazie
a Dio, sono quelli che muojono. Non è così a Conegliano, e a Udine, dove il morbo infierisce
ed uccide.
Questo male è stato introdotto dall’armata tedesca; e qui è stato portato da alcuni carrettieri
che hanno servita quell’armata, la quale per tutti i titoli avrebbe fatto meglio a non muoversi
mai da quel luogo dov’era nata: Dio sia quello che ci aiuti in tante nostre tribolazioni, e
sosteniamole per amor suo.
Non tengo conto delle truppe che passano quotidianamente per Vicenza, ma non debbo
lasciar di notare che oggi dopo pranzo vennero da Verona circa 500 giovani coscritti …
francesi, tutti contadini, nessuno vestito da soldato, ma tutti col loro abito da paesano.
Somigliano molto nel vestito e nel portamento ai chiappini cadorini che qui vengono
all’inverno a fender le legna, Non hanno ancora presa l’aria della gran Nazione.
L’apprenderanno in pochi giorni di scuola.
E’ giunta nuova che il nostro Cavaliere concittadino il Sig. Francesco Vicentini dal Giglio è
morto in Venezia in questi giorni. Questo signore rare volte si vedeva in Vicenza, ma abitava
quasi di continuo in Venezia.
13 marzo 1806
Partirono questa mattina i 500 coscritti parte per Padova, parte per Castelfranco.
16 Marzo 1806
Il morbo epidemico si va dilatando in città e in non poche ville, e comincia a toglier dal
mondo diverse persone, come il medico Buglini in Arzignano, il medico Fabris in Vicenza,
la sig.a Fantona, il sig. Maraschin pure in Vicenza, ed altri. La Sanità provvede col
sequestrare e chiudere l’appartamento dell’ammalato, ed anche secondo i casi fa chiudere
la casa intera; cosa che mette funereo orrore in tutto il paese, che non ha più veduto cosa
simile. Oltre questo succedono a questi giorni molte morti improvvise a segno che il
Magistrato della Sanità non trova nei suoi registri essempi di tanta frequenza. Argomenti
tutti di lutto che dovrebbero destar tutti all’emendazione, e alla penitenza.
17 marzo 1806
La notte passata con grandissimo rammarico di tutta la città, è morto di questo male il
degnissimo parroco del Duomo Gasparoni. Prese il male assistendo a un forestiero infetto
che era all'osteria della Campana amministrandogli la confessione. Ecclesiastico infaticabile
1806
nell'esercizio del suo ministero, e tutto dedito alla salute delle anime fino a dar la vita per
esse, come ha fatto. Oggi la sanità ha mandato un eccitamento a tutte le famiglie benestanti
della città perché mandino lenzuoli o materassi, o coperte ec. al lazzaretto dove la med.a
[sanità] vi vuol far passare tutti gli infetti che sono all'Ospital grande.
I cadaveri di quelli che muoiono per la città si incomincia a seppellirli per ordine della sanità
nel Camposanto; e questo con molti riguardi e cautele: e i medici e i confessori che assistono
devono presentarsi in camera dell'infermo con una vestaglia, e cappuccio incerato.
Provvedimenti ottimi, ma che devono mettere terrore all'infermo, il quale oltre ciò non può
vedere alcun parente, se non quelli che lo assistono, e che sono sequestrati con lui, ed isolati
da ogni commercio. È fuor di dubbio che questo morbo fu portato fu portato [ sic] in queste
nostre parti da quei carrettieri che hanno servito l'armata tedesca nella sua ritirata; ed ora
sono ritornati alle loro case ed essi lo hanno contratto in Ungheria. La B. Vergine Maria che
ci ha difeso in tutto ci preservi per sua misericordia da tanta calamità.
19 marzo 1806
La notte passata molti degli infetti del morbo che erano all'Ospitale furono trasportati al
Lazaretto.
22 marzo 1806
Sembra che il male epidemico grazie a Dio vada diminuendo; ad ogni modo pullula qua e
di là nelle ville e anche in città, ma alla massima parte guarisce. Tre mansionari del Duomo
furono vittime di questo male cioè un Gasparoni parroco, un dai Zovi parroco, ed un
Tommasoni. Anche l'arciprete di Isola di Malo è morto di questo male. Oltre questo, mai
più sono accadute tante morti subitanee quanto in questi passati giorni. Penitenza, lettore
mio caro; e più di voi, penitenza, mio più caro scrittore.
29 marzo 1806
In questi giorni la Municipalità ha eletto diversi soggetti a coprire le cariche di Cavalieri di
Comun, del Monte di pietà ec. traendoli dalle classi anche non nobili, dal che si vede, che il
governo va prendendo la fisionomia democratica, come anche lo si raccoglie dall'aver nelle
carte pubbliche aboliti i titoli di marchese e di conte.
Conviene notare tutto. È qualche giorno, che il nostro volgo è impressionato, che traggono
abbiano da sloggiare i francesi da questo nostro paese. Questa voce non ha il minimo
fondamento; pur si mantiene da molti giorni e cresce anzi. Utinam. Ma non lo meritiamo.
Giunsero da Padova sei o sette cannoni con 30 carra circa di munizioni, e andarono in
Campo Marzo.
Il male epidemico grazie a Dio va diminuendo.
Altri molti cannoni che erano in Campo Marzo posati ivi da molto tempo, andarono verso
Verona, dove pur si diressero gli altri venuti da Padova oggi.
30 marzo 1806
La voce sparsa del vicino cambiamento del nostro destino sempre più cresce e si dilata non
solo in Vicenza ma ancora nelle città circonvicine, ma, lo ripeto non ha alcun fondamento se
non la voce universale. Utinam.
Ma
I buoni veneti
Non tornan più
Questa mattina si annegò una fanciullina di quattro anni in una fossa di Campo di Gallo
presso la casa del co. Braschi, ed altre due fanciulline si annegarono nei giorni scorsi nei
sobborghi della città.
1806
Ho scritto sotto il 4 novembre 1806 l'incendio totale del convento dei Padri Cappuccini; ma
non ho scritto quale ne sia stata la non credibile origine, perché non si seppe se non molti
giorni dopo. Questo incendio non fu casuale né prodotto dall'artiglieria; ma fu criminoso.
Ecco come avvenne.
Si ritirarono la sera del 3 novembre in quel convento tre generali francesi cioè Solignac,
Lecchi ed un altro. Ricevettero tutte le buone grazie da quegli ottimi religiosi, che li
condussero in refettorio a reficiarsi. Nell'atto che si trovavano a tavola ecco giungere in
refettorio altri diversi ufficiali e soldati francesi che chiesero da mangiare. Parendo questa
ai suddetti generali un'indiscrezione, li cacciarono via bruscamente con dolore dei religiosi,
i quali pur volevano ritenerli, e si davano tutto il movimento per apprestare anche ad essi
di che mangiare. Ma convenne ubbidire al comando dei generali, e partirono sdegnati di là.
Aspettarono che i tre generali fossero andati a dormire nelle tre celle perpendicolarmente
sopra la legnara e in faccia alla spezieria. Allora appiccarono il fuoco alla legnara, e
contemporaneamente ad altri due o tre luoghi del convento con l'idea (vedete come si
amano tra di loro) con l'idea di abbruciarvi i generali che dormivano saporitamente nelle tre
celle suddette. Vi riuscivano indubitatamente se quei religiosi, a costo della propria vita (e
qui vedete il vero carattere della carità cristiana non filosofica) non accorrevano a svegliare
con fatica dal sonno i generali che dormivano profondamente, e trascinarli a forza fuori del
pericolo. Pochi momenti dopo precipitarono tutte quelle celle, e indi a poco tutto il convento,
e la mattina seguente i nostri ladri vicentini famosissimi andarono a rubare allegramente
tutto quello che dal fuoco era stato risparmiato. Ora si va fabbricando una porzione del
medesimo con limosine somministrate.
***
2 aprile 1806.
Mercordì Santo. Non si è fatta la processione delle quarant’ore per il vento freddissimo che
spirava. Si è fatta solo dall'oratorio del Confalone al Duomo, portando il SS.° mons. Vescovo,
e accompagnandolo la Municipalità fiancheggiata da soldati francesi.
3 aprile 1806
Giovedì santo. Per il gran freddo di ieri, la notte scorsa fu una brina che sarà di pregiudizio
massimamente all'erba che era ben avanzata.
Parte per Lodi la guarnigione francese che da tre mesi in qua era a Vicenza; e di cui non si
ha avuto motivo di dolersi.
Vennero questa mattina da Verona 3000 fanti circa francesi che non si fermeranno qui; ma
peraltro disturbano la città in questi giorni; oggi tutte le case sono piene di uffiziali.
Monsig. Vescovo hà fatto il solito pontificale in Coena Domini. Vi intervenne la
Municipalità, non il co. Leonardo Tiene Magistrato Civile, che da qualche giorno si trova in
Venezia. Dopo la messa e il vespro il sud.o Mons. Vescovo in mezzo alla cappella maggiore
ha lavato esemplarmente i piedi a dodici poveri.
E’ qualche tempo che il sud.o Magistrato Civile ha emanato un proclama, invitando la
gioventù vicentina ad arruolarsi nella milizia francese nella classe dei Veliti. Quasi nessuno
si è mosso a darsi in nota volontariamente. Oggi egli ha creduto bene di emanar un altro
proclama di eccitamento. Ma sono degne di riflessione le espressioni pindariche con cui vien
terminando per animare la nostra gioventù; la qual sembra non far caso alcuno di onori sì
grandi. …. …. ….
“Una Corte brillante che risiede nella capitale di Italia, un servigio dolce che unisce all’alto onore di guardare la
sublime persona del Re, la compiacenza di essere a lui vicino, di godere della sua grandezza, del suo splendore,
e di formarne parte; oggetti sono tutti, … deggiono destare il più vivo desiderio di essere decorato di una nobile
insegna, di cui distinti personaggi di più distinte famiglie amarono di andarne fregiati. Che facile mezzo non
1806
si presenta e qual onoranda carriera, per coprirsi di gloria militare, e rendersi degno delle benefiche ricompense
che la generosità di Napoleone il Grande sa destinare a chi seppe meritarle? Un corpo di scelti Veliti, che
giungerà quanto prima a Vicenza potrà determinar coll’esempio il genio della Gioventù vicentina!
Per impedimento del Magistrato
Dalla Vecchia Segr. Gen.
Ringraziatemi di avervi conservato in queste mie memorie questo pezzo che fa onore alla
nostra lingua.
Altri proclami uscirono in questi giorni dal med.o Magistrato coi quali viene proibito ogni
sorta di caccia in alcuni mesi dell'anno e lo sparro archibugi e mortaretti in città.
4 aprile 1806.
Venerdì santo. Partirono i 3000 fanti venuti jeri e si dirigono verso Palma Nova, per passare
poi in Dalmazia.
Venne anche da Padova non poca truppa, massimamente di cavalleria francese; una
porzione della quale resterà in Vicenza. La sera fu fatta la processione della SS. Croce portata
da monsignor Vescovo, e accompagnata dalla Municipalità con concorso di immenso
popolo.
5 aprile 1806.
Sabbato santo. Il giorno più lieto di tutto l'anno è stato acerbamente funestato per la seria
persecuzione che si incomincia a movere ai Regolari dell'uno e dell'altro sesso.
Capitò ieri una lettera scritta dall'Intendente generale della Finanza di Venezia citante un
decreto di Bonaparte diretto al conte Nicolò Bissari, Intendente della Finanza di Vicenza,
con la quale commette a d.o conte Bissari di mandare questa mattina in tutti i conventi di
Monache e di Regolari non mendicanti, della Città e Territorio contemporaneamente un
probo cittadino accompagnato da un Ministro commissario e da un fante di prender in
inventario non solo tutti i mobili della Chiesa e convento, e tutti i danari del med.o ma anche
tutto il danaro e mobili, e biancheria di tutti i particolari individui, con ordine di lasciare al
convento tre mila lire, e tutti i mobili che sono necessari al culto; e tutto il di più, radunato
nella stanza dell'archivio di ogni convento; e sigillare poi questa stanza con tutte le carte,
sicché nessuno vi possa entrare.
Il conte Bissari ebbe la bella vista di mandar alle Monache le degne persone dei loro
medesimi protettori, che avranno mitigato l'asprezza di questa visita.
Ora questa mattina si è eseguita per tutti i conventi non mendicanti questa tremenda
ceremonia.
Ecco qual giorno santo si è scelto per questo. Ecco il bell’Alleluja, che questi filosofi in toga,
questi amici dell’uomo hanno fatto godere alla Cristianità di questo paese, e più di tutto alle
povere Monache, e ai poveri religiosi Regolari, alcuni dei quali hanno dovuto sospendere la
funzione di questa mattina, mandar fuori la gente dalla Chiesa, e chiuderla, per dar luogo a
questo improvviso inventario. In alcuni conventi di Monache l’affare durò sino a notte, con
disagio e pena di tanti individui. Ho poi rilevato che tutto questo è stato fatto per verificare
il proclama che ho scritto il 3 genn.o 1806: questo pregovi di rileggere e confrontare per
comune conforto.
La cosa più degna di riflessione si è che in questa lettera diretta al co. Bissari, veniva
incaricato di procedere in questo affare con tutta la decenza, e far in modo che il popolo non
se ne accorga. Pare impossibile che un eroe ricoperto di tanti allori inchini gli eccelsi pensieri
della sua mente ad oggetti sì piccoli e minuziosi, seppure è vero che egli, in questo ordine
irreligioso abbia paura, come lo dice per lettera, dell’Intendente di Venezia.
Partì questa mattina per Verona parte della cavalleria venuta jeri.
Grazie a Dio il male epidemico va sempre più rallentando. I morti di questo male tra Città
e Territorio dai 10: marzo fino al fine di marzo furono 41; i guariti 90.
1806
6 aprile 1806.
Domenica di Risurrezione. Colla assistenza della Municipalità Mons. Vescovo ha fatto il
Pontificale coll’animo molto straziato per l’avventura di jeri succeduta ai Regolari e alle
Monache, indizio, e presagio di altre funestissime esecuzioni che dobbiamo aspettarci. Se
non avessero conosciuta la turpitudine di questa azione, fatta così all'improvviso, in un
giorno così solenne, e nell'ora della sacra funzione, avrebbero mai scritto al co. Bissari di
farla eseguire in modo che il popolo non se ne avvegga? Questa sola espressione non li
condanna? Quando si vede il fumo, la fiamma è vicina.
Questa mattina dopo mezzodì vennero da Castelfranco o Bassano cinque o sei grandissimi
barconi sui carri, ognuno condotto da sei cavalli, e dietro essi circa 30 cannoni e andarono
in Campo Marzo.
In molti conventi non si sono presi in inventario i mobili delle persone particolari e delle
loro stanze perché vuolsi che lo spirito della commissione non contempli se non i mobili
della comunità e che sia il violentar il senso, applicandolo alle persone particolari. Checché
ne sia, questa esecuzione foriera di maggiori calamità ha eccitato lo sdegno, e la commozione
di tutta la città, ed ha suscitato una terribile confusione e costernazione in tutti i conventi.
3 aprile 1806
Sempre più si va estinguendo la malattia epidemica; e tra poco usciranno anche dal
lazzaretto rimessi perfettamente sedici infetti. Nel lazzaretto non ne son morti che cinque o
sei. Ringraziamo S.D.M. che adopera sopra di noi la sua verga temperata sempre dalla sua
misericordia. Ma se non farem penitenza, la sua giustizia si manifesterà più altamente.
10 aprile 1806
Si promulgò un editto del Vicerè Beaurnois che commette di preservare per un anno tutti i
vitelli e di non ammazzarne alcuno, e ciò per impedire la diminuzione dei manzi, che tra
noi peraltro non è sensibile.
Si è sistemata la guglia dell'arco palladiano di Campo Marzo infranta e atterrata dalle
cannonate del funestissimo sempre memorando ai poveri vicentini 3 novembre 1805.
Incredibili sono stati i danni recati in quella giornata alle fabbriche di questa città.
11 aprile 1806
Oggi si è saputo il futuro infelice destino della nostra provincia vicentina, e di tutti i paesi
veneti. Si è pubblicato un editto segnato da Bonaparte, con cui decreta:
P°. Che al primo di maggio questi stati veneti da lui recentemente acquistati saranno riuniti al Regno
Italico.
2°.Che egli investirà in ragione di feudo dodici soggetti (che saranno, mi immagino, tanti generali
francesi o suoi congiunti) di questi stati di modo che uno sarà intitolato Duca di Vicenza, uno di
Padova, uno di Rovigo, ec. ed uno si intitolerà Principe di Venezia.
3°. I nuovi ducati saranno perpetui in questi soggetti e saranno ereditarj, nei loro figliuoli e
discendenti.
Questi duchi avranno tra tutti un annuo provvedimento di circa due milioni di lire venete; per compor
il quale si dovrà formare un capitale di circa cinquanta milioni sul Monte [di pietà] , col prò del quale
ricavare il sud.o assegno.
4°. Vi sarà in questi paesi un’armata francese, per difenderli, assisterli, felicitarli. Questa sarà
mantenuta con sessanta milioni annui di lire venete.
Per il primo di maggio sarà pubblicato con gran formalità il famoso Codice Bonaparte, che
volendo fare di tutte le nazioni una sola famiglia, sconvolgerà interamente questo paese, e
si intitolerà Codice Napoleone. Andate ora a rileggere il proclama 3 gennaio 1806 che va
sempre più verificandosi.
1806
Oggi fu temporale con grandine in città e jeri a Malo.
13 aprile 1806
Per la gran pioggia di oggi l’acqua cresce rapidamente.
14 aprile 1806
Ed ecco oggi l’inondazione cresciuta ad una altezza considerabile, ed allagante la contrada
della porta di Padova e di S. Pietro.
Finora nel foro civile e criminale è in vigore il Codice tedesco giuseppino, [di Giuseppe II, figlio
di Maria Teresa, imperatore d’Austria] il quale a momenti verrà rovesciato dal temuto codice
Napoleone, che pure quando che sia, verrà sepolto e annichilato da un altro perché sono
opera dell'uomo. Non è, né sarà mai così, del codice evangelico perché è opera di Dio non
soggetta in eterno alla minima alterazione.
In quasi tutti i conventi di ambi i sessi nei quali entrarono il giorno cinque con i commissari,
siccome ho scritto, vi ritornarono oggi dopopranzo con somma angustia massimamente
delle povere Monache che ad ogni momento temono della loro espulsione. Portarono via i
libri Scodaroli [registri delle entrate]. Fecero minuziose interrogazioni, fino a voler sapere quali
nome avevano al secolo, di che alcune vecchie Monache non si ricordavano! È inesprimibile
la costernazione di queste povere vittime della virtù che soffrono per amor di G. Cristo una
persecuzione così crudele e una morte fatta loro bevere a sorsi.
Quattro soli conventi sono stati esenti tanto oggi, quanto il sabato santo da cotai visite
perquisizionali e sono i PP. Scalzi e i PP. Minori Osservanti e i PP. Riformati e le Cappuccine.
Oltre i PP. Cappuccini che non hanno più convento perché incendiato.
15 aprile 1806
Questa mattina fu fatta dai Commissari la seconda visita a quei conventi a cui non fu fatta
ieri. Sempre più inveisce questo spirito anti ecclesiastico di tormentare le persone a Dio
consacrate. Ma questo è il trionfo della religione che ci presenta in queste vittime
innocentissime bersagliate da tutte le parti lo specchio delle più belle virtù incognite alla
filosofia antica e moderna.
16 aprile 1806
I conventi che in un numero di quattro furono risparmiati nei giorni scorsi dai Commissarj,
nol furono oggi. Vi entrarono, e fecero varie ricerche, non però inventariarono.
Il male epidemico che pareva diminuire riprende vigore ed assalta con sintomi più violenti
che mettono in apprensione, tanto più che si sa che in Venezia lo stesso morbo dilatasi
gagliardamente.
Questa sera in duomo si è cantato un solenne Te Deum per ordine del Magistrato Civile co.
Leonardo Tiene. Indovinatene la ragione. Perché siamo aggregati al Regno d’Italia. Oh! Noi
perciò felicissimi! Ha mandato ordine a tutti i Magistrati subalterni, alla Municipalità,
Finanze, Intendenze, Giudici ec. perché si ritrovino in Capitaniato dove egli alloggia, un’ora
prima di questa funzione. Congregati che furono, consegnò ad ognuno di essi una copia del
Codice Napoleone (che Dio ne difenda) stampato in tre lingue, Latina, italiana e francese.
Indi si avviò verso il duomo avendo a sinistra il Comandante della Piazza, che non è più
M.r Savardai, ed era vestito di nero alla francese con spada al fianco; e così pure erano vestiti
tutti i molti magistrati che venivano dopo di lui, ognuno dei quali avea alla sinistra un
uffiziale francese. Fatto l’incontro al luogo solito con Mons. Vescovo il quale fu preso in
mezzo dal co. Bissaro e dal Comandante, e saliti in coro, il Vescovo si abbigliò in pontificale;
e si intuonò il Te Deum con musica anco istrumentale essendo intanto chiuse per ordine del
co. Tiene tutte le botteghe della città. Poca gente per altro era nella chiesa, una parte della
quale era occupata da un picchetto di soldati numeroso e parato a gala. Moltissimi cittadini
1806
hanno ricusato di intervenirvi. Una volta lo stesso avrei fatto anch’io. Ma adesso ho
imparato che il cristiano deve ringraziare il Signore delle tribolazioni che ci manda, perché
son esse il principio della nostra salute e santificazione, e perché Dio ce le manda per nostro
bene. E però con questo fine vi sono intervenuto, ed ho accompagnato l’inno con questa
intenzione.
Nella inondazione dell’altro giorno il Bacchiglione non fu massimo, ma la Brenta e l’Astico
furono formidabili e recarono danni e rotte. La Tesina mi sormontava gli argini che sono in
fondo al Palù in fronte alla Cavegiara.
17 aprile 1806
Molti ragazzi e giovani vicentini, anche da benestanti, si arrolano volontari nell'armata
francese in quel Corpo che chiamasi dei Veliti, e vengono mandati a Milano. Il crudele
pentimento seguirà i loro vestigj.
19 aprile 1806
Prezzo del frumento, lire diciotto in diecinove allo staro. Prezzo del sorgo lire quindici in
sedici. Tutti i generi crescono ad ogni settimana ad un valore eccessivo. Quali sono le monete
che corrono in oggi? Monete venete d'oro, d'argento, e di rame non si sa più cosa siano.
Tutte sono sparite interamente. Il commercio si fa in moneta di rame austriaco
meschinissimo, in tante borse di L. 31 l'una. Le monete sud.e di rame sono:
1°. Una moneta grande di rame, che vale 10 soldi; 2°. Una che val 5; 3°. Una che val 2; 4° Una
che val uno. Quanto alle monete d'argento ve n’ha alcune pochissime austriache di bassa e
infelicissima lega e sono:
P° Una da lire 2; 2° Una da una lira: 3° Una da dieci soldi.
Tutte queste sud.e monete d'argento furono fatte battere dagli austriaci in Venezia per questi
nostri paesi veneti.
Oggi dopopranzo i monaci benedettini sono rientrati nel loro monastero di S. Felice, dove è
ritornata la parrocchia che da tanto tempo era stata trasportata a San Valentino, in grazia
della polvere da fuoco che era trattenuta in S. Felice. E non fu anche questa una bella scena?
In grazia di 30 mila libbre di polvere che potevano comodamente depositarsi nell’alveo del
Bacchiglione, trasportar la parrocchia a S. Valentino e mandar i poveri monaci qua e là
dispersi per la città? Convenne aspettare che la polvere a tutto loro comodo partisse di qua
in più volte, per Milano per ritornar quella chiesa e Comunità al pristino stato. Ma per
quanto vi dimorerà? Si sa pur troppo, che nel giorno primo di maggio il vulcano deve fare
un’eruzione in ogni genere; e con orrore si vede avvicinarsi quel giorno temuto.
20 aprile 1806.
Domenica. Si è fatta la processione della B.V. che per la pioggia non si è potuta fare la
passata domenica.
Il ponte chiamato il Ponte della Morte fatto sulle barche sul Retrone che dal Campo Marzo
metteva alla Porta della Lupia al palazzo del co. Volpe dopo l’ingresso ultimo dei francesi è
stato levato, essendo per essi inutile.
Il Codice Civile che cominciava ad essere in vigore il P.° maggio contiene 2281 Leggi
rovesciatrici di tutta la nostra Costituzione antica e moderna. Ne darò qui un saggio
riferendo quelle che riguardano il matrimonio. Uditele e inorridite.
[seguono parecchi articoli assortiti del Codice Napoleone in francese, riguardanti il matrimonio che, per la
difficoltà intrinseca di interpretazione della stessa scrittura, per l’inchiostro trasudato dal retro, e bene spesso
per lo stesso inchiostro estremamente sbiadito, siamo costretti senz’altro a tralasciare. Si tratta della CTA 603
in toto.]
1806
Basta così. Gran delitto sarebbe trattando del matrimonio, il mettere in un cantone il
Vangelo, il Sacramento istituito da G. Cristo, S. Paolo, la Chiesa. Or che sarà se in nessun
angolo di questo Codice non si trova mai nominato il Vangelo? [segue una frase latina
indecifrabile] E quanta gente non se ne accorge?
Con altro articolo di questa legislazione viene proibita ogni sostituzione nei testamenti, ed
annullati i fideicommissi. Tutte stragi e desolazioni. Così le famiglie benestanti andranno in
brani.
I buoni Veneti
non tornan più
22 aprile 1806.
Il frumento a L. 21: ed il sorgo a L. 19 allo staro.
Quante lacrime ci dee costare questa nostra felicità!
23 aprile 1806.
Sempre più si manifesta l’ira giustissima di Dio irritato contro i nostri peccati. La notte
passata è morto nel Lazaretto fra Luigi Maliani da Bergamo, laico Minor Osservante della
ricca mercantile famiglia Maliani di Bergamo, che fuggì da quella città per non esser fatto
sacerdote, come voleva il vescovo di Bergamo, per la di lui eminente pietà e dottrina. Egli
era da qualche tempo nel convento detto il Ritiro dei Min. Osservanti di Lonigo. Da un anno
in qua fu destinato al Lazaretto, con un altro sacerdote del suo ordine per assistere agli
infermi del morbo epidemico. Vi entrò giubilante come se andasse a nozze; non ebbe a se
stesso alcun riguardo; non fu trovato mai nessuna notte in riposo, ma sempre vegliante in
ginocchio in orazione. Non confessava, ma disponeva gli infermi a confessarsi e gli assisteva
in tutto anche negli uffizi più vili, senza aver il minimo riserbo per se stesso. Contrasse il
morbo, e dovette soccombere, non tanto per la violenza del male, quanto per l’estenuazione
della sua macchina macerata dalla continua austerità, e dalle sue terribili penitenze. Morì in
concetto di altissima santità. Uomo veramente apostolico; grande innamorato di Dio, gran
penitente, zelatore infaticabile della salute del prossimo. Si raccontano di lui diverse
profezie, …… … delle quali io posso assicurarne il lettore, con tutta certezza, e devo averle
scritte in queste memorie quando sono accadute, e a quelle lo rimando. La sua divozione
era singolare alla Passione di Cristo, e faceva la via Crucis con un fervore straordinario che
compungeva. Portava continuamente cinque cilicj in onor delle cinque piaghe, tra i quali
uno che faceva terrore a vederlo. Si flagellava ogni notte per tre quarti d'ora di seguito; tre
volte ogni volta faceva la Via crucis in chiesa di San Giuliano dove dimorò molto tempo
prima di andare a Lonigo, portando sopra le spalle la pesante scala delle lampade e facendo
nella stessa chiesa ogni notte 300 prostrazioni in ginocchio senza mai riposare la notte. E
morto in età di 48 anni, vittima della carità fraterna. È questo uno di quegli eroi, i quali, dai
nostri filosofi panegiristi dell'umanità, della fraternità, della beneficenza, sono detti inutili
ed oziosi mentre si tengono per benemeriti della società, e vantaggiosi alla medesima, i
giocatori, i galanti, i militari, i … …. mormoratori nei caffè e i passionati amatori dei teatri,
i parassiti, i mimi, i truffatori ec. ec. Tra tanti filosofi encomiasti dell'umanità come
Rousseau, d’Alembert, Diderot, Voltaire ec. ec.
Quanti ne avete veduto morire per sì bella ragione? Il padre guardiano, e i religiosi del suo
ordine reclamarono il di lui corpo per seppellirlo in San Giuliano; ma l'Uffizio della Sanità
riflettendo che era morto del male epidemico, non accordò questa grazia, e solo condiscese
che non fosse sepolto al lazzaretto; ma bensì in campo Santo, in un luogo contrassegnato, e
in una cassa impeciata, accompagnato dai suoi religiosi; e così fu eseguito questa sera.
La notte scorsa fu benigna per la gran neve caduta sulle montagne; e le giornate sono fredde
assai.
1806
26 aprile 1806
Oggi si è promulgata la legge napoleonica che svincola i fideicommissi, distruggitrice di
tante famiglie, che per essa andranno al fondo; ma giustissima a tanti particolari soggetti
che non veggono l’ora di mangiare e disperdere la loro facoltà. Gran desolazione per tante
famiglie che si mantenevano con decoro! Per questa legge anche le figlie succedono al padre,
in concorrenza coi loro fratelli. Strano rovesciamento di tutte le cose. Questa legge ha molti
dettagli, ma non ho voglia né tempo di qui trascriverli perché mi conturbano. Questo
chiamasi organizare.
A Bartesinella nei nostri campi dove confinano a mattina e sera con due strade che vanno a
Settecà e a Monte e colla strada di Marola, un tal Vincenzo Bazan, che lavorava insieme con
altri uomini come operaio in quel tratto di terra, raccoltosi oggi due ore dopo mezzogiorno
sotto una nogara per ripararsi dalla pioggia che cadeva in copia promossa da un temporale,
restò ivi sul momento ucciso da un fulmine, che scoppiò e discese per la nogara medesima.
27 aprile 1806
Questo mese fu sempre freddo, ma oggi è giunto ad un grado che par di gennaio. Ne son
cagione le molte nevi sui monti, e la grandine caduta jeri in molti luoghi.
Il vulcano francese è in uno stato di somma effervescenza, e vomita leggi e decreti a furia,
Oggi ne emanò dieci. Non è possibile che io gli possa tener dietro. brevemente ne accennerò
alcune.
1. Ha imposto il dazio sopra una quantità di generi che entreranno in città che prima non lo
pagavano.
2. Ha abolito diversi dazi nell’interno della città.
3. Ha abolito il diritto delle imposizioni che molti avevano sui pestrini, [specie di macchine per
pestare, frantumare, azionate da cavalli o altro ] sulle osterie, sulle beccarie. Danno grande per molte
famiglie, che avevano in essi grandi proventi. Ha abolito i bandi.
4. Ha istituito la carta bollata che si venderà dal daziaro, e non costerà meno di sette in otto
soldi al foglio, e i fogli grandi molto di più.
L’uso di essa sarà …. universale che oltre la pena pecuniaria non sarà in giudizio attendibile
nessuno scritto di qualunque genere, quando non sia in carta bollata, fosse pur anche di una
semplice ricevuta.
Ora fate il calcolo e vedrete che questa fonte di dazio sarà di maggior lucro al Sovrano che
quella del tabacco, e dopo questo calcolo rileggete il proclama 3 gennaio 1806 che lo spiega
a meraviglia.
I buoni veneti.
Non tornan più
Oggi nov’anni che li abbiam perduti
Ah! Tu ben sai d’un bene
perduto la memoria
quanto diviene crudel!
Né qui trattasi soltanto di un bene perduto ma anche di una serie incorsa di sommi mali che
stanno appiattati ridendo e burlandoci sotto le belle parole dell'aureo citato proclama 3
genn.o 1806: da cui non bisogna mai distaccare l'occhio per le necessarie applicazioni.
Nacque ieri in Montorso una insurrezione di 200 contadini affamati per aver pane, ma non
portò conseguenza.
30 aprile 1806
I proclami, gli editti emanano a quattro a sei ed anche a dieci al giorno. Le contrade vicine
alla piazza non sono addobbate d'altro che di queste livide tappezzerie che hanno prevenuto
il formidabil giorno primo di maggio. Non crederò che abbiate la pretesa che ve ne faccia il
summario. Andate a leggerli nel loro sacrario. Solo vi dirò che tutti tendono a procurarci
1806
quella felicità promessaci col proclama 3 gennaio 1806: il quale è la base di tutti gli altri. La
felicità è così grande a quest'ora che tutti cittadini sono imbalorditi e perdono la parola.
***
1° maggio 1806
Iersera io non potea vendere né disporre di una zolla di terra vincolato dal fideicomisso.
Questa mattina posso vendere 700 campi. Non è questa una felicità massimamente per i
miei quattro figli che posso mettere in camicia sulla strada? E quanti padri non lo faranno?
E tra essi molti incolpevolmente perché con quale altro modo potranno pagare il Prediale,
l’aspetto inesorabile del quale si affaccia ogni due mesi?
Per nuovo comando giunto jeri da Venezia, e per inesplicabile fortuna di esser Vicenza unita
al regno Italico, questa mattina fu ordinato a cantare in duomo nuovamente in musica, un
solenne Te Deum. La funzione fu eseguita con le solite formalità, e con l’intervento delle
stesse cariche, e delle stesse persone che intervennero a quello cantato il 16: aprile passato,
e colle stesse etichette fuorché in questa mattina il Vescovo dava la spalla destra al co.
Leonardo Tiene, Magistrato Civile, cosa non mai più veduta neppure coi Veneti
Rappresentanti; e dopo l’oremus per il rendimento di grazie, ha detto anche quello pro Rege
nostro Napoleone.
Questo è quanto hanno potuto ottener da lui. Volevano che predicasse al popolo in duomo;
ma egli bravamente se ne scansò, mentre l’argomento su cui dovrà versare era la presunta
felicità non veramente conosciuta da lui, né dalla Chiesa, così bersagliata, né dalla società
così oppressa e incadaverita.
Non vi fu fatto in duomo, benché a quell’ora per comando fossero chiuse tutte le botteghe.
Prima di portarsi in duomo le cariche e i soggetti chiamati si portarono in Capitaniato a
levare il co. Leonardo Tiene, Magistrato Civile, e con esso si avviarono verso il duomo, con
soldati, incontrarono Mons. Vescovo al luogo solito. Terminata la funzione, e separatisi dal
Vescovo, tutta questa comitiva ritornò in Capitaniato, dove ognuno prestò il giuramento di
fedeltà al nuovo Sovrano Napoleone Bonaparte Imp. dei francesi, che assassinarono da
ribaldi il loro Re Luigi XVI: e furono soggiogati da questo.
Oggi il vulcano non ha fatto tutta quella eruzione che minacciava e che si aspettava. Bisogna
dire che l’ora non sia ancora bene concetta. D'altronde si vede che Dio tiene in mano i
francesi da gran Padrone; non li lascia fare tutto quello che vorrebbero, e attraversa per sua
misericordia molti dei loro disegni.
La sera per questa grande avventura fu illuminato il Capitaniato sede del Magistrato Civile,
tanto dalla parte del Monte, quanto dalla parte della Piazza, e fu illuminato anche il palazzo
antico del Podestà, ora sede della Municipalità, ma non il palazzo della Ragione né altre
fabbriche.
Il male epidemico [si tratta ancora del tifo petecchiale] nel lazzaretto sussiste, tuttavia molti
guariscono; ma alcuni soccombono.
Ora, chi sono quelli che assistono nelle agonie e somministrano loro gli ultimi sacramenti e
per conseguenza mettono a repentaglio la loro vita? Vel dirò io, quei poveri Regolari che
adesso vengono tanto oppressi ed angustiati, e che dai penetranti filosofi vengono chiamati
oziosi ed inutili alla società: sono quei poveri Regolari che ancora rimangono tra i Minori
Osservanti e tra i Riformati e tra i Carmelitani Scalzi, questi sono quegli uomini inutili alla
popolazione, che ogni giorno senza alcun pagamento sacrificano la loro vita come è
accaduto di fra Luigi, per i loro simili, e i bei Geni del secolo, Accademici Spettatori della
natura, seduti nei caffè, e nei teatri non fanno alcun caso di uno spettacolo di questa sorte,
che li convinca stupendamente, che li confonda, li umilia. Cervelli resi ciechi dal fumo
infernale!
1806
Seguitemi o filosofi e riformatori del genere umano, seguitemi in questa riflessione e
spiegatemi questa contraddizione: si vogliono oppressi, annichilati, distrutti, i poveri
Regolari, si perseguitano da tutte le parti, e poi nel tempo stesso si giudicano necessari, si
cercano, si pregano di andare ad assistere ai loro moribondi fratelli. Ora spiegatemela qui
sta patente contraddizione. Se verrà, che Dio non voglia, una pestilenza vedremo, cari
amanti dei vostri simili, se verrete ad assisterli, e fare quello che fratel Luigi, non sacerdote,
al lazzaretto faceva. Birbanti! Impostori!
3 maggio 1806
In questi giorni passano truppe francesi più … dell'ordinario; molte sono dirette verso la
Dalmazia. Quasi tutti sono ragazzi coscritti di nuova leva.
Nel libro Regolamento generale dei matrimoni in esecuzione del codice napoleonico uscito con
decreto del Viceré Eugenio 22 marzo passato così si legge:
N° 16.- I Parrochi, i Sacerdoti, e gli altri Ministri di qualunque culto non potranno assistere ai
matrimoni se non viene loro esibito l'atto di matrimonio celebrato avanti l'Uffiziale civile.
Quelli che contravverranno a questo ordine saranno denunziati all'Uffiziale Civile, e saranno
responsabili della nullità del matrimonio, ed obbligati a tutte le conseguenze della nullità stessa.
Queste sono solo poche righe, ma grandi, e quanto grandi sono gli errori, anzi gli orrori che
contengono? In quale abisso siamo noi i caduti, e dove andremo a finire?
4 maggio 1806.
La notte passata entrarono i ladri nel convento dell’Araceli. Fecero poco bottino di carne
porcina. Ma le povere Monache, che si stanno in continua angustia aspettando ad ogni
momento la loro sentenza finale, che scoppierà tra poco dal vulcano amico dell'Umanità,
hanno in aggiunta e per il preludio a soffrire queste sacrileghe visite di malviventi ladroni.
Il Te Deum cantato qui in duomo e il 1° maggio sarà cantato per commissione in tutte le
parrocchie della città e diocesi.
In questi giorni è stato istituito un nuovo magistrato dai francesi in Vicenza intitolato non
so in quale lingua il Demanio (alcuni lo chiamano il demonio) che avrà ispezione sopra tutte
le rovinose imminenti spietate soppressioni ecclesiastiche. Preparatevi o lagrime in
abbondanza.
Questa sera in contrassegno della nostra esultanza per la incomparabile felicità di essere
riuniti al regno d'Italia, fu data una festa da ballo nel palazzo del co. Pietro Caldogno a spese
della degradata e sdrucita nazione.
Dopo pranzo giunse in Vicenza il generale francese Charpentier. Subito si suonò la
Generala, e tutta la truppa alquanto sorpresa perché non ne sapeva il motivo, si pose sotto
l'arme, e marciò in Campo Marzo dove fece l'esercizio alla presenza del med.o generale il
quale subito dopo parti.
6 maggio 1806
Giorno di grandissima confusione e di gran perdita per ogni abitante della città e del
Territorio, in grazia dell’editto che bandisce e riduce le monete sulle quali si aggirava
unicamente tutto il commercio delle cento parti delle quali, una era di cattivo argento, e 99
di rame. Ecco dunque come il fulmine le ha colpite sul momento col proclama esposto tre
ore dopo mezzogiorno.
Le monete infinite di rame di due soldi sul momento diventano un soldo.
Quelle infinite di rame che vagliono un soldo sul momento diventano un bezzo, ossia un
mezzo soldo.
1806
Le monete di rame che vagliono dieci soldi e le altre che vagliono cinque, di cui ve ne hà
milioni e miglioni [sic], saranno tollerate per tutto il cor.e maggio, e interamente bandite al
P°. di giugno, non obbligando peraltro alcuno a riceverle; questo è lo stesso che bandirle
sul fatto, perché nessuno le vorrà.
Le monete di argento di bassa lega di due lire e di una lira, abbassate sul fatto di una metà.
Il da trenta d’arg.° di nuovo conio, ridotto a soldi venticinque; e il da venti soldi, a soldi
17,6; di queste se ne vedranno pochissime e bisognerà comprarle a caro prezzo per i pub.i
pagamenti.
Tutte queste monete erano austriache e venduteci al tempo del loro dominio. Sicché oggi
dopo pranzo ognuno si è ritrovato di avere in cassaforte meno della metà di quello che aveva
questa mattina. Premeva tanto che questo colpo mortale fosse secreto, che fu obbligato lo
stampatore a portare il torchio in Capitaniato ed ivi stamparlo. L'esclamazione ed il fremito
in paese oggi fu universale. Ma bisogna abbassare la testa e riflettere che meritiamo di
peggio.
Non bisogna peraltro dimenticare il proclama 3 gennaio 1806: che oggi viene a proposito. Il
movimento e il malcontento fu tale che il Governo mandò birri e soldati anche a cavallo a
girare per la città, per impedire ogni sollevazione.
L'affare si poteva concludere in un modo assai più discreto calando le monete in piccolo
grado ad ogni mese senza portare una così acerba rovina tutta ad un colpo.
Per eseguire questo disegno ieri sera si mandò una lettera dal Magistrato Civile a tutti i
vicari del territorio perché abbiano da trovarsi questa mattina nella villa della loro residenza
senza palesar loro il motivo per eseguire gli ordini, che in seguito riceveranno sul luogo. Di
più il suddetto Magistrato Civile invitò in Capitaniato a mezzogiorno molti degli Uffizi
civici, che hanno cassa, e di più soggetti di diverse parrocchie della città, per prendere
misure su questo affare, e perché il popolo rimanesse persuaso, e contenuto, all'uscire del
colpo improvviso.
Il decreto che riduce le monete è segnato da Napoleone li 29 aprile passato, accompagnato
da un proclama del conte Leonardo Tiene Magis. Civile, che con bellissime frasi tenta di
giustificarlo.
7 maggio 1806.
Per compensare in qualche modo la povera gente dell'eccidio di ieri, questa mattina col
Calamiero si è ribassato alcun poco il prezzo delle carni, delle farine ec. Non si è peraltro
ribassato al ragguaglio del valore nuovo della moneta. Il danno cagionato ieri con questo
colpo dagli intelligenti si calcola che monti in questa nostra provincia a 12 milioni di lire.
Non pertanto nei proclami non si parla che di felicità, di esultazione, di abbondanza; ma sul
volto di ogni abitante non si legge che squallore tristezza e miseria.
8 maggio 1806.
Le felicità di questa provincia si inanellano una con l'altra e si contrasta uno il luogo. Ecco
oggi un editto del Viceré Eugenio che dichiara incamerati a Regno i beni delle Abbadie, delle
Commende, delle Scuole, Confraternite, e Consorzi laicali.
Ecco per conseguenza che andranno a terra tutte le Fraglie e Confraternite che erano tanto
utili spiritualmente e temporalmente. Grande castigo di Dio per chi lo capisce, infinitamente
più grande per chi non lo capisce. Vi assicuro lettore mio caro, che se non avessi cominciato
da giovine a scrivere queste memorie, non avrei cuore adesso di esserne registro; tanta è la
tristezza e il dolore che mi cagiona la necessità di scrivere fatti così lacrimevoli e dolenti.
Bisogna dire che il peccato sia un gran male, perché anche in questo mondo si strascina
dietro sì tremendi castighi.
Dietro il sopraddetto decreto di questa mattina, immediatamente oggi dopo pranzo i
ministri del Demanio si sono portati all'oratorio del Duomo, dove è la confraternita del
1806
Confalone a prender inventario di quanto vi è là; e così faranno in seguito in tutti gli oratori
dell'altre Fraglie. Chi non compiange si fatte perdite bisogna dire che abbia molto poco a
cuore la sua religione. Finita la soprad.a indagine l’oratorio fu chiuso, e le chiavi restarono
in mano dei suddetti ministri Demaniaci.
La scorsa notte furono levati dalle molte sepolture che erano sul sagrato del Duomo, tra cui
quella dei prigionieri e quella dei giustiziati, tutti i cadaveri e portati in Campo Santo,
atterrate le muragliette che lo dividevano dalla piazzola del Duomo, con l'idea di ampliare
e di abbellirsi la piazza sud.a.
Così non si lasciano in pace né i vivi né i morti.
Non si sa ancora chi abbia da essere il duca di Vicenza; si sa però che questo duca non avrà
che il puro titolo di Duca, riscuoterà bravamente la sua pensione, e forse non si lascerà mai
vedere in Vicenza, in cui non avrà alcuna autorità: sì che nulla ci importa sapere il nome di
questo soggetto.
Che faccia squallida, che volti mesti, che occhi bassi, si incontrano per tutte le strade.
Ogni cittadino, ogni abitante, ogni mendico mostra scritta in fronte la sua disgrazia. Il
Giacobino stesso ha perduta la sua allegria. L'affare della perdita delle Monete
rovinosissima ha colpito anche i più libertini; ma i buoni sono colpi[ti] infinitamente più dal
vedere così maltrattata la religione unica risorsa dell'uomo nel tempo e nell'eternità; e
temono che per i nostri peccati non si verifichi la terribil sentenza dell’Evangelio [ segue la
lunga iscrizione in latino indecifrabile].
Questo pensiero mi riempie di raccapriccio massimamente riflettendo, e si è verificato in
tante nazioni, che una volta erano cattolicissimi, e terre di santi. Questo mi fa tremare.
11 maggio 1806.
Ormai sono chiusi quattro oratori di pie Confraternite: quello del Duomo detto del
Confalone, quello del Rosario di Santa Corona, quello di Niccolò di Tolentino ch'era a San
Michele e quello del SS. Sacramento dei Rossi, che già lo avevano perduto da qualche anno
e uffiziavano a San Cristoforo e a San Marcello. Ora si passerà a distruggere gli altri. Oh!
Che strage! Oh! Che mese è questo! Oh! Che vulcano infernale.
Quanti di coloro che ne hanno parte ed ora trionfano di questo massacro, diranno presto al
punto della loro morte coll‘empio Antioco nunc reminiscor malorum que feci in Jerusalem.
Adesso è tempo di comporre un inno alla felicità enunciatoci col proclama famoso 3 gennaio
1806 e con tanti altri venuti in seguito.
Avendo l'Ospitale grande venduta la sua sede vecchia sulla Piazza del Duomo a una nuova
numerosa compagnia di sollazzieri, per tener ivi le sue conversazioni, ridotti, accademie,
feste, ec. (come parmi di aver scritto quando sconsigliatamente ha fatto questo contratto e
ha dato poi probabilmente occasione a quelle pessime novità che sono state fatte, e che si
fanno attualmente intorno quella piazza) e perciò avendo posto mano alla fabbrica,
demolendo in parte l'antica, ho acquistato la seguente iscrizione per dono del signor
Giacomo Fontana che era sulla porta della chiesa demolita di Sant'Antonio abate.
[Altra iscrizione che tralasciamo perché latino in corsivo indecifrabile]
Una volta assai mi dilettavo di raccogliere questi antichi monumenti; ma le presenti
peripezie me ne hanno ben fatto passare la voglia. Osservo ancora che questa tremenda
rivoluzione hà portato un colpo mortale a tutte le scienze. Posso assicurare che in Vicenza
non v’ hà alcuno che passi la mediocrità in qual si sia genere di disciplina, e tra i giovani
non v‘ha chi si distingua e si applichi agli studi, se si eccettui il co. Giuseppe Marzari che
nella botanica e nella storia naturale va a passi di gigante. Sono persuaso che questa nostra
infelice generazione ricadrebbe nei secoli di ferro, e non saprebbe né leggere né scrivere
come nei secoli IX, X, XI; se non fosse l'invenzione della stampa che ha moltiplicati i libri e
agevolata la lettura; il vortice delle cose da 10 anni in qua è tale che non hanno gli uomini
né tempo né volontà di pensare di pensar [sic] ad altro soffocati giornalmente da editti, da
1806
comandi, da spaventi, da pagamenti, da minaccie; e se non sono uomini di gran virtù e
risoluzione, non trovano (e questo è peggio di tutto) non trovano agio di pensare all'anima
e all'eternità.
Spaventoso sistema di cose, da cui umanamente non vi è speranza di uscire.
Non si incontra mai per le strade un solo che rida; tutti sono sbalorditi, e avvolti in un mare
di pensieri.
La plebe è desolata: pochi i generi dopo due giorni dalla riduzione delle monete, non sono
pure incariti di nuovo, ma cominciano a mancare.
12 maggio 1806.
La scorsa notte si sono intrusi i ladri in casa del co. Gaetano Revese in Porta Nuova, ed
hanno fatto un furto di gran conseguenza. Egli era fuor di città; ed una donna che tendeva
di casa ed era in letto a dormire fu sempre tenuta da uno di quei scellerati con un fazzoletto
alla bocca fintanto che i suoi buoni compagni fecero il loro mestiere, niente impedito dalla
splendida illuminazione della città tutta quanta, istituita per impedire i furti notturni. I ladri
si ridono dei fanali e dei loro inventori.
13 maggio 1806.
Il frumento a lire 19; il sorgo a lire 14 mostrano quanto vana sia stata la politica di abbassare
le monete credendo di abbassare i prezzi dei generi. Il danno del ribasso delle monete è
incalcolabile. Il danno di tutta la mia famiglia sorpassa i due mila ducati.
14 maggio 1806
Segue la strage degli innocenti oltre gli Oratorj sopraddetti, ecco chiusi anche quelli di Santa
Caterina sul porto, di Santa Croce, di Santa Lucia, della Concezione a San Lorenzo, di San
Giovanni decollato detto dei Negri, che era a S. Ambrogio, del Crocifisso dei Servi che da
poco tempo in qua era stato da essi recuperato. Tutti gli effetti preziosi, i calici, gli ostensori
si portano via dal Demanio, tutto il resto si inventaria e si sigilla. Gli effetti preziosi della B.
V. del Rosario furono per circa due mila ducati. Lo stesso si fa alle Fraglie dei Medici,
Speziali ec. [iscrizione latina non interpretabile].
Quello che mi sorprende si è, che misfatti così sacrileghi si eseguiscano senza rimorso, a
sangue freddo per . … ragionato. Ma rifletto, che io se fossi nel caso farei lo stesso, anzi
peggio, se il Signore per sua divina misericordia non mi tenesse per i capelli.
Gli effetti preziosi che si portano via dalle confraternite vengono collocati nelle camere del
Demanio ossia demonio, che sono nel collegio dei santi Filippo e Giacomo in quelle stanze
dove è l'archivio. Vedremo in che mani passeranno. Vada ad acquistarli chi hà desiderio di
portare in casa sua un fuoco divoratore delle sue sostanze, del suo corpo e della sua anima.
Il male epidemico grazie a Dio va diminuendo.
Al lazzaretto non ve ne hà che 19 attualmente infermi, e quattro soli di essi in pericolo. Che
sia lodato l'Altissimo.
Alle soprad.e Confraternite soppresse credevo di dover aggiungere quella nuovamente
istituita dell'Assunta nella chiesa di San Francesco, nella quale questa sera si doveva portare
il Demanio con i suoi ministri a rappresentare la stessa tragedia, ma non vi andò. Si passerà
in seguito alle chiese dei regolari, delle Monache, delle parrocchie e tutto questo si fa contro
il concordato fatto nel settembre 1803 tra Pio VII e Bonaparte, nel quale si stabilisce che in
avvenire non si abbia da passare alla soppressione di verun corpo ecclesiastico senza
l'assenso della Santa Sede.
Con dispiacere di tutti è morto oggi dopo pranzo il Co. Faustino Muzani, ottimo cavaliere e
ben amato da tutti. Era da moltissimi anni apopletico nelle gambe, e camminava a stento
con le stampelle.
1806
Adesso la nostra provincia vicentina per decreto grazioso sarà chiamata praticamente e
Franciosamente Dipartimento del Bacchiglione. Tutto si cangia ma niente in bene.
Ed ecco Leonardo Tiene Magistrato Civile ha avuta la nuova di essere elevato ad una gran
dignità. Questo è di aver conseguito dal Viceré Eugenio il titolo di Cavaliere della Corona
di ferro. Noi siamo più felici, perché siamo fatti da sei mesi in qua cavalieri del giogo di ferro
rovente.
15 maggio 1806.
Giorno dell'Ascensione. Essendo oggi il giorno anniversario dell'Incoronazione a re d'Italia
di Bonaparte, così per ordine del Viceré Eugenio fu cantato a mezzogiorno in Duomo
solennemente il Te Deum pontificando il Vescovo, ed assistendovi gli stessi magistrati ed
Uffizi, e con lo stesso metodo dell'ultima volta da me descritta e con la stessa soldatesca.
Questa mattina fu pure cantato in tutte le parrocchie della città, ma il Duomo era affatto
privo di concorso. Veramente non si poteva scegliere una giornata più opportuna di questa
per cantare il Te Deum, riferendolo a quello che oggi si canta in cielo per celebrare il
trionfante ingresso di Gesù Cristo in quel regno beato. Io vi ho assistito con questa
intenzione.
La sera fu illuminato meschinamente il palazzo degli antichi Podestà, e un poco quello del
Capitaniato.
16 maggio 1806.
Vuole il re Bonaparte che tutte le città …. mandino qualche ambasciatore a Parigi per
assistere non so quali spettacoli che si daranno in quella infelice metropoli. Ogni città lo ha
fatto; o lo farà. Vicenza aveva scielto il co. Franco Anguissola, ma il Viceré Eugenio ha
mandato a significare che vengano scelti per ambasciatori in quella capitale il conte
Leonardo Bissari e il conte Gian Batt.a Salvi, i quali questa mattina sono partiti per quella
parte. Inutile e dispendiosa cerimonia.
17 maggio 1806
E’ venuto dalla porta di Monte partito da Este un grosso corpo di cavalleria di circa 400 che
passerà poi dimani o l'altro a Verona.
Finalmente ho veduto oggi uno a ridere per strada ma nell'atto che voleva meravigliarmene
ho sentito che diceva ad un suo compagno: credetemi che questo riso non mi passa la gola.
18 maggio 1806.
Domenica di Santa Corona. Si è fatta la processione di Santa Spina. Ma qual processione?
Oggetto di compassione, e di orrore per i buoni cristiani. Senza Confraternite, senza Fraglie,
senza Arti, tutte abolite, soppresse, distrutte, mangiate vive, senza collegi, accompagnata
dalla Municipalità e più dalle lagrime dei pii credenti. Non parliamo di San Luigi re di
Francia che anticamente la accompagnava a cavallo, che da 10 anni in circa era stato per vile
rispetto umano dimesso. A misura che va mancando la religione, cresce violentemente il
libertinaggio suo implacabil nemico. Per restarne convinto basta osservare gli andamenti e
il vestiario di ambi i sessi quando passeggiano a a turno massimamente le sere festive come
oggi fuori della porta del castello. Quando si fa gloria di un vestir ignominioso lavorato
nell'anticamera dell'inferno, è segno che sia il cuore pieno di tutti i vizj. Il vestiario presente
è propriamente l'immagine dell'uom degradato. Tale lo hanno ridotto gli infami principi
della rivoluzione e siamo debitori alla Francia di questo regalo.
20 maggio 1806.
È qualche anno che si è dato mano ad abbassare e selciare di nuovo la piazza. Incominciato
questo lavoro restò sospeso per alcuni anni. Ora si è ripigliato e pare che vogliano condursi
1806
al suo fine. Stupisco, che i cittadini abbiano voglia, tempo, e il danaro per questa impresa e
si interessino per una città mezzo distrutta, e …. in un caos di confusione e di disordine.
Si lavora anche in questi giorni ad ampliare la piazzola del Duomo, non mancandosi in
questa occasione di rubare alla Chiesa qualche pertica del cimitero. Povera Chiesa! Qual
male hai fatto per esser spogliata e trattata così?
22 maggio 1806
E’ abolito il collegio dei nobili Dottori Giuristi. È abolito il collegio dei Nodari; è abolito il
collegio dei Medici, tutti Collegi antichissimi; è abolito anche il nuovo degli Intervenienti.
Questo in linguaggio francese chiamasi organizzar. Mirate qual diverso significato ha nella
nostra lingua. Tutto va a terra. Ma è meglio essere spogliato che spogliare; è meglio essere
oppresso che opprimere. Lasciamo fare a Dio.
A mezzogiorno fu temporale e una saetta andò a cadere in un luogo sul monte Berico sulla
via delle scalette, che in origine era Bottelli; e fu affittato a mons. Cornaro, vescovo di
Vicenza. Ora non so di chi sia. Danneggiò un albero, e sbalordì un uomo che usciva da quel
luogo.
È terminato il Tribunale di Polizia ed annesso per ordine del Viceré al Magistrato civile.
Quegli che finora ha esercitato sotto il governo francese era il co. Antonio Trissino
commendatore, figlio del Co. Teodoro, bravo cavaliere.
25 maggio 1806.
Giorno di Pentecoste. Il vescovo non ha predicato; ha peraltro assistito alla messa in Duomo.
Il male epidemico grazie a Dio, si può dire estinto e tra poco sarà chiuso il Lazaretto. La
misericordia di Dio non ci abbandona.
27 maggio 1806.
La notte passata si è attaccato un grande incendio nel palazzo del conte Nazario Valmarana
a San Faustino. Quantunque sia stato estinto con bravura pure l'ha molto danneggiato dalla
parte dove confina col palazzo del conte Ottavio Trento; e un povero fabbro chiamato
Monzerla restò miseramente schiacciato sotto le ruine. Altri artefici in numero di quattro o
cinque sono rimasti offesi gravemente. Il danno del palazzo e dei mobili è grande assai. Una
cameriera che balordamente lasciò un cerino acceso nel canto di un armadio ha dato
occasione a sì grande incendio.
Oltre gli Oratori appartenenti alle confraternite disciolte che or sono chiusi, è chiusa ancora
la chiesa di S. Omobono, in contrà delle due Rode, che apparteneva alla fraglia dei Sartori
pur essa disciolta. Ma questi non sono che i primi atti della Iliade vicentina.
Dove andremo noi se Iddio per sua misericordia non rompe questi disegni?
30 maggio 1806.
I ministri del Demanio cominciano ad andare nei conventi a levare gli archivi che avevano
sigillati nel giorno famoso del sabato Santo e li trasportano in tanti sacchi. Così sono trattate
le persone a Dio consacrate, che da tanti giorni stanno attendendo tremando il loro ultimo
destino.
31 maggio 1806.
In questo giorno sono stati incamerati e devoluti al Demanio i beni tutti dei Regolari, e delle
Monache della Città e Territorio fuorché dei seguenti che nel decreto non sono nominati.
PP. Filippini
PP. Minori Osservanti
PP. Riformati
1806
PP. Scalzi
Eremiti di Santa Margherita
Le signore Dimesse
Convento di Santa Chiara e Monache di San Francesco
Convento delle Cappuccine
PP. Cappuccini
PP. Teatini
Tutti i beni degli altri conventi sono incamerati; e si assegnerà un tanto al giorno ad ogni
individuo, come fo io con i miei servitori. Ma questo non è che il principio della Strage degli
Innocenti.
In molti conventi di Monache oggi i ministri del Demanio sono andati a fare il sud.o
complimento come a S. Pietro e a S. Domenico, all'Araceli, ed altri assegnando
provisoriamente, e anticipatamente per tre mesi a ogni monaca corista 45 soldi al giorno e
30 ad ogni conversa oltre pani, vino e legna, e incamerando tutte le rendite.
[In nota a margine quanto segue] Si impadronirono anche del frumento, vino, legna, rivendendo
poi questo genere alle medesime Monache e le ricomperarono con la assegnata pensione.
Probi? Nefas? [fine nota]
Le povere religiose hanno udita con esemplare rassegnazione questa sentenza, quantunque
ne restassero istupidite. Quanti sentimenti del cuore umano fa d'uopo di aver calpestati per
arrivare a fare questi passi? Se così fanno gli amici dell'uomo, che faran gli inimici?
Anzi, ho raccolto questa sera più tardi, che in questo giorno, e in questa sera è stata
consumata interamente questa bell'opera in tutti i sopraccitati conventi della città dell'uno
e dell'altro sesso, tale essendo il decreto che commetteva l'esecuzione di questo affare dentro
il giro di questo giorno; e così fu fatto. Così i Regolari e le Monache sono divenute persone
prezzolate meschinamente. Povera religione? Povera Chiesa di Gesù Cristo come sei
trattata!
***
1° giugno 1806.
In questo giorno si è messo in esecuzione il nuovo Sistema Daziale. È impossibile darne tutti
i dettagli essendo assai estesi. Basta il dire che molti di quei generi che entrando in città
pagavano dazio ora pagheranno molto di più, e molti di quelli che non pagavano niente ora
cominceranno a pagare. Ecco un nuovo fonte vastissimo all'Erario Imperiale: e vi erano di
quei scimuniti i quali credevano, che in grazia dell'imposta del Prediale verrebbero aboliti
tutti i dazi. Poveri Merlotti, cosa mo dicono adesso. Ecco finora quattro miniere peruviane
dell'erario Imperiale
il Prediale
la Carta bollata
il Registro
il Sistema Daziale
Aggiungete a questi quattro torrenti, di cui non so qual sia più rovinoso il Demanio, e
vedrete quanto denaro cola nel tesoro regio. In maggio non si è pagata la retta del Predial
come doveasi. Si avrà usata questa proroga per la gran perdita fatta nelle monete il giorno
6 maggio, la qual perdita si aumenta ogni giorno a motivo che i milioni di monete di rame
che valevano dieci soldi oggi non si spacciano neppure per tre. Questo fu l'eccidio di
moltissime persone.
I buoni veneti
non tornan più
1806
2 giugno 1806.
In questi giorni vi fu passaggio assai più grande di truppe francesi, che dirigendosi verso
Palma Nuova e verso la Dalmazia, dove sussiste guerra con i moscoviti.
[ Palmanova (UD)- Città fortezza pianificata dai veneziani nel 1593, è chiamata la città stellata per la sua
pianta poligonale a stella con 9 punte. Dal 1960 è monumento nazionale. Da Wikipedia]
4 giugno 1806.
Dopo che pochi giorni fa il Demanio ha fatto chiudere gli oratori di quasi tutte le
confraternite, inventariati tutti i mobili, incamerati tutti i loro fondi, asportati gli argenti, la
casse, ec.; oggi ha fatto sapere a tutte le med.e che aprano pure se vogliono i loro oratori,
che gli uffizino pure, se vogliono. A questo fine saranno consegnati, a stima immobili e
arredi che sono sequestrati e che si rendono necessari a patto però che la confraternita se ne
renda responsabile custoditrice come beni del Sovrano. Non si rende però alle medesime,
né danaro, né beni e neppure la Cera fiscale. Alcune confraternite hanno accettato questo
partito ed hanno fatto bene; alcune lo hanno rifiutato ed hanno fatto male.
Questa soppressione delle confraternite aveva eccitato grande fermento massimamente in
Venezia; e però il Governo ha condisceso a questa modificazione. Ad ogni modo si vede la
mano di Dio che ha in pugno i francesi da gran padrone e ci mostra i tratti di sua
misericordia.
5 giugno 1806.
Giorno del Corpus Domini. La processione cominciò un'ora e tre quarti prima di
mezzogiorno. Il SS. Sacramento era portato da mons. Vescovo, seguito dal Magistrato Civile,
e dalla Municipalità. Non vi fu nessun Collegio, nessuna Arte poiché tutte abolite e disciolte.
Vi intervennero tre confraternite, cioè la nuova dell'Assunta, alla quale finora il dema/onio
non si portò a visitarla, e quella del Rosario, e quella dei Negri di San Gio. B.tta, che
accettarono il partito ieri esibito. La Rua si alzò un quarto d'ora prima di mezzodì, un
mediocre concorso di popolo, niente allegro e senza clamore di allegrezza. Per
simboleggiare la situazione del Paese bisognava portarla al rovescio.
1806
Quando fu alla porta del Castello comparve sul corso qualche gruppo di plebe qua e là si
faceva salti, canti, e giuochi insensato, forse pagati per questa finta allegria. Nell'architrave
sopra le cunette [della Rua] era scritto Viva Eugenio Napoleone; e nel fregio sopra il d.to
architrave : Viva Napoleone il Grande Imperatore e Re. E sopra la Giustizia vi era l’Arma del
med.o Bonaparte. Fu portata felicemente, e fatto il giro solito, fu riposta un'ora e tre quarti
dopo mezzodì. Se fu insulsa la mattina più meschino fu il dopo pranzo. Cinque furono i
cavalli; la maggior parte raccolti qua e là; poca gente volgare, nessun forestiere, pochissimi
territoriali, mediocrissimo il Campo Marzo ridotto anche quasi inusuale dai soldati che lo
occupano di continuo, e lo pestano. Finì la giornata con una insipida festa da ballo in sala
del co. Pietro Caldogno. In somma la giornata destò tutto, non allegrezza. però il paese
impoliticamente ha sfoggiato gala quanto ha potuto in livree ,… etc. Pazzia.
6 giugno 1806.
Il Demanio doveva oggi mandare i suoi ministri alle Dimesse a far quello che ha già fatto
con le Monache il giorno del Sabato santo! Oh miseria! Ma ha giudicato ben di sospendere
fino a nuove istruzioni da Milano che ha rinviate.
7 giugno 1806.
E’ venuto un decreto il quale per ora assicura le sig.e Dimesse e i fratelli di Santa Margarita
di Monte Berico, di rimanere illese nello stato in cui si trovano.
8 giugno 1806
Quando anche le cose per Regolari e per le Monache non andassero più avanti di così, non
è egli uno spettacolo atroce vedere questi poveri religiosi, queste povere religiose possidenti
ridotte a doversi spogliare di tutti i loro fondi, di tutte le loro rendite, e ridotti a ricevere il
salario di 45 soldi al giorno come il mio servitore? Le Monache di S. Pietro per esempio
avevano 16.000 ducati di entrata, mantenevano tutti i poveri della parrocchia di San Pietro,
i poveri del Grumolo, e di altre ville; facevano infinite altre beneficenze; tutto questo bene è
perduto; dite lo stesso di tutti gli altri monasteri ridotti a questa sanguinosa condizione dagli
amici dell'uomo, dai filosofi dell'umanità, dai rigeneratori della stirpe umana, dagli
accademici dell'istituto delle scienze, dagli eroi della grande Nazione. Eppure tutti questi
religiosi, tutte queste religiose ridotte a questo stato di mendicità non votata, con un esempio
di vista più che umana non la conterebbero di aver perduto, purché fossero lasciate vivere
nei loro chiostri, dai quali purtroppo temono di dover almeno in gran parte uscire da un
giorno all'altro. Questo è il sentimento di quanti sono i Regolari d’ambi i sessi. Filosofi che
ne dite? Spiegatemi questo fenomeno.
Il Viceré d'Italia Beaurnais presentemente trovasi in Capo d'Istria. Saranno 15 o 20 giorni
che passò di notte incognito per Vicenza venendo da Milano per questo oggetto; ma non
l'ho notato.
9 giugno 1806.
Oggi il demanio ha emanato un decreto con il quale commette (egli usa invece l'insulsa voce
diffida che non ha questo significato in nessuna lingua) commette, dico, ad ogni debitore di
livelli passivi affrancabili verso Regolari, Monache, Confraternite ec. di doversi affrancare
dai capitali ecclesiastici; ed anche la rovina del Monte di Pietà, dove si depositavano le
affrancazioni fino alle loro rinvestite. Leggere il proclama 3 gen. 1806.
E’ qualche giorno che il Co. Leonardo Tiene ha deposto il titolo di Magistrato Civile e
assunto quello di Prefetto.
Da tre giorni in qua il caldo è a gradi 22 e 2 quarti.
Grazie a Dio è ormai chiuso il Lazaretto.
1806
10 giugno 1806.
Il frumento vale lire 10 e il sorgo 7 in 8 o allo staro. Questo ribasso è un dono della
Provvidenza perché i poveri non avean di che vivere.
13 giugno 1806.
Il caldo va crescendo; oggi al di sopra dei gradi 24 nel termometro di Reaumur.
Spettacolo orribile, e spaventoso amici è offerto questa mattina. Mi sono portato per miei
affari in San Giacomo, nelle camere del Demanio per farvi un pagamento. In una di esse
camere ho veduto per terra dei calici, delle catene, degli ostensori altri in custodia altri senza,
delle cappe di confratelli e altre molte casse chiuse e sigillate. A questa vista mi sono
raccapricciato; mi è venuto freddo, quantunque oggi il caldo sia a gradi 24. Ho creduto di
essere trasportato in Inghilterra ai tempi di Enrico VIII. Non vedevo l'ora di fuggire di là,
come feci, subito che ebbi pagata la ricevuta, perché bisogna pagare anche questa. Bisogna
aver rinunciato a dei gran principi per … a sangue freddo delitti di questa sorte.
Il danno cagionato dalla perdita delle monete per il ribasso fattone con l'editto terribile 6
maggio passato, è assai più grande di quello che calcolavasi, e ciò per riguardo ai da10
imperiali di rame, di cui ve ne avea milioni e si sperava di esitarli almeno per cinque soldi e
perdervi solo la metà. Sono subito caduti in tal dispregio che difficilmente si spendono per
due soldi e dal primo giugno in qua sono posti fuori del corso con pene a chiunque ne
avesse. Calcolate da questo l'immensa perdita. Si poteva ottenere l'intento senza un
massacro di questa sorte. Bei gradini per arrivare e condurci alla promessa felicità
che sui proclami immobilmente sta
né per preghiere scende mai di là.
Non si è fatta questa sera la processione di Sant'Antonio di Padova. Ridotti i poveri Minori
Conventuali allo stipendio di 56 soldi al giorno per testa, non hanno più forza da sostenere
le funzioni, le quali quando anche sussistessero i Regolari è necessario che cadano a terra.
56 soldi al ministro di Dio, dopo avergli tolta l'entrata? È questa la paga che si dà al musico,
al ballerino, alla virtuosa?
Caduto oggi l'ortolano delle Monache di Ognissanti da un ciersara nell'orto delle medesime
Monache spirò pochi momenti dopo la mortale caduta.
15 giugno 1806.
Il caldo a gradi 23.
Cinque ore e minuti 20 dopo mezzogiorno si sentì una piccola scossa di tremuoto, che Dio
ne liberi per sua misericordia.
18 giugno 1806.
Ripassò oggi per Vicenza venendo da Verona e andando verso Bassano quella truppa di 700
italiani aggregati all'armata francese, che stanziarono per due mesi in Vicenza qualche
tempo fa; ma partirono questa sera.
La sera fu temporale e tempesta, a Caltrano, all'Ospitale di Brenta.
20 giugno 1806.
In questi giorni, come mi aspettava, per ridurre il selciato del sagrato del Duomo secondo
le idee moderne poco religiose è stata atterrata la colonna sormontata da una croce
indicatrici del luogo del martirio del beato Giovanni Cacciafronte nostro vescovo. Qualche
mese fa da una mano temeraria e notturna era stata gettata a terra; ma il governo comeché
sotto i francesi, l'avea fatta rimettere; ed ora soffre di vederla demolita. Che contraddizione?
In questi scavi si trovarono vari fondamenti di fabbriche antiche, ed anche diverse monetine
d'argento non molto antiche, e una più grande pur d'argento del doge Leonardo Loredan.
1806
Non ho mai notato che il nostro valorosissimo, ed impavido Vescovo ha diretta un'enciclica
cattolica a tutti i Parrocchi della diocesi intorno al matrimonio, facendo loro avvertire la
indissolubilità del medesimo, rappresentata nell'unione perpetua, e indissolubile di Gesù
Cristo con la Chiesa sua Sposa, come si è sempre fatto. Lasciandoci un Vescovo di questa
sorte è segno che Dio non abbandona questi paesi.
22 giugno 1806.
Questa sera fu brutto temporale, che scaricò tempesta a Biron, e più a Villaverla.
È morto nella villa di Isola di Malo il giovine co. Francesco Branzo.
24 giugno 1806.
Si fa presentemente vedere in Vicenza un pesce preso nell'Adriatico, quantunque non
indigeno del med.o. E’ lungo tredici piedi parigini; ha quattro ordini di denti; la bocca
talmente grande che vi potrebbe entrare un uomo; i denti sono nell'orlo fatti a guisa di sega.
Io non ho mai più veduto un pesce sì smisurato. Il suo peso era di libre 1500. Io lo credo il
vero Reguin ossia Can Carcarias il più formidabile di tutti i pesci. Tengo presso di me molti
denti di Carcarias pietrificati che si trovano a Creazzo, perfettamente simili a quelli di questo
animale il quale entrò nell'Adriatico seguitando il corso di una nave russa, e fu preso nel
maggio passato e poi disseccato in Venezia e così si mostra. Il diametro del ventre è di due
piedi e mezzo.
Tutti i suoi caratteri si accordano perfettamente con quel disegno che fa l'enciclopedia del
pesce che chiamasi tres-grand. Differisce solo che il tre grand non ha i piccoli fori
dell'orecchio; e questo li ha.
Ogni giorno passa un gran numero di soldati francesi che vengono da Verona e si dirigono
verso la Dalmazia, sicché da qualche mese in qua siamo inondati da questa numerosissima
soldatesca.
28 giugno 1806
Esaminato oggi il suddetto pesce con autori alla mano si rileva evidentemente che è il vero
Requin…
Bel raccolto in quest'anno di fieno e di formento. Deo grazia. [Sic]
I parroci tutti sono incaricati di significare una volta ogni mese ai loro parrocchiani in chiesa
per ordine del Governo che qualunque atto deve essere fatto in carta bollata. La bella cosa
da dirsi in chiesa.
Spettacolo di virtù sorprendente presentano in questi giorni in Vicenza soprattutto le
religiose claustrali di tutti i conventi. Ridotte le professe a 45 soldi al giorno, e le converse a
30, spogliate di tutto con la Chiesa, le funzioni, le cere, il medico a peso loro, tra le angustie
in cui vivono dal giorno del sabato santo in qua, di dover a momenti sloggiare dai loro
conventi, tra le vessazioni di veder anche adesso tra le loro mura, e i ministri del Dema/onio
a esaminare a interrogare, a misurare, a perturbare, a perticare il recinto, non ve ne ha una
sola, che non si contentasse di stare a peggior condizione purché fosse lasciata morire nel
suo convento.
Per quanto fingano i filosofi di non vedere questo eroismo ignoto a tutte le scuole loro, e
tutti i loro, ne rimangono sbalorditi, non per altro compunti né convertiti.
Il martirio di queste povere Monache va sempre più crescendo ed è come un torchio, in cui
si dà una stretta ogni giorno. Per cinque o sei ore e i ministri dei maniaci si trattengono ora
in questo o in quel monastero, e prendono in nota ogni minuzia, quadri, banchi, tavola,
coltrine, casse, scarpe, bavari de …. con un rigattiere che fa la stima, ed apprezza sia ogni e
qualunque mobile della comunità, non della monaca particolare, dei mobili della quale solo
si fa l'inventario esattissimo
1806
30 giugno 1806.
La confraternita dell'augustiss°. Sacramento, detta dei Rossi. risorge, ma risorge al modo
stesso che era sorta quella del Rosario, e quella di San Giovanni battista decollato,
rinunziando a tutti i suoi fondi, e capitali, e facendosi responsabile di tutti i mobili verso il
Demanio divoratore, il quale ieri mandò a mettere il suo tenebroso sigillo sui preziosi
quadri, che si trovano sugli altari della chiesa di San Rocco, con dolore atroce di quelle sante
religiose. Si sa dove andranno a finire quelle insigni pitture di Zelotti, di Bassano e di Fasolo?
***
1° luglio 1806.
Proseguono le visite dei ministri Demaniaci ai monasteri di Monache con un pittore che
esamina il quadri e vengono bollati con agrimensore che misura le fabbriche e i terreni; si
prendono in inventario le minuzie più piccole e più ridicole, e essi si impiegano le intere
giornate in un solo convento. Che guerra è questa di un nuovo genere fatta alla religione?
Più. Ecco una legge ne’ di passati emanata, la quale dichiara che le cause matrimoniali sino
devolute al foro secolare. Questa ben si accorda con il sacro concilio di Trento il quale dice
che alcuno dirà che le cause di matrimonio non appartengono al foro ecclesiastico anathema
sit. Purtroppo si verifica quello che ho sempre temuto. L‘eresia a introdursi. Dunque o
cattolici vicentini estote fortes in fide, Penitenza e fidatevi di Dio.
4 luglio 1806.
Si è promulgata la data del Prediale da pagarsi entro il mese cor.e e sarà più carica e gravosa
della pagata in marzo. Questa rata doveva pagarsi in maggio. Ma per l'indulgenza francese
si è protratta a questo mese. Finora io aveva dato tutto il torto ai francesi per esserci così
gravosi nelle imposte. Ora cangio linguaggio, e dico che hanno tutte le ragioni di adoprare
così; e noi siamo stolti a lamentarcene. I vicentini, hanno accordata una Opera seria che
andrà in scena al fine di questo mese nel Teatro Eretenio dando all'impresario un regalo di
L. 20. I vicentini hanno (almeno alcuni) sfoggiate treno e livree nel giorno del Corpus
Domini; la sera stessa alla festa di ballo comparvero alcune delle nostre dame cariche di
gioie a segno che un ufficiale francese ebbe a dire che se stesse in sua mano metterebbe una
requisizione di gioie a questo paese. Siamo dunque poveri solo nelle parole e siamo ricchi
nei fatti. Quando dunque siamo così doviziosi, i francesi non hanno tutte le ragioni di
cavarci la pelle?
5 luglio 1806.
La notte passata mentre la signora Adriana Barzi moglie del q. Sig. Niccolò Sguazzetto
andava a casa, sorpresa in Piazza da un affanno, da un vomito, si fermò sugli scalini di una
delle colonne della Piazza, poi assistita si avviò verso casa, giunta al principio dei portici di
Santa Corona quasi sul limitare di casa sua rese l'anima a Dio.
Jeri a Chiampo un prete Portinari tratto di senno dal vortice delle presenti calamitose
vicende, si sparò due pistole nelle tempie, e restò morto sul fatto.
L’Aldrovandi celebre naturalista italiano porge la descrizione, ed anche il disegno che oggi
ho veduto, tutto perfettamente simile al Requin pochi giorni fa fatto vedere a Vicenza. Di
ciò non mi stupisco. Ma assai mi stupisco dei moderni enciclopedisti di Francia, i quali né
descrivono, né danno il disegno di questa spezie di Requin nella loro voluminosissima
enciclopedia da me consultata. Non avevano forse letto l’Aldrovandi? Questo sbaglio non è
perdonabile ad uomini che vogliono dar legge a tutto il genere umano, e che sono venerati
dai filosofi come arche di scienza, e se sbagliano in questa, che sarà poi in materia di
religione da loro sì mal conosciuta?
1806
8 luglio 1806.
La notte passata i ladri scalando le mura dell'orto delle orfane di San Valentino e
prevalendosi del coperto del nuovo lavello, discesero nell'orto; e di là poi penetrando nella
lisciara, rubarono molta biancheria che era sui mestelli a motivo del bucato.
È morto il signor Giuseppe Cavazzola.
10 luglio 1806.
È superfluo notare che ogni giorno la truppa francese che qui si trova, si porta in Campo
Marzo a far l'esercizio.
La mattina vi si porta la cavalleria e la sera la fanteria.
È pur superfluo dire che ogni giorno vanno, e vengono truppe; sicché sempre ne siamo
pieni.
Ritorna il caldo ed il secco comincia ad essere riflessibile.
Il caldo oggi a gradi 23
La confraternita del SS. Crocifisso detta dei Negri dei Servi e risorta nel modo peraltro in
cui sono risorte quelle descritte di sopra, cioè con la perdita di tutti i fondi, e con la
manutenzione dei mobili, che le vengono consegnati. Altre pure stanno per risorgere in
questa guisa.
11 luglio 1806.
Le religioni mendicanti che finora furono risparmiate dal demanio nol sono più. Manda i
suoi ministri ad eseguirvi gli stessi inventari. Così si è fatto con i PP. Teatini, Filippini, Scalzi
e forsi si farà con gli altri. Spaventosi principj.
Il Viceré Eugenio da molto tempo è ritornato dall'Istria a Milano ma non passò per Vicenza.
I giochi d'azardo per grazia di Dio non hanno preso radici in Vicenza, a segno che
l'impresario di questo bell'istituto è partito da Vicenza.
Ieri fu estratto al ponte di Pusterla un soldato francese annegato nel Bacchiglione cadutovi
probabilmente dal quartiere di San Biagio.
12 luglio 1806.
Il caldo a gradi 23.
È interrotto e quasi sospeso il delizioso commercio epistolare perché le lettere costano assai
e i tramessi assaissimo, e non si scrive che per affari importanti. Tutti rami di felicità. Leggi
il proclama 3 gennaio pass.o.
13 luglio 1806.
Il caldo a gradi 23.
Dopo che avrete letto e meditato il suddetto proclama 3 gennaio passato, leggete quello del
nostro prefetto pubblicato oggi dopopranzo, col quale avvisa tutti i cittadini di restringersi
più che sia possibile nelle loro case per poter ad alloggiare 1200 Veliti che a momenti
verranno da Verona la qual truppa non si degna di alloggiare nei quartieri, ma vuole le case
dei particolari per felicitarle. Di più leggete la compartita della rata seconda dell'etrusco
Predial che si deve pagare in questo mese in ragione di lire 134 per ogni lira d'estimo, val
dire più della metà della rata passata. Adesso rileggete con maggior gusto il proclama 3
gennaio.
I buoni veneti
non tornan più.
14 luglio 1806.
Giunsero da Verona questa mattina per tempo i suddetti 1200 Veliti e inondarono tutte le
case già aggravate dagli altri uffiziali che li soggiornano. Questi Veliti formano la guardia,
1806
che precede il Viceré quando viaggia. Sicché tra pochi giorni l'avremo qui. Il caldo oggi poco
meno di gradi 24.
15 luglio 1806
Il caldo passa un poco i gradi 25 e la siccità nelle ville vicine alla città va crescendo.
A notte ben inoltrata partirono per Castelfranco i fanti Veliti in numero di 1200 venuti ieri.
Questa truppa dirigesi verso la Dalmazia, dove l'armi francesi soffrono contrasti dei
montenegrini e dei russi, i quali russi uniti agli inglesi occupano con gran flotta l'Adriatico
16 luglio 1806.
Il caldo oggi è giunto a gradi 25 e due quarti.
17 luglio 1806.
Il caldo è pochissimo minor di ieri.
18 luglio 1806.
Oggi a gradi 25.
Riflettendo all'attuale baratro di cose, ne deduco le seguenti illazioni.
P°. Non c’ è più Patria. Annientate le sue Costituzioni, i suoi Magistrati, i suoi Uffizi, i suoi Collegi, le
sue Fraglie, sciolti tutti i vincoli che legavano reciprocamente i cittadini.
2°. Non vi sono più famiglie. Soppressi i titoli, i feudi, i fideicommissi, posti i figli contro la volontà
dei padri in impieghi odiosi, aggravate di imposizioni importabili le entrate, e più quando comincerà
trappoco la leva dei soldati.
3°. Non ci sono più scienze, né studj. Nessuno ha più tempo né modi, né voglia di applicarvisi. I
giovani educati nei nuovi principi non si occupano che dei divertimenti; e gli uomini di buon senso a
piangere la desolazione della loro Patria. Tolti di mezzo tanti Regolari che li istruivano, non restano
più in paese né maestri, né discepoli. Peggio ancora sarà quando saranno chiuse tante librerie di
claustrali. Tutti gli studi saranno avvolti alla scienza militare, fucile in spalla e ignoranza in testa.
4°. Non vi sono più amici; ogni uomo pensa a se stesso, intento sempre più a ripararsi dai colpi che lo
minacciano, e ad eseguire quanto le giornaliere leggi comandano di duro, di gravoso, di aspro. Non
ha tempo da pensar ad altro, assorbito perpetuamente da questo vortice.
5°. Non vi è più commercio. Il mercantile e tutto arenato perché le merci non hanno spaccio. Una
quantità di telai abbandonati; e una folla di samitari [ex lavoranti di sete preziose] gettati sulla strada
a questuare, uomini, donne e ragazzi. Famiglie intere. L’epistolare è sospeso per il costo smodato delle
lettere, e degli involti.
6°. Non vi è più costume. A provare questo funesto basta solo osservare il vestiario dell'uno e dell'altro
sesso. Il vestiario è l'insegna non menzognera dell'osteria.
7°. Non dirò che non vi sia più religione. Esiste grazie a Dio in molti; ma sono formidabili i colpi che
le si scagliano contro continuamente. Ecco la vera felicità di Vicenza, e dell'Italia promessa
dall'infallibile proclama 3 gennaio 1806 che non bisogna perdere mai di vista.
19 luglio 1806.
Il caldo oggi non passa gradi 25 ma la siccità si avanza seriamente.
A promuovere sempre più la nostra felicità il nostro Sovrano con un editto oggi pubblicato
ci fa sapere che in Torino, Bologna, e Pavia, sono aperte le scuole della beneficentissima arte
militare, e però eccita i bravi giovani suoi sudditi a prevalersi di questa istituzione, per
imparare un'arte tanto necessaria alla vita umana. Non crederò che in Vicenza vi sia alcuno
che abbia questo desiderio.
È giunto un altro comando del sovrano Bonaparte, che abolisce ogni ordine cavalleresco
conferito da altri sovrani. Per conseguenza i nostri cavalieri di Malta hanno deposte le loro
croci; e così gli altri di altri ordini.
Oh! Le belle istituzioni! Che male facevano queste divise?
1806
22 luglio 1806.
Per uno strano rovescio la stagione di caldissima che era, è divenuta sensibilmente fredda,
senza esser preceduta da temporali, né la grandine.
24 luglio 1806
La siccità in alcune ville è grandissima. Nel giorno 22 corrente in Montebello un gendarme
(nome qui nuovo equivalente a quello di sbirro) ha ucciso con più ferite nella sua camera un
oste, ma egli pure è rimasto ferito in una mano.
Nei giorni passati il Viceré Eugenio si portò da Milano a Venezia per la via di Legnago senza
passare per Vicenza.
I giochi d'azzardo che da qualche tempo erano terminati, tornano ad aprirsi per nostra
disgrazia.
25 luglio 1806.
Oggi dopopranzo è passato per Vicenza venendo da Padova e proseguendo il suo viaggio
verso Verona il Viceré Eugenio in un terreno privatissimo. Era in uno sterzo con un semplice
soldato a cavallo alla Portella, o corriere che fosse, e seguito da un solo carrozzino a quattro
cavalli.
26 luglio 1806.
Dio ha mandato opportunamente una pioggia ristoratrice.
30 luglio 1806.
Temporale di brutta apparenza, un'ora dopo mezzodì, che in mezzo a un diluvio di pioggia
scaricò grandine in città; fu più notabile a Longara, più forte fu la tempesta a Casale.
Tempestò anche a Settecà, a Bartesinella, a Creazzo, ed in altri luoghi ma non con
devastazione.
31 luglio 1806.
L'anno 1797 famoso per la birbocrazia, fu levato e malmenato il San Marco ossia leone di
pietra che era in mezzo all'arco alle scalette di Monte, lasciandolo capovolto e mutilato
sull'arco medesimo. Oggi il governo nostro lo ha fatto accomodare e rimettere nel luogo
medesimo. Spiegatemi questa contraddizione nelle med.e teste. Grande spesa a abbatterlo,
grande spesa a rimetterlo.
***
P°. agosto 1806.
Oggi dopopranzo è morto il conte Teodoro Trissino di 80 anni. Cavaliere egregio di somma
riputazione e di somma pietà. In tutto il corso della sua vita la quale non fu impiegata da lui
che in atti di carità, e in servigio del prossimo e degli ospitali; e la sua morte fu edificante
potendosi dire di lui ecce quomodo moritur justus.
3 agosto 1806.
Questa sera fu temporale che scaricò tempesta alle Torri di Quartesolo, a Longara, a Longare
e altrove.
4 agosto 1806.
La scorsa notte è stata uccisa di coltello una donna contadina fuori della porta di Santa Lucia
verso l’Anconetta e fu trovata morta sulla pubblica strada.
1806
Per la pioggia di ieri sera caduta nel territorio oggi inaspettatamente il Bacchiglione è
cresciuto a segno che impedisce la macina.
Sapete a qual segno arrivino a quest'ora i beni ecclesiastici incamerati sul vicentino dal
Demanio?
Al capitale di circa 28 milioni di lire. Vedranno i signori francesi qual pro faranno loro questi
bocconi; lo stesso che fecero a Enrico VIII, Re d’Inghilterra.
La scorsa notte ancora due francesi si sono sfidati a duello in una osteria verso le Barche; ed
uno restò morto.
Duomo di Monza, La corona di ferro (Wikipedia)
Come mai in una nazione così colta, così maestra di umanità può aver luogo questo
detestabile avanzo della barbarie vandalica?
Nei giorni passati in Bartesinella nei nostri campi furono scavate tre medaglie di bronzo
antiche una di Antonino Pio ben conservata di 2° forma, una di Lucilla, e una di Treboniano
Gallo.
6 agosto 1806.
E’ venuto ieri a Vicenza il signor Pietro Moscati, milanese, commendatore della corona di
ferro. Questo era un medico di riputazione, spedito ora a visitare gli Studi di questa
provincia dal Viceré. Perciò questa mattina servito in carrozza dal prefetto co. Leonardo
Tiene andò a visitare la pubblica libreria, il Teatro, ossia l'Accademia olimpica, il Seminario,
e le scuole pubbliche in San Giacomo, dove mi trovava presente per esservi Presidente.
Entrò in due sole scuole, udì l'esame breve di un ragazzo in ognuna di esse; e partì lodandole
assai. Questo è un vecchio magro; e per quanto pare di poca salute; ma di buona grazia e di
cognizioni.
Il temporale del giorno tre cor.e ha scaricato una tempesta terribile ad Arsiero e ad Asiago.
Sono molti mesi che nel soppresso convento di San Francesco si trova un certo signor
Andrioli bolognese che sta ivi fabbricando un globo aerostatico di taffetà leggerissimo, e
inverniciato, che costerà poco meno di 3000 zecchini, e alzerà 1300 libbre di peso, coll’idea
di trasportarlo a Milano, e ivi volare con esso. Questo signore insieme con un Zambeccari
ha fatto in Bologna negli anni scorsi due voli, ma sempre infelicemente. Ha scelto Vicenza
per fabbricarlo a cagione della qualità delle nostre sete. Tanta furia tanta ferocia per cacciar
fuori l'anno 1797 le Monache di San Francesco, onde dar luogo ai soldati; e ora quel convento
quasi tutto intero si concede gratis ad un forestiero aereonauta.
8 agosto 1806.
Finalmente il vulcano hà oggi vomitato la lava sterminatrice, che fin dal Sabbato Santo
minacciava i conventi dei Regolari dell'uno e dell'altro sesso in questo nostro sfortunato
paese.
Con un decreto segnato in Monza dal Viceré Eugenio al fine del luglio passato si vengono a
fulminare e ad abbattere con terrore e spavento di tutti i cristiani e con nessuna commozione
dei filosofi veri birbanti le seguenti case religiose.
1806
P°. La Chiesa e la casa dei PP. Teatini di San Gaetano Tiene? Come? Sarà chiusa la bella chiesa e partirà
da Vicenza l'ordine istituito da San Gaetano Tiene, nostro concittadino? Nostro protettore, nostro
Patrizio? E questo succederà essendo prefetto di questa città un co. Leonardo Tiene e Podestà della
Municipalità un co. Giovanni Giacomo Tiene entrambi di sua famiglia a fronte degli sforzi da essi fatti
per salvare questa chiesa e questi religiosi? Oh castigo! Oh forte presagio di più grande castigo! Che
Vicenza perda il suo Protettore! Che S. Gaetano si allontani dalla sua patria! Chi ne ha la colpa lo saprà
un giorno.
2°. Il Convento dei PP. Carmelitani. La Chiesa per ora sussisterà essendo parrocchia.
3°. L’antichissimo monastero dei monaci benedettini dei SS. Felice e Fortunato. La chiesa è parrocchia
e per ora sussisterà
4°. La Chiesa e il convento dei PP. Conventuali che sono alla piazza della Biada dov'erano i padri
Serviti anticamente. Chiesa che sempre era affollata di gente.
5°. La chiesa e il convento dei PP. Cappuccini già incendiato e che ora si fabbricava con sommo ardore.
6°. Le Monache di S. Pietro che si trovano in sommo lutto e che dovranno sloggiare ed andare ad unirsi
con quelle di San Tommaso di un istituto diverso. La chiesa è parrocchia e dovrebbe restare.
7°. La Chiesa e il convento di San Domenico. Le Monache verranno unite con quelle del Corpus
Domini.
Molte altre soppressioni nel Territorio come i Cappuccini di Tiene, i Padri da Rua, i Minori
osservanti di Arzignano, le Monache di Lonigo, che verranno all’Araceli. Non mi dà l'animo
di seguire la storia di questo macello eseguito dagli amici dell'uomo e dai benefattori
dell'umanità.
Adesso leggi il proclama 3 gennaio 1806: oggi è la sua vera giornata: cosa dice il concordato
di Pio VII con Bonaparte fatta nell'anno 1801? Dice che per l'avvenire non si abbia da fare
alcuna soppressione di case religiose senza l'assenso della Santa sede. Lettore, quid tibi
videtur?
Non mi pare che sia eseguito?
In questo decreto poi di soppressioni segnate come ho detto dal Viceré Eugenio in Monza li
28 luglio passato per facoltà impartitagli dal re Bonaparte si aggiunge
P°. Che sussisterà il convento dei santissimi Rocco e Teresa, ma che in esso saranno anche trasportate
le Monache Terese di Padova.
2°. Sussisterà quello dell'Araceli; ma vi si aggiungeranno le Monache di Lonigo e quelle di Santa
Chiara di Bassano. Così sussisteranno Domenicani, Serviti, Minori Osservanti ma riceveranno altri del
loro istituto espulsi da altri istituti.
10 agosto 1806.
Avete veduto col suddetto decreto 28 luglio passato che le nostre Monache Teresine di San
Rocco sussisteranno e che ad esse saranno aggiunte le Teresine di Padova; per quel decreto
le nostre povere Monache di San Rocco erano comprese da una santa allegrezza per vedersi
assicurate. Ma questa sera tutto cangia di aspetto perché giunge a stampa un decreto
segnato da Bonaparte a Saint Cloud li 25 luglio passato, il quale prescrive che il convento
delle Monache Terese di Vicenza che sia assegnato all’Ospedale degli Esposti che ore sono
a S. Marcello. Convien dire che questi due sovrani decretanti si siano intesi ma non si siano
capiti.
Ma intanto la mortificazione di queste povere sante religiose non è esprimibile di più; tutti
gli altri conventi della città che credevano fissato il loro destino lo veggono vacillante e
rientrano di nuovo in mezzo alla procella. Tutti gradini per arrivare alla felicità promessa
con l'infallibile decreto 1806, 3 gennaio.
È assai riflessibile che il predetto decreto Bonaparte che assegna il convento di San Rocco
all'Ospitale degli Esposti niente parli del luogo dove esser debbano trasportate le Monache
esemplarissime del suddetto Convento. Questo decreto è stato sollecitato dai nostri
cittadini, o per dir meglio da un solo cittadino, che ha creduto di procurar un gran vantaggio
all'Ospitale suddetto il quale peraltro ha ben estremo bisogno di nutrici e di alimenti, ma
1806
non di località, essendo sufficientissima anzi soprabbondante quella che ha, e in cui risiede
da tanti secoli massimamente dopo l'aggiunta della nuova fabbrica fatta gli vent'anni fa
assai comoda e spaziosa al Ponte delle Belle.
14 agosto 1806.
Il frumento a lire 10 e il sorgo pur L.10
15 agosto 1806.
Glorioso giorno dell'Assunzione di Maria Vergine. In questo giorno nacque Napoleone
Bonaparte perciò in tutte le parrocchie questa mattina fu cantato il Te Deum. Ma in Duomo
si eseguì con gran magnificenza e con gran musica. Entrò in Duomo il Vescovo con a destra
un generale, e a sinistra il Prefetto co. Leonardo Tiene; susseguiva la Municipalità, i giudici
Civili e Criminali, ognuno dei quali aveva a sinistra un ufficiale. Seguivano infiniti soldati
che tratto tratto interrompevano la musica e la funzione con urli da Mongibello secondo il
loro uso. Cantò messa il canonico Clementi: e dopo di essa il Te Deum in ringraziamento
all'Altissimo per l'Assunzione in questo giorno di Maria Madre di Dio alla gloria beata.
In questo giorno natalizio del nostro Sovrano per festeggiarlo con allegrezza per farci un
grande regalo onde passarlo con giocondità ci è stato regalato un pranzo imbandito di più
di 20 proclami tra cui quello della coscrizione che farà stare allegri molti padri e molte madri.
Vero è peraltro che questa prima coscrizione non è così feroce come si temeva. Non
domanda più di 172 giovani tra i 20 e i 25 anni dentro il 21 settembre. Un altro decreto dà
facoltà a quelli che hanno capitali a censo dai Luoghi Pii o Conventi demaniati di potersi
affrancare verso il Demanio dentro un anno. Non so degli altri. Pretendete che li legga tutti?
Per la allegrezza di questo giorno si videro questa sera illuminati il palazzo dei Capitanio
dove sta il Prefetto, e quello dell'antico Podestà veneto, dove sta la Municipalità.
Non solo nelle parrocchie della città, ma anche in tutte quelle delle ville si è avuto ordine di
cantare il Te Deum. Ma in alcune il parroco ha dovuto cantarlo da solo perché non v’era in
chiesa chi rispondesse.
23 agosto 1806.
È inutile il notar le truppe che vanno e vengono tutti giorni; anche in questi ultimi dì passati
venne un corpo di fanteria di 700 di ritorno dalla Dalmazia.
La coscrizione comincia a far sospirare altamente le famiglie. Tutti i giovani niuno eccettuato
della città, borghi, e colture, che si trovano tra i 20-25 anni si devono dare in nota
presentandosi alla Municipalità, e quelli delle ville al loro vicariato rispettivo per essere
esaminati, misurati, e udire se hanno eccezioni; questo si fa in questi giorni. Si verrà poi tra
pochi dì alla prima estrazione, che in tutto sarà di 172 cioè 22 per la città borghi e colture; e
il resto tra tutto il territorio, compresi i sette comuni. Poveri giovani sacrificati! Povere
madri, poveri padri! Verrà poi presto la seconda e poi la terza ec.
Nei giorni passati fu scavato in San Giov. Ilarione un antico anello d'oro ben massiccio del
peso di 40 zecchini. In mezzo ha una pietra onice in cui è maestrevolmente inciso un
gladiatore ignudo in piedi con in mano la Sica, [corta spada ricurva] ossia il Rude, e ai piedi lo
scudo. Lo possiede il signor Achille Balzi q. Sebastiano. Questo mi fa risovvenire che anni
sono a Villaverla fu scavata una corniola da anello in cui era inciso Muzio Scevola in atto di
abbruciarsi la mano. Questa era posseduta dal conte Carlo Verlato.
25 agosto 1806.
La processione motiva alla B. V. da Monte partì dal Duomo un'ora prima di mezzodì. Vi
erano cinque confraternite cioè l'Assunta mai demaniata, i Verdi di San Silvestro, rinata la
Concezione, i Rossi, i Negri di San Giovanni decollato, quei pochissimi Regolari che ancora
esistono agonizzanti, nessuna Arte, nessuna Fraglia di Merciai e il Vescovo con a dritta il
1806
Prefetto, e a sinistra il Segretario del prefetto, e dietro di essi la Municipalità. Meschinissima
vista per chi si ricorda le antiche processioni di questa per noi vicentini, cara sempre e
memorabile giornata. Per compenso per altro l'affluenza del popolo in tutta questa mattina
è stata continua e affatto straordinaria.
29 agosto 1806.
È morto la scorsa notte in età di 91 anni portati sempre felicemente il signor Paolo Tavola
cavaliere di somma riputazione. Cristiano piissimo, Giudice dotto e intemerato capo di
famiglia senza pari. Grande commozione e sconvolgimento città e in assai ville
massimamente del Pedemonte e Sette Comuni. L'editto di darsi in nota per la coscrizione,
tutti i giovani tra i 20 ai 25 anni. La massima parte ricusa di presentarsi. Li compatisco ma
quale sarà l'esito di questa resistenza? Bisognerà cedere e cedere con danno.
***
1° settembre 1806.
Con sorpresa oggi l'acqua è cresciuta notabilmente ed ha prodotto una inondazione
considerabile non preceduta qui da piogge considerabili. Ha prodotto diverse rotte
massimamente al Timonchio a Caldogno alla Vacchetta.
Sotto questo governo si rende inutile e di nessun uso il gran salone della Ragione. I tribunali
e gli Uffizi alloggiano nelle camere dei palazzi pubblici e perciò resta vacuo. In esso nei
giorni passati il signor Andreoli vi trasportò il globo aereostatico che lavorava nella caserma
di San Francesco per terminarlo e provare a gonfiarlo essendo sufficiente lo spazio e l'altezza
del salone per questo oggetto. Ha deciso di lanciarlo a Vicenza.
3 settembre 1806.
È venuto decreto del Viceré che ordina alle Monache nostre Terese di San Rocco di trasferirsi
unitamente alle Monache Terese di Padova nel nostro convento di San Domenico, da cui
partiranno le Monache domenicane per affollarsi probabilmente con quelle del Corpus
Domini; e l'Ospitale di San Marcello per decreto napoleonico passerà a San Rocco. Così
queste sante vergini immacolate cederanno il luogo ai bastardi, i quali hanno estremo
bisogno di tutto, fuorché di albergo, essendo quello che hanno non più sufficiente ma
soprabbondante, perché ne affittano una vasta porzione.
6 settembre 1806.
Nuovi e forti tumulti si eccitano a motivo della coscrizione nei paesi del vicariato di Orgiano;
dove 2000 giovani si sono uniti per far resistenza. Folle consiglio che perderà essi e le loro
famiglie. Hanno ceduto i territori di Brescia e di Salò. Cosa intende di fare questa meschina
truppa contro una forza ormai resa sovrana di quasi tutta l'Europa?
8 settembre 1806.
I tumulti eccitati dai giovani in alcune ville si vanno calmando. La vista della forza armata
mandata colà li ha fatti cangiare pensiero. Aggiungo che i tumulti non erano sì grandi come
si diceva, e l'unione assai meno numerosa di quello che supponevasi.
10 settembre 1806.
Ecco la rata del Prediale da pagarsi in questo mese sull'estimo generale a lire 178 e 18 per
ogni lira d'estimo. Vedete come ogni rata va crescendo e a che tende ridurci.
I buoni veneti
non tornan più.
1806
13 settembre 1806.
La truppa mandata in quelle ville dove era insorto qualche bisbiglio in grazia della
coscrizione mette contribuzioni e imposizioni gravose; e avrebbe anco persone e le manda
nelle carceri di Vicenza, come l'altro giorno mandò il Governatore e il Sindico della Selva di
Trissino. Da tutte le parti incontriamo guai e spine che pungono, né mai si incontra un
oggetto che rallegri. Tutto tende alla dissoluzione dell'uomo in tutti i suoi rapporti, religiosi,
politici, civili, sociali, economici, familiari, letterari, ec. ec. Questa asserzione meriterebbe di
essere svolta in tutti i suoi dettagli; ma la dissertazione sarebbe troppo lunga.
Questa sera è venuto il signor Pio Magenta che era il prefetto di Verona per coprire la carica
di prefetto di Vicenza che gli vien cessa dal conte Leonardo Tiene, il quale passa Prefetto a
Verona. Credo che questo signore sia piemontese.
15 settembre 1806.
È ritornato da Parigi il co. Gio Batta Salvi, uno degli ambasciatori spediti colà non mi ricordo
quando dalla nostra città; e smontato andò tosto in letto malato.
16 settembre 1806
Ed oggi è ritornato di Verona ambasciatore il suo collega co. Leonardo Bissari, sento a dire
decorati entrambi dell'ordine dei Cavalieri della Corona di ferro, ordine luminosissimo, e
invidiato da tanti, massimamente da me. Questa invidiatissima ambascieria è stata tutta a
spese della città, ossia delle ville di Vicenza, perché non le resta più alcun vestigio di città.
La truppa che abbiamo in Vicenza ammonta circa a 3000 soldati.
19 settembre 1806
Giorno compassionevolissimo per la espulsione oggi fatta delle Monache di S. Domenico
che questa mattina passarono al Corpus Domini ad unirsi con le religiose di quel monastero.
Queste crudeli espulsioni nel linguaggio francese si chiamano unioni, traslocazioni,
concentrazioni, Sciaurati! Vedrete se al tribunal di Dio questi vocaboli vi serviranno di
scusa. Passarono queste lacrimose ed afflitte ma virtuosissime spose di Cristo in dieci
carrozze servite da alcune dame del paese. Monsignor Vescovo si portò prima a San
Domenico a confortarle prima della loro partenza; poi si portò al Corpus Domini per
aspettarle ed accoglierle. Passarono per l'Isola e il Corso. Il prefetto andò ad aspettarle al
Corpus Domini; i due padri domenicani le accompagnarono per viaggio. Ma non è
esprimibile la desolazione, ed il pianto in cui proruppero quando smontarono al Corpus
Domini. Quanto le loro lacrime costeranno care a quegli amici dell'uomo che le hanno fatte
spargere!
Anche i monaci di S. Felice dovettero oggi quasi tutti sloggiare dal monastero, non ancora
veramente per eseguir il decreto di espulsione, che per altro succederà trappoco. Ma per dar
luogo ad un numero grandissimo di truppe francesi che a momenti devono venire a Vicenza
a fermarvisi.
Era certa la voce, sparsa giorni fa della pace condivisa tra la Francia e la Russia, che poi
avrebbe prodotta anche quella tra la Francia e l'Inghilterra; cosa che a noi non avrebbe recato
né vantaggio né danno, ma ora è certo altresì che il Czar non ha voluto ratificarla.
Ripiglieranno dunque la guerra. Questo è l'unico filo di umana speranza che ne resta; vedete
dunque a qual termine siamo ridotti.
Anche i padri Carmelitani oggi sloggiarono dal loro convento del Carmine per non
rientrarvi mai più. La Chiesa essendo parrocchiale è ancora aperta. Giorno di pianto
altissimo per i buoni, e di riso per i malvagi, e terminato con un temporale che scaricò
tempesta a Resega, a Camisano, e in molte altre ville.
1806
21 settembre 1806
E’ venuta da Milano al Prefetto lettera sospensiva del decreto che commetteva di sloggiare
le Monache di S. Pietro, e di collocarle con le Monache di S. Tommaso pel qual decreto erano
le povere religiose in somma costernazione.
Io credo di ricrearmi quando passeggio per questa città nel mirare fiso alcuni Sammarchi
che ancor sussistono, e che hanno sfuggita l’ira democratica, ed anche lo stemma degli
Scaligeri, che ancor si vede sul catenaccio della porta di Padova, e sull'arco di mezzo del
ponte delle Barche: ma
Ah, tu ben sai d'un bene
perduto la memoria
quanto divien crudel!
Incomincia a sopravvenire la truppa che in immenso numero deve venire a stazionare in
Vicenza.
22 settembre 1806
Anche questo giorno è stato sommamente luttuoso e compassionevole, perché si è data
esecuzione al decreto che espelle le sante Monache di San Rocco dal loro convento, e le
traduce al convento di S. Domenico evacuato già dalle Domenicane pochi giorni fa, siccome
ho scritto. Perciò questa mattina prima di terza si trasportarono in diciotto o venti carrozze
passando da un convento all'altro. Il Vescovo era alla testa di esse e saggiamente non vollero
alcuna alcuna dama, o signora che le accompagnasse. Fra queste Monache ve n’ha molte di
quelle che erano a Santa Maria Nova, e che nella prima birbocrazia dell'anno 1797 furono
balzate da Santa Maria Nova a S. Rocco; e oggi si balzano da San Rocco, come se fossero tanti
palloni. Così resta chiusa quella bellissima chiesa arricchita di insigni pitture che veniva
uffiziata con grandissimo concorso. E io tengo per fermo che l'ospitale di S. Marcello non
passerà in nessun modo a San Rocco. P.°. perché S. Rocco verrà inondato da truppe e verrà
una diroccata caserma: 2°. Perché i direttori dell'ospitale che non hanno fatto nessuna istanza
per questo trasporto non sono in caso di spendere 8000 ducati per adattarlo al loro uso. Si
cacciano fuori le Monache di San Domenico per dar luogo a quelle di San Rocco. Si cacciano
fuori da San Rocco per dar luogo agli Esposti che non vi passeranno. Delitto sopra delitto. Et
hoc initium.
In mezzo a queste desolazioni Iddio fa vedere un grato spettacolo d'altro genere. Due giovani
missionari sacerdoti, il co. Gian Batt.a Muttoni e il Sig. D. Giuseppe Rossettini d’Arzignano,
per tutto dove si portano a fare missioni in diocesi e fuori, si traggono dietro una folla
immensa di popolo da tutte le parti e operano mirabili conversioni. Ieri le hanno terminate a
Montecchio Precalcino, dovettero predicare in riva dell’Astico ad una udienza di 10.000
persone. Al tempo ultimo dei veneziani non era lecito fare missioni, e sotto questo [ governo]
finora si fanno con pienissima libertà.
Altro spettacolo edificantissimo presentano queste innocenti vittime religiose, che cacciate
fuori dai loro ritiri per mano degli amici dell'uomo, dei benefattori dell'umanità, soffrono
tutto con inaudita rassegnazione; e quella di oggi senza spargere una lacrima. Ecco quali son
quelle donne; e il matto filosofo credeva di vedere in questa occasione rientrare giubilanti nel
mondo. Me ne mostri una sola tra queste balzate fuori dal loro chiostro finora. Falsa,
insensata, bugiarda, briccona filosofia: trovami degli epiteti più acuti e glieli darò tutti.
I PP. dei Carmini espulsi dal loro convento alloggiano qua e la per le case col biglietto
d'alloggio come i soldati, mangiano alla locanda, ma uffiziano la loro chiesa. Avete mai più
sentito stravaganza maggiore che il ministro di Dio abbia per cedere il luogo suo, suo, suo
all'immorale soldato? In qualcheduno dei nostri vicariati si è estratto il numero dei coscritti
ad esso appartenenti e sono stati mandati a Vicenza con qual lutto loro, e di lor famiglie, chi
lo può descrivere?
1806
24 settembre 1806
Vennero oggi non più che 300 fanti francesi che furono acquartierati nel convento dei
Carmini, donde i religiosi furono espulsi nei dì passati.
Stagione scarsissima di uva?
25 settembre 1806.
Poco più di altrettanti ne venner oggi; trovo questi, come quelli, in pessimo stato di salute.
Provengono tutti dalla Dalmazia, dove hanno sofferto assai per clima, per la fame, e per la
resistenza che incontravano dai montenegrini. Confessano che la massima parte dell'armata
che era in quelle parti è perita. Ma che giova per noi?
26 settembre 1806
Soldati fanti questa mattina hanno in casa arrestati i 22 poveri giovani coscritti sottratti nella
città e colture; e furono condotti a S. Corona, dove si raccolgono anche tutti gli altri che
vengono dai vicariati, delle ville. Vittime degne della più tenera compassione. Alcuni poi
furono rilasciati perché presi per sbaglio.
Viene anche oggi da Padova qualche centinaio di francesi, miserabile avanzo dell'armata
francese profligata in Dalmazia dove incontrò grandi ostacoli, come li incontra anche
attualmente nella Calabria. Ma ciò non appartiene alla storia di Vicenza. Questi avanzi si
fermano qui oggi; ma partiranno.
27 settembre 1806
E’ partita una porzione della truppa venuta in questi giorni verso Verona. Ad ogni modo la
città è piena di soldati il quali per altro si contengono in modo da non potersi doler di loro.
Un solo latrocinio hanno commesso in questi passati giorni coloro che erano alloggiati presso
i padri Scalzi. Penetrarono nella guardaroba dei religiosi e vi rubarono mobili, del loro
vestiario, coperte, lenzuola in non poca quantità, con molto danno di quei poveri religiosi. In
questi giorni poi… … diciamola in verso
Sen và dolente e chino
lo spogliato vicentino
a impinguar quell'animale
che si chiama Prediale
animale ingordo e strano
non mai noto al Viniziano.
Non credo di aver notato che nel giorno in cui furono espulse le Monache di San Rocco fu
chiusa la loro bellissima chiesa che era di gran profitto per le continue funzioni, oltre esser
ricca di quadri eccellenti.
29 settembre 1806.
Questa mattina è successa la soppressione dei padri Teatini di San Gaetano Tiene, nobile
vicentino con dolore inesplicabile dei cittadini cristiani. La Chiesa fu chiusa, ma poche ore
dopo fù riaperta; e siccome resta in Vicenza qualcheduno di questi religiosi, così saranno in
qualche modo, per qualche tempo uffiziate. Oh spettacoli funestissimi!
30 settembre 1806.
Partirono per Verona altre di quelle truppe francesi venute nei giorni scorsi dalla Dalmazia.
Adesso più che mai è universale la voce che i francesi abbiano da abbandonare questi stati.
Questa voce non ha altro fondamento, che il comune desiderio. Ma umanamente parlando
non veggo uscita. Ad ogni modo bisogna scriver tutto. Qualche lusinga porge a questa voce
1806
il vedere che le truppe in numero di sette in 8000, che da 10 giorni si aspettavano, non sono
comparse.
***
1° ottobre 1806.
Notabile escrescenza di acque per la pioggia della scorsa notte e di questa mattina.
Questa escrescenza fu formidabilissima a Santorso, a Piovene, a Caltran e ad altri luoghi
dove allagò case, atterrò muraglie ed abitazioni, strascinò masse enormi del monte
Summano, uccise armenti in quantità; e a Caltran un uomo rimase morto.
4 ottobre 1806.
La maggior parte dei sortiti coscritti prevengono la loro cattura, fuggono abbandonando la
casa, la villa, perché ciò avviene massimamente nelle ville.
5 ottobre 1806.
Domenica della Beata Vergine del Rosario. Fu scelta questa mattina dai Militanti francesi
per moschettare in Campo Marzo un loro soldato per essere disertore.
Oggi si è riaperto l'Oratorio del Duomo ossia del Confalone, come sono stati riaperti gli altri,
cioè dopo di essergli stata depredata l'entrata.
6 ottobre 1806.
Sussistono le voci anzi si accrescono dei movimenti di molte potenze collegate contro i
francesi massimamente dell'Inghilterra, della Russia, ed anche della Prussia. Forse sarà vero
ma finora non si vede alcun movimento nelle truppe che qui sono; se non che ogni giorno
ne vanno, ne vengono, come fu sempre. È vero però che nell'Adriatico vi è la flotta inglese
di cui si veggono le bandiere stando in Venezia.
8 ottobre 1806
Vien nuova che la flotta inglese e Russa va stringendo il blocco di Venezia a segno che il
governo francese di Venezia se ne mette in pensiero: ed ha lanciato tosto in mare 20
cannoniere per tenerle più che può lontane.
A questo oggetto ha fatto arrestare sul momento quanti ha potuto barcaroli per farli servire
sulle medesime. Questo potrebbe essere ma da lontano un principio delle nostre lusinghe.
11 ottobre 1806
Si fanno partire da Vicenza a misura che si raccolgono i poveri coscritti vicentini e si
strappano i cuori dei poveri loro genitori. Quando vengono arrestati sono condotti
dapprima nel Sagrà di Santa Corona e nell'oratorio dei Turchini. Di là dopo gli esami fatti
sono condotti nel soppresso collegio di San Gaetano, e di là poi passano al loro tremendo
destino.
Questa sera trovavasi un comandante francese in mezzo alla strada alla porta del Castello.
Passava in quello il Prefetto Magenta in carrozza.
Niente si mosse il francese per dar luogo; il cocchiere declinò alquanto per evitarlo, ma non
sì che passando leggermente non lo toccasse: il guerriero montò in furia proruppe in villanie
contro il cocchiere, ruppe con un pugno un cristallo della carrozza.
Non valse che il Prefetto, uomo prudente e discreto gli significasse l'autorità della propria
carica, seguitò il suo tuono, e il Prefetto se ne andò a casa dove, due ore dopo si vide
comparire dinanzi il guerriero, che buttandoglisi in ginocchioni gli domandò mille volte
perdono, e l’ottenne. Ora vedete se quando io incontro per strada questi amici dell'uomo,
1806
ho ragione di lanciarmi dall'altra parte, con in bocca il verso del Tasso: Tu ver Gerusalemme,
io ver l’Egitto.
12 ottobre 1806
La chiesa di San Rocco, che era stata chiusa, oggi per misericordia di Dio è stata di nuovo
aperta, perché ottenuta dalla confraternita dei Rossi, che sono stati sempre annessi
all'ospitale di San Marcello.
15 ottobre 1806
Questa mattina è partita per Venezia col suo grandissimo dispiacere una gran parte della
fanteria, che da tanto tempo dimorava in Vicenza; ma ne resta molta.
16 ottobre 1806
La scorsa notte diversi dei nostri poveri giovani coscritti che erano per prima azione
rinchiusi nel profanato Oratorio dei Turchini a Santa Corona, sono felicemente fuggiti
praticando un foro nel tetto, e aggrappando una con l'altra le coperte dei letti si sono calati
sulla strada del Corso.
Il pallone aerostatico che fu fabbricato in Vicenza dal signor Andreoli bolognese, e terminato
nel palazzo della Ragione, in questi passati giorni fu dal medesimo trasportato a Padova.
Il frumento a lire otto e il sorgo a lire cinque allo staro.
23 ottobre 1806
Il mercato degli animali, che anticamente ai miei giorni si teneva sull'Isola, poi a S. Maria
Nova, poi alle Fontanelle, in questi giorni è stato trasportato fuori di Porta Nova per oggetto
di daziari.
25 ottobre 1806
Dopo mezzodì è passato privatamente, venendo da Verona, diretto senza fermarsi a Padova
il Viceré Eugenio.
Tra le tante maniere di inventar danaro inventate da questo governo è graziosa la seguente.
Ogni uomo d'ora in poi dovrà camminare armato di una carta di sicurezza ossia di un
salvacondotto, lo che costa sette soldi e mezzo; chi sarà trovato dai birri o gendarmi privo
di esso sarà arrestato. Gran fonte ancor di danaro viene dall'aumento esorbitante delle
lettere e dei tramessi. Una lettera da Padova costava due soldi e mezzo; ora ne costa otto e
mezzo. Insomma insomma
I buoni veneti
non tornan più
canzone lacrimosa non mai abbastanza ripetuta da noi; e che sarà ripetuta da tutte le nostre
generazioni future.
28 ottobre 1806
L'autunno è stato e prosegue bellissimo, non credo che in tutto questo mese vi siano stati
due giorni di piccola pioggia. Le semine non potevano terminarsi con maggior felicità.
30 ottobre 1806
V’ha a S. Pietro Engù un pezzo di strada che vuolsi antica romana. Oggi ho voluto andarla
ad osservare. Comincia ad una casa di Boaria del signor Enrico Vitrian e si stende dritta
dritta per 700 dei miei passi verso mattina, dopo di che non se ne trova vestiggio. Per tutto
è larga 15 dei miei passi. Conserva per tutto una medesima riflessibile altezza superiore di
molto ai campi laterali. Credo benissimo che sia strada antica. 1°. Per la sua costituzione: è
tutta formata di ciottoli non veramente assodati con calce, di cui non ho rilevato vestigio;
1806
ma uniti e compressi in modo che formano un battuto solido di una grossezza ed altezza
che sorprende. 2°. Per la sua rettilinea sempre uguale, sempre larga, sempre alta ad un
modo. 3°. Per il nome che conserva di strada Postùma del console Postumio che la fé
costruire. 4°. Perché di là dalla Brenta ripiglia una strada che fa linea retta con questa e che
per lungo tratto si chiama pur essa Postumia. 5°. Perché si sa, come lo afferma anche il conte
Filiasi nel Saggio sui Veneti Primi che vi avea una strada che dritto conduceva da Vicenza ad
Aquileia.
È dunque naturale che questa partendo da Vicenza passasse per la villa di Quinto; così detta
per essere ad quintum lapidem, di là si dirigesse a S. Pietro Engù, dove la ho riflessa questa
mattina; e passata la Brenta si dirigesse verso il Friuli per quella via, che dicesi tuttora
Postumia.
Sarebbe da vedere se i ciottoli che compongono la Postumia da me osservata questa mattina
appoggino sopra un fondamento di sassi legati con cemento, che li sostengano. Ma per far
ciò converrebbe scavare profondamente. Non ho avuto oggi agio di farlo, oltre di che la
nostra presente lagrimevole situazione non ci lascia né voglia, né mezzi di dilatare i confini
delle umane cognizioni. Eh sì, non vi è più speranza rimasta di cangiare situazione. Anche
oggi è giunta la terribile nuova [che Napoleone] ha sbaragliato in modo stupendo tutto
l'esercito del re di Prussia e ciò nella prima battaglia che fu più decisiva di quella di Marengo
e di Austerlitz. Finché Bonaparte ha in Francia scritto questo verso: son lo sdegno di Dio,
nessun mi tocchi; tutti i principi dovranno cedergli il campo e il trono. Altra cosa sarà quando
questo verso sia cancellato.
***
1 novembre 1806
A truppe la gente si porta in Capitaniato per ottenere la carta del salvacondotto. Bisogna
aspettare ed ora era una follia di popolo che la vorrebbe e ciò perché ai 15 di questo mese
spira il tempo presente; ed ognuno dovrà presentarsi in persona con due testimoni,
assoggettarsi a un esame di moltissimi connotati che tutti vengono iscritti in due fogli
separati e sottoscriversi a questi due fogli insieme con i due testimoni. Cinque minuti non
bastano a spedire una persona. L'imbarazzo, e la folla è grandissima e mi suscita una
immagine di quella confusione che si vide sotto gli austriaci nelle famose giornate del
censimento.
I buoni veneti
non tornan più:
una egual perdita
mai non vi fu.
Sono persuaso che questa canzone si canterà anche nell'anno 1997 et ultra.
4 novembre 1806
La molta pioggia della notte passata e di tutto questo giorno ha prodotto una brentana
grande che cresce questa sera con somma furia e minaccia assai.
Il presidente ossia il capo del demanio finora è stato il signor Giuseppe Montanari, il quale
saggiamente ha rinunziato; e fu scelto a succedergli il signor Antonio Borgo. Il segretario fu
ed è il co. Nicolò Salvi dottore.
5 novembre 1806
La notte passata fu temporale con tuoni e lampi gagliardi. Altro più mite questa sera. Questa
mattina diluvj immensi di pioggia. Nonostante in Vicenza il Bacchiglione ha diminuito. La
Tesina fu alta assai e ruppe a Quinto, e alle Torri.
1806
Verso mezzanotte sormontò porzione dei miei argini in fondo al Pallù: portò dentro molta
acqua ma non li ruppe. Questi argini sono rimpetto alla Caveggiara.
9 novembre 1806
E’ morta la contessa Vittoria Calderari, religiosissima donna vissuta sempre nubile e che
sofferse con una eroica, cristiana rassegnazione una lunghissima e dolorosissima malattia.
Ogni giorno viene e ogni giorno parte un numero grandissimo di giovani coscritti quasi tutti
francesi non ancora vestiti da soldati. Che compassione! Quanta gioventù miseramente
perduta!
Ai primi di questo mese, non so se ai quattro o ai cinque, ripassò per Vicenza senza fermarsi
venendo da Venezia, il Viceré Eugenio e andando a Verona.
13 novembre 1806
Cominciando a riconoscersi l'impossibilità di poter dare la carta di sicurezza a novanta mila
persone nel giro di pochissimi giorni, fu preso il partito che gli abitanti delle ville abbiano
da andare a prenderla al loro rispettivo vicariato, ripiego meschino, e non bastante perché
anche i vicariati pieni di popolo, la maggior parte del quale ritorna alle sue ville senza
ottenerla; oltre a ciò la si è prolungata fino ai 15 del corrente. Che caos! Che confusione!
Leggi adesso il proclama poetico 3 gennaio 1806 e dàllo a leggere per loro conforto alle
Monache alle quali fu fatto dal demanio sapere, che da qui in poi la loro ricca pensione di
45 soldi veneti al giorno non sarà loro pagata se non con la posticipazione, di mesi sei.
Ammirate generoso tratto di filosofica umanità.
La nostra città non ha più la minima idea di città. Tutto è un vortice di confusione, un mostro
immane, che non ha né capo, né coda. Io la chiamo una casermaccia di soldati; perché essi
si trovano in tutti i conventi soppressi, in tutti gli esistenti, in tutte le strade, e in tutte le case.
14 novembre 1806
Dopo i due primi giorni ai primi giorni [sic] di questo mese, le giornate si serenarono subito,
e tali proseguono.
15 novembre 1806
La notte scorsa è morto di 82 anni il conte Francesco Sangiovanni, ultimo di sua famiglia e
di questo cognome. Era dottore di Collegio e fu bravo giudice, bravo cittadino, e che
possedea molte nozioni letterarie.
L'unica cosa nella quale i francesi adesso non molestano la città, e il territorio, sono la
requisizione di animali, carri, carrette ec. per i loro trasporti. Su questo i poveri coloni sono
lasciati in pace, dopo di aver tanto sofferto per questo articolo negli anni andati, come si
vedrà da queste mie memorie spaventose ma veritiere, scritte all'utile corrente e senza
tempo, da usarvi riflessione per renderlo più elegante e colto, e sempre a contragenio e di
mal umore; ma sempre esatte, e giustissime. A chi scrive in tali circostanze bisogna
perdonare i difetti di espressioni, e di stile. L'autore non pensa che a quello che deve dire; e
afferra senza esame la prima maniera qualunque sia che gli si presenta di dirlo.
16 novembre 1806.
Domenica. Per la vittoria ottenuta dai francesi contro il re di Prussia, fu questa mattina per
ordine pubb.o cantato in Duomo solennemente il Te Deum in cui pontificò il Vescovo, vi
intervenne il prefetto Magenta, la Municipalità, ed altre Cariche. In Duomo vi era quel
concorso che vi suol essere all'ultima messa nei dì festivi; e niente più.
Fu cantato in tutte le parrocchie della città, e si canterà poi in tutte quelle delle ville.
In questi giorni è partita da Vicenza tutta la cavalleria francese ma rimane un'immensa
fanteria.
1806
17 novembre 1806
E’ morto la scorsa notte in età di 85 anni ultimo di sua famiglia [ il] Can°. Bonaventura
Fadinelli. Vicario generale, canonico arciprete della cattedrale. Ecclesiastico di molta
dottrina, di soda letteratura, di vita esemplare, e limosiniere senza misura, onor del clero,
amato da tutti.
18 novembre 1806
Gran quantità di fanteria giovine francese è partita questa mattina da Vicenza; ma
grandissima quantità è venuta poi da Verona tutta giovane; ma alla testa di essa v’ha molti
uffiziali assai vecchi; cosa non più veduta. Aveva anche alcuni cannoni, e mortari con carri
di nuova idea. Si vede nell’ armata un gran movimento.
19 novembre 1806
Nuova cavalleria è venuta a stanziar a Vicenza in maggior numero di quella, che è partita.
Tutto è inondato dalle truppe, conventi, caserme, strade, case, borghi che da per tutto
…rrima mortis imago. Povera Vicenza divenuta una stalla da porci. Tal sei, e tal sarai, chissà
sino a quando. Quanto a me dubito sino alla fine del mondo, perché finché sussistono i
peccati, il castigo sussisterà. Chi v’ha che si emendi?
Il vicariato di Montebello non ha dato nessuno coscritto, perché quanti ne furono estratti (e
furon molti) tutti fuggirono, e vivono erranti per quei monti e per quei boschi; dove si
fabbricano dei covili con frasche e rami di alberi, non per dormire ma per vegliare la notte.
Terribile situazione! Preferire una vita così penosa alla divisa francese, di questo passo è
ridotta la gioventù!
Deh spargi lacrime
o gioventù;
che i buoni veneti
non tornan più.
23 novembre 1806
E’ cosa assai riflessibile che, padroni i francesi di tutta l'Italia, e adesso ancora di Berlino,
avendone cacciato il re di Prussia, non siano, e non tentino di esser [padroni] di Roma, in cui
Pio VII regna sovrano senza molestia. Questo è un prodigio che i filosofi non sanno spiegare;
ma che ben l'intendono e con piacere, i buoni cattolici.
Rileggendo queste mie memorie cominciando dal tempo della rivoluzione mi avveggo che
mi sono scatenato più volte furiosamente contro la Francia e contro la sua armata,
chiamando l'una e l'altra esecrabile, empia, caricandola dei più neri colori ec. Ora dichiaro
di non contrassegnare con questi titoli se non quegli scellerati, che furono moltissimi, che
promossero la rivoluzione, ma massacrarono l'ottimo loro sovrano, operarono tante stragi,
tanti sacrilegi, trascinarono Pio VI in Francia ec. ec. ec. ec. Del resto consacro tutti gli elogi a
tanti di quella nazione che sono rimasti ottimi cattolici, e che hanno dato, e dentro, e fuori
di quel regno, esempi delle più sublimi virtù; e molti furono da me conosciuti. Dico lo stesso
riguardo all'armata, in mezzo alle quali ve n’ha moltissimi coscritti forzati e non addottano
i principj di quegli insigni scellerati.
La rata dell'amoroso Predial di questo mese di novembre cresce sopra quella passato 7mbre,
di quattro lire per ogni lira di estimo. Sic itur ad astra.
Nell'anno venturo a quanto si dice crescerà questa imposta molto di più. Chi se ne lagna ha
torto perché siamo noi che così abbiamo voluto, e così vogliamo e così manifestiamo con
l'andamento dei nostri costumi. La metà della mia entrata non basta a pagar questa imposta
sul piano presente.
1806
29 novembre 1806
E’ stato cangiato improvvisamente il Tribunale Criminale. Il capo del med.o che era Andrea
Tornieri fu congedato sul momento. Non si poteva fare caso di maggior gusto suo, e di suo
[sic], e di suo padre, gli fu sostituito il sig. …[manca il nome] mercante da Tiene che era …
giudice a Tiene. Bisogna dire che in tutta Vicenza non vi sia una persona atta a coprire questa
carica. Dove pensate voi che si trovi il pallone aerostatico fabbricato in Vicenza dal signor
Andreoli? [frase latina non interpretabile correttamente]…si trova in Venezia. Ma in qual luogo?
Nel tempio di San Giorgio Maggiore, caricato e gonfiato, fatto spettacolo a chi pagando lo
vuol vedere.
***
2 dicembre 1806
Proseguono le bellissime giornate. Non credo che in 8bre vi siano stati tre giorni di pioggia;
ed altrettanti in 9mbre.
È qualche giorno che il Demanio è passato dal collegio dei SS. Filippo e Giacomo a piantar
l'Uffizio nella soppressa casa dei padri Teatini di San Gaetano. Puoh! Dolori!
3 dicembre 1806
Vengono e partono ogni giorno truppe in gran quantità; la maggior parte partono verso
Palma dove pare che si formi una armata immensa. A parte di questo non possiamo della
loro condotta, né in città né in villa, nelle case non danno motivo di querele.
7 dicembre 1806
Questa mattina si è riaperta solennemente la chiesa di S. Lucia, stata chiusa per molti mesi
per esser cadente; e intanto fu trasferita la parrocchia nella chiesa dell'Araceli. Riparata
convenientemente, questa mattina con una processione numerosissima vi fu dall'Araceli
trasportato il SS. Sacramento.
10 dicembre 1806
Piccola escrescenza di acqua per la non molta caduta pioggia.
11 dicembre 1806
Un'ora dopo mezzogiorno è morta con dolore inesplicabile di tutta la città nella florida età
di anni 21 la contessa Laura figlia del co. Luigi Porto Barbaran, e moglie da poco più di un
anno del conte Lodovico Trissino. Giovane dama fornita raramente di tutte le virtù naturali,
e morali, e di cui la bontà era superiore ad ogni elogio. Grande scossa risentì la sua sanità
nella sera del 3 novembre 1805 tanto più che neppur allora si trovava in ferma salute. Dopo
poi cominciò a declinare sempre più passando da un male all'altro, finché consunta da una
malattia cronica dovette soccombere coi contrassegni più decisivi di quella pietà cristiana
che coltivò sempre fin da fanciulla.
Poche ore dopo giunsero le Monache del monastero di Santa Chiara di Bassano espulse dal
loro convento, dal governo formidabile francese, per essere incorporate con queste nostre
dell'Araceli. Queste soppressioni nel dizionario francese si chiamano Concentrazioni, come
le rapine dei beni ecclesiastici si chiamano Avvocazioni. Vedremo al tribunale di Dio quanto
udiranno a loro difesa questi modesti vocaboli. Io non vorrei esser del sangue lor macchiato
e molle. Ora queste religiose giunsero oggi in numero di 25: ve ne avea di 80 anni e più; ve
ne avea una di storpia, cui convenne tosto portare a letto. Tutte erano afflitte e taluna
desolata. Chi vi fu presente mi assicurò che non si può vedere uno spettacolo più
compassionevole. Vi si portò mons. Vescovo a riceverle e a consolarle; e vi era anche il co.
Nicola Salvi, segretario del Demanio, essendo malato il signor Antonio Borgo, capo di quell’
1806
Uffizio. A che siam giunti? Bisogna aver rinunziato a dei gran principi per giungere a questi
eccessi. Queste religiose furono accompagnate da Bassano a Vicenza da quattro ecclesiastici
e dal co. Roberto Roberti.
Piace a questo proposito trascrivere un pezzo di lettera che ho copiata questa mattina
dall'autentica diretta da Roma, da persona che non nomino, ad un cittadino di Vicenza di
cui taccio il nome, nell'anno 1781. Eccola:
“Roma 18 agosto 1781:
Ella avrà saputo l'altro pettegolezzo su per le Monache di Prato, onde il Gran Duca ha sottratto tutte
le sue Monache dai Frati. Felice la nostra vicina posterità, che non sarà infastidita né da frati, né da
Monache e quella un poco più in là, non sarà né pure da preti. “
Vedete se costui fino da allora era a parte del decreto. Nel seguente paragrafo manifesta
ugualmente la sua maniera di pensare stolta, e irragionevole, e fa un bell'elogio di se stesso.
“Del Parisi (vicentino) che predicò quest'anno al Gesù si può dire ‘laudatur ab his culpatur ab illis’.
Io non capisco prediche. So bene che Palladio, Scamozzi, Trissino, hanno illustrata Vicenza senza
essere predicatori”
14 dicembre 1806
La scorsa notte è passato venendo da Verona andando verso Treviso il Viceré Eugenio.
15 dicembre 1806
Questa mattina è partita per Treviso gran parte della cavalleria francese che da tanto tempo
soggiorna in Vicenza.
Una delle cose più pregiabili di Vicenza era il giardino del co. Girolamo Valmarana alla
porta del Castello, aperto sempre all'estate al pubblico, che godeva in gran concorso di quel
vezzo, di quei viali, di quei sedili, di quei passeggi. Ora tutto questo parterre è volto in un
campaccio arativo; e i buoi tirano l'aratro dove passeggiavano le dame. Ecco una delizia
perduta per il paese. Sulla porta di quel giardino in luogo di iscrizione vi si può incidere il
famoso proclama 3 gennaio 1806.
Quasi tutta la fanteria è partita qualche giorno fa; sicché ora in Vicenza non rimangono tra
tutto che 200 soldati. Tutte queste truppe si dirigono al Tagliamento, e par che annunzino
una vicina rottura con la casa d'Austria. Per noi non so cosa sia desiderabile se la guerra, o
questo Stato infelicissimo in cui viviamo. Faccia Dio.
Vicenza, Scorcio dei giardini Valmarana,
alla porta del Castello
1806
16 dicembre 1806
Jeri sera sull'imbrunire giunsero in cinque o sei legni le Monache agostiniane di Marostica e
andarono afflitte insieme a pernottare con le Monache di S. Pietro, dove prima portato si era
il nostro egregio Vescovo per riceverle, e consolarle in questa loro estrema disavventura.
Questa mattina poi con lo stesso treno partirono passando per il Corso e si avviarono verso
Schio ad unirsi con le Monache di quella terra essendo questa la loro destinazione. Tutte
erano altamente pensose e meditavano profondamente il consolante proclama 3 gennaio
1806: tanto confortativo per esse e per tutti.
Mons. Vescovo le aveva già precedute di qualche ora per potere riceverle colà nel loro
ingresso. Ma non credo che sia si mai immaginata crudeltà più capricciosa di questa; la quale
peraltro finora non ha ottenuto il suo intento; perché nessuna di tante spose di Gesù Cristo,
tormentate in questa maniera, nessuna ha chiesto di ritornare alla casa paterna, come
supponevano i buffoni filosofi amaramente burlati, e quantunque tutte non soffrano questa
persecuzione con la medesima ilarità, tutte però la soffrono con una virtuosissima
rassegnazione; e dando uno spettacolo di grande onore alla chiesa.
18 dicembre 1806
Da qualche giorno si trova in Vicenza una compagnia di saltatori a cavallo francesi armati
di diplomi Napoleonici, o Eugeniaci che li distinguono, capo della quale è un tal Mr.
Tourniere. Fanno i loro salti od equilibri sopra i cavalli alla sera nella Cavallerizza ben
illuminata. Vi concorre una quantità di gente e guadagnano molto denaro. Eseguiscono
molto bene i loro salti sopra i cavalli consimili o poco diversi da quelli fatti più volte vedere
in Vicenza, tempo fa dai saltatori Aurilon, Majon, Gillet, e da altri che non mi ricordo, ma
che certo ho descritti a quel tempo, e perciò non mi estendo a descriverli, tanto più che non
sono stato a vederli. Io credo che sia questo un esperimento, una prova dei francesi per
vedere se ancora la nazione ha in mano denaro da gettare in spassi e bagordi allegramente,
spontaneamente,…….. onde poi stringerla e mungerla con nuove imposte senza che se ne
possa ragionevolmente dolere. La prova è fatta; e ha deciso contro di noi perché il concorso
è grandissimo ed anche di gente volgare. Vedete a che si pensa, invece di pensare a far
penitenza, ed a placare la giustamente irritata divina giustizia.
La Cavallerizza in Campo Marzo in un’incisione del sec.
XVIII.
Da VICENZA CITTA’ BELLISSIMA
Iconografia vicentina a stampa dal XV al XIX secolo,
Biblioteca Civica Bertoliana, Vicenza 1983
1806
19 dicembre 1806
Jeri sera giunsero in Vicenza e andarono a pernottare nel monastero di S. Pietro le Monache
Clarisse di un convento di Feltre espulse caritatevolmente da quello, e cacciate ad unirsi con
le Cappuccine di Cologna.
Erano 22: in cinque o sei legni. Il Vescovo andò ad accoglierle e a confortarle; ed eravi anche
il capo del Demanio. Questa mattina poi un'ora prima di terza partirono per Cologna.
Spettacolo miserando? Ve n’avrà alcuna di 82 anni, una storpia, una tisica. Anche queste
buone religiose che somigliano alle Cappuccine si saranno consolate leggendo, e meditando
parola per parola il vivifico proclama 3 gennaio 1806.
Il frumento a lire 9 e 10 allo staro; lire 7 circa il sorgo.
20 dicembre 1806
Sono stati con una peraltro urbana lettera del nostro prefetto Magenta, congedati
dall’Uffizio di sanità i tre Cavalieri Provveditori e sostituito il Medico Fertoia, il chirurgo
Mantovani; e lo speziale Maron, che entreranno in carica il primo dell'anno 1807. Bene;
anche questo è rovesciato. Nei giorni passati per molte notti consecutive venivano condotti
in tanti conventi, quando 60 quando 100 ammalati francesi, ed anche feriti da molto tempo,
che si deponevano per poco tempo nei nostri Ospitali militari; e poi si facevano passare a
Verona. Ora si è saputo che tutti questi venivano dall'Istria dove l'armata francese ha
sofferto gran perdita per mancanza di viveri; e quella della Dalmazia dai montenegrini, che
le si opposero vivamente, e le impedirono i progressi. Quanto a Bonaparte dopo la presa di
Berlino, è marciato all'acquisto della Polonia; ed ora ivi si trova. La caduta di Berlino non
mi sorprende. Era quello sotto Federico II il trono dell'incredulità. Quale meraviglia che sia
crollato?
Tutti i troni piantati in questo fondamento avranno la medesima sorte. Dal trono di Berlino
partì diretta a Voltaire la seguente lettera nell'anno 1767: scritta da Federico II: il quale
nell’atto di profetizzare da stolto la caduta del trono pontificale, non si accorgeva l'insensato,
che egli stesso minava il suo. Eccola:
[segue la lettera in francese che qui si tralascia, per non incorrere in strafalcioni dovuti alla impossibile grafia.
Cta 636]
Ma invece, mentre così scriveva, la bipenne era alla radice del suo trono, ed egli non sapeva
né se lo figurava. E quell'altro che egli credeva cadente stava saldo sino alla fine del mondo.
E non prevedeva che trentanove anni appresso la data di questa lettera, la di lui spada, il
suo capello ecc. doveva essere da Bonaparte mandato da Berlino a Parigi nell'Ospitale degli
Invalidi.
25 dicembre 1806.
Giorno del santo Natale. Passò questa mattina per tempo il Viceré Eugenio venendo da
Treviso, e andando a Verona senza fermarsi.
Pontificale in Duomo. Il Vescovo entrò in chiesa avendo a dritta il Prefetto, e a sinistra il
Dalla Vecchia, segretario del Prefetto, e dietro di essi seguiva la Municipalità con i Piferi,
che ancor si conservano col loro abito, ma è stato loro vietato il suonare. Questa comitiva
era circondata da dieci, o dodici gendarmi invece dei soldati; fanno la stessa figura, ma
l'Uffizio è più vile.
Le giornate proseguono bellissime e non fredde.
27 dicembre 1796
La prova dei saltatori riesce eccellentemente. Ogni sera v’ ha un gran concorso e la raccolta
è circa di mille lire ogni sera.
1806
Che volete di più per provare che il paese è pieno di buon umore e di danaro? Questo
argomento che non ha replica non rifuggiva alla logica francese, e lo vedremo nel nuovo
vicino Prediale.
Fanno per altro questi saltatori alcuni giochi non eseguiti da altri. Per esempio ballare
eccellentemente quanto un ballerino di teatro sopra il cavallo che va di galoppo, saltare
stando a cavallo e col cavallo medesimo per mezzo a un telaio tenuto molto alto, ed animato
da tutti quattro le parti di fuochi artifiziali, e nell'atto che giocano tutti questi fuochi, ed altri
ancora; ma non li descrivo perché non sono mai stato a vederli.
Mi voleva meravigliare che le Missioni non trovassero intoppi. Li hanno incontrati
purtroppo.
Ed ora è venuta prescrizione che nessuno possa fungere il ministero di Missionario senza la
facoltà del suo Vescovo (questo va benissimo) con l'approvazione di un tal uomo che si
chiama Ministro per il Culto, che sta a Milano (questo è malissimo) sull'informazione del
Prefetto (questo è peggio). Povera chiesa! Come inceppata e assoggettata alla podestà
secolare, da cui è indipendente per la sua divina Costituzione?
In questi ultimi giorni si sentono avvenuti furti sacrileghi per le ville del distretto, come
nelle chiese di Colzé, di Sossano, di Sarcedo, e mi pare di qualche altra. Insomma siamo
arrivati al non plus ultra della ribalderia, della dissolutezza e della religione. Tanto più
dunque ci corre l'obbligo di essere costumati e religiosi.
30 dicembre 1806
Questa sera a notte ben avanzata giunsero da Padova le Monache Teresine di quella città in
numero di 32 circa ed andarono nel convento di San Domenico ad unirsi con le nostre
Monache Teresine di Vicenza. Il Vescovo fu ad incontrarle, riceverle e confortarle; tanto più
che alcune erano cadute in deliquio. Povere spose di Cristo a quali amarezze sono riservate,
nel secolo dell'umanità? Furono accompagnate da Padova a Vicenza dal co. Da Rio, lor
protettore, e da alcuni ecclesiastici; il signor Antonio Borgo capo del Demanio era in
convento a riceverlo, dove erano entrate anche molte dame e signore.
31 dicembre 1806
Giorno di altissima confusione per tutti, e di grandissimo danno per molti per la nuova
tariffa delle monete di rame, cioè del soldo, e del bezzo, quali monete formavano la massima
parte del commercio. Furono ridotte nel maggio passato alla metà di quel che valevano
allora; ed oggi sono tariffate in modo che tre di questi soldi formano due soldi, e tre bezzi
formano otto danari. Andate a comprare un pezzo di pane se vi dà l'animo, non trovate più
il bezzo. Ma la terribile cosa fu che sparsasi questa nuova ieri sera, non mancarono questa
mattina gli affittuari di portar le rate di Natale in questa moneta, che giustamente non si
può ricusare; come è successo a me che questa mattina a mezzodì hò riscosso in queste
monete lire 811: che due ore dopo mi sono diminuite di un terzo. Sapessi almen ben usare
di queste amare vicende: o almeno si contentassero di queste, e non toccassero la religione.
Questa sera l'ospitale degli Esposti di San Marcello con tutti i fanciulli, e le fanciulle non
lattanti, si è trasportato a San Rocco, da cui per questo oggetto come ho scritto, furono
cacciate le sante Monache Terese e mandate a San Domenico.
Progetto indegno tanto più che gli Esposti non avevano bisogno di luogo e stavano
benissimo con tutti i loro comodi a San Marcello.