pagine strappate, immaginate, salvate…

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pagine strappate, immaginate, salvate…
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PAGINE STRAPPATE, IMMAGINATE, SALVATE…”
Questo tema è, forse, ricco di spine, ma possiede il profumo delicato del sogno. La scrittura è un atto
complesso, un atto che compiamo innumerevoli volte nella vita, da piccoli fino alla tarda età:
scriviamo e strappiamo, nascondiamo e immaginiamo pagine da cui nascono poi diari e ricette, saggi e
romanzi, compiti, relazioni scientifiche, lettere d’amore…
Relazione del Liceo Bonghi-Rosmini
sulla partecipazione alla “Festa dei Lettori 2014” X Edizione
a cura della Prof.ssa Berardini Agnese
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Prefazione
Il 26 settembre 2014 in undici classi del Liceo “Bonghi-Rosmini” (1 A – 2 A – 4 A - 1 B
– 2 B liceo classico (docenti: Aquilano, Berardini, Tafuro) 2 A – 3 A – 3 B – 3 C – 4 C –
5 D liceo scientifico (docenti: Mariani, Mazzeo, Mendilicchio, Niro, Stingone) sono stati
letti ad alta voce, in contemporanea con gli studenti delle altre Regioni d'Italia, brani
liberamente scelti da studenti ed insegnanti; partendo dallo slogan (individuato
dall’Associazione Presidi del Libro 2014): “PAGINE STRAPPATE, IMMAGINATE,
SALVATE…”.
Questa relazione è la raccolta fedele, inusuale e volutamente disorganica, delle
singole relazioni elaborate dai discenti che hanno partecipato alla X Edizione della
“Festa dei Lettori 2014”: promossa dalla suddetta associazione.
Vi troverete: ritagli di emozioni, brandelli di sensazioni che, pur nella
frammentarietà e discordanza di stili e accenti, dimostrano quanta ricchezza fa nascere
un libro e invitano alla ricerca di sé nelle pagine di donne e uomini vicini o lontani nel
tempo e nello spazio.
I ragazzi hanno presentato libri ed autori, hanno espresso le loro opinioni, e
provate emozioni le hanno fissate sulla carta: con discrezione o senza alcuna
discrezione; talvolta, denudando l'anima senza reticenze; confermando, ancora una
volta, che le pagine dei grandi autori possono diventare nostre, perché ci parlano di noi
attraverso un'esperienza vissuta da loro: anni, secoli o millenni fa.
Il ringraziamento a discenti e docenti che hanno partecipato, al Dirigente
Scolastico, che ha apprezzato e favorito l'iniziativa; è doveroso e sentito.
La speranza è che chiunque legga questa relazione apprezzi il lavoro svolto;
l'auspicio è che “Sul filo della memoria” possiamo tuffarci nelle atmosfere magiche della
“Narrativa fantasy”; perderci in “Frammenti di estate”; tornare nella realtà con la
“Narrativa realistica” e crescere con varie “Esperienze di vita”. Possiamo poi provare ad
accostarci alle emozioni di “Adolescenza e innamoramento, amore e dolore” e … ritrovata
“L'identità,
comprendere
che
è
normale
“Cambiare,
trasformarsi”;
sentirci
contemporaneamente “Padri, madri e figli” con problemi quali “La disoccupazione” a
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dominarci in un soffocante “Imperialismo” … per poi accorgerci che, libri e lettura non
sono “solo” una “Questione di stile”.
Prof.ssa Agnese Berardini
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1 A classico
Prof.ssa Berardini Agnese
Tematica: Padri, madri e figli
Letture scelte:
1) V. Caldarelli - “Genitori”
2) F.Kafka - stralci da “Lettera al padre”
3) P. P. Pasolini – Supplica a mia madre”
4) N. Hikmet - “Ultima lettera al figlio”
5) I. Calvino - “I figli poltroni”
6) C. Sbarbaro – A mio padre”
1) V.Cardarelli “Genitori”
La mamma è una delle figure più importanti che esista. Lei ha fatto si che scoprissimo il significato
della vita, anche se a volte la vita ti inganna e tradisce. Poi c'è la figura paterna, anche essa molto
importante e indispensabile per i figli. Il padre può essere protettivo, geloso, severo, ma lo è
esclusivamente per il tuo bene.
Madre e padre sono fondamentali, perché loro sapranno sempre e comunque aiutarti ,in
qualunque situazione ti possa trovare!
Mariapia Bellini
Della poesia mi ha colpito moltissimo l’ultimo verso, nel quale il poeta definisce i propri genitori
“forti avversari”.
Penso che questo singolo verso descriva al meglio la realtà di numerose famiglie nelle quali
i genitori sono diversi, opposti e distanti tra loro.
Non riesco a immaginare come sia vivere in queste realtà, dato che, fortunatamente, i miei
genitori sanno amarsi e donarmi amore e affetto e di questo gli sono infinitamente grata.
Francesca Carrozza
Mi ha colpito il verso: “E furono questi i due avversari che mi hanno generato.”
Mi colpisce la parola “avversari” perché oggi per i ragazzi i genitori sono come degli
avversari, dei nemici insomma. Nonostante la poesia sia breve ha molto significato ed è anche
abbastanza semplice, infatti a volte la semplicità può rendere un testo forte.
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Questa poesia mi fa pensare al fatto che oggi non si da molto valore ai propri genitori e a
quante volte non li ringraziamo per quello che ci danno.
Giorgia Casciano
Un amore profondo per la vita tramandato dalla madre, che viene tradito da una brusca
realtà, difficile da superare. I genitori, due figure contrapposte ed avversarie, che lo hanno
generato. Una madre pronta a trasmettere un amore incondizionato per la vita .Un padre severo,
freddo.
Il verso che più mi ha colpito è “il temerario amore per la vita che m’ha tanto tradito” di
questo “tradimento” subito dall’autore, personalmente incolpo la madre, colpevole di aver creato
un illusione nella testa del figlio, al contrario del padre che per lui diventa severo poiché gli mostra
una vita vera e reale, una verità, un distacco dall’illusione.
Chiara De Angelis
“E furono questi i due grandi avversari che mi hanno generato”. È il verso di questa poesia
che sento più mio.
Come i genitori di Cardarelli, anche i miei possono essere visti come degli avversari per via
dei due caratteri così diversi, contrastanti. Nel mio caso, si è verificata la situazione contraria: mio
padre è un uomo tranquillo, dolce e comprensivo mentre mia madre può essere considerata tra i
due la più forte, molto spesso severa: “… come un Santo orgoglioso” che al contempo non manca
mai della sua infinita dolcezza e premura.
A mio parere tutti i genitori possono essere visti, sì, come degli avversari, ma allo stesso
tempo considerati dei grandi complici per quanto riguarda l’amore, la premura verso i propri figli.
Federica De Martinis
Il poeta scrive della sua famiglia, dei suoi genitori e sembra essere diviso tra un grande
senso di riconoscenza verso di loro, e dall’altra parte sembra essere avvolto da una nebbia di
malinconia e tristezza, come un cuore attraversato da passione e profondo dolore.
Ognuno di noi si potrebbe immedesimare dentro questo testo, chi non ha mai visto i propri
genitori, posti l’uno di fronte all’altro con gli occhi spalancati e illuminati da una luce fioca, ormai
quasi spenta? Chi non li ha mai visti come avversari?
Allegra Di Matto
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Secondo me questa poesia è molto bella e significativa, perché l’autore spiega la sua storia
e le diverse caratteristiche nei genitori.
Credo che questo brano si avvicini molto alla mia vita; per esempio quando mia madre era
incinta non esitava a fare i servizi o ad andare a lavorare, e nonostante tutto lei era tranquilla e
felice, come dice Cardarelli: “fischiettava”.
L’autore scrive: “e furono questi i due avversari che mi generarono”, e anche questo mi
somiglia, infatti mia madre è molto dolce e comprensiva , mentre mio padre ha un carattere un po’
diverso, e voglio dire che nonostante le diversità sono nato io.
Davide Di Ruberto
Io ritengo di avere molte cose in comune con questa poesia perché anch’io ho una madre
dolce e comprensiva ed un padre rigido e severo; anche se trovo che ritenerli degli avversari sia
eccessivo e mi dà un’idea di scontrosità e avversione contro i propri genitori.
Potito Forte
La poesia ha suscitato in me le emozioni che l’autore provava nei confronti dei genitori orgogliosi,
gioviali e severi; che lo hanno forgiato come persona.
Questa è per me, una lirica, seppur breve, piena di significato perché è presente un forte
ricordo dei genitori dell’autore.
Giovanni Giampietro
A me è molto piaciuta questa poesia.
Ritengo che l’autore dica una cosa giusta riguardo ai genitori. Se noi siamo al mondo è
grazie a loro, al loro amore e di questo dobbiamo essere sempre grati.
Mamma mi ha fatto nascere, lavora per me, per farmi felice, così come papà. Entrambi sono
orgogliosi di me.
Certo, qualche volta ci sono dibattiti perché abbiamo visioni diverse riguardo ad un certo
argomento, a volte mi proibiscono qualcosa perché ritengono sia più giusto agire così (e poi in
effetti hanno ragione, me ne rendo conto io stessa); ma nonostante tutto il mio amore per loro non
potrà mai finire e non potrò mai smettere di ringraziarli per tutto ciò che fanno per me!
Donatella Girardi
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Questa poesia mi ha colpito molto perché descrive la realtà. Nel corso della nostra vita, i nostri
genitori svolgono un ruolo fondamentale perché sono loro che donano ai figli amore, lodi, oggetti
materiali, istruzione; ma danno ai figli anche rimproveri essenziali per la loro crescita.
E’ per questo che l’autore cita i suoi genitori come degli avversari. Quegli avversari a cui,
però, deve la vita, a cui tutti noi la dobbiamo
Marianna Palumbo
Cardarelli dice che ha avuto una madre più trionfante che amorosa e che lo portava in
braccio con gloria, e che cantava mentre ripuliva la casa. Ha avuto un padre sereno ... insomma ha
avuto dei genitori trionfanti in tutto, che sono stati i due avversari che lo hanno generato.
Vincenzo Palumbo
E’ una poesia espressiva e significativa. Mi ha fatto ricordare di quando ero in grembo alla
mia mamma e, anche lei, cantava mentre puliva la casa nuova. Una frase che mi ha colpito molto è
stata l’ultima, quella cioè in cui l’autore ci spiega che ha avuto due genitori in contrasto fra loro:
secondo me è la parte più densa di significato della poesia che , nonostante sia breve, è bellissima.
Ilenia Paoletti
Amore perché è riconoscente alla madre, che lo ha tenuto in grembo. Orgoglio perché sa
che se il padre è severo lo fa per lui, per un futuro migliore.
Angelica Pellegrino
L’autore paragona la vita ad una perenne agonia, ad una continua sofferenza.
Il verso “Il temerario amore per la vita che m’ha tanto tradito” mi ha portata ad
immaginare la vita come un percorso di passaggio ostacolato da mali e dispiaceri.
Il verso “E furono questi i due forti avversari che mi hanno generato” fa riferimento ai
genitori, che sono stati per lui avversari con cui combattere nel periodo adolescenziale, ma anche i
suoi creatori, a cui quindi deve gratitudine, rispetto e amore.
Mi rispecchio molto in questa poesia perché anch’io, come Cardarelli, litigo spesso con i
miei genitori soprattutto per motivi futili. Sento che il mio carattere e quello dei miei genitori sono
in contrapposizione, ecco perché a volte sono loro ad essere troppo severi, e io ad essere poco
obbediente.
Giulia Pellegrino
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Usuale conflitto fra padre e figlio che spesso scaturisce e ha scaturito situazioni complicate e
complesse. Tipica è la descrizione in parte positiva della madre che da sempre adorata , sin dalla
nascita gli è stata sempre accanto e ha funto da supporto morale.
A colpire la mia attenzione è stato il verso : “… il temerario amore della vita che tanto mi
ha tradito” , quasi a voler dire che aveva un’aspettativa più serena della propria vita , che con il
passar del tempo è stata abbattuta , dalla presenza di quelli che poi saranno i suoi “forti
avversari”.
Silvia Pitta
Della poesia mi ha colpito particolarmente il verso “ la donna che cantava nel rimettere in ordine
la casa” poiché mi ci rivedo, vedo mia madre e l’amore che mette quando svolge qualsiasi cosa e
anche la gioia che diffonde in casa cantando .
Mi ha colpito anche il verso in cui dice “la donna che mi ha tenuto in grembo” perché solo
le madri ci conoscono veramente più di ogni altra persona , la mamma è l’unica che capisce
quando siamo in difficoltà e quando la vita presenta ostacoli.
Alessio Santacroce
In questa poesia non mi ritrovo molto, ma mi ha molto colpito il modo in cui il poeta
descrive la madre: divertente e serena, da cui ha ereditato l’amore per la vita.
Daniela Serra
Mi hanno colpito molto questi brevi versi perché li sento miei.
Ci sono molte cose che io trovo che siano uguali tra la poesia e la mia vita. I miei genitori
sono le figure più importanti della mia vita … non so come farei senza di loro.
Loro mi sono sempre a fianco anche nei momenti di difficoltà.
Antonio Zolli
2) F. Kafka - stralci da “Lettera al padre”
Io per fortuna con mio padre ho sempre avuto un ottimo rapporto. Sono la sua piccolina, mi
protegge e mi ama. Però a volte capita che tra un padre e un figlio ci sia una situazione di ostilità.
Spesso ci sono incomprensioni, idee diverse e quindi ci si trova in uno stato di disaccordo. A volte
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capita anche di aver paura del proprio padre, si ha paura di non essere accettati, proprio come nel
film "L' attimo fuggente".
Una delle cose più brutte al mondo è quella di ostacolare il sogno dei propri figli, la libertà
in questo è un obbligo! Credo che farlo sia una delle cose più disumane. Inoltre credo che con i
genitori bisogna essere se stessi al cento per cento e bisogna essere fieri del proprio padre, anche
se fa come lavoro lo spazzino.
Mariapia Bellini
In questa lunghissima lettera il famoso scrittore Kafka sente il desiderio di esprimere le sue
sensazioni, emozioni, stati d’animo nei confronti di un padre fin troppo distante e severo.
Il rapporto tra un padre e il primogenito maschio è sempre un po’ difficile e l’autore si
sente travolto da questa responsabilità e tende a non sentirsi amato e apprezzato abbastanza dal
padre da cui non riceve incoraggiamenti e il rapporto che hanno è caratterizzato da timori e paura.
Anche a me è capitato di sentirmi “non abbastanza adeguata” a certe situazioni, ma i miei
genitori mi hanno sempre convinta del contrario, facendo in modo che si aggiustasse ogni cosa nel
miglior modo possibile.
Francesca Carrozza
Questo testo mi ha fatto pensare al rapporto che c’è oggi tra genitori e figli e alla diffusione
sempre maggiore dell’incomunicabilità.
All’autore il padre suscitava paura , era un uomo troppo forte per lui , che invece di
aiutarlo lo ostacolava e questo mi fa pensare al fatto che a volte i figli interpretano le azioni dei
loro genitori in modo negativo , quando invece hanno solo dei motivi positivi.
Bisogna dare molto sostegno ai genitori che fanno un “lavoro” molto difficile da quanto si
vede , a volte noi diciamo che loro non ci comprendono, ma qualche volta cerchiamo di metterci
nei loro panni e cerchiamo di comprendere noi le loro difficoltà , il loro “lavoro” di genitori…
INCORAGGIAMENTO è una parola che si presenta spesso nel testo proprio perché probabilmente
il padre non riusciva a dare incoraggiamento al figlio e l’autore sottolinea questa cosa.
L'incoraggiamento è una parte importante nel rapporto tra genitori e figli , è indispensabile..
perché è un modo di dimostrare il loro amore.. Mi vengono in mente quei ragazzi senza genitori per
vari motivi ... è una cosa davvero brutta e non la si può capire se non si vive in prima persona..
Giorgia Casciano
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Ogni genitore non accetterà mai le scelte, le azioni,compiute dai figli poiché essi vogliono il meglio
per ognuno dei propri figli e tendono a creare per ognuno di loro un progetti di vita, che devono
essere strettamente rispettati. Penso che i genitori fanno lo sbaglio d’imporre ai propri figli le loro
scelte e cosi facendo gli “tagliano le ali” che diventano incapaci di volare, di sognare, di
progettare la propria vita come meglio vogliono, poiché sono bloccati dalle scelte dei nostri
genitori.
L'autore non attribuisce la colpa al padre, del suo fragile ego, ma io sì. La fragilità del mio
ego è dovuta alla loro continua disapprovazione nelle mie azioni, il continuo tormento di non
essere mai realmente abbastanza per loro. La loro superiorità mi schiaccia ogni giorno di più in un
angolo, senza la possibilità di essere quello che sono realmente e nascondendo le mie idee.
Chiara De Angelis
In ogni situazione, ho sempre ricevuto dai miei genitori l’incoraggiamento necessario per
realizzare o comunque seguire i miei sogni, i miei interessi. Mio padre ha sempre cercato di non
farmi mancare nulla, è sempre stato gentile e premuroso nei miei confronti. Il lavoro, purtroppo,
sin da quando ero una bambina, lo ha portato lontano da me, lontano non solo in senso fisico, ma
anche per quanto riguarda il nostro rapporto. Ciò che mi accomuna all’autore di questo brano è
proprio questa lontananza che c’è tra me e lui, questa mancanza di un amico, di un confidente, di
qualcuno che riesca con più facilità a mostrarmi il suo affetto con un abbraccio, una carezza.
Mi è sempre mancato mio padre, mi mancava durante le sue lunghe assenze e mi manca
ancora ora, quando è affianco a me. L’ho sempre considerato il mio eroe, avrei solo voluto che
questo eroe fosse venuto a salvarmi un po’ più spesso. Il nostro rapporto è difficile da spiegare a
parole. E’ accomunato da un grande amore, amore che nessuno dei due è mai stato troppo bravo a
dimostrare, ma che c’era sempre e sempre ci sarà. Un amore che fa in modo che lui sia, nonostante
la distanza che spesso ci separa, una delle persone più importanti della mia vita.
Federica De Martinis
Una delle letture più sconvolgenti di sempre, quelle parole delicate e taglienti, poste per non ferire
ma colpire nel segno. Questa lettera è stata scritta sul concetto di ‘IO’ e ‘TE’ e non ‘NOI’, anzi
impone una divisione netta tra il padre e la misura di tutte le cose.
Quest’uomo alto, massiccio, con un ego insaziabile, un uomo a cui bastano solo le proprie
opinioni per vivere in pace, capace solo di voler creare qualcuno a suo immagine e somiglianza,
senza riuscire ad accettare ciò che non è il suo mondo, ciò che non è lui.
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Non essere incoraggiati, non essere mai considerati abbastanza per tutta la vita da
qualcuno che mai avremmo voluto deludere, dal ‘nostro eroe’.
Chiunque si sarà sentito come Kafka, almeno una volta o più, forse è stato in quell’attimo in
cui descriveva il tempo passato con lui, che mi sentivo parte della lettera, parte di un grande
incubo, che l’autore forse, troppo tardi è riuscito a sputare fuori, lettere su lettere avrà scritto,
senza mai inviarne una, contenere anni e anni di dolore all’interno di una lettera, di un singolo
pezzo di carta forse è stata la sua più grande sfida, ma credo di poter capire come si senta a non
averlo fatto prima, credo si possa immaginare quanto grande sia stato il rimorso di non averlo
guardato davvero, una volta negli occhi.
Allegra Di Matto
Anche questa lettera mi ha colpito molto, anche se non si avvicina molto alla mia esperienza. Io e
mio padre non parliamo tantissimo però certe volte ci dedichiamo un po’ a noi stessi , quindi ci
avviciniamo e poi il nostro rapporto diventa più stretto.
Come dice Kafka anche mio padre ha lavorato molto, senza aiuto è riuscito ad avere due
bellissimi negozi e anch’io come l’autore sento di non fare niente per la famiglia, faccio la “bella
vita” e non vado tante volte ad aiutarlo al negozio. Io mi sento come Kafka : “per te non muovo un
dito, per gli amici faccio tutto” ed è vero.
Però, io mi comporto così, perché penso che lui non abbia bisogno del mio aiuto se è
riuscito a costruirsi una vita tutto da solo. Certe volte penso come Kafka : “tu non ne hai colpa”,
“non sarei diventato un uomo”, infatti anche mio padre mi ha dato sempre tutto e senza di lui io
non sarei niente. L’autore dice. “ tu eri la misura di tutte le cose”. Neanche io avrei il coraggio di
dire queste cose a mio padre, ma di certo non gli scriverei neanche una lettera. Spero comunque
che un giorno io riesca a fare qualcosa per lui.
Davide Di Ruberto
Questo testo tratta di un problema molto attuale nella società odierna: quello dell’incomprensione
tra padri e figli che viene spesso sottovalutata, ma che può generare grandi delusioni.
Ammetto di essere una persona fortunata perché ho avuto la grande fortuna di avere piena
comprensione con mio padre ed anche di essere il secondo figlio, cosa che mi ha reso tutto più
semplice perché nei momenti di tristezza che si hanno a causa di una lite con i propri genitori,c’è
sempre l' appoggio di chi è venuto prima di te, pronto ad aiutarti in qualsiasi momento.
Potito Forte
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L’autore mi ha fatto capire che ha un grande rispetto e ammirazione nei confronti del padre, ma
allo stesso tempo non riesce ad amarlo completamente specialmente perché da lui non ha ricevuto
abbastanza incoraggiamento per quello che faceva. L’autore è anche dispiaciuto perché il padre
non ha dimostrato un po di orgoglio nei suoi confronti, anche se gli vuole molto bene: lo si capisce
da tutti i sacrifici fatti per lui.
Insomma l’autore non riesce a trovare quel punto in comune nel dialogo in modo da avere
un ottimo rapporto con il padre.
Giovanni Giampietro
Questa lettera è bella per la sincerità espressa da un figlio verso un padre, ma al tempo stesso è
brutta perché non è sicuramente piacevole venir nominato come un padre non capace di crescere il
proprio figlio (soprattutto se a dirlo è stato il figlio stesso). Questo padre faceva pesare al figlio le
delusioni avute e ogni problema lo faceva cadere su di lui.
Fortunatamente mio padre non è così, in qualunque occasione mi incoraggia, mi fa capire
cosa è giusto e cosa è sbagliato e se sbaglio mi fa riflettere e mi perdona. Se ho delle delusioni o
me la prendo per qualcosa lui mi consola e mi dà la forza per riprovare. Ovunque io sia, mi spiega
le cose che non conosco, è sempre disponibile e farebbe di tutto per stare con me e tutta la famiglia
e vederci felici ( a differenza di molti altri padri): non so come farei senza di lui!
Donatella Girardi
Questo brano racconta del rapporto difficile dell’autore con suo padre. Per questo l'autore decide
di scrivergli una lettera, superando la sua paura del padre, nella quale scrive ricordandosi di
quando era adolescente e si misurava con lui. Ammirava il fisico robusto di suo padre, mentre lui
era più debole; suo padre era per lui la misura di tutte le cose: in ogni cosa che faceva,
immaginava come l’avrebbe fatta suo padre.
Marianna Palumbo
Il padre era molto severo con l'autore fin dalla nascita e nonostante tutto questi riusciva a fare
tutto da solo, non gli mancava niente. Purtroppo era il figlio più grande, perché due suoi fratelli
erano morti piccoli, le sorelle erano nate dopo e quindi per lui era molto difficile avere buon un
rapporto con il padre, che padre lo intimoriva in ogni occasione. Pure quando andavano a farsi il
bagno lui era debole e magro mentre il padre era alto, robusto e forte. Per lui comunque il padre
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era il padrone di tutto e di tutti ed anche se non avrebbe mai cambiato idea su di lui era sempre suo
padre.
Vincenzo Palumbo
Anche questo brano è significativo perché ci fa capire i contrasti che ci sono con i genitori (
in questo caso il padre) e i figli. Secondo me questi contrasti non sono affatto positivi per gli
adolescenti che, per una crescita equilibrata, hanno bisogno di un dialogo costante e hanno
bisogno di sentirsi trattati da adulti: per raggiungere un buon livello di autostima. Io non ho
contrasti con i miei genitori perché sento ancora la necessità di chiedere loro consigli e di parlare
apertamentte. Nel brano invece padre e figlio non dialogano mai e questo ha portato l’autore a uno
stato di solitudine e insicurezza.
Ilenia Paoletti
La parte che mi ha colpito di più di questo estratto è stata quella introduttiva.
Sì, io con mio padre mi sento poco e niente e quando lo faccio e lo chiamo ho paura di come
mi possa rimproverare.
Con lui ci sto poco e niente, ma quando ci sto, sono l’esatto contrario di come sono con gli
altri. Con i miei amici sono sempre disponibile, li aiuto, li chiamo, ci sono per loro, ma con lui no,
nonostante non mi faccia mancare niente. Non sono abbastanza sufficiente per riconoscerlo. Non
gli sono riconoscente.
Quando sono con lui, sono sempre abbastanza nervosa, ma non perché lo voglia io, ma non
so. Alcune volto mi risento molto colpevole della separazione; la cosa che mi dà più fastidio e che
lui parla con me di tutto: di quello che succede che succede in casa, di mamma, di Laura. Ed io
essendo la più grande devo sopportare tutto. Il fatto è che fa discorsi che forse nemmeno mi
riguardano, ma lui mi considera, come tutti, una ragazza matura con cui parlare di certe cose, ma
non sa che in fondo in fondo queste mi fanno male. Io vorrei provare a dirglielo ma, ma so, che così
gli farei del male e non voglio. È già abbastanza.
Sì, è abbastanza perché comunque una volta che ne ho troppo, sono sempre scocciata,
scontrosa, e gli rispondo male. Lo so sbaglio, ma non me ne accorgo, ed è questo che lo fa sentir
male.
Angelica Pellegrino
La figura paterna che illustra Kafka è di un uomo di cui avere paura. Come molti padri, anche
quello dell’autore non è fiducioso nelle scelte del figlio, e, invece di incoraggiarlo, cosa di cui
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avrebbe veramente bisogno, egli fa nascere in lui solo paura. Divieti, punizioni, rimproveri,
imposizioni non servono affatto, figurarsi poi usare la violenza; sono convinta che il metodo da
usare siano la parole se si vuole evitare l'effetto contrario.
Anche mio padre da un certo punto di vista è “orgoglioso nella sua incoerenza” come lo
definisce l’autore; ossia sempre convinto delle sue idee ... talvolta non completamente giuste.
Giulia Pellegrino
Mai avrei pensato che un figlio avrebbe avuto il coraggio di scrivere e dire al proprio padre tutte
quelle cose… nel brano sono presenti parecchi aspetti che rivedo in molte situazione familiari del
giorno d’oggi, ma devo dire che una così non l’ho ancora trovata. Il modo sempre più incalzante
con il quale l’autore inizia a buttar fuori tutte le delusioni ricevute dal padre, nonostante nello
stesso momento temesse una reazione negativa da parte di quest’ultimo ha suscitato in me un
sentimento non solo di curiosità, ma alla fine anche di stupore. Quel modo di pensare dell’autore
rispecchia una situazione molto presente al giorno d’oggi: la sensazione di sconforto e di
dispiacere nel vedere sentire il padre assente da tanti piccoli gesti o attenzioni a mio parere
giustificano il distacco fra i due e soprattutto il timore che emerge dalle parole del figlio in questa
lettera .
Atipico è il modo in cui il figlio, nonostante le lamentele al padre con un tocco di
sfrontatezza continui sempre a giustificarlo quasi a voler ritirare tutto ciò che stava dicendo, infatti
affermava che la sua unica colpa era quella di essere stato troppo buono . Sembra quasi che il
figlio non abbandoni mai quel senso di dovere nel non voler mai ferire i sentimenti del padre , che
fino a quel momento era stato l’uomo da sempre detestato, quell’uomo che lo rendeva miserabile
dinanzi il mondo intero , quell’uomo che non gli è mai stato accanto.
Per chiudere direi che è stato molto bello, ma allo stesso tempo ambiguo in quanto durante
la lettura del brano emergeva quel costante senso di amarezza e rabbia dell’autore che tutt’ora mi
fa riflettere .
Silvia Pitta.
Sin dalla prima parola questo brano mi ha subito attirato come se stesse parlando di me della mia
vita e della relazione con mio padre. Mi ha colpito particolarmente la frase del figlio al padre che
dice di non avere colpa “non hai la minima colpa , se non di essere stato troppo buono con me”.
Questa frase ricorda molto la mia storia e le innumerevoli volte in cui ho sfruttato la bontà
di mio padre, quando non avrei dovuto esagerare .E’ vero il più delle volte si vede il proprio padre
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come una figura imponente e cattiva che è li pronta a sgridarci, ma non è così poiché ogni figlio,
per ogni padre , è la gioia più grande che possa esistere.
In secondo luogo mi ha colpito la parte in cui il figlio fa della figura del padre come
modello di vita perché è come se fosse un po’ la biografia di tutti noi.
Alessio Santacroce
L’autore non ha mai avuto un buon rapporto con il padre. Ha paura di lui, di esprimere le sue
opinioni, perché il padre definiva giuste solo le sue opinioni, le altre idee le definiva “follie”.
C’erano differenze tra lui e il padre, una di queste era l’aspetto fisico: quello dell’autore
minuto e fragile quello di suo padre possente e forte. Inoltre le scelte dell'autor, le strade che
voleva seguire erano sbarrate dal padre che voleva far prendere al figlio altre direzioni. Il figlio
comunque lo vedeva come la misura di tutte le cose.
Forse un po’ mi ritrovo nel brano: all’inizio con mio padre avevo un bellissimo rapporto,
poi una sua scelta mi ha fatto un po’ allontanare da lui: non in maniera tale da avere paura di
parlargli, ma le nostre idee e i modi di trovare la soluzione per un qualsiasi problema sono diverse.
Infatti delle mie difficoltà o dei miei problemi, ne parlo sempre con mia madre, o con i miei fratelli
ma non con lui, perché so già che mi darà consigli che non condivido.
Daniela Serra
Questo lungo brano è pieno di sentimenti.
Nemmeno io ho buonissimi rapporti con mio padre. Anche io da piccolo ero solito scrivergli
lettere, perché avevo pura di lui … quindi le lettere erano il mio unico modo di parlagli.
Anche lui come nel brano di Kafka è severo, ma in fondo in fondo, so che mi vuole bene ed è
molto importante per me.
Antonio Zolli
3) P. P. Pasolini – Supplica a mia madre”
La mamma è insostituibile! Donna dai mille aggettivi: forte, bella,sensibile, severa,buona e più
semplicemente PURA! Il padre è importante ma la mamma lo è di più,la mamma è tutto per il
proprio figlio. Si amano tante persone nella vita, ma l' amore materno non può essere superato!
Lei è il viso che non scorderai ,è il coraggio!
Mariapia Bellini
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Trovo questa bellissima poesia ricca di significati. In pochi versi il poeta è stato in grado di
descrivere in modo raffinato ed essenziale un’infinita gratitudine nei confronti della propria madre,
giunta purtroppo alla morte.
Mi hanno davvero colpito molto i versi in cui il poeta scrive”infinita forma d’amore” e
descrive l’amore della madre come la sua “schiavitù” e la sua “anima” e infine ho adorato la
frase “solo con te” che, a mio parere,esprime l’infinito affetto che un figlio può provare nei
confronti della propria madre, in particolare nel momento della morte. Adoro questa poesia e la
trovo meravigliosa.
Francesca Carrozza
Con questa poesia ho capito che gli unici veri amici sono i genitori , forse noi ci accorgiamo di
loro solo quando stanno per mancare o quando è troppo tardi. La poesia è forte , riflessiva, e
permette di capire..
Non tutti i testi ci stimolano, insomma, mentre questo almeno con me ci è riuscito..
Giorgia Casciano
La frase che mi ha colpito di più è “ti supplico non voler morire ci sono io solo con te” in questa
frase il figlio comunica esplicitamente il suo essere solo, la madre è un punto di riferimento per il
figlio ma anche un modello da seguire. La madre si rivela una figura autoritaria e quasi delusa
dall’evolversi delle vita del figlio; una figura ostile, quasi un giudice nella vita del figlio che è
invaso da una continua angoscia sviluppata dalla disapprovaziuone della madre.
Nasce l’angoscia di non essere abbastanza, per questa figura rabbiosa che nei primi anni di
vita ti accompagna, ma successivamnete si distacca e si limita al giudizio.
Chiara De Angelis
Le parole dolci e delicate di questa poesia mi hanno fatto riflettere molto, ed anche emozionare.
Trovo l’amore per una madre uno dei legami più forti che possano esistere, al di là di ogni limite,
di ogni incomprensione. Una madre ci sarà sempre, riuscirà sempre a capire ciò che hai dentro, a
volte anche meglio di te.
“Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro
amore”.Come dice Pasolini, una madre è ‘insostituibile’. Vedo mia madre come il mio unico punto
fermo, la mia unica certezza, mentre a volte tutto intorno a me sembra confuso, precario. Lei ci
sarà sempre. Come il poeta, so che di questo amore materno non potrei mai farne a meno. Lei è
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parte di me, io parte di lei, come due pezzi di un puzzle che solo inseme si completano e soli non
sono niente.
È proprio di questo che il poeta he paura: che questa luce, che la madre rappresenta per
lui, si possa spegnere e lasciarlo solo, nel buio. Paura che, in fondo, ogni figlio condivide.
”E’ dalla tua grazia che nasce la mia angoscia, tu sei insostituibile”.
Federica De Martinis
Pasolini scrive questa poesia vedendo sua madre come la sua unica ancora in un mondo
ormai vuoto, senza valori reali, dove ogni cosa dura poco, attimi, e poi scompare. Ormai soffocato
dalla paura di rimanere solo, in una vita senza luce, chiede un altro solo giorno con sua madre,
l’unica persona che mai lo abbandonerà, l’unica persona il cui amore mai si affievolirà. Lei solo
conosce la sua anima, anche nei momenti in cui lui stesso dimenticava il suo nome. Pasolini
guardava la madre con occhi vivi, unica salvezza in una vita passeggera. Magari, ognuno di noi
infondo è consapevole “Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima
d’ogni altro amore” perché anche se non diciamo nulla, le mamme sapranno sempre tutto.
Allegra Di Matto
Su questa lirica non c’è niente da dire, nel senso che è stupenda così com’è. E’ impossibile scrivere
o spiegare ciò che si prova per la madre, una persona che c’è stata,c’è e ci sarà per sempre. Per
me mia madre è una persona “insostituibile” come dice Pasolini, lei è l’unica che riesce a capirmi,
mi guarda e capisce sempre cosa è successo.
Mi ha colpito molto il verso: “tu sei la sola al mondo che sa cos’è stato sempre prima di
ogni altro amore”, e penso che, come dice Pasolini, nessuno voglia essere “solo” e lui prega la
madre di non morire.
Dentro questa lirica ci sono parole bellissime come: “il tuo amore è la mia schiavitù”, e
secondo me è anche qualcosa di più, un amore così immenso che non tramonterà mai. Mi ha
colpito anche la frase: “ sono con te in un futuro Aprile”, forse “Aprile” sarà il mese in cui scrive
la poesia ma io penso alla mia nascita, infatti Aprile è il mese in cui sono nato, quindi ognuno può
interpretarla come vuole, per me è stata una grande gioia, perché è stata la prima volta che ho
visto mia madre.
Davide Di Ruberto
Questa poesia è molto triste e significativa e mostra tutto l’affetto ricevuto da una madre che
purtroppo morirà da un momento all’altro. Il poeta non se ne farà una ragione, vivendo d’angoscia
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e preoccupazione e definendola l’unica persona in grado di mostrarle l’amore materno e senza la
quale non riuscirà più a vivere.
Potito Forte
La poesia è colma di emozioni dell’autore nei confronti della madre alla quale vuole talmente bene
da non riuscire a esprimere i suoi sentimenti. Una delle frasi che mi ha colpito di più è stata:
“dentro la tua grazia nasce la mia angoscia”, questa, mi ha toccato molto perché l’autore dice che
le vuole cosi bene che già si dispiace per quando non ci sarà più.
Giovanni Giampietro
Questa è una delle poesie più belle che io abbia mai ascoltato. Racconta dell’amore di una madre
verso un figlio,di quanto l’amore materno sia insostituibile e non c’è nessuno che possa colmare il
vuoto che lascia una madre nel cuore di un figlio.
Anche io, al posto dell’autore supplicherei mia madre di non lasciarmi mai. Non ci sono
parole per descrivere la bellezza di questa poesia e l’affetto di una madre. Lei fa di tutto per noi,
conosce ogni nostro stado d’animo, ogni nostro problema ma anche ogni nostra gioia e se non
parliamo ci capisce al volo.
Per quanto riguarda il testo, in un punto non sono d’accordo con l’autore: quando dice che
l’amore della madre lo ha reso schiavo. Io vado fiera del rapporto che ho con mia madre e non lo
cambierei mai.
Donatella Girardi
In questa poesia, l’autore esprime tutta la sua gratitudine e il suo amore per la madre che ora sta
morendo, e la supplica di restare in vita.
Pasolini prova ciò che proverebbero tutti se la propria madre stesse per morire, perché è lei
che ci è stata accanto per tutta la nostra vita, ci ha difesi, ci ha amati e ha sofferto per mantenerci
in vita. La madre è dotata di un incredibile coraggio e di un’ incessabile forza perché ha dato tutto
per noi e ci donerebbe anche la vita.
Marianna Palumbo
E’ una poesia molto toccante dove Pasolini si rivolge a sua madre dicendo che è l’unica che
conosce tutta la sua vita, che è l’unica a conoscere il suo cuore e infine la supplica di non morire in
modo di avere un futuro insieme.
Vincenzo Palumbo
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Mentre la professoressa leggeva questa poesia i miei occhi sono diventati lucidi, perché pensavo
alla mia mamma che ha diviso il suo cuore in quattro parti, per le sue quattro figlie, donandoci
tutto il suo amore. Tra questi tre brani letti, questa poesia è senz’altro la più bella perché fa
veramente capire quanto possa essere grande l’amore che una madre nutre verso i propri figli.
Ilenia Paoletti
Certo, la mamma è la mamma.
La mamma è colei che ti ha tenuto in grembo per ben nove mesi.
La mamma è colei che ha patito dolore per te.
La mamma è colei che ha fatto tante rinunce per te … per stare con te.
Ha rinunciato a lei per stare con te, ai suoi doveri, alle sue passioni, al suo lavoro, a tante cose.
Ebbene sì, la mia mamma è così.
Devo ammettere che io con la mia mamma non sempre sto in buoni rapporti, a volte le faccio
pesare la separazione, dandole tutte le colpe, ma così facendo la faccio solo star male. Anche se
anche io ci sto sto molto male e lei lo sa.
Ed è per questo che con lei non sono riconoscente abbastanza.
Lei ha fatto tante cose per me, tante rinunce. Quando andava lei andava ancora
all’università mi portava con lei ha preso la laurea con me nel passeggino, ma per stare con me ha
rinunciato ad entrare nel mondo del lavoro.
Lei voleva ritornarsene a Torino, per cercare lavoro quando ormai avevo tre/quattro anni,
lei non ha potuto, perché io piangevo, non riuscivo a stare senza papà, e così lei per colpa mia e
dei mie capricci è ritornata qui, dove sta male. Tutto questo per me ed io non le sono riconoscente.
Poi, quando alcune volte non ci vado d’accordo, sento che è colpa sua, come se lei mi
odiasse e mi rinfacciasse tutto. Ma poi mi ricredo. Anche se litighiamo comunque poi mi pento.
Non posso immaginare se le accadesse qualcosa ...mi sentirò sempre in colpa, in tutto e per
tutto, anche perché, quelle poche volte che ci vado d’accordo, sto bene.
Angelica Pellegrino
La maggior parte delle decisioni che io paragono a punizioni da parte di mia madre sono in realtà
consigli o decisioni, presi per il mio bene: “Tu sei mia madre il tuo amore è la mia schiavitù”
scrive Pasolini. L’autore si ritiene solo senza sua madre, che è il suo unico punto di riferimento, io
invece non ho un bellissimo rapporto con mia madre; litighiamo spesso, ma in ogni suo gesto
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avverto la presenza di giuste motivazioni. Quando mi capita di trascorrere tempo con mia madre
capisco quanto ci somigliamo fisicamente e soprattutto caratterialmente.
Giulia Pellegrino
Sentire un poeta scrivere ciò che la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze pensano della
propria madre è incredibile ma ciò che mi ha colpito maggiormente è stata la frase in cui l’ autore
le dice “sei insostituibile per questo voglio vivere in solitudine , ma ho voglia d’amore e voglia di
corpi senz’ anima perché l’anima sei tu”.
E' proprio vero , la madre è l’unica persona che ci amerà sempre e che non smetterà mai di
farlo, al contrario di molte altre persone che caratterizzeranno la nostra vita.
Alessio Santacroce
Mi ritrovo pienamente in quello che ha scritto l’autore o almeno in buona parte. Io non so capire i
sentimenti del mio cuore ma c’è sempre mia madre che mi aiuta a comprenderli e a superare ogni
tipo di problema. Il poeta scrive che sua madre è insostituibile e anche per me è così.
Daniela Serra
In questa poesia Pasolini esprime il bene che vuole A sua madre.Questa poesia mi ha fatto capire
tante cose. Io adoro mia madre,non so come farei senza di lei,è la mia guida ed è sempre disposta
ad aiutarmi ed ascoltarmi. Mia madre è forse una delle persone che mi capisce davvero sotto
alcuni aspetti e per questo è una persona unica e insostituibile.
Antonio Zolli
4) N. Hikmet - “Ultima lettera al figlio”
L'insegnamento che si dovrebbero dare al proprio figlio è questo: amare il prossimo! Ovviamente
ci sono anche altri valori importanti cioè essere buoni, amare la natura e rispettarla, essere
premurosi ed essere per gli altri un buon amico. Una cosa importante è tramandare le tradizioni
delle proprie origini e usanze per ricordare chi siamo davvero!
Mariapia Bellini
Questa poesia ha saputo suscitarmi molte emozioni, in particolare quelle dell’amore che un padre
può provare verso un figlio e i consigli che gli dà affinchè possa vivere un futuro adatto alle sue
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aspettative e ai suoi desideri. Il poeta insiste sul fatto di pensare in primo luogo all’uomo, di
amarlo e rispettarlo e penso sia una cosa giustissima e molto importante.
Francesca Carrozza
Questa poesia mi fa pensare al fatto di credere nella propria vita , nelle proprie aspettative ; è una
forma di incoraggiamento che si collega al brano di Kafka, e sottolinea che la prima cosa da fare è
credere nell’uomo con i suoi lati positivi e negativi , prima di tutto..
Giorgia Casciano
Questa lettera di un genitore rivolta al figlio e un esortazione a vivere al meglio, non vivendo nella
nostra vita come degli estranei che guardano da lontano.
Vivi ogni piccolo momento con gioia, ogni piccolo successo rendilo un importante
traguardo, rendi la tua vita importante e degna di essere vissuta. Lo esorta a”non vivere come un
estraneo, ma come fossi a casa di tuo padre” amando tutto ciò che lo circonda, e apprezzando
davvero ogni piccolo dono, ma sopprattutto amando l’uomo e tutto ciò che lo riguarda .
Questa poesia è un consiglio spassionato da parte del padre al figlio, che lo invita a vivere
bene, essendo felice di se stesso e dell’ ambiente che lo circonda.
Chiara De Angelis
Questa poesia mi trasmette un forte senso di speranza. È come se il poeta spingesse il figlio a
provare fiducia nel genere umano, in cui lui pone speranza, ammirazione. È un’ammirazione che
condivido anche io. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi parte integrante di ciò che lo circonda,
indispensabile, fondamentale.
‘Non vivere su questa terra come se fossi un estraneo e come un vagabondo sognatore’.
Il poeta ci invita ad amare tutto ciò che ci circonda, la natura, il grano, il mare, ma
soprattutto l’uomo. Invita a credere, a fidarsi del genere umano… e quindi anche di se stessi.
Federica De Martinis
Questa poesia è un invito. Un consiglio sulla vita, Hikmet, chiede a suo figlio di apprezzare ogni
cosa di questa vita: le stagioni, luce, buio, macchine e libri, dice di credere al grano, alla terra e al
mare, ma “prima di tutto credi all'uomo”. L’essere umano ha bisogno di essere amato, curato,
come ogni cosa, senza fiducia e amore fra gli uomini nessuno potrà mai realmente vivere.
In questa poesia troviamo l'amore di un padre che cede al figlio una lezione fondamentale,
l’importanza di non amare soltanto qualcosa di lontano, ma iniziare ad amare ciò che ci è più
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vicino, da sempre per tutti la cosa più difficile, bisogna iniziare ad amare ciò che è più simile a noi:
gli altri uomini.
Allegra Di Matto
Questa poesia secondo me è un consiglio/comando di vita. Il padre dice al figlio di amare e credere
nell’uomo, di amare tutto su questa terra, ma prima l’uomo; lui parla da uomo vissuto perché
infatti,di solito, il padre dovrebbe consigliare al figlio in base al suo passato e alle sue avventure.
Mi ha colpito la frase: “Non vivere su questa terra come un estraneo”, e quando invita il figlio a
vivere nella sua casa “di origine”, cioè quella del padre, dove si trovava bene. Secondo me il
consiglio è di vivere e pensare agli altri, di amare tutto con gli altri e credere però, anche in se
stessi.
Davide Di Ruberto
Questa poesia è un insegnamento di vita per il proprio figlio dove il padre gli raccomanda di porre
attenzione all'essere umano, alla natura e a tutti i fenomeni naturali. Le sensazioni che provo
durante la lettura sono di felicità e di commozione.
Potito Forte
Il padre consiglia al figlio di vivere come nella casa di suo padre, cioè di apprezzare e di dare
valore a tutto e di trarre gioia da tutto, ma di mettere sempre al primo posto l’uomo, o meglio le
persone che stanno intorno e in sintesi di provare gioia grazie a qualcuno che c’è e che poi non ci
sarà e quindi gli dice di non attaccarsi ai beni materiali, ma alle persone alle quali vuole più bene.
Giovanni Giampietro
Questa è una poesia molto carina, di un padre che dà consigli ad un figlio. Dice di non vivere come
un estraneo, di conoscere quindi ogni particolare come nella casa del padre, la casa dove si abita.
Il padre gli consiglia di credere nel progresso che è rappresentato dal figlio stesso o dai
figli del figlio e così via. E' proprio mio padre che mi fa conoscere qualunque cosa, nei minimi
dettagli; è proprio lui il primo a credere nel futuro trasmettendo fiducia a me e a tutti i giovani,
sperando che un giorno anche io diventi così.
Donatella Girardi
In questa poesia, Hikmet scrive al figlio consigliandogli di amare l’ uomo e di conoscere l’uomo e
il mondo. Gli sta insegnando a vivere come se questo fosse il suo mondo, perché questo è il suo
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mondo. Questo è il mondo di ogni uomo e ogni creatura deve saperci vivere non come un estraneo,
ma come se fosse in casa sua, nel suo territorio, nel suo mondo, com’è giusto che sia.
Marianna Palumbo
Per me questa poesia ci spiega che non dobbiamo vivere nella Terra come estranei, ma dobbiamo
amare tutto e tutti, dobbiamo credere nella natura,nel grano, nella città, nei prati,però per prima,
dobbiamo credere all’uomo,insomma vivere come se fossimo a casa nostra.
Vincenzo Palumbo
Nella poesia il padre dice al figlio di non vivere passivamente, estraneo da tutto e da tutti, ma di
amare tutto ciò che è degno di essere tale: la scuola, le automobili, la natura…e sottolinea più volte
l’amore verso gli uomini. Secondo me, se viene a mancare questo valore, non esisterà più nulla
…se non l’odio.
Ilenia Paoletti
Questa poesia per me significa un po’ come pensare a se stessi.
Il padre vuole che ami tutto ciò che lo circonda, ma sempre prima l'uomo e il lavoro.
Angelica Pellegrino
Ho apprezzato molto questa poesia, poichè mi ha colpito molto il fatto che un padre sia così attento
da lasciare una lettera al figlio. Condivido pienamente i messaggi che Hikmet lascia nella sua
lettera, credo che la cosa più giusta da fare da parte di un padre sia insegnare al proprio figlio ad
amare la natura, gli animali, ma soprattutto amare l’uomo.
Mio padre non mi parla molto di questi valori, anche se lui li rispetta; credo che per lui
siano altre le problematiche della vita. Comunque io apprezzo molto quando lui si preoccupa di chi
è in difficoltà oppure aiuta chi ha bisogno.
Giulia Pellegrino
Di questa poesia mi ha colpito maggiormente l’augurio del padre al figlio, quando che lo invoglia
a vivere nel migliore dei modi la propria vita; consigliandogli di non vivere sulla terra come un
estraneo bensì di vivere come se fosse a casa propria. Ciò mi ha colpito molto perché fa capire che
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della propria vita ogni singola persona deve conoscere sia i beni , sia i mali per poterli combattere
e quindi di poter “scolpire” a proprio piacimento il destino che gli si presenta.
Alessio Santacroce
Vuole dire al figlio di non rimanere indifferente a quello che ha intorno, di sentirsi, nel mondo,
come nella casa di suo padre, al sicuro e di apprezzare l’uomo e amare la vita.
Daniela Serra
Su questa poesia non ho un granche da dire … solo che concordo tutto quello che ha detto
Hikmet.Non è una delle mie preferite, però sicuramente posso dire che è una poesia stupenda.
Antonio Zolli
5) I. Calvino - “I figli poltroni”
Ai ragazzi non piace il senso del dovere .Preferiscono divertirsi e stare con gli amici. Studiare,
obbedire ai genitori sono cose un pò difficili. Ma se noi facessimo solo baldoria come potremmo
mai imparare l' educazione ed i valori che ci aiuteranno a crescere?
Mariapia Bellini
In questo racconto il famoso scrittore Italo Calvino descrive la vita monotona di una semplice
famiglia italiana, composta da tre figli maschi e i genitori che si danno da fare e si impegnano al
massimo, dedicando le loro giornate, affinchè i proprio figli riescano a trascorrere una vita serena.
Purtoppo, però, non c’è collaborazione da parte dei figli che non hanno interessi e obiettivi per il
loro futuro e non sentono il desiderio di aiutare la propria famiglia in difficoltà.
Penso sia un comportamento assolutamente sbagliato quello che assumono i figli che, giunti
ad una certa età,dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e cercare di costruire il proprio
futuro.
Francesca Carrozza
In questo racconto c’è una specie di protesta dei genitori quando invece la protesta dovrebbe
essere fatta dai figli. In questa poesia si parla di ragazzi che nella vita non vogliono fare nulla , e
Vogliono avere tutto e subito e vogliono vivere sulle spalle dei propri genitori che li soddisfano per
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paura poi di essere criticati. E' cosi bello avere delle soddisfazioni nella vita, diventare qualcuno ,
crearsi una propria indipendenza ma vedo che non a tutti interessa..
Giorgia Casciano
Da questa poesia si evince, molto facilmente, un completo senso di ingratitudine da parte dei figli
nei confronti dei genitori, figli noncuranti dell’ambiente che li circonda, dell’ immane fatica dei
loro genitori, che si limitano a dormire lasciando che il mondo vada avanti senza di loro.
Noi figli siamo tutti un po’ egoisti nei confronti dei nostri genitori e la maggior parte delle
volte non apprezziamo i loro sforzi, e le loro continue suppliche di aiuto. Loro cercano di spronarci
ad essere migliori e a usare bene il nostro tempo, per diventare qualcuno. I genitori sono davvero
delusi e sfiniti, dal continuo oziare dei figli e dalla loro fatica quasi logorante, nel portare avanti
una vita ormai in rovina.
Chiara De Angelis
Molto spesso i figli pensano che tutto ciò che ricevono dai genitori sia loro dovuro: affetto,
attenzioni, anche solo il cibo. Nella maggior parte dei casi non fanno sforzi per guadagnare quello
che, nonostante tutto, continuano a ricevere giorno dopo giorno. Danno per scontato e pensano sia
una banalità tutto ciò che i genitori fanno per loro, senza pensare in alcun modo di contribuire al
lavoro che questi devono svolgere giornalmente.
La verità è che i nostri genitori fanno di tutto per renderci felici, e noi vogliamo sempre di
più, non ringraziamo mai per quello che abbiamo… A volte pensiamo solo ai nostri interessi senza
renderci conto di avere già tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Federica De Martinis
Questo racconto credo si possa definire molto “attuale” pur essendo stato scritto nel secondo
dopoguerra. Racconta la giornata di una famiglia, una famiglia contadina, composta da quattro
persone, Andrea e Pietro, due figli disoccupati e fannulloni, incapaci di costruirsi una vita, e
dall’altra parte i loro genitori, prigionieri della loro ormai monotona esistenza. Due mondi così
diversi, eppure così nessi uno all’altro, genitori, stanchi di non essere ripagati, in nessun modo,
figli consapevoli di sbagliare, ma incapaci di costruire.
Nella vita, i nostri genitori ci hanno dato, ci hanno regalato un pezzo di ciò che siamo, di
ciò che possediamo, di ciò che siamo, a chi più, chi meno, ma delle volte ci siamo fermati a pensare
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cosa noi abbiamo potuto regalare loro? E se fossimo noi, quei genitori, così spenti ormai? E se
fossero loro quei genitori poltroni, che a noi nulla danno?
Allegra Di Matto
In questo brano la figura del padre e della madre si avvicinano molto alla mia realtà, infatti
quando io e mio fratello dormiamo, mio padre fa una ventina di volte su e giù per la stanza con
passi molto pesanti, urlando e dicendoci che siamo dei poltroni e che lui alla nostra età avrebbe
fatto tante di quelle cose che noi non facciamo. Ovviamente dal contesto si capisce che l’epoca è
vecchia, infatti risale al ’49 (circa), ma comunque delle scene corrispondono alla mia famiglia.
Per esempio mio fratello vuole sempre dormire, ha 24 anni e come Andrea si alza con gli
occhi mezzi chiusi, noi ci riscaldiamo il latte e poi man mano che si sveglia inizia a canticchiare e a
farsi la barba. Da poco tempo ha iniziato a lavorare con mio padre al negozio e ogni giorno
litigano perché mio padre è un po’ impaziente come in questo brano, e mio fratello è un tipo
inaffidabile.
Invece io, mi ritengo come Pietro, sono più serio anche se sono più piccolo di lui e
comunque spero di avere un futuro migliore di quello di Pietro. Mia madre come nel brano sta
sempre nella “grande cucina” e viene a svegliarci ogni tanto: a me per andare a scuola, a mio
fratello per lavorare. Quindi penso che la situazione che viene descritta da Calvino si avvicini
molto alla realtà di oggi perché anche nelle altre famiglie credo che sia così.
Davide Di Ruberto
Questo racconto tratta delle giornate passate a dormire e a non fare niente di due ragazzi in una
famiglia dove solo i genitori si danno da fare e la collaborazione non esiste. I due ragazzi, a
differenza dei loro amici,non lavorano,non hanno nessun senso di colpa per i propri genitori e sono
indifferenti.
Anch’io mi ritengo una persona pigra, ma cerco di darmi da fare il più possibile per non
avere problemi nel futuro.
Potito Forte
Questo racconto l’ho trovato molto simile alla mia giornata ideale. Infatti mi piacerebbe molto fare
quella vita, alzarmi tardi e non fare niente dalla mattina alla sera. Anche se a me non
dispiacerebbe fare qualcosa, anche per hobby, e se c’è da aiutare non mi tirerei certo indietro,
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infatti ritengo sbagliato il comportamento dei due ragazzi di non aiutare i genitori e di non fare un
minimo per essere meno emarginati.
Giovanni Giampietro
Questo è un testo molto simpatico che parla di due fratelli che non vogliono fare niente. Anche noi
siamo due figlie, io e mia sorella. Però a differenza dei protagonisti, io e mia sorella aiutiamo nelle
faccende domestiche. Il comportamento dei protagonisti non è corretto, perché comunque i nopstri
genitori lavorano per noi; e noi, in qualche modo, dovremmo essergliene grati, magari aiutandoli
nei servizi più banali.
Inoltre i due ragazzi sono in età giusta per lavorare e non dormire solo, imparando così
nuove cose e allenando la mente. È normale, a tutti piacerebbe stare senza fare niente tutto il
giorno, ma non è corretto nei confronti dei genitori. Io quando sarò grande vorrei lavorare, per me
perché, come già detto, imparerei nuove cose, e per i miei, che saranno sicuramente felici e sarà un
modo per ripagarli di tutti i sacrifici che hanno fatto e stanno facendo per me.
Donatella Girardi
In questo brano, Calvino racconta di due fratelli molto pigri che dormono quasi tutta la mattina e
onon aiutano mai i genitori, molto indaffarati per tirare su una casa che cade a pezzi.
I figli sono infantili e ingrati perché pensano che i genitori resteranno per sempre con loro,
quando, invece, non è così. Al posto di dormire dovrebbero approfittare di questi momenti “liberi”
per passare più tempo con i loro genitori che per loro hanno sacrificato molto, e che continuano a
donare tutto ai figli.
Marianna Palumbo
Questo è un racconto per me molto divertente, parla di due fratelli scansafatiche che vanno sempre
a letto tardi, fanno colazione, fumano sigarette, e sene vanno a spasso. I genitori andavano a
dormire presto, perché poi si dovevano alzare presto, mentre loro odormivano fino a tardi,
nonostante il padre li minacciava di impiccarli ogni mattina, ma loro se ne infischiavano altamente
di quello che diceva.
Vincenzo Palumbo
La collaborazione fra genitori e figli per me è fondamentale in una famiglia. Io aiuto molto i miei
genitori, soprattutto mia madre. Mi piace quando d’estate noi e le mie sorelle facciamo le pulizie
ascoltando la musica o dialogando. Nel racconto, invece, Pietro e Andrea sono due fannulloni e
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buoni a nulla che non aiutano il padre nei lavori in campagna e non eseguono le commissioni della
madre, ma pensano solo a dormire e a perdere tempo. Secondo me, questo comportamento non è
affatto giusto nei confronti dei genitori che fanno di tutto per vedere felici i propri “bambini”.
Ilenia Paoletti
Questo brano rispecchia molto me e la mia famiglia.
Ecco, io e mia sorella non diamo il massimo nel collaborare in casa. Mia madre non lavorando si
dedica nei lavori domestici. Qualche volta anche mi sorella da’ una mano, ma non sempre,
dopotutto, lei è piccola, …
Più che altro, io dovrei collaborare in casa, ma penso sempre ai fatti miei, sono diventata
indifferente e non aiuto. Diciamo che mamma non dice nulla, ci ha fatto l’abitudine. Ma mio padre
no. Ecco lui ha sempre voluto o meglio gli è sempre piaciuta l’idea della famiglia, con la
collaborazione.
Infatti, spesso si arrabbia su questo fatto e gli piacerebbe che io lo andassi a trovare in
ufficio, fargli compagnia, aiutarlo pur sapendo che non a me non piace. Lui continua sempre con
questo fatto ... a dire che lui alla mia età già andava alla profumeria ad aiutare i nonni. Non
capisce che i tempi sono cambiati, e poi in profumeria, ci sarei anche andata, ma non allo studio.
Angelica Pellegrino
Questo brano mi ha fatto molto riflettere su un certo aspetto del mio comportamento. I miei genitori
non chiedono molto a me e ai miei fratelli, ma talvolta gli diamo delusioni così grandi da far
scaturire una reazione da parte loro molto sbagliata. Riteniamo sempre che i nostri genitori
sbaglino in tutto, ma talvolta siamo noi a fare il primo errore. Calvino mi ha fatto capire quanto
dispiacere abbiamo creato nei cuori dei nostri genitori.
Giulia Pellegrino
In questo testo non vi è stato una frase om un punto in particolare che mi ha colpito, poiché io mi
rivedo in ogni singola frase del brano. La frase diciamo in cui mi rivedo di più è quella pronunciata
dal padre nei confronti dei figli nella quale confronta la pigrizia dei propri figli alla laboriosità dei
loro coetanei , poiché anche i miei genitori a volte su argomenti riguardanti la scuola o attività
scolastiche mi dicono di prendere come esempio i miei coetanei più volenterosi per incitarmi a
svolgere quelle attività e magari riuscire nel mio intento.
Alessio Santacroce
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E’ un bel racconto che sottolinea la pigrizia dei giovani, che non hanno più interessi e voglia di
fare niente. Si “cullano” pensando che vada tutto bene anche se sanno che non è vero e nonostante
questo non fanno nulla per aiutare. Non mi ritrovo molto in questo testo perché se dicessi di no ai
miei genitori mi sentirei in colpa.
Daniela Serra
Questo racconto è stupendo. Forse questo è stato il brano chemi è piaciuto di più ... non so perché,
sarà forse per i dettagli, per la storia che mi ha appassionato; fatto sta che è il mio preferito.
Mentre la professoressa leggeva ero sempre più incuriosito a saperne sempre di più.
Antonio Zolli
6) C. Sbarbaro – “A mio padre”
L' amore va oltre tutto, e si ama a prescindere da quello che si possiede e da quello che si è rispetto
alle proprie origini. Quello che conta sono i sentimenti, tutto il resto è solo concretezza ma niente
di soggettivo.
Mariapia Bellini
Di questa fantastica poesia dello scrittore Sbarbaro mi ha colpito molto la descrizione del padre da
parte del poeta. Viene espresso l’amore e la gratitudine di un figlio nei confronti di un padre, prima
acerbo e severo, ora comprensivo e affettuoso. Credo che il poeta abbia reso benissimo l’idea del
cambiamento del padre e in pochi, ma essenziali,versi ha descritto il suo affetto utilizzando termini
raffinati e ricercati.
Francesca Carrozza
Questa poesia mi ha fatto pensare al legame che ci può essere tra due persone , in questo caso tra
figlio e padre anche quando non sono geneticamente legati .. Secondo me l’amore va oltre la
natura, nel senso che un padre può amare un figlio anche se non si tratta del vero padre. Magari il
padre adottivo può dare quell’affetto che il padre genetico non può dare o meglio non ne è capace,
perché ci sono molte persone che abbandonano i propri figli già alla nascita perché ritengono di
non essere grado di farli crescere in maniera giusta..
Con questo voglio solo dire che l’affetto può esserci , sempre e comunque..
Giorgia Casciano
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In questa poesia è molto evidente il bellissimo rapporto tra il padre e l’ autore, di stima profonda,
d’ amore, di gioia, di gratitudine. Molti figli vedono il padre come una figura molto autoritaria,
severa, brusca,nelle loro vite, ma per me non, è cosi anzi il rapporto con mio padre e come quello
dell’autore un rapporto di infinito e incondizioneto amore come il poeta esprime nella frase:”anche
se non tio svessi mai conosciuto, t’amerei lo stesso”, dice che anche se fosse un estraneo lo
amerebbe lo stesso per il loro legame indissolvibile.
Chiara De Angelis
Ascoltando questa poesia ho riflettuto molto su questo amore infinito e reciproco che c’è tra un
figlio e un genitore.
Un genitore è quella persona che ti tiene tra le sue braccia, che ti protegge dalle difficoltà,
dalla paura, dalla vita. È quella persona che ti tende la mano quando non ce la fai a proseguire da
solo, quella persona che ti fa scoprire il mondo.
‘Padre, anche se non fossi mio padre, anche se fossi un ’estraneo, ti amerei’.
Un genitore, un figlio, saranno sempre legati da un filo invisibile, ma resistente. Un genitore e un
figlio avranno sempre i cuori legati da un unico battito, forte, indispensabile per vivere.
Io miei genitori sono parte di me… e come si può vivere senza un pezzo di cuore?
Federica De Martinis
Credo di poter dedicare questa poesia a mio padre, anzi ai miei genitori, ad entrambi. Credo di
non poter immaginare una vita senza ‘questi’ genitori, svegliarsi la mattina e trovare una donna
che non sia mia madre, mi mette in agitazione e il sol pensiero mi agita, come chiamare qualcun’
altro papà. In ogni caso sono certa che se un giorno li avessi visti camminare affianco a me come
due sconosciuti, io sarei stata sicura di conoscerli, perché fra tutti sceglierei sempre loro.
Allegra Di Matto
Questa poesia l’ho letta tante volte e penso sia una delle più belle poesie mai scritte. Ancora oggi il
padre è la figura “più importante”, da quando noi siamo piccoli lui è una figura di riferimento per
tutto. Sbarbaro racconta anche di un giorno in cui suo padre voleva picchiare sua figlia ma poi si
accorse dello sbaglio e l’attirò al suo petto. La frase che mi ha colpito è stata: “Padre, se anche tu
non fossi mio padre, se anche fossi a me estraneo, già tanto per il tuo cuore fanciullo t’amerei”;
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una frase bellissima e con mille significati, e anche secondo me la figura del padre è insostituibile
ed è per questo che non immaginerei una vita senza di lui.
Davide Di Ruberto
Questa poesia mostra tutta la gratitudine verso il proprio padre in modo emozionante dicendo che
anche se non l’avesse mai conosciuto, l’avrebbe amato.
Potito Forte
L’Autore esprime una forte ammirazione nei confronti del padre e questo lo si capisce quando dice
che lo amerebbe anche se non fosse suo padre solo per il suo cuore fanciullo. Che ne parla con
ammirazione lo si capisce anche da come lo descrive nei ricordi, molto forti, elencati nella poesia.
Giovanni Giampietro
Anche questa, come tutte quelle lette, è una bellissima poesia. Se mio padre non fosse mio padre,
anche io, come il protagonista, amerei tantissimo quest’uomo. Lui mi ha dato molto, mi fa riflettere
e mi insegna nuove cose, sempre interessanti. Se lui non fosse mio padre farei di tutto per
cambiarlo, per far sì che diventi lui mio padre e non lo cambierei con nessuno. Meno male che lui è
già mio padre!
Donatella Girardi
In questa poesia, l’autore è sicuro che se suo padre fosse un estraneo, lo amerebbe ugualmente. Si
ricorda, poi, di quando lui e sua sorella, si comportavano male, ma suo padre non li puniva mai
perché non ne aveva il cuore, era troppo buono.
I rimproveri sono essenziali per la crescita dei figli, possono sembrare gesti di inimicizia,
ma il genitore punisce il figlio solo per amore e per permettergli di vivere la sua vita in modo sano
e pacifico. I genitori insegnano ai figli anche come essere bravi genitori perché anche loro prima o
poi smetteranno di ricevere e inizieranno a donare.
Marianna Palumbo
Questa poesia rivolta al padre dice che qualunque persona fosse suo padre lo amerebbe, lo
coccolerebbe, lo stesso lo porterebbe nel cuore per tutta la sua vita, perché è l’unica persona in
grado di capirlo.
Vincenzo Palumbo
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In questa poesia l’autore si rivolge al padre dicendogli che lo ama molto e che lo avrebbe amato
anche se non fosse stato suo padre. Questa è un verso molto bello, perché ci fa capire che i
genitori, oltre che a essere educatori, possono diventare anche degli amici con cui confidarsi e
aprirsi.
Ilenia Paoletti
Ecco questa poesia è da dedicare a tutti i papà; soprattutto al mio, specialmente al mio.
Anche se con lui ci sono tanti litigi, tante incomprensioni, subito facciamo pace.
Ecco, lui non è il tipo che sta stare per molto tempo in dissidio con una persone a cui tiene,
anzi per niente.
I versi del padre dove insegue la bambina piccola e poi si pente ... mio padre è così.
Può sequestrarti anche un oggetto, ma poi te lo restituisce, non sa dire mai di no. È troppo buono.
E ti chiede anche scusa, perché lui senza i suoi figli non ci sa stare.
Angelica Pellegrino
Questa poesia evidenzia l’amore e la stima che può avere un figlio verso la figura paterna,
Sbarbaro infatti, scrive: “Se anche tu non fossi mio padre, se anche fossi un uomo estraneo, per te
stesso egualmente t’amerei” anch’io in molte occasioni penso di stimare mio padre per alcuni gesti
che lui compie. A volte mi accorgo di ammirare mio padre anche solo perché è mio padre, senza il
bisogno di trovare una particolare motivazione perché essere un padre è già un passaporto per
diventare ammirabile.
Giulia Pellegrino
Questa poesia mi ha colpito davvero molto , forse più di ogni altra poesia e forse più di qualsiasi
altro brano. Ma più di ogni altro verso o frase mi ha colpito maggiormente la prima frase riferita
al padre : “anche se non fossi mio padre , anche se fossi un estraneo per te stesso ti amerei” questa
frase simboleggia per me che l’amore di un figlio per il proprio papà va aldilà di ogni conoscenza.
Alessio Santacroce
Di questa poesia la scena che più mi è piaciuta è quando il padre arrabbiato con la figlia,
sentendola piangere non ha voluto più sgridarla.
Daniela Serra
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Questa poesia esprime tanto amore per il proprio padre. Mi ha colpito molto sentire quanto bene
volesse quel ragazzo a quell' uomo.
Antonio Zolli
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2 A classico
Prof.ssa Berardini Agnese
Tematica: Cambiare, trasformarsi ...
Letture scelte:
1) Fedro – "Favole" “ Le rane chiesero un re”
2) Fedro - "Favole” - “Un padrone vale l'altro”
3) Cicerone- “L’amicizia”, IX, X, XI, XII
4) L. A. Seneca “Lettere a Lucilio” I, 6;
1) Le rane chiesero un re
La prima favola, è molto bella e significativa; infatti la morale che Fedro ci vuole comunicare è
quella che bisogna accettare la realtà come viene e sperare che non ce ne sia una più brutta. Io
condivido molto questo discorso perché la vita, in fondo, la si deve prendere come viene. Mi è
piaciuta molto e mi ha suscitato forte emozione la frase " Cittadini di Atene, accettate la realtà così
com' è e sperate che non ne venga una ancora più brutta".
Angela Albano
La prima favola è ambientata nel periodo in cui Pisistrasto diventa tiranno dei cittadini ateniesi ed
essi si sentono oppressi da lui. Per questo Fedro , prendendo spunto da Esopo e scrive questa
favola per insegnare ai suoi cittadini il motivo per il quale bisogna accettare quello che si ha, senza
pretendere altro, poiché ci si può imbattere in un male peggiore.
La favola è incentrata sulla prepotenza che noi uomini abbiamo. Difatti essa parla di alcune
rane che non contente della propria vita, chiedono, anzi pretendono da Zeus un sovrano che le
gestisca. Zeus prima getta nello stagno un rametto e, in seguito dopo le lamentele delle rane,
manda nel loro stagno un serpente che le mangia tutte.
Vincenzo Bufis
“Non c’è mai fine al peggio” è un antico detto che può riassumere questa favola e che può essere
riconducibile ai giorni nostri. Le rane non accontentandosi di ciò che avevano avuto gratuitamente,
anche se non si trattava di nulla di speciale, con superbia chiesero dell’altro a Giove il quale
decise di punirle mandando loro un serpente che mangiò gran parte dei ranocchi. Anche noi spesso
disprezziamo ciò che abbiamo o ciò che ci viene dato in dono senza minimamente pensare che ciò
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che cerchiamo può essere di gran lunga peggiore. Noi umani siamo infatti sempre alla ricerca del
“ di più” , infatti disprezziamo ciò che abbiamo e bramiamo ciò che non possediamo.
Giulia Camporeale
Questa favola mi trasmette questo messaggio: bisogna adattarsi alle situazioni, non essere
pretenziosi, saper capire quello che si ha a disposizione ed apprezzarlo. Sono d’accordo con
quanto viene tramandato da questa favola in parte, perché credo che non bisogna accettare tutto
passivamente, ma cercare in alcune situazioni, se magari sono svantaggiose, di fare di tutto per
migliorarle e comunque apprezzare quel piccolo vantaggio che si ricava.
Angelica Pia Centulio
In questa favola emerge un grande senso di prepotenza che porta appunto a una punizione. Infatti,
secondo me, se le rane fossero state meno insolenti, magari Zeus avrebbe dato loro qualcosa di
meglio. Ciò si rispecchia molto nella natura umana: l’arroganza, la prepotenza sono sempre state
il mezzo di cui si servono i deboli, perché essa non porta a niente.
L’insegnamento di Zeus, seppur crudele, è giusto perché fa capire loro che nella vita non
bisogna pretendere che le cose ci vengano sempre date come le desideriamo, ma bisogna piuttosto
essere felici di ciò che ci viene donato.
Daniele D’Addario
In questa favola Fedro vuole dirci: Tollera un male altrimenti potresti avere di peggio, nel senso
che noi dobbiamo imparare ad accettare ciò che ci viene dato soprattutto se è un nostro desiderio e
che se poi non è proprio come quello che desideravamo, bisogna comunque esserne fieri!
Giorgia D’amelj
La morale di questa favola (tollerare un male perché altrimenti ne potrebbe derivare uno
peggiore), mi ha fatto riflettere sull’ importanza di doversi accontentare in determinate situazioni.
Quindi penso che nella vita sia necessario imparare ad accettare delle situazioni, anche se non
gradite , ritenersi fortunati e non lamentarsi sempre. Personalmente a volte mi rendo conto di
lamentarmi per cose inutili, quando invece dovrei esserne felice perché sono molto fortunata, in
confronto ragazzi, che ad esempio non possono contare sulla famiglia e gli amici, come faccio io.
Michela Dell’Aquila
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La prima storia mi ha fatto riflettere riguardo una tematica che abbiamo affrontato in italiano
parlando de “I Promessi Sposi” ovvero la differenza della realtà e l’ideale. Le rane infatti mi
hanno fatto pensare all’incontentabile voglia dell’uomo di avere sempre qualcosa di meglio
rispetto a ciò che già si ha; ma non sempre ciò che ci si aspetta di avere, ciò che riteniamo ideale,
come per le rane un nuovo re, corrisponde poi alla realtà ovvero il serpente. In conclusione questa
favola mi ha fatto capire che spesso nella vita bisogna accettare ciò che si ha e imparare ad
apprezzarlo perché si potrebbe sempre avere qualcosa di peggio e rimpiangere quel poco che
superficialmente si è voluto rimpiazzare.
Claudia Fantini
“ Tollerate questo male perché non ne venga uno maggiore” Sono le parole conclusive della favola
narrata da Esopo agli ateniesi, nelle quali si concentra il messaggio che vuole trasmettere.
Questa frase in realtà e quello che ognuno di noi deve ripetersi quando si trova in situazioni
difficili che comportano impegno, tenacia, forza per superarle ma che in realtà possono essere
migliori rispetto ad altre.
Dobbiamo imparare a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e non mezzo vuoto perché ciò
che può seguire a questi momenti difficili potrebbe essere anche peggiore.
Claudia Graniero
Dalla favola ho capito che bisogna accontentarsi di ciò che si ha e non desiderare qualcosa in più.
Sono d’accordo su questo perché molti vogliono sempre qualcosa o qualcuno migliore rispetto a
quello che si aveva prima, ma molte volte accade il contrario.
Nella vita non tutto si conquista facilmente, ma bisogna lottare per averlo. Al giorno d’oggi
noi vogliamo avere tutto e subito senza aspettare, ma questo secondo me è assolutamente sbagliato.
Maria Paola Grasso
Questa favola mi ha colpito, perché Esopo paragonando i cittadini ateniesi alle rane di uno stagno,
insegna che non ci si deve sempre lamentare, ma al contrario apprezzare quello che si ha, perché
nella vita ci si può trovare sempre in situazioni difficili e a noi scomode. Per me, il punto centrale
della favola non è accontentarsi o, peggio, lamentarsi, ma apprezzare; soprattutto nel caso delle
rane o dei cittadini ateniesi che erano stai artefici delle proprie sofferenze e lamentele. Bisogna
trovare il meglio in ogni situazione.
Giulia Grieco
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La favola insegna che non bisogna lamentarsi mai di quello che si ha, ma accontentarsi e cercare
in esso il meglio, perché si potrebbe avere qualcosa di peggio rispetto a ciò che si aveva
precedentemente. Quindi ho capito che non bisogna essere troppo desiderosi di cambiamento,
perché accontentandosi di quello che si ha un giorno ci sarà riconosciuto. Io sono d’accordo
perché al giorno d’oggi avviene spesso d’incontrare persone di questo tipo, che non si soddisfano
di ciò che hanno e pretendono sempre di più.
Eleonora Montepeloso
Questa favola mette in evidenza il seguente concetto, è meglio sopportare il male che si ha, invece
di sopportare in un futuro un male maggiore di quello che è stato in precedenza. Io condivido
questo pensiero; infatti, le rane secondo me sono molto ingrate.
Rossella Morra
L’uomo non è mai contento di quello che ha, ma si lamenta in continuazione. Apprezziamo ciò che
abbiamo, e di conseguenza, siamo felici. Come le rane cercano un di più, quando già stanno bene,
anche noi non dovremmo comportarci così: in un modo pegggiore di quello in cui ci troviamo.
Anna Petrone
Ho apprezzato molto il paragone che fa l’autore tra le rane di uno stagno e i cittadini di Atene.
Penso che all’interno di una società sia necessario l’ordine civile. A volta apprezzare ciò che si ha,
è meglio che disprezzare.
Vincenzo Piacquadio
Fedro nella favola racconta che quando ad Atene si affermò la democrazia, l’eccessiva libertà
sconvolse la città e fece perdere a tutti il senso della moderazione. Le rane chiesero a Giove un re
che moderasse i costumi troppo sfrenati e dissoluti. Ma non si accontentarono e furono punite. La
favola insegna che bisogna accontentarsi e sopportare le disgrazie per evitare guai più grandi.
Spesso è preferibile avere governanti incapaci ma che non fanno danni, piuttosto che governanti
autoritari e spietati. Bisogna, dunque, imparare a sopportare le situazioni spiacevoli perché colui
che cambia la via vecchia per la nuova, non sa mai a cosa va incontro.
Raffaele Salinno
Il messaggio di questa favola è molto significativo in quanto le rane non accettando il travicello
hanno dimostrato presunzione nel non sapersi accontentare ricevendo in cambio alla loro richiesta
un qualcosa di peggio e cioè un serpente. Ciò ci fa capire che anche al giorno d'oggi la nostra
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società non si accontenta mai di quello che ha chiedendo sempre di più, ottenendo a volte molto
meno.
Ilaria Serra
La “parabola” che Esopo racconta agli Ateniesi è breve, semplice nella forma e ricca di contenuto.
Da una parte troviamo la “pavida genia” di rane che nonostante si renda conto di aver bisogno di
un re per ristabilire l’ordine, non appena ne riceve uno che sembra debole ne approfitta, venendo
poi punita con l’arrivo del re-serpante. Dall’altra parte invece ci sono gli Ateniesi che devono
“apprezzare” la loro condizione, imparando dalla favola del poeta che c’è sempre di peggio.
A un certo punto, infatti, l’autore usa l’espressione “sopportare il bene” riferendosi alle
rane che hanno oltraggiato il primo re. Effettivamente quando chi ti guida o chi ti comanda è
rigido, bisogna innanzitutto decidere se i sacrifici richiesti siano necessari e poi sopportare ciò che
si ritiene possa giovarci in futuro, tenendo bene a mente che non sempre le alternative potrebbero
essere migliori e che, infondo, il modo in cui ci succedono le cose è (probabilmente) il migliore dei
modi possibili.
Giulia Sicuro
2) Fedro - "Favole “Un padrone vale l'altro”
L' asinello di fronte all' arrivo dei nemici non scappa perchè, secondo lui, un padrone vale l' altro.
Perciò ci vuole dire che noi, qualsiasi padrone e quindi governo abbiamo, la nostra situazione non
cambia, infatti l' asinello sia con il pastore sia con i nemici sempre un basto dovrà portare. Ha
suscitato in me una forte emozione perché ho visto nell' asinello quasi un senso di consapevolezza,
perché lui era consapevole dell' arrivo dei nemici.
Angela Albano
La seconda favola è simile alla prima, cioè è incentrata sulla politica e sul governo. Essa parla di
un asino il quale, pur di servire una persona non scappa col suo padrone dai nemici. L’asino ha un
atteggiamento indifferente col padrone che lo incita a scappare. In questa favola Fedro per far
capire ancora di più il messaggio, personifica l’animale, facendo dialogare i due personaggi.
L’insegnamento si capisce proprio da questo dialogo: ognuno può scegliere di testa propria senza
seguire la massa.
Vincenzo Bufis
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Questa storia è riconducibile alla realtà. Gli uomini dovrebbero agire diversamente dall’asino
ovvero non dovrebbero accettare passivamente il cambio da un governo all’altro ignorando le
conseguenze ma dovrebbero partecipare attivamente .
Giulia Camporeale
Ai più piccoli non importa chi sia il padrone, ma ciò che egli ordina, come nel caso dell’asino a cui
interessava solo che gli fosse affidato un basto. Ciò mi trasmette l’idea che è molto più importante
cosa viene comandato e non chi comanda.
Angelica Pia Centulio
È subito evidente il fatto che per un povero sottomesso o per qualcuno che non vive in buone
condizioni non è importante chi sia il capo, perché qualunque esso sia, lo farebbe lavorare
duramente e lo tratterebbe male. È importante invece il carattere di questa persona, l’indole,
l’animo.
C’è da dire anche che il finale della favola lascia tutti un po’ spiazzati, con il respiro
sospeso, perché non ci si aspetta un finale del genere, un finale che permette un’interpretazione
molto libera della storia e lascia che ognuno colga un significato diverso in base ai propri pensieri
o alla propria personalità.
Daniele D’Addario
Questa seconda favola è incentrata sulla politica e sul governo. L’asino ha un atteggiamento molto
indifferente col padrone che lo incita a scappare. Appunto in questa favola Fedro attraverso la
personificazione dell’asino vuol farci capire che ognuno è libero di fare le sue scelte seguendo ciò
che dice la propria testa e non facendosi trascinare da ciò che dice la massa!
Giorgia D’amelj
Non sono completamente d’accordo con la morale di questa favola. Infatti credo, che se per
esempio cambiasse il governatore di uno Stato i cambiamenti, anche se minimi, sarebbero
inevitabili. Se infatti cambiasse il preside di una scuola, probabilmente ci sarebbero delle novità,
delle nuove regole.
Il punto di vista dell’asino è sicuramente negativo e pessimista, ma io ritengo che sia meglio
credere e sperare in un cambiamento, che potrebbe essere anche in meglio. Ciò ovviamente non
significa che dobbiamo disprezzare o rifiutare ci che abbiamo, ma dobbiamo cercare di migliorare
tutto ciò che non ci rende completamente soddisfatti o felici.
Michela Dell’Aquila
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Questa seconda storia mi ha portato a riflettere sui rapporti fra le persone.
Un rapporto come quello schiavo-padrone non essendo legato da nessun sentimento ma solo
dall’obbligo di un servo di seguire il suo superiore non sarà mai una relazione con un minimo
interesse fra le sorti dell’uno e dell’altro. In conclusione, quindi, ho capito l’importanza di un vero
legame fra persone fino ad arrivare al punto che uno sia disposto a tutto per l’altro e viceversa non
come l’asinello e il suo padrone.
Claudia Fantini
L’asino in questa favola rappresenta quegli uomini ch si sono rassegnati a subire il potere.
L’asino vive il cambiamento di coloro che esercitano questo potere con indifferenza perché sa che
continuerà a subire: solo il cambiamento del modo di esercitare il potere può portare qualcosa di
nuovo nella sua vita, può modificarla. Questo è il vero cambiamento che aspettano coloro che
vengono oppressi.
Claudia Graniero
Io credo che molte volte come ha detto l’asino il cambiamento non è in meglio, anzi capita spesso
che le cose non si aggiustano ma anzi peggiorano. Giustamente l’asino ha ragione quando dice che
fra l’uno o l’altro padrone non ci sono differenze perché entrambi lo sfrutteranno.
Maria Paola Grasso
Non sono d’accordo con l’affermazione dell’asino nella favola di Fedro. Penso che quando è
possibile si deve cercare di cambiare la propria situazione e non rimanere passivi e soggetti a
qualcosa che per noi è scomodo. Infatti l’asino aveva l’opportunità di cambiare la propria
esistenza, ma al contrario si è arreso, di nuovo, alla sua vecchia vita.
Giulia Grieco
Da questa favola ho capito che spesso, quando ci sono dei cambiamenti, ci viene imposto da
qualcun altro di non affrontarli e di tirarci indietro. Infatti, la favola insegna che bisogna
affrontare i pericoli per poi andare avanti e non bisogna farselo impedire da qualcun altro, infatti
il padrone vuole salvare l’asino, ma quest’ultimo rifiuta le attenzioni del padrone perché sa che in
entrambe le situazioni si troverà a servire qualcuno.
Eleonora Montepeloso
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La favola dice che, quando cambia il padrone, muta solo il modo di fare di quest’ultimo, ma sarà
sempre uguale all’altro padrone precedente. Questa storia non mi è piaciuta, ma mi ha colpito il
suo significato, ossia che il futuro sia degli umili sia degli asini con qualsiasi padrone non cambia.
Rossella Morra
Il messaggio che trasmette questa favola è che molte persone non si lasciano influenzare dalla
società o dalle altre persone ma agiscono a proprio piacere.
Filomena Palumbo
La favola ci insegna che le persone “sottomesse” non si preoccupano di chi sia il padrone, poiché
la loro situazione non cambia, è sempre la stessa; quindi, non si preoccupano di rivoluzionare
qualcosa o di aiutare qualcuno.
Anna Petrone
Il messaggio contenuto nella favola è che gran parte degli uomini si interessa solo di ciò che li
riguarda e non del bene comune. Gli uomini accolgono un nuovo modo di governare solo in base al
proprio interesse. Apprezzo molto questo messaggio perché è attuale.
Vincenzo Piacquadio
Cambiare padrone non muta la situazione di chi deve obbedire. Nella vita ci sono oppressori e
oppressi. Cosa può mai significare per un uomo che vive sottoposto, cambiare padrone? Possono
cambiare le regole imposte, ma sempre si deve obbedire. A chi è costretto ad obbedire e non ha
speranza di emancipazione, non rimane che piegare la testa. Io penso tuttavia che questa è una
visione della vita troppo pessimistica e che qualche volta è necessario alzare la testa e ribellarsi al
giogo, se è troppo pesante e ingiusto. Mai cedere alla rassegnazione: è da vigliacchi.
Raffaele Salinno
Questa favola ci prospetta una visione pessimistica della vita politica. Cambiano numerosi governi,
ma la situazione non cambia per nessun cittadino. Infatti alla fine del racconto l’asinello facendo
l’esempio di portare un unico basto o due dice che a lui non servirà sapere chi sarà il suo padrone;
cioè anche per ogni cittadino se non cambiano le leggi a favore dei cittadini non interessa a
nessuno sapere chi governa.
Ilaria Serra
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La favola si apre con una breve riflessione sul governo e sui governati e poi il concetto viene
meglio spiegato dalla storia dell’asino. Tra i tanti spunti di riflessione che questa favole ci offre, a
me ha colpito molto la rappresentazione dell’indifferenza e della noncuranza politica che in molti
hanno. Questo atteggiamento di completa sottomissione e di “menefreghismo” però potrebbe
essere fatale per l’asino. È se il contadino avesse intenzione di dimezzargli il carico in futuro? E se
venisse ucciso nello scontro fra i due padroni? E se il nuovo padrone lo caricasse si con un solo
carico, ma riempiendolo con un materiale più pesante? L’indifferenza alla lunga potrebbe non
giovare più all’asino.
Giulia Sicuro
3) Cicerone – “L’amicizia” , X, XI, XII, XIII
Il decimo capitolo ha suscitato in me grandissime emozioni.
Come dice Cicerone, nessuna amicizia dura in eterno, fino all' ultimo giorno; anzi nascono eterni
odi quando un' amicizia finisce ed io ho avuto un' esperienza personale a conferma di ciò. Avevo
un' amica con la quale condividevo tutto e lo stesso lei con me. La nostra amicizia era stupenda,
fino a quando ci sono stati litigi e scontri frequenti e alla fine ci siamo distaccate. Quest' amicizia è
durata otto o nove anni, ma ora ci odiamo.
L' undicesimo e il dodicesimo capitolo non mi hanno suscitato emozioni particolari, se non
la frase " Non chiediamo cose disonorevoli e, se chieste, non facciamole ". Su questa frase ho fatto
una riflessione, perchè in effetti, degli amici, molte volte, ci chiedono di fare cose assurde e
disonorevoli, ma noi non dobbiamo farle, non dobbiamo cedere alle loro richieste, anche se
abbiamo paura di perdere quest' amico/a e di conseguenza nemmeno noi dobbiamo chiederle.
Il tredicesimo capitolo mi ha suscitato emozioni molto forti e propio per questo mi è
piaciuto in modo particolare. Condivido il pensiero che agli amici dobbiamo chiedere sempre cose
oneste e quindi non disonorevoli e inoltre dobbiamo essere pronti nei confronti di un amico perchè
in un' amicizia una persona deve essere " preparata ", pronta ad aiutare l' altra.
Inoltre, mi è piaciuto molto quando ha detto che con un amico non si deve avere un'
amicizia troppo grande perchè è come se avessimo un "peso" su di noi, quindi se è felice lui lo
siamo anche noi o viceversa, se è sofferente o triste siamo tristi anche noi.
Angela Albano
In questo trattato Cicerone immagina un dialogo tra le persone più ricche di quel tempo e incentra
questo dialogo sull’amicizia, la cosa più importante della vita.
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Il X capitolo inizia con un discorso di Scipione il quale dice che non esiste un’amicizia che
sia durata fino alla morte. Egli enuncia che molte volte le amicizie si rompono per cose banali,
come la brama di potere e la ricchezza. Egli afferma che, proprio per colpa di queste banalità, tra
due uomini l’amicizia può diventare anche odio, col passare del tempo. Aggiunge anche che molte
volte, il comportamento di un uomo può mutare sia in peggio che in meglio. Mutando in peggio,
nella maggior parte dei casi, tra due amici aumentano le bugie, le disonestà che portano al litigio.
Nei capitoli a seguire, con una frase molto significativa, riassume il suo messaggio, cioè quello di
rispettare un amico, non chiedergli cose disonorevoli e non farle se richiesti.. Inoltre, dice che
bisogna punire coloro che imbrogliano gli amici poiché, in una relazione del genere, ci deve essere
rispetto reciproco.
Inoltre in un rapporto di amicizia, ci deve essere aiuto reciproco, non passivo, bensì pronto.
Bisogna sempre aiutare un amico, con tranquillità d’animo. Un vero rapporto è basato sull’aiuto
reale e non solo su affetto ed amore. A volte infatti, bisogna essere severi far capire ad un amico i
suoi difetti ed i suoi errori.
Vincenzo Bufis
Mantenere sana un’amicizia per tanto tempo è difficile. Bisogna mettere da parte l’orgoglio,
accettare i difetti dell’altro e smettere di essere egoisti ed egocentrici.
L’amicizia si deve coltivare ogni giorno, dedicandosi tempo a vicenda e viverla con rispetto
e sincerità. Spesso l’amicizia non viene vissuta come dovrebbe, la si usa come mezzo di ricatto per
convincere l’altro a compiere atti sbagliati. L’amico dovrebbe evitare di condurti sulla cattiva
strada, ma dovrebbe indicarti la via più giusta da precorrere insieme. Purtroppo gli ostacoli da
superare sono tanti e anche se a volte sembrano insormontabili un amico è colui che ti dà la forza
per affrontarli.
L’onestà nell’amicizia è importante, si deve sempre avere la certezza di potersi fidare
dell’amico, ma oltre all’onesta un altro valore importante è il rispetto. Questa parola purtroppo sta
perdendo sempre più significato e lo notiamo ogni giorno. Non si può considerare amico chi ci usa
solo per chiederci favori che spesso superano il limite e che ci costringono a commettere gesti di
cui sicuramente ci si può pentire. Un amico ti vuole bene e vuole soltanto il meglio per te che si può
ottenere soltanto commettendo atti giusti .
Giulia Camporeale
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E’ difficile che un’amicizia duri fino alla fine della vita. Per me è anche giusto ciò che viene
ribadito successivamente, cioè che spesso questa viene interrotta da contrasti generati da vantaggi
che non si possono raggiungere insieme o da opinioni diverse.
Noto specialmente nelle persone adulte che le cause sono dovute soprattutto al denaro o
alla richiesta di vantaggi talvolta disonesti, talvolta che non vengono esauditi solamente per
“pigrizia” dell’altro. Insomma, sono motivi di natura terrena, che spesso vanno contro i principi
dell’amicizia. Per me, se si tenesse maggior conto di questo, sicuramente molte amicizie verrebbero
salvate e durerebbero molto più a lungo.
Sono d’accordo sulla “legge”: non bisogna chiedere cose disonorevoli e non facciamole se
richieste, poiché nell’amicizia ci deve essere complicità, ma non bisogna sfociare nella disonestà e
magari se qualcuno ci fa una di queste richieste, non solo si deve rifiutarla, ma anche correggere
quella persona, fargli capire che tutto ciò è sbagliato e che è per il suo bene rifiutare la richiesta.
Concordo anche sul fatto che l’autorità degli amici che vogliono il nostro bene deve essere
apprezzata e soprattutto ascoltata sempre se si è d’accordo. Inoltre le amicizie non devono essere
evitate, come non se ne possono neanche accettare tante, infatti io stessa trovo bello avere degli
amici con cui confrontarmi, chiedere qualche suggerimento, ma non troppi perché, in effetti, è già
difficile occuparsi delle proprie cose.
Trovo una cosa piuttosto brutta avere amici solo per convenienza, per sfruttarli, in quanto
in questo modo si potrebbe ferire i sentimenti dell’altro, che magari pensa che quella sia una vera
amicizia.
Angelica Pia Centulio
“Grandi amici possono diventare grandi nemici”, è proprio questo il rigo che mi ha colpito di più,
perché non c’è cosa più vera di questa: se tra due individui il rapporto di amicizia è forte,
compatto, supera tutte le difficoltà e tutti i brutti momenti, tutti gli interessi personali scalano in
secondo piano perché gli ostacoli sono niente se affrontati in compagnia dell’altra persona. Ma gli
uomini cambiano, e di conseguenza cambiano anche le amicizie, i rapporti, cambiano i pensieri e
le opinioni, ed è proprio per questo che è difficile conservare a lungo un’amicizia.
La regola dell’amicizia secondo l’autore è molto semplice, e principalmente dichiara che
quando c’è amicizia non bisogna chiedere all’amico di compiere azioni disoneste e disonorevoli
solo per i propri interessi e, altrettanto, non bisogna compierle per l’amico, per evitare di finire
entrambi in brutte situazioni.
La prontezza, al contrario dell’esitazione è un valore fondamentale per un’amicizia:
bisogna essere sempre pronti e disposti a tutto, a fare qualsiasi cosa per gli altri, sempre con
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tranquillità. In più, il rapporto di difesa e aiuto e non di affetto e amore che si viene a creare, è
importante soprattutto nei momenti difficili, perché è proprio in quelle situazioni che ognuno si
rende conto di chi veramente ci tiene: è delle persone importanti, di quelle che restano, che ci si
ricorda, non di quelli che ci lasciano. Una vera amicizia è anche fatta di severità, comportamento
che serve per imparare, imparare dagli errori e dai consigli che si ricevono.
Il consiglio di Cicerone è quello di non intraprendere amicizie troppo grandi, perché è già
difficile pensare a se stessi, ai propri problemi, per non parlare di quelli degli altri. Solo
riconoscendo i propri limiti, la propria capacità di donare amore, di saper amare, si riesce davvero
a voler bene a una persona.
Daniele D’Addario
L' amicizia cambia al variare dell’età perché ogni fase di vita pone davanti a noi dei problemi. Ma
se è amicizia vera non cambia il sentimento appena si incontrano delle difficoltà. Se è vera e su un
certo fatto non si ha la stessa opinione ciò non può compromettere e quindi metter fino al loro
rapporto.
In amicizia l’uno può contare sull’altro e non si ha paura di chiedersi un aiuto innocente, se
invece si verifica il contrario cioè che l’aiuto è a discapito dell’altro un po’ di timore si ha dentro
di sè e quindi si ha paura nel chiederlo. In amicizia, quindi, se si è veramente uniti, se si ha piena
fiducia l’uno nell’altro si arriva ad essere complici di tutto anche di qualcosa di disonesto.
Una frase che mi ha colpito molto è stata “Non chiediamo cose disonorevoli, non facciamole se
richieste”. Questa frase ci vuol far capire che così come tu non puoi chiedere cose che vanno a
discapito degli altri disonorandoli, tanto meno non bisogna che tu le compia per primo. L’amicizia
inoltre non può essere utilizzata come mezzo di ricatto, nel senso che se si chiede un favore illegale
l’amico non può ma soprattutto non deve incrinare il loro rapporto d’amicizia solo per un semplice
rifiuto ad una cosa a lui richiesta.
Nella vita di ognuno di noi ci sono sempre dei problemi, delle ansie, delle difficoltà, così
come potrà averli l’amico che ci è affianco. Questo però non deve creare un odio dentro di noi
contro l’amicizia solo per paura di dover subire anche i problemi dell’amico, ma proprio per
questo bisogna cercare di aiutarsi a vicenda per trovare a tutti i costi una soluzione sia ai nostri
problemi sia a quelli del nostro amico. In amicizia, quindi, ci si aiuta a vicenda dandosi forza l’uno
con l’altro per superare insieme le difficoltà che la vita ci pone davanti.
Giorgia D’amelj
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L’aspetto che mi piace di più dell’avere un amico, è il poter condividere tutto con questa persona,
anche se quest’ultima ha interessi diversi. Condivido l’idea che sia molto difficile far durare
un’amicizia. E’ naturale che tra amici, soprattutto se si è in un gruppo, nascano delle insidie,
competizioni, invidie, gelosie che generano continui litigi e discussioni. Ma credo che tutto ciò si
possa superare, e che il tempo potrebbe persino rafforzare un’amicizia. Inoltre, penso che il vero
amico sia la persona disponibile a dimenticare, perdonare un errore commesso, rinunciando a
volte al proprio orgoglio, solo per “salvare” un’ amicizia.
L’amicizia è un sentimento in cui si viene supportati, aiutati nelle scelte difficili dall’
appoggio dei veri amici. Però credo che se chiedessimo ad un amico di fare qualcosa per noi,
qualcosa di pericoloso, illegale, che il nostro amico non vorrebbe mai fare, allora in quel caso non
vogliamo un amico, ma una persona che dipende dalle nostre scelte. E’ facile essere amici
decidendo anche per l’altro, invece io credo che l’amicizia consista anche in un confronto di idee e
che quindi spesso non si è di comune accordo. Talvolta è necessario anche rimproverare un amico,
non per sentirsi superiori, ma per aiutarlo.
Se qualcuno chiedesse aiuto ad un amico per fare qualcosa di positivo allora quest’ ultimo
dovrebbe aiutarlo. Ciò però non significa che bisogna scegliere l’amico solo per i vantaggi che si
possono trarre da lui. Talvolta l’amicizia comporta fatica nell’accettare le scelte dell’altro e
nell’aiutarlo.
Michela Dell’Aquila
Il decimo capitolo mi è molto piaciuto in quanto mi sono resa conto che tutto ciò che viene detto è
realtà, niente di più. Porto avanti ormai da dieci anni amicizie che ancora oggi sono forti come un
tempo e sono cresciuta al fianco dei miei amici vedendoli cambiare e cambiando in prima persona.
Sentir leggere questo brano mi ha fatto pensare alle mie esperienze personali di litigi e conflitti
che, come si dice nel testo, sono spesso causate da competizioni o capricci. La “vera” amicizia,
nonché quella più duratura, è difficile da mantenere e da trovare perché passando molto tempo con
una persona i pretesti per litigare ce ne sono eccome ed evitarli o affrontarli con maturità, e
talvolta anche a testa bassa pur di conversare il buon rapporto, comporta una grande fatica. A
volte si creano anche delle gelosia ma è facile non badarci quando si coglie l’importanza
dell’amicizia perché, pur di conservarla, si è disposti anche a grandi sacrifici.
Dell’undicesimo e del dodicesimo capitolo condivido la libertà di non seguire un amico in
atti che consideriamo sbagliati. Cicerone infatti dice “Non chiediamo cose disonorevoli e non
facciamoli se richiesti”; spesso le persone tendono a fare atti che ritengono sbagliati e a
giustificarsi dicendo che ciò era stato fatto per un amico. L’errore in quella situazione non è solo di
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colui che compie l’atto, ma anche dell’amico che chiede di farlo sapendo che l’altro avrebbe
acconsentito. Bisogna quindi rispettare l’amico, non chiedendo di compiere scelleratezze in nome
del buon rapporto, e la propria libertà di scelta, nel caso fosse qualcun altro a chiedere a noi di
fare azioni disonorevoli .
Nel tredicesimo capitolo la cosa che mi ha colpito di più è strettamente collegata a ciò che è
stato detto precedentemente ovvero che un amico dovrebbe chiedere cose oneste e fare cose oneste.
Dice inoltre che in un’amicizia non bisogna rinunciare al bene dell’altro solo perché ci comporta
un po’ di fatica, anzi la fatica è essenziale per rendere il rapporto ancora più solido. In questo
modo si riconosce una vera amicizia: quando uno gioisce per il bene dell’altro e si angoscia per il
suo male. Cicerone inoltre consiglia di non intraprendere grandi amicizia perché in quel caso si
avrebbero troppe preoccupazioni in quanto già avere un solo vero amico comporta delle fatiche e
dei sacrifici.
In conclusione l’intero testo letto mi è molto piaciuto in quanto ha raccontato l’amicizia in
modo reale ed approfondito e rivedo il mio pensiero in tutto ciò che è stato detto.
Claudia Fantini
Cap. X
L’amicizia è uno dei più grandi doni che possa avere un uomo. L’amicizia, quella vera è difficile da
trovare, ma soprattutto da portare avanti. Ci sono tantissime cose che la mettono in discussione: la
ricchezza, le ambizioni, la politica …. Ma solo le amicizie, quelle vere, sono in grado di durare fino
alla fine. Spesso questa, viene anche strumentalizzata, la si considera un mezzo per arrivare a
qualche scopo, e spesso quando c’è il rifiuto da parte di un amico di aiutarci gli ricordiamo che
l’amicizia serve a questo. Ma non è così, l’amicizia è un dono puro, non ha valore e soprattutto non
può essere scalfita, rotta, consumata: questa è la vera amicizia.
Capp. XI –XII
In questi due capitoli Cicerone ci riporta degli esempi nella quale l’amicizia viene strumentalizzata
per raggiungere il potere e accusa quelli che lo fanno, ma soprattutto quelli che colti in fallo si
giustificano dicendo che loro hanno commesso un determinato errore perché gli è stato chiesto
aiuto da un amico. “Non è una giustificazione se si sbaglia a causa di un amico” per lui ognuno
può essere in grado di decidere le proprie azioni e quindi di decidere se seguire o meno
quell’amico ma soprattutto può essere in grado di capire se questa amicizia è vera o no. Se
vogliamo una vera amicizia “non chiediamo cose disonorevoli e se chieste non facciamole”, non
facciamola diventare uno strumento perché l’amicizia non è questo.
Claudia Graniero
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CAP. X
Questo capitolo mi ha fatto riflettere molto. Infatti accade molte volte che grandi amicizie che
sembrano avere una durata eterna, si spezzano a causa di uno stupido litigio o per via di qualcuno.
Mi è capitato tante volte di soffermarmi su questa tematica e mi spaventa l’idea che un giorno
potrei perdere i miei amici. Forse la cosa migliore da fare è godersi i momenti belli, non pesare al
futuro, ma vivere il presente con gioia e cogliendo ogni attimo di felicità.
CAP. XI-XII
È nutile frantumare delle amicizie per dei litigi. Non condivido quando dice:”Evitare amicizie
troppo grandi” perché è vero che bisogna avere del tempo per se stessi, ma secondo me impiegare
il mio tempo per i miei amici e aiutarli affinché stiano bene, contribuiscono al mio benessere.
Come dice Cicerone:”Non è una giustificazione se si sbaglia a causa di un amico”. Questo è
assolutamente vero perché ad ogni azione corrisponde una conseguenza piacevole o meno. Bisogna
prendersi le proprie responsabilità e non scaricare la colpa sugli altri. Dobbiamo tenere a mente il
fatto che tutto ciò che facciamo ora, avrà conseguenze nel futuro.
Inoltre Cicerone ha detto un’altra frase che mi ha fatto capire che non dobbiamo fare ciò che non
ci piace, ma neanche ma neanche costringere gli altri a farla: “Non chiediamo cose disonorevoli
agli amici e non facciamole se richieste”.
Cap. XIII
Gli uomini che non hanno amicizie, in questo capitolo, vengono paragonati a oggetti inanimati.
Questi uomini in effetti sono quelli che considerano le virtù, i valori come qualcosa di ferreo e per
questo non vogliono lasciarsi andare all’amicizia, che nasconde in se la fragilità, l’amore, qualche
volta anche il dolore. Questi credono che lasciarsi andare ai sentimenti significa essere deboli, ma
non è così, questi sono la vera forza che c’è in noi, non serve a niente essere rigidi se nel nostro
cuore non abbiamo questo. Ci sono invece altre persone che rifiutano l’amicizia perché non
vogliono fastidi, ma l’amicizia, quella vera, è incondizionata, perché un vero amico è pronto a
soccorre e sostenere l’amico in difficoltà.
Maria Paola Grasso
CAP X – Per Lelio niente è più difficile del mantenere un’amicizia per tutta la vita, infatti questa
molte volte viene ostacolata ed è praticamente impossibile mantenerla. Personalmente sostengo che
con il confronto e rispettando reciprocamente i vari interessi si possa mantenere una amicizia per
tutta la vita, basta tenerci veramente. L’amicizia non deve essere condizionata, per quanto mi
riguarda io e una mia amica che ci frequentiamo dall’infanzia, proprio perché abbiamo interessi
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diversi siamo riuscite a rimanere amiche, senza far entrare tra di noi la competizione e l’invidia.
Infatti dalle medie non andiamo a scuola insieme.
CAP. XI – XII Sono d’accordo con l’affermazione: “E’ difficile mantenere un’amicizia se non
rispettano i valori della virtù”. Questa frase viene ripresa dalla legge dell’amicizia: “Non chiedere
di commettere atti ingiusti ad un amico o di compierli in nome dell’amicizia”. Infatti se si va a
infrangere questa legge, tra due persone non c’era affetto, ma era un’amicizia per interesse e per
convenienza.
CAP. XIII Sono d’accordo con le ultime affermazioni di Lelio, non si deve rifiutare l’amicizia per
non trovarsi in situazioni scomode, ma, anzi, si deve cercare, perché è l’unico bene che ci può
rendere veramente felici. Mi ha colpito molto il paragone con le virtù, infatti non puoi considerare
le virtù pesanti da svolgere e quindi non seguirle, ma, al contrario, applicandole si può capire che
non solo sono così complicate, ma portano soddisfazione, come l’amicizia.
Giulia Grieco
CAP. X - In questo capitolo viene spiegata l’amicizia con alcuni punti di vista che io personalmente
ritrovo al giorno d’oggi: ad esempio il fatto di rompere un’amicizia perché l’amico non vuole
sostenerci nella scelta. Anche oggi ci sono molte amicizie che finiscono per questi problemi e che
finiscono con l’odio profondo tra i due.
CAP. XI-XII - “NON CHIEDIAMO COSE DISONOREVOLI AGLI AMICI, NON FACCIAMOLE
SE RICHIESTE” questa è un frase importante che sostengo anche io, perché non bisogna chiedere
ad un amico di commettere azioni ingiuste e rammaricarci se ci risponde di no quando sappiamo
che anche noi al posto suo avremmo reagito allo stesso identico modo, quindi ci fa capire che non
bisogna mettere gli amici in situazioni di difficoltà, costringendoli a fare qualcosa contro la loro
volontà, così come noi nello stesso tempo siamo liberi di fare ciò che ci piace.
CAP. XIII - Questo capitolo parla invece dell’amicizia onesta, fatta di cose giuste. Condivido
pienamente quando dice che l’amicizia si cerca per difesa e aiuto, perché avere un amico sempre
pronto a difenderti, un amico su cui contare per un aiuto o in un momento di bisogno è la cosa più
importante. Però non condivido quando dice che non bisogna avere molte amicizie per non avere
troppi pensieri per la testa, perché avere l' amicizia di tante persone che ti vogliono bene, pronte ad
aiutarti è ancora più bello, è come avere una seconda famiglia. Come è stato accennato nel testo “
eliminare un’ amicizia fra due amici è inutile” questo lo trovo giusto perché l’amicizia è un legame
forte, che nessuno può disciogliere.
Eleonora Montepeloso
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Cap. 10 - Cicerone dice che è meglio evitare le amicizie troppo grandi. Le amicizie nascono per
aiuto e non per affetto e amore. Così accade che i poveri trovino amicizie nei ricchi, e ci sono molti
altri esempi di questi tipi di amicizie fondate sull’interesse. Mi è piaciuto molto il capitolo 10. In
questo capitolo Scipione afferma che è molto difficile avere un amicizia fino alla fine della vita.
Alcune amicizie dice che terminano in gioventù a causa di un conflitto o a causa di un matrimonio;
poi ci sono altre amicizie che vacillano a causa del denaro, delle cariche politiche che annebbiano
la mente degli uomini e fanno diventare delle amicizie in inimicizie e odi eterni. Non condivido
pienamente ciò che afferma Scipione perché ho visto molte amicizie durare fino alla fine anche se
normalmente ci sono stati momenti di incomprensioni e litigi. Quindi, penso che le amicizie
terminano a causa delle varie vicissitudini della vita, in quanto molte volte si pensa di conoscere
chi si ha difronte, ma poi arriva un giorno in cui scopri che è una persona del tutto diversa da
quella che invece era un tempo.
Capitoli 11-12 Molte volte con il pretesto dell’amicizia vengono fatte cose disonorevoli o viene
chiesto di farle. Quindi è meglio allontanarsi da amici del genere, in quanto non è un vero amico
colui che chiede di fare cose sbagliate.
Capitolo 13 - Questo capitolo dice che la prima regola dell’amicizia è: chiedere agli amici di fare
cose oneste e di fare per gli amici cose oneste. Inoltre uesto concetto perché trasmette concetti
importanti e significativi che stanno alla base della vita quotidiana.
Rossella Morra
X. Cicerone dice: “niente è più difficile di una amicizia che dura fino all’ultimo giorno della
propria vita”. Le amicizie che durano una vita sono molto rare; il vero amico è colui che è disposto
a fare di tutto per l’altro, anche mettendo a rischio la propria vita.
XI-XII. Gli amici, quelli veri, si aiutano a vicenda anche nelle guerre e persino nel governare un
impero. Importante è anche l’amicizia e l’amore fra famigliari soprattutto materno e paterno.
XIII. Cicerone dice: “chiediamo agli amici cose oneste e facciamo cose oneste per gli amici”. Gli
amici dovrebbero portarci sulla buona strada e anche noi dovremmo portare sulla buona strada i
nostri amici se teniamo davvero a loro. Poi ci sono le ‘false’ amicizie ovvero quelle per interesse,
per soldi o per piacere.
Filomena Palumbo
Niente è più difficile di un’amicizia che duri fino algli ultimi giorni. Questa frase mi ha colpito
molto perché ci fa capire che l’amicizia è un impegno costante. Ma può essere ostacolata dal
flagello della brama di fama e potere o quando un amico chiede all’altro cose illecite. Dove dice
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che un amico deve non fare anche cose illecite sono d’accordo ,poiché sarebbe sbagliato sia per
me,ma anche per lui poiché significherebbe indurlo a fare cose illecite ,perche sa che ha il mio
appoggio e la mia copertura.
Quindi bisogna mantenere un equilibrio tra giusto e sbagliato in tutte le cose della vita. Anche, ma
penso soprattutto, nell’amicizia. Non chiediamo e non facciamo cose illecite per un amico poiché è
una cosa vergognosa, ma piuttosto bisogna punire le persone che infrangono “ la legge”. Questa è
vera amicizia, non assecondare tutto ai fini di piacere alle persone che abbiamo di fronte, ma bensì
se c’è da correggere, riprendere o consigliare in nome dell’amicizia siamo esortati a farlo.
Per Cicerone una cosa molto importante è evitare di conseguenza non stringere amicizie grandi
perchè già gli affanni di una persona sono molti e se poi ci addossiamo anche quelli altrui sarebbe
un peso troppo grande da sostenere. Però secondo me ciò non dovrebbe spaventarci ad avere
legami stabili e duraturi poiché l’amicizia è anche questo: condividere. Quindi non togliamoci il
“piacere” di avere amici veri e duraturi.
Anna Petrone
Sono d’accordo col messaggio. La cosa più dannosa per un’amicizia sono i cambiamenti, che
avvengono all’interno di un rapporto di amicizia, perché essi vengono a rompere l’armonia che si è
creata tra i due amici. Condividere il modo di essere dell’altro è necessario se si vuole vivere in
amicizia.
Non bisogna assecondare gli amici nell’associarsi ad essi in qualsiasi cosa vogliano fare. Il
vero amico non è colui che fa qualsiasi cosa, anche illegittima o illegale, per non perdere l’amico;
occorre, invece, discutere con l’amico su ciò che è giusto e su ciò che è sbagliato, anche se questo
può creare contrasti tra i due amici.
Dobbiamo riprendere l’amico senza paura di perderlo, perché la vera amicizia consiste
nella verità e nel comportamento corretto; è bene, si, sostenere e proteggere l’amico, ma non
bisogna andare al di là della misura. Se l’amico è disposto ad accettare la critica, allora è un vero
amico. Va evitata, pertanto, l’amicizia che si vuole contrarre per interesse, perché volendo fondare
l’amicizia solo sull’utile, essa non può essere vera amicizia. L’amicizia non è solo trascorrere dei
momenti in compagnia, ma anche condividere le difficoltà e le situazioni spiacevoli.
Vincenzo Piacquadio
Questi passi mi hanno colpito molto. Nel capitolo X mi ha colpito il fatto che si rompono le più
lunghe amicizie perchè uno dei due amici non vuole compiere azioni disoneste. E colui che è
disposto a tutto per l'amico ritiene che se l'altro non lo fa non debba essere più suo amico. Mi ha
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colpito anche una frase, scritta all'inizio e cioè: "Niente è più difficile di un'amicizia che duri fino
all'ultimo giorno", proprio perchè molte, la maggior parte delle amicizie si rompono per queste
cause: politica e il disinteresse dell'amico. Nel capitolo XI mi ha colpito una frase "Non chiediamo
cose disonorevoli agli amici e non facciamole se richieste", cioè non bisogna fare cose disonorevoli
solo perchè chieste dai nostri amici. Dunque bisogna chiedere agli amici cose oneste ed evitare
amicizie troppo grandi. Dopo tutto ciò concludo dicendo che "amicizia" non significa allearsi con
un altro amico e chiedere cose disoneste per fare del male, ma allearsi con un amico e chiedere
cose "oneste" per fare del bene.
Ilaria Serra
cap X- In questo capitolo ci vengono presentati gli ostacoli che la maturità personale pone
all’amicizia. Ogni età è caratterizzata da un personale percorso che a volte può scontrarsi con
quello dei propri amici. Prima di essere degli “animali socievoli” noi uomini siamo soggetti a dei
cambiamenti interiori continui e violenti, che ci fanno avere dei dubbi, ci fanno venire idee e
modificano i nostri stessi personalissimi concetti di bene e male. Il brano, appunto, mette in risalto
gli scontri che potrebbero avere due amici con l’avanzare della crescita personale. La fine è però
molto significativa. Solo gli uomini scocchi lasciano che i propri desideri temporanei e dettati da
necessità rovinino un’amicizia. Gli uomini saggi e fortunati invece sanno separare il proprio
individualismo dalle esperienze sociali e di amicizia.
cap XI-XII - Ciò su cui si sofferma l’autore è che tra gli uomini sciocchi, quelli che si lasciano
influenzare dai propri desideri e che a volte coinvolgono gli amici in essi, bisognerebbe vigesse la
regola secondo la quale quando il desiderio di un amico è immorale, l’allontanamento da
quell’amico è lecito. Non bisognerebbe lasciarsi trascinare dagli amici in questioni illecite o
immorali.
cap XIII
1. “L’uomo debole che cerca l’amicizia per aiuto”. Ogni uomo, nella propria crescita, dovrebbe
impegnarsi affinché diventi autosufficiente. Non dovrebbe volere un amico per convenienza e per
paura. Prima di affermare l’effettivo valore dell’amicizia bisognerebbe essere certi di poter vivere
bene anche da soli; solo allora, quando l’amicizia diventa una scelta e non una necessità, si potrà
affermare di avere amici e di essere amici per gli altri.
2. “ Gli affanni dell’amicizia”. Personalmente credo che le preoccupazioni e i guai siamo alla fin fine
un ottimo modo per combattere la noia e che, a mente lucida, gli affanni che un amico può
procurarti sono indispensabili non solo per “avere qualcosa da fare”, ma anche per consolidare
l’amicizia stessa.
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3. “Seguire i consigli onesti degli amici”. Dovrebbe essere scontato ascoltare i consigli e i rimproveri
degli amici, ma a volte chi da il consiglio deve sapere che si può anche non essere apprezzati.
Giulia Sicuro
4) L. A. Seneca “Lettere a Lucilio” I, 6
Questa lettera scritta da Seneca a Lucilio mi è piaciuta molto, ma non mi ha suscitato emozioni
forti o particolari. Mi è piaciuta soprattutto perché Seneca dice all' amico che sta cambiando e sta
cambiando in meglio, però dice che non sono "svaniti" ancora tutti i difetti che ha. Mi è piaciuta
particolarmente la frase "Ho cominciato a essere amico di me stesso", perché Seneca dice che per
riuscire a cambiare, c' è bisogno di un amico e questo amico siamo noi stessi. Inoltre trovo questo
pensiero molto significativo e lo condivido.
Angela Albano
Questa è una famosa lettera in cui Seneca scrive a Lucilio. Egli avverte il cambiamento del suo
carattere, infatti dice che si è accorto di alcuni suoi difetti e che cerca di superarli. Nella lettera,
afferma che spera di non trovare più alcun difetto in se stesso e per far capire ancora meglio il suo
concetto di trasformazione, fa riferimento ad Ecatone, trascrivendo una sua frase: “ … ho iniziato
ad essere amico a me stesso”.
Vincenzo Bufis
Seneca dice a Lucilio che i cambiamenti sono inevitabili. Bisogna essere bravi ad accettarli per poi
diventare un buon amico. Infatti solo accettandosi si può accettare l’altro.
Giulia Camporeale
È molto importante conoscere se stessi anche per migliorarsi e magari migliorare la propria vita.
Soprattutto in questo periodo io cerco di conoscermi sempre più, e spesso mi stupisco di scoprire
nuovi lati di me e se sono negativi, tento di cambiarli in meglio.
Angelica Pia Centulio
Il primo passo per cambiare, per trasformarsi è quello di riuscire a vedere i propri difetti: questo
comportamento, infatti, è segno di un animo che fa passi avanti, che migliora fino ad arrivare ad
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essere amico di se stesso, in modo da non rimanere mai soli ed imparare a conoscere meglio il
proprio carattere.
Daniele D’Addario
In questa lettera Seneca dice a Lucilio, che con il tempo sta cambiando, è migliorato in molti
aspetti che prima non erano di suo gradimento, ma soprattutto sta imparando ad accettarsi piano
piano per capire meglio lui com’è diventato. Io condivido in pieno ciò che dice perché prima di
tutta nella vita bisogna imparare a conoscere ed accettare se stessi, ad essere prima amico di se
stessi, per poi essere capace di instaurare rapporti sinceri con gli altri!
Giorgia D’amelj
Secondo me, essere amici di se stessi non è una cosa così semplice come potrebbe apparire. Infatti
è difficile riconoscere ed accettare i propri difetti. Ma è proprio grazie a questo sforzo che si può
cercare di cambiare in meglio, perché come già sappiamo tutti, nessuno è perfetto. Oltre a
riconoscere i propri difetti si possono individuare anche i progressi fatti giorno dopo giorno. Per
quanto mi riguarda “accettarsi” non è molto semplice, probabilmente perché sono come tutti gli
adolescenti in una fase di cambiamento, di crescita: dal punto di vista sia fisico che caratteriale.
Questo, infatti, è un obiettivo molto difficile da raggiungere, ma sperò di riuscirvi.
Michela Dell’aquila
Il concetto fondamentale di questo brano è proprio il cambiamento, la speranza che ci sia sempre
qualcosa che deve trasformarsi, riconoscere in sé stessi il proprio crescere, i propri difetti e le
proprie virtù. L’idea che più condivido e che ritengo fondamentale è quella dell’io-amico:
conoscere sé stessi così bene da considerarsi come un vero e proprio amico che mai ci lascerà.
L’accettazione di sé stessi è molto importante e sottovalutata ed è un obbiettivo abbastanza difficile
da raggiungere, ma ritengo che, solo dopo aver conosciuto davvero il proprio essere ci si può
comportare così come si è realmente.
Claudia Fantini
Il concetto di cambiare, di trasformarsi, Seneca lo vede come qualcosa di aperto, cioè un processo
che può avvenire sempre in qualsiasi momento, può travolgere chiunque e qualunque cosa. Noi non
potremmo mai essere sicuri di ciò che può cambiare o meno, di quando può avvenire questo
cambiamento, ma soprattutto se avverrà o no. Seneca mette in luce l’imprevedibilità del
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cambiamento, di quello che porta, del modo in cui avviene. Il cambiamento è in grado di essere
imprevedibile di “travolgere” e “stravolgere” la vita dell’uomo.
Claudia Graniero
È vero che l’uomo non smette mai di crescere, correggersi e trasformarsi; quindi, ammettere i
propri difetti e mettere da parte l’orgoglio è importantissimo. La frase più bella è:”essere amico di
me stesso”. È verissimo infatti molte volte ci troviamo ad avere dei problemi e sembra che il mondo
intero non capisca. Provi a parlare con tutti ma non comprendono, l’unico/a che capisce cosa provi
sei tu. Molte volte farsi un esame di coscienza e capire qual è il problema è l’unico modo per
combattere il problema alla radice. Solo così possiamo veramente trovare la felicità interiore.
Maria Paola Grasso
Condivido il bisogno di cambiare, di trasformarsi e di migliorare. Come si dice spesso non si
finisce mai di imparare, infatti anche Aristotele affermava: “So di non sapere”. Dall’ infanzia fino
alla vecchiaia si deve essere “affamati di conoscenza”, non dare tutto per scontato e avere la
voglia e il coraggio di cambiare.
Giulia Grieco
Seneca nel testo dice una cosa importante “Ho imparato ad essere amico di me stesso, ognuno può
avere questo amico”. Beh è una cosa vera, essere amici di se stessi è una delle cose principali,
perché essere amici vuol dire accettarsi per come si è e questo serve ad ogni persona, perché c’è ne
sono molte che non riescono ad accettarsi, a piacersi e la soluzione è proprio essere amici di se
stessi e arrivare ad esserlo è un grande passo avanti, forse uno dei più importanti.
Eleonora Montepeloso
Nella lettera a Lucilio Seneca dice che ha fatto molti progressi, e lo nota giorno per giorno. Inoltre
dice che prima ignorava molti suoi difetti che ora sta trasformando e migliorando.Il suo segreto è
essere diventato amico di se stesso. Questa lettera mi è piaciuta perché trasmette delle emozioni,
ossia che ognuno di noi sa i propri difetti ,ma è molto difficile prenderne atto e trasformarli in
pregi.
Rossella Morra
Seneca si accorge che sta cambiando interiormente e spera di non cambiare in peggio e di non
avere molte cose da cambiare. Il suo modo di comportarsi è diverso, anche nei confronti degli
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amici. Seneca vuole farci capire che prima di essere amico degli altri, bisogna essere amici di se
stessi.
Filomena Palumbo
Seneca ha fatto dei progressi e lo vede perché riesce a capire i suoi difetti, perciò non gli basta, ma
vuole condividerlo con un amico. Poiché secondo lui anche se si hanno molte ricchezze, ma non si
possono condividere sono vane ed insignificanti. Inoltre ha imparato ad essere amico di se stesso,
così da non essere mai solo. Tutti possono trovare quest’amico. Io sono pienamente d’accordo con
tutto ciò.
Anna Petrone
Capire i propri limiti è ilprimo passo verso il cambiamento. Essere amici di se stessi, a mio parere;
vuol dire imparare a conoscersi e capire cosa cambiare del proprio essere. Noi crediamo di
conoscerci, ma in verità non sappiamo realmente chi siamo, finchè non diventiamo amici di noi
stessi. Essere obbiettivi è necesario per correggere il proprio comportamento.
Vincenzo Piacquadio
Questa lettera mi ha trasmesso forti emozioni riguardo il messaggio: prima di affrontare qualsiasi
cosa bisogna farsi amico di se stessi, tutti possono farlo. Quando si impara qualcosa non bisogna
tenersela per sé, ma bisogna condividerla con altri. Infatti Seneca dice che sta cambiando, sta
iniziando a conoscere i propri difetti proprio perché è diventato amico di se stesso. Un altro
insegnamento utile è che quasi tutti gli uomini tendono a credere solo a ciò che vedono e non a ciò
che sentono, cioè che ormai nessuno si fida di nessuno. Infine Seneca impartisce a tutti una
importante lezione di vita: quando fa l'esempio che se ci fosse concessa la "sapienza" a condizione
di tenerla chiusa in noi senza trasmetterla ad altri egli rifiuterebbe perché non dà gioia il possesso
di nessun bene, se non puoi dividerlo con altri.
Ilaria Serra
Seneca in questa lettere parla di due concetti fondamentali, quello della sapienza che sarebbe
sterile se non venisse tramandata e trasformata in azioni e quella del conoscere se stessi.
Conoscendo noi stessi infatti, non saremmo mai soli o infelici o in cerca di un amicizia di
convenienza. Ciò che è veramente importante è imparare a conoscere i propri gusti e le proprie
attitudini, conoscere le cause delle nostre azioni e imparare a prevederne gli effetti, essere in
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sintonia con l’immagine che gli altri hanno di noi. Solo così potremmo imparare a godere
dell’amicizia e potremmo essere degli amici sinceri e utili.
Giulia Sicuro
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4 A classico
Prof.ssa Tafuro Daniela
Tematica: L'identità
Letture scelte
1) D. Maraini “Chiara d'Assisi”
2) M. Lodoli “Vapore”
3) C. Ilan “Esilio”
4) L. Doron “L'inizio di qualcosa di bello”
5) C. Pavese “La luna e I falò”
Mentre camminiamo per strada siamo nessuno; mentre beviamo un caffè in un qualsiasi bar siamo
nessuno; mentre siamo bloccati nel traffico siamo nessuno; quando facciamo la fila alla posta e
magari litighiamo per la precedenza, siamo nessuno. Tra miliardi di persone siamo nessuno, ma
per qualcuno siamo tutto. Per il papà che ci difende, per la mamma che ci aspetta sempre sveglia
fino a notte fonda, per il cane che ci corre incontro, per l’amica che ci aspetta per essere consolata.
Per alcune persone abbiamo un’identità, siamo il mondo intero, per altre siamo individui anonimi
con cui si condivide solo la condizione di esseri umani. Siamo il tutto che vive nel corpo di nessuno,
siamo come la punteggiatura di un lungo romanzo, quasi invisibile ma allo stesso tempo
fondamentale. (A. Martino)
Sono mesi che mi chiedo chi sono, perché sinceramente non lo so. A volte sento di essere come
Chiara Mandalà, protagonista del libro “Chiara di Assisi” di Dacia Maraini. Lei, dopo essersi
posizionata di fronte allo specchio, alla sua figura riflessa, chiede: «Ma tu chi sei? Da dove salti
fuori? Che ci stai a fare tu, balorda, in questo mondo balordo?» (P. Marotta)
«Ma tu chi sei?» È questa la domanda che Chiara, la ragazza protagonista del romanzo di Dacia
Maraini, si pone guardandosi allo specchio. Domanda che mi faccio spesso anche io, così come
credo un po’ ciascuno di noi. “Uno, nessuno, centomila”. Forse è questa la risposta. Infinite
maschere, che mettiamo e togliamo di continuo. Ma la soluzione a questo gioco complicato,
irrisolto e bellissimo che è la vita, forse è trovare un punto in comune tra tutte. Ogni maschera è
intrisa di una parte della nostra vera identità. E allora con gli anni inizio a capire che non saprò
mai chi sono in senso assoluto e nessuno mi conoscerà mai davvero fino in fondo, ma per rimettere
insieme i pezzi del puzzle non mi resta che osservare chi so essere io per gli altri. Migliore amica e
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peggior nemica. Un attimo prima e un attimo dopo. L’affascinante incastro della personalità.
Dunque, potrò perdermi mille e mille volte ancora, ma saprò ritrovarmi specchiandomi negli occhi
di chi mi sta di fronte. (A. Gelormini)
«Chi sarò?», «Chi sono?», «Chi sono stato?». Futuro, presente e passato, tre tempi che non
indicano solo tre prospettive diverse da cui guardare ma la scansione di un’intera vita; tre
domande semplici, forse addirittura banali, domande che nascono spontaneamente in momenti
improbabili e a cui sei sicuro di saper dare una risposta; in fondo, non devi far altro che
raccogliere e ordinare, come se stessi compilando una lista, quelle che sono le tue qualità, i tuoi
ricordi , i tuoi desideri, i progetti, insomma quelle caratteristiche che ti rendono definibile e
riconoscibile, che ti identificano tra coloro che ti circondano.
Alla domanda «Chi sarò?» alcuni, guardando avanti, assumono uno sguardo sicuro,
ambizioso, carico di desiderio, di voglia di fare, di mettersi in discussione, altri invece, vuoi per
paura, vuoi per insicurezza, vuoi per pura scaramanzia, si rifiutano di porsi questa domanda e si
concentrano sul presente.
Alla domanda «Chi sono stato?» c’è chi si guarda indietro sereno e soddisfatto,
consapevole di se stesso, delle scelte che ha affrontato, degli obiettivi che ha raggiunto e dei
successi che ha ottenuto; altri, invece, si ritrovano dietro alle spalle la vita che è stata, una vita
incolore e insapore, che non riconoscono, che non sentono propria e nella mente la vita che
avrebbero voluto avere.
Infine, alla domanda «Chi sono?», nessuno riesce a rispondere, poiché infatti ciò che siamo
nel momento in cui pensiamo alla nostra identità, non è che l’attimo di un istante.
«Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni
sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi
terra e paese, perché la sua carne valga e duri di più che un comune giro di stagione». Chi parla è
Anguilla, il libro è quello di Cesare Pavese, La luna e i falò, incentrato sui temi dell’identità, delle
radici, dell’appartenenza, della memoria. Anguilla, tornato dopo diversi anni nelle Langhe dalla
lontana America, ripercorre la storia della sua vita dal momento in cui, appena nato, fu
abbandonato sugli scalini del duomo di Alba, alla ricerca di se stesso e delle proprie origini. Alla
base di ogni identità vi è il luogo in cui si nasce, quel puntino nel mondo che, per quanto piccolo e
sperduto, ti permette di dire: “Io sono, un paese vuol dire non essere mai soli, sapere che nella
gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad
aspettarti”. (F. Bellucci)
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Molto spesso noi uomini riflettiamo sulla vita umana, sull’esistenza, sulla nostra presenza
nell’universo, sul destino, sulla vita e sulla morte e allora viene naturale chiedersi: “Chi sono io?”
A questa domanda molti sono soliti rispondere: “Sono un medico, un insegnante, uno studente”,
limitando la risposta alla professione esercitata. Ma la questione è molto più complessa e
profonda, infatti ognuno di noi vuole sapere se in questo mondo riuscirà mai a fare qualcosa che lo
distinguerà da qualunque altra persona, conoscere il proprio futuro, la propria strada, il senso
della vita, sapere se riuscirà ad essere una personalità brillante, efficiente, capace di migliorare il
mondo, la società. Riflettendo sul nostro io, scopriamo così la nostra unicità e comprendiamo che
non potrà mai esistere qualcuno identico a noi perché ognuno di noi è dotato di una propria
identità, ossia la qualificazione di una persona per cui essa è quella e non altra. l’importante è
riconoscere la propria unicità nell’universo. Quindi alla domanda “chi sono io?” potremmo
rispondere: “Io sono il risultato delle mie scelte, dei miei sogni, delle mie paure, ambizioni,
progetti, sono il risultato dell’ambiente in cui vivo, delle persone che frequento”.
Nel XX secolo Luigi Pirandello ha trattato il tema dell’identità in maniera magistrale.
Vitangelo Moscarda, protagonista di “Uno, nessuno e centomila”, all’osservazione della moglie
sul naso storto, iniziò ad avere una crisi di identità, cominciò a rendersi conto che le persone che
gli erano accanto avevano un’immagine di lui completamente diversa dalla sua. Da quel momento
l’obiettivo di Vitangelo divenne quello di scoprire la sua vera identità. Anche Il fu Mattia Pascal
ruota intorno alo stesso tema. Mattia infatti abbandona la propria identità e adotta il nuovo nome
di Adriano Meis convinto che fosse il primo passo per cominciare una nuova vita, per essere
finalmente libero. Non andrà così, lo sappiamo bene. (L. Albano)
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1 B classico
prof.ssa Aquilano Concetta
Tematica: La disoccupazione
Letture scelte
1) K. M. Donnel - “Stiamo arrivando attraverso la finestra”
2) E. Zola - “La disoccupazione”
2) E. Zola - “La disoccupazione”
Per invogliarci alla lettura, la nostra professoressa di lettere ci ha proposto di partecipare alla Festa
dei Lettori. Abbiamo apprezzato soprattutto il racconto di Emile Zolà che parla della
disoccupazione, argomento che ci ha molto colpito in quanto viene spesso sottovalutato da noi
ragazzi per noia o per totale indifferenza.
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2 B classico
Prof.ssa Berardini Agnese
Tematica: Sul filo della memoria
Letture scelte:
1) M. Proust – La strada di Swann;
2) E. Montale - da “Ossi di seppia”: “In limine” “Ripenso al tuo sorriso”, “Cigola la carrucola del
pozzo”, “Nel muro grafito”, “Delta”, “Riviere”
3) I. Silone - “Fontamara”;
4) C. Pavese “La luna e i falò”
1) Marcel Proust : "La strada di Swann" 1913
Mi ha colpito particolarmente la facilità del protagonista nell’addormentarsi, uno dei tanti modi
per scappare dalla realtà, e nella sua “abilità” nel fare viaggi spazio-temporali che gli ricordano
un incubo della sua infanzia: suo zio che lo tormentava tirandogli i riccioli. Un altro momento
simbolico è lo spegnimento della candela insieme alla fine della giornata.
Ettore Abate
La prefazio del libro ruota completamente intorno al sonno e alla notte, e tutto ciò porta a
numerose riflessioni, facilmente applicabili nella nostra vita.
L’uomo, infatti, si addormenta facilmente senza nemmeno accorgersene, perché è il modo
più facile per dimenticare, smettere di pensare (nonostante il sognare dimostra che il nostro
cervello è in costante funzione) ed entrare in un mondo, una dimensione tutta nostra dove non si è
oppressi dalla realtà, dove la vita scorre lenta, così come viene, senza imprevisti di alcun tipo.
La notte rassicura perché talvolta ci libera da ogni paura, ci protegge.
Chiara Aidone
E’ mezzanotte. L’inquietudine provocata dal buio e dai rumori notturni si mescola alla beatitudine
del protagonista che, coricato nel suo letto, con le palpebre abbassate cerca di sognare.
Nella mente del protagonista si intrecciano mille pensieri e la realtà e il sogno si
intersecano diventando quasi una cosa unica.
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Le riflessioni del protagonista viaggiano instancabilmente, annullano tempo e spazio
coinvolgendo così chi legge il romanzo. Il lettore si ritrova magicamente trasportato in un vortice
di mondi e tempi difficilmente immaginabili.
Ascoltando l’esordio di questo libro mi è sembrato, seppur per qualche istante, di sognare e
riflettere insieme al protagonista, di essere una cosa sola con lui, di sentire anche io i poco
rassicuranti scricchiolii del legno e di vedere con i suoi stessi occhi, di arrivare anche io lì dove la
sua mente arrivava. La magia dunque nell’esordio non manca, poiché secondo me nulla può essere
più magico della notte e dei sogni. In questo esordio la razionalità e i sogni sembrano talmente
simili che è difficile capire dove l’una cominci e gli altri finiscano. Inutile dire che mi ha realmente
colpita catapultandomi, così, nel vero senso della parola, in una realtà alternativa.
Martina Bisogni
Mentre ascoltavo la lettura dell'esordio di questo libro, mi sono ritrovata a poco a poco nella
medesima situazione del narratore: ero lì, seduta, e avevo appena finito di ascoltare le parole di
qualcuno
che
non
conoscevo,
ma
che
improvvisamente
erano
state
fatte
mie.
Mi ricordo delle sere in cui leggevo stralci di romanzi per cercare di capire qualcosa sulla
vita, e di colpo mi ritrovavo in quella stessa storia, con i personaggi al mio fianco che interagivano
con me. Cercavano una risposta, come me, d'altronde. La cercavano nei miei occhi enormi e pieni
di gioia nel constatare che qualcuno, reale o irreale che sia, riusciva a capirmi. Ma poi succedeva
qualcosa, qualcosa di brusco, di violento, come un'onda che sbatte su uno scoglio: la storia si
interrompeva, o finiva, e i personaggi svanivano, i luoghi si dissolvevano, e quel racconto scivolava
piano piano dalla mia testa per dirigersi verso il cuore. Era quell'attimo in cui io ero assente: ero
appena ritornata nella realtà che non aveva mai smesso di circondarmi ma che, in quel momento,
non sembrava mai esser stata mia. Andavo a letto, cercando di immaginare un sequel per quella
storia così bella, cercando di immaginare perfino i volti e i suoni delle voci dei personaggi. Ero al
buio
e
il
pensiero
di
dover
dormire
non
mi
sfiorava
nemmeno
lontanamente.
Ma poi, dopo ore passate a fantasticare su qualcosa di irreale, mi addormentavo.
E il risveglio, come il ritorno alla realtà dopo aver letto un libro, era ugualmente violento. Cercavo
di ricordare qualcosa su un sogno che avevo fatto, ma magari mi sfuggiva perchè ciò che era
avvenuto in quel piccolo stralcio di vita parallela, non mi era concesso in quella reale.
Non ho provato delle emozioni a cui posso dare un nome ben preciso. Posso solo dire di
aver vissuto quest'incipit come un ritorno alla realtà che mi è stato concesso per farmi capire che,
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anche se gli esseri umani sono diversi fra loro, hanno le stesse emozioni e sensazioni durante la
notte.
Stella Elisa Cassinese
Illusione, la capacità del sogno e della letteratura di creare illusioni nel lettore, facendogli vivere
da protagonista la storia del libro, cioè la capacità di immedesimarsi in un libro attraverso il sogno
e lo stesso effetto del libro di renderci partecipi della storia narrata.
Marco Colucci
Leggendo qualche pagina di questo libro mi sono immedesimata nel protagonista. È stato come un
viaggio, un viaggio attraverso il sonno, in luoghi che solo attraverso la mente possiamo
ripercorrere. Il rallentare del brano rende un'atmosfera di solitudine e di tranquillità. L'essere soli
nell'attraversare il dolce viaggio del sonno e all'abbandono dal mondo.
Francesca Di Muro
Attraverso questo brano penso alla bellezza di sognare e per un momento discostarsi dalla vita
reale e immaginare di vivere in posti da sogno o anche conoscere persone diverse. Io mi
allontanerei dal sogno inteso come immaginazione mentre si dorme, ma in realtà immaginazione
inteso come pensiero e sogno di trovarsi in una condizione migliore di quella che si ha nella vita
reale.
In quest' epoca si è troppa realisti e di solito non si ha neanche l' ottimismo di pensare ad
una vita diversa da quella che si possiede.
Giuseppe Gambatesa
L'esordio di questo romanzo mi è piaciuto molto perché l'autore è stato capace di trasmettermi
curiosità per la paura che il protagonista aveva di ricordare. Questo ha fatto scaturire in me la
voglia di terminare la lettura di questo romanzo, per capire se il suo non voler ricordare era
dovuto a paure inconsce oppure a ricordi che in qualche modo gli provocavano dolore, come ad
esempio la perdita di un proprio caro.
Posso dedurre che qualche evento accaduto durante l'adolescenza del protagonista lo
avesse turbato al tal punto da trasformarsi in incubo.
Raffaella Geracitano
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<<…la speranza del conforto mi dava coraggio nella sofferenza…>> secondo me vuol dire che
bisogna essere coraggiosi e avere sempre la speranza, la quale da la forza di andare avanti, di
voltare pagina malgrado i dolori e le sofferenze.
Francesca Iorio
L’esordio di questo libro mi ha fatto pensare alla solitudine, poiché il personaggio cerca invano di
dormire ma non ci riesce, allora inizia a guardare intorno a se stesso, a pensare ed ascoltare i
rumori riuscendo infatti a immaginare di avere un'altra vita riuscendo così a ricreare le sensazioni
e i sentimenti che si trovano all’interni dell’animo umano.
Teresa Iorio
“La Strada di Swamm” di Marcel Proust del 1913, mi ha a dir poco affascinata. L’autore mi ha
posto dinanzi il senso dell’esistenza che per un attimo mi ha fatto sentire vuota,persa,mi ha fatto
sentire quella parte del tutto di cui egli parla. L’uomo del romanzo dormendo, ripercorre il filo dei
ricordi, delle ore e di quegli anni che erano il suo passato, di quegli anni che ormai non torneranno
più ma, soprattutto, di quegli anni che al risveglio hanno ancora la capacità di esistere e di
stravolgerlo tanto da descrivere quella notte come “una notte sofferente”. Il susseguirsi di tanti
ricordi da alla storia un ritmo accelerato e fa aumentare in noi la voglia di conoscere il reale
motivo di quella sua reazione dinanzi a tali ricordi.
Costanza Iuliani
Questo romanzo riporta il piacere del sonno e del sognare trasmettendolo al lettore, creando il
piacere di staccarsi con il sogno dalla vita reale viaggiando per luoghi e tempi diversi anche
ricordando amori passati.
Raffaele Lepore
L'esordio in questione ha suscitato in me emozioni forti di ansiae allo stesso tempo di eccitazione, il
tutto dato da questa continua tematica della lettura “magica ispiratrice di sogni”: grazie ad essa,
infatti, durante una notte piuttosto travagliata tra sonno e veglia, il protagonista rivive, ma
soprattutto riesce a far immedesimare il lettore in vecchi ricordi ( come lo zio che da piccolo gli
tirava i riccioli, abitudine così fastidiosa da rendergli il sogno quasi un incubo ), o addirittura
sogna creature a dir poco meravigliose ( come una donna, così dolcemente descritta ed assaporata
nel suo insieme e poi sparita, come un'apparizione ), dando vita in questo modo a veri e propri
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viaggi temporali ( con letto come traghetto spazio-temporale e la luce di una candela come mappa
in queste avventure ) piacevoli da leggere.
Non potrei perciò negare il fascino che questo racconto trascina con sé fin dalle prime
pagine, che lo ha portato a colpire in pieno il mio ancor giovane animo da lettore e ad invogliarmi
in un proseguimento della lettura.
Pietro Petrilli
Un esordio molto piacevole, ma non mi ha colpito particolarmente, in quanto non mi ha coinvolto
del tutto o non ha suscitato in me emozioni particolari. Il protagonista cade in un sonno profondo e
comincia a sognare. Ciò mi ha dato conferma sul fatto che il cosiddetto ‘sogno’,ovvero quell’altro
mondo che è ‘’vivo’’ ma solo di notte,ci fa perdere la ragione. Esso, ritengo, sia una sorta di altra
dimensione, che ci aspetta. Una dimensione, un universo, o come vogliamo chiamarlo, che creiamo
noi stesso.
Ecco perché è un ‘sogno’, perché lì la vità è come vorremmo che fosse sempre. Questo
esordio quindi, mi ha dato la conferma sul fatto che,sognando, perdiamo la propria identità, e la
propria ragione, come se non importasse in realtà essere qualcuno o qualcosa; importa solo stare
bene, e avere quello che si vuole con un ‘‘chiuder’’ d’occhio.
Clementina Uli
Si dice che chi pensa troppo dorme poco, e credo non ci sia frase più veritiera di questa.. quante
volte, difatti, è capitato è capitato di “stare” come l’uomo del romanzo? Ci si addormenta subito,
quasi senza volerlo, magari colto da un’improvvisa stanchezza, per poi risvegliarsi mezz’ora,
un’ora o due dopo convinti di dover ancora provare ad addormentarsi.
Perché è questa la realtà: la notte è fatta si per dormire ma anche per riflettere, immaginare
e poi per sognare, una volta assopiti, per poi svegliarsi di nuovo e ricominciare a pensare,
ricordare e tanto altro, perché la notte è questa, è il momento in cui il passato (e la vita) vengono a
farti visita.
Federica Viola
L’autore descrive il protagonista come tormentato dalla realtà, dai problemi che lo perseguitano. A
me, in particolare, ha colpito la frase che dice: “a mezzanotte, quando tutto si spegne e i servi man
mano, uno dopo l’altro rientrano nelle loro case, qui viene la sofferenza senza rimedio. In questo
passo spiega che la solitudine è un sentimento logorante, accompagnato dalle tenebre e
dall’oscurità della notte; quindi senza rimedio e fino al mattino seguente si deve sopportare.
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Un altro capoverso che mi ha colpito è: “ Non si possono godere nella realtà le delizie della
fantasia!”
Qui mi fa capire, in senso figurato, che chi legge, vive più vite, dato che la vita reale è invivibile,
quindi solo grazie alla fantasia si può fuggire dai problemi esistenziali, che appena sveglio, a causa
della memoria che pian piano ricompone i ricordi della realtà, torturano l’esistenza.
Maria Rosaria Vitacchione
2) E. Montale - da “Ossi di seppia”: “In limine” “Ripenso al tuo sorriso”, “Cigola la
carrucola del pozzo”, “Nel muro grafito”, “Delta”, “Riviere”
“In limine”
Mi ha particolarmente colpito l’ uso metaforico degli elementi della natura, come il vento e il mare,
per indicare la bellezza di un neonato
“Ripenso al tuo sorriso”
Mi ha particolarmente colpito il modo in cui l’ autore riesce a mettere in risalto l’ importanza di un
sorriso della persona amata e, attraverso questo, colei che ama riesce a capire lo stato d’ animo
della persona desiderata. La frase piu significativa che mi ha fatto pensare è: “il tuo sorriso mi
colora la grigia vita quotidiana…”.
“Cigola la carrucola del pozzo”
Mi ha particolarmente colpito come l’ autore riesce a paragonare un ricordo ad una carrucola di
un pozzo, che, prima riaffiora poi sparisce nel buio della nostra mente.
“Nel muro grafito”
Mi ha colpito il modo di vedere il futuro da parte dell’ autore del libro : spento e monotono.
“Delta”
Il verso piu significativa del testo, a parer mio, è: ” Il tempo dopo la pioggia, il verde, la vita
rovinata da qualcosa o qualcuno” perchè ci fa capire la malinconia che l’ autore vuole
trasmetterci.
“Riviere”
La Riviera è il posto dove tutti i bambini ripongono i loro sogni e dove gli uomini esprimono le loro
difficolta.
Ettore Abate
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Delle sei liriche lette in classe di Eugenio Montale, quelle che mi hanno più colpito, e che perciò mi
sono più piaciute, sono state :“In limine”, “Ripenso il tuo sorriso” e “Riviera”. La prima mi fa
pensare al vento della vita che ci porta memorie e ricordi inaffondabili, un “muro” che però
possiamo superare e lasciarci alle spalle grazie ai nostri fantasmi, quelle paure che ci bloccano,
perché solo superandole o imparando a conviverci si può vivere bene il presente.
Nella seconda lirica, invece, ho riflettuto su quanto un sorriso possa salvarci, affondare
tutto il buio che ci circonda, perché spesso un sorriso può davvero diventare parte essenziale della
vita di ogni uomo.
Nella terza lirica si evince che durante la vita bisogna affrontare delle difficoltà, dei
“periodi bui”, ma alla fine ritorna a splendere il sole per tutti, dando vita ad ogni nostra speranza
e facendoci crescere mentalmente, rendendoci più forti e meno fragili.
Chiara Aidone
L’acqua è da sempre simbolo di vita ed ecco che Montale ne fa emblema della vita che scorre, dei
ricordi che affiorano e scompaiono. Il viaggio nei ricordi di Montale è differente, è particolare,
Montale sembra essere alla continua ricerca di qualcosa di lieto o di atroce da ricordare.
I versi poetici delle liriche ammaliano, ipnotizzano e senza sapere come il cuore comincia a
battere forte, la mente viene scossa da un’onda di pensieri e il volo nei ricordi comincia. Un volo
lieve ma deciso, come le parole delle liriche che seppur lievi colpiscono come una lancia appuntita
il cuore del lettore, impossessandosene, facendolo loro.
Martina Bisogni
Le liriche di Montale mi hanno trascinata nella vera e propria dimensione dei ricordi.
A partire da "Ripenso il tuo sorriso", fino a "Riviere", la mia memoria è stata affiorata da ricordi
di gente passata, vissuta nella mia infanzia o nella mia pre-adolescenza, gente che ha lasciato un
segno dentro di me, profondo come una voragine. I ricordi sono così, come dice Montale stesso,
paragonandoli
ad
un
sorriso:
come
un'acqua
limpida.
Un'immagine chiara seppur offuscata dal passare del tempo, un disegno nitido di un qualcosa che è
avvenuto
e
che
non
potrà
mai
tornare
indietro.
La scia dei ricordi, però, si è trasformata in una scia di un percorso di vita molto profondo.
Ascoltando gli ultimi versi di "Riviere", ho potuto portare in parallelo la mia vita con quei versi.
In quelle righe, infatti, è come se Montale l'avesse descritta, soprattutto quando, verso la fine, ha
detto "cangiare in inno l'elegia, rifarsi, non mancar più", esprimendo un concetto di "rinascita"
che, visto nella mia prospettiva, avviene dopo che si ha avuto una consapevolezza dei propri errori.
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La cosa che mi è piaciuta di più di questa lirica rispetto alle altre, è stata il modo in cui l'autore ha
descritto luoghi meravigliosi come il mare, sottolineano soprattutto le sfumature dei particolari
come le pietre o la riva.
Stella Elisa Cassinese
“Ripenso al tuo sorriso”
Leggendo questa poesia di Montale mi viene subito in mente una bellissima cosa, l' amicizia. Il
valore dell'amicizia infatti è un sentimento che in ognuno di noi suscita bellissimi ricordi , infatti
solo il pensiero di vedere un amico che è tormentato da un mondo vuoto, privo di principi etici,
sorridere evoca nella mente del poeta e anche nella mia una sensazione di pace che sembra portare
la calma anche quando si è afflitti da molti tormenti e ci si sente vuoti.
Ho provato molte emozioni come felicita ,calma, gioia e molte altre che si possono trovare
solo leggendo.
“Cigola la carrucola del pozzo”
Questa poesia all'inizio mi è piaciuta molto perchè mi ha donato una sensazione che è a dir poco
importante per andare avanti, la speranza, infatti l' autore tirando dall' oscurità il secchio vede un
immagine sorridente di qualcuno che non c'è più e che spera di baciarla, quindi di poterla toccare
o per meglio dire di portarla con se.
Poi scopre che la cosa è impossibile perchè lei ora non è piu sua, ma di un altro, del
passato che non da mai niente indietro.
Infatti, l'immagine scompare dal secchio nel momento in cui la si tocca, proprio per simboleggiare
la grande perdita che si è avuta. In questo punto invece ho avuto una sensazione di sconforto e
malinconia dovuta alla tristezza della scena.
“In limine”
Questa poesia non mi è piaciuta perchè suscita subito nel lettore un'impressione di malinconia,
tristezza e di solitudine che scaturiscono sempre dal ricordo.
In alcuni brevi tratti invece la poesia fa capire che la vita deve essere vissuta anche quando
a mancarci sono proprio le forze(1-2). Questo tratto è l'unico elemento in questa poesia che mi ha
suscitato un sentimento di speranza, verso il futuro che allevia le ferite del passato.
Francesco Cardillo
“In limine”
“Vedi che si trasforma questo lembo di terra solitario in un crogiolo”
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Questo verso mi trasmette la rinascita della vita, la perseveranza degli organismi viventi nel
continuare a vivere ed espandersi.
“Cigola la carrucola del pozzo”
“Trema un ricordo nel puro cerchio si fa vecchia,appartiene ad un altro”
Sembra che l’acqua abbia ricordo di ciò che si riflette sulla sua superficie, cioè un volto felice, ma
quando il poeta prova a riconoscersi in questo volto quello scompare, perché non gli appartiene,
appartiene ad un altro.
Marco Colucci
Fra le liriche di Montale mi sono piaciute molto:”Riviere”, in particolare la frase “smarrito
adolescente”, nella quale mi rappresento. Montale paragona infatti l'adolescente smarrito alle
riviere, questo essere in cattività, essere libero. Infatti un'adolescente smarrito è un'adolescente
libero, che vive in “cattività”; e anche “Delta”, in particolare quando si pensa ai ricordi, quando
affiora la memoria dell'uomo. Montale associa il passato a un altro, a un'altra persona. Come se il
passato appartiene a un uomo che ritorna nel presente solo se viene rivissuto.
Francesca Di Muro
“Cigola la carrucola del pozzo”
In questa lirica il poeta rappresenta con la carrucola il raffiorire dei tempi passati. Mi ha colpito
molto il passo che narra quando l'acqua sale e scende nel pozzo. E' un passo molto bello in quanto
capita a volte anche a me che, quando devo compiere delle scelte, sorgono dei ricordi che mi
condizionano nella decisione.
“Ripenso al tuo sorriso”
Infatti anche a me capita di ricordare una persona cara che magari non è più in vita dal suo
sorriso. Io sono d'accordo perchè il primo ricordo di una persona è il suo sorriso. A parer mio esso
è la parte più bella di una persona.
Giuseppe Gambatesa
<<…il fantasma che ti salva…>> il fantasma rappresenta le nostre paure di cui dobbiamo avere il
coraggio di affrontare e che ci salvano e ci rendono più forti
Nella terza lirica l’acqua è paragonata ai ricordi del passato che una volta tornati in mente,
inevitabilmente si fondono con il presente.
Francesca Iorio
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Secondo l’autore il mondo sta diventando freddo e vuoto diverso da quello del passato che
bruciava di gioia e allegria. Cerca di farci capire che la vita è come un fiume del quale si sa solo
l’inizio, ma non si sa la fine. Infatti lui stesso cerca di rivivere la vita attraverso la memoria dei
fatti e dei luoghi del suo passato mettendo in luce il disagio riguardo il tempo che passa.
Teresa Iorio
“Cigola la carrucola del pozzo”
L’autore evidenzia particolarmente la distanza che lo divide da quei ricordi passati che ormai non
sente più suoi ma appartengono ad altri. Ha suscitato in me una sorta di nostalgia del passato
poiché l’autore non può che arrendersi dinanzi all’irrecuperabilità di questo. In altre liriche egli fa
riferimento al futuro che ormai si apre e a quelle mattine paragonate a barche ancorate in rada in
contrapposizione al ricordo di quel fuoco che nelle vene del mondo arse impetuoso.
I ricordi, belli o brutti che siano, portano il cuore di ognuno a sciogliersi. Impresse in me
sono rimaste queste due parole che sono accostate quasi a formare un ossimoro “dolce cattività”;
con queste due parole l’autore fa riferimento a quegli anni da cui vuole fuggire, ma maturando si
diventa un po più forti. Comunque il ricordo di una persona cara porta la vita a rompersi dinanzi
ad esso.
Costanza Iuliani
Leggendo queste liriche ho provato nostalgia di cose passate e ho ricordato, come tutti i
protagonisti delle varie poesie.
La poesia che mi è piaciuta di più è “Cigola la carrucola del pozzo”, nella quale il
protagonista solleva la carrucola e guardandoci dentro vede il viso di una ragazza, la cosa che mi
è piaciuta di più di questa poesia è la metafora della carrucola come i ricordi che tornano indietro
e in questo caso fanno ricordare di un’ amore passato.
Raffaele Lepore
Questa raccolta di liriche contiene a mio parere dei veri e propri capolavori della poesia, tutte così
affascinanti per le tematiche trattate, ma soprattutto per il modo in cui queste vengono esplicitate,
ma solo due tra queste ho trovato particolarmente profonde e perciò ricche di significato: “Ripenso
il tuo sorriso” e la breve ma intensa “Cigola la carrucola del pozzo”.
Abbiamo infatti nella prima un'immagine divina della donna, quasi dantesca e purificatrice
dell'uomo, dal sorriso paragonabile all'acqua limpida di una fonte e così bella sia fisicamente che
nell'animo; proseguendo con la seconda, invece, è da sottolineare il raffiorimento dei ricordi
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passati dell'autore ( “L'acqua che si fonde alla luce” ), un passato che si deforma, si fa vecchio e
non è più nostro; alla fine questo passato ritorna alla sua oscurità per mezzo della carucola, che lo
riporta ad una giusta distanza.
Così dolce anche “In limine” ( dal latino “sulla soglia” ), con la descrizione di questo vento
vitale e portatore di memoria, “nel muro grafito”, in cui l'autore ripensa malinconico ad un fuoco
passato ormai spento e aspetta un futuro in cui “le mattine sono ancorate come barche in rada”,
“Delta”, già dal titolo con il chiaro messaggio di una vita che si rompe, ed infine “Riviere”, con la
descrizione di un paesaggio costiero spento ma il tutto reso meno evidente da una visione ottimista
del futuro.
Pietro Petrilli
Affascinante, coinvolgente e passionale.
Mi ha colpita in modo particolare in quanto pieno di emozioni e paragoni più che adeguati con la
natura. Il ‘suo’ aspetto s’insinua nella memoria,schietto,così com’è, e ci rimane,impresso,come a
rappresentare quel ricordo che non vuole uscire, che per quanto spesso faccia male,alla fine ti
strappa un sorriso, perché è l’unica cosa che rimane,e ti entra dentro, dove la memoria non può
‘giocare’.
“Ripenso al tuo sorriso”
Emozionante questo pezzo, come a dire che, nonostante tutto, il ‘suo’ sorriso è l’unico che porta
quel cielo quieto e quella pace, e cresce dentro te, e lo senti vivo, lo senti tuo. Mi hanno colpito
anche le parole con le quali Montale ha espresso questo concetto. Questo verbo ‘insinuare’, più
che appropriato, come a dire che entra dentro, anche nei ‘vicoli’ più stretti, pur di entrare, e si
impianta lì,fermo. Oppure l’espressione ‘cielo quieto’, come il piacere dopo il dovere, come la
bellezza di una cioccolata calda d’inverno, o come il Sole, dopo la tempesta, che poi splende,
splende persino di più di prima.
Clementina Uli
Delle sei liriche lette quelle che mi hanno colpito di più sono stare “Nel muro grafito” e “Riviera”.
La prima mi ha colpito molto per la frase che si trova nei versi iniziali, dove Montale dice che quel
muro oscura tutto tanto che perfino il cielo non pare affatto infinito.
La secondo lirica, invece, è molto bella perché mette in risalto, più o meno, il fatto che
l’uomo durante la vita è costretto ad attraversare/superare numerosi pericoli e difficoltà, dalle
quali però si esce sempre più forti di prima.
Federica Viola
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Mi ha colpito la frase: “ Godi, prendi coraggio e vai contro corrente”, cioè trova una maglia rotta
nella rete che ci stringe, quest’ultima potrebbe essere la realtà, che ormai non ci lascia più liberi di
pensare; un altro rimedio alla sofferenza di questa prigione (la società, il mondo che ci circonda),
per sfuggire alla realtà potrebbe essere l’amore, accompagnato dalla calma.
La memoria può esserci d’aiuto, per cercare di ricostruire nel nostro futuro i bei ricordi,
cercare di ricrearli non solo nella nostra mente, ma concretamente; però può anche essere
antagonista se si rimugina nei ricordi, quindi il passato è passato, non si torna indietro per
rimpiangere.
“L’arco del cielo appare finito: siamo ormai bloccati, troppo presi dai problemi di ogni
giorno, tanto da non riuscire più a vedere l’immensità del cielo. Infatti la nostra presenza è
soffocata!
… “come l’osso di seppia che piano sparisce”, siamo consumati dalla corrente, il cuore si scioglie
nei ricordi lievi e atroci. Quindi ci arrendiamo subito al mondo, non andiamo contro corrente e
sembra soffocato persino l’eucalipto che vola tra i venti. Ma noi dovremo rinascere un domani,
“come i rami che fioriscono” ce la faremo.
Maria Rosaria Vitacchione
3) I. Silone - “Fontamara”
L’esordio di questo romanzo mi ha fatto riflettere molto su quanto il nostro paese o la nostra città
d’origine, nonostante la monotonia, le difficoltà”, che si possono riscontrare nel vivere sempre allo
stesso modo, una vita “chiusa in un cerchio immobile sia comunque un luogo importante e
indistruttibile dalla memoria di ogni uomo, perché è il luogo in cui si nasce, cresce e in cui si
impara ad affacciarsi alla vita, ad amare, ad avere e dare delusione, e dove si muore, lasciando in
modo permanente lì, una traccia di noi stessi.
Chiara Aidone
Un villaggio in cui la routine giornaliera continua, ogni giorno, sempre uguale colorando le
giornate di leggera monotonia. Un posto, insomma, in cui il cerchio delle azioni giornaliere è tale e
quale al cerchio dei ricordi; dei ricordi che lo scrittore trova proprio in quello strano paesino a
ridosso della montagna che di vivace e colorato ha ben poco. Il paesaggio è spento, morto così
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come l’animo della poca gente che vive lì e che è legata da generazioni a quella strana vita di
azioni fatte quasi meccanicamente da tutti.
Un romanzo, dunque, realistico e che immerge il lettore in alcuni aspetti sconosciuti del “Sud
Italia”, che è per antonomasia definito il posto più bello della penisola soprattutto a livello
paesaggistico, e lo rende l’archetipo della povertà, della miseria e della monotonia.
Martina Bisogni
Quando ho ascoltato questa prefazione, la prima cosa che mi è venuta in mente sono i miei nonni.
Sono nata in una famiglia di contadini, e per questo mi sono subito immedesimata nel libro.
Mi sono ricordata del ciclo terriero di cui parla Silone, della mietitura, della vendemmia, della
semina, di tutte le cose che mio padre, mio zio e mio nonno facevano fino a qualche anno fa.
Mi sono ricordata delle mattine che passavo a casa di nonna, del sapore di orecchiette
appena fatte e del sugo che bolliva, con il sole cocente di mezzogiorno che spaccava in due il vetro
della finestra. Ero piccola, avevo cinque o sei anni, e ogni giorno, verso l'ora di pranzo, nonno
tornava a casa con un cesto di fichi appena colti e con l'odore della campagna addosso.
Mi sono ricordata di quando andavo nel loro paese, tutto in salita, con mille stradine, dove
tutti si conoscevano, la gente parlava continuamente e, come dice il narratore, non ce ne era uno
che non fosse imparentato ad un altro. Quando andavo lì mi sentivo a casa, mi sentivo protetta,
come se mi trovassi in un luogo dove il mondo si era fermato e non esisteva più il male.
Ho vissuto questa prefazione così, come un qualcosa che mi appartiene, come un qualcosa
che un tempo era mio, e che posso sempre andare a ripescare nella scatola dei ricordi.
Stella Elisa Cassinese
La parte che più mi ha coinvolto è stata la descrizione dei cafoni, che indipendentemente da come
siano chiamati in tutto il mondo i contadini, questi rappresentano sulla Terra una comunità a sé.
Marco Colucci
E' stato molto bello leggere la prefazione di questo romanzo, dove affiorano i ricordi d'infanzia del
protagonista. Sembrava che dagli occhi del protagonista rivivessero i momenti della sua vita, in
particolare di quando è vissuto nella terra del sud, dove tutto ciò che si vede e si racconta di queste
terre è falso, solo apparenza. Sono pochi quelli che conoscono il vero volto delle terre del sud. Mi
ha fatto pensare soprattutto alla mia terra, paese in cui vivo, un paese dimenticato. Un paese in cui
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si ripetono sempre le stesse cose, proprio come nel libro. Dove c'è sempre la solita monotonia e la
solitudine.
Francesca Di Muro
La lettura della prefazione del brano ho provato molta delusione nell' ascoltare il solito stereotipo
dei paesini appenninici del sud Italia ovvero l' arretratezza e soprattutto la vita monotona che
compiono i piccoli artigiani o agricoltori. Inoltre viene sottolineata la differenza sociale fra i
grandi proprietari terrieri che furbescamente speculano sugli aiuti dello stato e fanno gli usurai
sulle persone più povere.
Giuseppe Gambatesa
In questa piccola prefazione l'autore è riuscito a trasmettermi un senso di tristezza dovuto alla
descrizione del paese e del popolo che lo abitava.
Di come i cafoni fossero sottomessi ai potenti ed il loro unico scopo di vita o di
sopravvivenza fosse il lavoro e non l'interesse per le proprie condizioni. Il tutto lasciandomi
immaginare di quanto non avesse un buon ricordo l'autore del proprio paese.
Raffaella Geracitano
L’autore ricorda il suo passato informandoci di quello che si faceva nel suo paese di cafoni, la
monotona vita delle persone, le morti, le nascite, ma anche fatti strani come le ingiustizie che si
erano verificate li per i venti anni nel quale vi aveva vissuto assistendo alle nascite e alle morti
senza che niente cambi mettendo in luce una straordinaria monotonia. Paragona quest’ultima a
quella di qualsiasi paese meridionale, quando in verità non ha niente di uguale se non le abitudini.
Teresa Iorio
E' uno stralcio invece che non ho particolarmente apprezzato. Non ho provato alcuna emozione
leggendo questo brano se non una sorta di monotonia e per certi passi anche un leggero
divertimento. Ho riscontrato però molte similitudine con il paese in cui io vivo, Motta
Montecorvino. E’ un piccolo paese, come nel paese descritto da Silone, colpito da una forte
monotonia nella vita e siamo più o meno tutti uniti da un legame di parentela, questo spiega anche
come mai ci conosciamo e salutiamo in modo reciproco.
Costanza Iuliani
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In questo esordio l'autore mi ha riportato certamente a tematiche importanti (tipiche di un romanzo
realistico , come quella della classica e rigida divisione in classi di un paesino come Fontamara
(con cafoni e piccoli proprietari, oltre ad artigiani nel mezzo), delle diverse discriminazioni fra
queste, della miseria dei contadini “razza indipendente”, unica al mondo, e della situazione di
completo degrado del borgo in cui il protagonista ha trascorso ben vent'anni della sua vita,
riuscendone però a descrivere in poche righe lo stato di arretratezza in cui esso versava (Silone si
ispirava nel suo racconto a Piscina, paesino della marsica in cui ha vissuto realmente la propria
adolescenza), nel corso della dittatura fascista e successivamente della guerra.
In particolare, l'autore anticipa inoltre ad avvenimenti prossimi futuri nel tempo, soprattutto
con la frase finale: “Non fidarsi della gente nera”, riferendosi al colonialismo italiano in africa
centro-orientale. Il romanzo, con la sua linearità, oltre che l'utilizzo di un linguaggio fin troppo
crudo per esplicitare concetti e verità dell'epoca, lascia molto spazio ad una riflessione sugli
argomenti prima citati, cercando e riuscendo, almeno nel mio caso, ad appassionare il lettore.
Ho provato malinconia profonda e sentita all’ascoltare i ricordi negativi delle nostre terre.
ancora mi ha colpito l’origine del termine cafone che non significa persona di bassa cultura ma
erano i contadini e coloro che combattevano per sopravvivere e salire nella piramide sociale
composta da pochi e poveri.
Pietro Petrilli
Questa prefazione mi ha particolarmente colpito in quanto l’ho trovato molto divertente e
informativa su un piccolo paese meridionale, con le solite abitudini e questa monotonia nel fare
sempre le stesse cose. Non mi ha regalato particolari emozioni. Per quanto possa essere divertente
per un lettore, allo stesso tempo può essere profondo, toccante. Analizzando il tutto, c’è questa
monotonia; Silone ha rappresentato una realtà che può essere a primo impatto anche ‘spassosa’
per chi lo legge, in quanto la gente invece di cantare allegramente, bestemmia; ma poi forse un po’
triste, in quanto è presente questa monotonia che persiste e questa assenza di volontà nel cambiare.
Ritengo che dietro ogni storia divertente, spesso ci sia qualcosa di profondo ,come una persona che
ride troppo ha tanta tristezza dentro. Perciò, secondo me, dietro questo racconto, dietro questo
paesino c’è il dispiacere magari di non saper cambiare.
Clementina Uli
Nella prefazione si evince che il paese di origine, quello in cui si nasce, cresce e spesso dove si
muore, nonostante tutti i difetti e la monotonia che lo costituisce, è sempre un luogo che si lega
all’uomo in modo forte e talvolta indistruttibile.
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La descrizione del meridione dell’epoca viene fatta in maniera accurata e realistica,
mettendo in risalto la divisione sociale e, in particolare, la situazione dei cosiddetti “cafoni” , sia
dal punto economico che sociale che familiare.
Inoltre si nota molto lo sfondo autobiografico del libro e come probabilmente lo scrittore ha
vissuto i primi vent’anni della sua vita.
Federica Viola
Nel piccolo villaggio di Fontamara accade di tutto, ciò che succede nel cosmo, li è solito; è un
paesino molto arretrato, un villaggio a sé, fuori dal mondo che cambia! Addirittura i piccoli
proprietari terrieri, gli unici un po’ più ricchi, hanno speculato su tutto alla gente povera, quindi
ignorante e credulona, tanto da ridursi ognuno a cafone.
La monotonia è immensa ed estenuante, nessuno si è mai preoccupato di cambiare quella
straziante, ripetitiva e solita situazione!
“Le ingiustizie sono tramandate, talmente antiche che frequenti come la pioggia”.
Le disgrazie, cioè, sono molte, la povertà si accumula di generazione in generazione in quel
misero villaggio si concentrano tette le sventure dell’Italia meridionale di quel tempo.]
Maria Rosaria Vitacchione
4) C. Pavese “La luna e i falò”
Mi ha particolarmente colpito il modo in cui l' autore parla del fatto che non sa dov'è nato però
associa la sua casa ad ogni luogo dove lui non si sente mai solo e si trova a suo agio.
Ettore Abate
Grazie al I capitolo di questo romanzo ho capito quanto possa essere infelici essere all’oscuro di
ogni notizia riguardante la propria origine, la propria famiglia, la propria provenienze, il proprio
paese.
Perché un paese vuol dire non essere soli, avere sempre un angolo, un quartiere, una casa
che ti ricordi la tua infanzia o qualcosa di “tuo”.
Nonostante ciò, però, non bisogna per forza essere nati in un posto per averlo nel cuore, ma
esserci nati e vissuti fa una grande differenza con “l’esserci stato di passaggio”, seppur per non
pochi anni.
Chiara Aidone
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Un ritorno in un paese che il protagonista non sembra sentir suo. Io credo che più precisamente sia
diviso in due metà: la parte che sa di aver vissuto a lungo in quel paese e che gli suggerisce di
essere ormai davvero a casa sua e la parte che cerca ancora di scoprire chi in realtà è.
I ricordi si affollano nella mente del protagonista e la domanda è sempre la stessa: Chi
sono? Da dove vengo? E’ quindi tutto ciò un viaggio alla scoperta del proprio io per mezzo di
ricordi ben chiari e precisi.
Questo romanzo lo ritengo molto bello nella sua complessità poiché fa scoprire non solo
ricordi che talvolta crediamo di aver archiviato e dimenticato ma anche la persona che c’è al di là
di quei ricordi.
Martina Bisogni
Questo esordio è stato quello che mi ha emozionato di più perchè mi ha fatto capire che non
importa sapere dove si è nati, perchè ci sarà sempre un posto che noi chiameremo casa solo perchè
lì
non
ci
sentiamo
mai
soli.
Anche per me è così. Sono nata e vivo a Lucera, ma la mia casa è altrove.
La mia casa è immersa nella più rumorosa città d'Italia, nella città della moda del momento:
Milano.
Milano è la mia casa, il mio rifugio. Milano è, come dice Pavese, "un paese dove non
sentirsi
soli".
C'è stato un punto in cui ha parlato dell'evoluzione della città che mi ha fatto pensare subito al
viaggio annuale che faccio. Ogni volta che "torno a casa" trovo cose nuove, e a me piace vedere
come qualcosa che amo cambia ma conservando sempre la sua bellezza naturale.
E poi, Pavese ha parlato di "metter su radici", facendo capire che bisogna viaggiare e,
soprattutto, bisogna farsi conoscere, lasciare il segno. Bisogna far capire alle persone quanto
valiamo, ma per prima cosa c'è bisogno che lo capiamo noi stessi, altrimenti non potremmo mai
chiamare un posto "casa", se una casa vera e propria non l'abbiamo prima dentro di noi.
Stella Elisa Cassinese
Ogni paese per i suoi abitanti è tutto il mondo, non esiste altra realtà al di fuori di questo, ed è più
o meno la realtà di tutti i paesini .Questo brano mi fa riflettere sul fatto che il viaggiare sia l’unico
modo di capire il mondo e di acquistare consapevolezza.
Marco Colucci
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Di questo romanzo mi è piaciuta la frase: “tutte le carni sono buone”, nel senso che tutte le
persone nel mondo sono buone e appartengono tutti a una sola razza. Questo romanzo mi fa
riflettere soprattutto su questo non appartenere al paese, ma che comunque non si è soli.
Francesca Di Muro
Io condivido pienamente l' idea dell' appartenenza al proprio luogo d' origine. Personalmente sono
molto legato al mio paese oltre che per gli affetti, anche soprattutto per le radici storiche e
culturali che esso possiede. Infatti particolarmente è importante sapere la storia del proprio luogo
d' appartenenza in quanto a volte si prende con superficialità e di solito non ci si pongono
nemmeno delle domande sulle origini della propria città. Appartenere ad un luogo significa non
essere mai soli e sapere che anche quando lo si lascia esso è sempre pronto ad aspettarci.
Giuseppe Gambatesa
In questo capitolo, l'autore mi ha trasmesso il senso dell'importanza di conoscere le proprie origini,
perché immaginando di non avere nessun ricordo dei propri genitori, del paese natio mi farebbe
sentire quasi come una persona senza identità.
Raffaella Geracitano
L’autore racconta degli usi, dei costumi, delle tradizioni e dei comportamenti degli abitanti del suo
paese evidenziando il senso di appartenenza alla propria città d’origine dove viveva da adolescente
e che gli riporta alla mente molti ricordi della sua infanzia
Francesca Iorio
L’autore ripensa alla sua infanzia identificandosi con il luoghi, i sapori, gli odori, abitudini del
luogo in cui è nato mettendo in luce il suo desiderio di cambiamento, ma anche di ritorno al
passato. Mi ha trasmesso una grande malinconia, facendomi pensare che l’autore soffriva di
solitudine e attaccamento al passato ripensando alla sua infanzia ed adolescenza.
Teresa Iorio
Cesare Pavese invece nel suo romanzo “La luna e i falò” del 1949 mi ha fatto riflettere molto sulla
mia identità. Egli sceglie di iniziare dicendo di non sapere chi fosse o dove fosse nato o magari di
che carne fosse fatto,ciò mi ha fatto riflettere su quanto fosse importante per lui il luogo natale,
l’assenza di quel luogo a cui sentirsi legato. Continua dicendo di non sapere di che carne fosse
fatto, ma girando per il mondo di carni ne aveva viste e gli erano sembrate anche particolarmente
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buone. Forte è il desiderio della scoperta della terra di appartenenza e forte è il bisogno di novità,
ma anche di cambiamento. Tornare nel suo paese non solo gli ha fatto capire che c’era qualcosa
che gli mancasse ma per lui è stato importante soprattutto sapere che il paese aspetta sempre tutti,
anche coloro che lo abbandonano, è sempre li ad accogliere tutti coloro che lo volessero scrutare
in ogni minimo particolare. La cosa su cui la mia attenzione si è soffermata è che vivere in un
paese significa non essere mai soli, significa sapere che se anche non ci si dovesse vivere più, nella
gente oppure nelle piante qualcosa di tuo c’è,e rimarrà sempre li ad aspettare, e credo che non ci
sia nulla di più bello.
Costanza Iuliani
Molto bello mi fa sentire felice di sentirmi appartenente ad una terra ad una famiglia che è la cosa
più importante nella vita; tornare nella propria terra vedere le proprie radici ricordando la
propria famiglia la propria casa i propri amici.
Raffaele Lepore
Del brano in questione mi ha colpito esclusivamente il riconoscere da parte del narratore, almeno
nel corso della sua età di adolescente, il suo borgo come “l'intero mondo”, ma, avendolo poi
successivamente “girato” il mondo, lo ha descritto come se composto da tanti piccoli paesi come il
suo, e che perciò forse da ragazzo non avesse avuto fin tutti i torti.
Tutto ciò mi porta pensare alla sua infanzia, a come essa sia stata del tutt'ora diversa, da
quella vissuta, ad esempio, dai miei nonni e dai avi, oltre di come il mondo si stia evolvendo:
tuttavia ritengo certamente negativo l'aver perso numerosi aspetti e usanze di allora, ed è un bene
riportarle alla luce con la lettura di un libro come questo.
Pietro Petrilli
Uno stralcio che devo dire non mi ha colpito particolarmente. Questo uomo che è in cerca se stesso
e le sue origini. Un uomo che non conosce il suo paese natale, e non capisce come sia possibile,
alla sua età non sapere dove si è nati. Secondo lui Paese significa non sentirsi mai soli, perché a
ogni angolo c’è qualcuno, che magari è lì per te.
Probabilmente questo uomo soffre anche di solitudine, perciò fa riferimento al non sentirsi
soli in un paesino. Magari è alla ricerca di casa sua, ma forse è inanzitutto alla ricerca di se stesso.
Tuttavia l’ho trovato un brano privo di particolari emozioni.
Clementina Uli
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Nell’esordio, a differenza, di quello di Silone, viene messa in risalto la non appartenenza a un
determinato luogo del protagonista; difatti egli non sa da dove viene e chi sia. Invece ora, da
adulto, dopo aver viaggiato e scoperto il mondo, tornando in quei luoghi che hanno fatto da sfondo
alla sua infanzia si rende conto del distacco tra lui e la sua “casa”, proprio perché non vi
appartiene davvero. Le origini, la provenienza e la famiglia (quella di sangue) sono perciò tre cose
davvero fondamentali nel corso della vita, soprattutto per capire se stesso.
Federica Viola
Nella società sono presenti molti pregiudizi, cioè si trattano bene solo i figli dei potenti. Il ricordo
non c’è, e senza ricordo è come se mancasse una parte di te, infatti il protagonista non conosce le
sue origini!
Spiega che anche se lui non lo possiede, avere un paese d’origine è confortante; da ragazzo
si è accontentato di dove era cresciuto, credeva che il mondo fosse solo quello, rassegnato. Poi
però è uscito, ha visitato e scoperto il “vero” mondo e ha capito che comunque tornare è sempre
bello. Essere consapevole che qualcosa ti appartiene, non puoi sfuggire, altrimenti la nostalgia ti
prende, quindi la casa è la cosa più bella!
Maria Rosaria Vitacchione
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2 A scientifico
prof.ssa Mariani Simona
Tematica: Narrativa realistica
Letture scelte
F. De Roberto - “La disdetta”
La citata novella di De Roberto ha per protagonista la nobiltà decaduta siciliana di fine ottocento
incarnata dalla principessa di Roccasciano, da un marchese e da un sacerdote accomunati dal vizio
del gioco. Quasi quotidianamente, infatti, la residenza della principessa è frequentata da gente
apparentemente amica ma, in sostanza, approfittatrice, lì per spillarle denaro, anche barando
attraverso le carte, o per scroccarle il pranzo. Le conseguenze di questo stile di vita sono
testimoniate dalle condizioni della casa, in passato splendida, nel presente con tappezzerie strappate
e cosparsa di sputi e mozziconi. Nei pochi sprazzi di lucidità, la principessa chiede rendiconto dei
propri averi al suo amministratore, consapevole della necessità di lavori importanti di restauro. Al
sentire che la realtà è tutt' altro che rosea per la grande quantità di debiti contratti proprio col vizio
del gioco, reagisce non assumendosi le proprie responsabilità ma ordinando:”Fate, fate voi, don
Peppino. Vi do carta bianca. Mi raccomando, trovatemi denaro. Scusatemi, mi aspettano…“
Il vizio del gioco è presentato nelle sue conseguenze fisiche, poiché la principessa perde l'
appetito, soffre di stomaco, trascorre molte ore nel letto priva di energie, che pare recuperare solo
nella febbrile eccitazione provata al tavolo verde. Tuttavia danni sono presentati anche a livello
psicologico, dato che la protagonista passa dall' abbattimento all' esaltazione e, inoltre, presenta una
volontà molto debole che non le consente mai di mantenere il proposito più volte formulato dell'
ultimo giro a carte.
La situazione non muta neppure quando si trasferisce nella residenza di campagna per
“disintossicarsi”, poiché il viavai di avventori rimane immutato.
Emblematico è il finale: la novella si conclude con la morte della principessa che in un letto non
suo, avendo subito l' espropriazione anche della casa, gioca la sua ultima partita usando al posto dei
soldi pasticche ed esclama:”Che disdetta” , vinta per l' ennesima volta.
Abbiamo apprezzato la lettura di questa novella per una serie di motivi. Innanzitutto
abbiamo avuto un approccio alla letteratura del verismo più piacevole rispetto al ricordo che di essa
avevamo attraverso Verga. In secondo luogo ci ha colpito la finezza con cui De Roberto delinea la
psicologia dei personaggi e, principalmente, della principessa così “umana” nei suoi ondeggiamenti
e autoinganni. Infine, abbiamo riscontrato una grande attualità delle tematiche affrontate poiché
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oggi la piaga del gioco è tutt' altro che superata. In questi tempi di crisi molti sono quelli che in
difficoltà economiche cercano in tal modo di alleviarle, riuscendo solo ad indebitarsi maggiormente.
Oggi tante sono le possibilità che si offrono a chi vuole tentare la fortuna: slot machine, scommesse,
lotterie, gratta e vinci, lotto e superenalotto...Nei giorni successivi, dibattendo sull' argomento, ci
siamo soffermati sulle responsabilità che pare avere lo stesso Stato, che sostanzialmente avalla tale
situazione e, anzi, ne ha fatto occasione di lucro, limitandosi a suggerire nelle pubblicità con una
voce accelerata e sottotitoli poco leggibili:”Gioca il giusto… Può creare dipendenza…”. Questa
novella, quindi, pur fotografando una realtà di fine ottocento così distante da noi nello spazio e nel
tempo, finisce per ritrarre in modo ironico e spietato situazioni assai familiari.
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3 A scientifico
prof.ssa Mazzeo Adelia
Tematiche: Il segreto di un successo; Adolescenza, amicizia, amore e dolore;
Questioni di stile .
Letture scelte
1) “La saga di Harry Potter”
2) A. D'Avenia - “Bianca come il latte rossa come il sangue”:
3) M. Lodoli - “Vapore”
1) “La saga di Harry Potter”
Un libro ti tiene compagnia, ti apre la mente, ti permette di viaggiare nello spazio e nel tempo, ti
consente di vivere vite parallele, ti fa SOGNARE...
Autrice
Joanne Rowling è una scrittrice britannica nata il 31/07/65. La sua fama è legata alla serie di
romanzi di Harry Potter:
- Harry Potter e la pietra filosofale 1997
- Harry Potter e la camera dei segreti 1998
- Harry Potter e il prigioniero di Azkabam 1999
- Harry Potter e il calice di fuoco 2000
- Harry Potter e l'ordine della Fenice 2003
- Harry Potter e il principe mezzosangue 2005
- Harry Potter e i doni della morte 2008.
Dopo aver frequentato l'università, traslocò a Londra per lavorare per Amnesty international e fu
proprio in questo periodo che su un treno, nacque il personaggio di Harry Potter, seguito da
Hermione, Ron e Hagrid. Iniziò dunque a scrivere il primo romanzo, "Harry Potter e la pietra
filosofale", durante le pause pranzo. Nel 1993 terminò il manoscritto e, dopo aver proposto il testo a
diverse case editrici, nel 1977 la Bloomsbury pubblicò il manoscritto.
Trama
Harry Potter è un libro fantastico e di avventura. La saga racconta la storia del piccolo Harry orfano
già in tenera età e, per questo, costretto a vivere con i suoi zii materni e suo cugino, che però non lo
fanno mai sentire parte della famiglia.
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Compiuti 11 anni, scopre di essere un mago grazie ad una lettera datagli da un grosso omone,
Hagrid, tanto grande quanto buono. Questo è il custode della scuola di Hogwatrs, la scuola di magia
e stregoneria che Harry frequenterà.
Hagrid gli spiega che la gente comune, senza poteri, è chiamata babbana e non è a conoscenza del
mondo magico.
Il custode gli spiega inoltre che lui è l'unico sopravvissuto al potente Signore Oscuro, Voldemort,
grazie ai suoi genitori che hanno dato la vita per lui, per questo è famoso nel mondo dei maghi.
Hagrid accompagna Harry a comprare tutto il necessario per frequentare Hogwarts.
Harry con tutti i maghi del 1° anno rimane incantato da Hogwarts, un castello ricco di magia, con
fantasmi, candele sospese a mezz'aria e scope volanti.
Ad Hogwarts Harry conosce Ron ed Hermione che diventeranno i suoi migliori amici. Tra lezioni di
magia e partite di Quidditch (il gioco dei maghi)... si nasconderanno tanti pericoli: Harry proprio
con i suoi migliori amici riuscirà a sconfiggere Voldemort.
Durante gli anni a Hogwarts conoscerà un grande amico dei suoi genitori, Sirius, il suo padrino. A
causa di Voldemort Harry subirà varie perdite: Sirius; Silente, il preside della scuola, grande amico
e aiutante di Harry; molti amici come i due fratelli di Ron; il suo insegnante di pozioni Severus
Piton, che Harry credeva volesse ucciderlo ma alla fine si rivela essere stato sempre un protettore di
Harry perché era innamorato di sua madre.
Nel corso degli anni Harry si innamora della sorella più piccola di Ron, Ginny. Anche Ron ed
Hermione si innamorano e questo è un vero e proprio colpo di scena, perché i due migliori amici di
Harry sono sempre stati in conflitto tra di loro.
Il culmine dello scontro tra i due maghi viene raggiunto alla fine del 7° libro, quando Harry e
Voldemort si trovano per l'ultima volta faccia a faccia sulle macerie di Hogwarts. Harry dopo aver
distrutto i sette Horcrux, parti dell'anima di Voldemort, si sacrifica poiché l'ultimo Horcrux per
sconfiggere definitivamente il Signore Oscuro è proprio lui.
La sua, però, è una morte temporanea durante la quale incontra Silente che gli dice di mettercela
tutta per salvare il mondo, così Harry torna a vivere.
Finalmente riesce ad uccidere Voldemort mettendo fine alle stragi di cui il Signore Oscuro si era
macchiato.
L'autrice conclude la saga con Harry che con la moglie, Ginny, accompagna i suoi bambini a
prendere il treno per Hogwarts.
Considerazioni
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Noi crediamo che Harry Potter sia un libro coinvolgente e appassionante ed ha avuto grande
successo proprio per questo.
È coinvolgente perché nonostante i personaggi abbiano una vita piena di magia, hanno anche una
vita normale come noi e sono trattate tematiche che ci riguardano. Per questo ogni adolescente può
identificarsi in qualche personaggio del libro.
È molto appassionante e interessante perché ci sono tante storie che si intrecciano in modo da
lasciare i lettori a bocca aperta e con il fiato sospeso alla fine di ogni capitolo, spingendoli a
continuare sempre a leggere.
Il segreto principale del successo della saga di Harry Potter è che l'autrice è riuscita con la sua
immaginazione strabiliante ad inventare e a creare un mondo magico parallelo con tutte le
particolarità proprie della vita quotidiana.
Infatti esiste un Ministero della Magia che governa il mondo magico, uno sport mondiale e tutte le
strutture dello stato, compresi scuole, ospedali e la prigione di Azkaban.
Ha creato un mondo di cui tutti noi vorremmo far parte.
Il bello di questo libro è che il lettore si sente parte di ogni capitolo, sembra che ogni passo che
faccia Harry venga fatto anche da noi. Perciò possiamo dire che ognuno di noi è amico di Harry,
ognuno di noi ha frequentato Hogwarts, ognuno di noi ha sconfitto Voldemort e ognuno di noi ha
salvato il mondo magico.
Capogruppo: Franciosa Simona
Altri componenti: Campanaro Emma, Cantore Simone, D'Angelico Irma, De Palma Michela, El
Ouardi Iman, Forte Orlando, Giannetta Martina, Pupillo Domenico, Soprano Francesco, Ventucci
Stella.
2) “Bianca come il latte, rossa come il sangue”
Autore
Alessandro D’Avenia , nato a Palermo nel 1977, laureato in lettere classiche, insegna lettere al
liceo. Si presenta sempre come “uno scrittore e un insegnante perdutamente innamorato della
realtà”. Il suo romanzo d’esordio è “Bianca come il latte, rossa come il sangue” da cui viene tratto
l’omonimo film di cui egli stesso è lo sceneggiatore. Già da subito il romanzo ha avuto un grande
successo, tanto da essere candidato al “Premio Strega” insieme a “La solitudine dei numeri primi”
di Paolo Giordano. Scrive questo romanzo ispirato ad una storia vera che gli è stata raccontata
cinque anni prima da un ragazzo mentre faceva una supplenza al liceo Dante di Roma. Lo studente
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gli parlò del dolore per la scomparsa di una ragazza di nome Irene della sua stessa scuola morta
l’anno precedente di leucemia. Dopo qualche tempo lo stesso studente gli ha chiesto di dare una
voce e un senso al suo dolore, raccontando la sua storia.
Trama
Leo, un adolescente che frequenta il terzo anno del liceo classico, è perdutamente innamorato di
Beatrice che descrive così: “occhi verdi che quando li spalanca prende tutto il viso, capelli rossi che
quando li scioglie l’alba ti viene addosso”. Leo paragona ogni cosa ad un colore; per lui Beatrice è
il rosso come l’amore, la passione, il sangue; odia invece il bianco paragonandolo al silenzio che
non ha, infatti, nessun colore. Leo non si accorge però di Silvia, la sua migliore amica che vorrebbe
essere per lui qualcosa di più. Infatti Silvia dava a Leo informazioni sbagliate riguardanti Beatrice,
sperando di attirare a sé le sue attenzioni. Dopo diversi giorni Leo viene a sapere di una malattia che
stava consumando Beatrice: la leucemia. Quindi, sentendosi impotente, decide di donarle il suo
sangue sperando che quello di Beatrice da “bianco” diventi “rosso”. Nonostante i vari tentativi di
salvarla, Beatrice muore. A Leo resta soltanto il suo diario, che definisce la sua “seconda pelle” nel
quale la ragazza scrive di non aver paura di morire se Dio le rimane accanto. Dopo la scomparsa di
Beatrice, Silvia confessa tutto a Leo attraverso una lettera, in cui gli rivela tutta la verità esprimendo
il suo sincero pentimento. Per tutta l’estate Leo e Silvia non si cercano, fino a quando lui apre la
lettera sente il bisogno di vederla. Va sotto casa sua e tra i due nasce un nuovo sentimento: l’amore.
Considerazioni
Il libro si incentra sull’adolescenza, un periodo che si vive un pò così tra l’amicizia, amore e dolore.
Ogni adolescente, come Leo, ha avuto un amore “impossibile” che fa gioire, ma allo stesso tempo
fa soffrire. Ed è proprio in questi momenti che si riconoscono gli amici, quelli “veri”. Tutti gli
adolescenti hanno un sogno, il sogno di Leo era “Beatrice”.
Capogruppo : Corvelli Caterina
Altri componenti : Altieri Antonietta , Barbaro Rebecca, Moccia Antonio, Petruccelli Cecilia, Russo
Immacolata, Stellabotte Marco, Valente Daria
3) “Vapore”
Il libro “Vapore” è stato scritto da Marco Lodoli. L’autore è nato a Roma il 22 Ottobre 1956 .
Laureato in lettere, è un insegnante di italiano in un istituto professionale a Roma.
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Dapprima era uno scrittore di poesie, approda al romanzo dopo aver vinto il premio Mondello,
grazie al giudizio della critica. I temi ricorrenti delle sue opere sono il viaggio e la morte, ma
soprattutto il rapporto tra l’io e l’altro e la diversità.
Trama di “Vapore”
Il libro parla della storia di Maria Salviati, una donna di settantadue anni, con un figlio e un marito
sparito nel nulla da più di trent’anni. Professoressa si scienze in pensione,Maria è una donna
anziana, sola, e ossessionata dalla paura di dimenticare. E allora non le resta che ripetere la sua vita
a voce alta con le parole che resistono, come una poesia imparata a memoria, anche se ogni giorno
se ne va una strofa, una rima. Finchè una mattina qualcuno bussa inaspettatamente alla sua porta.
Gabriele è un agente immobiliare, con un sorriso timido e un ciuffo ribelle sulla fronte.
Spunta dal nulla, per comunicarle che la vecchia casa di campagna a un’ora scarsa da Roma ha
trovato dei potenziali acquirenti. Senza pensarci troppo Maria prende la sua borsetta e lo segue. Ma
le visite sono poche, e mai quelle giuste. Maria e Gabriele trascorrono intere giornate in attesa, su
una panchina e insieme ripercorrono le storie vissute nella vecchia casa.
E cosi Maria, finalmente, può smettere di parlare da sola e recitare a qualcuno la “poesia” della sua
singolare esistenza, dall’infanzia fino agli anni più intensi di vita, quelli trascorsi con il marito
Augusto,il giocoso e inconcludente mago Vapore,e l’amato figlio Pietro, sognatore e comunista.
Maria avrebbe voluto proteggerli dalle loro piccole e grandi bugie, tenerli stretti dentro la lucidità
del suo sguardo. Ma neanche l’amore può tanto. In questo libro, Marco Lodoli ci regala un’altra
figura femminile memorabile, e l’affresco commovente di una famiglia non convenzionale,
vaporosa e dura, che nasconde un drammatico segreto.
In questo testo è molto frequente l’utilizzo del discorso indiretto libero che riporta in forma indiretta
il discorso di un personaggio mantenendo alcune caratteristiche del discorso diretto soprattutto per
quanto riguarda i verbi. Altra caratteristica del discorso diretto libero è la mancanza di un verbo di
dire e della congiunzione “che”. Questa struttura sintattica invoglia il lettore a continuare a leggere
visto che sono evitati segni grafici e interruzioni tipiche del discorso diretto,rendendo l’opera più
gradevole e appassionante.
Questo libro, pur essendo abbastanza ridotto, tratta una storia fresca, allegra e spensierata toccando
però tematiche importanti come l’importanza della memoria ,il comunismo, cioè la fede politica di
Pietro…Il libro ci è piaciuto molto perché è molto scorrevole nella lettura e a tratti emotivamente
avvincente.
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Capogruppo:Valente Luca.
Altri membri:Di Carlo Francesco,Di Giovine Ruggero,Di Pasqua Giovanni,Monaco Mattia,Olivieri
Alfonso,Pupillo Antonio,Tutolo Ettore,Vecchiarino Gennaro.
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3 B scientifico
prof.ssa Mariani Simona
Tematica: Adolescenti di fronte all'innamoramento
Letture scelte
J. Green - “Colpa delle stelle”
“Colpa delle stelle”
“Colpa delle stelle” è un romanzo di John Green del 2012, da cui nel 2014 è stato tratto l’ omonimo
film. Il titolo riprende la famosa frase del Giulio Cesare di Shakespeare rivolta dal nobile Cassio a
Bruto:” la colpa, caro Bruto, non è delle stelle ma nostra che ne siamo dei subalterni”.
Le tematiche portanti del film sono l’ amore nato fra due adolescenti, la malattia e l’ amicizia. Il
narratore è interno e la narrazione è auto- diegetica, infatti è Hazel, la protagonista, a raccontare l’
accaduto. Hazel è una sedicenne malata di cancro alla tiroide con compromissione dei polmoni, per
cui nella respirazione è supportata da una bombola di ossigeno. Dalla madre che teme sia depressa è
costretta a frequentare un gruppo di sostegno. In questa occasione incontra Augustus, Gus, ragazzo
diciassettenne ex giocatore di basket , che ha subito un’ amputazione ad una gamba per un
precedente osteosarcoma. Hazel convince Augustus a leggere il suo libro preferito,” Un’ imperiale
afflizione”, e gli trasmette il suo stesso entusiasmo e la curiosità per il finale vago. Programmano un
viaggio ad Amsterdam dove vive il famoso autore che, nonostante sembri sfumare per un malore di
Hazel, alla fine realizzano. Le cose non vanno, però, secondo i progetti poiché Peter van Houten si
comporta in modo molto sgarbato. Spiegherà successivamente di essere rimasto molto turbato alla
vista di Hazel che gli ha ricordato sua figlia ugualmente malata di tumore e tempo addietro morta. Il
viaggio comunque risulta indimenticabile perché si scambiano il loro primo bacio, nonostante le
precedenti resistenze di Hazel che, definendosi una granata pronta ad esplodere, non voleva
intrecciare relazioni per non far soffrire altri in aggiunta ai suoi genitori. Visitare la casa di Anna
Frank e percepire l’ entusiasmo della bambina nonostante le ingiustizie subite la porta
evidentemente a dare un peso diverso alla sua malattia e a valutare diversamente il suo futuro.
Prima di rientrare, Gus le rivela che il suo male ha ripreso vigore, impadronendosi del suo corpo. La
parte più toccante del romanzo e anche del film è quella del pre-funerale, poiché Gus chiede a Hazel
e al suo migliore amico di fargli ascoltare l’ elogio funebre che avrebbero pronunciato per lui in
Chiesa. L’ amico cieco Isaac esordisce dicendo:”Quando gli scienziati del futuro si presenteranno
alla mia porta con gli occhi robotici, io li manderò via perché non voglio vedere un mondo senza di
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lui”. Hazel invece afferma che ci sono infiniti più grandi di altri e ringrazia Gus per il loro piccolo
infinito, discorso matematicamente poco condivisibile ma non sentimentalmente.
Consigliamo la lettura di questo libro anche ad altri ragazzi poiché fa riflettere innanzitutto sull’
importanza della salute, bene prezioso il cui possesso non è scontato neppure alla nostra età. In
secondo luogo esemplare ci è parso l’ atteggiamento di Gus che, nonostante sapesse che ormai non
c’ era più speranza di guarire, conserva la sua positività e il desiderio di gustare ogni momento della
vita a disposizione. Oltre a ciò, il libro esalta l’ importanza dell’ amore e dell’ amicizia, valori
fondamentali a qualsiasi età, indispensabili per condividere le gioie ma anche per “spalleggiarsi”
nelle difficoltà.
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3 C scientifico
prof.ssa Niro Francesca
Tematica: Esperienze di vita
Letture scelte
1) A. Baricco "Oceano mare"
2) K. Hosseimi - “Il cacciatore di aquiloni”
1) A. Baricco "Oceano mare"
Questo libro ci ha travolti letteralmente,come un onda che si infrange sull’anima e brucia i graffi
fatti dalla vita.
Le parole di Baricco riportano a galla varie esperienze della vita di una persona e per questo
il libro riesce così ad entrare nel cuore con la forza e l’eleganza di un’ onda.
Il mare, metafora della vita di noi stessi, quel mare che così vasto e colmo di bellezze prima
o poi avrà una fine.
In questo romanzo i personaggi più che descritti appaiono dipinti e avvolti dall’immensità
dell’oceano mare che con una sola onda li cancella tutti come un’ orma sulla sabbia.
Infine siamo certi di poter dire che questo libro, attraverso poche pagine, faccia capire come il mare
sia guaritore e nel contempo assassino di tutti coloro che entrano in sintonia con esso.
2) Il cacciatore di aquiloni
Un libro che con le sue parole e le sue tematiche lascia il segno come i fili degli aquiloni sulle mani
dei bambini afghani,ci insegna il valore della vita,del pentimento e del perdono,di come il passato
può da un momento all’altro bussare alla nostra porta e sconvolgerci la vita.
Inoltre l’autore è riuscito con disinvoltura e scorrevolezza a trattare tematiche che sono
contrastanti tra di loro, quali: la guerra,l’amicizia,l’abbandono,l’amore e le diverse realtà che
quotidianamente affrontano,ancora oggi, gli abitanti di alcuni Paesi.
In conclusione, possiamo affermare che questo libro ci ha fatto capire che nel mondo
esistono realtà davvero tanto diverse dalla nostra,insegnandoci la varietà e bellezza,nonchè le
minacce, di culture tanto distanti dalla nostra.
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4 C scientifico
Prof.ssa Maria Angela Mendilicchio
Tematica: Frammenti di un'estate
Letture scelte
1) J. Green - “Colpa delle stelle”
2) O. Wilde - “Il ritratto di Dorian Gray”
3) E. Bronte - “Cime tempestose”
4) S. Meyer - “L'ospite”
5) D. McCullough - “Ragazzi, non siete speciali”
6) R. Philbrick - “Basta guardare il cielo”
1) J. Green “Colpa delle stelle”
‘Colpa delle stelle’, romanzo per giovani dell’autore John Green, è la storia di un Amore speciale.
Un Amore che dovrebbe essere tragico e invece è vita. Questa è la storia di Augustus Waters, e
della dolcissima, impacciata ma arguta Hazel, Hazel Grace Lancaster. Hazel è una sedicenne
ammalata di cancro alla tiroide dall’età di tredici anni, con varie “colonie tumorali” anche nei
polmoni. Quando glielo diagnosticarono l’avevano data per spacciata, ma grazie a un farmaco in via
di sperimentazione era riuscita a sopravvivere, una miracolata – anche se a tempo determinato -.
Augustus aveva subìto un’amputazione alla gamba per via di un osteosarcoma, ovvero un tumore
maligno che intacca le ossa. Però era riuscito a venirne fuori, non avendo avuto più ricadute per più
di quattordici mesi, la sua probabilità di sopravvivenza raggiungeva già teoricamente l’ottanta per
cento circa di possibilità. I due si incontrano e si innamorano, ma accade qualcosa che cambia
radicalmente le carte in tavola – io non vi dirò cosa: narrare la fine di un libro è ucciderlo.
La frase che più ci ha colpiti è sicuramente quella contenuta in un discorso di Hazel: “Mi hai
regalato un per sempre dentro un numero finito, e per questo ti sono grata.”
Leggere questo libro è cominciare a piangere alla prima pagina e smettere all’ultima, non
tanto per la tristezza quanto per la bellezza. Perché? Perché L’Amore vero è una cosa troppo
grande, così immensa da farci sentire vivi anche quando siamo morti dentro, o come in questo caso,
quando stiamo letteralmente per morire.
Tutto ebbe inizio con Love story, il film tratto dal best seller di Erich Segal che nel 1970
fece piangere una generazione di romantici. Evidentemente il binomio amore-morte ha un suo
fascino se ha dato origine a successi come il film Sweet November di Pat O’Connors o Bianca
come il latte, rossa come il sangue di Alessandro D’Avenia. Gli adolescenti che leggono Colpa
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delle stelle si commuovono, ma non si spaventano per il tema trattato. Essi rimangono affascinati
dall’amore profondo, che coinvolge tutta la loro persona e intuiscono che questo sentimento non
può essere reciso nemmeno dalla malattia e dalla morte.
Sebbene i genitori tendano a eliminare le tracce della sofferenza nei figli, con il rischio di
renderli più fragili e meno attrezzati nella vita, talvolta può essere un libro a consentire ai ragazzi di
affrontare quelle sofferenze e forse apprendere risorse e strategie per affrontarne il dolore.
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5 D scientifico
Prof.ssa Stingone Amelia
Tematica: Imperialismo
Lettura scelta: K. Čapek - “La morte di Archimede”
K. Čapek - “La morte di Archimede”
Il testo è inserito in una raccolta di RACCONTI MATEMATICI, pubblicata a cura del professor
Claudio Bartocci, docente di Fisica matematica presso l’Università di Genova e, come tutti i
racconti della raccolta, sottolinea “l’affinità, non casuale”, tra letteratura e matematica.
Karel Čapek, giornalista, scrittore e drammaturgo ceco, immagina gli ultimi momenti della
vita di Archimede, durante il sacco di Siracusa, quando la quiete del matematico, fisico e inventore
viene turbata da Lucius, erudito e ambizioso capitano di stato maggiore dell’esercito romano.
Archimede è impegnato in una importante ricerca (scoprire il metodo con cui si può calcolare l’area
di un settore circolare) quando Lucius con rispetto e ammirazione lo invita a mettersi in salvo
passando dalla parte dei romani. Il capitano spiega che Cartagine, oramai sta per essere conquistata,
mentre Roma, che è già grande, con l’aiuto di Archimede può diventare ancor più grande e può
offrire molte opportunità a un inventore come lui.
Archimede rifiuta l’offerta; preferisce dedicarsi alla ricerca che porta a risultati più duraturi
di quelli di una conquista militare o del successo personale di un uomo. Spiega a Lucius che uno
Stato grande non è “più perfetto” di uno piccolo come una circonferenza maggiore non è “più
perfetta” di una minore. Inoltre, la forza che si impiega per difendere uno Stato grande è maggiore
di quella necessaria a difendere i confini di uno minore, quanto più uno Stato è grande tanto
maggiore sarà la quantità di forza necessaria per difenderlo.
Dalla lettura è emersa una discussione sul tema dell’Imperialismo, sugli effetti della forza
che uno Stato esercita su un altro Stato e sulle due opposte visioni che Lucius e Archimede
posseggono dell’uomo e dello Stato.
Il punto di vista di Lucius coincide con quello di chi ritiene che la forza e la perfezione di
uno Stato dipendano dalla grandezza e dall’estensione territoriale. Al contrario, le parole
pronunciate da Archimede spiegano come, per un principio fisico, uno Stato grande è destinato a
finire. Uno Stato molto esteso avrà sempre confini da proteggere, non potrà non averne, e maggiore
sarà la sua estensione maggiore sarà il timore che incuterà ai suoi vicini, che tenteranno, a loro
volta, di difendersi attaccandolo; la quantità di forza necessaria a fronteggiare molteplici attacchi
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potrebbe, un giorno, non bastare. Ciò che è veramente duraturo invece è la scienza. Solo questa
permette all’uomo di costruire qualcosa di solido.
Dalla discussione emerge anche una riflessione sulla scelta, da parte dell’autore, di
sottolineare, nel racconto, che Archimede, poco prima di morire, fosse impegnato nella ricerca del
metodo con cui calcolare l’area di un settore circolare. Si può ipotizzare che il settore circolare
potrebbe rappresentare il mondo intero e la ricerca l’unico ambito nel quale l’uomo legittimamente
può esercitare la propria forza.
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