Eurocarni nr. 7, 2014

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Casa Editrice
specializzata nel settore
Agroalimentare e Sanitario
Eurocarni nr. 7, 2014
Rubrica: Interviste
(Articolo di pagina 82)
Sommelier della carne
Per Gianpaolo Angelotti, presidente di Fiesa-Assomacellai, VeronaFiere è un punto di riferimento
per la filiera e “i nostri operatori possono affinare la loro capacità di degustare le carni. Grazie ad
una formazione dedicata e affiancata dai giudici sensoriali di De Gustibus Carnis”
«Esistono differenze importanti tra fiera e fiera e ad Eurocarne si viene per imparare, perché il livello
professionale a Verona è molto elevato, tanto che come Fiesa-Confesercenti abbiamo deciso di organizzare
dei corsi per degustare la carne al meglio, rispettandone il prodotto e studiando la differenza fra gli animali,
perché anche come sono stati alimentati rappresenta una differenza». A dirlo è Gianpaolo Angelotti,
presidente di Fiesa-Assomacellai, associazione legata a Confesercenti. Ad Eurocarne, salone
internazionale dedicato all’industria e alla filiera della carne, in programma dal 10 al 13 maggio 2015,
Angelotti — emiliano trapiantato a Sarzana, in Liguria, macellaio giramondo — annuncia alcuni corsi
specializzati che si terranno durante la manifestazione. «I nostri operatori devono diventare i sommelier
della carne».
Eurocarne è la prima manifestazione dedicata al comparto che ha scommesso sull’integrazione di
filiera. Qual è il valore aggiunto di questa scelta?
«Indubbiamente l’alta specializzazione della filiera e di Eurocarne, che ha scelto l’integrazione come
elemento caratterizzante per rilanciare un comparto. È una risposta netta a chi pensa che per fare una fiera
basta andare su internet. Non è così. Sono importanti gli attori, gli interlocutori, persino la location».
Verona è il posto giusto?
«Assolutamente sì. Verona è un punto di riferimento per il settore ed Eurocarne può contare su 25 edizioni
alle spalle, 26 con la prossima. La tradizione, l’integrazione e la specializzazione si trovano qui».
Quali iniziative porterete a Eurocarne?
«Dobbiamo ancora definire il programma definitivo, ma senza dubbio il nostro obiettivo è valorizzare la
qualità delle carni. Ed è per questo che organizzeremo per i macellai dei corsi con i giudici sensoriali di De
Gustibus Carnis, per elevare la categoria e formare operatori sempre più competenti in materia. Maggiori
sono le conoscenze acquisite, più stretto sarà il rapporto con i clienti e i consumatori. E una buona
preparazione alle spalle permette alle giovani leve di ritagliarsi spazi interessanti».
Esiste un problema di formazione?
«In parte. Come Fiesa-Assomacellai organizziamo corsi privati, ma siamo consapevoli che l’esigenza di
crescita degli operatori è elevata. Il mestiere del macellaio è cambiato e rispetto al passato serve una
conoscenza molto più a largo raggio».
Come è cambiata la professione?
«Se pensiamo a 40-50 anni fa, il macellaio era una figura centrale della vita di un paese, insieme al sindaco,
al parroco, al medico. Il macellaio muoveva l’economia del territorio, andando a ricercare personalmente la
carne. Oggi è rimasto una figura rara. E, soprattutto, chi vuole abbracciare questa professione deve avere
una conoscenza direi universitaria su molte materie, dalla dietetica all’informatica. Oggi la bilancia è un
computer, tanto per rimanere all’attività quotidiana».
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E poi?
«È assolutamente necessario conoscere i consumi e le dinamiche europee, anche a livello di tendenze, di
prezzi, di cucina. Quindi diventa necessario conoscere almeno una lingua, se non due. Inglese o anche
spagnolo. Non dimentichiamo gli aspetti legati alle normative, dalla HACCP ai risvolti fiscali o legali, per non
parlare della burocrazia legata allo smaltimento degli scarti animali».
Oggi il macellaio è anche gastronomo.
«Certo, e questo dopo la riforma Bersani sulle liberalizzazioni. Uno stimolo in più, anche per promuovere le
ricette regionali, che fanno parte del Dna di ciascuno di noi, persino in Francia e in Spagna».
Come sta andando il settore delle carni?
«È in ripresa. La gente mangia meno, ma mangia meglio, il pranzo della domenica e delle feste comandate
è sacro. E si affida ancora al macellaio come consulente per coniugare qualità e prezzo».
In questi ultimi anni si è assistito a un boom del pollo. Come sono cambiati i consumi?
«In questi anni, complice la crisi, c’è stato un riallineamento dei consumi. Il pollo ha sostituito la carne di
vitello, scartata per il costo, che si aggira oggi sui 25 e/kg, contro i 5 del pollo. E con un pollo di tre chili a
busto, una massaia ricava 8 etti di fettine di petto, che possono essere scaloppine o cotolette; con le ali si
può fare il brodo e con le cosce l’arrosto. Sempre in termini di cambiamento dei consumi, è sbocciata la
passione del brodo, fino a poco fa tradizione in vita solo nelle regioni del lesso, ma che oggi sta tornando in
auge».
Filetto di manzo e roast-beef?
«Anche in questo caso un ritorno al passato, tanto che per molti mangiare la bistecca è diventato un
avvenimento: il roast-beef o il filetto sono diventati quasi oggetto di culto».
Qual è la posizione di Assomacellai nei confronti dell’etichettatura?
«Siamo favorevoli, perché secondo noi garantisce il cliente e il macellaio. In Italia abbiamo il sistema
sanitario più severo d’Europa, è giusto anche comunicare la provenienza delle carni, per informare chi
compra. Se una mortadella è insaccata in un budello sintetico e la carne suina arriva dalla Germania, nulla
in contrario, ma bisogna scriverlo. E lo stesso discorso vale per gli altri salumi, per il pollame, per il suino».
Quante sono le macellerie in Italia?
«Le macellerie tradizionali sono 27.000, comprese quelle equine e avicole. Si rivolge a noi il 35-40% dei
consumatori di carne, pochi anni fa erano il 50%, 30-40 anni fa il 100%. Eppure siamo sempre stati un punto
di riferimento, siamo quelli che ci mettono la faccia e garantiscono il prodotto in prima persona».
Una società multietnica che cambiamenti ha introdotto in macelleria?
«Non molti. Come sindacato non abbiamo preclusioni, ma quando parliamo di macellerie ad esempio
islamiche, parliamo comunque di nicchie, per lo più gestite direttamente da stranieri. Un circuito differente,
insomma, ma non per questo ne facciamo una guerra di religione».
(Servizio Stampa Veronafiere)
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