Intervento di M. Arcà a Spinea il 22 aprile 2004, 91 KB

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Intervento di M. Arcà a Spinea il 22 aprile 2004, 91 KB
Decomposizione e vita cellulare
Spinea 22 04 04
La decomposizione sembra un problema molto particolare ma in realtà è un aspetto normale della
vita. Anche di quella umana. Quando i ragazzini si mettono a decomporre le loro merende e noi
decomponiamo un bel piatto di pastasciutta, si capisce benissimo che la cosa non è poi così
stravagante. Per i ragazzi che sono abituati dalla scuola a parlare di decompositori soltanto in
termini di fauna o flora praticamente invisibile o di muffe puzzolenti, capire che pure noi siamo dei
formidabili decompositori e che più siamo ricchi più decomponiamo, è una interessante esperienza.
Un altro modo di affrontare l’argomento coi ragazzini può essere quello di domandare “che fine
hanno fatto i dinosauri” per riflettere sul fatto che, a parte un po’ di fossilizzazione, tutto quello che
ha vissuto sulla faccia della terra dalla sua origine in poi si è completamente decomposto. Quindi la
decomposizione annulla le tracce dell’esistenza organica, e bisogna poi ricollegarsi ai molteplici
significati della solita parola trasformazione per studiare in dettaglio cosa succede nella
decomposizione. A parer mio si può tranquillamente prendere l’esempio della pastasciutta ma vale
la pena di pensare che ognuno a suo modo decompone e degrada quello che trova, nella sua
necessità di vivente. A me piace parlare non solo della decomposizione micro ma anche di quella
macro cioè degli erbivori che decompongono erba, dei carnivori che decompongono carne … Il
prodotto finale della decomposizione è un ritorno agli elementi originari: la trasformazione delle
sostanze organiche porta nuovamente ad anidride carbonica e acqua, al momento iniziale del mitico
ciclo del carbonio.
Abbiamo aspetti di biodiversità anche nella decomposizione: ognuno decompone a suo modo (e fa
il suo tipo di cacca ancora da decomporre), come ognuno vive a suo modo, come ognuno vive nel
suo particolare ambiente… Quindi ritorniamo su cose molto generali già dette… ma è importante
avere questi agganci in modo tale che se uno percorre la strada dei viventi sa che può deviare anche
su questo aspetto. Ricordiamo soltanto che la cacca è formata dalle sostanze che non entrano a far
parte dell’organismo, mentre anidride carbonica ed acqua, prodotte dalle cellule, sono residui del
funzionamento dell’organismo.
Microrganismi: i procarioti
Checché se ne possa pensare, benché gli uomini siano grassi e sempre più numerosi, dal punto di
vista dei sistemi biologici la quantità di microrganismi batterici, cioè dei decompositori invisibili, ,
è infinitamente maggiore di quelli macro (animali e piante); non solo se se ne guarda il numero ma
anche se se ne guarda la massa: sono più piccoli ma estremamente più numerosi. Se si potessero
raccogliere tutti i microrganismi del mondo, si otterrebbe una massa vivente molto superiore a
quella dei mammiferi del mondo (ultimo libro di Gould). Anche se sono invisibili la quantità
effettiva dei microrganismi nel terreno, nell’atmosfera e in tutti i luoghi possibili dove è consentita
la vita è enorme, e loro sono comunque e sempre presenti. Per parlare di vita a questo livello, anche
se con i bambini il discorso è un po’ difficile, dobbiamo provare a intenderci sulle scale delle
grandezze. Cioè, una cellula di un organismo complesso, una cellula che chiamiamo eucariote, è
molto grande rispetto alla cellula batterica (che chiamiamo procariote) e che è piccolissima.
Per capire questa distinzione tra le cellule bisogna di nuovo tornare a livello microscopico.
Cominciamo prima ad aprire le due parole, procariote e eucariote. Carion – in greco - vuol dire
nucleo; dunque, nucleo primitivo per procariote e nucleo ben fatto per eucariote. Per capire come
funzionano le cellule bisogna andare a guardare cosa c’è nel loro nucleo. Facciamo un breve
schema di una struttura cellulare (vedi cartellone).
Facciamo finta di distinguere in maniera molto grossolana le cellule (il livello di approssimazione è
elevato). Immaginiamo le cellule batteriche piccole senza nucleo ben definito e le cellule del corpo
grosse con nucleo. La differenza tra procarioti cioè cellule che praticamente non hanno un nucleo
definito e eucarioti cioè cellule che hanno un nucleo ben fatto è fondamentale. Ovviamente, nella
storia della biologia, hanno visto al microscopio prima quelle col nucleo perché sono grosse e sono
quelle che formano gli organismi “superiori”: c’è un rapporto di scala praticamente 1:10 (vuoto per
pieno) nei diametri di una cellula vegetale o animale e una cellula batterica (10:100 micron); come
c’è circa un rapporto 1:10 tra una cellula batterica e i mitici virus (1:10 micron), ricordando che i
micron sono millesimi di millimetro.
Allora le cellule batteriche non ha nucleo; e cosa hanno invece? Hanno un filamento di DNA che
forma una specie di coroncina dentro la cellula, senza avere bisogno di un rivestimento nucleare.
Sta libero nel citoplasma, e “nudo”, cioè senza neppure il rivestimento di proteine basiche che
caratterizza il DNA degli eucarioti. Nel citoplasma ci sono tutti gli altri organelli cellulari: i
mitocondri per respirare, i ribosomi per fare proteine… e una quantità di piccolissimi anellini di
DNA che si chiamano plasmidi su cui si è praticamente costruita tutta la biologia molecolare
moderna. Quindi il DNA batterico non è racchiuso in un nucleo, non c’è niente che abbia la forma
del nucleo e non c’è compartimentazione cioè il corpo del batterio, la sua unica cellula, non è
suddiviso in zone privilegiate. Tutto è ben organizzato però non è vistosamente suddiviso.
L’altra cosa da dire è che le cellule batteriche vivono sostanzialmente isolate, al massimo formano
dei fili di cellule, mentre le cellule superiori non sono quasi mai isolate, o lo sono molto raramente
( tipo cellule germinali). I batteri sono viventi che se ne vanno in giro per il mondo, di solito hanno
bisogno di aria e di acqua, hanno forma più o meno allungata, possono avere o meno una coda con
cui spingersi nel liquido ( si chiama flagello) e possono o no essere rivestiti di peletti ( si chiamano
ciglia). Sono presenti dappertutto anche se le reclame della tv dicono che se uno usa certi particolari
prodotti riesce a sterminarli: discorso falso perché nell’aria in questo momento ci saranno miliardi
di batteri di cui non ci accorgiamo per niente e non c’è detersivo che tenga, e per graziadiddio ci
sono. Dal punto di vista tassonomico, per molto tempo sono stati classificati non già come cellule
animali bensì come cellule vegetali. Tutti noi quando parliamo di batteri pensiamo ad animaletti
minuscoli: i primi che li videro al microscopio li chiamavano animalculi, e sembrava che fossero
proprio animali. Invece no. Adesso non sono più neanche vegetali ma sono stati degradati a
MONERE, un gruppo a sé che comprende animali piccolissimi di natura non animale e non
vegetale. La precedente classificazione li considerava vegetali in quanto, di solito, i procarioti
hanno una parete cellulare mentre le cellule animali non la hanno. Qui bisogna affrontare un’altra
definizione e fare una bella differenza tra parete e membrana. Parete è come una scatoletta rigida;
membrana è un rivestimento morbido, una pellicina delicata delicata, ovviamente non fatta di
cellule ma di speciali molecole. Le cellule vegetali, come da libro di testo, hanno parete esterna e
membrana dentro, le cellule batteriche hanno parete e membrana, le cellule animali hanno
membrana e non parete. Questo che vuol dire? Vuol dire che la parete cellulare rigida è quella che
consente ai microrganismi di vivere anche in un ambiente ostile ed eventualmente di fare quella
procedura di sporificazione che loro sono capaci di fare e le cellule vegetali sostanzialmente no ( a
volte, i vegetali formano spore per riprodursi, o si possono considerare certi semi come forme di
resistenza). Le spore stanno lì tranquille, in una forma di vita latente e in generale in assenza di
acqua, in attesa delle migliori condizioni. La presenza dell’acqua è fondamentale perché
senz’acqua non cresce niente. Nei prosciutti ci si mette il sale dentro in modo che il sale assorba
l’acqua e i microrganismi non possano pervadere la carne; si mette anche il pepe che ha invece
effetto battericida. Acqua fonte di vita….
Che cosa succede quando non c’è acqua? I microrganismi sporificano. In questo momento faccio
un’altra approssimazione grossolana, chiamando microrganismi vuoto per pieno questi esseri
invisibili. I batteri ispessiscono la loro parete, si raccolgono in un angolino di questa scatoletta, si
appallottolano e stanno lì in attesa che dell’acqua entri attraverso la parete; così loro si possono
rigonfiare e ri-iniziare a vivere. Sempre molto in generale, questa è la vita del batterio: sia che stia
sporificato e raccolto in un angoluccio sia che stia bello umido e sparpagliato dentro la sua parete,
deve occuparsi del suo filamento di DNA.
Il DNA
Ragioniamo un attimo, facciamo un passo indietro per capire a che cosa serve il DNA e perché il
DNA è fonte di vita quasi come l’acqua, con la sua bella retorica sopra. Il DNA porta le istruzioni,
porta il progetto, serve per vivere… che significano queste parole? Cosa sono queste istruzioni?
L’altra volta abbiamo fatto un discorso sulle istruzioni portate da una molecola, e secondo me,
questo resta un punto difficile da capire, che bisognerebbe tradurre in un linguaggio più efficace.
La struttura del DNA è stata la grandissima scoperta degli anni 40/50 dove la cosa importante non
era tanto di vedere la mitica forma della doppia elica, quanto di cercare di capire che cosa ci
facesse il DNA dentro ad ogni cellula. Parlo del DNA batterico perché è più comodo e perchè è
quello che è stato studiato fin dall’inizio della genetica e della biologia molecolare. Al principio
sono stati studiati i cromosomi di Drosofila, poi il DNA batterico e poi c’è stato un gruppo enorme
di ricercatori che ha cominciato a studiare il DNA virale, il famoso gruppo del fago. Comunque tutti
cercavano di lavorare su un DNA senza proteine, sostanzialmente pulito, e le cellule procariote
sembravano adatte per questo.
Io ho purificato tanto DNA che voi non potete avere un’idea di quanto e se volete vi racconto. In
pratica, si facevano crescere i batteri dentro delle bocce grandi da sei litri, che pesavano un bel po’,
e si versavano i batteri cresciuti dentro dei recipienti da trenta o quaranta litri che si chiamavano
fermentatori, pieni di un brodo un po’ meno disgustoso delle vostre gelatine ma fatto più o meno
con gli stessi componenti. In questa fase liquida, si metteva dentro un inoculo cioè i miliardi di
batteri (Escherichia coli) che venivano fatti crescere sterilmente dentro ai recipienti da sei litri, e si
aspettava che i batteri si moltiplicassero. Prima, ovviamente, bisognava sterilizzare il fermentatore
e tutta la sua brodaglia a 120° e pressione 1 atmosfera in modo che non ci crescesse nessun altro,
una volta raffreddato a 37 ° si versava dentro l’inoculo liquido e si aspettava, in modo tale che di
notte di solito verso mezzanotte,la coltura era pronta e si poteva cominciare ad aprire il fermentatore
e centrifugare i trenta litri di liquido per separare i batteri dal terreno di coltura.
Ottenevamo così decine di grammi di batteri, miliardi e miliardi… di batteri dentro a barattolini
chiusi con una specie di pellicola dilatabile in modo che fosse adesiva; poi bisognava rompere
questi batteri per tirare fuori il DNA. Bisognava in primo luogo rompere la parete cellulare,
piuttosto resistente, e quindi bisognava frullare i batteri, o tritarli con palline di vetro e cose del
genere. Però poi in realtà … la chimica è meglio e quindi invece di fare tutte queste operazioni
manuali, si prendeva un enzima, cioè una proteina particolare che faceva tanti piccoli tagli sulla
parete batterica e questo si apriva, facendo uscire succo cellulare (citoplasma), DNA e RNA.
Questo enzima si chiama lisozima. Lo dico perché tutte le volte che nei prodotti di bellezza trovate
il lisozima, almeno sappiate di che cosa si tratta: è una proteina con forte funzione antibatterica.
Nell’uomo si trova nelle lacrime, nella saliva, cioè non è una sostanza inventata dai chimici.
Quando si dice che il flusso lacrimale purifica l’occhio vuol dire semplicemente che il lisozima
delle lacrime rompe le pareti dei batteri, li fa crepare, e noi restiamo appena un pochino disinfettati.
Questi collegamenti forse possono servire anche per capire come funzionano i meravigliosi
prodotti terapeutici che vi vendono a prezzi carissimi.
Appena la parete batterica si rompe, il fluido cellulare con il suo bel DNA si libera nel liquido e
con mille appropriate centrifugazioni si poteva da una parte isolare il DNA e dall’altra parte
eliminare tutto il resto del corpo del batterio. Cosa succedeva? Perché in particolare si usavano i
batteri? Sto dicendo tutto questo perché serve alla vostra cultura generale e perché prima o poi
dovrete parlare di queste cose coi ragazzi. Mentre in una cellula superiore il DNA è organizzato in
quei bastoncini così (disegno) chiamate cromosomi, dove c’è anche un sacco di proteine, il DNA
batterico ha la bella fortuna di non essere circondato da tante proteine per cui bastano pochi
passaggi di deproteinizzazione per purificarlo. In pratica si faceva quello che una di voi ha fatto
con la soda caustica, ma noi cercavamo di distruggere le proteine col fenolo. Si sbatteva il
sedimento della centrifugazione, quello che conteneva il DNA batterico, con fenolo in modo tale da
distruggere le poche proteine intorno al DNA e liberare il filamento che veniva poi raccolto e
arrotolato su una bacchettina come fosse un sottilissimo spaghetto (istruzioni che ho mandato a
Paolo Sante). E’ una cosa che si fa abbastanza facilmente e si vedono dei bei fili di DNA come se
fosse una specie di gomma americana trasparente che si attacca sulla bacchettina e poi si scioglie
in una soluzione appropriata. C’è una bella differenza tra la mistica dei mitici filamenti del DNA e
la pratica per ottenerlo. La fatica bestiale dei miei tempi adesso si è molto ridotta con l’uso di
microtecnologie, per cui non c’è bisogno di centrifugare 30 litri di fermentatore ma si lavora su
quantità più piccoline, con modi molto più precisi, molto più accurati , più sicuri. Dunque, lo scopo
della purificazione era liberare il filamento di DNA dal corpo del batterio e dalle proteine che gli
stavano intorno. Ma bisognava capire, dopo averlo liberato, cosa voleva dire che dentro quella
specie di moccio filamentoso ci stava il progetto genetico. Si studiava il DNA batterico perché si
pensava che fosse composto da pochi geni (dai 3 ai 5 mila) e perché era piccolo e maneggevole; si
pensava a quell’epoca che più un organismo era grosso più il suo DNA era complicato, poi si è
visto col progetto Genoma che non era esattamente così.
Il messaggio che “sta scritto” nel DNA si può sintetizzare, a parer mio, in una frase apparentemente
molto semplice. Il DNA “ordina”alla sua cellula: FA QUESTI TIPI DI PROTEINA, E FALLE
COME TI HANNO INSEGNATO I TUOI GENITORI; non altro. Il mitico progetto di crescita, le
istruzioni per vivere, o tutto il resto, si trasformano nell’ordine alla cellula “fai questi tipi di
proteine, falle in certi momenti, smetti di farle… e basta” . Il DNA non è ubbidientissimo, per cui
qualche cambiamento lo fa sempre; ma se ne fa troppi succedono guai.
D.F: e anche “falle in questa quantità”?
M- Ci sono vari sistemi per farne molte, per farle rapidamente… ma di solito la quantità è anche
controllata dall’esterno, da meccanismi esterni al DNA. Di solito, non è lui che decide “ne faccio
23” ma è un aggiusto con le condizioni della cellula, una specie di “vedendo e facendo” di cui si
occupa prevalentemente l’RNA. L’informazione su quanta proteina bisogna fare dipende
comunque dalla interazione con quello che succede nel resto dell’organismo, per esempio da certi
comandi ormonali. La cosa che veramente sta codificata nel DNA è “fai questi tipi di proteine” ;
poi quante la cellula ne fa e il “dove” (quale cellula le fa) dipende in parte dall’ambiente. Bisogna
forse distinguere, per capire meglio, le potenzialità del DNA al momento della formazione dello
zigote e quelle locali, delle cellule ormai differenziate, localizzate, partecipi di una struttura. E’
interessante come la biologia molecolare di oggi stia comprendendo non solo quali proteine sa fare
il DNA ma quali sono i segnali (nella sua struttura) che indicano ai vari enzimi quando e come
avviare la sintesi di proteine. Questo nuovo aspetto, chiamato proteomica è ancora più complesso
della genetica.
I discorsi che facevamo l’altra volta sul codice genetico volevano far capire come può esserci, in
una molecola, l’istruzione per fare un certo tipo di proteine. Vuol dire che c’è biodiversità in
quanto anche il batterio si fa da sé le sue proteine e ciascuno si fa da se le sue (l’informazione è
diversa); ma il modo di farle è identico ( il codice con cui farle è uguale per tutti). Nonostante
questo, anche se il DNA dell’uomo e quello delle scimmie più vicine sono uguali al 99 %, per
quanto possano essere simili le proteine prodotte, se qualcuno mi dà in trasfusione il suo prezioso
sangue che non è del mio tipo, io schiatto. Quindi c’è una grandissima somiglianza generale
accanto ed una grandissima biodiversità individuale. Se volete sapere come la cellula fa le proteine
ve lo dico, però possiamo pure risparmiarcelo. La cosa importante è ricordare in breve quello che
avevamo detto sul codice genetico, cioè sul sistema molto brutale di corrispondenza per cui ad
ogni pezzetto di DNA corrisponde un determinato pezzetto di molecola intermediaria chiamata
RNA, e ad ogni pezzettino di tre elementi (basi) su questo RNA corrisponde un preciso pezzettino
(aminoacido) nella proteina.
Crescita e moltiplicazione dei batteri
Allora il DNA batterico non è rivestito da proteine, non è circondato da un nucleo e se ne sta libero
dentro il corpo cellulare, che ha intorno la sua bella parete che lo difende. Quando il batterio si
deve riprodurre, il suo DNA fa svelto svelto un’altra copia della coroncina e le due coroncine, in un
modo o in un altro, vanno a finire nelle due cellule. Facciamo conto che proprio in mezzo al batterio
che si sta dividendo si formi un setto di parete per cui un pezzo di DNA si raccoglie da una parte,
l’altro pezzo si raccoglie dall’altra, il setto si completa e si formano le due cellule figlie con un
normale processo di divisione cellulare. Prima che le due cellule si stacchino si riformano tutte le
strutture interne al citoplasma, la parete cellulare si completa, e si hanno due cellule complete con
il loro DNA. Anche i batteri, nel loro piccolo, non sono tutti identici ed hanno varie forme di
sessualità: i batteri cosìddetti femmine si preparano a ricevere un pezzo di DNA dal batterio
dell’altro sesso, e i batteri cosìdetti maschi lo duplicano in modo da poterne trasferire una parte. I
biologi per interrompere il trasferimento di DNA nell’accoppiamento davano una bella frullata alle
culture batteriche… Ogni scambio sessuale è un meccanismo evolutivo che porta ad avere “figli”
batteri diversi dai loro “genitori”. Dal momento che possono ricevere DNA da altri, i batteri
possono evolversi come gli organismi normali. Un altro meccanismo evolutivo è quello della
mutazione, per cui quando il DNA fa una copia di se stesso ( si chiama duplicazione) possono
avvenire casualmente degli incidenti di percorso ed avere una copia non perfettamente uguale
all’originale.
Decomporre per nutrirsi
Riprendiamo un momento il discorso sulla decomposizione batterica e domandiamoci: COME
MANGIANO, COSA MANGIANO i batteri ? Sembra chiaro che dire “decomporre” o dire
“mangiare” è più o meno la stessa cosa. Anche noi possiamo assimilare (mandare nel sangue, e poi
nelle cellule) solo sostanze in soluzione, ed è per questo che beviamo. Nei batteri pure le sostanze
entrano in soluzione, a volte con un meccanismo di permeabilità selettiva, ma quali sostanze? E
come entrano? Se volessimo deciderci a considerare il nostro apparato digerente come esterno al
nostro “vero” corpo, le somiglianze sarebbero assai più evidenti. Anche la pastasciutta viene
trasformata enzimaticamente “fuori” dal corpo ( appunto nello stomaco e intestino); analogamente
molti microrganismi fanno la loro digestione all’esterno del loro corpo. I limoni diventano una vera
schifezza quando i batteri li attaccano, perchè nel corpo cellulare dei batteri non possono entrare
grosse molecole; bisogna che siano trasformate in molecole più piccole che possano attraversare la
parete (abbiamo fatto l’altra volta quei giochetti con le membrane semi-permeabili, per cui si
capisce abbastanza bene come delle piccole molecole possono entrare all’interno delle cellule).
Oltre a questi passaggi meccanici ci sono meccanismi di trasporto attivo: vuol dire che sulla
membrana cellulare ci sono delle proteine che acchiappano sostanze all’esterno e le portano
all’interno, indipendentemente dalla loro concentrazione. Che cosa entra nelle cellule batteriche?
Una grande quantità di acqua, sostanze zuccherine, cioè carboidrati decomposti in zuccheri semplici
(nei terreni di coltura mezzo cucchiaino di zucchero fa bene perché i batteri ne hanno bisogno per
respirarli, cioè per il loro fabbisogno energetico), ma in particolare devono entrare gli aminoacidi, i
componenti fondamentali delle proteine. Nella polenta c’è poca proteina, nella carne c’è molta
proteina, nella buccia dell’arancio c’è abbastanza proteina; per questo nel terreno di cultura è
comodo metterci del brodo di carne o roba simile. Sarebbe bene immaginarsi la proteina come una
collanella di aminoacidi (ogni proteina formata da corallini-aminoacidi diversi, messi in ordine
diverso, arrotolata in modo diverso). La proteina, però, non può entrare tutta intera dentro ai
microrganismi perché non ci passa, quindi bisogna disfarla e trasformarla in granellini, che possono
passare. I batteri disfano la collanella in granellini secernendo enzimi appositi fuori dalla cellula,
noi la disfiamo nello stomaco col processo che chiamiamo digestione, dopodiché noi facciamo
passare i nostri corallini –aminoacidi nel sangue, loro li fanno passare dentro la membrana; e
comunque sia noi che loro facciamo in modo che gli aminoacidi vadano all’interno delle cellule.
Quindi in ogni cellula entrano un sacco di aminoacidi diversi, e già cominciamo a capire che
decomposizione è trasformare fuori dal proprio corpo (nell’apparato digerente) una parte delle
sostanze in modo che possano essere assorbite … L’arancio, oltre che dai batteri viene decomposto
anche da una sorta di digestione esterna delle muffe, che non faranno entrare pezzi di buccia
d’arancia dentro al loro corpo ma devono trasformarne le componenti in prodotti che possano essere
assorbiti, che possano entrare nelle cellule. Anche loro liberano i loro enzimi spezzatori fino a
trasformare le sostanze esterne. Il meccanismo è dunque molto generale: sia nei procarioti come i
batteri, sia negli eucarioti come i lieviti e le muffe che sono ancora più complicate, sia nel nostro
intestino… entrano nelle cellule particelle tirate fuori dalle sostanze che voi gli avete messo a
disposizione.
Informazioni per costruire proteine
A questo punto, abbiamo delle molecole di zucchero e delle molecole di aminoacidi che sono
entrati dentro le cellule. Cosa succede a questi aminoacidi? Con dei meccanismi di cui non mi va di
parlare, gli aminoacidi vengono riincatenati in collanine, perché non si può fare molto altro con
loro. Questo è il momento in cui funziona l’informazione del DNA che dice alla cellula “hai tutti
questi pezzettini? Mettili come ti dico io, in modo tale da formare una collanina di proteina, con le
informazioni che adesso ti mando”. Così la cellula di batterio organizza gli aminoacidi in proteina
di batterio, la cellula di Daniela o di Anna li organizza a fare le proteine di Daniela o di Anna. Gli
ingredienti sono gli stessi per tutti ( gli aminoacidi a disposizione dei viventi sono 20, anche se
adesso ne stanno trovando di nuovi) perché voi potete mangiare la stessa fettina e anche i batteri
possono mangiare le loro proteine, trasformando le collanine proteiche in corallini aminoacidi. Ma
è l’informazione trasportata dal DNA alla cellula che organizza il modo con cui gli aminoacidi si
ricompongono insieme per formare le proteine specifiche di quella cellula, di uno o di un altro
individuo. L’informazione genetica è questa: fai questo tipo di proteina, quasi come la faceva tuo
padre; gli ingredienti li prendi da fuori e stai tranquillo che arrivano, però la cosa importante è che
tu devi fare una collanina con questo marchio di fabbrica, di questa marca. Anche Adidas si prende
pezzi di pelle, pezzi di lacci di scarpe, pezzi di gomma e li mette insieme con un progetto che targa
col suo nome, diverso da Geox o altro.
Quindi la decomposizione serve per nutrire e far crescere numericamente i microrganismi, per
riformare le proteine del loro corpo che si logorano nel funzionamento, per rinciccionirli e fare
copie delle loro strutture cellulari in modo che quando comincia la separazione in due ognuno abbia
il necessario per vivere e per funzionare. Con la duplicazione, i batteri diventano rapidamente
miliardi e miliardi e miliardi… un batterio normale in condizioni appropriate si duplica in 20
minuti, fate i conti per capire in una giornata quanti diventano e vedete che sono moltissimi… tanto
è vero che da organismi invisibili diventano colonie visibili. Quando avete cominciato a mettere
su le vostre culture, non si vedeva niente, eppure spore di batteri e di muffe c’erano e sono diventati
visibili a parer mio dopo due o tre giorni, trovando acqua, sostanze nutritive e temperatura
appropriata…
Questo è uno schema base di decomposizione batterica, e se voi andate fuori in giardino,
acchiappate un manciata di foglie umide e la mettete nelle vostre gelatine, dopo un po’ succede
questo: i microrganismi dell’ambiente degradano le foglie umide fino a farle sparire, per grazia di
dio come i dinosauri, e voi vedete le colonie che si formano. A questo punto vale la pena di parlare
della parola colonia, cosa vuol dire? Colonia è una struttura intermedia tra il singolo e il tessuto
differenziato. Quando la gente racconta le storie dell’origine della vita comincia a dire “gli
organismi monocellulari si associarono tra di loro, si divisero il lavoro in modo tale che alcuni si
specializzarono in alimentazione, altri in escrezione, altri in movimento…erano tutti uguali ma a
forza di specializzarsi e a stare insieme hanno cominciato a diventare diversi, a differenziarsi. La
storia è un po’ fantasiosa, nessuno sa cosa sia veramente successo, ma ci sono degli esperimenti
abbastanza interessanti di disgregazione e ricomposizione di organismi un po’ complessi (di solito
si prendono organismi marini, delle specie di spugne). Così si prendono queste spugne, si frullano
per separare le cellule che si rimettono a crescere; si vede che ogni cellula del frullato è capace di
ricampare da sola, ma se le varie cellule vengono rimesse insieme, si riaggregano, si differenziano
e ricominciano a svolgere funzioni diverse suddividendosi il lavoro. I lieviti invece sono delle
persone che stanno lì, non dico dall’origine della vita ma quasi, e per lo meno dal Cambriano in poi
non hanno imparato a socializzare per niente, stanno lì uno vicino all’altro, stanno vicini perché
formano colonie e non camminano un granché come si può vedere dalle piastre. Però non si
suddividono il lavoro neanche un po’ perché bisogna averci anche la predisposizione per la
cooperazione…. Anche i coli non hanno alcuna predisposizione per l’organizzazione del lavoro,
stanno per i fatti loro e crescono, crescono come colonie, naturalmente, perché come organismi
poveretti crescono quel po’ che la loro pelle gli consente e prima o poi si dividono in due.
E’ curioso notare che con gli organismi che si dividono per scissione o per gemmazione, ci sono
morti. Fino a che non c’è sesso, o fino a che non ci sono genitori, non ci sono morti. Per qualunque
cellula batterica o per qualunque cellula di lievito (vi ricordate l’altra volta avevamo visto la
gemma della cellula del lievito che diventava sempre più grossa e questa forma di riproduzione
asessuata si chiama gemmazione), si formano due cellule figlie, le cellule madri praticamente non
esistono e quindi non ci sono cadaverini in giro. Certo, ci sono cellule che, se muoiono, muoiono di
morte naturale per i fatti loro, però la riproduzione produce sempre due cellule figlie vive e non
esiste nessuna cellula madre morta.
Sulla piastra si vedono le colonie di lievito che ancora non sono cresciute bene, non sono diventate
grandissime, però si vede abbastanza bene che le cellule si espandono nello spazio restando più o
meno tutte attaccate. Nelle cellule più raffinate, nelle cellule dei tessuti, questa si chiamerà
inibizione da contatto, per cui non ci sono cellule che si sovrappongono ma si piazzano una vicina
all’altra, formando strati che possono coprire vaste estensioni di superficie se trovano condizioni
adatte per crescere. (Nell’uomo, quando si bloccano i meccanismi da inibizione da contatto le
cellule crescono in modo incontrollato formando tumori)
Le vs gelatine sono mollissime, cioè a questa temperatura sono quasi fluide. Potreste fare delle
elaborazioni culturali sulla gelatina perché si vede benissimo che il fatto di essere in fase liquida e
in fase gelatinosa-solida dipende dalla temperatura e dalla concentrazione… C’è una sostanza
scientificamente mitica (descritta su tutti i libri) che si chiama agar e che è una gelatina vegetale,
un po’ più resistente alla temperatura ambiente della gelatina animale, e potreste trovarla nei negozi
di prodotti chimici. In linea di massima, una bella gelatina fatta con ossa di maiale resiste
felicemente anche a piccoli cambiamenti di temperatura, e serve per dare un po’ di consistenza al
terreno di crescita. Per nutrire i microrganismi serve un po’ di zucchero da respirare (ma poco
perché molto zucchero inibisce la crescita) e un po’ di proteine animali, nel brodo ci stanno già ma
si possono usare estratti di carne senza troppo glutammato. Si versa la gelatina fluida su piastre
come queste o anche sul fondo delle vostre bacinelle e poi si possono fare due cose: 1) aspettare
che tanto batteri e muffe arrivano 2) provare invece a prendere piccole parti di colonie già
ammuffite e di appoggiarle sopra e vedere come crescono.
Gli eucarioti
I lieviti monocellulari si riproducono per gemmazione, stanno l’uno vicino all’altro, formano
colonie ma sono indipendenti l’uno dall’altro. Le muffe no, sono dei veri organismi pluricellulari. Il
meccanismo di degradazione è sempre lo stesso, più o meno: gli organismi degradano il substrato
su cui vivono, idrolizzandolo all’esterno prima di assorbirlo, con meccanismi di permeabilità.
Quando gli organismi diventano più strutturati e mangiano, la degradazione avviene sempre
all’esterno delle cellule, magari usando apparati che si trovano al loro interno.
Le muffe, come i lieviti, non sono organismi procarioti come i batteri, ma sono eucarioti cioè le loro
cellule hanno un nucleo ben fatto dentro.
Abbandoniamo dunque i procarioti, cioè i senza nucleo, e andiamo a guardare le cellule più
strutturate: quelle di lievito, certamente quelle delle muffe e quelle dei tessuti vegetali e animali. Se
con i batteri può essere legittimo parlare de la cellula, bisogna invece aiutare immediatamente i
bambini a capire l’organizzazione delle cellule superiori in tessuti. Tante cellule insieme simili tra
loro, formano le masse muscolari se sono cellule muscolari, la pelle se sono cellule epiteliali, il
cervello se sono cellule nervose, le muffe se sono cellule delle ife… Mentre i batteri quando si
dividono si staccano e se ne vanno ciascuno per i fatti suoi, nei tessuti si vede abbastanza
chiaramente che le cellule restano attaccate, come quelle della pelle o dell’intestino, o quelle che si
riproducono all’interno del corpo che guai a noi se se ne andassero sparpagliate.
La compartimentazione strutturale e funzionale delle cellule superiori dipende ovviamente (oppure
non ovviamente) dal fatto che sono grosse: più si è grossi più bisogna essere strutturati, perché
bisogna costruire luoghi in cui si possono svolgere differenti funzioni. Nelle cellule piccole, non c’è
bisogno di troppa differenziazione, ma una cellula grossa deve avere luoghi e strutture deputati per
le differenti funzioni. E una cellula deve essere vista come un sistema molto complesso. Non date ai
ragazzini l’idea che una cellula sia solo una pallina. Una cellula pallina non può stare vicine ad altre
cellule palline, le cellule nel tessuto si spiaccicano e prendono forma spiaccicata, poligonale: fatelo
con le palline di polistirolo, di pongo…. Se le mettete una vicina all’altra e le spiaccicate, vedete
che assumono forme differenti: a cubetto, a prisma, a sezione poligonale… possono anche assumere
forme differenti come le cellule nervose o quelle muscolari. Una cellula muscolare rotonda non
avrebbe senso: come potrebbe contrarsi? Deve essere necessariamente lunga, per potersi allungare
ed accorciare. Quindi, quando parlate di corpo o di organismi superiori, fate attenzione alle cellule e
alle loro forme strane cioè differenziate. All’interno di ogni cellula, nel nucleo, c’è sempre il mitico
DNA e nel citoplasma, fuori dal nucleo, c’è la zona particolare in cui gli aminoacidi che entrano
vengono messi a posto per formare le proteine di quella cellula, secondo le istruzioni del DNA che
sta chiuso nel nucleo. Come sempre fanno tutti i potenti, il DNA si fa i suoi schiavetti: se ne forma
alcuni a sua immagine e somiglianza e li manda a portare la sua “forma” o “informazione” nel
citoplasma (gli RNA messaggeri); si fa schiavetti mobili, piccoli, capaci di uscire dal nucleo e di
interagire col mondo, specializzati nella cattura degli aminoacidi e capaci di trascinarli nella zona
dei ribosomi, dove i corallini aminoacidi si organizzano formando una proteina che rispecchia,
nella sua sequenza, le istruzioni del DNA padrone. La cellula superiore è compartimentata nel senso
che c’è il DNA alla scrivania, poi dalla scrivania partono i messaggeri, che in questo momento della
biologia molecolare stanno cominciando ad avere una grandissima importanza. Queste molecole di
RNA sono ora destinate trasporto dell’informazione, ma pare che abbiano avuto una funzione
essenziale nell’origine della vita e nella organizzazione delle prime cellule, in cui la funzione di
acido nucleico (informazione) e enzimatica (proteina) erano riunite in una unica molecola. Ora le
molecole di RNA sono state fregate da quelle del DNA, che è diventato più potente di loro
nonostante il loro ruolo importantissimo nell’organizzazione delle prime cellule.
Così il messaggero va nella zona dove gli aminoacidi vengono attaccati l’uno all’altro (i ribosomi) e
porta gli ordini: “sapete, oggi il DNA ha detto che dovete mettervi in questo modo”; e gli
aminoacidi si attaccano in quel certo ordine, mettendosi a fare quella particolare proteina. Poi, in
un altro momento della vita, il DNA manda un altro tipo di schiavo-messaggero che dice “sapete,
oggi il DNA ha detto che vi dovete mettere in quest’altro modo” e gli aminoacidi si organizzano a
fare un altro tipo di proteine.
Differenziarsi e fare sesso
Anche le muffe funzionano e crescono in questo modo, formate da colonie di cellule che si
differenziano nel corso della loro vita. Mentre le cellule dei lieviti sono tutte uguali, quelle delle
muffe no, come si capisce guardando un bravo fungo porcino. (Anche qui ci sono stati dei disguidi
classificatori, le muffe sono, non sono, saranno o non saranno funghi… adesso con le nuove teorie
anche le classificazioni antiche si sono veramente sfracellate). Anche sulle nostre piastre si vede
che le muffe non sono formate da cellule tutte uguali, si vede nella stessa colonia che una parte è
verdina e una parte è bianca….e per giunta si vede che alcune hanno una struttura ad anelli
concentrici, con l’anello verde interno e un anello bianchiccio esterno. I meccanismi di
alimentazione cioè di decomposizione a questo livello continuano ad essere quelli raccontati prima
…le cellule delle muffe non hanno una bocca e, come le cellule vegetali, hanno una bella parete
cellulare. Come organismi pluricellulari, le muffe sono assai più evolute dei lieviti, nel senso che
sono capaci sia di fare sesso sia di differenziarsi. Quando si fa sesso bisogna un po’ differenziarsi,
non si può fare sesso con tutto il corpo, bisogna che ci sia qualche parte un po’ più specializzata,
almeno delle cellule in cui avvenga la meiosi, in modo da farlo in maniera appropriata, altrimenti
niente.
Che vuol dire fare sesso per le muffe (ma anche per noi)? Vuol dire fare una cosa di cui non ci
accorgiamo ma che se non succedesse sarebbe un guaio: vuol dire preparare il patrimonio genetico
in modo che possa essere ereditato dai figli. Bisogna preparare il DNA che si trasmetterà alle cellule
dei figli in modo che abbiano la possibilità di seguire le stesse istruzioni che hanno reso possibile la
vita del genitore: “fai le proteine come tua madre (e tuo padre) ti hanno insegnato e non fare
scherzi”.
Ma negli organismi sessuati, il figlio deve organizzarsi a mettere insieme non solo le informazioni
di sua madre (come i batteri) ma quelle di sua madre e di suo padre, e fare in modo che queste
informazioni non siano in contrasto tra loro ma siano compatibili con la sua propria vita. Per questo
bisogna organizzarsi un proprio progetto, senza fare confusione tra ordini magari contrastanti. Con
la fecondazione, bisogna fare in modo che ognuno non abbia istruzioni contrastanti che potrebbero
derivare dall’accumulo di DNA di generazioni e generazioni precedenti. Non ci si può domandare:
“quale informazione dovrò seguire? Quella che mi deriva dal nonno? Dalla nonna paterna? Dal
bisnonno? Dalla trisavola materna?”
Bisogna fare chiarezza e questa chiarezza genetica si chiama meiosi: succede che le cellule
germinali dimezzano il loro patrimonio genetico in modo da averne una unica copia ( da 2n –
diploidi diventano n- aploidi). Nell’ovulo ci sarà il DNA di sua madre che dice “fai le proteine
come me” e nello spermatozoo ci sarà il DNA del padre che dice “fai le proteine come me”.
Quando avviene la fecondazione solo i due tipi di informazione entrano nella nuova cellula che si
forma, altrimenti succede casino. Mentre nella normale divisione cellulare da una cellula se ne
formano due (diploidi) con l’insieme dei processi di una divisione meiotica da una sola cellula
madre si formano quattro gameti apolidi (per gli ovuli umani, di questi quattro solo uno è
funzionante).
Allora grosso modo, e questo sta scritto su tutti i libri, nelle cellule in divisione (mitosi) il DNA si
condensa in coppie di bastoncini colorati, i cromosomi: in ciascun cromosoma il DNA si duplica in
modo che, quando la cellula si divide, si dividono anche i cromosomi col loro DNA, ed ogni cellula
riceve la sua copia di cromosoma con DNA annesso. Nella meiosi invece, sempre con buona
approssimazione, succede che sono proprio le coppie di cromosomi che si separano, in modo che la
cellula germinale riceva una sola copia di “patrimonio genetico”, cioè da una cellula diploide se ne
formano quattro aploidi. In realtà, per un processo che si chiama “crossing over” ogni cromosoma
del patrimonio aploide è come un mosaico formato da pezzi dei corrispondenti cromosomi dei due
genitori del partner ( nello spermatozoo, del padre e della madre del maschio, nell’ovulo dal padre e
dalla madre della femmina). Nella cellula germinale si formano quindi bastoncini misti, che nella
fecondazione si accoppieranno con gli omologhi bastoncini misti portati dalla cellula germinale
partner, ed è da queste coppie di bastoncini misti che il nuovo organismo tirerà fuori le istruzioni
per la sua crescita. Ricordatevi le storie dei bambini su come i cromosomi si litigano per far
esprimere un carattere paterno o materno: ti prego fammi gli occhi della mamma, no ti prego
fammi i piedi come mio papà che sono belli robusti, non prendere il naso del nonno che era una
schifezza… nello zigote (e nello sviluppo) i caratteri si aggiustano o si complimentano. Ma la cosa
importante è che prima di rifondersi nello zigote i patrimoni genetici delle cellule germinali prima si
mescolano (si formano cromosomi misti) e poi gli elementi di ogni coppia si separano e vanno in
ovuli o spermatozoi diversi. Con la fecondazione le coppie si riformano e i caratteri delle due
famiglie si mettono insieme a definire come deve essere fatto il nuovo bambino. Per questo il nuovo
bambino porta caratteri di suo padre e di sua madre, che si sono affiancati nello zigote, ma i
caratteri dei genitori sono a loro volta derivati da due nonni paterni e da due nonni materni, i quali a
loro volta li hanno derivati dai bisnonni e così via. Sui libri compare sempre l’esempio del labbro
asburgico ereditato per decine di generazioni: vuol dire che quei poveracci di Asburgo non
riescono a liberarsi di questa iattura ereditaria ed ogni spermatozoo che il buon dio mette in terra
porta al nuovo bambino il carattere del labbrone….
La storia della meiosi non è facile da spiegare ai bambini, prima perché non hanno la più pallida
idea di cosa siano i cromosomi, secondo perché non hanno la più pallida idea di cosa siano i
caratteri. Per quanto si possa spiegare che le istruzioni del DNA si riassumono in “fai le proteine
che ti dico io”, tutte le proteine che servono per formare un naso, un fegato, o il neo sulla pancia
ereditato dalla madre…. sono miliardi, diverse tra loro, capaci di svolgere funzioni diverse, e questo
problema della molteplicità non è per niente facile affrontare.
Il discorso che altre volte abbiamo fatto con i ragazzini è di dire: prendi le foto del papà e della
mamma, tagliuzzale fine fine, rimettile insieme a ricomporre qualcosa che ti assomiglia… Questo
potrebbe aiutare a capire che le istruzioni, i modi di essere del padre e della madre si mescolano
insieme, non ricomponendo il ritratto totale del papà o quello della mamma, ma intrecciano
pezzettini dell’uno e dell’altro.
Il senso della meiosi è proprio questo: non tutto ma una parte dell’uno, non tutto ma una parte
dell’altro, in modo tale le parti che si rimettono insieme vanno a formare un organismo completo.
E’ difficile e non sempre si riesce a immaginare questo, comunque può darsi che a scuola media
sia possibile.
Secondo me già è difficile immaginare cosa faccia il DNA, ma immaginare come avviene la
separazione dei cromosomi non basta, bisogna capire ahce il significato biologico di questa
operazione. Nelle immagini, fisicamente, il processo si vede bene, ci sono un sacco di belle
cassette che fanno vedere i bastoncini che si staccano e se ne vanno a formare i 4 spermatozoi,
ciascuno con una copia di patrimonio genetico oppure un ovulo con una copia singola del
patrimonio genetico e tre “globuli polari, uova mal riuscite che servono ad eliminare i cromosomi
di troppo. Nella fecondazione si riforma la doppia copia, però io non credo che, senza delle
conoscenze approfondite, si possa capire il senso tutto ciò; per aiutare i bambini, quindi, bisogna
andare nella favolistica, nell’affabulatorio, nel racconto.
ADRIANO: domanda su quali modelli potrebbero essere adatti per spiegare questo ai
bambini.
Maria: Ogni modello dipende da che quello che si vuole modellizzare: io con la storia delle foto mi
trovo abbastanza bene perché mi importa il significato dell'ereditarietà, con i Lego si possono
mettere in evidenza le regole strutturali, far capire che se si dà un nome ad ogni pezzettino e poi se
ne trova il complementare, costruisci un filamento di DNA complementare al precedente e puoi
modellizzare una replicazione semiconservativa; questo serve per la replicazione somatica e spiega
che tutte le cellule uguali che derivano dalla stessa cellula zigote hanno una doppia elica (i due
filamenti di DNA) identici a quelli della cellula madre. La meiosi, complessivamente, è una
divisione riduzionale nel senso che riduce a metà il numero dei cromosomi nelle cellule germinali.
Nella cellula madre degli ovuli o degli spermatozoi ci sono due copie di ogni cromosoma: ogni
bastoncino ha il suo omologo, con gli stessi suoi geni che hanno avuto però una storia diversa ed
hanno di solito forme diverse dello stesso gene (hanno alleli diversi). In una prima tappa si fa una
operazione di crossing over in cui si mescolano parti corrispondenti della stessa coppia di
cromosomi (si ha ricombinazione genetica) e si hanno così due cromosomi misti, ancora
accoppiati; poi si separano le coppie e una copia va in una cellula germinale e un'altra copia va in
un'altra. Con la fecondazione, cioè quando arriva la copia del cromosoma omologo che viene dal
partner. si riformano le coppie doppie. Il punto è questo passaggio: dal doppio della cellula madre,
al singolo della cellula germinale, al doppio dello zigote e quindi al doppio nel corpo, poi di nuovo
singolo con la produzione dei gameti, doppio con l'incrocio sessuale. C’è quindi anche nell’uomo
una alternanza tra fase aploide e fase diploide.
Secondo me, quando parlate del ciclo della vita vi rovinate con le vostre mani, perché il ciclo è una
forma astratta, una forma senza tempo. Se si guarda al tempo e alle generazioni che passano, è più
facile immaginare il filo della vita di un signore diploide, che a un certo momento fa i gameti
aploidi, contemporaneamente si svolge il filo della vita di una signora diploide che fa i suoi gameti
aploidi… e con la fecondazione comincia il filo della vita di un figlio diploide…Ma se volete
immaginare un ciclo, non troverete mai un tempo che torna indietro, perché le generazioni si
susseguono nel tempo.
Questo è uno schema che può essere rappresentato con i lego, magari facendo attenzione al
momento del crossing over, in cui caratteri paterni e materni (dei nonni, ma nella cellula germinale
del genitore) si mescolano insieme. Questo si può rappresentare con colori differenti, per far capire
che la nuova persona porta caratteri un po' dell'uno e un po' dell'altro, ma non per far capire il ciclo
della vita.
Adri: col pongo si può fare?
Mar: io penso di sì, anzi puoi fare dei cromosomi non rigidi ma un po' flessibili, che si possono
intrecciare.... Però è importante far capire i meccanismi di divisione dei cromosomi e poi il
riassociamento del pongo con quello che viene da un'altra persona. Puoi anche far capire, col
pongo, la necessità della meiosi perché se non avviene la divisione riduzionale i cromosomi si
sommano ad ogni fecondazione. Così se si sommano i tuoi e quelli della tua partner già fanno due
coppie di copie, ma se ci fossero anche quelli dei nonni... nelle cellule dovrebbero esserci fasci di
cromosomi grossi così e quindi una gran confusione di caratteri. La divisione meiotica è
fondamentale anche per questo tipo di selezione.
A volte i ragazzini domandano "perché io sono maschio, perché io sono femmina?" e "chi è che fa
diventare maschio e femmina?" "come è possibile che una femmina faccia un maschio?" Questa
maschilità da una mamma da dove viene? Allora diventa importante far capire che gli spermatozoi
sono diversi: una metà porta la sua piccola istruzione per fare i maschi e l'altra metà porta istruzioni
per fare le femmine. Queste istruzioni stanno nei cromosomi sessuali degli spermatozoi, che si
identificano come X e come Y. Anche le femmine hanno cromosomi sessuali, ma sono uguali e
sono due X. Quindi se un uovo aploide necessariamente X è fecondato da uno spermatozoo aploide
X si riforma un diploide XX che sarebbe una femmina; se è fecondata da uno spermatozoo Y si
forma una coppia XY, e nasce un maschio. Anche questo è un esempio di interazione tra genoma
paterno e materno, ma a livello di cromosomi. Con il pongo secondo me si possono fare dei bei
modelli dove i bambini possono capire che cosa sono i caratteri, o cosa si può chiamare "carattere"
ereditario. Da principio si va sul generale, imparando a dire naso di papà, mano di mamma orecchio
di papà.. cominciando a differenziare nel corpo l'intreccio dei vari caratteri ereditati, poi
specificando in che modo il pezzettino di pongo voglia dire pezzettino di carattere...
Per questo mi importa la storia delle foto perché sul pezzettino col naso di papà ci sono le istruzioni
per fare il naso di papà e quando si ricompone la foto non c'è più litigio tra le istruzioni per fare il
naso di papà e le istruzioni per fare il naso di mamma, ma ci sono le istruzioni per fare il naso di
papà e le istruzioni per fare bocca di mamma. In realtà la discretizzazione dei caratteri ha mandato
in tilt tutti i veri scienziati del DNA, perché non è stato facile individuare né i blocchi di caratteri
né i singoli caratteri. Questo è stato il grossissimo lavoro su Drosophila del primo Novecento, che
studiava caratteri mutati artificialmente. Si prendevano delle Drosophile normali, gli sparavano
sopra una quantità paurosa di raggi X, si incrociavano i sopravvissuti, si studiavano i figli vivi
guardandone i cromosomi e i caratteri morfologici modificati. Una specie di Hiroschima artificiale.
Con questo si riusciva a capire che una certa deformazione del cromosoma (e del DNA)
corrispondeva ad una certa deformazione delle ali, che quel pezzetto di cromosoma "portava il
carattere" ali arrotondate, o occhi bianchi o antenne strampalate.
Però si è capita così la relazione tra macro visibile e micro poco visibile, si è capito che quello che
si vede fuori dipende dalla organizzazione molecolare interna; che i cromosomi degli spermatozoi e
degli ovuli contengono le istruzioni per le proteine del nuovo organismo in modo tale che quando
nello zigote si mettono insieme cromosomi di papà e di mamma si costituisce un individuo che
esprime o i caratteri dell'uno o i caratteri dell'altro (un solo tipo di allele) e quelli che non esprime
se li tiene nascosti, pronti per cattive evenienze; ce li ha ma non lo dice.
Modelli più precisi su questi meccanismi, io personalmente li rimanderei alla scuola media, mentre
farei nella scuola elementare dei racconti un po' affabulatori ma coerenti sui punti essenziali . I
processi molecolari sono molto complicati e non si può veramente andare al di là del raccontino su
come si assomiglia al papà o su come si assomiglia alla mamma. Bisogna stare attenti alle domande
che i bambini fanno, e avere quindi una risposta per soddisfare eventuali perplessità ma non andare
col dito nella piaga e poi tornare col dito putrefatto perché la piaga lo ha mangiato vivo. Sarebbe
interessante trovare tra le vostre studentesse qualcuna che si inventi delle storie o degli esempi per
raccontare la meiosi e non solo per raggiungere qualche fondamentale obiettivo opportunamente
indicato dalle indicazioni ministeriali.
COMPLETARE QUESTA PARTE CON GLI SCHEMI PAG 663 –665-666 DI BIOLOGIA
(CAMPBELL)
Le muffe hanno un ciclo di vita complesso, fanno meiosi, e si accoppiano sessualmente. Queste
delle vostre piastre sono verdi e pelose, però se le guardate col microscopio vedrete che nella parte
bianca non ci sono spore, mentre nella parte verde sì. Se uno tocca la parte bianca, in altre parole,
non si sporca le dita con le spore ma se uno tocca le parti verdi sì. Queste muffe fecero ai loro
tempi la gioia di Fleming perché sono muffe di penicillum, quello che produce penicillina. Le
cellule della muffa (diploidi) sono riunite in ife, cioè formano dei filamenti in cui stanno una
attaccata all'altra ciascuna col suo nucleo; e le ife si riuniscono a formare il micelio, che per
esempio è molto evidente nei porcini o in altri funghi veri. In un certo momento della vita queste ife
differenziano, cioè cominciano a comportarsi in modo diverso. Non si riesce bene a capire come fa
il DNA a temporizzare le sue istruzioni, cioè a leggerne alcune o altre a seconda delle condizioni di
temperatura, di umidità, di anzianità dell'individuo. Spesso sono i messaggi dall'ambiente a far
capire alla muffa che deve cambiar vita e deve pensare al sesso. Allora succede quello che
succedeva nell'ovulo e nello spermatozoo umano, si può decidere se l'uomo fa come le muffe o se le
muffe fanno come gli uomini, però il processo biologico è uguale. Si formano delle ife sessuate in
cui si fa la meiosi, e si formano i gameti che si fecondano e dallo zigote si forma il nuovo micelio.
Ma nella realtà, per le muffe la vita non è così semplice. Vi ricordate che l'altra volta abbiamo
parlato di alternanza di generazione cioè si alterna una fase aploide e una fase diploide. Succede
infatti che a volte la meiosi avviene subito dopo la fecondazione e dalle cellule aploidi si formano
ife aploidi, che costituiscono il corpo della muffa. Da queste ife aploidi si possono formare spore
resistenti sempre aploidi che in condizioni opportune germinano dando ancora micelio aploide
(riproduzione asessuata). Cambiando le condizioni ambientali, da queste ife aploidi si differenziano
i gameti, che possono fecondarsi (riproduzione sessuata) e sviluppare ife diploidi… e tutto
ricomincia. Quando si vanno a raccogliere i funghi porcini, devono restare nel terreno le ife aploidi,
da cui emerge nuovamente un micelio aploide, che forma le sue spore di resistenza che cadono sul
terreno e da cui si sviluppano nuovi miceli. In condizioni ambientali definite – ripeto – il micelio si
differenzia sessualmente, le sue cellule aploidi sono in grado di fecondarsi dando luogo a zigoti
diploidi, da cui possono svilupparsi ife diploide… fino alla prossima meiosi.
Le spore verdi che vediamo nel Penicillum sono forme di riproduzione asessuata, stanno ben
acquattate nei nostri frigoriferi , e appena la temperatura sale un po' , le spore cominciano a
germinare, a fare la loro ifa sui nostri alimenti e il frigo comincia a puzzare in modo indegno. Qui il
processo si vede molto bene, la parte bianca sono le ife che si stanno ramificando nel terreno, la
parte verde, un po' più anzianotta, sta cominciando, anzi ha già cominciato a fare le spore, che tra
qualche tempo diventeranno visibili, cadranno sul terreno della piastra, formeranno le ife bianche
che invecchiando diventeranno verdi e faranno le nuove spore… sempre asessualmente.
La decomposizione avviene perché le muffe crescono assimilando e digerendo enzimaticamente le
sostanze che trovano, le quali, contemporaneamente, diventano una schifezza. Le cipolle o gli
aranci, a poco a poco con l'andare del tempo perdono la loro consistenza naturale… Io non ho mai
avuto la soddisfazione di vedere scomparire del tutto un arancio però la sua sostanza diventa
talmente degenerata e degradata che si capisce come sia stata utilizzata dalla muffa per crescere e
per produrre tutta la sua enorme quantità di spore, ognuna col suo DNA, ognuna con le sue proteine,
ognuna col suo rivestimento di resistenza. Dunque serve una gran quantità di materia organica per
far crescere colonie di muffe.
Le alternanze di generazione nelle muffe hanno modalità diverse e in base a questo carattere sono
state variamente classificate. Alcune passano la maggior parte della vita allo stato aploide e si
riproducono per spore aploidi, altre passano buona parte della vita in fase diploide e fanno la meiosi
in momenti particolari, differenziando le loro cellule sessuali in strutture particolari (p. es. gli
aschi).
Quando lo fanno? E perché? Il perché non si sa, naturalmente. Capita così, ma la cosa importante è
capire che alla sessualità è legata non solo l'idea di morte ma soprattutto l'idea di differenziamento,
di biodiversità: chiunque ha i caratteri di due genitori ha più opportunità di sopravvivenza di chi ha i
caratteri di uno solo. Infatti i due genitori portano al figlio due set di caratteri – cioè di geni - uguali
ma con qualche differenza ( gli alleli) che si compensano reciprocamente nel funzionamento vitale.
Di solito, nelle cellule si esprimono in maniera privilegiata o quelli del padre o quelli della madre,
ma se capita (nella vita delle muffe come in quella degli umani) una rogna biologica e i caratteri di
un genitore non funzionano spesso sopperiscono gli altri, sopperisce la copia che è stata tenuta
silente, tenuta a tacere, bloccata e gli si dice "per piacere vedi se dai una mano alla famiglia perché
qui c'è bisogno che tu ti attivi e ti metta in produzione".
In generale uno deve sapere di avere sia una copia del patrimonio paterno sia una copia del
patrimonio materno, i cui caratteri espressi, cioè manifesti e funzionali, derivano o dall’uno o
dall’altro, facendo come uno zig zag tra geni, e di solito viene espresso quello che funziona meglio,
mentre resta silente quello più deteriorato. Per questo nelle malattie ereditarie, come l'anemia
falciforme, ci sono i portatori sani che esprimono la copia del gene che funziona e quella che non
funziona è messa a tacere e male sarebbe se fosse messa a tacere quella che funziona. Con i
meccanismi della meiosi, però, si formeranno in ugual numero gameti col gene che funziona e
gameti col gene che non funziona. Se si incrociano due gameti maschile e femminile col gene che
non funziona, l’individuo muore.
Maria: che altro devo dire? Volevo sapere se c'era una conclusione cui arrivare
Adriano: le cose che c'erano prima perché poi rientrano nel ciclo...
Maria: ecco, questa mi sembrava la conclusione cui bisognava arrivare.
Perché la biologia cerca di risolvere i problemi della monotonia della chimica. La chimica organica
è una strabiliante variazione su un tema formato sostanzialmente da solo 4 elementi sempre in
gioco. Figuratevi quanto può essere divertente un linguaggio formato da solo 4 lettere, carbonio,
idrogeno, ossigeno, azoto e ogni tanto, quando butta bene, un po' di fosforo, un po' di sodio, un
pochino di potassio… però le 4 lettere privilegiate sono queste. Queste 4 lettere vengono
biologicamente organizzate nei modi più fantasiosi possibile e neanche in tutti quelli possibili
esistenti, in quanto le combinazioni biologicamente accettate sono pochissime rispetto a tutte
quelle che si potrebbero fare moltiplicandole e replicandole all'infinito. Però sono quattro elementi
fondamentali e ci si può divertire a immaginarli in tutte le varie forme con cui si presentano al
mondo. Quando se ne presenta solo uno, per esempio l’ossigeno o l’idrogeno, la forma normale è
quella “accoppiati con se stessi” in forma di molecola biatomica. L'ossigeno sta nell’aria ma è
difficile trovare idrogeno libero. Adesso si cerca di sviluppare la produzione industriale di idrogeno,
giusto per far camminare le macchine non inquinanti, ma è difficile e costoso. Quando stanno in
due, idrogeno e ossigeno, fanno acqua H2O ( qui non ci occupiamo dei bilanci energetici, per
favore); entrambi si possono legare col carbonio a formare CH4 o CO2, e nell'atmosfera c’è un
sacco di CO2, si dice anche troppa. Quando si uniscono in 3, C H O formano gli zuccheri, tutta
l'enorme quantità degli zuccheri è formata solo da Carbonio, H-Idrogeno e Ossigeno.
Gli acidi nucleici, cioè i vari DNA e RNA, sono formati da carbonio, idrogeno, ossigeno azoto e
fosforo, ed hanno anche loro strutture piuttosto ripetitive e monotone, organizzate a moduli
chiamati nucleotidi che si dispongono nello spazio in filamenti più o meno avvolti ad elica, più o
meno strutturati.
Le proteine sono più fantasiose, sono fatte da C-H-O-N, e spesso contengono un po' di zolfo, ma i
loro moduli (aminoacidi) si legano insieme a formare strutture meravigliose. Le proteine sono così
complicate che non stanno dentro le regole, sono delle creature fantasiose, delle creature che hanno
veramente una straordinaria possibilità di agganci col mondo; poi sono socievoli, sono gente con
relazioni sociali elevate….. Per esempio si mettono insieme a nuclei fatti da qualche altro materiale
tipo il ferro, e se fanno amicizia col ferro e giocano a fare l'emoglobina. Non sono proprio sempre
attaccatissime al ferro, ogni tanto si staccano, se ne vanno per i fatti loro, poi si riattaccano al ferro,
poi lo costringono a legarsi all’ossigeno facendo l'ossiemoglobina… Oppure si attaccano a loro
interno con legami fatti di zolfo e stanno lì strette strette ben compatte. A volte si dispongono a
nastro, o in maglie ben organizzate, altre volte si mettono lunghe lunghe a le fare proteine di
capello, altre volte ancora si aggrovigliano e cambiano forma a seconda di quello che hanno
intorno. Certo è che le proteine raramente sono inattive, ma funzionano, è gente che sa vivere, gente
di mondo, gente pratica, del nord etc... capaci di gestire industriette che funzionano… Sono capaci
di andare a prendere materie prime, le trasformano, le smerciano, le portano altrove, le assemblano,
le mettono insieme, le distruggono… veramente ognuna ha la sua specificità, non fanno casino, si
rispettano, non toccano i materiali di altri, ognuna ha le sue competenze e quelle si tiene, non va a
invadere i campi di lavoro altrui. Il lisozima, per esempio, si occupa delle sue molecole sulle pareti
batteriche, le trasforma in quel modo e non in un altro, pulitamente. Questa è una forma di rispetto
che potremmo imparare dalla proteine che non si rubano i materiali, non si fanno concorrenza,
ognuna svolge il suo lavoro, ambiente permettendo. E sono loro, veramente, proteine fonte di vita
(altro che acqua fonte di vita), perché sanno fare esattamente tutto quello che serve perché una
muffa cresca perché un organismo pensi, perché il cervello si formi, perché il muscolo si
contragga, perché il fegato funzioni e così via. Sanno fare molto bene il loro mestiere, tanto è vero
che quando per sventura non lo sanno fare uno si becca una malattia seria: tutte le malattie sono
tutte malfunzionamento di proteine, anche quando le malattie sono portate dai batteri che vanno a
interferire con il normale funzionamento delle proteine del corpo. E se il corpo eredita
geneticamente istruzioni per fare una proteina sbagliata… si presenta di solito con una malattia
genetica più o meno grave.
Però, quali sono le storie per cui le varie sostanze si organizzano insieme, nei loro vari composti?
Facciamola pure breve... per organizzare insieme carbonio, idrogeno e ossigeno ci vuole la
fotosintesi. La fotosintesi è il meccanismo impastatorio per cui le cellule verdi delle piante,
sfruttano l’energia solare, trovando un po' di acqua che sale dalle mitiche radici, trovando un po'
anidride carbonica che entra nella foglia dall'aria, formano polpettine molecolari coi 3 elementi: CH-O, cioè li impastano insieme nella formazione di zuccheri.
Dunque la fotosintesi fa gli zuccheri e la respirazione disfa. Respirare vuol dire mandare ossigeno e
in una parte speciale di ogni cellula (i mitocondri) dove sono arrivati anche gli zuccheri. Anche se
non è proprio così,perché in realtà lo zucchero viene de-idrogenato e non ossidato direttamente, nei
mitocondri il glucosio viene lavorato come materia prima da una varietà di enzimi che un po' per
volta gli toglie gli idrogeni, in modo che il carbonio si trovi legato con l’ossigeno in una certa
proporzione diventando CO2 cioè anidride carbonica. Gli idrogeni si combinano nuovamente con
l‘ossigeno a formare acqua.Ma i mitocondri funzionano anche come una centralina di energia
chimica. Mentre in una centrale idroelettrica l’energia prodotta dalla caduta dell’acqua viene
passata nei cavi che la trasportano nei luoghi d’uso, nei mitocondri l’energia prodotta dalla
ossidazione (de-idrogenazione) delle molecole viene passata in altre molecole ( il NAD che diventa
NAD-H e l’ADP che diventa ATP) che la trasportano chimicamente nei luoghi d’uso.Qualunque
processo biologico dell'universo mondo si forma a partire da anidride carbonica e acqua
organizzate in forma di zuccheri dalla energia solare della fotosintesi ( e per questo le piante sono la
base di vita sulla terra) e qualunque decomposizione vitale produce nuovamente acqua e anidride
carbonica (più sostanze puzzolenti quando il processo non è ancora completato)... Il punto è
immaginare il ciclo del carbonio esteso nello spazio e nel tempo, per capire che il carbonio da cui
siamo formati è quello trasformato in sostanze organiche dalle piante, a cui lo restituiamo con la
respirazione. Ma non c’è solo questo. E’ vero che le piante fanno fotosintesi però è anche vero che
anche nelle piante si formano molecole proteiche dove l'azoto è organizzato in forma di aminoacidi
componenti le proteine vegetali. I semi sono una miniera di proteine vegetali, sono una miniera di
carboidrati e sono queste le sostanze che permetteranno la vita iniziale della futura piantina, prima
che cominci a fare le sue proprie proteine. L'animale mangia proteine vegetali, oltre che carboidrati
– cioè zuccheri complessi; e al ciclo del carbonio bisogna associare il ciclo dell'azoto, per capire
come nelle piante possa entrare in forma massiccia l'azoto dell'atmosfera… ma le piante non sanno
utilizzare per conto loro l’azoto atmosferico (N2) e devono dipendere da un certo numero di batteri
azotofissatori che trasformano l’azoto gas in azoto ammoniacale (NH3) (sono quelli che stanno sul
libro alla pag... dei tubercoli radicali). I tubercoli radicali sono delle palline a volte anche visibili,
formate da microrganismi che vivono in simbiosi con le radici delle leguminose, e che utilizzano
l'azoto in forma di ione ammonio nel terreno trasformandolo in ione nitrato (NO3-) un composto
azotato che le piante possono assorbire per formare le proteine vegetali. Le proteine vegetali sono
poi mangiate dagli animali, i quali ne utilizzano gli aminoacidi azotati… Continuando il processo di
decomposizione, i prodotti azotati dopo aver funzionato benissimo in forma di proteine devono
essere eliminati con le urine perché altrimenti avvelenano l’animale stesso. Quindi nel ciclo
dell'azoto si ha trasformazione di sali azotati inorganici in aminoacidi e proteine organiche nelle
piante che sanno costruirsi quasi tutti i loro aminoacidi ma hanno bisogno dell’azoto nella forma
adatta, uso e degradazione metabolica delle proteine vegetali da parte degli animali che
costruiscono le loro proteine, eliminazione dell'azoto con le urine, nuova introduzione di azoto in
forma proteica… quando gli azoti si staccano ed escono dalle cellule in forma di urea o di acido
urico o di ammoniaca come in certi animali e vanno nel sangue, devono essere poi eliminati
attraverso filtrazioni, come per esempio quella renale. La cosa importante è che l'azoto sa che se ne
deve andare.
Però carbonio, idrogeno e ossigeno si combinano e si scombinano nel ciclo fotosintesi-respirazione,
l'azoto entra nelle molecole per via trasversale e deve essere eliminato. C’è quindi un flusso di azoto
che entra in una certa forma e un flusso di azoto che esce in forma diversa. L'azoto è fondamentale
nella composizione degli aminoacidi e quindi delle proteine: il senso della decomposizione delle
muffe, microrganismi, umani ... è solo quello di trasformare carboidrati in anidride carbonica e
acqua , trasformare composti azotati particolari in proteine (cioè in parte del loro corpo, da cui con
successivi passaggi, si eliminano gli azoti fastidiosi. Per questi funzionamenti l’azoto entra con gli
alimenti ed esce con le urine, con un flusso lineare, il flusso è circolare ma stravagante per carbonio,
idrogeno e ossigeno, perché solo dopo la morte il corpo rende al mondo le sostanze di cui è
composto. Magari dopo riprendiamo questo eterno discorso.
Volevo ancora farvi vedere questa piastra un po' particolare perché oltre ad essere molto bella è
anche problematica. Questa piastra dimostra il tentativo di fregare la natura con la produzione
artificiale di tartufi. I tartufi sono delle micorrize, cioè delle muffe che si insinuano nelle radici delle
piante, delle querce in generale, per crescere in forma di micelio, farsi trovare dai cani da tartufi ed
essere poi venduti a carissimo prezzo. Questo è un micelio di tartufo che può essere seminato a
formare la micorriza. Questi studi vogliono favorire la produzione del tartufo, selezionando miceli
in modo che poi, riportati nel terreno, formano micorrize e la produzione del tartufo si incrementa...
degenerandosi come sempre succede tutte le volte che le cose si fanno in grande invece che in
piccolo. Ve la volevo far vedere perché oltre che essere una muffa utilizzabile come quelle in cui il
signor Fleming i trovò le penicilline, è una muffa un po' particolare.
In queste altre piastre si vede molto bene la crescita zonale; si vedono bene i successivi cerchietti di
crescita. Spora caduta ,ife vegetative, ife con le nuove spore…. Le colonie si allargano così. Si
possono anche distinguere le colonie lisce di lieviti dalle colonie pelose di muffe. Se riuscite a
mettere sul vetrino quantità piccolissime di ife potete vedere come sono fatte, come le ife si stanno
formando, come su quelle più mature ci sono le spore che hanno festosamente invaso tutta la
scatoletta, guardate anche queste colonie piccoline perché sono belline e quanto più sono piccole
tanto più si vede bene la loro crescita. Quando lavorerete con i bambini provate anche a lavorare
sulle condizioni caratteristiche della crescita delle muffe, notando la velocità di crescita in funzione
della temperatura e delle caratteristiche acide o basiche dell'ambiente in cui crescono. Le bucce
d'arancia hanno caratteristiche sostanzialmente acide e le muffe crescono bene su dei PH bassi, in
ambienti acidi. Provate a farle crescere su terreni più acidi o meno acidi per vedere le differenze. Le
vostre gelatine sono venute un po' molli per cui non si possono piastrare molto bene, vedremo se su
quelle tenute al freddo è cresciuto qualche cosa. Cominciate a guardarle un po' bene coi microscopi
l’aspetto complessivo, poi prendetene una puntina, un aghetto e provate ad individuare le ife...
Questa qui è una neurospora del pane, che forma dei filamenti arancioni molto bellini perché è
capace di sintetizzare questa sostanza rosa che sarebbe un carotenoide. E’ la stessa muffa che sul
pane fa dei filamenti alti, che portano le spore che appaiono come dei puntini neri. Proprio per
questo la chiamano neurospora. Se riuscite ad aprirla senza inquinarla troppo e la trasferite con uno
stecchino sulle piastre con una gelatina decente dovrebbe crescere molto bene.
..... Lavoro ai microscopi.......
Ripresa con Maria
Su questo pezzetto di pane si vede bene la progressiva colonizzazione delle muffe con le ife, cioè i
filamenti, che si stanno allungando espandendosi sul tessuto nutritivo del pane. Altre muffe che
avete visto stanno facendo le loro spore, ed io vi consiglierei di lasciarle ancora qualche giorno in
posti non troppo caldi altrimenti la gelatina si secca. Si dovrebbe vedere come, tra qualche giorno,
quella specie di pennellini che avete visto possono effettivamente formare delle spore. La figura
tipica è proprio un pennellino di questo genere (vedi disegno) . Fleming ha visto che, nelle
vicinanze di muffe di questo tipo, alcune colonie batteriche non crescevano e ha pensato bene di
isolare la sostanza che rendeva impossibile la vita ai batteri. Ha chiamato questo antibatterico
penicillina proprio perché prodotto dalla muffa a pennacchietto. Sul pane si vedono muffe un po'
diverse, la muffa nera che si chiama neurospora e che in condizioni appropriate dovrebbe fare delle
bellissime spore Quando si lascia a lungo del pane umido in frigorifero, oltre alle muffe verdi
compaiono dei peli neri con sopra le spore a forma di pallini neri. Quando si vuole fare una
selezione delle muffe che interessano si può fare quello che in laboratorio si chiama replica. Si
prende un timbro, una scatoletta piatta, un barattolino dei rullini di diapositive, ci si applica sopra
una stoffa tipo velluto tenuta con un elastichetto in modo che stia ben tesa, si appoggia la stoffa
sulla muffa da trasferire e comincia a "timbrare" le sue 4 o 5 scatolette preparate con la gelatina, in
modo da avere 5 diluizioni successive della sua colonia, non misurate naturalmente ma utili per
osservare crescite visibili. Se ci sono troppe spore, le colonie si sovrappongono e non si vede niente,
nell'ultima diluizione invece, probabilmente si vedono colonie isolate, ma identiche come
posizione a quelle della piastra madre. Se importa sapere per esempio come le colonie
metabolizzano o come sono mutate si prepara sempre la replica col timbro di stoffa e poi magari si
semina su gelatine di tipo differente. A voi avevo chiesto di provare con gelatine a pH maggiore o
minore per vedere se c'erano delle condizioni in cui la muffa cresceva prima o meglio, però le
vostre gelatine sono troppo liquefatte...
-Prova a dirci come si fa a preparare gelatina.
Io non so quali sono le marche delle gelatine che ci sono qui, al mio paese c'è la gelatina Ideal , o la
colla di pesce che è un'ottima base ma che a Roma è difficilissima da trovare.
Allora regolatevi sulle dosi di colla di pesce per avere un mezzo litro di gelatina solida, o magari
raddoppiatele. Poi, siccome alle muffe serve qualcosa da mangiare, prendete del vero brodo di carne
magari un po' consumato, fatto con le ossa o con un buon estratto di carne, ci aggiungete un
cucchiaio scarso di zucchero, fate bollire per sterilizzare e quando il brodo si raffredda ci mettete
dentro le pasticche o le dosi di gelatina o di colla di pesce, versate subito su dei bei recipienti piatti
e lasciate solidificare. Chiudete i recipienti, in modo che non ci nascano tutte le muffe spontanee
dell'universo e lasciate raffreddare. Per vedere il pH della gelatina usate le cartine, sapete tutti
come funzionano e quindi potete divertirvi... tenete presente che al caldo i colori delle cartine si
alterano un po'. Potete aggiungere una goccina di aceto o di soda per avere piastre a pH diverso per
le diverse muffe, controllando come la cartina si colora (più o meno rossa, più o meno verde). Dopo
di chè si prende una foglia da giardino mezzo putrefatta la si applica sulla piastra, la si toglie e si
aspetta un po'. Provate a vedere non solo le muffe dei limoni spontanee ma, visto che siete in
argomento di biodegradazione, anche tutte quelle che stanno obiettivamente degradando le foglie e
i rametti del vostro giardino. Ricordatevi che la gelatina non deve essere troppo secca perché
altrimenti le muffe muoiono, e se chiudete bene le scatolette l’acqua non evapora e restano umide.
Anche nelle vere piastre, quando sono ben chiuse, l’acqua evapora sul coperchio e poi ricade,
insomma hanno il loro ciclo dell'acqua interno... Tenetele ad una temperatura di una ventina di
gradi, anche se le muffe fuori vivono abitualmente a temperature molto più basse. Se avete voglia di
accelerare un po' il processo per le vostre esigenze didattiche....tenetele in casa vicino al
termosifone, a 30 comunque crescono allegramente e potete seguire l’ingrandirsi delle colonie. Su
gelatine analoghe potete mettere le dita dei bambini, lo sputo dei bambini che si divertono un
mondo. Se state facendo un programma di educazione alla salute fategli toccare le gelatine prima e
dopo essersi lavate le mani; si vede che la carica batterica è abbastanza differente, per cui lavarsi le
mani serve , poi potreste disinfettategliele, o giocare a mettere in evidenza la presenza di
microrganismi nei posti più impensati, sul banco, nel frigorifero.
......
-Si può mettere anche del lievito?
Si, ma bisogna metterne veramente pochissimo altrimenti la piastra si ricopre di una sostanza
cremosa che non lascia capire niente. Coi ragazzini matematici ci si può divertire da fare le
diluizioni 10, 100, 1000 e mettere sulle piastre una goccia delle diverse diluizioni; così si lavora
sulle divisioni per fare i calcoli di matematica, si lavora sui volumi... si dà un senso ai problemi del
rapporto e della scala. 1, 10, 100, 1000 possono significare i rapporti tra misure lineari,
metri,decimetri, centimetri, o metri…chilometri e altro, ma applicare lo stesso schema di
ragionamento ai volumi è interessante, per le somiglianze e le differenze. Poi si vede come la carica
batterica diminuisce di un fattore dieci ogni volta che si scala una diluizione. Ci fai pure le potenze.
Per prelevare minuscoli frammenti di colonia potreste usare gli aghi, e se facciamo finta che siete
delle brave donne di casa, saprete che esistono aghi da lana con diversi tipi di punta, prendete quelli
con la punta rotonda che non bucano la piastra, prima gli date una pulitina con l'alcool per
sterilizzarlo, poi lo intingete nella vostra diluizione e fate sulla gelatina un disegnetto, scrivete
l'iniziale del nome.... Ce n'è sempre abbastanza per vedere che le prime colonie vengono secondo la
forma del percorso dell'ago e poi si rarefanno. I ragazzini si divertono a fare le spirali, i
serpenti...... Con le differenti cariche batteriche vedrete che vengono delle linee più spesse che poi
diventano più sottili, ed è carino far capire che questi microrganismi sono lì invisibili nel brodo e
crescono sulle gelatine con la forma che voi avete scelto......
Il lievito di birra è lo stesso che mettete nella pasta e se fate andare la fermentazione della pasta
troppo avanti anche lì viene puzza di alcool. Al mio paese si usa fare il lievitino, cioè lasciare un
pezzetto di pasta lievitato per impastare la farina per le volte a venire (la pasta madre). Anche
quello ha un puzzo che è diverso dall'odore della pasta lievita normale, però il lievito sempre quello
è: sia per fare le colonie sulla gelatina, sia per fare la pasta, sia per fare l'alcool dal succo d’uva. Il
lievito è capace di un doppio sistema di vita: respira con molto ossigeno e fermenta con poco
ossigeno.
......
Per far crescere su piastra i microrganismi dello yogurt provate a mettere la colla di pesce con un
po' di zucchero e del latte perché quelli adorano le proteine del latte. Dovete davvero diluire
moltissimo lo yogurt perché solo così potete riuscire a vedere i diversi tipi di colonie. Non vedrete i
microrganismi perché sono troppo piccoli ma potrete distinguere i diversi tipi di colonie dalla
colorazione, consistenza, lucidità….
Anna: e nello yogurt del vasetto, quella crema sono tutti batteri?
Maria: no, la crema è sostanzialmente fatta da una aggregazione di proteine precipitate (cioè
addensate insieme, un po’ cotte…). I microrganismi mangiano le proteine del latte e le trasformano
(cambia il sapore) dando al latte la consistenza da yogurt; mentre le trasformano loro si
moltiplicano abbastanza rapidamente. Ma succede ancora un’altra cosa: il prodotto della
trasformazione del latte fatto da questi batteri è acido (spesso acido lattico) ed è questo acido che
contribuisce a denaturare altre proteine del latte, che formano dei flocculi come quando ci metti il
succo di limone. Certe volte infatti l’inoculo di yogurt (acido) nel latte subito provoca una
precipitazione delle proteine; e il coagulo non è dato dai batteri che sono cresciuti ma dalle proteine
precipitate. I microrganismi crescono con tempi parecchio più lunghi, ad una temperatura che ha il
suo optimum intorno ai 37 gradi.
Adri: qual è il ruolo dei conservanti.... Conviene mettere le pellicole in frigorifero o no? Perché la
pellicola da una parte potrebbe impedire alle spore di viaggiare ...
Maria: Io sempre mi domando come facciano a conservare l'insalata nelle buste per tanto tempo,
cosa che è veramente stravagante. Secondo me, gli danno un'essicatina prima perché le foglie sono
sempre asciuttissime e forse è la mancanza di acqua che le conserva. Di solito, se si lascia l’insalata
umida nel sacchetto di plastica ( e non in quello di carta, come ai miei tempi) l'umidità fa sì che
muffe e batteri agiscono e dopo un po' l’insalata è putrefatta e muffita,. I conservanti sono di vario
tipo: gli antifungini sono come quelli che si mettono certe volte nella tempera dei muri per evitare
le macchie di muffa e impediscono alle spore di germinare. Di solito per non far crescere i viventi
bisogna rendere orribile il loro ambiente: in un ambiente a pH alto le muffe non crescono, la loro
vita è impossibile… I disinfettanti dovrebbero sterminare i microrganismi , come l'alcool che si
mette sulle ferite per uccidere i batteri disidratandoli. Se metti la pellicola sulla insalata umida,
certo impedisci alle muffe esterne di entrare, ma costruisci un bellissimo ambiente protetto per
quelle che già ci sono e che si divorano la tua insalata. Gli antifermentativi che mettono nelle
scatolette, o nella marmellata , o certi antiossidanti, sono sostanze che vanno ad interferire col
metabolismo delle muffe ma soprattutto dei batteri e disinfettano chimicamente il prodotto che si
compra. Per il latte si uccidono batteri e muffe quasi completamente con la pastorizzazione, una
procedura a caldo che diminuisce la carica batterica . Quando i microrganismi sono tanti e di
diverso tipo, quelli che sono di più si moltiplicano più rapidamente; se ce ne sono pochi, passano
quei 3 giorni in cui il latte è garantito prima che quei pochi diventino tanti.
Adri: ... l'azione che fa il sale negli affettati è trattenere l'acqua ... ma se l'acqua è un fattore che
favorisce le proliferazioni batteriche...
Maria: ma l’acqua va nel sale invece che nel prosciutto. Cioè il sale assorbe l'acqua e la fa
evaporare o la trattiene formando un sale idrato mentre la carne si secca. Ai miei tempi quando si
era miserabili ma si voleva fare lo stesso bella figura, si comprava il pesce crudo e lo si copriva di
sale (l'aringa per es) e l'aringa diventava molto prosciugata e si conservava. Il sale toglieva via
l'acqua e l'aringa si conservava proprio perché disidratata: puzzava da morire ma non era la puzza a
terrorizzare i batteri quanto il fatto che non c’era più l'acqua. Con le acciughe sotto sale il processo
è più o meno uguale, per farle venire bene bisogna metterci una quantità enorme di sale, capace di
far uscire l'acqua dall'acciuga. Ma se l’acqua che esce è più del sale viene quella brodaglietta
schifosa che bisogna eliminare di tanto in tanto altrimenti il pesce diventa nericcio e cattivo di
sapore.
...
Potete fare l'esperimento classico che consiste nel prendere una mela (o una patata), fare un buco
nella polpa e metterci un cucchiaino di sale o di zucchero. Si vede bene che dalla mela esce un bel
po’ di acqua... tanta che è difficile immaginare, ed è proprio questa sottrazione di acqua che rende
impossibile la vita dei microrganismi che vorrebbero biodegradare il prosciutto. Perché si mette il
sale sulle melanzane prima di cuocerle? Perché il sale tira via l'acqua dalle cellule in modo che ci
vuole meno tempo per farla evaporare al calore...
Adriano: noi facciamo sempre le soluzioni
Maria: il sale è una sostanza fortemente idrofila, tende a diluirsi con l’acqua per le solite ragioni
delle differenze di concentrazione, e l’acqua va dal sale dove ce ne è di meno ... Anche quelli che
si fanno il bagno a mare poi si devono fare la doccia, perché altrimenti il sale secca, asciuga la
pelle; e i capelli bagnati di acqua di mare non si asciugano mai bene.
Questi rapporti tra concentrazioni sono poi alla base del funzionamento cellulare: le cellule devono
stare in un ambiente salino (in quella che si chiama soluzione fisiologica) in cui la concentrazione
dei sali all’esterno è molto simile a quella del citoplasma interno. La pagina di riferimento del
sussidiario è quella del globulo rosso, che se viene messo in una soluzione fortemente salina si
raggrinza perché la sua acqua interna esce all’esterno, come dalle cellule della patata. Se invece è
messo in una soluzione salina molto diluita, cioè con una concentrazione più bassa di quella del
citoplasma interno, la soluzione entra dentro e lo fa gonfiare fino a scoppiarlo. Il bello del lavoro
dei sacchetti da dialisi è quello di trasferire il processo che si vede nel cellofan al livello delle
cellule di patata o di globuli rossi, che si comportano come i sacchettini in cui l'acqua va da dove ce
n'è di più a dove ce n'è di meno. Entrando o uscendo dalla cellula.