pag. 10 del 4 febbraio
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10 il paginone test01 foto Secolo d’Italia sabato 4 febbraio 2006 Addio a Romano, testimone del ’900 f1 fo Il destino di chiamarsi Mussolini dopo il ’45, il periodo in cui con grande dignità ha vissuto l’ultimo figlio maschio del leader fascista, scomparso ieri a 79 anni È morto nella notte Romano Mussolini, quarto dei cinque figli del Duce. Aveva 79 anni. Era ricoverato nell’ospedale Sandro Pertini dal 21 gennaio. I funerali oggi a Roma, alle ore 12, nella chiesa dei Santi Angeli Custodi, in via delle Alpi Apuane 1, a Montesacro. ANTONELLA AMBROSIONI a bontà, il senso della misura, la signorilità e lo spirito di riconciliazione sono stati fino alla fine il tratto distintivo di un uomo d’eccezione come Romano Mussolini, il più giovane dei figli maschi del leader del fascismo e di donna Rachele. Con lui scompare l’ultimo testimone “dall’interno” della più grande tragedia italiana del Novecento, che travolse la sua famiglia e sconvolse anche la sua vita di adolescente. Di Romano ha sempre colpito la serenità del tratto, l’assenza di furori polemici, quasi che nel suo eccezionale talento di musicista, nel suo amore per l’arte – fu anche un eccellente pittore – egli avesse trovato un’armonia che sapeva poi con grande calore trasmettere ai suoi cari, ai suoi amici, alle persone che stimava. Diversamente, in questo, dagli altri suoi fratelli, da Vittorio, più chiuso e appartato, da Edda, spirito “irriducibile”, dalla piccola Annamaria. f13 foto La famiglia Mussolini: Romano è in braccio al padre Questa sua personalissima via estetica con la quale superò gli anni tristi dell’adolescenza lo renderà, negli anni, un artista jazz apprezzato in tutto il mondo. Era nato a Carpena di Forlì nel 1927, iniziò ad ascoltare questa musica proveniente da oltreoceano grazie ai dischi che giravano sul grammofono a manovella di suo fratello Vittorio, che fu uno dei primi appassionati italiani di questa nuova (per i primi anni Trenta) musica. Iniziò a suonare il pianoforte nel ’43 diventando un musicista di talento, pur non seguendo dei veri e propri studi musicali ma costruendo il suo stile personalissimo da auto- didatta. La sua attività di pianista lo vide protagonista già nel ’48 a Ischia in quintetto diretto da Ugo Calise; poi trasferitosi a Roma, è fisso con Carlo Loffredo e Nunzio Rotondo e da allora con vari complessi moderni (Basso, Masetti, Valdambrini, Cuppidi) e tradizionali (Patruno, Loffredo). Negli anni ’59, ’60 e ’61 costituì la sua famosa band “Romano Mussolini All Stars”. E la sua carriera concertistica in giro per il mondo (Stati Uniti, Canada, Messico, Venezuela, Australia, Kenia, e Corea) lo rese famoso al punto di collaborare con artisti del calibro di Chet Baker, Helen Merril, Lars Gullin, Caterina Valente, Lionel Hampton, Dizzy Gillespie, Tony Scott e nel 1963 vinse il Prix della critica italiana con il disco Jazz Allo Studio 7. Il suo ultimo lavoro s’intitola Last Lost Love. Dopo tanti anni aveva deciso di raccogliere in un libro uscito lo scorso anno (Il Duce mio padre, Rizzoli) le memorie dirette, le confidenze del padre, portando alla luce appunti e documenti gelosamente custoditi. Ricostruì, così, in modo inedito e pacato i ricordi felici dell’infanzia a Villa Torlonia, fino a quelli drammatici: il 25 luglio ’43, il viaggio in Germania per rivedere il padre dopo la liberazione sul Gran Sasso, la fucilazione di Mussolini e Claretta Petacci nell’aprile del ’45. «Nonostante le sventure che colpirono la sua famiglia, mai in Romano Mussolini avresti ascoltato una parola di rancore: la parola odio non esisteva nel suo vocabolario»: ne ricorda bene l’umanità e la signorilità lo storico Luciano Garibaldi, che ha avuto modo di conoscerlo e collaborare con lui in alcune iniziative editoriali. Mai fu toccato da spirito di rivalsa: «Bruciamo tutto», disse a Como, allorquando si rese conto che l’arresto era imminente e bisognava decidere che fare dei documenti portati via da villa Feltrinelli. «Vi erano parecchi documenti di valore storico – racconterà lui stesso nel suo libro Il Duce, mio padre – sul processo di Verona e sui rapporti di mio padre con Germania, Francia e Inghilterra prima dello scoppio della guerra. Costituivano le prove di tutto ciò che il Duce aveva fatto per evitare il conflitto, un tema di cui solo da poco gli storici stanno riconoscendo la rilevanza [... ] Oggi, è chiaro, mi pento di aver distrutto quelle carte, ma mi assolvo pensando che avevo diciassette anni ed ero convinto, al pari di mia madre e mia sorella, che ci sarebbero rimaste solo poche ore di vita». Nel ’99 Romano aveva curato un libro di liriche (Elegia, edito da Effedieffe) che il poeta genovese Franco Accame aveva dedicato a Mussolini e al fascismo. Ricorda Garibaldi che lo aiutò nel lavoro: «Io curai l’introduzione storica e Romano eseguì dei ritratti bellissimi del papà: quando Franco Accame gli aveva fatto leggere le poesie sul padre si commosse, al punto che eseguì di getto questi lavori, che dal punto di vista artistico ci dicono molto sulla sua qualità di pittore». Romano Mussolini fu colpito anche dalla lettura di Vita col Duce ( Effedieffe, 2001), un libro di memorie che Pietro Carradoni, fedele attendente del capo del fascismo, consegnò a Garibaldi. Ne «Uomo normale, figlio d’un grande» ROMA. Fino a ieri era l’ultimo vivente dei cinque figli di benito Mussolini e Rachele Guidi, forse l’unico testimone dall’interno della vicenda umana, storica e politica che ha animato e agitato la prima parte del Novecento. Ma la vita di Romano Mussolini è stata un tributo al Novecento anche per la sua passione per la musica jazz, alla quale dedicò la sua intera vita professionale in giro per il mondo. «Se ci sarà permesso in chiesa, insieme agli altri amici musicisti, dedicheremo al grande Romano le note di una musica a lui molto cara, affinchè lo accompagni lungo il suo nuovo cammino, il canto spiritual: When the Saint go mar- ching in». È commosso il jazzista Lino Patruno, alla notiizia della scomparsa del suo grande amico. E nel ricordarlo, Patruno sottolinea: «Seppur io sia più giovane di Romano, ricordo ancora quando iniziò la sua carriera artistica utilizzando uno pseudonimo: si “contrabbandava” come Robert Full; i tempi erano ancora caldi, e il suo cognome era un passato ancora troppo presente per essere ricordato. Poi, finalmente, decise di utilizzare il suo vero nome e formò la band che prendeva il suo nome: “Romano Mussolini All Stars”. In quarant'anni — riprende sommessamente Patruno — abbiamo collaborato tantissime volte insieme, in festival, in dischi, ma la nostra più grande battaglia l’abbiamo combattuta a favore della musica jazz, un genere verso il quale l'Italia si è sempre dimostrata un pò diffidente. È stato anche grazie a Romano se oggi nel nostro Paese è così diffuso il genere jazz». Musicisti a parte, il giudizio di tutti gli storici e degli studiosi è concorde sulla grande dignità e sulla discrezione dimostrate nella sua esistenza da Romano Mussolini. «Romano è stato – ha commentato lo storico britannico Denis Mack Smith, autore di una celebre biografia di Benito Mussolini e di altri autorevoli libri sulla storia d’Italia sotto il fascismo – un uomo dignitoso: il figlio di un Romano Mussolini, grande pianista jazz apprezzato in tutto il mondo firmò con entusiasmo l’introduzione, con riconoscenza particolare verso Carradoni e l’autore: «Grazie al loro lavoro – scrisse Romano – ho ritrovato me stesso, la mia adolescenza...». Fratello affezionato, Romano ebbe sempre un ruolo centrale nella famiglia: era il prediletto di Edda ma anche con la sorella più piccola, Annamaria, visse pagine piene di avventura: era il ’43 quando lui e la sorella furono protagonisti di una rocambolesca avventura sul lago, che tenne alzati tutta la notte il Duce e Rachele a Villa Feltrinelli. «I due scomparvero all’improvviso - ricorda Garibaldi - e con il passare delle ore si pensò a un sequestro e a una possibile richiesta di riscatto. Ai genitori col cuore in gola un marinaio disse di avere intravisto una barca sul lago, nel pomeriggio. La notte sopraggiunse quando, finalmente, il dramma familiare andò a buon fine: un pescatore li aveva ritrovati addormentati in una barca. Che era accaduto? Che mentre stavano per rincasare, avevano perso un remo e la corrente li aveva trascinati lontano. Poi la stanchezza aveva prevalso». Uomo di pace anche in famiglia, Romano aveva svolto un ruolo decisivo nel tenere uniti i suoi cari. Dopo la tragedia che si abbatté sulla sorella Edda, con la fucilazione a Verona di Galeazzo Ciano, cercò in tutti i modi con il suo equilibrio di ricomporre gli animi che questa tragedia aveva diviso. Cercò di mediare in tutti i modi tra Edda e il padre e di riappacificare la sorella con la madre. In quest’ultima impresa riuscì, e, come dice Garibaldi, «è forse questa la sua opera più bella». La tragedia di Edda l’aveva vissuta sulla sua pelle in maniera così bruciante che quando lo intervistammo in occasione della fiction della Rai su Edda, non riuscì a tradire la commozione: «Io preferisco sempre non vedere film e rievocazioni che riguardano la uomo di grande importanza che si è comportato da uomo normale». Un giudizio analogo è stato espresso dal giornalista Sergio Zavoli: «Romano Mussolini era una persona governata da un temperamento mite, capace di ricostruire la storia di suo padre senza faziosità e con equità. Fino al punto di credere sinceramente che la Repubblica sociale italiana corrispondesse agli stessi scopi della Resistenza, partecipando a una strategia per risparmiare al nostro paese sorti peggiori e più tragiche agendo dall’altra parte della barricata». Zavoli che ha incontrato più volte il figlio minore del leader fascista per interviste confluite in libri oppure in reportage televisivi, ha aggiunto: «In un’intervista che mi dette per il ciclo televisivo “C'era una volta la prima repubblica” Romano mia famiglia, perché per me è troppo doloroso, soffro terribilmente». Ma per Edda aveva fatto un’eccezione. Si era commosso, ma pur nel dolore, con serenità ma anche con molta fermezza aveva ribadito che molti aspetti del lavoro di Capitani non l’avevano convinto. Tenero custode delle memorie familiari e giustamente devoto agli aspetti privati dei suoi cari, del padre e della madre, non esitava ad affermare quello che pensava con orgoglio di figlio ferito: «Mia madre non era così aspra e negativa come è stata rappresentata - ci disse in quell’occasione - e anche mio padre è stato interpretato troppo sopra le righe». «Non capisco perché – continuò – si confonda sempre l’aspetto pubblico con quello privato di Mussolini: mio padre era un uomo eccezionale. In privato era un uomo generoso, assolutamente buono, troppo ingenuo certe volte. E comunque sempre affettuoso con tutti noi. Un uomo che ha vissuto la tragedia italiana in maniera dolorosa come noi tutti». Padre affettuoso, ha avuto dall’ex-moglie Maria Scicolone, sorella di Sophia, due figlie: Alessandra ed Elisabetta. Dal secondo matrimonio con l’attrice Carla Puccini è nata Rachele. “Uomo della mediazione” anche nella temperie politica, non ha fatto mai mancare i suoi consigli pacati ad Alessandra, che, dopo lo “strappo” da An, è oggi leader di Alternativa Sociale. Romano Mussolini proseguiva nella sua attività di musicista con l’entusiasmo di sempre, nonostante i seri problemi di salute: il 21 gennaio, quando è stato portato d’urgenza all’ospedale Pertini, stava preparando un’esibizione a Roma con il suo gruppo, che avrebbe dovuto tenersi il giorno dopo. Solo l’improvviso ricovero ha potuto tenerlo lontano dalla sua inseparabile tastiera. Mussolini ipotizzò, con un sentimento autenticamente pacificante, che si potessero attribuire all’azione dei partigiani e a quelle delle brigate nere lo stesso scopo»: quello, a suo dire, di partecipare a un’unica battaglia per la patria con diverse strategie e diversi mezzi. «Era – spiega Zavoli – un uomo pochissimo incline all’invettiva e alla rivalsa; perseguiva un’idea, se si vuole, fuori dalla storia, di un’Italia che a quel punto andava salvata insieme non riuscendo a cogliere tutte le differenze che segnavano la lotta degli uni e degli altri». Il professor Giovanni Sabbatucci, ordinario di storia contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma e autore del più diffuso manuale di storia per i licei, è dello nstesso avviso: «Uno storico probabilmente ha poco da dire sul figlio minore di Mussolini, se non un apprezzamento sul piano umano per la discrezione con cui si è comportato nella vita pubblica e privata. Bisogna dare atto a Romano Mussolini — aggiunge Sabbatucci — del suo comportamento discreto, perchè non ha mai posato a erede». Lo scrittore Antonio Spinosa, autore di diversi libri su Mussolini e il fascismo, aggiunge: «Romano era un uomo dolce. Negli incontri avuti con Romano non si poteva non parlare di Benito. Romano pur mostrando di amare e ammirare il padre, lasciava però trasparire alcune perplessità. Romano somigliava alla sorella Edda più di quanto non le somigliasse Vittorio e questo, per dire, come nella stessa famiglia Mussolini, compresa Rachele, i giudizi sul duce non fossero allineati».