Nora Lombardini – abstract 8000 battute Da Camillo Boito a

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Nora Lombardini – abstract 8000 battute Da Camillo Boito a
Nora Lombardini – abstract 8000 battute
Da Camillo Boito a Corrado Ricci: evoluzione delle attività di “tutela” e di “valorizzazione”.
Nora Lombardini, dip. ABC – Politecnico di Milano
Gli anni, solo venti in realtà, che dividono Camillo Boito (1836-1914) da Corrado Ricci (18571934) vedono “evolversi” il concetto di restauro del monumento verso una attività di
“valorizzazione” che, se non può essere intesa nel suo attuale significato, così ricco per altro di
sfumature, permette di dare ragione del come alla necessità della tutela del patrimonio storico
artistico italiano, fortemente perorata da Camillo Boito faccia seguito l’obbligo di gestire l’immenso
patrimonio storico, artistico, paesistico italiano. Il punto di partenza del momento di “gestione” è
rappresentato dal censimento (e delle modalità per attuarlo) del patrimonio, fino ad arrivare alla
reale esigenza di pubblicizzare, ossia fare conoscere ad un pubblico il più ampio possibile con i
mezzi disponibili, sia la sua consistenza, sia l’attività di conservazione svolta su di esso. Questo
grande lavoro, intrapreso dai due studiosi, può essere pertanto visto come un atto eticamente
fondamentale per il rispetto della civiltà umana e alla base della stesura delle Carte del restauro del
1931/32.
L’analisi, svolta attraverso e scritti e documenti originali, intende mettere a confronto l’attività che
Boito e Ricci svolgono a favore della tutela e della “valorizzazione” di quello che oggi definiamo
patrimonio culturale. Si cerca, quindi, di evidenziare differenze e similitudini nei due studiosi, con
l’intendo di sottolineare linee di continuità nel loro pensiero e nelle loro azioni, individuando in esse
i prodromi di quello che oggi definiamo “valorizzazione del patrimonio” che si concretizza
attraverso la divulgazione e la partecipazione.
Il dibattito innescato per la ricerca delle linee metodologiche del restauro architettonico, insieme
all’impellenza della promulgazione di leggi in grado di attuare una corretta salvaguardia dello
stesso patrimonio e definite da Boito negli anni Ottanta dell’Ottocento, nei primi anni del
Novecento si incardina su un concreto programma formativo e divulgativo, fondato su un cosciente
progetto pedagogico e scientifico.
La costruzione della struttura normativa finalizzata a definire i delicatissimi termini della tutela del
bene privato, ritenuto pubblico in virtù del suo interesse storico e nazionale, si affianca ad un’opera
di divulgazione della conoscenza di questi beni. Si tratta di una operazione di comunicazione
capillare ma non frammentaria, anzi molto bene progettata, coordinata e realizzata, per quanto
inevitabilmente non destinata ad un pubblico che definiremmo di massa. Questa operazione
pubblicistica è in grado di arrivare al pubblico che potremmo definire, sbrigativamente, “giusto”,
rappresentato dalla media borghesia in ascesa la quale è coinvolta nello sfruttamento del territorio.
Il processo di sensibilizzazione, realizzato attraverso una campagna divulgativa di cui Ricci è
regista, assume anche chiari caratteri pedagogici, sempre ad un buon grado scientifico e mai lasciato
all’improvvisazione (secondo una tradizione italiana che trova uno delle sue più esemplari
rappresentazioni negli studi condotti da Carducci). La finalità educativa e divulgativa, per esempio
realizzata con agili libri di formato tascabile e curato da esperti editori (ma anche con la
circolazione di foto, cartoline, filmati che non svolgono solo una funzione documentaria) , assolve
allo scopo della costruzione di una coscienza italiana in grado di appropriarsi fisicamente e
culturalmente, di un patrimonio che fino all’unità politica è distribuito su territori
amministrativamente indipendenti e differenti.
All’azione, tutta privata di Boito (così come quella di Ruskin), si passa, proprio con Ricci, ad una
attività divulgativa mirata alla valorizzazione dei “beni culturali”, in cui concorrono e
compartecipano pubblica amministrazione e privata imprenditoria.
Parlare di “valorizzazione”, anche solo nei termini dettati dal Codice dei Beni culturali italiano, può
sembrare improprio nei contesti storici di Boito e Ricci. Di fatto, la “valorizzazione” sembra oggi,
in Italia, rappresentare l’azione determinante e sintetizzante le attività di conservazione e fruizione
del bene.
Entrambi i nostri protagonisti, come parte di un processo culturale in evoluzione per quanto
riguarda la costruzione del sistema di salvaguardia del patrimonio storico e artistico italiano,
pongono, più attraverso l’esempio che la teoria, l’accento sulla stretta necessità della divulgazione
delle informazioni relative alla conoscenza in senso lato dei “beni culturali”. Se si fa riferimento
alle pubblicazioni, cosi come è già stato detto, si tratta di una divulgazione diretta a pochi, sia se si
considera il livello di alfabetizzazione dell’Italia di quegli anni, sia per quanto riguarda i costi
necessari ad acquisire quelle stesse informazioni. Ma la necessità e l’impellenza di rendere fruibili
le opera d’arte (sia essa pittura, scultura, architettura, natura/paesaggio e intere città storiche) e noti
i loro restauri assumono significati che vanno al di là di quello, se pur fondamentale, della
documentazione, per diventare, così come è possibile evincere dalle argomentazioni trattate, dei
concreti programmi mirati alla gestione del bene stesso.
In senso strettamente storico-filologico, lo studio del monumento si connette non solo al
riconoscimento del suo valore documentario, storico e artistico. La necessità della divulgazione di
questi studi sottintende che non solo un piccolo gruppo di ricercatori, ma anche un pubblico più
ampio sia edotto dell’esistenza e del valore intrinseco di queste stesse opere. A fianco della
fondamentale attività pubblicistica iniziata dall’associazione “no profit” Touring Club Italiano nel
1894, impegnata nello sviluppo e nel supporto di un turismo “consapevole” e “rispettoso” delle
risorse artistiche, naturali e paesaggistiche, si pone l’altrettanto ampia attività editoriale delle riviste
d’arte, certamente di più difficile accesso, perché più specializzate, ma supportate da quanto la
tecnologia del tempo è in grado di offrire per garantire le migliori ed esaustive illustrazioni, mezzo
capace di fare arrivare più direttamente delle parole, le informazioni ritenute necessarie (fotografia e
litografia, per esempio).
La fotografia, quindi, a fianco del disegno, non svolge solo la funzione “conservativa” e
documentaria, volta a fissare il momento del verificarsi dell’evento (come, per esempio le fasi del
restauro in atto), ma serve a rendere testimonianza del valore storico ed estetico del manufatto,
facendolo apprezzare oggettivamente “a tutti”.
Gli scritti di Boito e Ricci assumono, se non addirittura si propongono, di promuovere la politica di
tutela e di celebrare la conoscenza in modo il più possibile diffuso, anche se non capillare. Molti dei
titoli dell’architetto e professore Camillo Boito sono dedicati ai problemi della riforma
dell’insegnamento dell’architettura come strumento utile alla formazione di professionisti in grado,
nel progetto del nuovo come nel restauro dei monumenti, di assurgere alla “realizzazione” di una
architettura nazionale. A questi si aggiungono i titoli di Corrado Ricci, laureato in legge, storico
dell’arte e alto funzionario della pubblica amministrazione, che con continuità si impegna nella
pubblicazione degli studi di storia dell’arte, condotti con il rigore storico-filologico acquisito negli
anni di frequentazione nell’ambiente bolognese legato a Giosué Carducci, e di analisi critica della
struttura e dell’attività della amministrazione statale in ambito di salvaguardia e tutela del
patrimonio storico e artistico, non solo architettonico ma anche paesaggistico.
Pur essendo fortemente ancorati su un atteggiamento di salvaguardia improntato sulla limitazione
dell’azione sul bene, così come si deduce dalle prime leggi di tutela italiane fino al Codice dei Beni
culturali del 2004, il lavoro svolto da Boito e da Ricci persegue l’obiettivo di mantenere “vivo” il
bene destinato ad una pubblica fruizione.
Nonostante sia cambiato da allora ad oggi il messaggio che si vuole che trasmetta il bene
architettonico, nell’insegnamento di Boito e ancora più in quello di Ricci si legge una politica di
valorizzazione che può essere espressa nei termini moderni degli articoli 6 e 111 del Codice per i
quali la valorizzazione consiste nella disciplina delle attività che promuovano la conoscenza e ne
assicurino uso e la pubblica fruizione, tutto questo a supporto dello sviluppo della cultura, passando
anche attraverso il sostegno degli interventi di conservazione e senza, però, sottovalutare la
formazione degli addetti ai lavori.