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Il notiziario giuridico indipendente v. 4.0 – ISSN 2464-8833
PCT e numero di R.G. sbagliato: per un punto Martin perse la causa...
di Avv. Luca Lucenti - 06/06/2016
Contenuti
1 Il numero di R.G. ai tempi della carta
2 Il numero di R.G. ai tempi della telematica e il povero Martino
3 Il valzer della giurisprudenza di merito
3.1 Trib. Torino, 26/08/2014 – respinge l’istanza di rimessione in termini
3.2 Trib. Catania, 28/01/2015 – accoglie l’istanza di rimessione in termini
3.3 Trib. Torino, 11/06/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
3.4 Trib. Pescara, 02/10/2015 – accoglie l’istanza di rimessione in termini
3.5 Trib. Milano, 08/10/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
3.6 Trib. Napoli, 16/12/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
3.7 Trib. Torino, 10/04/2016 – respinge l’istanza di rimessione in termini
3.8 Trib. Milano, 23/04/2016 – dichiara illegittimo il rifiuto di deposito
4 Dura lex, sed lex, ma è proprio lex?
5 L’ultimo giro di valzer: Trib. Torino, 13/05/2016
6 In conclusione
7 Documenti & materiali
8 Note
Si racconta che Frate Martino, priore di un monastero, ebbe l’idea di mettere in risalto l’ospitalità del
luogo con un’iscrizione sopra suo il portone d’ingresso che diceva: «Porta patens esto. Nulli claudatur
honesto», ovverosia «La porta sia aperta. A nessuno onesto si chiuda». Senonché, lo scalpellino
incaricato di incidere la frase commise un banale errore, spostando in avanti il segno di interpunzione,
cosicché la frase infine suonò: «Porta patens esto nulli. Claudatur honesto», che significa, molto
diversamente da quelle che erano le intenzioni del frate priore, «La porta sia aperta a nessuno. Si chiuda
all’onesto». Sventuratamente, mal ne incolse al povero Martino, visto che i suoi superiori, appreso
dell’errore, lo rimossero dall’incarico. Di qui, il noto motto «per un punto Martin perse la cappa».
Ora, al di là dell’intento didascalico di questa proverbiale storia, va detto che, quantomeno al sottoscritto,
in essa c’è qualcosa, che proprio non quadra. La domanda che le ronza, per così dire, intorno, infatti, è:
perché Martino per aver commesso un errore talmente banale come quello dell’aneddoto in questione
(per di più facilmente emendabile con qualche facile intervento di muratura da parte dello stesso
maldestro scalpellino che era stato incaricato di scolpirla con un poco di ulteriore lavoro) avrebbe dovuto
pagare un prezzo tanto caro come la perdita della propria carica?
La risposta è duplice: o di quel frate priore i superiori erano a tal punto insoddisfatti che l’occasione fu
loro propizia per liberarsi di un personaggio inadeguato, oppure tutta la vicenda si inquadra in un sistema
di potere arcaico, burocratizzato e talmente rigido da non comprendere che, in fondo, su un errore del
genere ci sarebbe stato, al più, da farci una risata sopra per poi provvedere ad emendarlo.
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Il numero di R.G. ai tempi della carta
Chi ha avuto la pazienza di seguire il racconto sin qui si deve essere sicuramente domandato che cosa mai
abbia a che spartire Martino e i suoi punti con il processo civile telematico. C’entra. E un’altra
(brevissima) digressione aneddotica probabilmente permetterà di metterlo meglio in luce.
Mettiamo l’orologio indietro di qualche anno e immaginiamoci tutti un poco più giovani e molto più
“cartacei” di quanto oggi non siamo, intenti a depositare una memoria istruttoria nel procedimento –
poniamo – recante il N. R.G. 365/1998 e di farlo l’ultimo giorno utile, in prossimità dell’orario di
chiusura della cancelleria.
Entriamo in tutta fretta nell’ufficio del cancelliere, con il fascicolo in mano e gli consegniamo
quest’ultimo insieme alla memoria in scadenza, magari con un’occhiata ansiosa all’orologio, perché
siamo consapevoli di essere quasi fuori tempo massimo.
Nella fretta e nella stanchezza non ci siamo accorti, però, di aver sbagliato l’indicazione del numero di
R.G. nell’intestazione dell’atto che stiamo depositando (o nella relativa nota di deposito, per le Corti che
la richiedevano): invece di 365/1998, poniamo, abbiamo, infatti, scritto 356/1998.
Ma è il cancelliere che se ne avvede e che, con maggiore o minore cortesia a seconda dei suoi tratti
caratteriali, ce lo fa presente a che noi possiamo provvedere a correggere la svista con un tratto di penna
sul posto.
E’ possibile immaginarsi un cancelliere dell’epoca dirci, con fare solenne: «Il numero di R.G. è sbagliato,
il deposito è inammissibile», indi restituendoci l’atto e non consentendoci ulteriori attività in quanto
l’orario di deposito è trascorso?
A parte casi limite, sempre purtroppo ipotizzabili, diremmo proprio di no.
Il numero di R.G. ai tempi della telematica e il povero Martino
Senonché, ai tempi della telematica il discorso, improvvisamente, cambia ed entra in gioco Martino, dove
per Martino si intende, stavolta, non il frate priore della storia con cui abbiamo introdotto l’argomento in
esame, ma il malcapitato avvocato che, avendo commesso l’errore di rovesciare due cifre componenti il
numero di ruolo, abbia la sfortuna di bussare, tra tutte quelle sparse sul territorio, proprio alla porta di
un’aula di Giustizia ove tale errore, come vedremo di qui a poco, è valutato in termini di errore capitale
imperdonabile, con conseguenze processuali talvolta drammatiche.
In tal caso, infatti, il nostro avvocato-Martino forse non perderà la proverbiale cappa, ma dovrà
probabilmente confidare che la propria assicurazione professionale copra il rischio informatico e, magari,
dovrà riflettere se il suo errore non sia passibile di qualche conseguenza sotto il profilo disciplinare (cosa
che, in tema di PCT, qualcuno ha pure ipotizzato, ma di cui sino ad ora non vi è stata, almeno a contezza
di chi scrive, applicazione).
E il senso di frustrazione professionale e conseguente preoccupazione incombente sul Nostro dopo
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l’esperienza trascorsa è certo destinato ad acuirsi ulteriormente, sino a sfiorare il paradosso dell’incubo
onirico, quando egli realizzerà che, se avesse imboccato la porta di altre aule giudiziarie, ecco che l’aver
sbagliato un “numerino” nel contesto dell’R.G. sarebbe stato considerato un «banale errore materiale di
indicazione del numero del fascicolo di destinazione» e non avrebbe comportato alcuna conseguenza,
tantomeno decadenziale.
Nel che, probabilmente, risiede l’aspetto più ingiusto e insopportabile della questione che si sta
affrontando, perché, come ci ha magistralmente insegnato il Calamandrei, è davvero insopportabile dover
rispondere al cliente soccombente che ci addebita di aver sbagliato difesa, che, in realtà l’unica cosa che
si è sbagliata è stata la porta.
Il valzer della giurisprudenza di merito
Infatti, che in materia di numero di R.G. (e non solo, perché la dinamica delle violazioni puramente rituali
o meramente tecniche in tempi di telematica ha dato la stura ai più esasperati formalismi forensi) la
giurisprudenza di merito si sia impegnata in molteplici giri di valzer interpretativi è dimostrato dalla
seguente breve rassegna di decisioni relative alla valutazione del rifiuto di deposito di atti giudiziari (di
natura spesso delicatissima) a causa dell’erronea indicazione del numero di R.G.
Trib. Torino, 26/08/2014 – respinge l’istanza di rimessione in termini
Apre le danze, per così dire, il Tribunale di Torino (Trib. Torino, ordinanza 26/08/2014, circa la quale ci
si era già espressi in termini critici), che, in un caso in cui il deposito della seconda memoria istruttoria
ex art. 183, 6° co. C.P.C. era stato rifiutato a causa di un errore nell’indicazione del numero di R.G., ha
senza mezzi termini respinto la successiva istanza di rimessione in termini proposta dal depositante in
base alla laconica considerazione che, nella specie, il deposito della memoria in questione sarebbe stato
«rifiutato a causa di una anomalia non risolvibile, di guisa che non vi sono elementi per ritenere
che tale rifiuto, e con esso la conseguente decadenza, siano riconducibili a cause estranee alla
ricorrente (che peraltro ha dichiarato che il rifiuto sarebbe da addebitare ad un errore nella
indicazione del numero di ruolo generale della causa, dunque imputabile alla ricorrente
medesima)».
Trib. Catania, 28/01/2015 – accoglie l’istanza di rimessione in termini
Il primo giro di valzer rispetto alla decisione sopra indicata si verifica circa sei mesi dopo, allorquando il
Tribunale di Catania (Trib. Catania, ordinanza 28/01/2015) prende in esame una situazione analoga a
quella di cui sopra, avente ad oggetto il deposito, sempre con R.G. erroneo, di una memoria ex art. 426
C.P.C.
Stavolta, però, l’avvocato-Martino è più fortunato, posto che il giudice catanese, rilevato che, nella specie
la parte che aveva proceduto al deposito aveva altresì
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«ricevuto un messaggio di accettazione deposito della memoria integrativa con la dizione
“descrizione esito: numero di ruolo non valido: il mittente non ha accesso al fascicolo.
Accettazione avvenuta con successo” (…)senz’altro idonea a generare un legittimo affidamento
sull’avvenuto deposito degli atti»;
e rilevato, ancora, che la cancelleria avrebbe dovuto comunque trasmettere l’atto «alla sezione
competente (evitando che la parte incorresse in preclusioni) ovvero informare compiutamente la parte
dell’errata ricezione», ha infine accolto l’istanza di rimessione in termini proposta dal depositante.
Trib. Torino, 11/06/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
Senonché, di lì a qualche tempo, il destino vuole che la questione ricompaia ancora dinanzi al Tribunale
di Torino (Trib. Torino, ordinanza 11/06/2015), da dove era partita.
Il Tribunale torinese conferma il proprio originario orientamento respingendo la richiesta di rimessione in
termini di una seconda memoria istruttoria ex art. 183 C.P.C., in maniera, però, decisamente più articolata
rispetto a quanto si era potuto vedere nella prima decisione di quel tribunale datata 26/08/2014 con cui
abbiamo aperto questa breve rassegna.
L’ordinanza ora in esame, infatti, sancisce anzitutto il principio, secondo il quale
«Il deposito di un atto processuale in un fascicolo non pertinente è affetto da nullità perché
mancante dei requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo (art. 156 cpv. c.p.c.). Il
deposito in cancelleria ha infatti la funzione di comunicare la memoria alla controparte (art. 170
co. 4 c.p.c.), oltre che al giudice. Questa funzione viene del tutto a mancare se l’atto non può
essere reso accessibile nel pertinente fascicolo telematico perché indirizzato altrove».
Indi, quasi a prevenire il (ragionevole) rilievo che, come si dirà meglio in seguito, l’art. 16-bis, 7° co.,
D.L. 179/2012, scolpisce il momento dell’avvenuto deposito telematico in quello della generazione da
parte del sistema della ricevuta di avvenuta consegna, con la conseguenza che, dunque, non si vede
come possa interferire con la tempestività del deposito quanto accade dopo a generazione di tale
ricevuta, il Tribunale osserva che
«funzione di questa norma è, all’evidenza, quella di esonerare il depositante dal rischio di
tardività del deposito in ragione di ritardi di lavorazione a lui non imputabili – ci si riferisce ai
controlli automatici effettuati dal dominio giustizia e, soprattutto, a quelli manuali degli operatori
di cancelleria che possono avvenire a distanza di giorni – ma non dal rischio di nullità del
deposito per carenza dei requisiti indispensabili»,
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concludendo, per l’effetto, che «se il deposito è nullo (vedi sopra) non vale a far salvo il rispetto del
termine la circostanza che la RdAC sia stata generata entro la fine del giorno di scadenza».
Trib. Pescara, 02/10/2015 – accoglie l’istanza di rimessione in termini
A risollevare l’avvocato-Martino dallo sconforto (derivante, in particolare, dall’aver a proprie spese
appreso che, secondo il Tribunale di Torino, oltre ai requisiti indispensabili per il raggiungimento dello
scopo propri degli atti giudiziari, esistono anche i requisiti indispensabili per il raggiungimento dello
scopo dei depositi di questi ultimi e che la loro inosservanza implica le medesime draconiane
conseguenze in termini di nullità/inammissibilità del tutto indipendentemente dal testo dell’art. 16-bis, 7°
co., D.L. 179/2012) ci pensa, però, il Tribunale di Pescara (Trib. Pescara, ordinanza 02/10/2015).
Quest’ultimo, infatti, circa tre mesi dopo il secondo giudicato torinese appena commentato, a fronte di
una comparsa di risposta depositata telematicamente e rifiutata dalla cancelleria con la motivazione «atto
rifiutato per deposito fascicolo errato», compie un esercizio di grande buon senso – almeno a parere di
chi scrive – comparando tra loro il sistema telematico e quello cartaceo.
Ad avviso del provvedimento ora in esame, infatti,
«il banale errore materiale di indicazione del numero del fascicolo di destinazione del suddetto
atto difensivo è stato segnalato dal sistema telematico solo il 1.7.2015, anziché immediatamente,
come dovrebbe avvenire se tale sistema fosse ideato e realizzato in modo da funzionare
adeguatamente e cioè con efficienza quantomeno pari a quella umana in operazioni
automatizzabili».
D’altro canto, prosegue l’ordinanza in questione,
«qualsiasi operatore addetto ad uno sportello di Cancelleria, all’atto di ricevere una comparsa di
risposta sarebbe perfettamente in grado di rilevare immediatamente, semplicemente incrociando i
dati relativi ai nominativi delle parti o in causa e al numero della causa, l’indicazione erronea
del numero del fascicolo da parte del depositante l’atto e di segnalarglielo, sicché identica
capacità si può e si deve pretendere da un sistema telematico»,
concludendo, sulla base di tale basilare considerazione, che
«si può ritenere che parte convenuta sia incorsa in una decadenza per causa imputabile
essenzialmente ad un difetto del predetto sistema, inidoneo a segnalare all’interessato un
semplice errore materiale, come tale non meritevole di essere sanzionato con una decadenza
processuale».
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Trib. Milano, 08/10/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
Siamo a poco più di metà pista e un nuovo giro di valzer non può, a questo punto, mancare.
Trascorsi sei giorni dal precedente del Tribunale di Pescara sopra esaminato, infatti, interviene in tema il
Tribunale di Milano (Trib. Milano, Sez. XIII, ordinanza 08/10/2015), che spariglia nuovamente i giochi
in una fattispecie particolare, in cui la parte istante aveva chiesto in udienza di poter depositare
cartaceamente una memoria ex art. 426 c.p.c. che assumeva di aver preventivamente depositato
telematicamente – come da ricevute di accettazione e consegna prodotte in atti – senza che, tuttavia, essa
risultasse effettivamente inserita nel fascicolo telematico.
Senonché, a fronte di ciò, il giudicante, rilevato che la parte istante aveva omesso
«di depositare le ulteriori due ricevute previste dal comma 7 dell’art. 13 del D.M. 44/2011,
ovvero quelle che il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente e nelle quali viene dato
atto dell’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia, nonché dagli operatori della
cancelleria o della segreteria»
e che dunque non sarebbe stato dato, per tale ragione,
«conoscere se si sia trattato di un errore del sistema oppure di un errore attribuibile all’attrice
nella compilazione dell’atto per avere, ad esempio, depositato la memoria per via telematica con
un numero di R.G. diverso da quello corretto»,
respingeva l’istanza (dopo averla previamente qualificata come istanza di remissione in termini) facendo
all’uopo letteralmente propri i medesimi argomenti utilizzati al medesimo fine da Trib. Torino, ordinanza
11/06/2015 di cui si è già detto.
Trib. Napoli, 16/12/2015 – respinge l’istanza di rimessione in termini
Al povero avvocato-Martino, a questo punto deve essere certo passato il buon umore, avendo egli appreso
di non poter confidare neppure nell’ombrello protettivo apprestato dall’art. 16-bis, 7° co., D.L. 179/2012,
secondo il quale, vale la pena ricordarlo,
«il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la
ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero
della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è
generata entro la fine del giorno di scadenza (…)»,
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oltre in quello di cui all’art. 13, 2° co., D.M. 44/2011, il quale, a sua volta ad abundantiam prevede che
«la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso
l’ufficio giudiziario competente»
Ed il mood, peraltro, non pare destinato certo a migliorare, se si considera che, solo un paio di mesi dopo
la pronuncia milanese appena esaminata, è intervenuto anche il Tribunale di Napoli (Trib. Napoli, Sez.
IV, ordinanza 16/12/2015, con una pronuncia resa ancora in una fattispecie di deposito di seconda
memoria istruttoria con R.G. errato.
Anche in questo caso, il Tribunale partenopeo rigetta l’istanza di rimessione in termini, osservando che
l’errore di specie doveva in effetti considerarsi
«riconoscibile da parte del mittente già pochi minuti dopo il deposito quando è pervenuta la terza
ricevuta PEC contenente gli esiti dei cd. controlli automatizzati previsti dall’art. 13, co. 7, del
DM 44/2011 e dall’art. 14 del Provv. Resp. S.I.A. del 16 aprile 2014 nei quali si evidenziava
“Numero di ruolo non valido: il mittente non ha accesso al fascicolo. Sono necessarie verifiche da
parte della cancelleria”»
e che tale terza PEC era pervenuta nella disponibilità della parte allorquando essa avrebbe ancora potuto
ridepositare
«la memoria ed in suoi allegati se solo avesse controllato che il numero di ruolo del fascicolo,
come emergenti dallo stesso testo del file.xml del terzo messaggio PEC che l’istante ha ritenuto di
inserire nell’istanza in esame, non era quello del fascicolo in cui il predetto era costituito».
Trib. Torino, 10/04/2016 – respinge l’istanza di rimessione in termini
Dello stesso tenore una successiva ordinanza del Tribunale di Torino (Trib. Torino, Sez. VII, ordinanza
10/04/2016), la quale, ancora una volta in fattispecie concernente il deposito di una seconda memoria
istruttoria con numero di R. G. erroneo, ritenuto
«che l’indicazione di un numero di ruolo errato da parte del depositante non rientri tra le cause
di decadenza non imputabili alla parte ex art. 153, comma 2, c.p.c., in quanto trattasi di errore o
svista ascrivibile al depositante e rimediabile con l’impiego dell’ordinaria diligenza e non
costituisce certamente causa estranea alla sua volontà»
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e ritenuto, altresì, che l’indicazione di un numero di ruolo errato è uno dei casi in cui non è possibile
l’accettazione «non conoscendo la cancelleria il fascicolo corretto in cui inserire l’atto» non essendo,
pertanto, quest’ultima «tenuta a forzare l’accettazione del deposito, potendo limitarsi a rifiutare il
deposito e a comunicarne l’esito negativo», ha rigettato l’istanza di rimessione in termini proposta dalla
parte che aveva operato il deposito.
Trib. Milano, 23/04/2016 – dichiara illegittimo il rifiuto di deposito
Un’apertura, tuttavia, viene ancora dal Tribunale di Milano (Trib. Milano, Sez. IV, ordinanza 23/04/2016
), il cui pensiero si è massimato come segue:
«È illegittimo il rifiuto, da parte della cancelleria, del deposito telematico di un atto (nella specie
un’istanza di riassunzione) indicante un numero di R.G. errato che sia pervenuto al depositante a
distanza di circa quaranta giorni dal deposito stesso ed una volta che questi aveva già ricevuto le
PEC di accettazione e consegna, nonché quella contenente l’esito positivo dei controlli
automatici ministeriali; in tal caso il deposito va considerato rituale e tempestivo.
Infatti, pur essendo corretto l’orientamento in merito alla necessità, ai fini della tempestività del
deposito, di ottenere tutte e quattro le ricevute, soltanto la terza ricevuta, ossia gli esiti di
controllo automatici, possano essere valutati come causa di non tempestivo deposito. Una volta,
invece, che sia positivo l’esito dei controlli automatici, si ritiene che la Cancelleria non possa
rifiutare l’atto, se non nei casi più gravi di errori c.d. FATAL» .
Si tratta di un provvedimento che, pur con qualche esitazione, ha il pregio di risolvere positivamente la
questione, “salvando” l’atto contenente il numero di R.G: errato ed al tempo stesso allontanandosi dalle
secche operative della rimessione in termini, tematica nella quale, come si è visto, si sono sin qui dibattuti
parti e giudici di merito e che, invece ha in realtà poco a che fare con la materia sin qui esaminata,come si
vedrà tra poco.
Dura lex, sed lex, ma è proprio lex?
E’ tempo di fermarsi un attimo prima di lasciarsi andare all’ultimo giro del valzer che si è sino ad ora
descritto, valzer che – va detto – lascia davvero perplessi se si considera che dietro tutte le memorie di
volta in volta dichiarate, a seconda dell’ufficio giudiziario ove trovano esame, inammissibili per via di un
“numerino” di R.G. invertito, o, invece, pacificamente ammesse agli atti nonostante il numerino di R.G
“invertito”, ci sono persone in carne ed ossa con i loro diritti.
Questi ultimi – persone e loro diritti – infatti, meriterebbero quantomeno un poco più di certezza e
prevedibilità delle decisioni circa questioni la cui valutazione in un senso o nell’altro può riverberare
conseguenze potenzialmente devastanti sotto il profilo processuale come quelle sin qui esaminate.
Questioni la cui delibazione, peraltro non coinvolge certo opzioni personali fondamentali o scelte etiche
irrinunciabili tali da giustificare la non uniformità degli indirizzi in materia: in altre parole, cioè, sempre
di un “numerino” invertito si tratta e la disparità di trattamento puramente casuale nel trattamento di tale
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medesimo errore materiale che si è sopra potuta riscontrare non sembra in alcun modo giustificabile.
Dinanzi a un quadro quale quello esaminato, dunque sarebbe in prima battuta altamente auspicabile che
l’idea del “dura lex sed lex” nella quale gli indirizzi di stampo formalistico finiscono più o meno tutti per
confluire, lasciasse il campo a considerazioni di equità sostanziale, per tale via privilegiando
atteggiamenti che consentano di porre rimedio ad errori meramente formali in modo uniforme sul
territorio nazionale, così da evitare le incomprensibili disparità che si sono lette e che possono unicamente
definirsi ingiuste.
Ma, se quello appena svolto resta un semplice auspicio, un’altra considerazione, riguarda, invece, il
profilo più strettamente giuridico, della questione.
Il già citato art. 16-bis, 7° co., D.L. 179/2012, infatti, stabilendo che il deposito telematico «si ha per
avvenuto» nel momento in cui il sistema genera «la ricevuta di avvenuta consegna» è in effetti molto
chiaro.
In tale momento il deposito è avvenuto e basta. L’atto che ne forma oggetto, perciò, è entrato
giuridicamente a fare parte del fascicolo e se, per avventura, ciò non accade materialmente a causa di
problematiche di sistema, sarà il sistema a dover rimediare a tale evenienza, senza scaricare le proprie
mancanze/inefficienze sulle parti, come di fatto accade opinando diversamente.
Ciò può avvenire per diverse vie. Confrontando, ad esempio, il contenuto dell’atto (dove è ben possibile
che il numero di R.G. sia correttamente indicato) con le indicazioni che corredano il suo deposito.
Avvisando, quantomeno, l’avvocato depositante della circostanza. Riferendo al giudice dopo aver
accettato il deposito, così come peraltro espressamente previsto dal punto 7 della circolare Ministero
della Giustizia del 23/10/2015, quantomeno in presenza di errori di tipo WARN o ERROR (categoria,
quest’ultima, cui appartiene l’erronea indicazione del numero di R.G. ex art. 14, 7° co., lett. a, provv.
DGSIA del 16/04/2014), etc. Compiendo, cioè tutte le attività che si sarebbero compiute in casi
consimili al tempo del cartaceo, allorché nessuno, ma proprio nessuno, si sarebbe mai immaginato di
dover impegnarsi a verificare i precedenti giurisprudenziali in materia di numero di ruolo generale errato.
In altre parole, cioè, come è stato già molto ben evidenziato in dottrina1, ad eccezione di casi limite,
sempre ipotizzabili in cui sia assolutamente impossibile intervenire per rimediare all’errore (come nel
caso degli errori di tipo FATAL, cui, però, certo non appartiene quello in esame), poiché la ricevuta di
avvenuta consegna segna il momento in cui l’atto è nel fascicolo di parte, tutte le evenienze
tecnico/operative che vi fanno seguito (terza e quarta PEC; verifiche di cancelleria; anomalie di vario
genere e quant’altro) non hanno, nè possono avere, alcun riflesso sull’ammissibilità dell’atto, non
potendo certo determinare, per definizione, alcuna decadenza.
Ed il rimedio, in tali casi, concesso al depositante cui venga rimproverato d’aver errato, non è, allora, la
richiesta di rimessione in termini, ma solo ed esclusivamente «richiedere al Giudice di dichiarare
tempestivo e valido ad ogni effetto processuale il primo deposito, concedendo termine per eseguire un
nuovo invio rettificato, e ciò esclusivamente ai fini del corretto inserimento nel fascicolo informatico di
pertinenza».2
Quanto, poi, ad alcune interpretazioni che si sono lette in ordine al già citato punto 7 della circolare del
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Ministero della Giustizia del 23/10/2014 (il cui terzo comma prevede che, in presenza di errori di tipo
WARN o ERROR le cancellerie devono accettare il deposito solo «ove possibile»), le quali
sembrerebbero legittimare una sorta di discrezionalità dell’operatore nel procedere o meno con
l’accettazione, va detto che esse sono destituite di fondamento. E ciò, sia perché esse privilegiano il testo
di una mera circolare a fronte di disposizioni di rango normativo e regolamentare, sicuramente
sovraordinate e di segno altrettanto sicuramente opposto. Sia perché tralasciano di leggere il seguito della
disposizione in questione, dalla quale si evince che le cancellerie devono comunque «segnalare al
giudice ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata».
D’altro canto, che sul personale di cancelleria incomba un onere – per non dire un vero e proprio dovere
(peraltro nella maggioranza dei casi adempiuto) – di collaborazione sistemica per evitare che la
problematica meramente tecnico/burocratica trasmuti in ostacolo propriamente processuale a chi scrive
pare chiaramente implicito nella complessiva ricostruzione del sistema giuridico/telematico vigente, oltre
che desumibile da principi base quali quelli di buon andamento ed economicità/efficacia dell’azione
amministrativa di cui all’art. 97 Cost., richiamati da disposizioni settoriali specifiche, quali, ad es., l’art.
3, 4° co., e l’art. 12 del DPR 16/04/2013, n. 62 (recante il codice di comportamento dei pubblici
dipendenti).
L’ultimo giro di valzer: Trib. Torino, 13/05/2016
Concludiamo proprio a Torino la danza giurisprudenziale che abbiamo metaforicamente iniziato proprio
nel Tribunale di quella città (Trib. Torino, ordinanza 26/08/2014, dalla quale abbiamo preso le mosse).
E’ il Tribunale di Torino, infatti, che si incarica di operare l’ultimo – almeno a conoscenza di chi scrive –
giro di valzer in tema di numero di R.G. errato. Ed è un giro significativo, sia per le argomentazioni che
adduce a sostegno della tesi che “salva” l’atto contente l’errore in questione, sia perché si pone in
contrasto con l’indirizzo opposto di quel Tribunale che abbiamo in precedenza potuto riscontrare (v. il
già ricordati precedente di Trib. Torino, ordinanza 26/08/2014 e quelli di Trib. Torino, ordinanza
11/06/2015 e Trib. Torino, Sez. VII, ordinanza 10/04/2016).
Ci si riferisce a Trib. Torino, Sez. I, ordinanza 13/05/2016, che, se ci si passa l’espressione, parte subito
bene, osservando che il disposto delle varie circolari ministeriali succedutesi nel tempo in materia di PCT
(ivi compresa l’ultima del 23/10/2014. sopra citata, il cui punto 7, come si è visto, con quel «ove
possibile», ha lasciato pensare ad una sorta di discrezionalità degli operatori nell’accettare o meno i
depositi)
«non può avere conseguenze sul regime di deposito degli atti processuali, che è disciplinato
dall’art. 16-bis comma 7 d.l. 179/2012, secondo cui “Il deposito con modalità telematiche si ha
per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del
gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia”».
E, infatti, continua l’ordinanza in questione, l’accettazione da parte della cancelleria non costituisce
affatto deposito telematico, «ma mero inserimento dell’atto nel fascicolo telematico», inidonea a
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condizionare la validità del deposito.
Ma poiché tale attività materiale costituisce purtuttavia «incombenza indispensabile per consentire
all’atto di raggiungere lo scopo che gli è proprio», ne deriva che il più volte citato punto 7 della citata
circolare ministeriale del 23/10/2014, laddove consente l’accettazione del deposito degli atti da parte
delle cancellerie (in caso di errori di tipo WARN o ERROR) «ove possibile», deve «essere intesa in
senso stretto, di possibilità materiale, indipendentemente da valutazioni di opportunità o
organizzative».
Resta comunque fermo – prosegue il provvedimento in esame – che all’accettazione degli atti presentanti
profili di problematicità
«dovrà accompagnarsi una efficace e adeguata attività di “segnalazione degli errori”, che
consenta, alla controparte e al giudice, di conoscere le anomalie contenute nell’atto. Questa
attività potrà anche comportare una richiesta di nuovo invio dell’atto, depurato delle anomalie
che generavano l’errore»;
attività svolta in modo tale da «consentire sempre al giudice di verificare la piena conformità fra i due
atti depositati; e che presuppone quindi la accettazione (e quindi l’inserimento nel fascicolo e la messa a
disposizione) dell’atto depositato per primo, anche se contenente la “anomalia”».
Da queste premesse, discende logicamente, sotto il profilo dei rimedi ad evenienze del tipo in rassegna,
l’inadeguatezza della rimessione in termini ex art. 153, 2° co. C.P.C.
Ciò, in primo luogo, in quanto l’inserimento di numero di R.G. sbagliato al momento del deposito, pur
costituente mancanza veniale, genera un’anomalia comunque «imputabile alla parte» e, in secondo
luogo, in quanto
«la rimessione in termini comporta l’autorizzazione alla parte a depositare nuovamente l’atto
non accettato; e l’atto nuovamente depositato – che “sostituisce” il primo non accettato –
potrebbe avere contenuto diverso da quello per primo depositato telematicamente».
Ne deriva, dunque, che occorrerà (ove tecnicamente possibile) procedere a forzare l’accettazione
indicando quale data di essa «quella in cui il depositante ha ottenuto la ricevuta di avvenuta
consegna».
In conclusione
Siamo pervenuti, dunque, alla fine – almeno per ora – della danza apertasi qualche anno fa sulla questione
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in esame, con una decisione che, almeno a chi scrive, sembra segnare un deciso passo avanti nel senso
che si era già delineato nella precedente parte dell’articolo e va, dunque, salutato con favore.
Il problema, però, resta, visto che domani ciascuno di noi potrebbe vestire i panni del povero avvocatoMartino, a seconda del Foro, in cui ci troveremo ad operare o a seconda del singolo giudice con cui ci
troveremo a rapportarci, o, per continuare a citare il grande Calamandrei, a seconda della porta che ci
troveremo ad aprire per accedere all’aula in cui il nostro procedimento verrà chiamato.
Si tratta di un problema probabilmente inevitabile in un sistema fondato sul libero convincimento del
giudice, ma è pure vero che ad esso è possibile apportare significativi, sia per via legislativa (è alle porte
la riforma, come si sa; non c’è, dunque, che attenderne gli esiti), ma soprattutto per via
giurisprudenziale: perché è nelle decisioni dei giudici che vive il diritto, divenendo Giustizia e
dovrebbero essere quelle stesse decisioni, in presenza di quadri così sperequati quale quello che si è sopra
tratteggiato, ad emendare le conseguenze inique che inevitabilmente ne derivano.
Non resta, dunque, che sperare che ciò accada. Se non altro in nome di Martino.
Documenti & materiali
Scarica Trib. Torino, ordinanza 26/08/2014
Scarica Trib. Catania, ordinanza 28/01/2015
Scarica Trib. Torino, ordinanza 11/06/2015
Scarica Trib. Pescara, ordinanza 02/10/2015
Scarica Trib. Milano, Sez. XIII, ordinanza 08/10/2015
Scarica Trib. Napoli, Sez. IV, ordinanza 16/12/2015
Scarica Trib. Torino, Sez. VII, ordinanza 10/04/2016
Scarica Trib. Milano, Sez. IV, ordinanza 23/04/2016
Scarica Trib. Torino, Sez. I, ordinanza 13/05/2016
Note
1
V. Pietro Calorio, «Errori materiali, rifiuto del deposito telematico e rimessione in termini: una
ricostruzione critica», in Altalex.com, 2016, http://www.altalex.com/documents/news/2016/05/30/errorimateriali-rifiuto-del-deposito-telematico-e-rimessione-in-termini-una-ricostruzione-critica.
2
Ibidem.
Articolo pubblicato su Ragionando_weblog, Il notiziario giuridico indipendente v. 4.0 – ISSN 2464-8833.
Liberamente utilizzabile, citandone fonte e autore.
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Titolo dell'articolo: PCT e numero di R.G. sbagliato: per un punto Martin perse la causa...
Di: Avv. Luca Lucenti
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Pubblicato il: 06/06/ 2016
Su: Ragionando_weblog Il notiziario giuridico indipendente v. 4.0 – ISSN 2464-8833
Indirizzo: http://www.jusdicere.it/Ragionando/luca-lucenti-pct-e-numero-di-r-g-sbagliato-per-unpunto-martin-perse-la-causa/
Potete citarlo così: Avv. Luca Lucenti, «PCT e numero di R.G. sbagliato: per un punto Martin perse la
causa...», 06/06/2016, Ragionando_weblog, Il notiziario giuridico indipendente v. 4.0 – ISSN 2464-8833,
scaricabile da: http://www.jusdicere.it/Ragionando/luca-lucenti-pct-e-numero-di-r-g-sbagliato-per-unpunto-martin-perse-la-causa/
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