Come ascolto la Parola? 1

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Come ascolto la Parola? 1
Come ascolto la Parola? 1
Ecco tre detti dei Padri del deserto su come ascoltare la parola di Dio. Insieme rivelano i vari significati della
parola.
A Scete un fratello andò a vedere Abbà Mosè e gli chiese una parola. Il vecchio gli disse: “Va’ e siedi
nella tua cella, e la tua cella t’insegherà ogni cosa”.
Un fratello chiese ad Abbà Ierace: “Dammi una parola. Come posso salvarmi?” Il vecchio gli disse:
Siedi nella tua cella; se hai fame, mangia; se hai sete, bevi; e non parlare male di nessuno, così ti
salverai”. Abbà Iperichio, dal silenzio della sua cella, disse: “La persona che insegna agli altri con le
azioni, non con le parole, è veramente saggia”.
Durante il IV e V secolo tra i Padri del deserto e le Madri del deserto egiziano non era insolito che un
novizio trovasse un monaco più anziano e gli chiedesse: “Abbà, hai una parola per me?”. Spesso l’Abbà
avrebbe aiutato colui che cercava ad ascoltare la parola di Dio. Questi cristiani del deserto che cercano di
trovare Dio nella parola intendono tre cose per parola. Prima di tutto, intendevano la Parola viva (Logos), che
è Gesù. In secondo luogo, intendevano la parola scritta (che è la sacra Scrittura). In terzo luogo, intendevano
la parola detta (rhema), che scaturisce dalla bocca di un profeta, dal silenzio e dall’umiltà del cuore, e che
parla alla propria condizione attuale. La Parola viva, la parola scritta e la parola detta sono tre modi in cui
Dio ci parla. E a questi tre voglio aggiungerne un quarto; scrivere la parola, in modo meditato e in preghiera,
per incoraggiare la tua partecipazione all’ascolto e al riconoscimento della parola nella tua stessa vita.
Ascoltare la Parola viva di Dio
Ascoltare l’eterna e creatrice Parola viva, sia quella nascosta sia quella rivelata nella vita e
nell’insegnamento di Gesù, è il primo modo d’incontrare Gesù. Il Vangelo di Giovanni inizia così:
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso
Dio: tutto è state fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui
era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno
accolta (Gv 1,1-5).
Questo passo di Giovanni illumina una verità centrale su Gesù: egli in qualche modo esisteva prima della
creazione, anima gli esseri umani e trascende il tempo e tutta la creazione. Questo tipo di parola non si limita
a una pagina, essa crea e agisce. Giovanni usava la parola greca logos per cogliere questo significato.
Talvolta le mie parole stesse perdono la loro forza creativa. Di fronte alle tante parole che definiscono la
nostra esistenza, vi è la parola creativa di Dio. La Parola viva nasce dal silenzio eterno di Dio, ed è a tale
parola creativa nata dal silenzio che vogliamo portare testimonianza.
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Tratto da HENRI J. M. NOUWEN, La direzione spirituale, Queriniana, Brescia 2006, 125ss.
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Prima che la Parola si sia incarnata nel suo grembo, Maria ha portato testimonianza alla parola di Dio. Grazie
al suo ascolto obbediente, la Parola ha potuto farsi carne. Ascoltare è una posizione molto vulnerabile. Maria
era così vulnerabile, aperta e ricettiva che poté ascoltare con tutto il suo essere. Niente ha resistito in lei alla
parola che le fu annunciata dall’angelo. Era ‘tutta orecchi’ e tutto cuore. Così la promessa poté adempiersi in
lei molto al di là della sua comprensione e della sua possibilità di padroneggiarla. “lo sono la serva del
Signore - disse Maria - avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).
Ascoltare è l’atteggiamento fondamentale della persona che è aperta alla parola vivente e creatrice di Dio.
Pregare è ascoltare Dio, essere aperti e ricettivi all’influenza di Dio. Il vero ascolto è diventato sempre più
difficile nelle chiese e nelle istituzioni, dove le persone rimangono in guardia, timorose di esporre i loro lati
deboli, ansiose di essere riconosciute come persone brillanti e di successo. Nella società competitiva
contemporanea ascoltare è spesso un modo di ‘sottoporre a verifica l’altro’. È una posizione difensiva in cui
non lasciamo che ci accada qualcosa di nuovo. È una maniera sospettosa di ricevere che ci fa chiedere che
cosa serve ai nostri fini e che cosa no. Il salmista ammonisce contro questo indurirsi del cuore:
Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore,
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere (Sal 95,8s.).
Qui la parola di Dio invita ad ascoltare la voce dell’amore e a non indurire il cuore. Questo tipo di ascolto ci
chiede di prendere come modello della nostra vita Gesù e d’impegnarci a seguire lo stile di vita che Gesù ha
proposto. Un tale ascolto assume la preghiera personale e la fede nell’azione di Gesù nel mondo oggi come
Parola viva di Dio.
Ascoltare la parola incarnata della vita è al centro della vita cristiana. In Maria vediamo questa forma di
ascolto nella sua forma più pura. Per questo la cugina Elisabetta la chiama ‘beata’. È mediante la sua
obbedienza che la Parola è diventata carne in lei, che è diventata non soltanto la madre di Dio, ma anche la
madre di tutti i credenti. Chi vuole essere fedele è chiamato a questo stesso genere di obbedienza. Quando
ascoltiamo fedelmente la Parola, la Parola diventa carne in noi e abita tra noi.
Gesù, la parola di Dio, è nascosta nell’umanità. In lui Dio è diventato un essere umano in mezzo a un popolo
piccolo e oppresso, in circostanze molto ardue. Non vi è stato nulla di spettacolare nella sua vita. Anche
quando si pensa ai miracoli di Gesù, si vede che egli non ha guarito o risuscitato per ottenere pubblicità.
Spesso ha persino vietato di parlarne. È stato oggetto di disprezzo dei governanti del suo paese ed è stato
condannato a una morte vergognosa tra due criminali. La sua risurrezione fu un evento nascosto; soltanto i
suoi discepoli e alcune donne e uomini che l’avevano conosciuto intimamente prima della sua morte lo
videro come Signore risorto. Né la sua vita, né la sua morte, né la sua risurrezione erano intese a stupirci con
la grande potenza di Dio. Dio è diventato un Dio umile, nascosto, quasi invisibile nella sua forma fisica. E
questa è la vera forza della Parola.
Forse pensi alla parola di Dio come a un’esortazione divina a darti da fare e a cambiare la tua vita. Ma la
piena potenza della Parola non sta nel modo in cui l’applichi alla tua vita dopo averla ascoltata, ma nel modo
in cui la sua potenza di trasformazione compie la sua opera divina in te quando tu ascolti.
Leggere la Parola
Un secondo modo d’incontrare Dio è ascoltare la parola viva nella parola scritta di Dio. Leggere, meditare e
ascoltare la parola di Dio nelle parole della Scrittura apre il nostro cuore alla presenza di Dio. Ascoltiamo
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una frase, un racconto, una parabola non semplicemente per essere istruiti, informati o ispirati, ma per essere
formati in modo da diventare una persona di fede davvero obbediente. Ascoltando in questo modo siamo
guidati dalla Bibbia. I vangeli sono pieni di esempi della rivelazione di Dio nella parola. Personalmente, mi
ha sempre toccato il racconto di Gesù nella sinagoga di Nazareth. Qui egli leggeva dal profeta Isaia, come
narra Lc 4,18s.:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.
Dopo aver letto queste parole Gesù disse: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i
vostri orecchi”. Meditando su questo testo comprendiamo improvvisamente che gli afflitti, i prigionieri, i
ciechi e gli oppressi non sono persone al di fuori della sinagoga che un giorno saranno liberate. Sono le
persone - povere e bisognose - che ascoltano Gesù qui e ora. Tu e io siamo prigionieri che hanno bisogno di
liberazione, quelli che sono spiritualmente ciechi vogliono vedere; tu e io siamo quelli che si sentono
oppressi e speriamo che Gesù ci libererà.
Prendere le Scritture e leggerle in maniera contemplativa si chiama lectio divina, lettura spirituale. Il termine
lectio divina viene dalla tradizione benedettina e si riferisce soprattutto alla lettura divina o sacra della
Bibbia. Lectio divina è l’antica pratica monastica di leggere la Scrittura in modo meditativo: non per
impadronirsi della Parola, non per criticare la Parola, ma per esserne signoreggiati e sfidati. Significa leggere
la Bibbia ‘in ginocchio’, cioè con riverenza, in modo attento e con la profonda convinzione che Dio ha una
parola unica per te nella tua situazione. La lettura spirituale è insomma una lettura in cui lasciamo che la
Parola ci legga e ci interpreti. La lettura spirituale è la disciplina della meditazione sulla parola di Dio.
Meditare significa “lasciare che la Parola discenda dalla nostra mente nel nostro cuore”: meditazione
significa masticare la Parola e incorporarla nella nostra vita. È la disciplina mediante la quale lasciamo che la
parola scritta di Dio diventi una parola personale per noi, ancorata al centro del nostro essere.
La lettura spirituale è cibo per le nostre anime. Riceviamo la Parola nel nostro silenzio, dove possiamo
rimuginarla, macinarla, digerirla e lasciare che divenga carne in noi. In tal mode la lectio divina è la costante
incarnazione della parola di Dio nel nostro mondo. La lettura spirituale è il sacramento della Parola, una
partecipazione alla reale presenza di Dio.
Attraverso la regolare pratica spirituale sviluppiamo un orecchio interiore che ci permette di riconoscere
nella parola scritta la Parola viva, che parla direttamente ai più intimi bisogni e aspirazioni. Nella lettura
spirituale della Scrittura ci concentriamo su Dio e sulla parola di Dio. Cerchiamo una parola, e poi ci
concentriamo in preghiera su quella parola. È nell’ascolto di parole particolari della Scrittura che
all`improvviso Dio diventa presente per guarire e salvare.
Spesso leggere significa raccogliere informazioni, acquisire nuove idee e nuova conoscenza e padroneggiare
un nuovo campo. Può portarci a diplomi, lauree, certificati. La lettura spirituale è invece diversa. Non
significa semplicemente leggere cose spirituali, ma anche leggere cose spirituali in maniera spirituale.
Questo richiede una disponibilità non soltanto a leggere, ma a essere letti, non soltanto a impadronirci delle
parole, ma a lasciarcene impadronire. Finché leggiamo soltanto per acquisire conoscenza la nostra lettura
non ci aiuta nella nostra vita spirituale. Possiamo diventare buoni conoscitori di problemi spirituali, senza
diventare persone veramente spirituali.
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Leggere la parola di Dio deve portarci prima di tutto alla contemplazione e alla meditazione. Leggendo
spiritualmente cose spirituali noi apriamo il cuore alla voce di Dio. Talvolta dobbiamo essere pronti a
mettere via il libro che stiamo leggendo e ad ascoltare ciò che Dio ci dice attraverso le sue parole.
La lettura spirituale non è affatto facile nel mondo intellettuale moderno, dove tendiamo ad assoggettare tutto
ciò che leggiamo all’analisi e alla discussione. Anziché separare le parole, dobbiamo metterle insieme nel
nostro essere interiore; anziché chiederci se concordiamo o meno con quello che abbiamo letto, dobbiamo
chiederci quali parole ci sono rivolte direttamente e si collegano direttamente alla nostra storia personale.
Anziché pensare alle parole come a un potenziale oggetto di dialogo o di uno studio interessante, dobbiamo
essere disposti a lasciare che penetrino negli angoli più riposti del nostro cuore, anche nei luoghi dove
nessuna parola è mai entrata. Allora, e solo allora, la Parola può portare frutto come un seme seminato nel
suolo fertile.
Tale lettura ci aiuta a comprendere che la Bibbia non è in primo luogo un libro di informazioni su Dio, ma di
formazione del nostro cuore. Non è semplicemente un libro da analizzare, esaminare e discutere, ma un libro
per nutrire e unificare, che serve come fonte costante di contemplazione. Dobbiamo lottare costantemente
contro la tentazione di leggere la Bibbia strumentalmente, come un libro pieno di bei racconti ed esempi che
possono aiutarci a dire la nostra idea in sermoni, conferenze, studi e articoli. La Bibbia non ci parla quando
vogliamo usarla; fino a quando trattiamo la parola di Dio come un oggetto con il quale possiamo fare tante
cose utili, non leggiamo veramente la Bibbia né ci lasciamo leggere da lei. Soltanto quando siamo disposti ad
ascoltare la parola scritta come una parola per noi la Parola viva può dischiudersi e penetrare nel centro del
nostro cuore.
Lectio divina implica quindi che nelle parole che leggiamo vi è sempre da cercare la parola di Dio. È
un’attesa attenta delle parole che collegano profondamente con la Parola e un attento discernimento di dove
la Parola ci conduce. È una forma di ascolto in cui continuiamo a chiederci quali parole sono scritte per noi,
quale cibo per il nostro cammino spirituale. Cosa importante, è un modo di leggere la Parola che viene
ricevuto con il nostro essere intero, con la nostra situazione attuale, le nostre esperienze passate, le nostre
aspirazioni future. Quando deponiamo tutto ciò che siamo dinanzi alla parola scritta, la Parola viva si può
rivelare qui e ora nella nostra lettura. Quando leggiamo la Bibbia così, la Parola viva, scoperta nell’incontro
tra la storia di Dio e la nostra storia individuale, diventa scritta nel nostro cuore, dove anima la nostra
spiritualità.
Lasciando entrare lentamente le parole scritte nella nostra mente e discendere nel nostro cuore, diventiamo
persone diverse. La Parola diventa gradualmente carne in noi e trasforma tutto il nostro essere. Nella lettura
della parola di Dio, attraverso di essa e riflettendo su di essa, Dio diventa carne in noi e ci rende Cristi
viventi per oggi.
La Parola parla dal silenzio
Un terzo modo di incontrare Dio nella parola è attraverso la parola detta (rhéma), nata dal silenzio, offerta o
ricevuta, come il frutto maturo della solitudine.
Il profeta Elia nel silenzio della grotta sul monte Oreb udì una “leggera, piccola voce” (1 Re 19,13). Gesù ha
ammonito i suoi ascoltatori a stare attenti alle parole che dicono, “perché dalle vostre parole sarete giudicati”
(Mt 12,36s.). Paolo si riferisce alla parola detta da Dio come alla “spada dello Spirito” (Ef6,l7). Nel Vangelo
di Marco leggiamo (1,32-37):
Al mattino si alzò, quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.
Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero; “Tutti ti
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cercano!”. Egli disse loro; “Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per
questo infatti sono venuto”.
Vi sono pochi dubbi che la vita di Gesù fosse molto occupata. Era occupato a insegnare, a predicare alle
folle, a guarire i malati, a esorcizzare i demoni, a rispondere alle domande di avversari e amici e a spostarsi
da un luogo all’altro. Gesù era così occupato dalle sue attività che diventava difficile avere un po’ di tempo
da solo. Eppure trovò il modo di lasciarsi alle spalle la folla, di ritirarsi dalla pressione delle necessità e di
abbracciare la solitudine e il silenzio. In preghiera, solo con Dio, poteva udire direttamente la parola dal
cuore di Dio. La preghiera solitaria era la fonte della sua forza, la sorgente della sua sapienza e il grembo
delle sue parole. Essendo stato alla presenza di Dio, Gesù poteva discernere la sua volontà per quel
momento. Dopo aver messo da parte del tempo per la solitudine e il silenzio, per la preghiera e l’ascolto,
sapeva dove andare, che cosa dire e che cosa fare per il resto della giornata. “E andò per tutta la Galilea,
predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni” (Mc1,38s.).
Analizziamo lo schema quotidiano e la disciplina di Gesù. “Al mattino presto, quando era ancora buio, si
alzò, uscì di casa e si ritirò in un luogo solitario per pregare”. Quand’è che ci alziamo, e dove andiamo, per
stare soli con Dio e pregare? Come sappiamo che cosa fare e dire in un giorno particolare? Dove andiamo
per trovare la forza quotidiana, per acquistare la sapienza dall’alto e per ascoltare la parola di Dio?
Nel Vangelo di Luca leggiamo che Gesù salì sul monte - con Pietro, Giacomo e Giovanni - per pregare. Qui
vedono che il volto di Gesù cambia mentre pregava; le sue vesti diventano splendenti come il sole e una
nuvola lo copre. Hanno paura di quel che vedono, ma sono in grado di ascoltare la voce e la odono dire;
“Questo è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo” (Lc 9,28-36).
Quando Pietro, Giacomo e Giovanni vedono sul monte Gesù pieno di luce, vorrebbero che quel momento di
luminosa visione durasse per sempre. Odono una voce che ricorda loro chi è Gesù, e viene detto loro di
ascoltarlo. L’esperienza, la visione, è una visione di pienezza dei tempi (kairos) e un momento di grazia.
Quando ascoltiamo la Parola, vi sono momenti in cui sperimentiamo una completa unione in noi e intorno a
noi. In quei momenti rigeneranti vediamo chiaramente la nostra identità e la nostra vocazione. Sono
esperienze di massima apertura all’ascolto della piccola e quieta voce di Dio, che ci dice una parola
personale di speranza e di benedizione, in un profondo ascolto.
Qui abbiamo un barlume del grande mistero al quale partecipiamo attraverso il silenzio della Parola, il
mistero del Dio stesso che parla. Quei momenti ci sono dati affinché possiamo ricordare la Parola quando
Dio sembra lontano e ogni cosa sembra vuota e inutile. È nella valle che abbiamo bisogno di ricordare la
cima della montagna; è durante i momenti di aridità, quando siamo soli o impauriti, che abbiamo più bisogno
di ascoltare la Parola.
Dopo essere stati in silenzio e aver ascoltato, può venire per noi il tempo di parlare. Il silenzio c’insegna
quando e come dire una parola di verità e di sapienza a un altro. La parola potente è una parola che emerge
dal silenzio, porta frutto e ritorna al silenzio. È una parola che ricorda a noi e agli altri il silenzio dal quale
viene, e ci riconduce al silenzio eterno. La parola che non ha radici nel silenzio è una parola debole e
impotente, che risuona come “uno squillante cembalo o un bronzo risonante” (1 Cor 13,1).
Dire la parola di Dio da un luogo di silenzio significa partecipare alla parola stessa detta da Dio. Significa
dire ciò che si è udito dall’eternità nel tempo. È un parlare che emerge da un silenzioso amore e che crea
nuova vita. Quando le nostre parole non sono più collegate al silenzio da cui sono venute e non ne sono
nutrire, esse perdono la loro autorità e degenerano in ‘mere parole’ che non possono portare frutto. Ma
quando le nostre parole portano con loro il silenzio eterno di Dio, allora possono dare veramente la vita.
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Lasciate che faccia un esempio: se dici troppo presto a una persona che soffre: “Dio ti ama come la pupilla
dei suoi occhi; Dio è sempre con te anche quando ti senti più solo”, queste parole possono essere poco più
che pie espressioni, che fanno più male che bene. Ma quando queste stesse parole sono dette da un cuore che
ha ascoltato lungamente la voce di Dio e ne è stato gradualmente plasmato, possono portare veramente nuova
vita e guarigione. Allora le parole sono sacramentali: portano con sé la realtà che indicano.
Talvolta abbiamo bisogno di ascoltare una parola portatrice di vita detta da un altro e rivolta alla nostra
situazione attuale. Dio manda talvolta un profeta a dirci una parola personale in un momento di bisogno.
Spesso, per esempio, i parrocchiani dicono al loro pastore: “Mi è sembrato che oggi nel tuo sermone mi
comunicassi direttamente la parola di Dio”. Talvolta la parola necessaria viene rivolta al nostro cuore
direttamente da Dio. Più spesso, è nelle parole amorevoli degli altri che udiamo la parola di Dio per noi.
Vi sono state nella mia vita molte occasioni nelle quali mi sono sentito isolato e tagliato fuori da Dio e dagli
altri esseri umani. È stato in quei momenti che ho udito Dio che mi parlava, attraverso qualcuno che diceva
una parola con grande amore e umiltà. Quando l’ho ricevuta, si è aperto in me uno spazio sicuro, dove ho
potuto incontrare il mio Dio e i miei fratelli e sorelle in modo nuovo. Ogni volta che questo è accaduto, ho
provato il profondo desiderio di lasciar crescere più profondamente quella parola abitando nel suo silenzio.
II silenzio è la strada regale della formazione spirituale. Senza il silenzio la parola detta non potrà mai
portare frutto. Inoltre, solo attraverso il silenzio la parola può discendere dalla mente nel cuore. Finché la
mente e il cuore sono pieni di parole prodotte da noi, non vi è spazio perché la parola possa entrare
profondamente nel nostro cuore e prendervi radici.
Tutte le parole dette devono nascere dal silenzio e ritornarvi costantemente. Il silenzio dà forza alla parola e
la rende feconda. Dal silenzio può essere detta la parola che sta dentro. Le parole dette sono intese a rivelare
il mistero del silenzio da cui provengono. Una volta che le parole hanno completato la loro funzione, il
silenzio rimane. Il filosofo taoista Chuang Tzu lo esprime bene:
Lo scopo di una trappola per i pesci è catturare il pesce; quando il pesce è catturato, la trappola è
dimenticata. Lo scopo del laccio per i conigli è catturare i conigli. Quando i conigli sono presi, il laccio
viene dimenticato. Lo scopo della parola è trasmettere le idee. Quando le idee sono state afferrate, le
parole sono dimenticate. Dove posso trovare uno che ha parole dimenticate? È uno con il quale vorrei
parlare.
Scrivere la Parola
Per me, trovare Dio nella parola spesso vuol dire scrivere. La scrittura spirituale ha un posto molto
importante nella formazione spirituale, anche se scrivere è spesso fonte di grandi sofferenze e ansietà. È
strano quanto sia difficile sedersi tranquillamente e confidare nella nostra creatività; sembra esservi nello
scrivere una resistenza profondamente radicata. Ho sperimentato io stesso, di continuo, questa resistenza.
Anche dopo molti anni di abitudine allo scrivere, provo una vera paura quando mi trovo dinanzi alla pagina
vuota. Perché ho tanta paura? Talvolta ho in mente un lettore immaginario che mi guarda da sopra la spalla e
rifiuta ogni parola che scrivo. Talvolta sono sopraffatto dagli innumerevoli libri e articoli che sono già stati
scritti, e non riesco a immaginare di avere qualcosa da dire che non sia già stato detto meglio da qualcun
altro. Talvolta mi sembra che qualsiasi parola sia incapace di esprimere quello che desidero veramente, che
le parole scritte non possano contenere quello che mi passa nella mente e nel cuore. Queste paure talvolta mi
paralizzano e mi fanno ritardare i miei progetti, e persino abbandonarli. Eppure, ogni volta che supero queste
paure e confido non soltanto nel modo unico in cui esisto nel mondo, ma anche nella mia capacità di
esprimerlo in parole, sperimento una profonda soddisfazione spirituale. Ho cercato di capire la natura di
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questa soddisfazione. Ciò che vado scoprendo a poco a poco è che nello scrivere entro in contatto con lo
Spirito di Dio dentro di me e faccio l’esperienza di essere condotto in nuovi luoghi.
Molti pensano che scrivere significhi buttare giù idee, intuizioni o visioni. Pensano che devono avere
qualcosa da dire prima di metterla sulla carta; per loro, scrivere è poco più che registrare dei pensieri
preesistenti. Ma in questa chiave il vero scrivere è impossibile. Scrivere è un processo in cui scopriamo che
cosa è vivo in noi. Lo scrivere stesso ci rivela che cosa è davvero vivente in noi. La soddisfazione più
profonda dello scrivere è il fatto che apre nuovi spazi in noi di cui non eravamo consapevoli prima di
cominciare a scrivere. Scrivere significa imbarcarsi in un viaggio di cui non conosciamo la destinazione
finale. Scrivere richiede un grande atto di fiducia. Dobbiamo dire a noi stessi: “Non so ancora che cosa porto
nel mio cuore, ma confido che scrivendo emergerà”. Scrivere è come dar via i cinque pani e i cinque pesci
che abbiamo, confidando che nel darli si moltiplicheranno. Quando osiamo ‘consegnare’ alla carta i pochi
pensieri che ci vengono, cominciamo a scoprire quel che vi è di nascosto sotto questi pensieri e gradualmente
veniamo in contatto con le nostre ricchezze e le nostre risorse interiori.
La formazione spirituale richiede il tentativo costante di identificare i modi in cui Dio è presente tra noi.
Scrivere regolarmente è un modo importante di farlo. Ricordo che durante un lungo soggiorno in America
latina scrivere ogni giorno mi aiutava a discernere in che modo lo Spirito di Dio era all’opera in tutto quello
che stavo vivendo. Al di sotto della moltitudine apparentemente spezzettata di stimoli visuali e mentali
riuscivo a scoprire una ‘pienezza nascosta’. Scrivere lo rendeva possibile; mi ha messo in contatto con l’unità
che sta sotto la diversità e con la solida corrente al di sotto delle onde incessanti. Scrivere è diventato il modo
di rimanere in contatto con la fedeltà di Dio in mezzo a un’esistenza caotica.
In queste situazioni sono arrivato a rendermi conto che scrivere era davvero una forma di preghiera; ha anche
prodotto la comunità, perché la parola scritta mi aiutava a creare uno spazio dove persone diverse, che
trovavano difficile identificare qualcosa di durevole in mezzo alle loro fuggevoli impressioni, potevano
raccogliersi e giungere a confidare nelle loro esperienze. Queste parole sono diventate una proclamazione
della presenza fedele di Dio anche dove meno si aspettava.
Infine, lasciate che condivida con voi un esempio di come uno scritto spirituale - una semplice lettera - ha
rivelato una parola di speranza per qualcuno nel bisogno. C’era un soldato olandese che era stato catturato e
fatto prigioniero di guerra. I nemici lo portarono via dalla sua patria e rimase completamente isolato dalla
famiglia e dagli amici. Non aveva notizie da casa e si sentiva molto solo e impaurito. Non sapeva se a casa
sua era rimasto vivo qualcuno o che cosa accadeva nel suo paese. Aveva migliaia di domande, ma non
poteva rispondere a nessuna. Sentiva di non aver più nulla per cui vivere ed era disperato. Poi, ricevette una
lettera inattesa, stropicciata e sporca perché aveva viaggiato a lungo prima di raggiungerlo. Era soltanto un
pezzo di carta, ma era prezioso per lui a causa delle parole che poteva contenere. Aperta la lettera, lesse
queste semplici parole: “Ti aspettiamo tutti a casa. Tutto va bene. Non stare in ansia. Ti rivedremo a casa,
tutti desideriamo rivederti”. Questa semplice lettera ha cambiato la sua vita. All’improvviso si sentì meglio e
non più disperato. Aveva una ragione per cui vivere. Le circostanze esteriori della sua vita, la prigionia e
l’isolamento non cambiarono; continuò il solito lavoro, sopportò le medesime difficoltà, ma si sentiva
completamente diverso dentro. Aveva ancora una casa. La speranza rinacque in lui quel giorno. Scrivere
delle semplici parole in una breve lettera ha salvato una vita, perché era una parola di Dio nelle parole di un
altro.
Quel che cerco di dire è che Dio ci ha scritto una lettera di amore nella Scrittura, la parola scritta. La parola
scritta indica la Parola viva, incarnata nella persona di Gesù. Sia nella Parola viva sia nella parola scritta Dio
continua a parlare, in modo personale e con voce tranquilla. Noi diciamo l’uno all’altro la parola di Dio che
viene dal silenzio dell’ascolto di Dio. Scrivere la parola rivela anche la parola di Dio a noi e agli altri. Viene
così offerta e ricevuta una relazione personale con la Parola viva, una lettura contemplativa della parola
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scritta, una meditazione silenziosa prima della parola detta, e l’atto spirituale di scrivere una parola in una
lettera o in un diario di preghiera sono quattro modi in cui ascoltiamo la parola di Dio. In altre parole,
incontriamo Dio nella parola attraverso la disciplina dell’ascolto obbediente, della lettura sacra, di un parlare
umile e dello scrivere spirituale.
approfondimenti
ESERCIZI DI DIREZIONE SPIRITUALE
Trovare Dio nella Parola
Ascoltare, leggere, parlare e scrivere in maniera fedele alla parola di Dio sono ardue discipline spirituali.
Ecco quattro semplici regole per trovare Dio nella parola:
 Ascoltare la Parola viva, che è Gesù, nel tuo cuore attraverso la preghiera contemplativa.
 Leggere la parola scritta con spirito aperto attraverso la pratica della lectio divina.
 Lasciare che dire la parola nasca da un delicato silenzio e dall’umiltà del cuore.
 Dopo un tempo di preghiera e di meditazione, scrivi una lettera di amore o una riflessione spirituale su ciò
che Dio forse ti dice. Condividilo con il tuo direttore spirituale o con il tuo gruppo di preghiera.
Avendo Cristo nel cuore, la Bibbia in mano e un momento di solitudine e di silenzio nell’esistenza, possiamo
trovare Dio nella parola. La Parola viva di Dio ci attira nel silenzio, e il silenzio ci rende attenti alla parola
scritta, ma la parola e il silenzio hanno ambedue bisogno della guida di una parola detta attraverso un amico
fidato. Posso essere io la tua guida per un momento? Voglio condurti attraverso un esercizio spirituale di
preghiera mirata, di lectio divina e di scrittura spirituale per aiutarti a trovare Dio nella parola.
Centrare la preghiera
Primo, mettiti davanti a Dio come sei. Siediti comodamente, con la Bibbia aperta su una lettura scelta. Tutto
ciò che devi portare nella tua relazione con Dio è te stesso. L'obiettivo non è cercare di sentirti speciale o
santo, ma semplicemente di sentirti te stesso. Poi, chiudi gli occhi e presta tranquillamente attenzione a te
stesso. Diventa cosciente del tuo respiro e comincia a rilassarti secondo il suo ritmo naturale. Nel rilassarti, la
prima cosa di cui sarai consapevole sono i rumori, gli odori... presto la tua quiete sarà interrotta, prima da
una goccia, poi da un flusso di pensieri, sentimenti, elenchi di acquisti, cose non fatte, problemi urgenti.
Lascia che tutto questo emerga. Non sono ostacoli a questo momento di quiete, ne sono lo scopo. Evita di
concentrarti su di un particolare pensiero o sentimento (questo bloccherà gli altri), ma lascia che tutti
scorrano. Quando ti senti agganciato da uno di loro non lottare; presta attenzione ancora una volta al tuo
respiro e poi lascia che i tuoi pensieri e sentimenti emergano di nuovo. Scoprirai spesso che l’afflusso lascerà
il posto ad alcuni sentimenti più profondi, a sentimenti più intensi. Ascolta... ascolta… ascolta… Dopo
alcuni minuti, quando sarai pronto, apri gli occhi. Sei ora pronto a vedere Dio nella parola scritta.
Lectio divina
Scegli un passo della Scrittura e leggilo per intero ad alta voce, lentamente, con attenzione; fermati per
lasciare che il passo sprofondi dentro di te. Evita una comprensione scontata, o anche un passo familiare.
Consentiti di ascoltare il racconto in modo nuovo.
Rileggi il passo, pezzo per pezzo. Osserva lo svolgimento della storia e le questioni che pone. Di nuovo,
evita un’interpretazione consueta; fermati su una parola o due nel racconto, esplora il passo come un
bambino esplorerebbe una stanza insolita, con uno spirito di curiosità e di apertura.
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Leggi il passo una terza volta. Quale parola o quali parole ti saltano agli occhi, richiedendo la tua attenzione?
Soffermati su quella parola il più possibile. Medita su di essa, masticala. Forse Dio ti dice oggi una parola
personale? Contempla la parola personale per te oggi nella parola scritta. Vivi oggi nella gioia che la Parola
viva ti ha detto.
Uno scrivere spirituale
Quando il tempo lo consente, apri il tuo diario e annota le tue idee spirituali. Comincia passando in rassegna
e riflettendo sulle circostanze particolari della tua vita oggi. Quali sono le sfide di questa giornata? Vi sono
importanti opportunità dinanzi a te? Vi sono decisioni da prendere?
Mentre rifletti, riesamina la Scrittura e le parole che hanno attirato la tua attenzione durante la lectio divina.
In che modo queste parole e immagini si ricollegano oggi alla tua vita? ln che senso la storia biblica è parte
della tua storia? Come si ricollegano le sue domande alle tue?
In che modo Dio viene a te quando ascolti la parola? Dove discerni la mano risanatrice di Dio che ti tocca
attraverso la parola? La tua tristezza, il tuo dolore e il tuo compianto si trasformano in questo stesso
momento mediante la parola? Senti il fuoco dell’amore di Dio che purifica il tuo cuore e ti da nuova vita?
Man mano che ti vengono dei pensieri, buttali giù sulla carta; forse solo una parola o due al principio, poi
frasi e pensieri man mano che si sviluppano le tue riflessioni. Cerca di afferrare temi specifici, anziché temi
di carattere generale. Potrai scoprire che si presentano, in risposta a nuove intuizioni, nuovi modi di agire in
situazioni familiari. Allo stesso modo, potrai sentirti turbato da parti della Scrittura che ti lasciano confuso, a
disagio, con un senso di discordanza. Possono essere altrettanto preziosi, in modi che non sono
immediatamente ovvi, delle parti che appaiono più ovviamente pertinenti. Annota anche queste.
Quando è venuto il momento di porre termine al tuo momento di quiete, rilassati. Quando sei pronto,
concludi con una preghiera, forse il Padre nostro, pronunciato lentamente, tenendo a mente le domande e le
idee che ti sono venute oggi. Rendi grazie. Invita la presenza di Dio nel movimento della tua vita nel giorno
che viene, portando con te il frutto del tuo tempo di meditazione.
In ogni disciplina, come suonare uno strumento o imparare una lingua, gli inizi sono difficili. Persevera.
Dedica il tempo e la pratica necessarie e il carattere artificioso della disciplina scomparirà, lasciando il posto
alla familiarità e alla naturalezza.
Preghiera conclusiva
Signore Gesù, le tue parole al Padre sono nate dal tuo silenzio. Conducimi in questo silenzio, affinché le mie
parole siano dette nel tuo nome, e siano quindi feconde. È difficile tacere, tacere con la bocca, ma ancora di
più con il cuore. Dentro di me c’è tanto parlare... Se potessi sedere semplicemente ai tuoi piedi, sapendo che
appartengo a te e a te solo, smetterei facilmente di discutere con tutte le persone reali e immaginarie attorno
a me... So che nel silenzio del mio cuore mi parlerai e mi mostrerai il tuo amore. Donami, o Signore, quel
silenzio. Fa' che io sia pazienze e cresca lentamente in questo silenzio, dove posso essere con te. Amen.
Rifletti e annota
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Leggi Mc 1,35-37 lentamente e poi lascia che il passo ti legga per alcuni
momenti. Annota la tua esperienza di essere letto dalla parola.
Scrivi una lettera d’amore di Dio per te. Che cosa sai dell’amore di Dio per te?
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Alcune domande a fine testo
La Parola viva
In che cosa consiste il mio rapporto personale con Gesù Cristo? Provo a descriverlo. Quali sono gli
ostacoli che si frappongono e che non permettono il mio udire la Parola viva?
La parola scritta
In che modo lo studio della scrittura mi avvicina e in quale modo mi allontana dalla parola viva che
è contenuta nella sacra Scrittura? Nel mio accostarmi alla sacra Scrittura quanto sono disponibile
a farmi leggere dalla parola e quanto invece la giudico o la uso?
La parola detta
Qual è l mio rapporto con il silenzio? Cosa mi attira e cosa mi intimorisce del silenzio? Quando lo
fuggo e quando lo cerco? Le parole che dico per confortare, consigliare, annunciare nascono dal
silenzio? O sono delle formulazioni ripetitive e standardizzate? Nascono dall’esperienza
dell’ascolto della Parola viva? Confortano davvero me prima di confortare i destinatari?
Scrivere la parola
Ho mai annotato i movimenti della mia anima? Se sì, cosa ho provato nel rileggerli a distanza di
tempo?
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