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Diocesi di Cassano all’Jonio
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87011 Cassano all’Ionio (CS)
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EDITORIALE DEL VESCOVO
Gazzetta del Sud 13.06.2010
Bisogna avere paura solo di tradire Cristo
Diciotto milioni. Tante sono le persone che, in poco più di cinque lustri, hanno
visitato la tomba di padre Jerzy Popieluszko nella parrocchia di san Stanislao Kostka,
a Varsavia.
Nell’Anno sacerdotale che volge ormai a conclusione, la figura del sacerdote polacco
brutalmente assassinato da funzionari dei servizi comunisti il 19 ottobre del 1984
risalta come modello di riferimento per quanti nel mondo annunciano il Vangelo e
restituisce luminosità al volto terreno della Chiesa. Proclamato beato appena
domenica scorsa, padre Popieluszko può essere considerato l’icona dell’Europa
nuova, nata sulle macerie della Guerra fredda: in un Paese dove l’ideologia comunista
considerava un’avanguardia la classe operaia, e dove proprio i lavoratori chiedevano
una più onesta democrazia, il giovane sacerdote di origini contadine svolse la propria
attività pastorale tra i lavoratori siderurgici e si unì a loro sotto le insegne di
“Solidarnosc”, comunicando e spiegando concetti che a molti erano ancora oscuri.
Nei suoi sermoni emerge, infatti, uno spirito di verità e di amore per il prossimo
originato da un’intensa lettura del Vangelo e delle lettere paoline. «Quello che è nel
cuore, che è profondamente umano», disse in un’omelia, «non si può eliminare con
nessun ordine e divieto. Bisogna sbarazzarsi della paura che paralizza, che
immobilizza la mente e il cuore degli uomini». Ed aggiungeva: «Bisogna avere paura
solo di tradire Cristo, per quattro monete di sterile tranquillità».
Eroe della libertà e testimone della fede, padre Popieluszko fu descritto da papa
Giovanni Paolo II come «l’autentico profeta dell’Europa, quella che afferma la vita
attraverso la morte». Avversato dalle autorità, sorvegliato e minacciato dai servizi
segreti, sebbene consapevole di correre rischi e gravi pericoli solo per non aver
voluto mai rinunciare a diffondere e mettere in pratica il Verbo divino, nell’esercizio
del suo ministero il giovane parroco di Kostka tenne sempre dritta la schiena e saldo
il pensiero, orientato al Cristo sofferente in croce. Sequestrato dai suoi aguzzini una
notte d’ottobre del 1984, dopo indicibili torture fu ucciso, legato e gettato nella
Vistola. Al mondo che attonito assiste al ritrovamento del cadavere, sin da subito
venerato da migliaia di uomini e donne, che proprio grazie al sacrificio di un umile
prete di periferia trovano o ritrovano la fede, resta la lezione impressa in uno dei suoi
ultimi scritti: «Per rimanere uomini spiritualmente liberi, bisogna vivere nella verità.
La nostra schiavitù consiste in questo principio, che ci sottomettiamo al dominio della
falsità, che non lo smascheriamo e non protestiamo contro di esso ogni giorno. La
coraggiosa testimonianza della verità è la strada che conduce direttamente alla
libertà».
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Un insegnamento sempre attuale, specie per quanti troppo facilmente dimenticano
che la vita è un dono e che ciò per cui ci si spende, ovvero il significato
dell’esistenza, abbellisce e rende matura la persona. Anche nel dramma del sacrificio.
? Vincenzo Bertolone
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