Ipotesi di un capitalismo reattivo. Il formicaio di Stiegler

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Ipotesi di un capitalismo reattivo. Il formicaio di Stiegler
Kaiak. A Philosophical Journey, 1 (2014): Sottosuoli
Ipotesi di un capitalismo reattivo: il formicaio digitale di Bernard Stiegler
di Paolo Vignola
Abstract: The article attempts to show the key aspects of Bernard Stiegler’s pharmacological perspective
focusing on digital technologies and their social effects. This not only implies a general description of
several concepts involved by Stiegler’s thought during the last ten years (pharmakon, grammatization,
individuation, control and symbolic misery), but also a renewal of Nietzsche's analysis on resentment and
nihilism. Thus, the decision to introduce Deleuze’s reading of Nietzsche is to be considered as a further
attempt to understand pharmacology in a more social engaged way than a Derridean one the cognitive
capitalism as the rising of reactive forces within the “soul at work” that characterizes our present.
Quel che racconto è la storia
dei prossimi due secoli.
Friedrich Nietzsche
In una conferenza tenuta nel 2011 presso l’Università del Lussemburgo, prendendo come spunto un
articolo di «Le Monde» del luglio 2010, in cui si annunciava che Facebook sarebbe diventata la
terza comunità mondiale con oltre 500 milioni di membri, Bernard Stiegler ha evidenziato quello
che è sì sotto gli occhi di tutti, ma che i filosofi contemporanei stentano a mettere precisamente a
fuoco per svilupparne una critica realmente filosofica: l’industrializzazione e l’automatizzazione
dell’amicizia e delle relazioni sociali messe in opera dalle tecnologie digitali e, in particolare, da
quelle «tecnologie della reputazione»1 che organizzano e rendono calcolabile – nonché
monetizzabile – «ciò che i Greci chiamavano il kleos, modalità storica di una struttura elementare
dell’economia libidinale, del “desiderio del desiderio dell’altro”»2.
Questa considerazione relativa ai social networks in generale si fonda su analisi economiche,
politiche e tecnologiche che Stiegler ha condotto fin dalla metà degli anni Novanta, dunque prima
dell’esplosione su scala mondiale delle tecnologie legate a Internet, e che risultano quanto mai utili
nel presente per comprendere i paradossi emotivi, sociali e culturali che emergono nella Società in
Rete. In particolare, in De la misère symbolique I e in Mécréance et discrédit I l’analisi stiegleriana
rende conto dell’indebolimento delle relazioni sociali, della pulsionalizzazione del desiderio, della
proletarizzazione degli utenti del web e più in generale dei consumatori attraverso una critica dello
stadio attuale del capitalismo, che per il filosofo francese è sicuramente “cognitivo” e “finanziario”
ma al tempo stesso iper-industriale – e non post-industriale o de-industrializzato3.
Controllo iper-industriale e miseria simbolica
Secondo Stiegler, il capitalismo odierno è iperindustriale nel senso che ogni ambito della vita
umana e sociale risulta continuamente controllato, modulato e stimolato da strumenti, prodotti,
1 B. STIEGLER, Five Hundreds Millions Friends: The Pharmacology of Friendship, «UMBR(a): Technology», 2012,
p. 62 (trad. mia).
2 Ibidem (trad. mia).
3 Cfr. B. STIEGLER – ARS INDUSTRIALIS, Reincantare il mondo. Il valore spirito contro il populismo industriale, trad.
it. e cura di P. Vignola, Orthotes, Napoli-Salerno 2012, pp. 85-87.
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servizi o programmi risultanti dall’attività industriale, che oggi come ieri lavora e organizza
materiali. Ciò che avviene con le tecnologie digitali, e all’interno del cosiddetto capitalismo
cognitivo, non è dunque dell’ordine dell’immateriale, bensì rinvia a uno status ipermateriale, in cui i
prodotti della tecnologia industriale agiscono direttamente sul piano della cognizione, dei saperi,
degli affetti e dei desideri: «l’epoca iper-industriale può essere caratterizzata da un’estensione del
calcolo ben al di là della sfera della produzione e da una correlativa estensione dei domini
industriali», al punto che la «computazione generalizzata introduce il calcolo nella integralità dei
meccanismi caratteristici di ciò che Simondon definisce l’individuazione psichica e collettiva»4.
Tale rapporto tra produzione industriale ed esistenza individuale e collettiva è concepito da Stiegler
come un capitalismo di servizi, il quale mediante le tecnologie digitali dell’informazione e della
comunicazione controlla in modo permanente e sistematico l’attenzione e il comportamento di ogni
singolo individuo. Queste psicotecnologie – in quanto agiscono nei confronti delle coscienze
individuali e collettive – sono gli strumenti più aggiornati di quelle che Gilles Deleuze aveva
definito le «società di controllo»5, poiché tramite esse diviene possibile «controllare i tempi
coscienti e incoscienti dei corpi e delle anime che li abitano, modulando mediante il controllo dei
flussi il tempo di coscienza e di vita»6. In tal senso, la realizzazione del capitalismo cognitivo, come
controllo e «adattamento»7 dei saperi agli imperativi dell’economia politica e della finanza,
coincide con la piena maturazione dell’«anima aziendale» a cui Deleuze ha fatto riferimento per
descrivere le trasformazioni di fine secolo riguardanti il rapporto capitale-lavoro e il divenire
consumatore del cittadino-lavoratore8. L’anima dell’azienda, il brand, negli ultimi decenni sembra
del resto aver esibito la sua principale vocazione nella conquista delle singolarità attraverso la
continua sollecitazione di input affettivi e cognitivi da parte del marketing, il cui obiettivo è il
modellamento dei processi di soggettivazione di ogni individuo nella loro integralità.
Questo è lo sfondo da cui si dipana l’analisi di Stiegler in De la misère symbolique, testo che
rappresenta dunque un commento e un aggiornamento del post-scritto sulle società di controllo.
Tuttavia, pur sviluppando il proprio discorso anche attraverso l’analisi deleuziana, Stiegler esprime
indirettamente alcune differenze sostanziali rispetto ad essa, particolarmente in relazione alla lettura
di Nietzsche e di Simondon, sulle quali gioca peraltro la sua partita contro il livellamento, la
decadenza e il risentimento nella società digitale.
Il punto di partenza dell’analisi stiegleriana è indubbiamente sintomatologico9, nel senso che si
rivolge agli effetti intossicanti delle psicotecnologie, causati dalla fase attuale del capitalismo
cosiddetto cognitivo, che consistono essenzialmente in fenomeni di iper-sollecitazione estetica e
pulsionale, fino alla saturazione, e che coinvolgono le funzioni superiori del sistema nervoso, come
la concezione, la sensibilità e l’immaginazione, dunque più in generale tanto la vita intellettuale,
quanto quella affettiva e sociale10. Tali effetti, che su scala mondiale sono anche omogeneizzanti,
4 B. STIEGLER, De la misère symbolique, Flammarion, Paris 2013, p. 79. Cfr. G. SIMONDON, L’individuazione psichica
e collettiva, a cura di P. Virno, DeriveApprodi, Roma 2001.
5 Cfr. G. DELEUZE, “Poscritto sulle società di controllo”, in Id., Pourparler, trad. it. di S. Verdicchio, Quodlibet,
Macerata 2000, pp. 234-241.
6 B. STIEGLER, De la misère symbolique I, L’époque hyperindustrielle, Galilée, Paris 2004, p. 20 (trad. mia).
7 B. STIEGLER – ARS INDUSTRIALIS, Reincantare il mondo, cit., p. 143.
8 Cfr. G. DELEUZE, “Poscritto sulle società di controllo”, cit., p. 239.
9 Su tale aspetto mi permetto di rinviare a P. VIGNOLA, “Devenir dignes du pharmakon. Entre symptomatologie et
pharmacologie”, in B. DILLET, A. JUGNON (éds.), Techno-logiques. La pharmacie de Bernard Stiegler, Cecile
Défault, Paris 2013, pp. 413-428.
10 Più in particolare, ed utilizzando il suo lessico, i sintomi evidenziati da Stiegler sono la perdita di motivazioni e di
ragioni per credere nell’avvenire, il discredito sociale, la miseria simbolica, la catastrofe del sensibile, il
disorientamento esistenziale, il consumismo pulsionale, il disgusto di sé e degli altri, la cognitive overflow synfrome,
l’attention deficit hyperactivity disorder, l’individualismo e la proletarizzazione dei saperi, tanto teorici quanto
pratici. Emblematici sono anche i titoli dei libri in cui vengono prodotte tali sintomatologie: cfr. B. STIEGLER, De la
misère symbolique 1. L’époque hyper-industrielle, Galilée, Paris 2004; ID., De la misère symbolique 2. La
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conducono ad una «miseria simbolica» generalizzata, che consiste in una riduzione delle capacità
cognitive e affettive come effetto della «perdita di partecipazione alla produzione di simboli,
designanti tanto i frutti della vita intellettuale (concetti, idee, teoremi, saperi) quanto quelli della
vita sensibile (arti, saper-fare, costumi)»11. In questa situazione di disagio, ad essere a rischio sono
tanto i singoli individui quanto le collettività, poiché ciò che in gioco è l’individuazione psichica e
collettiva di Simondon, secondo cui l’io, come individuo psichico, è essenzialmente un processo
che può essere pensato solo nella relazione che intrattiene con un individuo collettivo, un noi, il cui
processo d’individuazione, a sua volta, si instaura solo attraverso le individuazioni degli io che la
compongono:
Il malessere che sta affettando l’epoca presente è caratterizzato dal fatto che io posso sempre
meno, o addirittura non posso più del tutto proiettarmi in un noi – né più né meno degli altri io
in generale. Il noi è gravemente malato: la sottomissione dei dispositivi ritenzionali, senza i
quali non vi è individuazione psichica e collettiva, a una criteriologia che è totalmente
immanente al mercato e ai suoi imperativi egemonici, rende il processo di proiezione, attraverso
il quale un noi si costituisce individuandosi, praticamente impossibile. L’egemonia culturale
attraverso i dispositivi ritenzionali che Gramsci cominciò a teorizzare negli anni Trenta, e che
ora è sistematicamente esercitata dal capitale, funziona come un blocco nel cammino
dell’individuazione. Il malessere individuale che risulta da questo stato dei fatti si manifesta in
somatizzazioni, nevrosi e comportamenti ossessivi di compensazione o di denegazione, o
attraverso vari esempi di logorree razionalizzanti che possono essere imitative o reattive, oppure
ancora, in casi estremi, mediante comportamenti individualmente o collettivamente suicidari,
che siano stati sovrani, vassalli o gruppi terroristici12.
Per Stiegler, l’attuale perdita di individuazione, che diviene una dis-individuazione sotto forma di
una «individualizzazione» (termine che traduce l’atomismo sociale), è l’effetto collaterale del
processo di grammatizzazione13, ossia delle dinamiche di registrazione, formalizzazione e
discretizzazione dei comportamenti umani, dai linguaggi ai gesti, che permettono tanto
l’archiviazione quanto la riproducibilità di tali elementi mediante la trasformazione di un continuo
temporale (per esempio la voce che effettua un discorso) in un discreto spaziale (come la scrittura
alfabetica). Oggi lo stadio della grammatizzazione è quello digitale, dove la discretizzazione di tutti
i processi e i comportamenti psico-sociali consente il loro trattamento sistematico mediante il
calcolo algoritmico e computazionale:
Il processo di grammatizzazione è la base del potere politico inteso come il controllo del
catastrophè du sensible, Galilée, Paris 2005; ID., Mécréance et discrédit 1. La décadence des démocraties
industrielles, Galilée, Paris 2004; ID., Mécréance et discrédit 2. Les sociétés incontrôlables d’individus désaffectés,
Galilée, Paris 2006; ID., Mécréance et discrédit 3. L’esprit perdu du capitalisme, Galilée, Paris 2006.
11 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., pp. 25-26 (trad. mia).
12 Ivi, pp. 96-97 (trad. mia).
13 Incrociando la decostruzione del fonologocentrismo di Derrida e le analisi storiche, epistemiche e tecnologiche del
gramma di Sylvan Auroux, Stiegler concepisce il processo di grammatizzazione come la discretizzazione del
continuo vivente, ossia «la storia tecnica della memoria» che si dà attraverso l’esteriorizzazione della memoria
umana. I prodotti della grammatizzazione sono ciò che Stiegler definisce “ritenzioni terziarie”, ossia sedimentazioni
della memoria, spazializzata su supporti materiali (dalla selce scheggiata al libro, dalle fotografie alla scrittura
digitale, ecc.). Se, per Husserl, le ritenzioni primarie sono quel che è trattenuto e selezionato dalla coscienza, nel
presente del flusso percettivo, mentre i ricordi sono selezioni delle ritenzioni primarie precedenti, e in tal senso
concepibili come “ritenzioni secondarie”, le ritenzioni terziarie concepite da Stiegler sono esterne alla coscienza e
hanno il potere di condizionare la selezione e la formazione della memoria interna, dunque delle ritenzioni
secondarie, che a loro volta sovradeterminano le ritenzioni primarie, poiché i ricordi influiscono direttamente sulla
selezione della realtà percepibile. Cfr. S. AUROUX, La Révolution technologique de la grammatisation, Mardaga,
1993.
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processo d’individuazione psichica e collettiva. L’epoca iper-industriale è caratterizzata dallo
sviluppo di uno nuovo stadio del processo di grammatizzazione, ora esteso, nella
discretizzazione dei gesti, dei comportamenti e dei movimenti in generale, ad ogni genere di
dominio, andando ben al di là dell’orizzonte linguistico. Ciò è anche quel che costituisce il
biopotere di Foucault – che è simultaneamente controllo delle coscienze, dei corpi e
dell’inconscio. Ma, dal momento che l’inconscio non può essere controllato, la società di
controllo è una società di censura di nuovo genere, che sta inevitabilmente incubando
un’esplosione di pulsioni – preceduta da miriadi di discorsi variamente lenitivi e compensatori.
Non si tratta qui di piangere o di sperare, ma di “trovare nuove armi”, ossia di battersi, per
quanto poltroni si possa essere. Perché questa è la “vergogna di essere un uomo”14.
In queste ultime battute si riconosce chiaramente lo “spirito” deleuziano, tanto per l’allusione alla
famosa frase «Non si tratta di piangere o di sperare, bisogna solo trovare nuove armi»15, quanto per
la “vergogna di essere un uomo”, che Deleuze riprende da Primo Levi16. È però necessario
considerare non solo che la prospettiva stiegleriana è da cima a fondo tecno-logica, ma anche che le
basi teoretiche con cui analizza le psicotecnologie, come anticipato in nota, sono fenomenologiche.
Inoltre, a distanziare ulteriormente i due autori è la concezione dell’impersonale, il si (si dice, si
pensa, si è, ecc.), che se per Deleuze rappresenta l’esito di un lavoro etico di decostruzione degli
elementi identitari che frenano il divenire – «lo splendore del si», ossia il preindividuale di
Simondon e il neutro di Blanchot17 – per Stiegler è l’effetto antisociale della disindividuazione
come venir meno dell’io e del noi, che, da come viene descritto, sembra di primo acchito rinviare
alla deiezione heideggeriana della quotidianità inautentica18:
Quando la coscienza diventa l’oggetto di uno sfruttamento industriale sistematico, l’amore di sé
è distrutto. Mal disposta verso se stessa, la coscienza non può più stare in sé: vive
nell’insostenibile. E non essendo in grado di reggersi, non essendo in grado di ex-istere, non
essendo in grado di proiettarsi in un mondo che per essa è diventato immondo, non può più
sopportare gli altri. Nelle peggiori manifestazioni di questa crisi, essa li distrugge. Questa
distruzione degli altri è un segno preoccupante della distruzione del noi come noi attraverso il
noi che diventa un si.19
Questa differenza nella concettualizzazione del si è probabilmente, a sua volta, il sintomo di una
distanza tra gli interessi di Deleuze e quelli di Stiegler nel concepire tanto il divenire quanto
l’individuazione di Simondon. Tuttavia, come sarà più evidente in seguito, la vicinanza con la
deiezione di Heidegger è solo una sorta d’illusione ottica, poiché non solo non vi è autenticità
originaria per Stiegler, ma è proprio sulla condizione del “si” come preindividuale, che il filosofo
francese, nei libri successivi a De la misère symbolique, farà leva per una trasformazione
dell’orizzonte sociale e politico contemporaneo – “riavvicinandosi” così a Deleuze.
Ritornando alla diagnosi stiegleriana inerente agli effetti nocivi del capitalismo iper-industriale, la
nozione di «miseria simbolica» costringe a considerare il depotenziamento delle soggettività del
lavoro cognitivo. A tal proposito, risulta opportuno ricordare che, per i critici del capitalismo
14 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., pp. 92-93 (trad. mia).
15 Cfr. G. DELEUZE, “Poscritto sulle società di controllo”, cit., p. 235.
16 Cfr. G. DELEUZE, F. GUATTARI, Che cos’è la filosofia?, trad. it. di A. de Lorenzis, Einaudi, Torino 2002, p. 100.
Deleuze fa riferimento a P. LEVI, I sommersi e i salvati, in Opere, Einaudi, Torino 1988, vol. I.
17 Il si è inteso da Deleuze come il «fondo preindividuale», ossia comune e condiviso, a cui ogni individuo attinge per
costruirsi come soggetto e che, proprio in tal modo, contribuisce a trasformare. Cfr. G. SIMONDON, L’individuazione
psichica e collettiva, cit., pp. 101 e sg. Tale preindividuale è inoltre messo in relazione con la neutralità del si
concepita da Blanchot, cfr. M. BLANCHOT, L’Espace littéraire, Gallimard, Paris 1955, p. 160; cit. in G. DELEUZE,
Logica del senso, trad. it. di M. de Stefanis, Feltrinelli, Milano 2005, p. 136.
18 M. HEIDEGGER, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1998, pp. 203-226.
19 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., p. 100.
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cognitivo20, sebbene lo spostamento dell’asse produttivo sul versante intellettuale, cooperativo,
simbolico e relazionale non significhi una diminuzione dello sfruttamento, la soggettività lavorativa
può trovare nuove risorse di conflittualità attraverso l’appropriazione del “sapere vivo” messo al
lavoro. Esibendo i sintomi più evidenti e diffusi del controllo capitalistico, le analisi di Stiegler
criticano indirettamente questa enfasi posta nella soggettivazione, mostrando come il potenziale
cognitivo venga sistematicamente indebolito dal controllo tecnologico che viene esercitato su di
esso, con la conseguente proletarizzazione sistematica in quanto perdita di sapere:
Se riprendiamo la questione del Fedro nell’epoca iper-industriale dell’oggetto ipomnestico
mnemo-tecnologico [...] scopriamo che la questione dell’ipomnesi costituisce la prima versione
di un pensiero della proletarizzazione, se è vero che il proletariato è l’attore economico
sprovvisto di sapere, perché senza memoria: la sua memoria è passata nella macchina
riproduttrice dei gesti che questo proletario non ha più necessità di saper fare, dato che deve
semplicemente servire, ridivenendo così un servo. Esaminare oggi la questione della memoria
tecnica significa perciò riprendere la questione dell’ipomnesi come questione del proletariato e
come processo di grammatizzazione in cui il consumatore è ormai leso nella sua memoria e nei
suoi saperi: è studiare lo stadio della proletarizzazione generalizzata, indotta dalla
generalizzazione delle tecnologie ipomnestiche21.
In tal senso, per Stiegler la soggettività che risulta dallo sfruttamento intensivo esercitato su di essa
dal capitalismo cognitivo, messa al lavoro oppure nell’atto o nel desiderio del consumo, è
sicuramente indebolita, ma anche disorientata e sofferente, nonché, come vedremo nel paragrafo
successivo, nietzscheanamente risentita e reattiva.
L’allegoria del formicaio e il divenire-reattivo
Dopo alcuni passi introduttivi, necessari per censire la batteria concettuale che Stiegler ha utilizzato
nei due libri al centro del presente saggio, è giunto il momento di sprofondare nei sottosuoli digitali,
che in De la misère symbolique sono rappresentati tramite l’allegoria del formicaio (già presente in
La technique et le temps II) al fine di evidenziare l’automatizzazione delle relazioni sociali
nell’epoca di una miseria che è tanto materiale quanto affettiva e simbolica. L’iper-sincronizzazione
delle coscienze realizzata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, prima con la
radio e la televisione, poi col marketing digitale e i social networks, è per Stiegler la realizzazione
in salsa capitalista e neo-liberale del “livellamento” nichilistico preannunciato da Nietzsche. Oggi il
divenire-gregario, con il suo carico di risentimento, si installa su scala mondiale, seguendo le
prescrizioni del marketing, ossia il nuovo “prete” o pastore delle anime: «Non ci sono più individui,
ma particolari tribalizzati, come pecore, che si muovono verso un’organizzazione sociale di agenti
cognitivi reattivi e artropomorfi, i quali non tendono più a produrre simboli, ma, come formiche,
feromoni digitali»22.
Ecco allora che il si come risultato della disindividuazione psichica e collettiva, ossia dell’io e del
noi, è il sintomo del «divenire-artropodo della società», di una società i cui meccanismi di
20 Con la definizione di “capitalismo cognitivo” si intende la produzione di ricchezza tramite l’utilizzo principale
dell’attività cognitiva. Tale concetto rende conto del rapporto dialettico tra i termini che lo compongono: capitalismo
designa la permanenza delle variabili fondamentali del sistema capitalistico, mentre cognitivo evidenzia la nuova
natura del lavoro, delle fonti di valorizzazione e della struttura di proprietà che fondano il processo di
accumulazione. Cfr. in particolare A. FUMAGALLI, Bioeconomia e capitalismo cognitivo, Carocci, Roma 2007.
21 B. STIEGLER, “Anamnèse et Hipomnèse. Platon premier penseur du proletariat”, testo disponibile on line su
http://arsindustrialis.org/print/2923.
22 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., pp. 115-116.
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regolazione, derivanti dalla trasformazione tecnologica degli ambienti sociali, delle istituzioni, dei
costumi e dei linguaggi – che formano l’insieme dei milieux preindividuali23 – tendono a
omogeneizzare gli individui e a stemperare le singolarità e le differenze per ridurle a particolarità
calcolabili e soprattutto relativizzabili, come i ruoli intercambiabili delle formiche all’interno del
formicaio:
Un formicaio consiste nel separare classi di “individui” identificati dai loro comportamenti per
“compiti specifici”: riproduzione, cura delle larve, procacciamento di cibo, e una classe
“inattiva”. Il numero e la proporzione di individui per ogni classe è stabile. Se avviene una
sociotomia – se una parte di una classe di formiche individuali è eliminata – l’equilibrio del
formicaio verrà ristabilito facendo diventare i “cacciatori” “infermieri” e così via. L’ipotesi è
che tale ambiente rinforzi o inibisca le varie specializzazioni degli individui “agenti” attraverso
il fatto che ogni formica trasmette messaggi chimici, chiamati feromoni, che confermano la
modellazione informatica del formicaio attraverso un sistema multi-agente. Ciò che rende
ancora più salienti queste emissioni di tracce è il fatto che il modello informatico vede questi
agenti come “reattivi”, il che significa che essi non hanno memoria dei “propri” comportamenti.
Vi sono in realtà due modelli di sistemi multi-agente: uno in cui gli agenti sono chiamati
“cognitivi”, e hanno una esplicita rappresentazione (consapevolezza) dei loro comportamenti e
delle loro passate esperienze comportamentali, e l’altro che consiste di agenti “reattivi”, senza
auto-consapevolezza o memoria, i quali rispondono a uno schema stimolo/risposta. I
comportamenti dell’agente individuale nel formicaio seguono chiaramente il secondo modello24.
L’allegoria del formicaio, che Stiegler mutua in chiave filosofica dai lavori di Dominique Fresneau
e Jean-Paul Lachaud25, è anche strettamente connessa alla previsione del paleo-antropologo André
Leroi-Gourhan, riferimento fondamentale del filosofo francese fin da La technique et le temps I, per
quanto riguarda l’esteriorizzazione della memoria come volano del processo d’umanizzazione. In
questo caso particolare, Stiegler evidenzia come il divenire-artropodo della società coincida con
quella forma paradossale di «superumanizzazione» della stessa società che, attraverso
“l’infiltrazione del tempo urbano”, ossia la sottomissione al tempo di lavoro, trasporto, commercio,
media, ecc., delle relazioni sociali, dei corpi e dei processi d’individuazione, conduca alla
«instaurazione di una società completamente sincrona», in cui viene liquidato nientemeno che il
sociale stesso, che per Leroi-Gourhan consiste nella tensione costruttiva tra l’individuo e la
tradizione, nella quale il primo inscrive la sua singolarità e la sua diacronicità rispetto al collettivo:
Il sistema sincronico anticipato da Leroi-Gourhan può ora essere realizzato quasi
perfettamente: […] la società super-umanizzata condurrebbe a ciò che la teoria dei sistemi
“multi-agente” chiama una comunità di agenti reattivi. [...] Un individuo connesso a una rete
23 Per Simondon il milieu preindividuale è la sede dei saperi acquisiti da parte di un gruppo, di un collettivo o di una
società. L’autore ne evidenzia tre tipi, che interagiscono continuamente: quello psichico o mnestico (come la memoria),
quello simbolico (come il linguaggio) e quello tecnico (il sistema tecnico nel quale si vive). Questi “ambienti” possono
essere associati, ossia in grado di connettere gli individui tra loro e di favorire i processi d’individuazione, o dissociati,
quando non permettono l’individuazione o addirittura ne causano la perdita, risultando entropici. Cfr. G. SIMONDON,
L’individuazione psichica e collettiva, cit.
24 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., pp. 120-121
25 Stiegler fa riferimento a D. FRESNEAU, “Les sociétés de fourmis : régulation et apprentissage”, conferenza tenuta in
occasione del seminario Les systèmes multi-agents, Université de Compiègne,1997; D. LESTEL, Fourmis
cybernéutiques et robots-insectes: socialité et cognition à l’interface de la robotique et de l’éthologie expérimentale,
“Information sur les sciences sociales”, n. 31-2, 1992, pp. 179-211. Un sistema multi-agente è un insieme di agenti
situati in un determinato ambiente e interagenti tra loro attraverso una organizzazione prestabilita, tale per cui ogni
agente è un’entità parzialmente autonoma, come un robot, un software, un animale sociale, ecc. I modelli di sistema
multiagente provengono dall’intelligenza artificiale, per trovare applicazione nelle scienze umane e sociali come
modelli di società.
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globale, che è già geolocalizzato senza saperlo su di una rete di links variabili, emette e riceve
messaggi verso e dalla rete di server, dove è registrata la memoria del comportamento
collettivo – proprio come una formica che, secernendo i suo feromoni, inscrive il suo
comportamento sul territorio del formicaio, decodificando e comandando, secondo un
determinato gradiente, il comportamento delle altre formiche. E, nella misura in cui il sistema
integrato cardino-calendarico conduce le persone a vivere sempre più in “tempo reale” e nel
presente, a dis-individuarsi perdendo le loro memorie [...] tutto avviene come se gli agenti
“cognitivi” che continuiamo ad essere tendano a diventare agenti “reattivi”, ossia puramente
adattivi, il che vuol dire non più inventivi, singolari e capaci di comportamenti eccezionali che
in tal senso sarebbero inaspettati o “improbabili”26.
L’individuo, privato della possibilità di individuarsi al di là del controllo tecnologico onnipervasivo,
ossia imprevedibilmente, e anzi soffrendo per essere controllato in tempo reale da sempre più
dispositivi, rischia di adottare improvvisamente un comportamento distruttivo e imprevedibile.
Questo è del resto il significato del titolo del secondo tomo di Mécreance et discrédit, ossia Les
sociétés incontrôlables des individus disafféctés, per cui le società di controllo, spingendo
l’automatizzazione dei comportamenti e l’iper-sollecitazione delle pulsioni, divengono
paradossalmente incontrollabili e generano individui impoveriti affettivamente, che possono da un
momento all’altro passare ad atti fuori controllo. Tale incontrollabilità, per Stiegler, non ha tanto a
che fare con le istanze rivoluzionarie da cui, secondo Agamben, le società di controllo
cercherebbero di preservarsi27, quanto con il divenire-reattivo dei processi d’individuazione, ossia
quindi con la decadenza dei rapporti sociali mediati dal marketing e con i focolai di risentimento
che si generano in un mondo sempre più caratterizzato dalla miseria simbolica e affettiva – in un
mondo dove «il disgusto di sé e degli altri» sembra aver preso il sopravvento su qualsiasi ideale
emancipativo.
In Mécreance et discrédit I, Stiegler sostiene che, nell’epoca del nichilismo, «il divenire è vissuto da
Nietzsche innanzitutto come un divenire-gregario, ossia una minaccia mortale causata
dall’ingiunzione adattativa e dal livellamento di ogni cosa contro le eccezioni»28. Per tale motivo, il
risentimento che deriva da tale divenire-gregario – espressione delle forze reattive – è «il lato
nichilista di una lotta che deve essere condotta all’interno del divenire, con esso, ma al fine di
trasformarlo in un futuro»29. Nondimeno, la prospettiva stiegleriana, che pone al centro delle
proprie analisi il processo d’industrializzazione, e in particolare il segmento storico che va dalla
seconda rivoluzione industriale a quella digitale, punta il dito proprio sul «divenire industriale»
come, al tempo stesso, una delle cause principali del livellamento nichilistico – oltre chiaramente
all’instaurarsi degli ideali ascetici – e terreno della lotta per conquistare il divenire-attivo, ossia, per
Stiegler, la possibilità di affermare un futuro in grado di lasciarsi la decadenza della civiltà alle
spalle, «vale a dire la richiesta di una lotta della vita contro la sua mortificazione nichilistica»30:
Quel che caratterizza i due secoli che per Nietzsche rimanevano ancora interamente a venire, che
egli dalla sua epoca vede arrivare nel suo presente, è il prendere campo della seconda rivoluzione
industriale come intensificazione del divenire industriale. Il divenire industriale è ciò che
conferisce sì una nuova forza, la promessa di un futuro che dopo la morte di Dio la farà finita con
duemila anni di platonismo paolino e di cristianità mal digerita, ma che per ora prende la forma
di un divenire-gregario, che sarà per lungo tempo, per due secoli, l’esaurimento di questo regno, o
26 B. STIEGLER, De la misère symbolique, cit., pp. 120-122. Stiegler fa riferimento a A. Leroi-Gourhan, Le geste et la
parole, Albin Michel, Paris 1964, t. II, pp. 185-186.
27 G. AGAMBEN, Che cos’è un dispositivo?, NotteTempo, Roma 2007.
28 B. STIEGLER, Decadence of Industrial Democracies, Disbelief and discredit I, trad. ing. di S. Arnold e D. Ross,
Polity, Cambridge 2011, p. 53 (trad. mia).
29 Ivi, p. 55 (trad. mia).
30 Ivi, p. 56 (trad. mia).
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persino il regno dell’esaurimento, ossia del discredito – che è quello che significa innanzitutto la
morte di Dio: un divenire-vecchio, una decadenza31.
Riattivando la sintomatologia della decadenza che Nietzsche aveva cominciato ad elaborare32,
Stiegler propone dunque di concepire l’avvento del nichilismo come l’espressione concreta e
funesta della crescita del mondo industriale che va di pari passo con l’estendersi del risentimento
come esaurimento valoriale del sociale. Per Stiegler, comunque, la valenza tragica di Nietzsche
risiede nel fatto che, all’interno della sua analisi delle forze attive e reattive, ossia tendenzialmente
affermatrici della vita o negatrici di essa e dunque latrici della décadence, una tendenza non esiste
mai senza costituire la condizione della sua contro-tendenza, ed è a partire da tale considerazione
che diviene possibile un rovesciamento, una trans-valutazione del divenire-gregario in avvenire
sociale – rovesciamento che per il filosofo francese deve avere come perno la tecnica.
Per una farmacologia del risentimento
Se, nel presente, il morbo del risentimento è prodotto in larga scala dal «divenire tecnico», sempre
in Mécréance et discrédit I Stiegler si domanda che cosa possa far fronte a questa forma
contemporanea di décadence e, in particolare, «che cosa effettivamente deve essere combattuto,
ossia che cosa bisogna fare dopo aver riconosciuto la piaga del risentimento?». La risposta
comincerà ad arrivare a partire da Reincantare il mondo (2006), ma quel che già all’epoca di tale
domanda è esplicito riguarda il fatto che nella trasformazione automatica del mondo dettata
dall’industrializzazione, «la tecnica è lo strumento di una lotta» per un altro tipo di trasformazione,
quello del veleno in rimedio, ossia del processo nichilistico che conduce alla dis-individuazione in
nuove possibilità per il processo d’individuazione psichica e collettiva. Tale lotta, per Stiegler, deve
essere condotta innanzitutto filosoficamente, cercando, trovando o inventando nuove armi
concettuali, e pare proprio che, introducendo il concetto del pharmakon, il modo stiegleriano di
inventarle segua l’indicazione data da Deleuze, per cui «si fondono i vecchi concetti come si
fondono i cannoni per ricavarne nuove armi»33.
Se, fino a tutto il 2004 – anno della scomparsa di Derrida – la vocazione socio-politica più esplicita
di Stiegler, allievo del filosofo della différance, pare essere sostanzialmente diagnostica, con
responsi clinici tendenzialmente distopici o apocalittici, negli ultimi dieci anni si è fatta strada, nei
testi stiegleriani, una prospettiva in un certo senso più pragmatica e sicuramente meno pessimista: la
farmacologia, dove il pharmakon, che nel Fedro era la scrittura e oggi sono tutte le tecnologie
intellettuali, ivi comprese quelle digitali, è sempre, al tempo stesso, rimedio e veleno per la psiche –
per la memoria, per l’attenzione, per i saperi, per le relazioni sociali, ecc. In tal senso, a una critica
radicale degli effetti tossici di tali tecnologie, deve essere affiancato un pensiero affermativo, in
grado dunque di individuare la contro-tendenza all’entropia dei valori vitali e sociali prodotta dal
livellamento tecno-nichilistico.
In questo successivo indirizzamento della filosofia stiegleriana vi è un aspetto di originalità rispetto
alla tematizzazione teoretica, come decostruzione della metafisica, che Derrida aveva sviluppato in
merito al pharmakon – originalità che vale la pena evidenziare per dissuadere da letture sbrigative e
superficiali che catalogherebbero la farmacologia di Stiegler tra le “imitazioni” della teoria
derridiana. Invece della farmacologia decostruttiva, ossia quella che sviluppa il discorso derridiano
sul pharmakon inabissando le dicotomie metafisiche che costituiscono la nervatura del
31 Ibidem (trad. mia).
32 Cfr. F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1888-1889, 16 [86], in Id., Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi,
Milano 1964, Vol. VIII, t. III.
33 G. DELEUZE, F. GUATTARI, Che cos’è la filosofia?, trad. it. di A. de Lorenzis, Einaudi, Torino 2002, p. 19.
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fonologocentrismo, Stiegler propone una farmacologia costruttiva, che a fronte di una preliminare
critica socio-economica e politica del pharmakon (farmacologia negativa), è indirizzata
all’invenzione di nuove condizioni di possibilità dei processi d’individuazione psichica e collettiva
(farmacologia positiva). Simondon è dunque, più di Derrida, l’autore di riferimento nello sviluppo
di tale prospettiva farmacologica. Inoltre, il pharmakon, che Stiegler declina sovente al plurale
come pharmaka, concependolo nelle sue forme storiche e concrete, pone la questione della
ambivalenza antropologica della grammatizzazione, in quanto perno positivo dell’umanizzazione e,
al tempo stesso, agente tossico nei confronti della civiltà. Così, se tutti i pharmaka – stampa, radio,
televisione, web, smartphone, ecc. – che permettono il processo di grammatizzazione presentano
elementi di tossicità e di rimedio, «la questione non è, in fin dei conti, quella di opporsi alla
grammatizzazione, nemmeno a quella della psiche, bensì di comprendere la misura delle nuove
questioni farmacologiche che essa pone»34.
In un’ottica farmacologica, allora, «trovare nuove armi» significa individuare la leva interna alle
condizioni tecnologiche date che sia in grado di rovesciare la situazione. Perciò, se l’epoca attuale è
quella del capitalismo cognitivo, iper-industriale e finanziario, che dissemina una miseria simbolica
in grado di ipotecare il futuro dell’individuazione psichica e collettiva, «è anche, quest’epoca, la
condizione farmacologica e organologica di una nuova intelligenza individuale e collettiva, ossia di
una nuova maggiorità e di una nuova critica35».
Ecco dunque il senso di Reincantare il mondo: il reincanto del mondo vuole essere la costruzione di
un’alternativa all’esito spaventoso e, appunto, nichilista, del disincanto di cui Max Weber, a inizio
Novecento, ha saputo descrivere i tratti più salienti36 come effetti del crescente predominio delle
logiche razionaliste di efficienza e produttività. Ciò a cui mira Stiegler è allora
un nuovo progetto industriale che bisogna inventare e che miri a intensificare la singolarità in
quanto incalcolabile, socializzando dei dati che non possano essere ridotti a oggetti di un mero
calcolo economico. Si tratta di inventare l’industria del calcolo che impedisca di calcolare
(sul)le esistenze – ma inventarla con gli strumenti digitali. Si tratta, in effetti, di reincantare il
mondo37.
È con questo spirito che, nel testo della conferenza citata all’inizio, Stiegler ragiona sui social
networks, da un lato chiedendosi «se le reti sociali non conducano ad una proletarizzazione della
relazione sociale per via della sua automatizzazione» e, dall’altro lato, ricordando che «ogni
pharmakon scaturito da un processo di grammatizzazione apre sempre, nel contempo, possibilità di
proletarizzazione (di perdita di sapere – in questo caso il sapere relazionale) e di deproletarizzazione (di ricostituzione di determinati saperi)»38. Ed è lo stesso spirito con cui l’autore
affronta il fenomeno di crescita esponenziale dell’estrema destra francese in Pharmacologie du
Front national (2013), in cui la denuncia dell’ideologia neoliberista TINA (There Is No Alternative)
va di pari passo con l’esplicitazione della logica del capro espiatorio che anima i movimenti europei
nazionalisti – e che rafforza questa stessa ideologia.
Piuttosto che criticare e invalidare direttamente le tesi xenofobe e reazionarie del Front national,
Stiegler invita a vedere il crescere del consenso nei confronti di questo partito come un sintomo
causato dalla convergenza di diversi fattori, tra cui i principali sarebbero il compimento delle
logiche della Rivoluzione conservatrice di Thatcher e Reagan – che con la crisi finanziaria del 2008
34
B. STIEGLER, Prendersi cura I. Della gioventù e delle generazioni, trad. it. e cura di P. Vignola, Orthotes, NapoliSalerno 2014, p. 182.
35 Ivi, p. 92.
36 Cfr. M. WEBER, Economia e società, trad. it. Comunità, Milano 1961.
37 B. STIEGLER – Ars Industrialis, Reincantare il mondo, cit., p. 124.
38 B. STIEGLER, Five Hundreds Millions Friends: The Pharmacology of Friendship, cit., p. 62 (trad. mia).
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si sono estese e generalizzate a tutto l’Occidente mediate l’austerity – e l’ingerenza del marketing in
ogni settore della vita:
Il Front national è innanzitutto un sintomo: è il sintomo di un immenso malessere provocato da
un’immensa crisi farmacologica. […] Parlare di “Farmacologia del Front National” significa
parlare di una prescrizione farmacologica e terapeutica che permetterebbe di curare tale
malattia, provocata da una intossicazione farmacologica che proviene dalla follia e dall’incuria
che la rivoluzione conservatrice ha imposto ovunque nel mondo39.
Sicuramente, come abbiamo visto in precedenza, le psicotecnologie, prima analogiche poi digitali,
hanno avuto e hanno tuttora un ruolo strategico nella diffusione del malessere, dell’odio razziale o
nei confronti di tutto ciò che è “diverso”, e per tale motivo la “farmacologia del Front national” è
dapprima un’analisi critica degli effetti delle tecnologie d’informazione e comunicazione sui
processi d’individuazione psichica e collettiva. Stiegler scorge però un aspetto più complesso di
quello relativo alla “intossicazione farmacologica” della tecnologia, vale a dire la logica del capro
espiatorio da individuare per attribuire la colpa o la responsabilità dello stato di cose vigenti, che
soggiace tanto ai discorsi dei simpatizzanti del Front national, per esempio nei confronti degli
stranieri, quanto a quelli degli oppositori di tale partito, che fanno dello stesso Front national il
capro espiatorio della miseria simbolica e affettiva che ha invaso la contemporaneità. Così, se prima
di Pharmacologie du Front Nationa, la farmacologia aveva due “dimensioni”, negativa (critica
della tossicità del pharmakon) e positiva (ricerca del valore terapeutico e potenziante dello stesso
pharmakon), con questo libro Stiegler inaugura la «terza dimensione farmacologica», quella del
pharmakos, ossia del capro espiatorio:
Quando una società soffre in un modo che non riesce né a spiegare né a curare, finisce per
individuare un capro espiatorio da perseguitare. Il fenomeno politico del Front national è
proprio di quest’ordine […]. Ma non è tutto: se è vero che coloro che condividono le idee del
Front national stanno soffrendo, e soffrono indubbiamente più degli altri di una malattia che sta
colpendo l’intera epoca, sofferenza che li spinge a cercare dei palliativi per tale malattia che non
è solo la loro, palliativi che si trovano in ciò che essi designano come capri espiatori, la
farmacologia del Front national […] consiste nell’analizzare le ragioni per cui la maggior parte
del tempo coloro che pretendono di combattere questa malattia e i suoi effetti, in particolare
sugli elettori e i simpatizzanti del Front national, designando questi ultimi proprio come capri
espiatori, si astengono dal lottare contro la stupidità, contro la propria stupidità e contro le sue
cause, designando in generale in quei capri espiatori al tempo stesso i rappresentanti tipici e le
cause della stupidità dell’epoca. Fare in modo che colui che soffre e che è malato sia accusato di
essere la causa della propria malattia, e di contaminare gli altri come una pecora rognosa, è il
tipico meccanismo di designazione del capro espiatorio che gli elettori e simpatizzanti del Front
national condividono con coloro che li trattano a loro volta come dei capri espiatori. È la loro
comune stupidità40.
Per Stiegler, uscire da tale situazione significa cominciare a pensare diversamente, ossia cercare e
affermare un’alternativa innanzitutto alle analisi intrise di risentimento, poiché quest’ultimo sembra
essere il sentimento condiviso in senso bipartisan, tra simpatizzanti e critici del Front national; i
primi manifestano il loro risentimento nei confronti di chi sembra a loro mettere in pericolo
l’identità nazionale, mentre i secondi – e l’autore si riferisce alla sinistra parlamentare e intellettuale
– esprimono la frustrazione risentita per l’impossibilità di ricostituire un pensiero forte e trascinante
di gauche. Pensare farmacologicamente non significa però relativizzare le idee dell’estrema destra,
39 B. STIEGLER, Pharmacologie du Front national, Flammarion, Paris 2013, pp. XIV-XV (trad. mia).
40 Ivi, pp. XV-XVI (trad. mia).
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bensì prendersi cura di chi è lasciato ai margini della società neo-liberale, individuando
genealogicamente le tappe che hanno condotto alla cattiva coscienza e al risentimento caratteristico
delle prospettive conservatrici, razziste e ultra-nazionaliste. Al centro di tale processo nichilistico vi
è ancora una volta la tecnologia, nel suo stretto rapporto con l’economia politica, e tale connubio
conduce al «compimento del nichilismo annunciato da Nietzsche come livellamento e inversione di
tutti i valori che è anche un rovesciamento farmacologico del senso della tecnologia»41. Ciò
significa che l’operazione strategicamente più riuscita della Rivoluzione conservatrice è stata quella
di associare intimamente al progresso tecnologico gli interessi immediati del mercato, precisamente
come conditio sine qua non dell’innovazione e della socialità:
Mercato e tecnologia finiscono così per confondersi, e ciò conduce al discredito della tecnica e
con essa, in quanto è divenuta una tecnologia, ossia una socializzazione del progresso
scientifico, al discredito dei saperi in tutte le loro forme […]. Un tale discredito conduce a un
divenire forzatamente reazionario della società42.
Prendersi cura degli elettori e dei simpatizzanti del Front national significa dunque, da un lato,
riconoscere la reale sofferenza o frustrazione che dà origine al loro risentimento come effetto delle
logiche liberiste in tema di lavoro, welfare, urbanizzazione, debito e industria culturale, ma anche,
dall’altro lato, denunciare in modo radicale la pericolosità, la falsità e l’orrore delle idee promosse
dall’estrema destra, affermando non solo i valori dell’interculturalità e della democrazia, ma anche
la necessità di un cambio di paradigma economico, votato a un avvenire alternativo al consumismo
e alle logiche finanziarie del breve-termine, nonché tecnologicamente sostenibile e fonte di
emancipazione per l’intera umanità. Con Nietzsche, ma un Nietzsche deleuziano, si tratterà allora di
denunciare il risentimento in quanto «miscuglio di bassezza e stupidità che dà luogo a quella
sorprendente complicità tra vittime e carnefici»43, e di trasformare il divenire automatico della
tecnologia, veleno mortale per una società già troppo reazionaria e reattiva, in un divenire-attivo
delle nostre pratiche, dei nostri pensieri e delle relazioni sociali.
41 Ivi, p. 57. Cfr. inoltre: «Questa inversione dei valori positivi che generalizzeranno i neo-conservatori, senza
incontrare quasi nessuna critica, provocherà l’immensa sofferenza (tanto fisica quanto psichica, attraverso mille mali
sociali di cui le anime belle negano la realtà, accecandosi loro stessi istericamente sulla loro propria sofferenza) che
condurrà molti francesi a condividere le “idee” del Front national», ivi, p. 59 (trad. mia).
42 Ivi, p. 57 (trad. mia).
43 G. DELEUZE, Nietzsche e la filosofia, trad. it. di F. Polidori, Einaudi, Torino 2002, p. 158.
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