Quei compensi senza vergogna ai Ceo americani

Transcript

Quei compensi senza vergogna ai Ceo americani
Quei compensi senza vergogna ai
Ceo americani
Quei compensi senza vergogna ai Ceo americani
Alessandro MoracaSilvio Majorino
L’Ips stima che le corporation americane, nell’ultimo anno, abbiano pagato per i manager più
che per le tasse federali. Mentre la crisi aumenta sempre più le disparità sociali
La crisi sta incrementando le disparità all'interno dei sistemi economici occidentali,
incrementando le sacche di povertà e dando vita a scenari inaccettabili. Gli Stati Uniti
rappresentano meglio di altri paesi questo trend: il 15.1% della popolazione (47mln) vive sotto la
soglia della povertà mentre i manager delle grandi corporation percepiscono stipendi milionari e
beneficiano di politiche fiscali privilegiate. I manager non risentono certo degli effetti negativi
causati dall'attuale congiuntura economica ma sono invece l’emblema di chi, nonostante la crisi,
continua ad approfittare delle scappatoie presenti nel sistema finanziario.
Questo è uno dei motivi che ha favorito la nascita del movimento di protesta
Occupy Wall Street, contro la crescente ingiustizia sociale, provocata da un sistema finanziario
privo di regole e da un sistema economico poco attento alla dimensione sociale.
A questo proposito il think tank americano Ips (Institute of Policy Studies) ha redatto l’annuale
rapporto relativo agli eccessi dei top manager. Pubblicato nel mese scorso, tale studio evidenzia i
comportamenti adottati dalle corporation americane al fine di evadere le imposizioni fiscali
nazionali. Tale condotta viene portata avanti tramite l’“offshoring” (ovvero il registrare il centro
principale dell’attività di un’azienda in paesi dove non vigono regimi di imposizione fiscale) o
attraverso sgravi fiscali ottenuti in modo fraudolento, portando avanti attività fittizie di tipo
benefico o di pubblica utilità.
Lo studio dimostra, riportando nomi e dati, come ogni singola società attui la propria strategia di
evasione fiscale, riuscendo a pagare i propri manager più di quanto la stessa società destina in
tasse federali.
Come riescono però questi giganti economici a evadere totalmente le imposte o a pagare cifre
irrisorie?
Le attività di queste multinazionali sono caratterizzate da un forte investimento creativo e
monetario indirizzato a strutturare un sistema di evasione fiscale solido e duraturo, basato sulla
ricerca di scappatoie legali e su una continua azione lobbistica nel Congresso.
Senza una pressante azione di lobbying sarebbe impossibile riuscire a trovare scappatoie atte a
favorire la crescente evasione che ha caratterizzato, negli ultimi sessant’anni, la diminuzione
delle entrate fiscali nelle casse dello Stato. Nel 1952, come cita lo studio dell'Ips, le imposte
versate dalle aziende a beneficio dello Stato equivalevano al 52,8% del totale; nel 2010 questa
percentuale era scesa al 10,5%, il tutto a dispetto di un aumento del numero delle multinazionali
rispetto a quelle presenti nel 1952. A oggi le prime 25 corporation in tema di evasione investono,
complessivamente, più di 150mln di dollari l'anno in lobbying per fare pressione sui membri del
Congresso affinché disegnino leggi capaci di essere aggirate. Possiamo quindi considerare
centrale il ruolo di questa attività, ed evidenziare la forte collusione che lega gli interessi di queste
aziende a quelli dei membri del Congresso. Non sarebbe infatti troppo definire il sistema
statunitense
fatto su misura per le corporation, come afferma lo stesso rapporto.
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
1 di 3
L’Ips analizza 25 corporation (tra le quali Verizon, General Electric, Ebay e altre), descrivendo i
sistemi di evasione fiscale che queste mettono in atto, e mostrando come ogni società possa
godere di generosissime deduzioni fiscali e dispensare generosissimi compensi per i loro top
manager.
Lo studio mostra, ad esempio, come la Prudential, grande multinazionale che gestisce varie
attività finanziarie e immobiliari, abbia approfittato di un programma statale volto a fornire alloggi
per i cittadini meno abbienti. Rinnovando un albergo di sua proprietà situato in un’area abitata
da studenti, secondo lo stato classificabili come cittadini “
low income” (nonostante pochi lo fossero davvero), la società è riuscita a ottenere una notevole
esenzione fiscale, facendo rientrare quella attività all’interno del suddetto programma statale di
aiuti, gonfiando le spese e compiendo in realtà un’attività rientrante nelle spese aziendali.
Un altro sistema di evasione fiscale perpetrato da varie società consiste nel già citato
“offshoring”: un caso emblematico è quello della Marsh & McLellan, un gigante americano
delle assicurazioni. Questa società ha ridotto la sua quota di imposizione fiscale registrando 105
sussidiarie in 20 diversi paradisi fiscali. Almeno 25 di queste sono registrate nelle isole Bermuda,
territorio molto noto tra le compagnie assicurative a causa di un regime di assenza di imposizioni
fiscali per le transazioni finanziarie.
Tutto ciò rappresenta, come sottolinea il rapporto, un ulteriore segnale di come il gap tra chi ha
troppo e chi ha troppo poco sia ben lungi dall’assottigliarsi e anzi continui ad aumentare, proprio
in tempi in cui mancate entrate come quelle citate potrebbero tradursi in una maggiore spesa
pubblica. A sostegno di ciò l’Ips calcola che “
nel 2009, i manager più importanti hanno ricevuto un compenso 263 volte superiore a quello di
un lavoratore medio. Lo scorso anno, il gap è salito a 325 a 1”.
La seconda parte del rapporto propone un quadro delle iniziative governative presentate
nell’arco degli ultimi anni per porre fine a questo trend. A questo proposito l’Ips propone una
propria “scheda di valutazione” basata su 5 principali linee guida: 1. Incoraggiare il
restringimento del gap tra i compensi dei manager e dei lavoratori; 2. Eliminare le sovvenzioni dei
contribuenti per i compensi eccessivi dei manager, in quanto varie imposte e scappatoie contabili
hanno creato numerose possibilità per le corporation di dedurre le imposizioni fiscali e concedere
eccessivi compensi per i loro manager 3. Incoraggiare limiti ragionevoli ai compensi totali dei top
manager 4. Dare maggiore voce in capitolo agli azionisti, in modo da prendere decisioni
congiunte anche sui compensi dei top manager 5. Prendere in considerazione le istanze di un
maggior numero di stakeholder, quali consumatori, impiegati e membri appartenenti a contesti
sociali influenzati dell’operato delle corporation.
Il provvedimento governativo che finora ha maggiormente soddisfatto queste 5 linee guida è stata
la riforma finanziaria Dodd-Frank, diventata legge nel Luglio del 2010. La riforma viene
considerata come il più radicale e incisivo provvedimento preso nei confronti del sistema
finanziario dai tempi della Grande Depressione. Esso prevede, tra l’altro, l’istituzione di una
“Securities and Exchange Commission” (Sec), responsabile dell’implementazione di una serie
di iniziative regolatrici previste dal suddetto provvedimento. L'eccessivo compenso dei Ceo è un
problema che la riforma ha affrontato regolamentando e istituendo forme di controllo da parte
degli stessi azionisti dell'azienda. L’obiettivo è controllare l'entità dei compensi dei top manager
attraverso delle riunioni con cadenza triennale, nelle quali gli azionisti si esprimono, tramite una
votazione, riguardo ai salari degli amministratori delegati. I Ceo dovranno dunque pagare per gli
eccessivi compensi ricevuti durante il triennio precedente al rendiconto contabile. Il Sec (
Securities and Exchange Commission, organo creato per l’attuazione dalla riforma,
ndr) prevede di adottare misure destinate al recupero degli eccessivi compensi dei manager entro
la fine del 2011.
Nonostante la potenziale bontà della riforma, questa è stata nella pratica svuotata della sua
efficacia. L’attività delle lobby bancarie ha garantito in primo luogo che le agenzie di rating
fossero tutelate da ogni tentativo di regolamentazione stringente; un risultato non da poco, alla
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
2 di 3
luce dell’enorme conflitto d’interessi esploso in occasione della crisi dei mutui
subprime; in secondo luogo, il ruolo dell’agenzia per la protezione del depositante e dei
consumatori di servizi finanziari, uno dei capisaldi della Dodd-Frank, è stato fortemente
ridimensionato. Le lobby bancarie, insieme alle corporation, sono state abili nel convogliare i
propri interessi all’interno della battaglia politica cosi da riuscire a mantenere invariati i loro
privilegi, nonostante la volontà concreta da parte di Obama e dei suoi di mettere un freno agli
eccessi del sistema finanziario.
A seguito della stesura di questo rapporto l’Ips ha dato il via a una campagna finanziata da
privati, che si propone di portare avanti un’opera di sensibilizzazione e di pressione politica per
porre fine all’eccessivo compenso ricevuto dai Ceo e all’evasione delle tasse da parte delle
corporation.
La campagna ha poche settimane di vita ma sembra già riscuotere un discreto successo,
sintomo del sentimento di frustrazione che accomuna i cittadini, non più disposti a sopportare il
crescente stato di disuguaglianza e finalmente decisi a scendere in piazza in difesa dei loro diritti.
Campagna Ips
Put an end toexcessive CEO pay and corporate tax dodging
Sì
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
3 di 3