la terapia immaginativa in gruppo come strumento di crescita

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la terapia immaginativa in gruppo come strumento di crescita
La terapia immaginativa in gruppo come strumento di
crescita personale
Maurizio Riccetti
Psicologo, psicoterapeuta – socio ordinario della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica IGAT (S.I.P.T.)
uNITà Operativa di Psicologi della AUSL 9 di Grosseto
Maurizio Perrotti
Psicologo, convenzionato con l’AUSL 9 di Grosseto per l’educazione sanitaria
“INformazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria”, n°38-39
settembre-dicembre 1999 – gennaio aprile 2000, pagg. 28-33,
Roma
Note su un'esperienza di psicoterapia condotta in un servizio
pubblico di Psicologia
Paola " mi trovo in un tunnel lungo, scuro e sono a cavalcioni di un
locomotore di un treno, lo guido come un'amazzone monta il suo cavallo, sto
bene..."
Francesca "ho sognato che dal mio ombelico usciva come in un'esplosione,
come
in
un
botto,
della
materia,
del
pus,
del
cibo.
Era
qualcosa
che
mi
disgustava, ma mi faceva anche stare bene. Era liberatorio."
Chiara " ho visualizzato due cascate, una schiumosa e una limpida; mi sono
sentita avvolta nella luna, combatto con qualcuno senza volto, scuro, nero; ad
un tratto mi è apparso qualcuno. Penso il diavolo, ma, improvvisamente tutto
intorno a me e' pieno di colori, fasci di luce, fiori di loto..."
Mirella " nelle visualizzazioni ritrovo spesso il vento, un vento che non
mi dà fastidio, mentre nella realtà non lo sopporto, mi fa stare male. Il vento
che avverto è invece piacevole, spazza via qualcosa e mi fa stare bene."
Antonella:
(rivolta
al
terapeuta)
"
le
sue
parole,
nella
scorsa
visualizzazione mi hanno richiamato l'immagine di mia madre, della fossa in cui
giace nel cimitero, di quando io sola, non mio padre o i miei fratelli, sono
andata alla sua riesumazione... giorni fa ho cercato una vecchia foto che non
vedevo più da tempo, la foto di quella bella donna, grande e un po' sfatta che
tiene in braccio una bambina piccola, con i capelli lunghissimi, quei capelli
che dopo la morte della mamma furono subito, non so perché, tagliati."
Queste
parole,
piccoli
e
significativi
frammenti
di
un'esperienza
di
psicoterapia in gruppo, pur nella loro incompletezza esprimono la profondità
delle sensazioni, delle emozioni che le pazienti hanno vissuto nel percorso
psicologico da loro intrapreso e durante il quale hanno iniziato a guardarsi
dentro,
iniziando
così
a
sviluppare
un
processo
di
cambiamento
teso
alla
riappropriazione delle proprie scelte di vita.
Abbiamo
sentito
l'esigenza
di
raccontare
questa
esperienza
perché
ha
costituito una novità all'interno del nostro servizio di Psicologia, dove per la
prima volta sono state introdotte tecniche di psicoterapia che, solitamente,
vengono
utilizzate
in
ambienti
privati,
certo
non
per
impreparazione
professionale, quanto per semplice mancanza di tempi, spazi e arredi necessari.
Tracciando velocemente la storia della nostra U.O. ci piace ricordare come
questa sia nata Sezione aggregata alla Psichiatria nel 1988 e come nei suoi
dieci anni di attività abbia visto crescere, in maniera rilevante, il numero
delle
persone
psicoterapiche.
prestazioni
che
le
si
sono
Contemporaneamente
professionali,
con
rivolte
si
netta
è
per
visite,
registrato
prevalenza
un
di
consulenze
forte
queste
o
aumento
cure
di
nell'ambito
strettamente clinico-psicoterapico e nella fascia dell'età giovanile ed adulta.
Questa
situazione
ha
così
determinato
una
netta
prevalenza
della
attività
ambulatoriale con la formazione di lunghe liste di attesa per le visite e per le
terapie e, di contrasto, una assenza della professionalità psicologica nelle
attività ospedaliere o dipartimentali cui la dimensione organizzativa di tipo
manageriale della USL, ormai azienda, stava dando ampio rilievo.
Il problema che la Psicologia si trovava ad affrontare è stato così
duplice. Da un lato la necessità di uscire dall'ambito della stanza di terapia
per costruire e proporre un modo diverso di fare psicologia e dall'altro la
necessità di non intaccare la stima professionale che gli psicologi della U.O.
si erano guadagnati sul campo.
Così,
per
rispondere
alle
nuove
richieste
dell'azienda
rispetto
alla
dimensione ambulatoriale, chi scrive si è spinto a conoscere e utilizzare le
terapie di gruppo come alternative alla psicoterapia individuale, valutando che
fino allora questa forma di terapia non era mai stata praticata nella U.O.
La prima esperienza di gruppo è così nata nell'autunno del 1995 ed ha
avuto una cadenza settimanale per sei mesi; a questa ne è seguita un'altra con
la medesima cadenza ma con una durata annuale e una terza che si è strutturata
per un arco di quattro mesi e che si è recentemente conclusa.
Alcune caratteristiche hanno legato questi gruppi. Numero relativamente
esiguo di persone (da 5 a 8), composizione esclusivamente femminile, condizioni
di
sofferenza
o
disagio
psicologico
nell'ambito
nevrotico
e
nelle
aree
psicosomatiche, utilizzo di tecniche di lavoro agganciate alla coscienza e al
mondo dell'inconscio.
Come modello teorico-pratico di riferimento è stato utilizzato quello
relativo alla Psicosintesi, sistema psicologico di derivazione psicoanalitica,
ideato agli inizi del secolo dallo psichiatra fiorentino Roberto Assagioli. La
Psicosintesi, che appartiene al campo delle psicologie umanistico-esistenziali,
sviluppa
una
concezione
integrale
e
dinamica
dell'essere
umano
come
"una
psicologia a tre dimensioni", che include non solo la personalità cosciente, ma
anche gli aspetti inconsci, tanto in profondità (inconscio inferiore), quanto in
altezza (inconscio superiore e Sé spirituale o transpersonale).
Non è obiettivo di questo lavoro soffermarsi su questi ultimi concetti,
per i quali si rimanda ovviamente ai testi di Assagioli e dei suoi allievi e
collaboratori, ma si ritiene utile specificare che in un processo psicoterapico
orientato psicosinteticamente e che sempre favorisce la riarmonizzazione delle
istanze della personalità, cercando di ancorare la persona ai dati di realtà e
al possesso della capacità di autoidentificarsi, è sempre dato spazio ai momenti
in cui si verifica un allargamento del proprio campo di coscienza verso l'alto,
un contatto perciò con il transpersonale. La psicosintesi si inserisce in quel
movimento psicologico che, per contrapposizione al movimento analitico, fu anche
definito "psicologia dell'alto" in quanto capace di riconoscere la peculiarità
di
taluni
impulsi,
desideri,
tendenze,
tutti
contenuti
nell'inconscio
transpersonale. Il Sé non può pertanto essere ignorato in terapia, ma il grande
rischio resta sempre quello di non poterlo spiegare perché in effetti, questo ne
è il paradosso, esso è inspiegabile. Alcune persone come i mistici, gli eroi o i
santi lo esprimono con esperienze di eccezionale valore e significatività, ma
l'esperienza del Sé va considerata patrimonio potenziale di tutta l'umanità.
Piero Ferrucci scrive che "il nostro senso comune dell'identità,
è fondato
sulla separazione dagli altri, sull'attaccamento a persone, ruoli o cose e
sull'ansia di morte mentre il senso di identità del Sé è basato sulla percezione
della propria unità col Tutto e la pura consapevolezza di essere... (il Sé) è il
principio della vita in noi, forse il nucleo immortale in ogni essere umano".
(1)
E' pertanto fondamentale saper riconoscere e apprezzare nelle persone in
terapia l'apparire di un barlume dell'esperienza transpersonale. L'altro compito
fondamentale
per
il
terapeuta
risulterà
poi
quello
di
permettere
a
queste
esperienze, anche se limitate e embrionali, di essere subito e sempre ancorate
alla realtà, di essere rese concrete nella propria vita e in quelle degli altri.
L'attuazione di questo compito terapeutico sgombra facilmente il campo dalle
critiche
stereotipe
irreale,
al
massimo
per
cui
la
presentabile
dimensione
a
ricchi
transpersonale
pazienti
sia
nevrotici
qualcosa
e
certo
di
non
accessibile nei contesti terapeutici dei servizi pubblici, dove, come del resto
è vero, afferiscono persone che spesso hanno da risolvere, per dirla con Maslow,
primari bisogni. Non è il contesto, pubblico o privato, non è l'esperienza, di
elevata mistica o di semplice meraviglia, che determinano però la possibilità di
curarsi tramite l'esperienza del Sé, ma la capacità di fermare nella propria
vita
questi
contenuti
diagnosticata
da
più
di
coscienza.
servizi
Una
psichiatrici
mia
come
paziente,
affetta
da
correttamente
grave
disturbo
bipolare, riferì in una seduta di avere avvertito un senso di grande serenità,
di appartenenza al mondo, di espansione dopo che in una visualizzazione si era
percepita come una pianta malamente cresciuta accanto ad un albero che con la
propria chioma la copriva e percependone il senso di soffocamento. Dopo qualche
giorno mi telefonò per comunicarmi di avere accettato un lavoro, che tuttora a
distanza di un anno svolge egregiamente, quando fino ad allora aveva pensato di
non essere mai capace di lavorare.
esempio
di
ancoraggio
breve
contatto
con
dell'esperienza
Chiudendo
precisare
questa
in
Credo che questo possa essere un semplice
il
mondo
una
parentesi
psicologico
paziente
e
grave
tornando
al
del
di
un
nostro
transpersonale,
di
servizio
pubblico.
contributo
vorremmo
come il lavoro si sia sviluppato sulla dimensione di terapia in
gruppo anziché di gruppo, anche se nelle prime due esperienze è stato dato
spazio alla comprensione delle dinamiche sviluppatesi nel gruppo stesso; nella
terza invece il gruppo ha assunto il valore di contenitore reale e simbolico e
ogni partecipante ha vissuto un percorso psicologico assimilabile ad una terapia
individuale,
senza
toccare
elementi
di
relazionalità
percepiti
o
agiti
nel
gruppo.
Oggetto del nostro articolo è proprio questa terza esperienza che, come
già detto, si presenta particolare per avere introdotto nell'azienda grossetana
una
strategia
terapeutica,
visualizzazioni
guidate,
la
che
terapia
immaginativa,
prevalentemente
viene
e
nello
elaborata
specifico
in
le
contesti
privati.
L'autore
a
cui
è
stato
fatto
riferimento
neuropsichiatra e psicoterapeuta ravennate.
è
il
dr
Bruno
Caldironi,
Le visualizzazioni guidate, che
Caldironi definisce psicofiabe perché debitrici alla letteratura fiabesca di
numerosi spunti e temi, presentano infatti con le fiabe numerosi punti di
contatto
che
proiettive,
un'ultima
possiamo
qui
riassumere
rassicuranti,
analisi,
dinamiche
volte
a
nelle
e
favorire
specifiche
soprattutto
il
funzioni
sintetiche
processo
di
regressive,
perché,
integrazione
in
della
personalità.(2) Come la fiaba la visualizzazione conduce chi l'ascolta a vivere
realmente in un mondo immaginario e fantastico, protetto come un bambino dal
terapeuta-genitore
disponibilità
che
nel
rassicurante.
racconto
Altri
porta
la
parallelismi
propria
sono
partecipazione
rintracciabili
e
nella
presenza e nell'uso dei silenzi, nella descrizione dell'eroe o dell'eroina,
simbolo dell'io, in termini assolutamente positivi, nella proiezioni di aspetti
conflittuali presenti nel paziente in varie figure psicologicamente monovalenti.
(3) E' pertanto facile comprendere come l'efficacia terapeutica di questo metodo
si
fondi,
in
un'ultima
dell'immaginazione
visualizzazioni
ad
un
strategie
analisi,
livello
sull'azione
prevalentemente
terapeutiche
basate
sui
dinamica
del
simbolo
e
inconsapevole;
essendo
le
simboli
si
confida
nella
capacità dell'immagine di superare le barriere della razionalità e dunque di
agire sul nucleo dell'inconscio.
Come scrive Assagioli "la primaria funzione (del simbolo) è quella di
essere degli accumulatori...la seconda è quella di essere dei trasformatori di
energie psichiche, la terza è quella di conduttori di quelle stesse energie e la
loro
quarta
funzione
è
quella
della
integrazione."
(4).
I
simboli
possono
infatti sia causare una profonda trasformazione nella psiche, sciogliendo i
condizionamenti del passato e creando nuovi sbocchi all'energia, sia sviluppare
la
funzione
inaccessibili
conoscitiva
ponendoci
in
alla
analitica,
e
mente
contatto
con
avvicinandoci
parti
così
al
di
noi
capire
stessi
vedendo
anziché pensando.
In seduta terapeutica al paziente, dopo che questi è entrato in uno stato di
rilassamento, vengono proposti dei simboli o delle catene di simboli all'interno
di una struttura narrativa e ne vengono poi ascoltate le esperienze, cercando di
cogliere sempre i sentimenti che accompagnano le immagini. Esiste sempre infatti
uno spazio di colloquio, che può contenere associazioni, ricordi, riflessioni,
insight. Questo perché, come sostiene Caldironi, "ogni terapia si avvale di due
percorsi paralleli e complementari: quello logico- analitico-intepretativo e
quello
simbolico-analogico.
Attraverso
il
primo
si
permette
al
paziente
di
utilizzare l'io e le sue strutture logiche, le sue conoscenze, i suoi strumenti
per operare una lenta modificazione del modo di vedere la realtà, che gli
consenta un relativo adattamento al proprio ambiente ed uno stato di discreto
benessere. Sarà però solo attraverso il secondo percorso, quello simbolico, che
il
paziente
riuscirà,
come
in
processo
magico,
alchemico,
a
trasmutare
la
sostanza delle esperienze, dei vissuti, dei ricordi e delle immagini. Questo
potrà avvenire perché in questo percorso terapeutico si trascende il livello
logico e si investe il livello preverbale dal momento che tutto o gran parte è
accaduto prima del linguaggio." (5)
Durante
produce
un
le
visualizzazioni
restringimento
concentrazione
attiva
e
del
infatti
campo
vigile
lo
di
che
stato
di
coscienza,
permette
il
rilassamento
un
profondo
allentamento
passaggio
di
della
messaggi
radicalmente innovatori e risananti perché veicolanti una superiore armonia e
colmanti antichi vuoti. Come in un lento e continuo processo di nutrizione, il
terapeuta offre al paziente un insieme di immagini e messaggi analogici fertili
e nutritivi e contribuisce al lento processo di rinascita psicologica.
Nessuna
delle
persone
seguite
nel
gruppo
ha
raggiunto
un
traguardo
definito e definitivo, anche se qualcuna ha effettivamente scandito, in un
personale stato di crescita, tappe oggettivamente verificabili.
Ognuna ha però
messo in moto un interiore processo di ascolto di sé risvegliando la capacità
personale di volersi bene e di contribuire così ad un lavoro interno ed esterno
di maturazione psichica e relazionale.
Le problematiche presenti nelle componenti del gruppo ci hanno indotto a
scegliere un ciclo di dodici visualizzazioni "La rinascita", (6) costruite per
guidare il paziente a rivivere tappe evolutive non sufficientemente integrate
nella
propria
esperienza.
Ognuna
delle
cinque
donne
presentava
infatti
un
profondo blocco interiore, che impediva a ciascuna di riconoscersi come soggetto
determinante la propria vita. Erano fortemente presenti nelle loro storie delle
esperienze con la figura materna che, realmente o fantasticamente, erano state
vissute
come
un'incapacità
inibenti
a
e
viversi
colpevolizzanti.
come
persone
Tutte
degne
di
avevano
rispetto
così
e
sviluppato
amore
di
sé,
manifestando condizioni depressive che si esprimevano in frequenti stati di
ansia,
disturbi
dell'alimentazione,
inibizioni
nei
rapporti
interpersonali,
astenie e perdite di interessi.
Non abbiamo lavorato sui sintomi, su una ricostruzione artificiale della
loro vita, non abbiamo insegnato loro tecniche o strategie di cambiamento,
abbiamo cercato invece di attivare un lento ma costante processo di cambiamento
della rappresentazione che ognuna aveva della propria vita, un'attivazione delle
capacità di trasformazione che ognuno si porta sempre e comunque dentro di sé.
Chiara porta nelle sedute una storia di legami genitoriali caratterizzati
da ricatti affettivi e sottomissione ed una conseguente difficoltà a pensarsi e
viversi autonoma, al punto che la madre aveva libero accesso anche alla stanza
matrimoniale,
senza
che
Chiara
riuscisse
a
limitare
questa
pesantissima
intrusione nella vita personale e di coppia. Sembra quasi superfluo sottolineare
come la coppia avesse, sin dagli inizi del matrimonio, sviluppato una serie di
disturbi nella dimensione sessuale.
Le persone che soffrono vivono se stesse come totalmente identificate in
immagini fisse di sé e delle loro relazioni, come sclerotizzate in una sola
possibile
dimensione,
quella
negativa
della
malattia,
della
sofferenza,
dell'immutabilità. E' stato nostro compito cercare di aiutare le pazienti a
costruirsi, con le parole e le immagini, una rappresentazione diversa della
realtà, dove ognuno poteva ritrovare una possibilità di libertà nel percepire il
mondo, gli altri, il tempo, il corpo, lo scorrere dell'esistenza, ciò che si
vuole e ciò di cui si ha paura.
Antonella, che di per sé non ha ottenuto durante la terapia apprezzabili
cambiamenti nelle sue relazioni significative ha espresso al Gruppo la novità
per lei piacevole e stimolante di avere imparato ad ascoltare l'altro senza
provare fastidi o disagi. La capacità di ascoltare l'altro è contemporaneamente
causa ed effetto della capacità di decentrarsi da un eccessivo ripiegamento su
se stesso per giungere a considerare la prospettiva di pensiero dell'altro e per
allargare il campo interno della propria relazionalità.
Francesca, al contrario, pur in mezzo a difficoltà oggettive e soggettive
riesce,
durante
il
percorso
di
terapia,
a
rompere
un
rapporto
che
la
imprigionava in una dimensione relazionale e psichica di sopraffazione le cui
radici affondavano nella sua infanzia violentata. Il silenzio è stata la sua
nota
dominante
comprimeva
nei
primi
interiormente
incontri,
fino
alla
un
silenzio
conversione
carico
di
sintomatica
dolore
in
che
la
seduta.
La
dimensione del gruppo ha avuto in questa situazione una particolare importanza,
in quanto che ognuno è riuscito a trasmettere a Francesca affetto e solidarietà,
empatia e aiuto reale.
Le sedute hanno cercato di toccare i problemi delle pazienti, ma l'intento
principale è sempre stato quello di creare, come dice Piero Ferrucci, una nuova
area di salute all'interno della quale riuscire a progettare e a coltivare un
nuovo atteggiamento verso la vita, un rapporto, un centro positivo dove poter
organizzare le proprie energie. (7) Questo stile terapeutico non ha significato
però non affrontare la patologia; le visualizzazioni, pur cariche di stimoli
benefici e positivi, ristrutturanti e sintetizzanti, hanno favorito in ogni caso
anche l'afflusso di simboli e temi disturbanti e distruttivi, che venivano
sempre discussi ed elaborati in seduta con l'apporto anche degli altri pazienti.
Ignorare
la
patologia
può
infatti
significare
reprimerla;
bisogna
iniziare a deflettere l'attenzione dalle nostre aree problematiche solo dopo
averle conosciute ed esplorate a fondo.
Mirella che viveva nella morsa di una sofferenza maturata in un'infanzia
in
cui
le
era
stata
precluso
dalla
madre
l'accesso
emotivo
al
padre
e
contemporaneamente le era stato affidato un ruolo di partner sostitutivo a cui
aveva reagito nell'infanzia con gravi crisi asmatiche e nell'adolescenza con
disturbi anoressici, ha affrontato un percorso doloroso di riflessione che l'ha
condotta a scoprire che ciò che credeva di essere in realtà non era mai stato.
Lo sforzo emotivo compiuto da Mirella è stato grande nella sua duplicità; mentre
scavava
dentro
fondamentali
e
di
sé
e
ne
vedeva
nelle
la
immagini
interiorizzate
mistificazione,
dei
suoi
contemporaneamente
rapporti
riusciva
a
costruirsi quella che abbiamo detto un'area sana, dove c'era posto per vestiti
colorati, per la ripresa dell'antico amore della lettura, per un pensarsi anche
buona come madre e moglie, per respirare e per lasciarsi alle spalle l'immagine
antica di cane abbandonato.
L'intera
esperienza
è
risuonata
anche
dentro
noi
terapeuti
come
un'esperienza di viaggio, un processo di accompagnamento verso una prospettiva
di crescita e di salute che ci ha permesso di capire come, in questo momento,
sia veramente importante preservare dentro le aziende USL che si muovono sempre
più
esplicitamente
verso
una
meccanizzazione
della
risposta
psicologica
intrappolata in calcoli aziendali, uno spazio dove alla persone sia permesso
soffrire, stare accanto al proprio dolore, senza vergognarsene e senza sentirsi
in colpa. A chi scrive sembra infatti che il pensiero e la prassi psicologica
dentro le ASL stia rispondendo sempre più, sia per lo psicologo sia per il
cliente, all'idea generale della risposta tecnica per tutto e per tutti, con il
rischio di far perdere all'uomo la sua identità profonda, spingendolo invece
verso
il
solo
immedesimarsi
in
una
vita
legata
a
criteri
di
efficienza
e
produttività.
Paola si e' rivolta allo psicologo per affrontare le condizioni di depressione
che vive dopo la scoperta di un lungo tradimento dal parte del marito. Si sente
svuotata ed umiliata, ma vuole mostrare al mondo doti eccezionali di freddezza e
controllo. Nel gruppo trova invece uno spazio per piangere, maledirsi e maledire
e per rifugiarsi nell'immagine maliziosa e timida di una gattina indifesa, per
giungere infine al sogno, un po' onnipotente, un po' rabbioso, un po' giocoso di
cui si è scritto in apertura. Paola lascia smuovere dentro di sé un mondo di
emozioni forti, non si dà una risposta precisa e sicura ma un tempo interno ed
esterno per ridefinirsi.
Si è spesso detto o scritto che la psicoterapia ha qualcosa di poetico,
come
la
qualcuno,
poesia
misteriosamente
terapeuta
o
paziente,
può
può
allargare
un'anima,
altrettanto
così
la
misteriosamente
parola
di
indirizzare
verso una strada di crescita. Ci è venuto così da pensare che dentro ognuno di
noi si condensino quei famosi versi di Montale (8):
" Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura,
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura."
Bibliografia
1) Ferrucci P., Esperienze delle vette, Astrolabio, Roma, 1989, p.291
2) Caldironi B., Seminari di psicopatologia e psicoterapia, Nanni, Ravenna 1992,
p.375
3) Caldironi B. e Widmann C., Visualizzazioni guidate in psicoterapia, Piovan,
Abano Terme 1980
4) Assagioli R., Principi e metodi della psicosintesi terapeutica, Astrolabio,
1973, pg.151
5) Caldironi B., Seminari di terapia immaginativa, Nanni, Ravenna 1992, pg 35-36
6) Caldironi B., ibidem, pg. 197
7) Ferrucci P., Alchimia di ogni giorno: la trasformazione delle energie in
Introduzione alla Psicosintesi, Mediterranee, Roma 1994
8) Montale E., "Ciò che di me sapeste" in Ossi di seppia, Mondadori, 1973