Platone e Danto e Maderthaner

Transcript

Platone e Danto e Maderthaner
Platone e Danto e Maderthaner ironìa s. f. [dal lat. ironīa, gr. εἰρωνεία «dissimulazione, ironia», der. di εἴρων ‐ωνος «dissimulatore, finto»]. Dizionario Treccani Miracoli! è il titolo della mostra di Katharina Maderthaner presso Rizzutogalley a Palermo. Miracoli!, appunto, un titolo che funge da manifesto intenzionale dell’arte dell’artista tedesca. Si riferisce a quelle confezioni di cibo precotto in cui la ricetta per degli ottimi spaghetti al pomodoro viene presentata e sintetizzata in pochi passaggi e i cui stessi ingredienti sono anch’essi delle sintesi di gusto, dei surrogati. Da Miracoli! a ritroso nell’arte di Maderthaner ci si ritrova immersi in una costellazione di oggetti ed elementi visuali noti. Elementi che appartengono a quella cultura globale e globalizzata di immediata e facilissima riconoscibilità. Ed è proprio la riconoscibilità che l’artista tedesca analizza e scandaglia con la sua produzione che si esprime con oggetti, sculture, installazioni, ma anche opere grafiche, disegni e pittura. La tecnica e il medium importano poco, vengono declinati secondo l’idea che permette di considerare motivi artistici cliché, stereotipi e oggetti decorativi banali, la cui diffusione è tanto inflazionata da non venire quasi più notata. Platone, nel libro decimo della Repubblica, si domandava che cosa fossero le opere d’arte. Per il filosofo greco le opere d’arte erano capaci di imitare cose pur non essendo quelle cose e capaci di determinare gli stati d’animo di chi li osserva. Emozioni, dunque, determinate da oggetti materiali e su questo punto Platone si sofferma sostenendo che per ogni oggetto esistono tre arti: quella che ne farà uso, quella che lo realizzerà, quella che lo imiterà. Un passo notissimo che ha informato tutta la storia del pensiero teorico ed estetico relativo all’arte. Se ci soffermiamo sulle opere di Maderthaner, in particolare su Ritmi Latini, osserviamo una seria composta da un oggetto di semplice uso e reperibilità, un tavolino da campeggio, che l’artista tedesca ha dipinto prendendo spunto ‐ imitando ‐ da pattern e motivi di carte da parati o delle copertine di quaderni a buon mercato. In più l’artista non ci presenta il tavolino nella sua forma di utilizzo, aperto e posto in uno spazio, ma appeso e chiuso alla rovescia in modo che le gambe pieghevoli del tavolino siano visibili e che l’oggetto non possa essere frainteso, è un tavolino. Chi osserva si trova di fronte a un corto circuito semantico. Arthur C. Danto a partire dal suo epocale articolo Artworld ci introduce un mondo nell’arte, quello della pop‐art e non solo, in cui i valori estetici classici vengono messi in secondo piano a vantaggio dei valori relazionali: l’oggetto d’arte incorpora referenze e riferimenti che hanno carattere semantico, capaci, cioè, di produrre significato partendo da oggetti noti ma decontestualizzati attraverso semplici interventi. L’oggetto perde il suo valore d’uso, ma lo afferma allo stesso tempo, perché è proprio il valore d’uso che lo avvicina al fruitore, fruitore dell’oggetto d’arte, ma anche fruitore dell’oggetto riconoscibile – nel caso di Ritmi Latini conoscitore tanto del tavolino da campeggio quanto dei pattern. Maderthaner, in questo modo, riesce a innescare un sistema fitto di relazioni e referenze tra lo spettatore e le sue opere. L’artista tedesca ci presenta opere che incorporano concetti, idee, ma anche ricordi pratici, legati all’utilizzo degli oggetti stessi. Il corto circuito nelle opere di Maderthner risiede nel fatto che l’opera presentata ci appaia straniante, lontana, ma allo stesso tempo vicina data la sua riconoscibilità. L’oggetto e i pattern rifunzionalizzati vengono trasfigurati in un elemento che incorpora una possibilità infinita di relazioni con l’osservatore. Si tratta, ancora con parole di Danto, di una trasfigurazione del banale, di un’estetizzazione di quei mondi e di quegli stili di vita radicati in una sorta di immaginario familiare distante dalle preoccupazioni estetiche classiche, dalle diatribe concettuali. Racchette da tennis, semplici tavole di legno, insieme a motivi e pattern strappati a quell’iconografia grafica bassa, automatica, dilettante eppur presente forse in ogni casa, tutto viene condensato, sintetizzato e surrogato come negli spaghetti pronti all’uso di Miracoli!. Un miracolo quasi, una seconda vita, gagliarda, dissimulatrice che Katharina Maderthaner dona ironicamente – ironia, nel senso primo del termine, ovvero di finzione ma anche interrogazione – a quegli oggetti e a quell’immaginario visuale di cui si tende a provare una sorta di repulsione estetica, ma che nelle sue opere si erge orgoglioso e beffardo davanti ai nostri occhi. Alessandro Pinto Giugno 2016