Ma chi è Nino? - scuolamatteotti

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Ma chi è Nino? - scuolamatteotti
“Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia…” “ Leva calcistica del ’68 ”
Questo scritto è da noi dedicato a Nino e alla sua ingenua e candida
voce che continua a parlare nei cuori di molti adulti ma che in altri
tace perché avvilita dal frastuono di grida di rabbia e di violenza.
Ma chi è Nino?
Nino è un bambino che è esistito, che esiste e che esisterà. La sua
divisa non ha colore se non quello dell’erba in cui ama giocare e della
terra sulla quale adora atterrare. Atterrare, certo, perché Nino spesso
riesce a “volare”, perché quell’oggetto sferico, fatto di cuoio, di stoffa,
di carta, di fantasia, di gioia, di sogni, è il suo “pensiero felice” e, come
per Peter Pan, gli regala le ali. Il suo campo da gioco è in tutti i luoghi,
dalla fredda Ucraina all’assolata Tunisia, non ha limiti, né aree, né linee
che lo contengono, solo le porte sono ben visibili, perché è lì che
segna ogni volta un goal per il suo successo formativo. Il suo gioco non
è fatto di grida ma di gioie, di sudore, di mani che si stringono, di corse
nelle quali l’entusiasmo, l’emozione, la passione sono gli unici fattori
che permettono di vincere. Vincere è una parola presente solo
nell’ultima pagina del suo vocabolario, nel quale vi sono ,in primo
luogo,
altri
competizione,
vocaboli
partite
come:
e
amico,
uguaglianza,
divertimento. Vincere
tolleranza,
per lui significa
continuare a vivere e a far sentire la sua voce in tutti coloro che
hanno voglia di iniziare, continuare o di ritornare a giocare. Giocare
infatti, perché la sua vita è un gioco, ma , come diceva Bruner: “ è
l’unico modo che ha di imparare, perché tramite esso comunica con
gli altri e agli altri. Dai primissimi anni di vita i bambini iniziano a tirare
calci ad un pallone e a correre dietro ad una palla. La maggior parte
di loro poi sogna di diventare come il campione della loro squadra del
cuore. Questi modelli sono molto importanti perché spingono i
bambini ad avvicinarsi allo sport nella sua dimensione più naturale
ovvero
quella
di
una
“esperienza
di
gioco
il
cui
elemento
fondamentale è l’opportunità, per ogni bambino, di crescere insieme
agli altri divertendosi”
Noi, della I C, ci siamo chiesti, guardando i nostri compagni, quanto di
quel “ piccolo calciatore” fosse rimasto in ognuno di loro e se dietro lo
sguardo canzonatorio di Francesco, dietro la risata rumorosa di
Angelo, dietro la divisa impeccabile di Tony,
ci fosse ancora qualcosa che ci parlasse di Nino.
Francesco
Il mondo del calcio risulta essere il riflesso di una società sempre più
corrotta e priva di etica. I mali che quel sogno collettivo genera, che
non si avvale di parole, ma di passione e di entusiasmo, sono ormai
troppi e irreparabili: doping, teppismo, fondi neri, finanziamenti illeciti a
partiti politici, giri di soldi vertiginosi, legati alla Pay Tv.
Il portiere della nostra squadra Francesco si oppone con le sue mani e
forma un muro contro l’eccessiva mediatizzazione e i miliardi dei diritti
televisivi che rischiano di ingolosire società grandi e piccole e portarle
sul lastrico. Si lancia, cade, si rialza per arrestare l’impetuoso incalzare
del doping che dagli anni ’50 ad oggi conta la morte di
quattrocentocinquanta atleti. Francesco dice di no parando anche
gli scandali che minano profondamente gli ultimi bagliori di credibilità
del mondo calcistico: il grande stile del calcioscommesse, che
ultimamente ha coinvolto ben 12 società e ha deferito trentatre
persone in seguito alle intercettazioni telefoniche tra calciatori,
allenatori e dirigenti. Francesco è un idealista e si distacca dalla gran
quantità di calciatori divenuti oggetti del gossip, investiti da critiche
che ne ledono l’identità e dalle manie di grandezze degli adulti che
vogliono vedere i loro figli diventare plurimilionari corteggiati dagli
sponsor. Infine egli crede che grazie ad una nuova consapevolezza
culturale bisogna riscoprire il valore pedagogico, ricollegandolo al
mondo della scuola e dell’educazione in generale. Grazie ad una
vasta campagna di moralizzazione si può e si deve riscoprire il calcio
come
fonte
di
socializzazione
e
di
educazione
al
sacrificio
esaltandone tutto il potenziale etico, il grande agonismo e spettacolo,
ma anche momento essenziale di sana evasione.
Angelo
Angelo
si
fa
testimone
dello
stimolo
offerto
dal
calcio
per
l’integrazione, inteso non solo come occasione di scambio tra diverse
culture, ma anche come promozione della salute mentale, con lo
scopo di favorire l’inclusione nella società dei soggetti disabili.
L’ex calciatore ed ora allenatore Jean­Pierre Papin ha definito il calcio
come: “ fenomeno sociale dove i confini razionali spariscono”. Anche
se si verificano ancora, ed è doveroso ricordarlo, manifestazioni di
razzismo negli stadi, tali episodi sono circoscritti a determinati ambienti
disagiati che vogliono in qualche modo infangare il buon nome di uno
sport il cui fine è creare un momento di coesione e confronto atletico.
L’obiettivo che si propone da sempre qualunque religione ( unificare
sotto di sé le varie etnie) è stato raggiunto da un gioco: il calcio. L
’anima del calcio che ha fatto, e continua a far sognare e sospirare
migliaia di tifosi di ogni credo politico, razza e religione, si accende di
nuove emozioni con l’impegno di Angelo a realizzare un sogno che
non necessariamente ha come protagonisti soltanto i calciatori in
quanto strapagati e pubblicizzati ma anche tutti coloro che da dietro
le quinte si adoperano per rappresentare uno spettacolo che fa
palpitare migliaia di cuori. Il diverso colore della pelle e diverse
culture
non
posso
rappresentare
i
fattori
che
limitano
la
partecipazione ad un’attività così costruttiva ed utile a tutti; grandi e
piccoli, bianchi e neri.
Angelo è un ragazzo come noi, e come lui anche noi dobbiamo farci
promotori di valori che spingono all’integrazione dando un calcio
definitivo all’ intolleranza.
Tony
Tony è riuscito a dare un calcio alla
solitudine del diverso. Molto spesso, in
ragazzi fortemente disagiati e
difficoltà
relazionali,
calcistico
sembra
con
l’elemento
essere
l’unico
centro di interesse, l’unico elemento
positivo e creativo che percorre la
loro quotidianità, che arricchisce la
loro possibilità di conversazione e di
incontro con i compagni.
Il calcio assume in questo modo un
ruolo ben più significativo del suo primario valore di gioco: esso diviene
una sorta di idioma universalmente compreso che indifferentemente
dal paese, dalle diverse condizioni psichiche e fisiche, dalle lingue,
dalle tradizioni riesce ad accomunare tutti, quasi ad indicare che
anche le cose futili e banali ci rivelano la nostra comune origine ed
appartenenza al genere umano. Il calcio dimostra di essere un gioco
bellissimo, davanti al quale siamo tutti uguali perché è un’ arte che
insegna la libertà, la passione, la volontà di riscatto dalla realtà a volte
dura e misera.
Il calcio è e deve essere uno stimolo, un input ad uscire dal proprio
guscio,
da
se
stessi,
favorendo
ed
incrementando
i
legami
interpersonali.
Tony vuole vedere questo “sport meraviglioso” senza che il pregiudizio
della diversità possa rovinarlo. Il calcio è il gioco più popolare del
mondo, appartiene a tutti noi. Ad ogni persona
dovrebbe essere
garantito il diritto di giocare, essere protagonista o discutere del gioco
liberamente e senza alcuni timori.
L’obiettivo è mettere da parte la solitudine del diverso dal calcio; è
portare avanti organizzazioni sportive che siano vere e proprie
“palestre di solidarietà” nelle quali misurare se stessi e dar prova del
proprio coraggio sentendosi interamente coinvolti.
“ Il calcio è un gioco da “macho” e non da omosessuali”, afferma un
giudice di San Paolo,
“ una persona omosessuale non può e non
deve fare il calciatore, bisogna fondare associazioni parallele”. Siamo
nel XXI secolo. Una tale discriminazione non è assolutamente
accettabile. In compenso, tuttavia, il presidente della Uefa arringa
contro la diversità del calcio e promette pugno di ferro. Non si deve
tollerare la violenza, né la diversità. La solidarietà nello sport diventa di
massima importanza per crescere insieme e svilupparsi allo stesso
modo; si costituisce così una comunità nella quale ciascuno è parte
integrante di essa, facendo cadere le barriere di divisione e
contrapposizione. Tuttavia non basta essere uniti per condividere un
unico scopo, né basta alimentare la speranza di avere molte risorse; è
importante portare avanti i diritti della persona umana, diritti che
sottolineano
ancora
una
volta
la
nostra
uguaglianza,
indipendentemente da ciò che il nostro fisico mostra, da come
appariamo agli altri. Fare solidarietà con lo sport è operare
completamente per annullare la diversità, coinvolgendo gli altri in
un’avventura entusiasmante nella quale si è protagonisti e non solo
spettatori. Tony spera che lo sport possa essere l’occasione per
superare tutte le barriere reali o immaginarie dentro le quali ognuno
continua a coltivare una propria cultura nella quale però emergono i
pregiudizi.
Gennaro
I genitori di Gennaro non volevano che si iscrivesse all’unica scuola
calcio presente nel suo paese in quanto lo consideravano uno sport
violento, aggressivo , opportunista e speravano per lui invece un futuro
da architetto, ingegnere e, perché no, da musicista e per tutte queste
motivazioni Gennaro ha studiato molti anni pianoforte. Lui invece
continuava a sognare di diventare come Toni, Del Piero, Totti e il
calcio da semplice passatempo è diventato per lui una “cosa seria “,
un’ attività in cui riversare tutto se stesso. I contrasti corpo a corpo l’
hanno aiutato a superare la timidezza e i timori, lo scontro è diventato
un confronto di abilità. Gennaro è maturato perché il calcio gli ha
insegnato che lo slancio aggressivo finisce nella rete insieme al pallone
e che può capitare a tutti di “cadere” ma, nel campo di calcio come
nella vita c’è sempre qualche avversario pronto a stendere il braccio
per aiutare a rialzarsi. Così Gennaro in ogni allenamento dà calci al
suo pallone e con essi allontana la violenza, l’ aggressività e la poca
stima di se stesso. Sicuramente diventerà un architetto come
vorrebbero i genitori ma solo se questo sarà la sua vera realizzazione e
sarà proprio il calcio ad assicurargli questa consapevolezza.
Giovanbattista
Quando nello sport il principale scopo è vincere, sono schierati in
campo solo i giocatori migliori e si crea una distinzione tra giocatori
“titolari” e “panchinari”. Giovanbattista, per gli amici G.B., vuole dare
un calcio a questa situazione e spiegare ai “panchinari”, agli esclusi,
agli eterni secondi che il loro ruolo non è privo di significato ma spesso
aiuta coloro che li circondano a raggiungere gli obiettivi. G.B. crede
che ogni elemento della squadra ha un ruolo speciale, ognuno
giocando impara a mettere a disposizione del gruppo le proprie doti
per raggiungere un obiettivo comune, obiettivo che richiede sempre
un comportamento corretto e un forte senso di responsabilità. Il gioco
e soprattutto il calcio fornisce un sistema di regole che dettano anche
come “giocare” la vita di tutti i giorni, serve a costruire un sistema di
valori
capaci di orientare le scelte e le decisioni. Dunque G.B. ha
imparato che il calcio è scuola di vita e che la voce non va usata solo
per gridare goal o per deridere l’arbitro o gli avversari ma soprattutto
per incitare i compagni delusi dalla sconfitta, quelli che sopraffatti
dalla vita non riescono a superare la metà campo. Così lo sport, e il
calcio in particolar modo aiuta a crescere, a saper vincere e a saper
perdere, a prendere coscienza dei limiti propri e di quelli dei nostri
avversari. G.B. ha anche capito che fare goal non è un mezzo per
affermare la propria superiorità su un avversario ma è fondersi con il
verde del campo, è trovare nel vento l’energia per correre, correre
avanti verso quella porta… Per tirare non bisogna
calcolare la
traiettoria esatta ma metterci il cuore, metterci l’anima, sostanziare
quel tiro con tutti i sogni che ognuno di noi si porta dentro.
”Nino capì fin dal primo momento, l’allenatore sembrava contento… E allora mise il cuore dentro le scarpe e corse più veloce del vento.”
Questo lavoro è stato realizzato dalla I C del Liceo Classico Marco Tullio Cicerone di
Sala Consilina (SA)