Lo Sport in età evolutiva
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Lo Sport in età evolutiva
febbraio 2011 Lo Sport in età evolutiva: allenamento della forza nei giovani e bambini Per favorire un apprendimento ed una strutturazione regolare delle principali abilità motorie, necessarie sia per una buona performance sportiva che per la vita di relazione, per prevenire problematiche legate allo sviluppo fisico come dolori cronici di schiena o disturbi muscolari e per appagare la sfera psicologica e l’autostima sono necessari buoni livelli di forza. La forza, assieme alla resistenza, fa parte delle capacità condizionali, legate ai processi metabolici e dalla disponibilità energetica. Distinguiamo però diversi tipi di forza: la forza massimale, la forza resistete e la forza rapida. La forza massimale è la forza esprimibile con una singola contrazione muscolare; la forza resistente è la capacità di vincere una resistenza in un determinato periodo di tempo mediamente lungo e la forza rapida nel minor tempo possibile, con una elevata velocità di contrazione. In qualsiasi individuo la quantità effettiva di forza esprimibile è legata principalmente a tre importanti fattori: - grandezza del muscolo - tipo di fibre muscolari - impulsi nervosi che scaricano sul muscolo e capacità del uscolo di rispondere ad essi. La grandezza del muscolo: più questo è voluminoso, più fibrocellule muscolari saranno contenute in esso (1cm2 di muscolo sprigiona 4 Kg di forza). Il tipo di fibre muscolari: rosse (o fibre di I tipo) e bianche (o fibre di II tipo). Le fibre di I tipo sono le fibre della resistenza: vengono definite rosse perché hanno una buona vascolarizzazione (“arriva molto sangue”); esse contengono molti mitocondri, sono cellule sottili e quindi per diffusione gli arruva molto ossigeno. Per generare ATP (energia) sfruttano un metabolismo ossidativo sottoforma di contrazione muscolare (contrazione poco “potente” ma che permane nel tempo – metabolismo aerobico). Un esempio di queste sono le fibrocellule rosse dei muscoli posturali della schiena, che possedendo una tonicità basale costante nel tempo. Le fibre di II tipo sono le fibre della forza e della rapidità: vengono definite bianche perché contengono pochi mitocondri, poche proteine che fissano l’ossigeno, ma molto gliconeno (riserva di “energia usata quando il glucosio non arriva”) e fosfati energetici (fosfocreatina); sono grosse e poco vascolarizzate. Tendono ad affaticarsi rapidamente ma sono in grado di esprimere grande potenza con grande rapidità: servono a generare forza istantanea anche quando mancano substrati energetici (ossigeno o zuccheri), sfruttando un metabolismo di tipo anaerobico. Un esempio di queste sono le fibrocellule bianche della muscolatura palpebrale, che devono generare una contrazione ogni tanto, non duratura nel tempo, ma molto rapida. Dott. Caforio Marco Medico CSI – Lombardia febbraio 2011 Gli impulsi nervosi che scaricano sul muscolo e la capacità del muscolo di rispondere ad essi. Gli impulsi vengono trasmessi dai motoneuroni (“nervi” che comandano i muscoli “partendo dal cervello”) ad ogni fibrocellula muscolare. Essendo numerose le fibre muscolari in ogni muscolo, queste devono possedere la capacità intrinseca di contrarsi tutte all’unisono, per favorire una contrazione coordinata: questa capacità viene definita reclutamento. L'abilità di coordinare più gruppi muscolari in sinergia è un parametro non secondario per determinare l’espressione della stessa. Anche la frequenza di scarica è un elemento determinante nella forza massima: è possibile stimolare il muscolo con frequenze superiori a 100 impulsi al secondo. Con la ripetizione degli allenamenti, il muscolo sarà in grado di reclutare un maggior numero di fibre e selettivamente quelle più efficaci per il lavoro specifico. Soggetti non allenati utilizzano solo una bassa percentuale di fibre potenzialmente utili al gesto sportivo (dal 20 al 50%) con una frequenza di scarica di 40/50 impulsi al secondo. Come per le capacità coordinative vi sono tappe predefinite nella vita di un individuo in cui è bene allenare la forza/rapidità e la resistenza. L’andamento della forza in un individuo conosce le seguenti tappe di evoluzione: incremento, stabilità e decadimento. Dall’età puberale (10-12 anni per le femmine e 12-14 anni per i maschi) sotto l'influenza del rilascio ormonale (principalmente di testosterone, principale imputato nei processi di differenziazione sessuale e sviluppo strutturale) si assiste ad un incremento della forza. Proprio le interferenze ormonali generano il grande divario esistente fra maschi e femmine, specie dopo i 10/12 anni. Prima infatti le differenze sono meno importanti. Nel grafico che segue viene evidenziato l'andamento nell'espressione della percentuale di forza muscolare nei due sessi e nelle varie età. % Più volte si ripete l’esercizio più questo sarà fluido, con un minor dispendio energetico. Analizzato quindi i fattori che influenzano la forza, gli aspetti da tenere sempre a mente quando si allena un bambino/ragazzo/adolescente sono: la tipologia di fibra muscolare è un parametro determinato geneticamente, le cui interferenze dettate dagli allenamenti sono ridotte; la loro differenziazione in fibre veloci o fibre resistenti si consolida al termine del periodo puberale; in questo periodo una predominanza delle fibre veloci garantisce chiaramente un maggior grado di forza; la capacità di reclutamento è’ il principale fattore imputato nell’espressione della forza nell’età infantile. anni Il testosterone, oltre ad influenzare la forza, favorisce un più marcato processo glicolitico da parte delle fibre bianche (quindi a parità di sostanze nutritive che arrivano ai muscoli le cellule muscolari bianche generano più energia). Il testosterone ottimizza e potenzia l'effetto dell'acetilcolina (il neurotrasmettitore che consente la comunicazione tra fibre nervose e muscolari, promuovendo quindi la contrazione) e favorisce la rigenerazione ed il febbraio 2011 recupero delle strutture muscolari lesionate dopo un lavoro (un utilizzo migliore delle proteine che arrivano al muscolo). Non è solo una questione meramente ormonale: i progressi della forza sono attribuibili anche a fattori neurologici che incrementano con l’età. Essi si fondano sulla maturazione del sistema nervoso: la mielinizzazione (deposizione di mielina, sostanza grassa che riveste i nervi permettendo la trasmissione veloce degli impulsi) continua durante la maturazione sessuale e fino all’età adulta. La mielinizzazione influenza la velocità di conduzione, la frequenza di scarica e la differenziazione delle fibre che, seppur compiuta in larga parte nei primissimi anni di vita, sembra continuare negli anni successivi. Alla nascita la velocità di contrazione è uguale per tutte le fibre, la vera differenziazione delle funzionalità neuromuscolari si completa in seguito. I progressi della forza con l’età sono attribuibili a fattori fisici (testosterone) e a fattori neurologici (mielinizzazione) dal cervello alla periferia. Una carenza di forza espone a disabilità, squilibri muscolari e facilitazione agli infortuni, interferendo anche sulla sfera psicologica come l’autostima: nei ragazzi in particolare essere forti significa vivere meglio con la società vicina, con l’inizio di una attività sportiva, con il risultato in una fase agonistica. Una sollecitazione di tale capacità, ovviamente nel rispetto delle potenzialità e del grado di maturazione individuale, riveste quindi un ruolo cruciale nella prevenzione delle alterazioni posturali. L’allenamento della forza viene visto come stimolo formativo per le ossa: stimola la parte corticale (osso esterno che protegge dalle fratture) e la rende più spessa, stimola la crescita in larghezza delle ossa e l’allineamento delle trabecole o in direzione delle linee di trazione e pressione. Un buon grado di forza si è dimostrato utile nella prevenzione di possibili traumi e per la sintomatologia del dolore cronico alla schiena. In età infantile l’apparato locomotore ha una relativa fragilità per la non conclusa calcificazione strutturale. Una variazione importante della lunghezza delle ossa e in generale delle proporzioni corporee in fase puberale provoca imprecisione, incoordinazione e “goffaggine” nei movimenti, con un’apparente difficoltà motoria che però non giustifica l’ astensione dall’attività fisica; anzi, contrariamente a ciò che si può credere, si tratta del momento favorevole alla creazione di presupposti per future performance motorie. E’ importante che un adolescente faccia sport!! Bisogna tener conto che questi vivono un momento caratterizzato da modificazioni strutturali importanti, con difficoltà dei sistemi regolativi: sono necessarie senz’altro più ore di allenamento per “recuperare” una fluidità esecutiva. In caso di inattività questa fase di “riapprendimento” verrebbe a mancare, causando un difficile recupero della goffaggine e delle insufficienze coordinative, esponendo il giovane a maggiori infortuni. Bisogna sempre tener presente quando ci si accinge ad iniziare un programma di allenamento con carico che se gli esercizi non sono ben conosciuti dagli allievi, non sono automatizzati e la loro esecuzione è meno efficiente. Anche la sicurezza è bassa di conseguenza l’intensità dovrebbe essere bassa. Gli esercizi senza carichi invece hanno buoni risultati; essi devono richiamare movimenti elementari come lanci di palla mediche a uno e a due braccia, di attrezzi leggeri a un braccio, sprint in pianura e in salita della durata di 4-5 secondi, spinte contro opposizioni di partner accelerando fino al febbraio 2011 raggiungimento della massima frequenza di movimento. Gli esercizi di corsa e i balzi devono essere ben appresi per evitare che durante l’impatto al suolo possa verificarsi una distorsione. Allenamenti di forza non idonei, eccessivi ed inopportuni generano danni fisici importanti e non favoriscono, anzi danneggiano la maturazione di tale capacità. Considerazione importante da tener presente quando si allena un soggetto in età evolutiva, è la possibilità, nel caso l’atleta subisca un trauma, che lo stesso vada a ledere la cartilagine in fase di calcificazione provocando un danno che a differenza dell’adulto può compromettere il corretto accrescimento del segmento colpito. Durante la formazione di un osso (es. il femore per la coscia) sono presenti degli abbozzi di matrice mineralizzata (uno centrale che si allunga fino a fondersi con due periferici). Interposti a questi vi sono delle cartilagini definite cartilagini di coniugazione. Anche le “protuberanze” ossee, come l’apofisi tibiale sul quale si inserisce il tendine rotuleo (sporgenza della tibia sotto la rotula), sono inizialmente rivestite da cartilagine. Queste protruberanze sono chiamate nuclei di ossificazione. Dopo la pubertà, guidati dalle modificazioni ormonali, i nuclei di ossificazioni subiscono modificazioni e si fondono con l’osso “centrale”. Infortuni sulle cartilagini di accrescimento possono causare dolori intensi, e in casi limite rischi di distacchi dei tendini o ripresa in maniera alterata della crescita (difetti di rotazioni o dismetrie degli arti). I traumi acuti sono molto rari, sono collegati a sovraccarichi massimali, ad un uso scorretto degli attrezzi e alla cattiva esecuzione delle tecniche di sollevamento. L’apprendimento di esecuzione dei movimenti va effettuato gradualmente attraverso l’esecuzione di numerose ripetizioni, prima con esecuzioni stabilizzate e corrette, con carichi submassimali, poi con carichi massimali. Inoltre, il tessuto osseo a seguito della stimolazione ormonale del testosterone acquisisce una velocità di crescita/allungamento maggiore rispetto a quella che possiede un muscolo/tendine. Le forze di trazione a livello tendineo possono perciò essere importanti fattori da tenere in considerazione per prevenire tendiniti, meglio evitare quindi troppi salti da posizioni accovacciate in età puberale. Negli adolescenti si possono produrre anche traumi cronici, dovuti a traumi sommati come sovraccarichi e microtraumi alla schiena. È fondamentale dare importanza a distretti muscolari quali il tronco e le gambe che in età evolutiva sono particolarmente “insultabili”. La conosciuta fragilità della schiena può essere prevenuta attraverso il potenziamento della muscolatura addominale. Insieme all’aumento della forza bisogna garantire lo sviluppo della resistenza; è probabile infatti che una prolungata sollecitazione generi un sovraccarico da fatica di tali muscoli, potenti ma non resistenti. Per gli arti inferiori, considerando le caratteristiche primariamente locomotorie, devono essere privilegiate la resistenza, la forza e la mobilità articolare, febbraio 2011 con elementi di coordinazione. Il tronco che sostiene carichi di lunga durata, ha la tendenza a perdere mobilità: si deve prevenire ciò con esercitazioni di flessibilità del tronco. Un'attività finalizzata alla forza dovrebbe essere sempre multilaterale e non comportare carichi eccessivi. La scelta del carico è modulata in base alle caratteristiche individuali e al grado di allenamento già raggiunto; è bene che questo sia rappresentato dal proprio peso corporeo, sotto l'influenza della forza di gravità (metodo del carico naturale) o da piccoli attrezzi ginnici. Un allenamento caratterizzato da esercizi di tipo concentrico (basso carico) ma con elevato numero di ripetizioni, dona al bambino lo stimolo alla formazione della forza in età adulta. Per gli atleti dai 12 ai 13 anni, l'espressione della forza ha mostrato i migliori risultati con l'impiego di carichi moderati, non oltre il 5% del loro carico massimale (il carico massimale è il carico che un individuo può svolgere una sola volta esaurendo le sue energie), con un buon numero di ripetizioni del gesto, intorno Non inserire l’allenamento della forza né troppo presto (“problemi di crescita”) né troppo tardi (sviluppo lento) Allenare da subito le fibre muscolari rapide, per formare e garantire la fluidità e la coordinazione alle 10/15 per un massimo di 3 serie per ciascun esercizio, e sollecitazioni bisettimanali della durata media di 20/30 minuti. Nella fascia dai 13 ai 15 anni un carico ragionevole è di circa il 50%, con tempi di recupero relativamente lunghi. Solo tra i 16 e i 17 anni si possono prevedere carichi pari al carico massimale dell’atleta. Anche qui il recupero fra gli esercizi non sarà inferiore ai 3 minuti. E’ necessario un discorso più approfondito a riguardo della forza rapida, influenzata dall'evoluzione neuromotoria e dalla coordinazione. Stimolazioni tardive rischiano di compromettere il massimizzarsi di tale espressione. La coordinazione è la base per l’espressione della forza veloce, quindi anche della forza massimale. Questa capacità dovrebbe essere sollecitata sin dai primi anni di vita del soggetto. Si stima che già dai 6/9 anni sino all'adolescenza sia possibile ottenere i maggiori incrementi, a patto di somministrare gradualmente allenamenti specifici. E' ovvio che in queste prime fasi l’attenzione sarà posta sui processi di coordinazione. La forza rapida rappresenta il naturale terreno per lo sviluppo successivo della forza massimale; intervenendo quindi sulla rapidità, evitando i carichi massimali, si avrà un diretto beneficio anche sulla forza in generale, senza creare disturbi muscolo-scheletrici. In generale prima dei 12 anni ci si deve dedicare ad esercizi/giochi che richiedano movimenti rapidi come salti, corse e repentini cambi di direzione, arrampicate ecc., lavori molto dinamici. Dai 6 ai 9 anni è conveniente dunque un lavoro prettamente di coordinazione; dai 9 ai 12 anni si preferisce una sollecitazione della forza rapida; dai 12 ai 15 anni un lavoro di irrobustimento generale a carico naturale (carico corporeo); solo dopo i 16 anni un primo stimolo della forza massimale . febbraio 2011 Bibliogafia: Dal Monte, M. Faina, Fisiologia dell'esercizio nell'età evolutiva, SdS, Roma, 85 Glenmark B., Edberg G, Jansson E.: Changes in muscle fiber type from adolescence to adulthood in women and in man. Acta Physiol. Scand. 1992, 146:251-259 Pilati G. Giocare con lo sport. Comune di Mantova,1996. Marino R., Sebastiani F. L’atletica leggera manuale per l’allenamento educativo. La Meridiana,2010 AA.VV. Lo sport in gioco. Oratori Diocesi Lombarde, 2009. AA.VV. 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