Cartoni animati, facciamo un po` di chiarezza!

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Cartoni animati, facciamo un po` di chiarezza!
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GEN.- FEB.2004
IL SOTTOBOSCO
Cartoni animati, facciamo un po' di chiarezza!
"Nessuna menzogna giunge a soffocare nel tempo" (Sofocle). Con quest’esordio vorrei cercare di far chiarezza su una
serie di luoghi comuni, mezze verità e pressappochismi che
molto spesso sono diffusi attraverso i mezzi di comunicazione di massa… l’argomento sotto la luce dei riflettori è: i Cartoni Animati ed in particolare quelli giapponesi (chiamati
nella loro patria Anime).
In Giappone, a differenza che in Italia, il cartone animato
non è un prodotto esclusivamente infantile, ci sono
anime che hanno come
target di riferimento
bambini molto piccoli, o delle elementari, adolescenti o,
ancora, adulti. Ovviamente i contenuti e il modo di esprimere gli
stessi saranno diversi a seconda
del target. Tale distinzione viene
mantenuta attraverso una programmazione strutturata per fasce orarie, per cui un prodotto
indirizzato ad un pubblico adulto
non sarà certamente trasmesso in orario accessibile ai bambini. In Italia tale distinzione non è presente ed i palinsesti televisivi acquistano in maniera indiscriminata le serie
nipponiche, adattandole successivamente per renderle visibili ad un pubblico infantile. Il prodotto viene acquistato sulla base delle possibilità di vendita del merchandising
producibile (materiale da cancelleria, giocattoli, ecc.),
con scarsa considerazione del target di riferimento. Di conseguenza, si vedranno
fiancheggiati cartoni per un pubblico molto piccolo (come i Pokemon) con cartoni per un
pubblico adolescente (Piccoli problemi di
cuore) e cartoni per un pubblico più maturo (Lupin).
L’adattamento di molte
opere (che si concretizza
spesso in vere e proprie
censure) porta, frequentemente, allo stravolgimento
delle stesse. Fino a poco tempo
fa (attualmente è visto qualche
cambiamento positivo in questa
direzione), infatti, venivano primariamente modificati tutti i nomi,
rendendo italiani (o in maniera ancora più ingiustificata inglesi) nomi
originariamente giapponesi, come se
un bambino non potesse comprendere che,
per esempio, una ragazzina si chiama Hikaru, invece
che Tinetta. Vengono anche eliminate tutte le scritte giapponesi ed i dialoghi adattati in modo tale che i luoghi in cui il
programma è ambientato siano italiani o, comunque, occidentali. Questo, dal mio punto di vista, impedisce al bambino di poter entrare in contatto con una cultura diversa dalla
propria, di evidenziargli quella visione multiculturale verso
cui si sta orientando anche il modo stesso del nostro vivere
quotidiano. Per non parlare dei cambiamenti dei titoli,
rendendoli spesso assurdi e privi di senso (The Slayer è divenuto in Italia Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo, o Rayearth Una porta socchiusa ai confini del sole).
Vengono, inoltre, eliminate scene di baci, di ragazze che appoggiano la testa sulle spalle ai ragazzi, schiaffi in faccia e
così via, rendendo a volte incomprensibile le reazioni successive dei personaggi, con confusione del telespettatore.
Un esempio di qualche anno fa che ha causato un certo scalpore negli appassionati, è stato il completo stravolgimento di
un episodio dell’anime Temi d’amore tra i banchi di scuola.
Nell’originale la protagonista Yumi per la prima volta aveva
le mestruazioni, è spaventata e perde i sensi durante una lezione di ginnastica. Le amiche la tranquillizzano spiegandole la normalità del fenomeno e riceve ampie delucidazioni
attraverso una lezione di educazione sessuale a scuola. In
Italia (giustificando la censura con la motivazione che l’argomento poteva turbare i più piccoli) Yumi è spaventata per
aver fatto un brutto sogno premonitore e la lezione diviene
un documentario su sogni e inconscio. Il palinsesto si è, insomma, prodigato per togliere ogni riferimento alla sfera
della sessualità (peraltro presentata in maniera pedagogica e
creata appositamente per un pubblico pre-adolescenziale)
anche se poi trasmette tranquillamente pubblicità e programmi con espliciti riferimenti ad essa.
In Giappone i personaggi della maggior parte dei cartoni animati sono realistici, nel senso che, per esempio, il protagonista, pur potendolo classificare tra i buoni, non è mai
totalmente tale, poiché vengono sempre evidenziate
tutte le sue sfaccettature, sia quelle positive sia
quelle negative, rendendolo, di conseguenza,
più vicino alla realtà. Inoltre, vengono frequentemente evidenziate angosce interiori,
ombre e mostri che abitano l’inconscio di
ciascuno di noi, pur mantenendo alla
base valori come l’amore, l’amicizia e
l’aiuto reciproco, ma anche la tolleranza
razziale, la pace e il rispetto dell’ambiente
(con particolare riguardo alla minaccia nucleare) e basterebbe la visione di un singolo episodio per comprendere questo. A questo
punto, viste le molte critiche mosse
nei confronti degli anime, sembrerebbe che si preferiscano realtà ancora
più edulcorate per i piccoli, ma, allora,
perché nessuno batte ciglio per film e
programmi realistici presentati ai
bambini? Ricordiamo, poi, ancora
una volta, che alcuni cartoni presentati in
Italia ad un pubblico infantile, originariamente sono nati per un target più maturo, le
eventuali responsabilità sono, quindi, da ricercare nelle scelte di programmazione televisiva italiana e nella mancanza di fasce orarie in cui poter
inserire i diversi prodotti.
Arriviamo, poi, ad un episodio che ha gettato nel panico
moltissimi genitori: le ormai tristemente famose crisi epilettiche scatenate dalla visione di un anime, e per la precisione
di un episodio dei Pokemon (e non di Dragon Ball come
http://www.micologica.org
IL SOTTOBOSCO
GEN.- FEB.2004
giornali scarsamente informati hanno divulgato). Senza voler fare un trattato scientifico in merito, vorrei ricordare che le
cause dell’epilessia sono organiche e
fattori ambientali possono fungere da
agenti scatenanti in soggetti già predisposti. Citando dal Manuale di neuropsichiatria dell’età evolutiva (Glauco
Mastrangelo, Il Pensiero Scientifico
Editore) vorrei aggiungere che: fra i
più importanti [fattori scatenanti]
ricordiamo quelli fisiologici (sonno, ciclo mestruale, variazioni ormonali come quelle della pubertà),
quelli climatici (la pressione atmosferica, l’umidità dell’aria, ecc.),
alcune situazioni occasionali (perdita di sonno, ingestione di alcool,
ipolcalcemia, ipoglicemia, ipertermia, alcuni odori), la fotostimolazione (specialmente quella da televisione),
l'iperventilazione (…).
Tornando al fattaccio, l’episodio in questione era stato costruito presentando un lampeggiare di una serie di colori ad
una determinata frequenza che ha scatenato nei bambini suscettibili la crisi epilettica. La cosa si è risolta aumentando i
tempi di intervallo tra un colore e l’altro. La responsabilità è
ovviamente da ricercare in chi ha progettato e costruito la
puntata incriminata, ma non certo per i contenuti e i messaggi
trasmessi.
L’aperta ostilità manifestata da tantissimi giornalisti nei confronti dei cartoni animati giapponesi (con spesso, aperta
ignoranza, giacché citano cartoons americani indicando paternità nipponica) assomiglia molto ad una manifestazione
xenofoba dettata da pura ignoranza, e le lacune sono, spesso,
evidenti, come quando, negli anni ’80 e ’90, accusavano gli
anime di essere fatti al computer (per poi elogiare senza fine
cartoons, comunque notevoli, come Toy Story, per lo stesso
motivo), cosa assolutamente falsa anche tuttora, dove l’uso
ecoprint.sm
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di tale mezzo nella terra del sol
levante rimane, comunque,
sporadico e limitato a poche
scene di qualche lungometraggio (tranne rare eccezioni).
Vorrei
concludere
citando
Schramm (studioso di psicologia
dell’università di Stanford-USA) che
nel suo libro scrive “Per la maggior
parte dei bambini, nella maggior
parte delle condizioni, la maggior
parte dei programmi TV non sono
né nocivi, né benefici”. Sostiene, inoltre, che l’impatto
dei programmi televisivi sui
bambini dipende da variabili estranee a essa, come la famiglia, la cultura, l’ambiente socio-economico, l’età, la
solitudine e altro ancora.
A questo punto, permettetemi delle opinioni
personali. Non credete che sia semplice e, soprattutto, comodo, accusare i cartoni animati della violenza, del malessere e dei disturbi che presentano i bambini?
Non pensate che sia un facile capro espiatorio per mascherare le vere responsabilità? Ricordiamo che i cartoni animati sono solo un mezzo di intrattenimento, talvolta
vogliono esprimere dei valori, dei pensieri, talaltra semplicemente divertire. Sono comunque dell’opinione che, attualmente, i genitori hanno scarse relazioni coi propri figli
(a livello qualitativo), e questo non può certo essere un
bene per loro, dato che vengono praticamente a mancare
delle importanti figure di riferimento. State, quindi, coi
vostri figli, magari guardando i temutissimi cartoni animati… e, forse, scoprirete che non contengono niente di così
diabolico come molti (specialmente coloro che non hanno
mai visto una puntata) cercano di far credere.
Katiuscia Riccardi
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