"pasqua settimanale" degli educatori

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"pasqua settimanale" degli educatori
LA "PASQUA SETTIMANALE" DEGLI EDUCATORI
(IV Domenica di Pasqua - Anno A)
IL BUON PASTORE1
(Spunti per la meditazione personale e per la riflessione agli alunni)
Fr. Donato Petti
1. L'icona del "Buon Pastore"
La liturgia della IV Domenica di Pasqua ci presenta l'icona del Buon Pastore, una
delle più belle che, sin dai primi secoli della Chiesa, hanno raffigurato il Signore
Gesù. La parabola del Buon Pastore prosegue la tradizione dei Profeti dell’Antico
Testamento, che chiamavano Dio “Pastore di Israele”. In Cristo-Pastore, mandato
dal Padre, si compie pienamente quello che i profeti avevano annunciato.
1.1. La similitudine tra il brigante ed il pastore
«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da
un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per
una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a
loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei» (Gv 10,1-5)
Per capire la similitudine tra il brigante e il pastore, occorre ricordare che al
tempo di Gesù, i pastori si occupavano del gregge durante il giorno. Con il sopraggiungere della notte, portavano le pecore in un grande ovile o recinto, ben protetto
contro i banditi e i lupi. Tutti i pastori di una stessa regione portavano lì il loro
gregge. C’era un guardiano che si occupava delle greggi tutta la notte. Al mattino
giungeva il pastore, batteva il palmo delle mani sulla porta ed il guardiano apriva.
Il pastore chiamava le pecore per nome. Queste riconoscevano la voce del loro pastore, si alzavano e uscivano dietro di lui verso i pascoli. Le pecore degli altri pastori udivano la voce, ma rimanevano dove erano, perché la voce non era loro conosciuta. Ogni tanto, c’era il pericolo dell’assalto dei ladroni, che entravano da una
specie di feritoia, togliendo le pietre dal muro di cinta, per rubare le pecore. Non
entravano dalla porta, perché c’era il guardiano che vigilava.
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Prima lettura: At 2,14a.36-41. - Seconda lettura: 1 Pt 2,20b-25. - Vangelo: Gv 10,1-10.
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Noi e la Parola di Dio
"Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta è un brigante.
Chi invece entra per la porta è il pastore delle pecore" (Gv 10, 1).
 Il criterio fondamentale per discernere tra il pastore ed il brigante è la difesa della vita delle pecore. Gesù dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!” (Gv 10,10). La contrapposizione tra l'immagine del “pastore” e quella
del “mercenario” serve a sottolineare la profonda sollecitudine di Gesù per il suo
gregge, che siamo noi, fino al punto da dare completamente se stesso per la nostra
salvezza: “Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11). In questa linea si
esprimerà anche la lettera agli Efesini: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per
lei” (Ef 5,25).
 Chi è, dunque, il mercenario? Sono quelli che sono preposti in autorità, dei quali
l’apostolo Paolo dice: "Cercano gli interessi loro e non quelli di Cristo" (Fil 2,21). Che
vuol dire: «cercano i loro interessi»? Vuol dire non cercare Dio ma vantaggi e comodità temporali. Di essi Gesù dice: "In verità, vi dico che essi hanno già ricevuto la loro
ricompensa" (Mt 6,5).2 Nel corso della storia si sono succeduti non pochi “pastori” capi, condottieri, ideologi - che hanno cercato di “pascere” e guidare il popolo verso
paradisi artificiali e verso terre promesse di libertà, di benessere, di giustizia, di
piena realizzazione, volendo prescindere da Dio. Ed uno dietro l’altro, giunto il pericolo - giunta l’ora della verità nell’inesorabile cammino della storia - si sono dimostrati falsi pastori, servitori non della verità e del bene, ma di interessi particolari, di ideologie e sistemi che si sono rivelati contro l’uomo.
 Gesù si presenta come il Buon Pastore ma anche come Giudice che, alla fine, separerà le pecore dai capri (Mt 25,31-46).
1. 2. La similitudine della "porta" del gregge
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva
loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li
hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e
troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto
perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza (Gv 10,6-10).
I farisei non capivano ciò che significava “entrare dalla porta”. Gesù allora spiega:
"La porta sono io! Tutti coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti”. Di chi
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Agostino, In Ioannem, 45, 2.12; 46, 5 s.
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sta parlando Gesù con questa frase così dura? Probabilmente, si riferiva ai capi religiosi che trascinavano la gente dietro di loro, ma non rispondevano alle aspettative
della stessa.
Noi e la Parola di Dio
“Io sono la porta delle pecore” (Gv 10, 7)
 Il Buon Pastore non solo guida il suo gregge, invitandolo a seguire le sue orme
(Cfr. Gv 10, 4), ma lo introduce nell'ovile di cui egli stesso è la porta: “Io sono la porta
delle pecore... se uno entra attraverso di me, sarà salvo” (Gv 10, 7; 9). Gesù, Buon Pastore,
è la porta della salvezza dell’umanità, perché “ha portato i nostri peccati... sul legno
della croce” (1 Pt 2, 24).
 Gesù dice: “Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo”
(Gv 10,9). Con queste parole Egli afferma ciò che annunceranno poi i suoi Apostoli:
“Non vi è altro nome dato agli uomini... nel quale possiamo essere salvati” (At 4,12). Egli è
l’unico nostro accesso al Padre (Cfr. Ef 2,18; 1Pt 3,18), il solo mediatore tra Dio e gli
uomini. Ed in Lui tutta la nostra vita trova la sua più autentica libertà: “Tutto quello
che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3,17).
 Il battesimo è il sacramento che, immergendo l'uomo nel mistero pasquale di Gesù, lo introduce nel suo ovile, dove troverà la salvezza. Su questa base è nata la
prima comunità ecclesiale nel giorno di Pentecoste. La dichiarazione solenne di Pietro: "Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!" (At 2, 36) colpì
così profondamente il popolo in ascolto che "circa tremila anime" chiesero di essere
battezzate "nel nome di Gesù Cristo" (At 2, 38). Le pecore disperse d'Israele entravano nella Chiesa passando per l'unica porta, Cristo.
 La meta a cui Gesù vuole arrivare è quella di un solo gregge ed un solo pastore
(Gv 10, 16-18). Gesù apre l’orizzonte e dice che ha altre pecore che non sono di questo ovile. Qui si inserisce l’atteggiamento ecumenico delle comunità del “discepolo
amato”: gli uomini che, senza loro colpa, ignorano questo cammino di salvezza e
questa "porta", ricevono anch’essi lo Spirito Santo e anche per essi Cristo rimane la
"porta".
 "Entrare per la porta" significa imitare l’atteggiamento di Gesù in difesa della vita delle pecore: gratuitamente dare ciò che gratuitamente si è ricevuto (Mt 10,8).
 Conosco Gesù, il Buon Pastore? Riconosco le piaghe di Gesù in coloro che soffrono la povertà materiale e spirituale?
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1.3. La similitudine del buon pastore
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che
non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore
e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre
conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono
di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un
solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi
riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di
offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio» (Gv
10,11-18).
Cristo dice di se stesso: “Io sono il buon pastore” (Gv 10, 11): il Buon Pastore guida
il suo gregge ai pascoli erbosi, si prodiga perché le pecore abbiano il cibo e la bevanda nel momento giusto, le custodisce nei luoghi pericolosi, le difende davanti al
nemico. Gesù non è un pastore qualsiasi, è il buon pastore, perché innanzitutto conosce le sue pecore e loro conoscono il pastore, e poi perché dà la vita per le sue pecore. Una
consuetudine consolidata, una conoscenza reale e un'appartenenza reciproca uniscono Pastore e pecore: egli si prende cura di loro; esse si fidano di lui e fedelmente
lo seguono. Attraverso Ezechiele, Dio dà il salutare esempio di una sollecitudine
quanto mai accorta verso di esse: "Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui
monti alti d'Israele"(Ez 34,14); andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile
quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata (Ez 34,16).
Noi e la Parola di Dio
“Io sono il buon pastore” (Gv 10, 11)
L'ascolto e la sequela (Cfr. Gv 10, 1-10)
L’atteggiamento del gregge verso il Buon Pastore, Cristo, è presentato
dall’Evangelista Giovanni con due verbi specifici: ascoltare e seguire. Innanzitutto
l’ascolto della sua Parola, dal quale nasce e si alimenta la fede. Solo chi è attento alla
voce del Signore è in grado di valutare nella propria coscienza le giuste decisioni
per agire secondo Dio. Dall’ascolto deriva, quindi, il seguire Gesù: si agisce da discepoli dopo aver ascoltato e accolto interiormente gli insegnamenti del Maestro,
per viverli quotidianamente, sia quando ci troviamo presso “acque tranquille”, sia
quando veniamo a trovarci “in una valle oscura”.3
 Ognuno partecipa alla missione e alla sollecitudine di Gesù Buon Pastore, in
quanto "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune...Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte" (1 Cor 12, 7.27).
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BENEDETTO XVI, Regina coeli, 15 maggio 2011.
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LA VOCE DEGLI EDUCATORI
S. Giovanni Battista de La Salle
Nasce, in Francia, a Reims il 30 aprile 1651
e muore nel paesino di Saint-Yon, presso Rouen, il 7 aprile 1719.
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Giovanni Battista de La Salle è un santo al cui nome sono legate istituzioni assai note in Italia
e nel mondo, che continuano il suo carisma; meno nota forse è la sua esistenza terrena, vissuta all'insegna dell'adesione alla volontà di Dio che gli ha chiesto scelte eroiche: ricco di famiglia, è vissuto in
povertà tra i poveri; sacerdote, ha fondato la prima congregazione laicale nella Chiesa; laureato in
teologia, ha codificato una pedagogia innovativa e la struttura della scuola popolare moderna.
E l'affermazione pronunciata sul letto di morte ben riassume la trasparenza della sua santità:
«Adoro in tutto la volontà di Dio su di me».
É un pedagogista e istitutore di grande attualità, ma soprattutto rappresenta per i genitori e per
gli educatori un ideale da incarnare e trasmettere ai giovani.
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L'icona del Buon Pastore è esemplare per tutti coloro che hanno cura delle nuove
generazioni (genitori e insegnanti). Ecco alcune indicazioni di San Giovanni Battista
de La Salle, "celeste Patrono degli Educatori":
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 Due sono le qualità necessarie a chi ha responsabilità educative. Se vuole essere modello
degli altri deve, innanzi tutto, essere molto virtuoso: se non conosce lui la strada giusta,
come faranno gli altri a seguirlo senza smarrirsi? Deve poi amare teneramente gli alunni
che gli sono stati affidati e avere molto a cuore tutto ciò che può lederli o ferirli. E così anche
gli alunni ameranno il loro educatore e staranno volentieri in sua compagnia, perché trovano in lui riposo e sollievo. Volete che i figli (gli alunni) siano virtuosi? Siatelo voi per primi,
perché li persuaderete molto più con l'esempio di una vita saggia e modesta, che con tutte le
belle parole che potreste dire loro. (Jean Baptiste de La Salle, Meditazioni, 33).
 Chi si dedica all'istruzione degli altri deve conoscere quelli che gli sono affidati, ma deve
soprattutto discernere bene come comportarsi con ognuno di essi: trattare alcuni con dolcezza, altri con fermezza; usare molta pazienza con alcuni, sollecitare e incoraggiare gli altri;
rimproverare, e anche punire, i riottosi per portarli a correggersi dei loro difetti; sorvegliare,
infine, gli incostanti per impedire che si perdano o si smarriscano (Jean Baptiste de La Salle, Meditazioni, 33).
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