Decisione TNA CONI II Sezione - Procedimento n. 6/2016

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Decisione TNA CONI II Sezione - Procedimento n. 6/2016
 TRIBUNALE NAZIONALE ANTIDOPING
II SEZIONE
n. 6/2016
così composto:
Prof. Avv. Luigi Fumagalli
Avv. Luigi Di Maio
Prof. Avv. Filomena Santagada
Avv. Maurizio Bellacosa
Presidente Rel.
Componente
Componente
Componente
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sull’appello proposto dal sig. Massimiliano Buccheri, nato ad Avezzano (AQ) il 16
maggio 1984, tesserato per la Società Buccioni Boxing Production, affiliata alla
Federazione Pugilistica Italiana, difeso dall’avv. Paolo Rodella del Foro di Roma,
avverso la decisione n. 60/2015 della Prima Sezione del Tribunale Nazionale
Antidoping, resa in data 9 dicembre 2015 e depositata con la motivazione in data 22
gennaio 2016.
***
Fatto e procedimento
1.
Il presente procedimento disciplinare trae origine dal deferimento presentato
dall’Ufficio di Procura Antidoping (l’UPA) nei confronti dell’atleta Massimiliano
Buccheri (l’Atleta), risultato positivo a seguito del controllo antidoping disposto dal
CONI-NADO al termine dell’incontro di pugilato per il “Campionato Italiano Pesi
Medi” tenutosi a Roma in data 2 maggio 2015.
2.
L’esame del campione biologico effettuato dal Laboratorio Antidoping di Roma
accertava infatti la presenza di Gonadotropina Corionica (hCG) e di Testosterone, suo
precursore (DHEA) e suoi metaboliti di origine non endogena, compatibile con
l’assunzione di testosterone e/o suoi precursori, rispettivamente inseriti nella Lista delle
sostanze vietate stabilita dalla WADA per l’anno 2015 (la Lista 2015), come sostanze
non specificate, vietate in e out of competition, nella categoria S2 “Ormoni peptidici,
fattori di crescita, sostanze correlate e mimetici” e nella categoria S1 “Agenti
anabolizzanti”.
3.
Con provvedimento in data 22 maggio 2015 il Presidente della Prima Sezione (la
Prima Sezione) del Tribunale Nazionale Antidoping (il TNA) disponeva, su richiesta
dell’UPA, ed inaudita altera parte, la sospensione cautelare dell’Atleta.
4.
Nonostante l’Atleta non avesse richiesto le controanalisi sul Campione B,
successivamente alla convocazione per l’audizione disposta originariamente dall’UPA
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per il giorno 8 giugno 2015, perveniva dal legale dell’Atleta la richiesta di invio dei
report analitici delle analisi eseguite sul Campione A e del relativo “Verbale di
controllo urinario”, oltre un breve differimento della data disposta per l’audizione.
5.
A seguito di tale istanza, l’UPA disponeva il differimento dell’audizione e
richiedeva copia dei report analitici del campione A al Laboratorio Antidoping di Roma.
Questi ultimi venivano forniti all’UPA in data 15 giugno 2015 e subito trasmessi
all’Atleta.
6.
L’UPA provvedeva quindi a convocare l’Atleta per il giorno 2 luglio 2015 al fine
di essere ascoltato in merito all’addebito disciplinare contestato ed in particolare per la
violazione di cui all’art. 2.1 del vigente Codice Sportivo Antidoping (CSA). In tale sede
l’Atleta, assistito dall’avv. Paolo Rodella del Foro di Roma, dichiarava quanto segue:
a)
b)
c)
d)
e)
“Sono a conoscenza degli addebiti contestatimi. Non ho nulla da contestare
in relazione alla regolarità del controllo antidoping.
Nel 2008 entro nella categoria professionisti e attraverso un pugile
professionista Emanuele Della Rosa vengo in contatto con un medico il
Dott. Adolfo Panfili che al tempo seguiva anche quest’ultimo pugile.
Non conoscevo la specializzazione del medico Panfili ma sapevo che
seguiva tanti atleti famosi tra cui il tennista Novak Djokovic e anche
Alemanno. Si vantava di aver seguito anche Pietro Mennea. In pratica nel
mondo sportivo era un medico noto e io mi sono completamente affidato a
lui. In passato sono stato anche operato da lui all’ernia del disco ad Arezzo.
In passato mi sono sottoposto anche ad altri controlli antidoping mentre ero
seguito da questo medico, tutti con esito negativo. I controlli sono stati
eseguiti sia in competizione che fuori competizione. Preciso che dal 2008
assumo come tutti i pugili professionisti vari prodotti e integratori
alimentari che il dott. Panfili mi ha sempre prescritto e fornito. Deposito
copia di prescrizioni e certificazioni del dott. Panfili datate 1.12.2013,
17.12.2014, 28.11.2013, 25.09.2013, 11.06.2013, 15.05.2013, 13.03.2013 a
testimonianza del rapporto di fiducia che riponevo in lui.
Il giorno 8 aprile 2015, come prima di ogni incontro, mi sono recato dal
medico Dr. Panfili perché ci avvicinavamo all’incontro e avevo bisogno di
qualche consiglio in quanto in vista dello stesso mi sarei dovuto allenare
duramente due volte al giorno. In quella data mi ha prescritto una dieta
ferrea da seguire fino alla data del match. Deposito la prescrizione della
dieta prescritta dal dr. Panfili datata 8.4.2015. Oltre alla dieta mi ha
prescritto e fornito tutta una serie di prodotti con le modalità di assunzione
che dovevo seguire. Deposito la lista dei medicinali che mi ha prescritto in
data 8 aprile 2015 e tutti i medicinali: 1)Dibase, flaconcino aperto. 2)
Acido Lipoico, Tiobec 400, nove compresse utilizzate di 30 nella scatola; 3)
Maca delle Ande, flaconcino aperto con compresse; 4) Tabebuja,
Naturincas, flaconcino aperto con compresse; 5) Tribulus Terrestris,
flaconcino aperto con n. due compresse; 6) Biozinco, flaconcino vuoto e
Arginina, flacone aperto con compresse riportante targhetta con
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nominativo Dr. Panfili; 7) Norflo, scatola vuota; 8) Glycyrrhiza glabra,
flaconcino aperto con liquido; 9) Ribes Nigrum, flaconcino aperto con
liquido; 10) DHEA 50 mg; 11) Lymdiaral gocce, flaconcino aperto con
liquido.
In relazione al farmaco DHEA il dr. Panfili mi ha fornito un contenitore
neutro, senza scritte, che deposito, contenente delle compresse. A quel
punto ho chiesto al dr. Panfili cosa fossero queste compresse e mi ha
risposto che erano degli integratori consentiti, come tutto il resto, e mi fatto
vedere un recipiente da dove aveva preso queste compresse. Non ho visto
materialmente il travaso delle compresse, mi è stato solamente riferito dal
medico medesimo. A quel punto ho fatto una foto con il cellulare al
flaconcino, riprodotto in foto, contenente le capsule che mi ha consegnato
nel flaconcino neutro depositato. Deposito la stampa della foto del
flaconcino contente il nome del Dr. Panfili e delle scritte non leggibili. Ho il
file della foto sul mio cellulare e mi impegno a produrlo inviandolo via email all’Ufficio di Procura.
Ritengo che la positività riscontrata sia da attribuire al farmaco R/S Gonasi
2000 1 f.
Non ero a conoscenza di cosa fosse il farmaco Gonasi, come non ero a
conoscenza di tutti gli altri medicinali forniti dal dr. Panfili. Ne sono venuto
a conoscenza solo successivamente alla chiamata dell’antidoping. Il Dr.
Panfili al momento di consegnarmi l’8 aprile 2015 tutti i medicinali sopra
descritti mi ha garantito che fossero tutti medicinali leciti, come aveva già
fatto dal 2008, da quando mi seguiva.
Mi risulta che il Gonasi sia l’unico farmaco che ha portato alla positività
perché ciò mi è stato riferito da un altro medico il Dr. Pieraccini, che mi è
stato indicato dal mio legale di fiducia Avv. Rodella qui presente.
Ho assunto il Gonasi il giorno primo dell’incontro.
Non ricordo quando ho assunto il DHEA, perché non sapevo che quelle
compresse fossero il DHEA. L’ultima volta che ho assunto le compresse
all’interno del flaconcino neutro consegnatomi dal Dr. Panfili è due giorni
prima dell’incontro, il 30 aprile 2015. Chiedo di riprendere il racconto dal
punto in cui sono stato interrotto dalle domande postemi. Preciso di non
aver seguito alla lettere le indicazioni prescritte dal Dr. Panfili per
dimenticanze. Sempre l’8 aprile 2015, quando mi sono stati forniti i
medicinali e la lista sopra descritta e depositata, il Dr. Panfili mi ha detto
che avrei dovuto a giorni alterni, per tre settimane, fino al giorno del match
recarmi presso il suo studio per fare delle iniezioni di vitamine. Risposi che
non potevo perché avevo paura delle iniezioni e perché, dovendomi allenare
due volte al giorno e lavorando come personal trainer, sarebbe stato troppo
complicato e stressante recarmi presso il suo studio ogni volta per fare le
iniezioni. Non ho quindi fatto nessuna iniezione dal Dr. Panfili, né da
nessuna altra parte. Il giorno prima del match e la mattina dell’incontro,
come è mia consuetudine su indicazione del dr. Panfili, sono solito
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sottopormi ad una flebo di integratori alimentari e sali minerali.
Generalmente vado presso lo studio del Dr. Panfili a sottopormi alla flebo
che mi fa lui o il suo collaboratore Dr. Antonio Cosimati. Questa volta,
invece, non era possibile in quanto erano entrambi all’estero. Il dr. Panfili
di sicuro, mentre Dr. Cosimati non ricordo, era sicuramente
impossibilitato. Mi ha chiamato Cosimati per comunicarmi che prima
dell’incontro mi avrebbe mandato a casa una sua persona di fiducia per
effettuare la flebo.
Non ricordo in questo momento come si chiamava questa signora, ma penso
di riuscire a risalire al nome. Domani provo ad inviare via e-mail il
nominativo e i recapiti di questa signora. La mattina del giorno prima del
match, il 1 maggio 2015, questa signora è venuta a casa facendomi la flebo
e due iniezioni intramuscolo. Una sulla natica sinistra e una sulla destra.
Questa signora mi ha riferito che queste due punture erano il Gonasi e
l’Eparmefolin. Quando ho chiesto specifiche mi è stato detto che erano
vitamine. Subito dopo ho inviato un messaggio via WhatsApp al dr. Panfili
chiedendo precisamente se questo farmaco Gonasi avessi dovuto
dichiararlo al momento del controllo medico prima del match. Non ho fatto
analoga richiesta anche per Eparmefolin in quanto si trattava di un
farmaco da me già assunto in passato su indicazione del Dr. Panfili e che
quindi già conoscevo. Mi riservo di depositare il messaggio inviato al Dr.
Panfili via WhatsApp la mattina del 1 maggio 2015. Il Dr. Panfili mi ha
risposto chiamandomi e assicurandomi che non era necessario e che tutto
quello che avevo preso era lecito.
Non posso mostrare in questo momento il cellulare per far vedere il
messaggio del 1 maggio 2015 inviato al Dr. Panfili.
Il giorno 2 maggio, il giorno del match, dopo pranzo, torna da me la
signora per effettuare la seconda flebo, questa volta senza punture. Il
giorno prima avevo pagato euro 150,00 alla signora per la flebo. Il giorno
successivo ho pagato invece euro 100,00 in quanto avevo richiesto uno
sconto al Dr. Cosimati, collaboratore del Dr. Panfili. Questo sconto l’ho
richiesto al Dr. Cosimati e comunicato alla signora via sms, che mi riservo
di produrre. La sera del 2 maggio 2015 vinco l’incontro e divento campione
italiano pesi medi. Il 7 maggio 2015 vado in vacanza e appena tornato il
18/19 maggio mi arriva la chiamata della Procura Antidoping che
telefonicamente mi dice che sono risultato positivo. Inizialmente pensavo ad
un scherzo, successivamente la signora al telefono, di cui non ricordo il
nome, mi ha riferito su mia richiesta la sostanza della positività,
Gonadotropina Corionica e Testosterone e suoi metaboliti. Io mi sono
appuntato sulla lista che mi aveva fornito il Dr. Panfili il nome delle
sostanze comunicatemi. In quel momento la prima cosa che feci è chiamare
il Dr. Panfili il quale mi comunica di stare tranquillo e di andare presso il
suo studio il giorno dopo con il telegramma di contestazione. Il giorno dopo
non mi permette di incontrarlo. Mi comunica prima di essere fuori studio e
poi si nega. Non mi permette di incontrarlo.
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o)
A quel punto prendo contatti con il mio legale Avv. Rodella, al quale indico
la sostanza della positività. L’Avv. Rodella prende contatti con il medico
Dott. Giuseppe Pieraccini di Firenze, il quale individua nel Gonasi il
prodotto contenente la sostanza vietata, oggetto della positività.
Successivamente ho cercato nuovamente di prendere contatti con il Dr.
Panfili, ma si è nuovamente negato. Sono andato presso il suo studio e
finalmente sono riuscito a parlarci. In quell’occasione ha nuovamente
minimizzato e mi ha detto che potevo stare tranquillo in quanto una sola
puntura di Gonasi non avrebbe potuto determinare la positività. Inoltre,
sempre in quel momento mi ha anche detto che per qualunque problema si
sarebbe esposto in prima persona assumendosi completamente tutta la
responsabilità per l’accaduto. Ho anche chiesto al Dr. Panfili di avere tutte
le liste di medicinali da assumere prima degli incontri che mi aveva
prescritto negli anni passati per dimostrare da un lato il rapporto fiduciario
che avevo con lui e dall’altro che non mi era mai stata prescritta nessuna
sostanza vietata. In un primo momento mi diceva che avrebbe provveduto in
tal senso, ma nei giorni successivi non ha provveduto dicendomi che non
poteva causa virus informatico. Voglio aggiungere che io amo questo sport,
ho iniziato quando avevo appena 14 anni e non ho mai avuto problemi di
nessun tipo in ambito sportivo. Ho sempre improntato la mia attività ai
principi del rispetto e della lealtà che sono i valori principali del pugilato.
Mi sento vittima di questa situazione e sono estraneo a questa vicenda.
Voglio precisare che perseguirò in tutte le sedi giudiziarie il Dr. Panfili,
unico responsabile di questa situazione. Ho saputo che altre persone, anche
autorevoli, mi viene il nome di Alemanno, hanno avuto problemi analoghi
con il dr. Panfili e che talvolta questi problemi hanno avuto risvolti
giudiziari nei confronti del medico”.
7.
Con e-mail del 9 luglio 2015, come anticipato in sede di audizione innanzi
all’UPA, l’Atleta, per tramite del suo legale, provvedeva a depositare la seguente
documentazione: a) fotografia del flacone dott. Adolfo Panfili; b) sms del 2 maggio
2015 inviato all’infermiera; c) messaggio WhatsApp del 1° maggio 2015.
8.
Preso atto delle dichiarazioni rese dall’Atleta, l’UPA convocava il dott. Adolfo
Panfili per il giorno 13 luglio 2015. In quella data il dott. Panfili, assistito dal proprio
legale di fiducia, interrogato in merito agli addebiti disciplinari contestati (artt. 2.8 e 2.9
CSA), dichiarava quanto segue:
a)
“Conosco il Sig. Massimiliano Buccheri in quanto in passato l’ho operato
all’ernia del disco ad Arezzo. Non è un mio paziente abituale. E’ venuto da
me solo sporadicamente. Inizialmente venne da me per un problema alla
mano. Io sono specializzato in ortopedia e lavoro spesso all’estero. Non
sono un medico sportivo e non ho conoscenze specifiche nel campo. E’ vero
che ho operato Novak Djokovic, ma per problematiche di ortopedia. Sono
l’unico in Italia ad utilizzare la chirurgia robotica vertebrale e specializzato
in interventi alla colonna vertebrale. Questo è il motivo perché ho operato
Djokovic.
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b)
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e)
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g)
h)
Preciso che non ho altri atleti come pazienti, ma prevalentemente persone
normali che soffrono per problemi alla schiena. Per queste problematiche
ho operato anche Alemanno.
Può capitare che stringendo un rapporto professionale con un paziente
costui mi manifesti altre tipi di problematiche che esulano dalla mia
specializzazione. In questi casi sempre indirizzo il paziente da altri
specialisti. Anche nel caso di Buccheri è successo lo stesso. Quando l’ho
conosciuto aveva un problema alla mano. Successivamente l’ho operato
all’ernia del disco. I primi mesi del 2015 Buccheri si è recato presso il mio
studio per problemi alla schiena, in quell’occasione mi ha anche
manifestato di avere problematiche di “profonda astenia”, “insonnia” e
“impotenza”. Non essendo competente in materia ho indirizzato il Buccheri
dall’urologo e andrologo Prof. Francesco Micali che collabora con il mio
studio e quel giorno era lì presente e si sono parlati. Successivamente è
stato visitato dal prof. Micali. Deposito copia di n. 3 certificati medici del
Prof. Micali datati 17.02.2015 e 11.03.2015 dal quale risulta che la
prescrizione del farmaco Gonasi è stata effettuata dal Prof. Micali per
motivi di ipogonadismo. Voglio precisare che quando ho indirizzato il
Buccheri dal Prof. Micali c’era presente il Dott. Antonio Cosimati e la mia
segretaria di studio Sig.ra Laura Bielli.
Voglio precisare che non ho fornito mai nessun medicinale al sig. Buccheri.
Intendo contestare integralmente tutto quanto dichiarato dal Sig. Buccheri
in quanto non veritiero e mi riservo di agire contro di lui in tutte le sedi
civili e penali. Inoltre, preciso di non aver mai avuto alcun problema con la
giustizia sportiva, né con la giustizia ordinaria e di non avere cause in
corso né con Alemanno né con altri personaggi autorevoli come invece
riferisce falsamente Buccheri.
Voglio, altresì, depositare la mia ratifica della prescrizione del 8 aprile
2015 dove vengono illustrati tutti gli integratori consigliati all’atleta.
Preciso che il Gonasi era stato prescritto dal Prof. Micali e io ho solamente
riportato quanto già prescritto dal medesimo e illustrato tutti gli integratori
che avrebbe dovuto assumere il Buccheri per la problematica della
stanchezza precedentemente manifestatami. Voglio precisare che in calce
alla prescrizione dell’8 aprile 2015 c’è chiaramente scritto di verificare la
compatibilità delle sostanze indicate con la specifica attività sportiva
praticata, per quanto riguarda il doping.
Il Buccheri non mi ha mai riferito di dover sostenere delle gare sportive e
neppure delle date in cui avrebbe avuto gli incontri. Preciso nuovamente
che mi occupo di ortopedia e non sono un medico sportivo. Inoltre, sono a
conoscenza del fatto che sopra la confezione del Gonasi è illustrato il
bollino rosso doping.
Il mio numero di cellulare è il seguente 333-9605191. Questo è il mio unico
numero di cellulare che utilizzo anche per ragioni professionali.
Mi sembra di ricordare che effettivamente il 1 maggio 2015 ero all’estero.
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9.
Anzi, da un controllo effettuato sull’agenda del cellulare ero in Italia, a
Roma. Sono partito per Londra il giorno seguente il 2 maggio alle ore 13
circa. Posso provare a rintracciare i biglietti aerei che dimostrano la mia
partenza il 2 maggio.
Non mi risulta che il Buccheri mi avesse inviato un messaggio WhatsApp in
data 1 maggio 2015 dove richiedeva come comportarsi e cosa dichiarare al
controllo antidoping che avrebbe avuto il giorno successivo all’incontro di
pugilato riguardo all’assunzione di Gonasi.
In questo momento sul mio cellulare non ho nessuna conversazione con
Buccheri su WhatsApp, probabilmente le avrò cancellate in passato,
qualora le avessi realmente ricevute.
Non è assolutamente vero quanto dichiarato dal Buccheri. Lui non si è mai
presentato al mio studio prima degli incontri di pugilato per sottoporsi a
flebo. Nel mio studio non ci occupiamo di questo. Non potrei occupare del
tempo per fare una flebo.
Mi risulta che il Dr. Cosimati in passato abbia effettuato non in studio delle
flebo di sole vitamine al sig. Buccheri. Lui è un infermiere professionale. Io
di questo aspetto relativo alle flebo non conosco nulla e non me ne occupo.
Non ero a conoscenza che questa infermiera sarebbe andata presso
l’abitazione del Buccheri per effettuare la flebo e le due iniezioni di Gonasi
e Eparmefolin.
Sono a conoscenza del nome di questa infermiera solo perché mi è stato
riferito oggi dal Dott. Cosimati. La signora si chiama Kata Bozena. E’ la
cognata del dott. Cosimati e lavora come infermiera presso l’Ospedale San
Giovanni. Mi sembra strano che sia stato riferito dal Buccheri che le
iniezioni di Gonasi siano state effettuate per via endovenosa intramuscolo,
in quanto mi risulta che vadano iniettate sottocute.
Non riesco a ricordare precisamente la data di quando mi chiamò il
Buccheri a studio per dirmi che era risultato positivo ad un controllo
antidoping. Gli dissi di recarsi presso il mio studio per farmi vedere il
telegramma di contestazione, ma il giorno seguente non si presentò. Non
venne più presso il mio studio, ma mi contattò telefonicamente. Mi chiese di
incontrarmi con il suo legale. Gli dissi che per me non c’era problema ma
poi non venne più.
Non ho mai fornito le compresse di DHEA e tanto meno ho dato un
contenitore neutro con dentro compresse al Buccheri. Non rientra nella
mia attività. Sono tutte invenzioni e racconti falsi.
Non è assolutamente vero che dissi al Buccheri di recarsi presso il mio
studio a giorni alterni per sottoporsi a iniezioni di vitamine fino al match.
Tanto è vero che non ero neppure a conoscenza del giorno in cui si sarebbe
tenuto l’incontro di pugilato. Non ho più nulla da aggiungere, resto a
disposizione per ulteriori aggiornamenti”.
Su richiesta del legale del dott. Panfili, l’UPA concedeva termine per depositare
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una memoria difensiva ed allegati inerenti la ricostruzione fattuale suesposta ed anche
considerazioni in punto di diritto. In data 28 luglio 2015, il legale del dott. Panfili
depositava la suddetta memoria, nella quale riportava quanto già anticipato in sede di
interrogatorio innanzi all’UPA. Inoltre, nel ribadire la falsità della ricostruzione fattuale
riportata dall’Atleta e la propria estraneità ai fatti contestati, il dott. Panfili richiedeva
l’archiviazione della propria posizione.
10. Preso atto delle dichiarazioni rese dal dott. Panfili, l’UPA provvedeva a convocare
come persona informata sui fatti il dott. Francesco Micali per il giorno 22 luglio 2015.
In quella data il dott. Micali, assistito dal proprio legale di fiducia, dichiarava quanto
segue:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
i)
“Conosco il sig. Massimiliano Buccheri perché l’ho visitato presso lo studio
del Dr. Panfili, dove saltuariamente fornisco consulenze.
Non avevo appuntamento con il sig. Buccheri, mi è stato mandato dal Dr.
Panfili quando già ero lì presso il suo studio.
Ho visitato solo una volta il sig. Buccheri. La data non la ricordo ma
sicuramente è il 17 febbraio 2015 come da prescrizione che mi viene
mostrata. Riconosco la mia scrittura sulla prescrizione.
Mi viene mostrata la prescrizione del 11 marzo 2015. Questa prescrizione
l’ho fatta su indicazione del Dr. Panfili che mi riferiva che Massimiliano
Buccheri non aveva avuto i risultati sperati. Ho provveduto ad effettuare
una nuova prescrizione con dosaggio maggiore, come già indicato nella
mia precedente prescrizione del 17.02.2015.
Nell’unica visita fatta a Buccheri voglio precisare che la prescrizione è
stata fatta sulla base di quanto riferitomi dal medesimo. Tanto è vero che
nella prescrizione si legge “eseguire appena possibile spermiogramma”.
Non avevo nessun esame clinico e quindi mi sono basato su quanto riferito.
Il Gonasi è un farmaco che prescrivo spesso anche a ragazzi giovani che
può essere facilmente reperibile in qualsiasi farmacia.
Non ero a conoscenza che Buccheri fosse un atleta.
Non sono un medico sportivo. Non ricordo se sulla confezione di Gonasi ci
sia o meno il bollino rosso doping.
Il Gonasi si assume con iniezioni intramuscolari o sottocute.
Non ricordo se il Buccheri fosse stato in cura dal Dr. Panfili.”
11. L’UPA convocava inoltre, come persona informata sui fatti, la sig.ra Kata Bozena
Jozefa, la quale in data 28 luglio 2015 dichiarava quanto segue:
a)
b)
c)
“Conosco il sig. Massimiliano Buccheri in quanto sono stata chiamata dal
Dott. Antonio Cosimati per effettuare al medesimo delle flebo e delle
iniezioni.
Antonio Cosimati non è un mio parente. Invece, è parente di mio figlio il
quale è suo nipote.
Ero a conoscenza che Buccheri è un atleta. L’ho visto e conosciuto la prima
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d)
e)
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g)
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volta in quell’occasione. Non l’ho mai più rivisto.
Mi sono recata a casa del Buccheri su indicazione del dr. Cosimati. Lui
probabilmente quei due giorni non poteva venire, erano sabato e domenica.
Non ricordo la data precisa, comunque quest’anno.
Ho effettuato le somministrazioni al Buccheri in quanto prescritte dal Dr.
Panfili, così mi venne riferito dal Cosimati.
Ho conosciuto tanto tempo fa il Dr. Panfili, ma non ho nessun contatto con
lui e non lavoro per lui.
Non frequento neppure il dr. Cosimati, l’ho sentito solo una volta per
telefono ad aprile e poi l’ho visto successivamente al funerale del padre di
mio figlio.
A casa di Buccheri, sia sabato che domenica ho somministrato gli stessi
farmaci. Precisamente una soluzione fisiologica per flebo 500 ml con
vitamina C, per via endovenosa. Inoltre, ho effettuato una puntura
intramuscolo Eparmefolin, sulla natica. Questo sia il sabato che la
domenica.
Sono sicura al 100% di non aver effettuato nessuna altra applicazione e
somministrazione al Buccheri in quei due giorni. Neppure mai in seguito.
Non ho somministrato Gonasi al Buccheri. Ho già detto di aver effettuato
solo la puntura di Eparmefolin, ne sono certa.
Confermo l’informazione che tra sabato e domenica mi arrivò un sms di
Buccheri che mi chiedeva nuovamente di venire anche domenica presso la
sua abitazione per effettuare lo stesso trattamento del giorno prima.
Non conosco il Dr. Francesco Micali.
Non ho mai visto con i miei occhi la prescrizione del Dr. Panfili né nessuna
altra prescrizione. Ho solo avuto il contatto del Dr. Cosimati.
Quando sono stata contattata per le vie telefoniche dalla Procura già ero
stata informata da Cosimati della problematica. Quindi mi attendevo di
essere chiamata”.
12. L’UPA provvedeva a convocare anche, sempre come persona informata sui fatti,
il dott. Antonio Cosimati, il quale in data 28 luglio 2015, assistito dal proprio legale di
fiducia, dichiarava quanto segue:
a)
b)
c)
d)
e)
“Conosco da poco più di un anno il sig. Massimiliano Buccheri. L’ho
conosciuto presso lo studio del Dr. Panfili.
Buccheri è stato visitato alcune volte dal Dr. Panfili.
Sono un infermiere professionale e collaboro con lo studio del Dr. Panfili.
Ho conosciuto Buccheri a studio del Dr. Panfili, ma non ho mai avuto
nessun rapporto esterno con lui.
Ogni volta che Buccheri veniva visitato dal Dr. Panfili io assistevo alla
visita. A volte aiutavo a prendere la pressione, ma non ho mai effettuato
nessuna flebo al sig. Buccheri. Ricordo almeno cinque visite del Buccheri
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dal Dr. Panfili.
Conosco il Dr. Micali. Ricordo che a febbraio 2015 Buccheri fu visitato dal
dr. Micali. In quel caso non ero nella stanza durante la visita.
Preciso nuovamente che io non ho mai avuto nessun rapporto diretto con
Buccheri salvo il fatto che quando il medesimo si recava presso lo studio
del Dr. Panfili per essere visitato, io assistevo alla visita. Non ho mai fatto
nessun trattamento al Buccheri, al massimo ho misurato la pressione.
Non è vero che Buccheri si recasse presso lo studio del Dr. Panfili per
effettuare flebo o iniezioni prima degli incontri. Non mi sembra siano state
mai effettuate delle flebo al Buccheri presso lo studio del Dr. Panfili. Io
neppure ho mai effettuato una flebo al Buccheri.
Buccheri lamentava spesso dell’astenia. Per questa ragione sono state
prescritte dal Panfili delle vitamine, ma nulla di più. Non è vero che il
Panfili disse al Buccheri di recarsi presso il suo studio a giorni alterni,
prima dell’incontro di pugilato, per effettuare delle iniezioni di vitamine.
E’ vero che chiamai l’infermiera Kata Bozena per far effettuare delle flebo
e delle iniezioni a casa del Buccheri, come da prescrizione del Dr. Panfili.
Mi chiamò il Buccheri per chiedere se potevo venire a studio per effettuare
le flebo. Lo studio era chiuso, Panfili non era a Roma, indirizzai il Buccheri
presso questa infermiera. Lei è la moglie di mio zio.
Panfili venne a sapere solo successivamente che indirizzai Buccheri da
questa infermiera.
Al Buccheri venne somministrato da Kata Bozena in quella occasione,
soluzione fisiologica, vitamina C e Eparmefolin, vitamina B12. Quest’ultima
per via intramuscolare.
Ritengo che la flebo che venne effettuata al Buccheri dalla sig.ra Kata
Bozena fu di 500 ml, come generalmente viene fatto per somministrare la
soluzione fisiologica con vitamina C.
Non ritengo sia possibile che in quell’occasione sia stato somministrato il
Gonasi. Ho parlato io con Kata Bozena e quindi ricordo quello che doveva
somministrare.
Il Buccheri si recava dal Dr. Panfili per un problema di astenia e,
successivamente di infertilità. Per questo fu mandato da Micali.
Sono a conoscenza che il Dr. Panfili apprezza tutti gli sport. Non è un
medico sportivo.
Non sono a conoscenza della ragione per cui il Buccheri si recasse dal Dr.
Panfili per chiedere soluzioni sulla problematica dell’astenia. Panfili è
specializzato in ortopedia. Non conosco la ragione per cui il Buccheri si
recava dal Dr. Panfili per questo problema di astenia.
Ultimamente il Buccheri si recava dal Dr. Panfili per la problematica
dell’astenia. In passato anche perché Buccheri aveva problemi alla
schiena”.
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13. Da ultimo, l’UPA convocava il farmacista dott. Francesco Nanni, come persona
informata sui fatti, per il giorno 8 settembre 2015. In quella data il dott. Nanni
dichiarava quanto segue:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
“Conosco il Dr. Panfili per motivi professionali, in quanto prescrittore
anche di preparati galenici. La nostra farmacia provvede a preparare
preparati galenici. In passato abbiamo frequentato la stessa palestra in
Prati quando eravamo ancora ragazzi, fine anni 1970. Questa informazione
è venuta fuori solo parlando con il Dr. Panfili più di dieci anni fa per
ragioni professionali di richiesta di chiarimenti in relazione ad alcune
prescrizioni.
Deposito copia della prescrizione presentata alla mia farmacia. Mi sembra
di ricordare che la prescrizione sia stata portata direttamente dal sig.
Massimiliano Buccheri.
Il flaconcino del preparato galenico contenente una sostanza dopante
presenta in etichetta la dicitura che l’assunzione del preparato potrebbe
dare positività al test antidoping. Preciso che nella fase di preparazione se
tra i componenti c’è una sostanza inserita nella lista delle sostanze vietate
dal Ministero della Salute in automatico il computer predispone la dicitura
di avvertimento in etichetta.
Quindi anche nel caso relativo alla preparazione con il DHEA fatta a
Buccheri risulta in etichetta la dicitura doping.
Osservando la ricetta si nota che non c’è scritto il numero delle capsule da
preparare. Infatti, mi è stato riferito verbalmente dal sig. Buccheri che la
terapia era per 1 mese e quindi ne ho preparate 60 avendo la posologia di 2
volte al giorno.
In quella stessa occasione ho preparato anche la L. Arginina, in quanto la
body spring non produce più il preparato a base di L. Arginina. La
preparazione del prodotto galenico è del 9 aprile 2015 come riportato in
etichetta. Non ricordo se ho preparato anche il Valplus.”
Non ricordo se in quella occasione ha acquistato anche il Gonasi.”
Veniva mostrata al dott. Nanni la foto del flaconcino contenente DHEA del
preparato galenico del 9 aprile 2015, prodotta dalla difesa dell’Atleta.
h)
“Sì, confermo che il flaconcino è stato preparato nella nostra farmacia. Non
posso però accertare il nome del paziente in quanto la foto non lo permette.
Sicuramente sul flaconcino di DHEA era presente la dicitura sostanza
dopante, anche se non è possibile vederlo nella foto.
i)
Non posso esserne sicuro, ma mi sembra di ricordare che in quel periodo di
tempo (aprile 2015) non vi siano state altre richieste da parte di pazienti
per la preparazione di DHEA. Non posso essere quindi certo, ma
sicuramente Buccheri ha richiesto quel preparato galenico”.
Veniva quindi mostrato il flaconcino neutro, senza etichette, consegnato
dall’Atleta.
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j)
k)
“Sicuramente quel contenitore non è stato consegnato da me. Non
utilizziamo quel tipo di contenitori nella nostra farmacia. Non posso essere
sicuro del contenuto del flaconcino. Posso solo dire che la dimensione delle
capsule è compatibile con la preparazione galenica del DHEA 50 mg.
Mi sembra che fosse la prima volta che il sig. Buccheri si presentava presso
la mia farmacia. Mi sembra altresì che non sia stato lo stesso Buccheri a
ritirare il preparato. Ricordo, invece, che il preparato è stato ritirato
diversi giorni dopo, ma non posso ricordare precisamente quando. Ricordo
anche che il sig. Buccheri non ha dichiarato di essere uno sportivo.”
14. Alla luce di quanto precede ed al termine delle proprie indagini, con atto in data
15 settembre 2015, l’UPA deferiva l’Atleta al giudizio di fronte alla Prima Sezione del
TNA, perché, accertatane la responsabilità per la violazione di cui all’art. 2.1 CSA,
sanzionasse l’Atleta con la squalifica per anni quattro (4) ai sensi dell’art. 4.2.1 CSA e
con la sanzione economica ritenuta di giustizia, nonché l’invalidazione automatica del
risultato sportivo, con relative conseguenze, conseguito al termine della gara del 2
maggio 2015 ai sensi dell’art. 10 CSA.
15. Con la decisione n. 60/2015 pronunciata in data 9 dicembre 2015 e depositata con
le motivazioni in data 22 gennaio 2016 (la Decisione), la Prima Sezione, visti gli artt.
2.1 e 4.2.1 CSA, affermava la responsabilità dell’Atleta in ordine all’addebito ascrittogli
e gli infliggeva la sanzione della squalifica per anni quattro (4), a decorrere dal 22
maggio 2015 e con scadenza il 21 maggio 2019. La Prima Sezione disponeva altresì
l’invalidazione dei risultati eventualmente conseguiti dall’Atleta a decorrere dal 2
maggio 2015, gli infliggeva la sanzione economica accessoria pari ad Euro 300,00 e
condannava altresì l’Atleta al pagamento delle spese del procedimento quantificate
forfettariamente in Euro 378,00.
16. Nella Decisione la Prima Sezione osservava preliminarmente come non
sussistessero dubbi, sul piano oggettivo, in merito alla responsabilità dell’Atleta per la
violazione di cui all’art. 2.1 CSA (“presenza di una sostanza vietata o suoi metaboliti o
marker nel campione biologico dell’Atleta”), atteso che l’esame del campione biologico
dell’Atleta ha rilevato la presenza di sostanze vietate dalla normativa antidoping e che
l’Atleta non solo non ha contestato la suddetta positività ma ha ammesso di avere
assunto le predette sostanze vietate.
17. Ciò premesso, il Collegio di primo grado passava a verificare se l’evento accertato
(ossia la riscontrata positività alle sostanze vietate) fosse, sotto il profilo soggettivo,
riconducibile alla condotta dell’Atleta; in altre parole, il Collegio doveva valutare se
sussistesse in capo all’Atleta l’elemento soggettivo richiesto dal CSA ai fini della
punibilità in concreto e, in caso positivo, se si trattasse di dolo o di colpa.
18.
A tal riguardo la Prima Sezione rilevava che:
i.
l’art. 4.2.1.1 CSA, prevede la squalifica di quattro anni “se la violazione
delle norme antidoping riguarda una sostanza vietata non specificata, salvo il caso in
cui l’atleta o l’altra persona siano in grado di dimostrare che la violazione non è
intenzionale”;
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ii.
il termine “intenzionale”, ai sensi dell’art. 4.2.3 CSA, “si riferisce all’Atleta
o all’altra persona che hanno assunto consapevolmente una condotta che costituiva una
violazione delle norme antidoping, ovvero erano consapevoli della sussistenza di un
notevole rischio che tale condotta potesse costituire o determinare una violazione delle
norme antidoping e hanno ignorato tale rischio”.
19. Nella Decisione il Collegio giudicante evidenziava che, anche accogliendo la
ricostruzione dei fatti proposta dall’Atleta, quest’ultimo non aveva comunque fornito la
prova dell’assenza dell’intenzionalità, quantomeno nella forma del dolo eventuale. La
Prima Sezione affermava infatti quanto segue: A) la tesi difensiva dell’Atleta poggia sul
presupposto che egli si sia completamente affidato al dott. Panfili per cui difetterebbe in
toto qualsivoglia profilo di colpevolezza psichica; B) tuttavia le stesse dichiarazioni
dell’Atleta dimostrerebbero il contrario, ossia che quest’ultimo ha assunto le sostanze
vietate quantomeno con la consapevolezza di correre un notevole rischio di violare la
normativa antidoping; C) già in relazione all’assunzione del DHEA (farmaco presente
nella prescrizione datata 8 aprile 2015, da assumersi 2 volte al giorno), tale
consapevolezza risulterebbe provata dalla circostanza che l’Atleta, ricevute le
compresse nel flaconcino “neutro” asseritamente consegnatogli dal dott. Panfili,
sentisse la necessità di fotografare il “recipiente” da cui le suddette compresse erano
state travasate, dando prova di essersi pienamente rappresentato il notevole rischio che
si trattasse di sostanze vietate, mentre sarebbe stato sufficiente, a fronte della generica
ed evasiva risposta che avrebbe ricevuto dal medico, verificare su qualunque motore di
ricerca on line come il DHEA sia notoriamente una sostanza con efficacia dopante; D)
dunque, l’Atleta di fatto ammetteva che le circostanze con cui il dott. Panfili avrebbe
fornito il farmaco erano tanto poco tranquillizzanti da indurlo non solo a chiedere
informazioni al medico ma, addirittura, a fotografare (evidentemente all’insaputa dello
stesso medico) il “recipiente” da cui erano state prelevate; E) non avrebbe pertanto
rilievo disquisire sull’attendibilità della documentazione fornita dall’Atleta (si veda ad
esempio, quanto affermato dalla difesa circa la discordanza evidenziata dall’UPA tra la
data di preparazione del prodotto contenuto nel “recipiente” fotografato e quella in cui
l’Atleta dichiara di averla ricevuta dal medico) o invocare la circostanza che le
compresse gli fossero presentate come “integratori consentiti” per l’ovvia ragione che,
anche a voler considerare veritiero l’assunto difensivo, ciò non toglierebbe che l’Atleta
dovrebbe in ogni caso accertarsi “personalmente” di non assumere alcuna sostanza
vietata; F) in definitiva, alla richiesta di chiarimenti rivolta al medico ed alla foto
scattata al “recipiente” sospetto, avrebbe dovuto seguire la coerente veridica personale
della natura della sostanza e, non avendolo fatto, l’Atleta ha consapevolmente ignorato
tale rischio con conseguente integrazione della “intenzionalità” (come dolo eventuale)
prescritta dall’art. 4.2.3 CSA; G) stesse considerazioni varrebbero con riferimento
all’assunzione del Gonasi (anch’esso riportato nella prescrizione datata 8 aprile 2015 da
assumersi a giorni alterni al mattino per 3 settimane), rispetto alla quale risulterebbe
assorbente osservare come l’Atleta abbia consapevolmente accettato il rischio di farsi
somministrare il Gonasi dalla signora Kata Bozena Jozefa sebbene non fosse “a
conoscenza di cosa fosse il farmaco Gonasi” e sebbene dubitasse di quanto
rappresentato dalla stessa Bozena, come dimostra il messaggio (asseritamente) inviato
al dott. Panfili (solo dopo l’iniezione) per chiedere se il farmaco andasse dichiarato in
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sede di controllo; H) anche in questo caso le rassicurazioni ricevute da terzi (i.e. dalla
Bozena prima e dal medico poi) non interromperebbero il nesso psicologico tra
assunzione, positività e condotta dell’Atleta, poiché quest’ultimo avrebbe in ogni caso
violato l’ineludibile obbligo di non assumere una sostanza in assenza di una
“personale” (rectius, diretta) conoscenza della natura non dopante della sostanza stessa;
I) andava considerato, infine, come il Buccheri sia un atleta con una lunga esperienza
sportiva nel pugilato (”ho iniziato quando avevo appena 14 anni”) e come in passato
sia stato già sottoposto ad altri controlli antidoping.
20. Stante quanto precede, la Prima Sezione riteneva dunque che l’Atleta non avesse
assolto l’onere della prova, allo stesso imposto dalla normativa antidoping, di
dimostrare di non avere assunto le sostanze in oggetto senza la consapevolezza che si
trattasse di farmaci ad effetto dopante, risultando al contrario provato come egli abbia
quantomeno accettato il rischio (elevato, secondo le circostanze di fatto riferite dallo
stesso Atleta), connesso all’assunzione di tali farmaci, di incorrere nella violazione di
cui alla normativa antidoping.
21. Da ultimo, il Giudice di primo grado evidenziava come l’Atleta, nonostante lo
avesse dichiarato a verbale durante l’audizione innanzi all’UPA in data 2 luglio 2015,
non avesse fornito prova di aver perseguito le persone che, secondo la sua ricostruzione,
gli avrebbero somministrato o prescritto farmaci dopanti a sua insaputa o comunque
avessero reso false dichiarazioni a suo danno.
22. Alla luce di tali considerazioni ed in particolare della dimostrata “intenzionalità”
della condotta dell’Atleta, la Prima Sezione riteneva che la richiesta sanzionatoria
formulata dall’UPA dovesse essere accolta ed infliggeva pertanto all’Atleta la sanzione
della squalifica per anni 4 (quattro), con l’invalidazione dei risultati eventualmente
conseguiti dall’Atleta a decorrere dal 2 maggio 2015, la sanzione economica e la
condanna al pagamento delle spese del procedimento nei termini sopra meglio riportati.
23. Con atto del 5 febbraio 2016 l’Atleta proponeva appello avverso la Decisione
innanzi a questa Seconda Sezione del TNA, rassegnando le seguenti conclusioni: i. in
via principale, accertare che nessuna colpa o negligenza possa essere ascritta all’Atleta
con riguardo alla positività riscontrata a suo carico e, per l’effetto, proscioglierlo
dall’addebito contestatogli; ii. in via subordinata, in denegata ipotesi, accertare che
nessuna colpa significativa possa essere fondatamente ascritta all’Atleta con riguardo
alla positività stessa e, per l’effetto, applicare nei suoi confronti la sanzione nella misura
minima ritenuta di giustizia.
24. Nell’atto di appello veniva fermamente contestata (i) la qualificazione
dell’elemento soggettivo adottato dalla Prima Sezione, (ii) l’asserita “intenzionalità”
della violazione (nella forma prospettata di “dolo eventuale”) e, (iii) l’abnorme
sanzione irrogata conseguentemente all’Atleta.
25. La difesa eccepiva preliminarmente l’errata interpretazione dei fatti di causa nella
quale sarebbe incorso il Giudice di primo grado. Più precisamente, ad avviso della
difesa, la Prima Sezione pur non contestando la ricostruzione dei fatti dedotta
dall’Atleta, ne avrebbe fornito interpretazioni forzate e snaturate del loro autentico
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significato.
26. Ciò risultava evidente, in particolare, con riferimento all’evento della consegna da
parte del dott. Panfili di un flaconcino “neutro” contenente le compresse e della
fotografia scattata dall’Atleta al “recipiente” da cui erano state travasate tali compresse;
tale vicenda era stata interpretata dalla Prima Sezione come sintomatica della
consapevolezza da parte dell’Atleta di trovarsi in una situazione di rischio di assumere
sostanze dopanti. Niente di tutto questo, secondo la difesa. L’Atleta era stato
ampiamente rassicurato dal medico di ricevere un “integratore consentito” ed aveva
fotografato il “recipiente” solo per riconoscere in futuro il medicinale travasato nel
contenitore “neutro”. In buona sostanza, l’Atleta era “assolutamente sereno e
tranquillo, in quanto tutti i prodotti (pure le compresse contenute nel contenitore neutro
senza scritte) gli erano state rilasciate da colui di cui si fidava ciecamente, che lo
assisteva da tanto tempo…che era un medico sportivo di fama e che, in un lungo
passato, non gli aveva mai creato problemi di sorta, in ordine ai farmaci a lui
prescritti”, senza che potesse pretendersi che l’Atleta integrasse o sostituisse il proprio
pieno affidamento nel medico di fiducia (per di più di grande fama) con una ispezione
“fatta in casa” su un motore di ricerca on line.
27. Secondo la difesa le medesime considerazioni valevano anche con riferimento
all’assunzione del Gonasi, relativamente alla quale ogni precauzione possibile era stata
assunta dall’Atleta. Quest’ultimo, infatti, “dapprima chiese all’infermiera Sig.ra Kata
Bozena cosa lei gli stesse iniettando intramuscolo (ricevendo, come già detto,
rassicurazioni del fatto che si trattava di semplici vitamine) e poi, a riprova del suo
“meritorio” scrupolo e della sua diligenza, ha pure prontamente inviato un messaggio
WhatsApp al Dr. Panfili, per chiedergli lumi e sapere se tal Gonasi avrebbe dovuto
dichiarare prima del match.”
28. Un passaggio della Decisione impugnata meritava inoltre specifica analisi ad
avviso della difesa, specificatamente la parte dove si contestava che l’Atleta non avesse
perseguito coloro che gli avevano somministrato o prescritto farmaci dopanti o
comunque rilasciato false dichiarazioni a suo danno (ossia, il dott. Panfili ed i
componenti del suo staff). Orbene, risultava agevole replicare come l’Atleta dovesse
attendere l’esito definitivo del presente giudizio prima di poter quantificare i danni
subiti e, conseguentemente, poterne poi richiedere il risarcimento con l’instaurazione
del relativo giudizio in sede civile.
29. Passando all’esame in punto di diritto della suindicata ricostruzione dei fatti
relativi al presente procedimento disciplinare, la difesa contestava fermamente che la
violazione ascritta all’Atleta potesse essere qualificata come “intenzionale”, ai sensi
dell’art. 4.2.3 CSA, con la conseguente inapplicabilità alla fattispecie in esame della
sanzione di cui all’art. 4.2.1 CSA. Inoltre il contegno processuale tenuto dall’Atleta, in
denegata ipotesi, doveva essere valorizzato a mente dell’art. 4.6 CSA grazie alla sua
“collaborazione fattiva” che avrebbe consentito di accertare violazioni della normativa
antidoping ovvero, eventualmente, del codice disciplinare, da parte di altre persone.
30.
Ad avviso della difesa, in particolare, sia che si voglia valutare l’elemento
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soggettivo mutuando i concetti di dolo eventuale e colpa cosciente dall’ordinamento
penale, sia attenendosi strettamente a quelli di diritto sportivo, sia finanche sulla scorta
di un mero percorso logico, doveva concludersi che, contrariamente a quanto sostenuto
dalla Prima Sezione, nella fattispecie in esame risultava del tutto inapplicabile il
concetto di “dolo eventuale”.
31. La difesa richiamava in primo luogo quanto recentemente stabilito dalle Sezioni
Unite della Suprema Corte nella sentenza n. 38343/2014 (c.d. sentenza ThyssenKrupp),
ove sono stati chiariti i tratti distintivi del “dolo eventuale” e della “colpa cosciente” ed
è stata, altresì, tracciata una efficace linea di confine tra i due suindicati elementi
soggettivi.
32. Nella citata sentenza la Suprema Corte ha affermato che il “dolo eventuale” si
configura nella “presenza di organizzazione della condotta, che coinvolge, non solo sul
piano rappresentativo, ma anche volitivo la verificazione del fatto di reato”, in
particolare “nel dolo eventuale, che costituisce la figura di margine della fattispecie
dolosa, un atteggiamento interiore assimilabile alla volizione dell’evento e quindi
rimproverabile, si configura solo se l’agente prevede chiaramente la concreta,
significativa possibilità di verificazione dell’evento e, ciò nonostante, si determina ad
agire, aderendo a ciò per il caso in cui si verifiche”. La “colpa cosciente”, invece, è
caratterizzata dalla “presenza del malgoverno di un rischio, dalla mancata adozione di
cautele doverose idonee a evitare le conseguenze pregiudizievoli che caratterizzano
l’illecito. Il rimprovero è di inadeguatezza rispetto al dovere precauzionale anche
quando la condotta illecita sia connotata da irragionevolezza, spregiudicatezza,
disinteresse o altro motivo censurabile. In tale figura manca la direzione della volontà
verso l’evento, anche quando è prevista la possibilità che esso si compia”.
33. Ad avviso della difesa, la Prima Sezione contestando all’Atleta di avere
“consapevolmente trascurato il rischio”, avrebbe attribuito al suo comportamento, al
più, una forma di “spregiudicatezza e disinteresse”, ipotesi palesemente rientranti nella
categoria della “colpa cosciente” piuttosto che in quella del “dolo eventuale”. Inoltre,
andava rimarcato come l’art. 4.2.3 CSA ritenga necessaria la consapevolezza della
sussistenza di un “notevole” rischio che la propria condotta possa determinare una
violazione della normativa antidoping e la decisione di ignorare tale rischio.
34. La difesa richiamava altresì la decisione n. 41/2015 di questa Seconda Sezione,
anche per affermare che ogni tentativo (dell’UPA prima e del Giudice di primo grado
poi) di rilevare un qualche “segnale di allarme” che avesse potuto dare sentore di un
notevole rischio all’Atleta si rivelerebbe un mero esercizio di fantasia, tendenzioso e
strumentale.
35. Anche sotto il profilo meramente logico, la difesa evidenziava che un atleta
esperto come il Buccheri, con la certezza matematica del fatto che al termine del match
sarebbe stato sottoposto ai controlli antidoping, non avrebbe mai assunto sostanze con
effetti dopanti.
36. Infine, la difesa analizzava la figura del dott. Adolfo Panfili, rilevando come si
tratti di un medico molto noto, rispettato e conosciuto nell’ambito sportivo, sia dagli
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atleti che dagli organi di informazione divulgazione del settore, ma che, sulla base dei
commenti degli utenti di internet (più probabilmente di persone che hanno avuto a che
fare con lui), lascerebbe intravedere un “lato oscuro” nella sua personalità. All’Atleta,
comunque, il dott. Panfili pareva un medico di assoluto spessore ed autorevolezza,
intratteneva con questi un rapporto professionale da oltre 8 anni, non aveva mai avuto
problemi di sorta ed, in totale buona fede, aveva pertanto riposto pieno ed assoluto
affidamento in lui e nella sua professionalità.
37. Alla luce di quanto sopra, la difesa rassegnava a questa Seconda Sezione del
TNA, in riforma integrale della Decisione, le suindicate conclusioni, ossia: i. in via
principale, accertare che nessuna colpa o negligenza possa essere ascritta all’Atleta con
riguardo alla positività riscontrata a suo carico e, per l’effetto, proscioglierlo
dall’addebito contestatogli; ii. in via subordinata, in denegata ipotesi, accertare che
nessuna colpa significativa possa essere fondatamente ascritta all’Atleta con riguardo
alla positività stessa e, per l’effetto, applicare nei suoi confronti la sanzione nella misura
minima ritenuta di giustizia.
38. Con atto del 1° marzo 2016 l’UPA presentava memoria di replica all’appello
proposto dall’Atleta nei confronti della Decisione.
39. Dopo avere evidenziato come l’appello dell’Atleta sia basato sulla circostanza che
le sostanze vietate rinvenute nel suo campione biologico gli sarebbero state prescritte e
fornite dal dott. Panfili e che dovrebbero essere reputate false le dichiarazioni rese agli
atti da parte del predetto medico e dalle altre persone ascoltate nel corso del presente
giudizio, con le relative prove documentali acquisite, l’UPA ribadiva che a tali fini non
potevano assolutamente essere ritenute sufficienti le mere dichiarazioni dell’Atleta. Al
contrario, le numerose incongruenze presenti nella ricostruzione dei fatti fornita
dall’Atleta stesso ne confermerebbero l’evidente e palese responsabilità disciplinare.
40.
A tal riguardo, l’UPA rimarcava in particolare quanto segue:
i.
nessun farmaco assunto dall’Atleta è stato dichiarato al momento della
compilazione del verbale di prelievo antidoping, fatta eccezione per generici
“integratori salini”, pur avendo ammesso l’Atleta stesso di essere stato a conoscenza di
avere assunto il farmaco Gonasi il giorno prima della competizione (vedi messaggio
WhatsApp inviato asseritamente al dott. Panfili);
ii.
l’Atleta non ha fatto menzione, né ha depositato all’UPA le prescrizioni del
dott. Micali datate 17 febbraio 2015 e 11 marzo 2015 per il farmaco Gonasi; tali
prescrizioni sono state invece depositate dal dott. Panfili e riconosciute come autentiche
dal dott. Micali;
iii. dall’analisi della documentazione inviata in data 9 luglio 2015 dal legale
dell’Atleta apparirebbe palese l’incongruenza della data di preparazione del preparato
galenico risultante dalla fotografia del flacone inviata dall’Atleta, rispetto a quanto
dichiarato dal medesimo in sede di audizione; infatti, nella fotografia risultava quale
data di preparazione del preparato galenico il 9 aprile 2015, in contrasto con la versione
dei fatti resa dall’Atleta in sede di audizione, secondo cui egli avrebbe ricevuto detti
farmaci (tra cui il DHEA) direttamente dal dott. Panfili l’8 aprile 2015;
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iv. l’incongruenza tra le dichiarazioni rese dall’Atleta e la data di preparazione
del prodotto galenico verrebbero confermate anche dalle stesse dichiarazioni rese dal
farmacista dott. Francesco Nanni, il quale ricordava di avere ricevuto la ricetta
personalmente dall’Atleta;
v.
sempre a conferma dell’incongruenza sopra richiamata, andava precisato
che, in sede di audizione, l’Atleta ha depositato - tra i vari farmaci - un flaconcino
contenente un preparato galenico di L. Arginina, sopra la cui etichetta è possibile
leggere la farmacia che ha provveduto alla preparazione “Farmacia Nanni”, il nome del
medico proscrittore “Dott. Panfili” e del paziente “Buccheri”, ma soprattutto la data di
preparazione “9 aprile 2015”, che è la stessa data indicata nel flaconcino della foto
depositata dal legale dell’Atleta il 9 luglio 2015;
vi. pertanto, doveva ritenersi verosimile, sulla base delle prove documentali e
delle dichiarazioni del farmacista, che l’Atleta avesse effettivamente consegnato al
farmacista la ricetta per il preparato galenico del farmaco DHEA insieme alla richiesta
di altri farmaci, tutti preparati in data 9 aprile 2015;
vii. sulla base delle dimostrate incongruenze tra la ricostruzione fattuale
riportata dall’Atleta e la data di preparazione del farmaco, ad avviso dell’UPA, doveva
ritenersi pertanto non veritiera la ricostruzione secondo la quale l’Atleta avrebbe
ricevuto dal dott. Panfili un flaconcino “neutro” senza scritta contenente compresse di
DHEA ed avrebbe provveduto ad effettuare una fotografia del “recipiente” dal quale
sarebbero state travasate le compresse ad opera del dott. Panfili;
viii. andava altresì messo in evidenza che la prescrizione del dott. Panfili datata 8
aprile 2015, depositata dall’Atleta, era stata probabilmente modificata dal medesimo;
infatti, dal riscontro di questa prescrizione con le copie depositate dal dott. Panfili prima
e dal farmacista dott. Nanni successivamente, si poteva notare come alla seconda pagina
della sola prescrizione depositata da Massimiliano Buccheri mancava la dicitura
seguente “N.B. Si rimanda a www.wada-ama.org.2015Prohibited List per l’esclusione
sostanze dopanti in concomitanza di attività sportiva agonistica. Prof. Adolfo Panfili”;
ix. non risultava coincidere neppure la versione dei fatti riportata dall’Atleta
con quella dell’infermiera, sig.ra Kata Bozena, la quale ha dichiarato: (i) di avere
somministrato una soluzione fisiologica per flebo 500 ml, (ii) di aver effettuato una sola
iniezione intramuscolo di Eparmefolin e, soprattutto, (iii) di essere certa di non avere
mai effettuato una iniezione di Gonasi all’Atleta;
x.
non risultava del pari verosimile neppure il messaggio WhatsApp depositato
dall’Atleta, che sarebbe stato inviato al dott. Panfili il 1° maggio 2015, subito dopo la
somministrazione di Gonasi da parte dell’infermiera Kata Bozena;
xi. infine, andava fatto presente che l’Atleta non avrebbe potuto neppure
sottoporsi a somministrazioni di soluzioni fisiologiche con flebo superiori ai 50 ml
(come emerso dagli atti, nel caso in esame risulterebbe essere stata effettuata una flebo
di 500 ml).
41. Più in generale, ad avviso dell’UPA, le asserite e non provate responsabilità del
dott. Panfili non esimerebbero l’Atleta da responsabilità ai sensi della vigente normativa
antidoping.
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42. Inoltre, in merito alla asserita mancanza di conoscenza da parte dell’Atleta del
dott. Micali ed alla asserita falsità delle ricette depositate in corso di istruttoria, l’UPA
riaffermava di ritenere invece attendibile la testimonianza del predetto dott. Micali e
verosimili le sue prescrizioni mediche. Se del caso, spetterebbe all’Atleta agire innanzi
all’Autorità competente per far valere la presunta falsità delle testimonianze e delle
prescrizioni in oggetto.
43. In conclusione l’UPA, ribadito di valutare come “intenzionale” la violazione
della normativa antidoping posta in essere dall’Atleta, chiedeva la conferma della
Decisione impugnata.
44. All’udienza dell’11 marzo 2016, dopo la relazione del Presidente, venivano
sentite le parti presenti (l’UPA in persona del Procuratore avv. Ivan Laguardia, nonché
l’Atleta personalmente, assistito dall’avv. Paolo Rodella).
45. In sede di udienza le parti ribadivano le ragioni sin qui rispettivamente sostenute.
In particolare:
i.
il difensore dell’Atleta sottolineava il “contesto torbido” in cui l’intera
vicenda si sarebbe svolta, e l’impossibilità per l’Atleta di “capacitarsi” delle
dichiarazioni rese dagli altri soggetti, i quali comunque avrebbero interesse ad
addebitare all’Atleta una responsabilità per escludere la propria. A tal riguardo si
indicava la circostanza che la discrepanza tra il documento prodotto dall’Atleta e quello
esibito dal dott. Panfili si spiega considerando che il documento falsificato sarebbe
proprio quello del medico, come risulterebbe da una serie di elementi da questo
deducibili e dal confronto tra i testi. Allo stesso tempo, il difensore sottolineava
l’assoluta fiducia riposta dall’Atleta nel dott. Panfili, unico soggetto da lui incontrato e
che gli prescriveva e somministrava farmaci. In particolare, l’Atleta mai avrebbe
incontrato il dott. Nanni né il dott. Micali. Infine, sul piano del diritto, il difensore
sottolineava l’assenza di dolo, poiché l’Atleta non aveva assunto alcun rischio, ma si era
semplicemente fidato di medico di grande competenza ed esperienza;
ii.
il rappresentante dell’UPA sottolineava il carattere articolato dell’attività
istruttoria svolta e il fatto che tutti i soggetti ascoltati abbiano confermato le proprie tesi,
smentendo la ricostruzione offerta dall’Atleta;
iii. l’Atleta, infine, confermava di aver riposto integrale fiducia nel dott. Panfili,
tanto da seguire ciecamente le sue prescrizioni. Ora, il dott. Panfili mentirebbe solo per
evitare responsabilità, mentre i fatti si sarebbero svolto in modo molto diverso. Allo
stesso tempo, l’Atleta sottolineava di non aver mai incontrato il dott. Micali e di non
soffrire delle patologie per le quali il Gonasi gli sarebbe stato prescritto dal dott. Micali,
direttamente o per il tramite del dott. Panfili. Indicava, infine, come un controllo
antidoping in occasione del match del 2 maggio 2015 fosse ampiamente prevedibile:
dunque, non avrebbe avuto senso assumere sostanze vietate nell’imminenza dello
stesso.
46. Al termine dell’udienza, la Seconda Sezione del TNA, attesa la complessità della
questione da decidere, ai sensi dell’art. 37.1 CSA, disponeva la comunicazione per
iscritto della decisione, senza lettura in udienza.
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Motivi della decisione
47. Questa Seconda Sezione del TNA ritiene che l’appello proposto dall’Atleta
avverso la Decisione debba essere respinto per le ragioni appresso esplicitate.
48. Osserva innanzitutto il Tribunale che l’esame del campione biologico dell’Atleta
effettuato dal Laboratorio Antidoping di Roma in occasione dell’incontro di pugilato
per il “Campionato Italiano Pesi Medi” disputato a Roma in data 2 maggio 2015 ha
accertato la presenza di Gonadotropina Corionica (hCG) e di Testosterone, suo
precursore (DHEA) e suoi metaboliti di origine non endogena, compatibile con
l’assunzione di testosterone e/o suoi precursori, inserite nella Lista 2015 come sostanze
non specificate, vietate sia in che out of competition, rispettivamente nella categoria S2
“Ormoni peptidici, fattori di crescita, sostanze correlate e mimetici” e nella categoria
S1 “Agenti anabolizzanti”.
49.
L’Atleta ha rinunciato all’effettuazione delle controanalisi.
50. Non è pertanto dubbio, né è stato contestato nell’ambito del presente
procedimento disciplinare, che l’Atleta si sia reso responsabile di una violazione della
normativa antidoping ed in particolare dell’illecito contemplato dall’art. 2.1 CSA.
51. Invero, ai sensi dell’art. 2.1 CSA, la mera presenza di una sostanza vietata nel
campione biologico prelevato ad un atleta costituisce violazione della normativa
antidoping. Ai fini dell’accertamento della violazione della normativa antidoping,
infatti, non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole
da parte dell’atleta (art. 2.1.1 CSA).
52. Si tratta dunque di determinare le conseguenze discendenti da siffatta rilevazione.
In base all’art. 4.2 CSA, la durata del periodo di squalifica comminata a fronte della
rilevata presenza di sostanze non specificate (come quelle rinvenute nel campione
biologico dell’Atleta), in caso di prima violazione, dovrà essere quantificata come
segue, a meno che non siano soddisfatte le condizioni per l’annullamento, la riduzione o
la sospensione della squalifica ai sensi degli artt. 4.4, 4.5 e 4.6 CSA:
-
Quattro anni di squalifica, salvo che l’atleta sia in grado di dimostrare
che la violazione non è intenzionale (art. 4.2.1.1 CSA);
Due anni, in caso di siffatta prova (art. 4.2.2 CSA).
53. La prima questione che si pone, pertanto, attiene alla sussistenza di una prova,
posta a carico dell’Atleta dalla normativa antidoping, del carattere non intenzionale
della violazione di cui l’Atleta stesso è responsabile.
54.
A tale riguardo, questa Sezione rileva che:
i.
in base all’art. 40.1 CSA, in una fattispecie come quella in esame, il grado
di prova richiesto si basa sulla valutazione delle probabilità;
ii.
secondo la definizione recata dall’art. 4.2.3 CSA, il termine “intenzionale”
si riferisce alla condotta dell’atleta che ha assunto consapevolmente una condotta che
costituiva una violazione delle norme antidoping, ovvero era consapevole della
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sussistenza di un notevole rischio che tale condotta potesse costituire o determinare una
violazione delle norme antidoping ed ha ignorato tale rischio.
55. Alla luce di quanto sopra rilevato, una squalifica di 4 anni, come quella recata
dalla Decisione, può essere inflitta all’Atleta solo se si ritiene che lo stesso non abbia
dimostrato, sulla base di una valutazione di probabilità, di avere assunto le suindicate
sostanze – che costituiscono, va ribadito, sostanze non specificate vietate sia in- che outof-competition – non intenzionalmente. E tale dato vale a distinguere il presente caso da
altri precedenti (quale quello deciso con la pronuncia n. 41/2015), pure invocati
dall’Atleta, in cui la prova dell’intenzionalità spettava all’UPA.
56. Questa Sezione ritiene di convenire con l’UPA e con la Prima Sezione sul fatto
che il carattere “intenzionale” della violazione possa essere rinvenuto anche in una
condotta che sia connotata da “dolo eventuale”. Perché, peraltro, questo sussista, atteso
l’esplicito tenore letterale dell’art. 4.2.3 CSA, è necessaria la consapevolezza della
sussistenza di un “notevole” rischio che tale condotta possa determinare una violazione
delle norme antidoping e la decisione di ignorare tale rischio. E siffatta consapevolezza
può sussistere solo in presenza della conoscenza di un “segnale di allarme” della
illiceità della condotta (non la mera conoscibilità di tale carattere) e della decisione di
non tenerne conto, nonostante la concreta rappresentazione della illiceità della condotta:
una relazione tra volontà ed evento è dunque necessaria, poiché l’Atleta, per poter
essere ritenuto responsabile di una condotta intenzionale, deve essersi lucidamente
rappresentato la concreta prospettiva della assai probabile (“notevole“ rischio)
verificazione dell’evento quale effetto della propria condotta ed essersi determinato ad
agire comunque. Di talché siffatto carattere deve escludersi laddove oggettivamente
sussistano elementi che possano aver fatto dubitare dell’illiceità della condotta o creato
affidamenti ragionevoli in capo all’atleta sulla liceità della stessa: in questo caso, infatti,
può essere ipotizzabile solo una condotta colposa, anche grave, per aver colpevolmente
fatto affidamento su dati oggettivi, ancorché erronei, nel senso della liceità dell’agire.
57. Orbene, il Collegio concorda con quanto sostenuto dall’UPA e dalla Prima
Sezione e ritiene che - sulla base della documentazione e degli atti allo stato acquisiti al
presente procedimento disciplinare – l’Atleta non abbia provato, nei termini di cui
all’art. 40.1 CSA, che la propria condotta non possa considerarsi “intenzionale” ai sensi
dell’art. 4.2.3 CSA.
58. La difesa dell’Atleta si è fondata sull’assunto che il dott. Panfili – relativamente al
quale l’UPA ha avviato un procedimento disciplinare – avrebbe fornito all’Atleta i
farmaci in oggetto senza alcuna necessità terapeutica e senza rappresentare all’Atleta
stesso che si trattava di sostanze vietate dalla normativa antidoping. L’Atleta non
soffrirebbe assolutamente della patologia medica per la quale il Gonasi gli sarebbe stato
prescritto dal dott. Micali direttamente o per il tramite del dott. Panfili, né avrebbe mai
incontrato il predetto dott. Micali. L’assoluto affidamento riposto dall’Atleta nel dott.
Panfili escluderebbe ogni dolo, anche nella forma attenuta del dolo eventuale, in quanto
l’Atleta non avrebbe assunto alcun tipo di rischio, fidandosi di un professionista di
grande competenza ed esperienza.
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59. In buona sostanza, ad avviso dell’Atleta, il dott. Panfili avrebbe mentito allo
scopo di evitare ogni ipotesi di propria responsabilità. E per la stessa finalità avrebbero
dichiarato il falso sia il dott. Micali che il sig. Cosimati e la sig.ra Bozena, nonché il
farmacista dott. Nanni.
60. Rileva il Collegio che, per quanto dalla vicenda in oggetto possano emergere
profili di ambiguità nel comportamento del dott. Panfili, il quale potrebbe non avere
posto in essere tutte le cautele doverose nell’approccio professionale con un soggetto
praticante attività sportiva agonistica, la suindicata tesi difensiva non è stata suffragata
allo stato da idonei elementi di prova.
61. La ricostruzione dei fatti fornita dall’Atleta si è fondata esclusivamente sulle sue
dichiarazioni, senza precisi ed esaustivi riscontri documentali e testimoniali, né
comunque dagli atti acquisiti al presente procedimento disciplinare sono emerse prove
che possano confermare tali dichiarazioni dell’Atleta.
62. Le dichiarazioni dell’Atleta, del resto, sono state integralmente smentite dalle
testimonianze rese da tutti gli altri soggetti ascoltati nel corso dell’ampia istruttoria
svolta dall’UPA, in particolare, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, sia dal
dott. Panfili che dal dott. Micali, dal sig. Cosimati, dalla sig.ra Bozena, nonché dal
farmacista dott. Nanni.
63. Il dott. Adolfo Panfili, nel corso della sua audizione innanzi all’UPA in data 13
luglio 2015, ha infatti dichiarato, tra l’altro, quanto segue:
i.
“il … Buccheri … non è un mio paziente abituale. ... Inizialmente venne da
me per un problema alla mano. Io sono specializzato in ortopedia … Successivamente
l’ho operato all’ernia del disco”;
ii.
“Buccheri … mi ha anche manifestato di avere problematiche di “profonda
astenia”, “insonnia” e “impotenza”. Non essendo competente in materia ho indirizzato
il Buccheri dall’urologo e andrologo Prof. Francesco Micali … Successivamente è stato
visitato dal prof. Micali”;
iii. “la prescrizione del farmaco Gonasi è stata effettuata dal Prof. Micali per
motivi di ipogonadismo”;
iv. “non ho fornito mai nessun medicinale al sig. Buccheri”;
v.
“in calce alla prescrizione dell’8 aprile 2015 c’è chiaramente scritto di
verificare la compatibilità delle sostanze indicate con la specifica attività sportiva
praticata, per quanto riguarda il doping”;
vi. “Il Buccheri non mi ha mai riferito di dover sostenere delle gare sportive e
neppure delle date in cui avrebbe avuto gli incontri”;
vii. “Non mi risulta che il Buccheri mi avesse inviato un messaggio WhatsApp
in data 1 maggio 2015 dove richiedeva come comportarsi e cosa dichiarare al controllo
antidoping che avrebbe avuto il giorno successivo all’incontro di pugilato riguardo
all’assunzione di Gonasi”;
vii. “Non ho mai fornito le compresse di DHEA e tanto meno ho dato un
contenitore neutro con dentro compresse al Buccheri”.
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64. Il medico andrologo dott. Francesco Micali, a sua volta, nel corso dell’audizione
del 22 luglio 2015, ha dichiarato, tra l’altro quanto segue:
i.
“il ... Buccheri ... l’ho visitato presso lo studio del Dr. Panfili”;
ii.
“Ho visitato solo una volta il sig. Buccheri. La data ... sicuramente è il 17
febbraio 2015”;
iii.
“la prescrizione del 11 marzo 2015 ... l’ho fatta su indicazione del Dr.
Panfili che mi riferiva che Massimiliano Buccheri non aveva avuto i risultati sperati”;
iv.
“Il Gonasi è un farmaco che prescrivo spesso anche a ragazzi giovani che
può essere facilmente reperibile in qualsiasi farmacia”;
v.
“Non ero a conoscenza che Buccheri fosse un atleta”;
vi.
“Non sono un medico sportivo”.
65. La sig.ra Kata Bozena Josefa, nell’audizione del 28 luglio 2015, ha dichiarato, tra
l’altro, quanto segue:
i.
“mi sono recata a casa del Buccheri su indicazione del dr. Cosimati”;
ii.
“ho effettuato le somministrazioni al Buccheri in quanto prescritte dal Dr.
Panfili, così mi venne riferito dal Cosimati”;
iii.
“ho somministrato ... una soluzione fisiologica per flebo 500 ml con
vitamina C, per via endovenosa. Inoltre, ho effettuato una puntura intramuscolo
Eparmefolin, sulla natica. ... Sono sicura al 100% di non aver effettuato nessuna altra
applicazione e somministrazione al Buccheri”;
iv.
“non ho somministrato Gonasi al Buccheri”.
66. Infine, il sig. Antonio Cosimati, infermiere professionale che collabora con lo
studio medico del dott. Panfili, sempre in data 28 luglio 2015 ha dichiarato all’UPA, tra
l’altro, quanto segue:
i.
“ogni volta che Buccheri veniva visitato dal Dr. Panfili io assistevo alla
visita. A volte aiutavo a prendere la pressione, ma non ho mai effettuato nessuna flebo
al sig. Buccheri”;
ii.
“ricordo che a febbraio 2015 Buccheri fu visitato dal dr. Micali. In quel
caso non ero nella stanza durante la visita”;
iii. “non è vero che Buccheri si recasse presso lo studio del Dr. Panfili per
effettuare flebo o iniezioni prima degli incontri. Non mi sembra siano state mai
effettuate delle flebo al Buccheri presso lo studio del Dr. Panfili. Io neppure ho mai
effettuato una flebo al Buccheri”;
iv. “è vero che chiamai l’infermiera Kata Bozena per far effettuare delle flebo
e delle iniezioni a casa del Buccheri, come da prescrizione del Dr. Panfili. Mi chiamò il
Buccheri per chiedere se potevo venire a studio per effettuare le flebo. … Al Buccheri
venne somministrato da Kata Bozena in quella occasione, soluzione fisiologica,
vitamina C e Eparmefolin, vitamina B12. Quest’ultima per via intramuscolare. Ritengo
che la flebo che venne effettuata al Buccheri dalla sig.ra Kata Bozena fu di 500 ml,
come generalmente viene fatto per somministrare la soluzione fisiologica con vitamina
C”.
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67. In altre parole, risulta evidente che, ai fini di quanto oggetto del presente giudizio,
la ricostruzione dei fatti proposta dall’Atleta risulta integralmente e radicalmente
smentita da tutte le suindicate dichiarazioni acquisite a questo procedimento
disciplinare.
68. Corre l’obbligo di segnalare al riguardo che anche le dichiarazioni rese agli atti
dal farmacista dott. Nanni contrastano con la ricostruzione dei fatti fornita dall’Atleta. Il
predetto professionista, infatti, ha attestato che il flaconcino del preparato galenico con
il DHEA fornito all’Atleta dalla sua farmacia avrebbe riportato espressamente in
etichetta la dicitura “doping” in quanto “nella fase di preparazione se tra i componenti
c’è una sostanza inserita nella lista delle sostanze vietate dal Ministero della Salute in
automatico il computer predispone la dicitura di avvertimento in etichetta”. Dunque,
l’Atleta ha avuto piena contezza di assumere una sostanza vietata dalla normativa
antidoping.
69. Va infine rilevato che, a prescindere dalla circostanza che la ricostruzione dei fatti
offerta dall’Atleta è stata smentita dalle testimonianze di tutti gli altri soggetti ascoltati
nel corso dell’istruttoria e che essa non ha avuto a suo conforto nulla più delle stesse
dichiarazioni rese dall’Atleta, dal presente procedimento disciplinare emerge comunque
una gravissima responsabilità nel comportamento tenuto dall’Atleta stesso.
70. Un Atleta di livello quale il Buccheri, che vanta anni di esperienza sportiva
agonistica (“ho iniziato quando avevo appena 14 anni….nel 2008 entro nella categoria
professionisti”, così nel verbale UPA del 2 luglio 2015), con tutti i relativi controlli
antidoping, nel caso di problematiche del genere da lui rappresentate non può non
rivolgersi a soggetti qualificati professionalmente come effettivi “medici sportivi” e lo
stesso Atleta ha ammesso espressamente di non avere verificato se il dott. Panfili lo
fosse o meno.
71. Un Atleta di tal livello ed esperienza non può non conoscere la precisa
responsabilità in cui si incorre nel caso di assunzione di sostanze di cui non ci si è
peritati di conoscere idoneamente la natura ai fini della normativa antidoping.
72. A tal ultimo riguardo, in particolare, l’Atleta, pur avendo avuto espressa contezza
di assumere il Gonasi, non ha svolto “personalmente“ (rectius, direttamente) alcuna
ricerca volta ad accertarne la valenza ai fini antidoping, come ha del resto
espressamente ammesso nell’ambito del presente procedimento. L’Atleta si è limitato o, forse, sarebbe più corretto dire, si “sarebbe” limitato - a domandarne la natura alla
sig.ra Bozena e ad inviare un messaggio WhatsApp al dott. Panfili chiedendo se si
trattava di medicinale da dichiarare in sede di controllo. La signora Bozena gli avrebbe
risposto che si trattava di semplici “vitamine”, mentre il dott. Panfili lo avrebbe
tranquillizzato nel corso di una successiva conversazione telefonica. Orbene, sia la
sig.ra Bozena che il dott. Panfili hanno espressamente smentito tali dichiarazioni e
l’Atleta non è stato in condizione di fornire a questo Collegio alcuna conferma della sua
ricostruzione dei fatti, ad esempio, anche solo la prova del predetto messaggio inviato al
medico.
73.
Si noti che l’Atleta nel verbale relativo al prelievo antidoping a cui è stato
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sottoposto il 2 maggio 2015, in corrispondenza della parte dove vanno specificati i
farmaci e gli integratori assunti almeno nell’ultima settimana, ha dichiarato
esclusivamente l’assunzione di “integratori salini”.
74. Non può non evidenziarsi, altresì, che l’Atleta ha dimostrato totale assenza di
attenzione alle problematiche antidoping anche per la sua dichiarata assunzione di
soluzioni fisiologiche con flebo superiore ai 50 ml (nel caso in esame risulta essere stata
somministrata una flebo di 500 ml).
75. Questa Seconda Sezione ritiene pertanto che, sulla base della documentazione e
degli atti allo stato acquisiti al presente giudizio, la ricostruzione dei fatti fornita
dall’Atleta, ossia che
(i)
(ii)
il dott. Panfili avrebbe fornito all’Atleta i farmaci in oggetto senza alcuna
necessità terapeutica e senza rappresentare all’Atleta stesso che si trattava di
sostanze vietate dalla normativa antidoping; e
il dott. Panfili avrebbe mentito allo scopo di evitare ogni ipotesi di propria
responsabilità e per la stessa finalità avrebbero dichiarato il falso sia il dott.
Micali che il sig. Cosimati e la sig.ra Bozena, nonché il farmacista dott.
Nanni,
non risulta essere stata suffragata dall’Atleta con idonei elementi di prova e, al
contrario, è stata smentita dalle risultanze di questo procedimento disciplinare. Se del
caso, spetterà all’Atleta agire innanzi all’Autorità competente per far valere la presunta
falsità delle suindicate testimonianze e prescrizioni mediche acquisite agli atti.
76. Nell’ambito del presente procedimento è emersa, piuttosto, la sussistenza di
concreti “segnali di allarme” che l’Atleta era tenuto a valutare. A tal riguardo, è
sufficiente considerare che, anche qualora si volesse accogliere la ricostruzione dei fatti
offerta dall’Atleta, quest’ultimo ha rappresentato una vicenda dai contorni ambigui ed
anomali con riferimento alla quale risulta accertata la presenza di suoi chiari “segni di
percezione del rischio”: a) con riferimento all’assunzione del DHEA (farmaco, tra
l’altro, espressamente presente nella prescrizione medica dell’8 aprile 2015 depositata
dallo stesso Atleta), dopo avere ricevute le relative compresse in un flaconcino “neutro”
asseritamente consegnatogli dal dott. Panfili, l’Atleta sente la necessità di fotografare il
“recipiente” da cui le suddette compresse sono state travasate, dando prova di essersi
pienamente rappresentato il notevole rischio che si trattasse di sostanze vietate dalla
normativa antidoping; b) con riferimento all’assunzione del Gonasi (farmaco anch’esso
espressamente riportato nella citata prescrizione datata 8 aprile 2015), l’Atleta ne ha
accettato la somministrazione sebbene non fosse “a conoscenza di cosa fosse il farmaco
Gonasi” e sebbene dubitasse di quanto rappresentato dalla sig.ra Bozena, come
dimostrerebbe il messaggio asseritamente inviato al dott. Panfili (ma solo dopo
l’iniezione) per chiedere se il farmaco stesso andava dichiarato o meno in sede di
prelievo antidoping.
77. Alla luce di quanto precede, questa Seconda Sezione concorda con quanto
sostenuto dall’UPA e dalla Prima Sezione in ordine al fatto che l’Atleta non ha assolto,
nei termini prescritti dall’art. 40.1 CSA, all’onere della prova allo stesso imposto
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dall’art. 4.2.1.1 CSA di dimostrare di avere assunto le sostanze che hanno determinato
la sua positività senza la consapevolezza che si trattasse di farmaci ad effetto dopante,
risultando invece provato come egli abbia quantomeno accettato il notevole rischio,
connesso all’assunzione degli stessi, di incorrere in una violazione della normativa
antidoping.
78. In conclusione, alla luce delle valutazioni formulate in precedenza ed in
considerazione di tutte le circostanze del caso, questa Seconda Sezione del TNA
respinge l’appello proposto dall’Atleta avverso la Decisione e, per l’effetto, conferma la
sua condanna alla squalifica per anni quattro (4), a decorrere dal 22 maggio 2015 e con
scadenza il 21 maggio 2019, con l’invalidazione dei risultati eventualmente conseguiti a
decorrere dal 2 maggio 2015 e la sanzione economica accessoria pari ad Euro 300,00.
79. Infine, il Tribunale ritiene che l’Atleta debba essere condannato al pagamento
delle spese del presente procedimento di appello quantificate forfettariamente in EUR
300,00.
P.Q.M.
Il TNA - Seconda Sezione
•
•
•
•
respinge l’appello proposto dal sig. Massimiliano Buccheri avverso la decisione n.
60/2015 della Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, resa in data 9
dicembre 2015, depositata con la motivazione in data 22 gennaio 2016 e, per
l’effetto,
conferma la condanna del sig. Massimiliano Buccheri alla squalifica per anni
quattro (4), a decorrere dal 22 maggio 2015 e con scadenza il 21 maggio 2019,
con l’invalidazione dei risultati eventualmente dallo stesso conseguiti a decorrere
dal 2 maggio 2015 e la sanzione economica accessoria pari ad Euro 300,00;
condanna infine il sig. Massimiliano Buccheri al pagamento delle spese del
presente procedimento di appello quantificate forfettariamente in EUR 300,00;
dispone che il presente provvedimento sia comunicato all’interessato, all’UPA,
all’EBU, alla WADA e per conoscenza alla FPI e alla Prima Sezione del TNA.
Roma, 4 aprile 2016
Il Presidente Rel.
Prof. Avv. Luigi Fumagalli
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