Realizzazione Icona di San Guido Maria

Transcript

Realizzazione Icona di San Guido Maria
SAN GUIDO MARIA CONFORTI
Realizzazione Icona del Santo e simbologia generale
Come noto, l’icona non è arte religiosa, non è espressione di sentimenti; è estranea all’imitazione
della natura. Insomma, il corpo raffigurato non è presente secondo la sua natura, ma è lo specchio
visibile di una realtà invisibile, ed è bagnato dalla luce della grazia. È difficile mostrare ciò che non ha
forma, rappresentare l’incorporeo con i colori. Questo è il compito dell’iconografia.
L’arte dell’icona si fonda su tre elementi: stilizzazione delta persona, prospettiva inversa, fondo
dorato. L’oro è uguale alla luce del Tabor; è un motivo teologico, è una luce spirituale divina.
L’immagine è anzitutto proprietà divina: venerando il Santo ci si eleva dal visibile al desiderio e
all’amore dell’invisibile, del divino… e la grazia di Dio discende su di noi per mezzo di questa
immagine. L’icona può essere chiamata "arte liturgica", che guida l’azione del fedele in preghiera.
Le tappe del fedele o del cammino cristiano grosso modo sono: umiltà, cioè vedere e capire i
propri peccati; conversione a Dio, attraverso le opere di bene; infine, l’amore perfetto.
Bisogna contemplare l’icona pregando incessantemente Colui che è rappresentato. Il Santo
che preghiamo deve aprirci a questa visione e deve rivelarci un potente aiuto. Insomma bisogna far
trasparire il Divino nell’umano.
Per l’icona del Conforti è stata scelta una posizione frontale, leggermente piegata in modo che il
viso venga in avanti, verso colui che guarda, cioè in una prospettiva iconografica dal "profilo
avanzato". È errato eseguire il viso di un santo inclinato, di profilo o addirittura che guarda in basso o
altrove. Normalmente sono rappresentati di profilo le persone meno importanti (ci possono essere
delle eccezioni in qualche contesto).
Lo sguardo di chi prega deve lasciarsi prendere ed essere rapito dallo sguardo del Santo.
Nell’iconografia i santi sono considerati i "somigliantissimi", perché sono i più vicini all’archetipo, a
Cristo.
Il Conforti è senza dubbio in paradiso, pertanto non può avere un viso fotografico, un
aspetto "naturalistico" o con i difetti terreni, ma trasfigurato; deve avere una somiglianza
spirituale; ecco perché è stato eseguito senza occhiali. I corpi celesti non seguono la logica
rappresentativa naturale. Essa mira a una dimensione che supera il mondo naturale.
La fronte è pensierosa, presenza dello Spirito Santo. Le orecchie ben visibili, per udire le
preghiere. Il naso a forma di colonna, la bocca chiusa e più piccola, segno di preghiera e di
meditazione silenziosa.
La mano destra benedice e accoglie la preghiera e la venerazione, nello stesso tempo però indica
la via e la vita del missionario che era per lui lo scopo principale, quello di "aiutare e salvare le
anime del mondo, portare la salvezza nei paesi più lontani". La mano sinistra mostra ben visibile il
Suo motto carismatico: ‘In omnibus Christus" e "Caritas Christi urget nos".
La veste naturalmente è quella della massima carica avuta in vita; si è preferito il manto
tipico, riconoscibile da Tutti, di un colore porpora, colore mistico che richiama il martirio e la
vita. Gli schiarimenti sono evidenziati nei punti a contatto del corpo spirituale, emanando così una
luce trasfigurata. Il rovescio del manto di colore verde, richiama la presenza dello Spirito Santo.
Nei clipei laterali sono rappresentati: da una parte il mondo con l’iscrizione dei cinque cerchi colorati
che simboleggiano i continenti, e dall’altra Gesù in croce, che il Conforti guardava sempre in
gioventù. Attorno al capo del Crocifisso, il nimbo dorato con una doppia serie di iscrizioni: la croce
iscritta - Omega + O + N - a indicare la vicenda storica di Gesù di Nazareth, che "patì sotto Ponzio
Pilato", si intreccia con il motivo teofanico dell’apparizione di Dio nel roveto ardente a Mosè. Le
tre lettere, infatti, sono contrazione di Es 3,14: "Ego eimi ho hon”, "lo sono Colui che sono”. I due
motivi si trovano associati a partire dalla crisi iconoclasta, per sottolineare l’equilibrio delle due
nature in Cristo.
Nell’icona grande (ospitata nel Santuario Conforti a Parma) i clipei sono stati rappresentati nei
cerchi celesti, suddivisi in tre fasce colorate. Il primo più chiaro è quello che vediamo, quello in
1
mezzo è il cosmo, quello più scuro è il cielo del Signore. Blu è uguale a Divinità.
In basso a sinistra è stato rappresentato il Battistero di Parma (mentre per l’icona di Ravenna,
la chiesa di San Vitale), a indicare il servizio episcopale alla chiesa locale. A destra è inoltre
rappresentato san Francesco Saverio. Ha la veste bianca: il bianco indica purezza, il colore
schiarito è trasfigurato. La tonaca è bluastra: significa la sua creazione a immagine di Dio. Il manto
porpora con schiarimenti bluastri è sempre un colore mistico. Con la mano destra tiene la croce,
segno di evangelizzazione. La mano sinistra è coperta in gesto di rispetto e trattiene il Vangelo. Di
solito nelle funzioni liturgiche o nelle immagini sacre la mano che regge qualcosa di sacro è coperta
in segno di rispetto e venerazione.
Per l’icona di Ravenna è stato eseguito un ornamento sulla cornice che è una glorificazione di
questo Santo di grande misericordia.
La tavola usata ha una cornice che divide il mondo Divino da quello umano. Il dualismo è
rispettato anche nei colori delle vesti: colori caldi / freddi, densi / trasparenti, chiaro / scuro. Il
bordo rosso delimita la realtà esterna, delimita il "profano" dal "sacro": trovarsi davanti all’icona
significa guardare attraverso una "finestra" che ha una vista sull’invisibile. L’oro usato è il materiale
più prezioso e ha una rifrazione perfetta della luce: indica la gloria celeste, luce increata, luce di Dio.
Figure ed edifici non producono nessuna ombra, perché appartengono a una realtà
"trasfigurata", che non riceve luce dall’esterno, poiché contiene in se stessa la sorgente della luce.
I primi e i veri iconografi monaci non cercavano di dipingere la realtà, ma di svelarne la
sostanza, la verità, motivo per il quale le proporzioni vengono alterate per seguire rigidi canoni
simbolici. È il motivo per il quale le icone non sono firmate, perché l’autore è Dio stesso.
L’iconografo presta le mani; non ha quindi merito di ciò che scrive, poiché si fa strumento della
volontà di Dio.
A cura di CARLO RICHIEDEI, Caionvico (Brescia)
Domenica 23 ottobre 2011
Alcune note tecniche
Questi appunti sono relativi alla realizzazione dell’icona. È stato utilizzato materiale naturale
sperimentato per secoli.
Per l’icona piccola (donata nella basilica San Paolo Fuori le Mura, e ora venerata nella cappella
della Direzione Generale dell’Istituto Saveriano a Roma), la tavola misura cm 40 x 50 in legno di
tiglio, di cm 3 di spessore, con apposite zeppe per impedire eventuali curvature. Simile è la
dimensione dell’icona per l’arcidiocesi di Ravenna. L’icona venerata nel Santuario del Conforti a
Parma, invece, è quattro volte più grande.
Sulla tavola è stata incollata della tela e ricoperta con dieci mani di gesso.
La doratura è stata realizzata secondo l’antico metodo della doratura a bolo (la doratura su fondo
di terra "bolare" dà la possibilità di lucidare l’oro. Il bolo è una mescolanza di colori rosso,
arancione, terra di Siena con del bianco e una piccola quantità di grasso). Sopra il bolo vengono
fissate le foglie di oro zecchino kt 23 3/4.
L’icona è stata scritta o dipinta adoperando pigmenti naturali; dal punto di vista tecnico, la
potenzialità di tali materiali non può essere ottenuta con altri prodotti per non perdere luce e vita.
Ultimata l’icona, è necessario attendere parecchio tempo, anche mesi, per consentire il naturale
processo di essicazione della tempera all’uovo. Alla fine, a caldo, viene applicato uno strato di olio di
lino (olifa) per la protezione.
Carlo Richiedei e Ivonne
2
LA TECA PER LA RELIQUIA DI SAN GUIDO M. CONFORTI
al duomo di Parma
Spesso ritorno a Parma. Ma in questi giorni ho attraversato i luoghi cari al vescovo san Guido Maria
Conforti. Rivisito la sua cattedrale, spazio nel quale ha esercitato la sua missione, al cui interno è
riecheggiata la sua parola offrendo le primizie del suo sacerdozio.
Sono entrato nei vicoli del Borgo del Leon d'Oro, osservando l'edificio da lui scelto per formare i
missionari della prima ora.
Sono ospite, per questa notte, nella casa madre, il centro storico dei saveriani, dopo aver consumato
il pasto con coloro che qui trascorrono il loro tempo, dopo le fatiche apostoliche: è straordinario
l'impatto che ne ricevo, nell'ascoltare testimonianze di vita, oserei dire, vita da "missionari in diretta".
E poi, le testimonianze raccolte nel piccolo museo delle Memorie, stanze dell'edificio adibite a
custodia degli oggetti del Conforti, quanto resta di ciò che gli è appartenuto e ha usato per il suo
ministero.
Una foto mostra il reliquiario che nel 2002 avevo realizzato per custodire il braccio del santo, donato
alla cattedrale di Parma, e ivi in ostensione per la canonizzazione del 23 ottobre scorso.
Avevo appena lavorato alla scultura "io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo", interpretando la
citazione della lettera di san Paolo ai Galati, per il bronzo destinato a Sorbolo. In esso raffiguravo padre
Pio, il frate segnato nel copro dalle stigmate. In seguito, mi era stata commissionata un'altra statua del
santo da porsi nei giardini degli ospedali Riuniti di Parma: in esso il santo protegge la città,
simboleggiata nel suo battistero, raffigurato al suo fianco.
L'incontro con mons. Alfredo Bianchi fu provvidenziale per me, desideroso come ero di conoscere e
ammirare da vicino gli insigni monumenti di questa nobile chiesa Parmense.
L'illustre sacerdote, responsabile dei beni culturali, ebbe cura di farmi visitare la cattedrale nei suoi
più reconditi spazi. All'interno dell'archivio Capitolare era custodita la cassetta contenente il braccio
destro di mons. Conforti, dono dei saveriani alla diocesi, chiesa madre che aveva "generato" un sì
illustre figlio. Il contenitore cartonato conteneva le ossa del braccio e della mano destra, in attesa di una
teca che le potesse degnamente custodire, in condizioni di maggiore sicurezza. Con gioia accettai la
proposta fattami lì, in quel momento da don Bianchi, di pensare a un reliquiario che servisse allo scopo.
Nei giorni successivi mi ponevo il problema di trovare equilibrio tra spesa e bontà del manufatto,
una condizione non impostami dalla committenza, ma scelta da me che non ricercavo, proprio in
questo caso, una gratificazione di natura economica.
"In omnibus Christus", il motto scelto da mons. Conforti, poi santo, dichiarava l'intento della sua
azione pastorale: portare Gesù Cristo a tutte le genti attraverso l'annuncio del vangelo e il conferimento
del battesimo. Un'azione costante di santificazione che è passata, e passerà sempre, attraverso il gesto di
mani che benedicono, che consacrano, che ungono con il crisma, che versano acqua. Quella mano,
conservata gelosamente in archivio, era destinata a essere mostrata alla devozione dei fedeli, posta sotto
gli occhi di tutti: la teca, nel mio intento, l'avrebbe custodita e nel contempo, anche a porticina chiusa,
ne avrebbe lasciato intuire la presenza.
È una mano, questa segnata sulla portella, in atto di benedire, che fa riferimento a quella stessa di un
successore degli apostoli che ha formato i suoi seguaci, rendendoli missionari in ogni continente:
dintorno, poi, sono raffigurate le varie parti della terra.
Nella zona inferiore del reliquiario, innumerevoli altre mani di uomini e di donne si protendono
verso l'alto, a indicare le moltitudini di genti in attesa della salvezza: "la messe è molta ma gli operai
sono pochi". Nella parte posteriore è modellata la Vergine Assunta, immagine tratta dal logo della
chiesa cattedrale. Il piano di chiusura, posto al disopra della teca, termina formando una cupoletta, a
simboleggiare la forma di una piccola casa che si innalza, dal sapore medievale.
Il tutto è di lamina in bronzo fuso e cesellato, con la mano è in argento massiccio, ornata da un
anello d'ametista, tipico della dignità vescovile. L'intero disegno è reso mediante il bassorilievo a
stiacciato, mentre il rivestimento interno è stato realizzato con l'utilizzo di damasco in seta rossa,
tessuto nel Real Setificio di San Leucio di Caserta.
Don BATTISTA MARELLO da Caserta, sacerdote artista
Parma, 5 dicembre 2011
3
ST. GUIDO MARIA CONFORTI
The symbology of the icon – by CARLO RICHIEDEI, Caionvico (Bs)
An icon is not classified as religious art, nor is it an expression of sentiments; it has nothing to do with the
imitation of nature.
In short, the portrayed body is not shown according to its nature; it is the visible mirror of an invisible
reality and is bathed in the light of grace It is difficult to portray something that has no form, or represent the
incorporeal with colors. This is the task of iconography.
The art of the icon is based upon three elements: the stylization of the person, inverse perspective and a
golden background. Gold symbolizes the light of Mount Tabor; it is a theological motif, a divine spiritual light.
The image is first and foremost a divine property: by venerating the saint we are raised up from what is
visible to the desire and love of what is invisible (the divine) and God’s grace descends upon us through this
image. The icon can be called “liturgical art”, which guides the action of the believer in prayer. The stages of
the Christian journey are, essentially: humility (recognizing and understanding our sins), conversion to God
through good works and, finally, perfect love.
We must contemplate the icon by praying unceasingly to the One who is represented. The Saint to whom
we pray opens our eyes to this vision and reveals to us his powerful help. In short we must make the Divine
shine through the human.
In the icon, Conforti is shown head-on and slightly inclined to that the face leans forwards towards the
observer; it would be wrong to portray the face of a saint tilted, in profile, looking down or elsewhere. Usually,
unimportant persons are portrayed in this manner (though there are some exceptions in certain contexts).
Those who pray before the icon must allow themselves to be captivated by the gaze of the saint.
In iconography, saints are considered to be the "most true to life" because they are the closest to the
archetype, who is Christ.
Conforti is undoubtedly in heaven, therefore he cannot be shown with a photographic or “naturalistic”
appearance , or with earthly defects; he must have a spiritual likeness and this explains why he is not wearing
spectacles. Heavenly bodies do not follow natural logic. They inhabit a dimension that surpasses the natural
world .
The forehead is thoughtful, indicating the presence of the Holy Spirit. The ears are clearly visible in order to
hear prayer. The nose has the form of a column and the mouth, which is smaller and closed, signifies prayer
and silent meditation.
The right hand blesses, welcoming the offered prayer and veneration; at the same time, however, it also
indicates the way and the life of the missionary, which was Conforti’s principal goal:
"to help save the souls of the world and take salvation to the most distant countries ". The left hand shows
his charismatic mottos: ‘In omnibus Christus" and "Caritas Christi urget nos".
Conforti is clothed in the garments of his episcopal rank: his cloak is of a mystical color that reminds the
observer of martyrdom and life. Bright patches are evident in the points of contact with the spiritual body,
thus emanating a transfigured light. The reverse side of the cloak, which is green in color, indicates the
presence of the Holy Spirit.
The upper left-hand clypeus portrays the world with five colored circles that represent the continents; the
upper right-hand clypeus represents the crucified Jesus, who Conforti always contemplated in his boyhood.
The head of the Crucified Jesus is surrounded by a golden halo with a double series of: the cross inscribed with
- Omega + O + N – to indicate the historical life of Jesus of Nazareth, who "suffered under Pontius Pilate", is
interwoven with the theophanic motif of God’s apparition to Moses in the burning bush. The three letters are
a contraction of Ex 3:14: "Ego eimi ho hon”, "I am who I am”. The two motifs have been associated with each
other since the iconoclastic crisis and symbolize the equilibrium between the two natures in Christ.
On the lower left-hand side of the icon we see the Baptistery of Parma, which indicates Conforti’s
episcopal service to the local Church. On the right-hand side is portrayed St. Francis Xavier. He is clothed
in a white robe: the color white symbolizes purity, the clear color is transfigured. The tunic is bluish and this
signifies his creation in the image and likeness of God. The purple cloak with bluish brightening is always a
mystical color. The right hand hold a cross, the symbol of evangelization. The left hand is covered in a gesture
of respect and holds the Gospel. Usually, in liturgical functions or in sacred images, the hand that holds
something sacred is covered in a sign of respect and reverence.