La parola chiave
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La parola chiave
Vi è una variabilità ‘buona’, conseguenza delle diverse caratteristiche e scelte dei pazienti; una variabilità ‘cattiva’, conseguenza di inadeguatezze professionali; vi è, infine, una variabilità di prestazioni che non siamo in grado di spiegare La radice comune dei tre termini è abbastanza ovvia: vario. Vario è aggettivo e significa diverso, multiforme, polimorfo, disuguale. Il suo contrario è: omogeneo, uniforme, immutabile, uguale. Ciò che è variabile ha una caratteristica lapalissiana: la variabilità. Con ciò ci si riferisce alla mutabilità, come quando si dice che il tempo previsto è variabile o che il collega è – e in questo gli diamo un’accezione negativa – di umore variabile! Vario è ciò che presenta elementi costitutivi diversi l’uno dall’altro, che non è uniforme, che si distacca dalla norma; al plurale acquisisce anche il significato di molteplice; un insieme di cose numerose e allo stesso tempo diverse: “Ho visitato vari pazienti con differenti patologie!”. La varietà è considerata, abitualmente, un pregio. Ludovico Ariosto scriveva: “Come riaccende il gusto il mutar esca, così mi par che la mia istoria, quando or qua ora là più varia sia, meno a chi l’udirà noiosa sia”. Anche un buon rimedio, quindi, contro la noia, cosicché il Leopardi – che di noia se ne intendeva – poteva affermare che “[...] la varietà è tanto nemica della noia che anche la stessa varietà della noia è un rimedio o un alleviamento della stessa”. Variabile è quindi una grandezza che può assumere diversi valori all’interno di un insieme. Variabile indipendente è quella su cui è definita una funzione e assume arbitrariamente valori all’interno di un insieme; la variabile dipendente ha invece i valori determinati da un’altra variabile. Sir Ronald Fisher nel 19181 introduce, nell’analisi statistica, il concetto di varianza. La varianza è una misura del grado di variazioni o oscillazioni presenti, relativamente al parametro Questa parola chiave è tratta dal libro di Marco Geddes da Filicaia Cliente, paziente, persona. Il senso delle parole in sanità, edito da Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2013. 26 CARE 4, 2013 Parole chiave VARIABILE, VARIANZA, VARIABILITÀ che vogliamo stimare, nella popolazione. Una popolazione in cui il parametro da misurare, quale ad esempio la statura, presenta ampie oscillazioni ha una varianza elevata; una popolazione in cui le oscillazioni sono scarse ha una bassa varianza. L’intervallo di variazione, o range, consiste semplicemente nella differenza tra il valore massimo e il valore minimo della distribuzione; questo dipende esclusivamente dai valori estremi, perciò si può avere una stima ingannevole della variabilità nella popolazione soprattutto se si hanno pochi valori e molto diversi fra di loro. Una maniera per ovviare a questo problema è quella di utilizzare la media dei valori e di calcolare lo scarto di ciascun valore dalla media, cioè la deviazione. Poiché tali valori (gli scarti dalla media) saranno, pensandoli in un grafico che ne rappresenti la distribuzione, “a destra o a sinistra della media”, ci saranno numeri positivi per tutti i valori al di sopra della media (a destra) e numeri negativi per tutti i valori al di sotto della media (a sinistra); sommandoli si arriva a 0 (i valori positivi sarebbero annullati da quelli negativi). Pertanto, al fine di esprimere tale indice con un numero, Fisher elevò al quadrato le deviazioni dalla media (il quadrato di un numero negativo è un numero positivo). Se sommiamo i quadrati delle deviazioni (o ‘scarti’) dalla media e dividiamo questa somma per il numero delle osservazioni, otteniamo, appunto, la varianza (o scarto quadratico medio). La natura presenta una gran varietà di cose, come osservava Lucrezio, ritenendo che sì ampia variabilità non potesse discendere da un solo elemento, come sosteneva invece Eraclito2. Tuttavia la variabilità che caratterizza le prestazioni sanitarie appare spesso eccessiva e su di essa si concentra da tempo l’attenzione di esperti di programmazione e di chi si occupa di management. Si può distinguere una variabilità temporale e una variabilità spaziale. La variabilità temporale è quella che si osserva nell’ambito di uno stesso servizio, dove la richiesta di prestazioni (diagnostiche, interventi chirurgici, ecc.) è oscillante nel corso della giornata. Non solo nelle 24 ore, ma anche all’interno delle 8 o 12 ore. Poiché le risorse, principalmente di personale, sono invece fisse e non attivabili – al di là di una maxi emergenza – a domanda, vi sono tre metodologie per far fronte alla variabilità di domanda. Il primo metodo è quello più frequentemente in uso: avere un sovraffollamento, con attese di pazienti – ad esempio al Parole chiave Pronto Soccorso – che vengono “smaltiti” quando la domanda ha la sua naturale flessione. Ciò comporta un rapporto operatori/pazienti, in determinati periodi della giornata, inadeguato, che si riflette sugli esiti del ricovero3, con disagio per gli operatori e i pazienti4 e un aumento di rischio per gli utenti5. Il secondo metodo è quello di calibrare le risorse sul picco più alto della domanda, assicurando così un rapporto ottimale operatori/pazienti; un approccio ancora diffuso, ma in misura ridotta rispetto al passato in conseguenza della diminuita disponibilità di risorse. Si tratta di avere operatori sanitari che, per larga parte della giornata, starebbero, come si dice in termini tecnici, in stand by (traduzione: perdere tempo; stare con le mani in mano; bighellonare [voce gergale]). Le criticità di tale soluzione sono evidenti e non si limitano a quelle di carattere economico: ridotta soddisfazione degli operatori, perdita di capacità professionale, scarso adattamento ad affrontare situazioni di maggiore impegno, ecc. Vi è infine un terzo approccio su cui, negli ultimi anni, lavora chi si occupa di management sanitario: la riduzione della variabilità6. Studiando tale fenomeno, ad esempio negli accessi al Pronto Soccorso o nell’ambito dell’utilizzo delle sale operatorie, si evidenzia che solo in parte è attribuibile a situazioni di emergenza o a flussi di accesso imprevedibili. In larga parte è conseguente ad una inadeguata pianificazione delle attività programmate, a rallentamenti nel percorso dei pazienti fra un servizio e l’altro, all’esistenza di “colli di bottiglia” nel percorso assistenziale. L’obiettivo realistico non è un totale annullamento della variabilità temporale, ma una sua riduzione ad un livello “fisiologico”, che permetta una ottimizzazione delle risorse, assicurando nel contempo un adeguato rapporto operatori/pazienti e incrementando il tempo disponibile per l’assistenza diretta al malato. La variabilità spaziale è quella che si rileva invece nel confronto fra volumi di attività effettuati dai diversi erogatori (ospedali, medici di base, ecc.) o nella frequenza di prestazioni in diverse aree e in differenti gruppi di popolazione. Tale variabilità è determinata, oltre che dal caso (la variazione random), da due tipologie di fattori: quelli che influenzano la domanda e quelli che influenzano l’offerta e Cliente, paziente, persona Il senso delle parole in sanità di Marco Geddes da Filicaia Una parola vive quando viene pronunciata e le sue vite e i suoi significati sono diversi da tempo a tempo, da luogo a luogo, da persona a persona. Come l’orbita di un elettrone intorno al nucleo ha un margine di indeterminatezza, così il senso che la parola assume oscilla in base alle circostanze e al contesto. Quello sanitario è un mondo di segni, di significati e quindi di parole da ascoltare, da interpretare. Cliente, privacy, cambiamento, fragilità, accettazione, qualità, spreco, sono alcune delle «parole della sanità» contenute in questo libro, scelte perché spesso utilizzate in modo approssimativo, casuale, sbadato proprio in quei luoghi dove ci si confronta con il dolore, la morte, la vita, la speranza e dove, se non vi è competenza e attenzione nell’uso delle parole e nella comprensione dei loro significati, scarsa sarà la capacità di ascolto e di interpretazione. Numero verde 800-259620 www.pensiero.it 27 CARE 4, 2013 Parole chiave attualmente di 4 volte nella popolazione di una Azienda Sanitaria rispetto a quella confinante. L’utilizzo di antibiotici nel 2009 (DDD/1000 abitanti) varia, per Regione, dal 12,9 al 35,8; i parti cesarei sono il 14,5% dei parti nella Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia e il 50,3% nel Policlinico Umberto I di Roma! Vi è una variabilità ‘buona’, che è conseguenza delle diverse caratteristiche e scelte dei pazienti; vi è una variabilità ‘cattiva’, conseguenza di inadeguatezze professionali o di un orientamento centrato sugli interessi dell’offerta; vi è, infine, una variabilità di prestazioni che non siamo in grado di spiegare e di collocare in una delle due categorie indicate9. L’obiettivo è mantenere la buona, eliminare la cattiva e studiare le caratteristiche e le cause della variabilità che ancora non comprendiamo. Marco Geddes da Filicaia Medico hanno ripercussioni sull’appropriatezza, sull’equità di assistenza, sull’efficienza e sull’efficacia delle prestazioni. La domanda è dipendente dalla prevalenza delle patologie (e quindi dai determinanti di salute), dalle decisioni dei pazienti, dalle indicazioni/prescrizioni che il medico di base dà al proprio paziente, ecc. L’offerta è conseguente alle risorse (medici specialisti, posti letto, liste di attesa, attrezzature diagnostiche, ecc.), alle linee guida, alla configurazione dei servizi, alla preparazione e alle abitudini dei professionisti, alle modalità di accesso e di pagamento delle prestazioni. L’interrelazione fra i determinanti della domanda e i determinanti dell’offerta viene così a produrre un’ampia variazione di prestazioni – a cui talvolta non è estraneo neanche il malaffare – che risulta abitualmente maggiore per tutte quelle ‘azioni’ per le quali l’evidenza è più debole e vi è maggiore incertezza di comportamento fra i professionisti. Un tasso diverso di prestazioni fra due popolazioni può significare che si effettuano attività eccessive e inappropriate, ovvero che una popolazione ha un accesso ridotto a prestazioni necessarie; risulta pertanto complesso identificare quale sia la frequenza appropriata dei diversi interventi7. In Italia le variazioni sono molteplici. Qualche esempio? Se la tonsillectomia variava di 20 volte, alla fine degli anni Trenta, fra un quartiere e l’altro di Londra8; in Toscana varia 28 CARE 4, 2013 BIBLIOGRAFIA 1. Fisher RA. The correlation between relatives on the supposition of mendelian inheritance. Philosophical Transactions of the Royal Society of Edinburgh 1918; 52: 399-433. 2. Tito Lucrezio Caro, De rerum natura, I, 654. 3. Aiken LA, Sermeus W, Van den Heede K, et al. Patient safety, satisfaction, and quality of hospital care: cross sectional surveys of nurses and patient in 12 countries in Europe and in the United States. BMJ 2012; 344: e1717. 4. Needleman J, Buerhaus P, Pankratz VS, et al. Nurse staffing and inpatient hospital mortality. N Engl J Med 2001; 364: 1037-45. 5. Guttmann A. Association between waiting times and short term mortality and hospital admission after departure from Emergency Department: population based study from Ontario, Canada. BMJ 2011; 342.d2983. 6. Litvak E. Optimizing patient flow by managing its variability. In: From front office to front line. Joint Commission on Accreditation of Health organizations, USA, 2005. 7. Wennberg J. Which rate is right? N Engl J Med 1986; 314: 10-11. 8. Glover AJ. The incidence of tonsillectomy in schoolchildren. Proceeding of Royal Society of Medicine 1938; 10: 1219-1236. 9. Appleby J, Raleigh V, Frosini F, et al. Variations in health care. The good, the bad and the inexplicable. London: King’s Fund, UK, 2011.