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n° 360 - maggio 2013 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it Le quattro stagioni, allegoria e sentimento Un tema suggestivo che fin dall’antichità ispira le arti figurative, la letteratura e la musica Del tema così fecondo delle quattro stagioni, da cui hanno ampiamente attinto le arti figurative, la musica e la letteratura fino a oggi, si possono trovare le origini nell’antichità, anche se in un periodo abbastanza tardo. Infatti, in Grecia come in Egitto, le condizioni climatiche già coincidevano con la ripartizione dell’anno, ma le stagioni anticamente riconosciute erano soltanto tre. È solo nel IV secolo a. C., grazie alle nuove osservazioni astronomiche, che si stabilisce la divisione dell’anno in quattro parti. La quadripartizione corrisponde, appunto, all’individuazione dei quattro punti fissi del calendario solare: gli equinozi, di primavera e d’autunno, e i solstizi, d’estate e d’inverno, che segnano il passaggio tra le stagioni. Da questo momento anche le Horai, già affiancate ai diversi periodi dell’anno, che però erano soltanto tre, diventano quattro e vengono definitivamente associate alle diverse stagioni. Le antiche dee, tradizional- mente incarnate da bellissime fanciulle, sono infatti le responsabili della regolarità dei fenomeni naturali e attendono alla crescita della vita, sia della vegetazione sia degli uomini, ed è perciò grazie a queste caratteristiche che, in età ellenistica, diventano le personificazioni delle stagioni. Di conseguenza ognuna di esse assume precisi attributi con diretto riferimento alle peculiarità stagionali e alla loro natura di dispensatrici di favori. Generalmente, i consueti connotati sono: per la Primavera, l’abbondanza di fiori, la bacchetta di vinco del pastore, i capretti, il secchio per mungere e il cesto con i formaggi; per l’Estate, i frutti, i fasci di spighe e papaveri e la falce; per l’Autunno cesti di frutta, grappoli d’uva e rami d’olivo e per l’Inverno, che di solito porta un bastone ed è avvolto in un mantello, la cacciagione e la presenza di un verro. Nell’arte figurativa romana, dove la Nettuno con le quattro stagioni Tunisi, Museo del Bardo sopra Antoine Watteau: Cerere Washington, National Gallery a lato Sandro Botticelli: La Primavera Firenze, Galleria degli Uffizi pag. 2 rappresentazione delle stagioni è molto diffusa, dal II al IV secolo d.C. le consuete giovani donne lasciano spazio anche a putti e a figure maschili. Spesso si trovano nella decorazione funeraria, piene dei loro doni, a ricordare la transitorietà e le bellezze della vita: un memento mori che vuole suggerire di vivere pienamente queste offerte finché possibile. L’aspetto della florida fanciulla resta per lo più legato alla Primavera coronata di fiori, che viene anche affiancata a Venere, Flora o Proserpina, mentre all’Estate si associa una donna matura col capo ornato di spighe, spesso impersonata da Cerere; l’Autunno si accosta alla vendemmia con un giovinetto ornato d’uva e pampini, legandosi ovviamente a Bacco, e l’Inverno diventa un vecchio col capo coperto. Nella tarda antichità, in pratica, tutte le religioni misteriche sfruttano la polivalente simbologia delle stagioni: dalla bellezza dei doni della vita terrena per una serena attesa dell’aldilà, alle quattro età della vita, alla transitorietà e rinascita. Anche il cristianesimo raccoglie la tradizione allegorica, pur piegandola ai nuovi significati legati alla propria dottrina. Nell’aspetto esteriore in molti casi rimane fedele alla tradizione classica, ma, attenuando certi aspetti propriamente pagani, lega la simbologia a quella del paradiso cristiano. Dal Medioevo poi, le nuove dottrine astrologiche cominciano a mescolarsi all’eredità classica per creare raffigurazioni decisamente più complesse. A volte può capitare di trovare insieme alle stagioni le immagini dei mesi, anche se molteplici testimonianze dimostrano che generalmente mesi e stagioni sono trattati in modo indipendente. Facilmente in epoca medievale l’iconografia propone i vari mestieri agricoli associati alle relative parti dell’anno, come la semina, la mietitura, il raccolto e la caccia. Altrettanto facile è trovare le stagioni legate alle età dell’uomo: la nascita che corrisponde alla primavera, la maturità all’estate, l’inizio del decadimento all’autunno, la vecchiaia e la morte all’inverno. sopra Arcimboldo: L’Inverno e la Primavera - Parigi, Musée du Louvre sotto Bartolomeo Manfredi: Allegoria delle stagioni - Dayton, the Dayton Art Institute Nel Quattrocento il tema è ancora ampiamente trattato, sia pure in vere e proprie declinazioni verso l’astrazione dell’ideale, in completa libertà dagli aspetti simbolici tradizionali. Fra tutte merita ricordare l’Allegoria della Primavera di Sandro Botticelli, una vera e propria trasfigurazione del tema a favore della più alta idealità, che sembra collegarsi alle fonti classiche di Lucrezio e Poliziano. Botticelli sembra volerci far vivere una favolosa atmosfera mitologica della quale è difficile dare un’unica interpretazione, tanto che la lettura dell’opera è tuttora in discussione. Dal Rinascimento in poi si diffonde ampiamente la moda di raffigurare le stagioni, in forma di affresco o tappezzeria, nelle decorazioni di ville e palazzi con carattere puramente mitologico e allegorico, com’è, per esempio, il lavoro di Paolo Veronese a Villa Maser. Da questo momento, inoltre, la rappresentazione delle stagioni, per quanto ampiamente riproposta, comincia a perdere il valore simbolico e, liberandosi dall’iconografia che la contraddistingue, si avvicina alla purezza dell’espressione artistica legata alla sensibilità dell’autore. Ecco così le fantasiose raffigurazioni dell’Arcimboldo, che per la loro originalità e fortuna si distinguono dalla produzione corrente. Il ciclo de Le Stagioni è parte di un lavoro che comprende anche un altro pag. 3 François Boucher: Estate - New York, Frick Collection ciclo, quello de I quattro elementi. In questo ogni stagione è composta in modo da rivolgersi verso un corrispondente elemento in un gioco aristotelico di rapporti. La Primavera è una donna che prende forma da una ricca composizione floreale. L’Estate è ancora rappresentata da una donna, ma stavolta costruita con frutti e ortaggi. A rappresentare l’Autunno, invece, c’è un uomo dai lineamenti grossolani, costruito con frutta e ortaggi tipici di quel periodo dell’anno, con l’aggiunta di elementi tradizionali come il tino per la produzione del vino. Per l’Inverno c’è un vecchio, formato da un tronco nodoso e funghi, con l’unica nota ravvivante data dagli agrumi che sono tra i pochi frutti reperibili in questa stagione. L’abbandono dell’aspetto simbolico, da qui in avanti e fino a oggi, porta Alfons Mucha: Primavera e Autunno - Collezione privata alla produzione di opere principalmente legate al sentimento che ogni specifica stagione suscita nell’artista. Può ancora capitare di imbattersi in lavori come l’Allegoria delle stagioni di Bartolomeo Manfredi, autore di scuola caravaggesca che, pur nello stile del periodo, le raffigura nella veste iconografica tradizionale, o, più tardi, nelle riproduzioni allegoriche, inserite nel proprio contesto storicoculturale, di Alfons Mucha, ma lo schema simbolico comunque tende ad alleggerirsi. Si passa così dalle licenziose raffigurazioni di François Boucher, in armonia con la settecentesca frivolezza dei costumi, fino ad arrivare a opere che scelgono chiaramente l’ambientazione in un preciso quanto riconoscibile periodo dell’anno senza alcun riferimento simbolico se non quello emozionale. Opere che riescono a risvegliare nel- Giovanni Fattori: La signora Martelli a Castiglioncello - Livorno Museo Fattori Vincent Van Gogh: Le rive della Senna - Amsterdam, Van Gogh Museum pag. 4 l’osservatore le sensazioni e le emozioni che ogni stagione, di volta in volta, fa vivere. Come possiamo non apprezzare il tepore che emana il dipinto con la Signora Martelli a Castiglioncello di Giovanni Fattori o Le rive della Senna di Vincent Van Gogh; e come non sentire, invece, un brivido guardando Lavacourt sotto la neve di Claude Monet? francesca bardi Camille Pissarro: La strada di Versailles - Claude Monet: Papaveri ad Argenteuil - Parigi- Musée d'Orsay