diritti umani - Comune di Empoli

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Diritti umani
Amina Lawal non sarà più lapidata. La corte islamica nigeriana
l’ha assolta dall’accusa di adulterio, inflitta alle donne che,
come Amina, hanno un figlio senza essere sposate o dopo un
divorzio. Si ripete, con Amina, la storia che pochi mesi prima è
stata quella di Safya Husseini Hangar Tudu, che ha rischiato la
lapidazione per aver avuto una bimba, quando era separata dal
marito, dal suo violentatore.
Molti rappresentanti delle istituzioni, tra cui il vice presidente
della Regione Toscana Angelo Passaleva e il presidente della
Provincia di Firenze Michele Gesualdi hanno aderito alla raccolta di firme per sostenere la campagna per Amina. Le pena era
stata sospesa per consentire alla donna di allettare il neonato:
l'esecuzione era fissata per il 25 settembre scorso.
Contro la pena di morte la Regione Toscana si era già mossa
per Rocco Barnabei e per Safiya e sta organizzando per tutto il
2003 un articolato progetto per riflettere e far riflettere, a
cominciare dai più giovani e dalle scuole. C'è un video contro
la pena di morte, diretto da Stefano Massini, sono previsti
Amnesty International, organizzazione a favore dei diritti umani, ha
presentato a Ginevra i dati sull’applicazione della pena di morte
durante l’anno 2002. Secondo AI sono state messe a morte 1.526
persone in 31 paesi. La stessa organizzazione ha chiesto alla
Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani di intraprendere una
azione importante contro la pena di morte nel mondo e di stabilire
una moratoria universale sulle esecuzioni. In 67 paesi sono state
emesse 3.248 condanne a morte. In Cina sono state condannate
1.060 persone; 113 esecuzioni in Iran anche se le informazioni sui
due paesi non sono complete; negli Usa 71 condanne, un dato maggiore del 2001. Alla fine dell’anno 111 paesi avevano rinunciato alla
pena di morte per legge o di fatto. Cipro e la Repubblica Federale di
Jugoslavia (ora Serbia – Montenegro) hanno abolito la pena di morte
per tutti i reati. Ricordiamo che la Turchia l’ha abolita di fatto. Nel
2002 è nata una Coalizione mondiale contro la pena di morte per tutti
i reati e si sta battendo per l’abolizione universale.
incontri a teatro con gli studenti ed uno
spettacolo, "L'ultimo condannato a morte",
con musiche di Enrico Ruggeri che debutterà a novembre a Siena, città di Rocco Derek
Barnabei condannato a morte nel 2000
negli Stati Uniti.
Il 2003 si è aperto del resto con una grande attesa: l'approvazione di una moratoria
universale contro le esecuzioni capitali da
parte dell'Onu. Per due volte, negli ultimi
cinque anni, l'Assemblea generale delle
Nazioni Unite ha discusso una proposta di
sospensione incondizionata di tutte le esecuzioni. Alla fine del
2002 erano 76 i paesi che avevano abolito la pena di morte
per tutti i reati, altri 15 l'avevano mantenuta per i soli crimini di
guerra o per casi particolari. In altri venti paesi infine, si sottolinea nel rapporto annuale di Amnesty International presentato
a Londra, la pena di morte rimane ma di fatto da dieci anni non
è stato giustiziato nessuno. Negli Stati Uniti invece l'anno scorso sono state eseguite 61 condanne a morte: 33 solo nel
Texas, di cui tre condannati ancora minorenni all'epoca dei fatti
di cui sono stati imputati.
“Un ragazzo tentò di scappare (dai ribelli), ma fu preso... le sue mani
furono legate, poi essi costrinsero noi, i nuovi prigionieri, a ucciderlo con un bastone. Io mi sentivo male. Conoscevo quel ragazzo da
prima, eravamo dello stesso villaggio. Io mi rifiutavo di ucciderlo ma
essi mi dissero che mi avrebbero sparato. Puntarono un fucile contro di me, così io lo feci. Il ragazzo mi chiedeva: perchè mi fai questo? Io rispondevo che non avevo scelta. Dopo che lo uccidemmo,
essi c i fecero bagnare col suo sangue le braccia... ci dissero che
noi dovevamo fare questo perchè così non avremmo avuto più paura
della morte e non avremmo tentato di scappare... Io sogno ancora
il ragazzo del mio villaggio che ho ucciso. Lo vedo nei miei sogni, egli
mi parla e mi dice che l’ho ucciso per niente, e io grido”.
(Susan, 16 anni, rapita dal Lord’s Resistance Army, in Uganda)
É stata effettuata la prima distribuzione di cibo ai bambini dell’ospedale. Parte così un
programma di aiuti umanitari che raggiungerà anchè Kirkuk.
Mercoledì 16 aprile Save the Children ha provveduto alla distribuzione di cibo a bambini malati o feriti ricoverati in un ospedale
della città di Mosul, nel Nord dell’Iraq. Per settimane questi bambini hanno mangiato solo riso, sale e zucchero. Hanno provveduto ad acquistare frutta fresca, vegetali, carne e fagioli per assicurare loro un adeguato contributo proteico. Già prima del conflitto l’11% dei bambini del Nord Iraq soffriva di malnutrizione cronica.
Save the Children è entrata a Mosul 48 ore dopo la resa della città alle forze guidate dalle truppe americane e ha immediatamente contattato i rappresentanti della società civile locale per stabilire un rapporto che portasse un aiuto immediato e ed efficace alla popolazione. Save the Children lavora affinché i bambini ricoverati nell’ospedale ricevano d’ora in poi un’alimentazione
adeguata al loro fabbisogno calorico. Questa distribuzione di cibo segna l’inizio di un programma umanitario a Kirkuk e a Mosul
che ha come finalità la fornitura di assistenza medica ed alimentare ai bambini.
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