Possibili innovazioni nelle più importanti colture

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Possibili innovazioni nelle più importanti colture
Possibili innovazioni nelle più importanti
colture
In questa nota sono esposti alcuni nuovi possibili orientamenti di sviluppo e ricerca utili per
l’innovazione delle principali colture cerealicole, di leguminose da granella, di specie Industriali ed
oleaginose coltivate o potenzialmente coltivabili nel nostro Paese. Siamo infatti convinti che varie
innovazioni su queste colture potrebbero portare vantaggi economici, sociali ed ambientali non
indifferenti alla nostra Agricoltura.
Cereali.
L’ introduzione della perennità, già ottenuta in alcune varietà di riso ed a buon punto in altri cereali:
frumento e sorgo, potrà certamente rivoluzionare le attuali pratiche agronomiche ed introdurre
nuove modalità di produzione con conseguenti notevoli risparmi economici e vantaggi ambientali.
Nel contempo converrà, nel Nord e nel Centro del Paese, indirizzare le coltivazioni di varietà di
frumento tenero che presentino granella di elevata qualità, così da diminuire l’importazione di
granella di “grani di forza” (più costosi) dall’estero, necessari nelle miscele per la panificazione.
Queste importazioni sono attualmente pari al 50% circa del necessario per sopperire alla nostra
carenza del prodotto di base.
Per il frumento duro, a seguito della fine dei finanziamenti europei su questo cereale, che ha
fortemente penalizzato in particolare la economia del Sud, si dovranno costituire o comunque usare
varietà sempre più produttive, con elevato contenuto proteico della granella, più resistenti alle
malattie, molto presenti nel Nord e meglio adattabili alle diverse e specifiche condizioni pedoclimatiche della Penisola, con particolare riferimento al nord, in cui la resistenza al freddo può
rappresentare un importante fattore limitante.
In tal modo si potranno diminuire le importazioni, oggi pari a circa il 30% del prodotto, fabbisogno
reso necessario per garantire la produzione di paste alimentari per il consumo interno e le rilevanti
esportazioni.
La coltivazione dell’ orzo potrebbe essere prevalentemente indirizzata alla produzione di “birre di
qualità”, rimpiazzando anche parzialmente le coltivazioni del grano duro, in particolare al Sud,
ottenibili date le caratteristiche ambientali ottimali dell’ambiente meridionale. Le prospettive
sembrano interessanti. Infatti, attualmente, il consumo della birra ha superato quello del vino anche
in Italia. In questo caso sarà però necessario costituire nel Meridione e nelle Isole l’intera filiera
(produzione di granella idonea, malterie, produzione di luppolo nelle zone montane e birrifici) per
sopperire ai crescenti consumi nazionali ed anche per esportare birre di qualità e sanità superiori.
Per il riso, si dovranno verificare le possibilità di allevare tipi di “riso pluviale”, che cioè producano
con irrigazione, sia a pioggia che a scorrimento, con consumi idrici analoghi a quelli usati per la
produzione di mais o pomodoro, con rese di risone pari alle attuali medie nazionali (50-60 quintali ad
ettaro), ma con spese di produzione ben inferiori a quelle tradizionali in cui il riso è allevato in
sommersione, facilitando la possibilità di introdurre il riso in rotazione con altre colture nel Centro e
nel Sud, oltre che nel Nord.
Tali tipi sono da molto tempo coltivati in Asia e recentemente anche in Africa (risi NERICA, cioè
ibridi di risi indica con una specie di riso africano).
La coltivazione in Italia di risi perenni (già coltivati in Cina) richiede la ricerca e costituzione di
varietà perenni, produttive, adattabili ai diversi ambienti, ma anche resistenti al freddo nel caso di
coltivazione nel Nord Italia.
Nell’avena si dovranno costituire varietà di superiore qualità nutrizionale per ottenere dalla
granella, possibilmente nuda, prodotti di élite, specie per quelli usati per la colazione.
Per la segale, si dovranno costituire e diffondere in particolare cultivar tetraploidi. Alcuni tipi sono
stati studiati recentemente dall’ENEA e presentano produzioni e qualità di granella molto superiori
ai tipi diploidi normali.
Per il triticale si potranno diffondere varietà di elevata produzione, sia foraggiera (in coltura singola
o in consociazione con varie leguminose) che per la produzione di granella zootecnica. Varietà di
triticale prive di proteine omega, di recente costituzione in Polonia, con migliori caratteristiche di
impasto, risultano idonee per ottenere pani di buon aspetto e qualità.
Il farro ed il grano monococco (in particolare i tipi con granella nuda) potranno valorizzare aree più
ampie di quelle attuali, specie usando alcune aree montane marginali, per ottenere diversi
particolari “prodotti di nicchia” (ad esempio il pane Carasau in Sardegna) e pasta di elevata qualità
nutrizionale. Sono anche già disponibili numerose linee di tritordeum, una nuova specie (6n e 8n)
ottenuta da incroci di frumenti duri con una specie di orzo sudamericano (Hordeum chilense),
effettuati da una organizzazione di ricerca spagnola, con il rilascio di due varietà della ditta Agrasys.
Questa nuova specie dovrà essere testata anche in Italia ed usata per analizzare i vari prodotti
ottenibili.
Il mais, tra tutte le grain crops, è certo la specie in cui il miglioramento genetico ha finora fornito in
assoluto i migliori risultati, con produzioni di granella che oggi superano le 15 tonnellate per ettaro.
Da parte di alcuni esperti si ritiene che, in questa specie, con molte difficoltà, possano essere
ottenuti ulteriori miglioramenti quantitativi.
Tuttavia, in questa sede, vorremmo segnalare alcune problematiche esistenti e degne di essere
affrontate. Anzitutto la possibilità di realizzare nel mais una maggiore resistenza alle basse
temperatore nella fase iniziale di sviluppo (anche di pochi gradi sotto i 10 C°) così da poter
anticipare di qualche settimana le semine ed ottenere ibridi di più lunga vegetazione ed in migliori
condizioni ambientali, specie nei climi temperati.
Una seconda innovazione potrebbe essere l’introduzione della perennità, almeno in aree
subtropicali, con incroci col teosinte perenne.. Inoltre potrebbe essere interessante selezionare tipi
con due infiorescenze femminili, associate con lo “stay green”.
Anche le dimensioni e la qualità della granella potrebbero essere migliorate, anche nei confronti dell
contenuto proteico. Inoltre il miglioramento genetico dovrebbe essere indirizzato sul mais per
ottenere varietà con una maggiore resistenza alle micotossine, introducendo geni di resistenza ai
funghi “micotossigeni” quali Aspergillus, Penicillium e Fusarium.
Infine un altro obiettivo del miglioramento genetico potrebbe essere quello di selezionare linee di
mais con un alto contenuto di zuccheri nel fusto (come già si trova nei Sorghi e nel Miglio a
candela).
Il sorgo è una pianta che dovrà in futuro destare maggiore attenzione da parte dei “breeders” e
degli agricoltori, infatti si presta per numerose ed importanti utilizzazioni, come granella per
l’alimentazione animale, ma anche per l’uomo e per la produzione di zuccheri per usi alimentari ed
industriali.
L’interesse è attualmente rivolto alla costituzione di sorghi perenni sia per la produzione di granella
per uso zootecnico, ma anche idonei alla produzione di pani e prodotti da forno, sviluppati
particolarmente per l’alimentazione di celiaci, eventualmente lievitati con un prodotto vegetale che
sostituisca il glutine (ad esempio l’Hypromellose o HPMC o E 464) od anche mediante recenti
tecnologie di estrusione ad alta temperatura.
Le esigenze idriche del sorgo sono inoltre inferiori a quelle del mais e quindi la specie è coltivabile
anche in aree con minore disponibilità idrica.
Per i sorghi zuccherini si potranno ottenere, specialmente per i piccoli agricoltori, tipi perenni con
produzione di granella e di zuccheri dal fusto, ma anche sviluppare ibridi perenni maschio-sterili
(per aumentare il contenuto di zuccheri nel fusto) da coltivarsi in fattorie industriali di grandi
dimensioni, con raccolte annuali multiple, da effettuarsi con idonee macchine mieti-spremitrici dei
liquidi zuccherini ed il loro trasporto in fattoria per l’estrazione dello zucchero e/o per la produzione
di bioetanolo. Si potranno lasciare i fusti per essiccazione in campo, con successiva loro imballatura
e trasporto in fattoria ed uso sia come foraggio o insilati, che per produrre biogas o bioetanolo dalla
cellulosa e quindi fertilizzanti organici.
Tra gli Pseudo-cereali, in alcuni areali, si potrebbe rivalutare il grano saraceno e la quinoa
(Chenopodium quinoa) anche per ottenere prodotti alimentari per celiaci e per persone intolleranti
ai vari prodotti derivati dai frumenti ed altri cereali.
Leguminose da granella.
Innanzitutto si preconizza la costituzione, nel CREA, di un Centro dedicato specificatamente a tali
colture, attualmente distribuite in tre diversi Centri (di Orticoltura, Foraggicoltura e di Colture
Industriali) per una loro migliore valorizzazione alimentare per l’uomo e per gli animali domestici
(produzione di carne, latte ed uova). Attualmente, ad esempio, la fava è studiate in Orticoltura ed il
favino in Colture Foraggiere; anche il pisello è in una simile situazione; anche l’arachide presenta
due diverse utilizzazioni, come anche il lupino.
Per quanto riguarda l’introduzione della perennità, sono note specie perenni nei generi Cicer, Pisum,
Phaseolus, Glicine e Vigna, per cui, anche nelle specie domesticate potrebbero essere sviluppate
ricerche per l’introduzione di questo carattere.
Certamente le leguminose da granella richiedono priorità diverse a seconda che siano direttamente
consumate dall’uomo ovvero prevalentemente dagli animali domestici.
Le specie consumate dall’uomo sono le varie specie e tipi di fagioli, i piselli, i ceci, come pure la
fava, la lenticchia, l’arachide, il lupino, la cicerchia e varie altre specie di Vigna, diffuse
specialmente in Asia. Per quanto riguarda le preferenze dei consumatori italiani, ha molta
importanza la dimensione del seme. Ad esempio spesso si preferiscono i semi grossi nel cece, nella
fava, nel lupino e nell’arachide tostata, mentre i semi piccoli sono più ricercati nella lenticchia e nel
pisello. Inoltre in molte di queste specie sono preferiti tipi con abiti di crescita in cui non sia
necessario un supporto, come avviene nei tipi rampicanti.
Anche il colore dei semi è spesso molto importante ad es. per abitanti abituati a consumare tipi di
fagioli con particolari colori. Purtroppo in Italia questo settore è stato molto trascurato dal
miglioramento genetico, sia pubblico che privato, con forse l’eccezione del pisello, in cui i tipi aphila,
in cui è più facilitata la raccolta meccanica, sia dei baccelli immaturi che di quelli secchi, si vanno
diffondendo anche in consociazione con cereali ed altre leguminose (ad es. la lenticchia) per la loro
resistenza all’allettamento. Mancano anche cultivar di piselli a semi secchi grinzosi molto piccoli,
ovviamente di più facile e meno costosa raccolta e conservazione (rispetto a piselli freschi immaturi,
che ovviamente debbono essere conservati surgelati) ed anche di più rapida cottura dopo l’ammollo.
In Italia mancano varietà di cece a semi molto grossi, resistenti all’Ascochyta (per cui è da notare la
totale mancanza di prodotti chimici efficaci e quindi è da ricercare sia la resistenze al patogeno, ma
si dovrebbe esplorare anche l’uso di ceppi batterici antagonisti, selezionati come unica alternativa
innovativa per il controllo). Si deve anche tenere presente che questo fungo presenta una
caratteristica particolare: muta molto facilmente, creando ceppi che riescono a rompere le
resistenze introdotte, in tempi molto rapidi, se confrontatati con altri patogeni sempre delle
leguminose da granella.
I ceci a semi molto grossi sono oggi importati principalmente dal Messico e da altri Paesi
dell’America Latina, dove finora non esiste tale malattia. Nel genere Cicer sono state descritte 8
specie annuali e 6 perenni. Esiste quindi la possibilità di inserire la perennità anche in questa specie.
Nella fava da consumo fresco non esistono cultivar a semi molto grossi, privi di tannini e che quindi
non allappano. Inoltre sarebbe utile inserire i caratteri “fiore chiuso” e l’autogamia per conservare
più facilmente in purezza le nuove cultivar, eventualmente insieme al carattere “fiore bianco senza
macchia nera”, di facile identificazione visiva.
Nel lupino bianco sono in via di costituzione linee a seme medio-grande e prive dei principi amari e
quindi utilizzabili direttamente sia per il consumo umano che per i mangimi. La specie è infatti
particolarmente interessante, sia per l’elevata produzione di granella, che per l’elevato contenuto
proteico dei semi e delle paglie.
Inoltre è la specie che presenta la più elevata fissazione dell’azoto, se nei suoli è disponibile il
Rizobio specifico, specie in terreni acidi o sub-acidi e che quindi può sostituire in buona parte la
concimazione azotata anche alle colture successive.
Nei confronti del fagiolo esistono oggi nel mercato numerosissimi tipi di vario comportamento (nani
e seminani determinati, rampicanti) con semi di varie dimensioni e di vari colori, idonei per il
consumo fresco e/o conservati, anche dopo cottura. Insieme con i piselli, (particolarmente quelli
surgelati) rappresenta il legume oggi più usato nel Paese. Inoltre sono molto diffusi i tipi idonei per
il consumo diretto dei baccelli immaturi, dopo cottura, con una notevole quantità di varietà.
Non sono molto diffuse e conosciute le cicerchie, anche perché le vecchie varietà presentano
sostanze antinutrizionali molto nocive, specie se usate frequentemente, come avviene, ad esempio,
in India nelle annate siccitose, in quanto è l’unico legume che sopravvive alla carenza idrica in tali
aree.
In passato è stata coltivata in Italia anche l’arachide, sia come specie oleaginosa, sia con varietà a
semi più grossi e con meno olio che, dopo tostatura, vengono usati con aperitivi o inclusi in torroni o
in cioccolato. Oggi i prodotti di questa specie vengono quasi totalmente importati.
Anche il fagiolo dall’occhio è stato in passato e per molti secoli coltivato in Italia, essendo di origine
africana. Oggi è poco noto, come del resto sono pochissimo diffuse altre specie di Vigna, come la
Vigna radiata e varie altre specie di origine asiatica.
Mentre in Asia sono molto diffuse varietà di soia a basso contenuto in olio ed elevato contenuto di
proteine usate, dopo cottura, come i fagioli o i ceci. In Italia e nella maggior parte dei Paesi, sono
oggi coltivate esclusivamente varietà selezionate per l’elevato contenuto di olio e quindi non ideali
per il consumo umano diretto. Dopo l’estrazione dell’olio, il pannello, ricco di proteine, è quasi
sempre usato per la mangimistica. Potrebbe esser interessante testare diverse varietà proteiche
asiatiche per un eventuale uso come fonti di proteine vegetali di pregio per l’uso umano diretto.
I Latti vegetali
Negli ultimi decenni sono molto diminuiti i consumi di leguminose da granella a favore di carne,
uova e latticini, con l’eccezione di persone vegetariane, che comunque sono in continua crescita. Si
preconizza, quindi, anche l’uso di altre specie di leguminose da granella per produzioni analoghe al
latte di soia e prodotti derivati (yogurt, vari tipi di tofu, formaggi spalmabili) specialmente per
persone intolleranti a prodotti presenti nel latte animale (carboidrati, proteine e lipidi).
E’ questo un settore che necessiterebbe di specifiche ricerche, anche per migliorare la composizione
proteica e vitaminica di varietà di legumi idonei a tali interessanti utilizzazioni. Analogamente, così
come è largamente usato, in Italia, il latte di mandorle, potrebbero essere usati, per tale
utilizzazione, anche semi secchi di altre specie, come le nocciole, le noci, le arachidi, l’anacardio, la
macadamia, il pecan e numerosi altri frutti secchi tropicali, a noi meno noti, ma certamente
utilizzabili anche per tali prodotti.
Oleaginose annuali.
Per quanto riguarda le varie oleaginose annuali più importanti, già si è parlato di soia e di arachide.
Occorre anche ricordare che olio viene estratto industrialmente anche da germi di cereali, quali il
mais, i frumenti, il riso, specie di cui si è già parlato, ma in cui ben poco è stato fatto per migliorare
tale uso.
Tra le più importanti oleaginose, il girasole, il lino da olio, il cotone hanno specie affini perenni, da
cui potrebbero essere ottenute linee perennanti. Già si sta operando a tal fine sul girasole, con
ibridazioni sia con specie selvatiche diploidi (Helianthus maximiliani) che con specie tetraploidi
(Topinambur), ambedue provviste di tuberi che garantiscono la perennità. Sono state avviate negli
USA anche ricerche per la domesticazione di H. Maximiliani, per incrementare la dimensione dei
semi, eliminare la loro deiscenza, diminuire il numero delle infiorescenze ed aumentarne le
dimensioni.
Nel caso del cartamo sono note alcune specie perenni affini, mentre non sembra siano disponibili
specie perenni affini al sesamo, in cui si vorrebbe introdurre anche la indeiscenza della capsula
matura per utilizzare la raccolta meccanica, ma finora senza successo. Nel cotone, oltre alla fibra, si
usa normalmente anche l’olio estratto dai semi. Diverse specie sono perenni, ma solo in aree
tropicali; quindi il fattore da introdurre potrebbe essere la resistenza al freddo, per garantire la
pluriannualità anche in aree con inverni più rigidi.
Nelle Brassicacee oleifere, per quanto riguarda il colza, il ravizzone, la senape e la Brassica carinata
non sono finora note possibilità né attività per inserire la perennità in queste specie. Nel ricino sono
noti, nelle aree tropicali e subtropicali, tipi perennanti. Sarebbe quindi possibile ottenere tipi
perenni coltivabili anche nelle aree temperate inserendo. anche in questa specie, la resistenza al
freddo.
Recentemente sono state svolte con successo, anche in Italia, ricerche per selezionare linee di
tabacco in cui sia conveniente estrarre l’olio dai semi. Per quanto riguarda il lino, è oggi disponibile,
in Australia, una selezione di lino da olio, ottenuta per mutagenesi, che non produce acido linolenico
(e che quindi produce un olio alimentare) che si potrebbe tentare di incrociare con la specie europea
affine, il Linum perenne, per ottenere varietà di lino perenni che producano olio commestibile e non
solo olio siccativo.
Per le piante da fibra, quali la canapa esistono oggi i presupposti per un rilancio della coltura, ad
esempio nella “terra dei fuochi” ove non sarà possibile per alcuni anni coltivare specie alimentari ed
anche per sostituire in molte aree la coltivazione del tabacco, della barbabietola ecc.
Un rilancio di questa coltura potrebbe anche interessare la filiera tessile con prodotti biologici, come
pure l’utilizzazione della canapa per la produzione di olio e di latte vegetale, ottenuto con la granella
decorticata, di elevatissime qualità nutrizionali (olio con omega 3 e 6 e proteine con tutti gli
aminoacidi essenziali). Nella canapa sono anche presenti principi farmacologici di elevato valore
oggi molto apprezzati.
Conclusioni
Da questa breve e sommaria analisi, che del resto non prende in considerazione priorità ed
innovazioni che riguardano altre importantissime attività (Viticoltura, Olivicoltura, Frutticoltura,
Orticoltura, Zootecnia, Pascoli e Foreste, Acquacoltura ecc.) si può concludere che certamente la
ricerca biologica potrà portare a risultati molto importanti per il futuro sviluppo di varie produzioni
agricole di notevole importanza, soprattutto alimentare.
La ricerca privata, ma specialmente quella pubblica, dovrebbero avere un supporto più consistente e
duraturo nel tempo per poter affrontare e risolvere i vari problemi importanti e di estremo interesse
per il futuro alimentare dell’umanità.
Alcune delle innovazioni proposte (quali ad es. la perennità, l’introduzione di nuove caratteristiche di
non semplice ereditarietà, utilizzando varietà o specie più o meno affini ecc.) necessitano di tempi
che sono in relazione con lo specifico ciclo biologico delle varie specie interessate e quindi è
fondamentale la disponibilità di finanziamenti anche più modesti, ma di maggiore durata rispetto a
quelli oggi normalmente forniti dagli attuali sistemi nazionali ed europei.
Pertanto una frazione dei finanziamenti dovrebbe essere fornita con continuità direttamente alle
Istituzioni di ricerca coinvolte (CRA, CNR, ENEA ecc.), come avviene, ad esempio, nell’INRA in
Francia, tenendo conto che è necessario discutere con il sistema produttivo, le varie iniziative e
stabilire le priorità strategiche specialmente per le colture più importanti per il nostro Paese.
M
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t
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v
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g
r
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n
o, Silvestro Lega