Il Sinodo sulla Scrittura. Un`intensa esperienza di comunione e unità

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Il Sinodo sulla Scrittura. Un`intensa esperienza di comunione e unità
Chiesa
Parole di vita
Il Sinodo sulla Scrittura.
Un’intensa esperienza di comunione
e unità che porterà a sviluppi inattesi.
a cura di
Aurelio
Molè
C
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ielo limpido, temperatura mite, i profumi d’autunno, cioè
le meravigliose “ottobrate”
romane. Quest’anno per le vie del
Borgo adiacenti via Conciliazione e
piazza San Pietro si è respirato anche un intenso clima spirituale.
Non era raro, infatti, osservare
drappelli di vescovi, sacerdoti e lai-
ci dalle lingue e colori più diversi
che “camminavano insieme”. Proprio questa espressione, in greco
sin-hodos, significa Sinodo, quel
luogo d’incontro, attorno e con il
papa, per lo scambio di informazioni ed esperienze nella comune
ricerca di soluzioni di problemi che
investono tutta la Chiesa cattolica.
L’idea nasce dal Concilio Vaticano II e prende corpo con Paolo
VI che il 15 settembre 1965 ufficialmente istituisce il Sinodo. Dal
5 al 26 ottobre si è svolta la dodicesima di queste assemblee ordinarie del Sinodo dal titolo: “La
Parola di Dio nella vita e la missione della Chiesa”. Erano presen-
Giuseppe Distefano
La Presse
PRIMO PIANO
ti 253 padri sinodali in rappresentanza di 113 conferenze episcopali
nazionali e 13 Chiese orientali
cattoliche, 37 uditori, decine di
esperti delle Sacre Scritture, delegati fraterni di altre Chiese cristiane, come Barto-lomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, e un rabbino.
È stata, per unanime ammissione dei partecipanti, una grande
esperienza di unità e comunione
fraterna per riflettere attorno a
quel libro formato da 305.441 parole ebraiche e, in piccola parte
aramaiche, dell’Antico Testamento, e 138.013 vocaboli greci che
compongono invece il Nuovo Te-
stamento. Nella conferenza stampa conclusiva mons. Gianfranco
Ravasi, presidente del Pontificio
consiglio della cultura e della
Commissione per il messaggio del
Sinodo – ha evidenziato come
«per un giusto approccio alla Bibbia bisogna considerare l’amore
fraterno come l’elemento di partenza e la comunione come la conclusione, perché il sigillo e il termine dell’ascolto della Parola è incarnare l’amore».
Nel messaggio finale del Sinodo, rivolto a tutto il popolo di
Dio, si è sottolineato che la novità «è tutta – ha proseguito
mons. Ravasi – nel fatto che si è
tentato di tracciare una mappa in
cui ricomporre tutte le dimensioni che toccano la Parola di
Dio», per superare ogni dualismo tra esegesi e teologia, tra
studio e vita, tra dimensione esistenziale, verità e tradizione. Il
cristianesimo non è, infatti, la religione del Libro, ma un incontro
personale con Dio, attraverso la
sua Parola «che è una persona viva», per generare la comunione
tra gli uomini e con Dio.
Abbiamo chiesto al card. Marc
Ouellet, arcivescovo di Quebec, in
Canada, e relatore generale del Sinodo, e a Maria Voce, presidente dei
Focolari e uditrice nell’assise vaticana, di raccontarci la loro esperienza
e di tracciare un primo bilancio.
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Veduta di piazza
San Pietro
gremita di gente.
Sopra: il rabbino
capo di Haifa,
Shear-Yshuv
Cohen, è stato
il primo
non cristiano
a intervenire
a un Sinodo.
Qui è fotografato
assieme a
Benedetto XVI.
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Parole di vita
Come una lettera d’amore
In Italia l’88 per cento della popolazione si dice cristiana, ma il 73
per cento non ha mai letto un brano biblico negli ultimi dodici mesi.
Come si può rimediare?
«La cultura della lettura decade e
dovunque la gente legge meno. C’è
il testo scritto, ma ci sono tanti altri
mezzi, l’arte, l’iconografia, l’innografia, l’architettura. Tutti questi
linguaggi sono da valorizzare perché parlano della storia della salvezza, anche se per poterli interpretare
abbiamo bisogno della Bibbia,
l’unica formalmente ispirata».
Quali sono le principali novità metodologiche emerse dal
Sinodo?
«L’insistenza dei padri sinodali sull’omelia e sull’annuncio.
Non possiamo dare per scontato il fatto fondamentale e cioè
che Cristo è morto per i nostri
peccati e resuscitato per la nostra salvezza. Bisogna tornare a
spiegarlo di nuovo e in modo
semplice. Nell’omelia occorre
cercare di avere un’intelligenza
spirituale della Scrittura e non
solo esegetica. Vuol dire che il
predicatore deve essere in affinità personale con il testo e soprattutto con il Signore, perché
il Signore ci parla attraverso il
testo. La questione chiave è l’insistenza sulla lectio divina come
metodo per pregare con la Parola.
Dio ci dà, infatti, la sua Parola per
darci il modo di parlare con lui. Ed
è questa la finalità della Scrittura:
darci un linguaggio, un linguaggio
di Dio per parlare con Dio. La Bibbia è innanzitutto un libro per pregare e non tanto per studiare».
Nella sua relazione introduttiva
ha fatto cenno all’importanza dei
movimenti ecclesiastici e ai Focolari, la cui spiritualità pone l’accento sull’amore reciproco…
«Ho voluto suggerire la necessità di cambiare il modo di accoCittà nuova • n.21 • 2008
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starci alla Scrittura, per un approccio non solo intellettuale, come
oggi forse è prevalente, ma in un
modo più personale e vitale. Nella
pedagogia dei movimenti ecclesiali, in modo particolare dei Focolari, questo approccio è evidente,
perché si insiste sulla pratica e sulla priorità dell’amore, si condivide
la Parola e si capisce il Vangelo con
il cuore e non solo con la testa.
Credo sia fondamentale per il futuro, per lo sviluppo dell’evangelizzazione e anche per il progresso
del popolo cristiano».
Romano Siciliani
Intervista al card. Marc Ouellet
La mancata unità visibile tra i
cristiani è uno dei maggiori ostacoli alla condivisione della fede.
Come può la Parola vissuta aiutare
a realizzare il «che tutti siano uno,
affinché il mondo creda»?
«L’amore vicendevole è la prima condizione, perché il Dio che
noi annunciamo è Dio amore.
Quando siamo uniti in due o tre,
c’è una presenza di Gesù e l’immagine viva della Santissima Trinità. Questo fondamento teologico della visione evangelica dovrebbe essere più presente e cosciente in tutti. Da lì noi parliamo,
testimoniamo e svolgiamo tutti i
nostri impegni pastorali, per la
giustizia, per la carità nella società. È da quel fondamento trinitario che l’unità nell’umanità può
crescere attraverso le testimonianza di Gesù stesso che diffonde in
noi lo Spirito che è comunione. La
Chiesa è quindi sacramento della
Trinità, del Regno di Dio nell’umanità. Tutto ciò cresce con il vivere la Parola di Dio».
L’ebraismo condivide con noi
gran parte della Bibbia, l’Islam ha
nel Corano una filigrana di rimandi biblici. Quali opportunità offre
la Parola al dialogo interreligioso?
«L’interesse per questo Sinodo
anche tra i cristiani e tra persone
di altre religioni è stato grande. Il
tema della Parola di Dio è un tema
unificante che avvicina persone di
diverse tradizioni religiose. Il Sinodo ci permette di spiegare meglio
cosa significhi per noi, per gli ebrei
o per i musulmani la Parola di
Dio. Nel vedere le differenze e le
similitudini cresciamo insieme at-
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Parole in comunione
Intervista a Maria Voce
Nell’interpretazione della Parola
di Dio, come evitare spinte fondamentaliste o letture spiritualiste?
«Leggere ogni giorno un brano
del Vangelo come una lettera d’amore che si riceve da Dio. Pensare
al testo, ma anche pensare a colui
che parla in esso. Avere il senso che
anche una sola frase, una parola,
due parole, una parabola sono una
finestra sul Cielo. Chiedere aiuto
allo Spirito Santo, senza il quale
non possiamo capire la Scrittura
come Parola di Dio. Questo è il segreto: per accostarsi bisogna chiedere innanzitutto la luce dello Spirito Santo affinché egli illumini il
nostro cuore, la nostra mente, la
nostra attenzione. Lo Spirito Santo
è il segreto della fede. In lui possiamo aderire alla Parola come Parola
di Dio e non solo come prodotto
delle me-diazioni umane. Per me
questa è la chiave».
Le tue prime impressioni dopo
aver partecipato al Sinodo sulla
Parola...
«Un momento di grande speranza, di apertura reciproca, di
ascolto, di accoglienza senza steccati. Anche di uguaglianza perché
ognuno, con grande severità, doveva rimanere nel tempo consentito, senza eccezioni. Si avvertiva come si fosse tutti nella stessa dimensione di speranza. Provo ora
una grande gratitudine per questa
esperienza comune».
E come presidente dei Focolari?
«Sono convinta che Dio abbia
voluto portarmi, pur appena eletta, in una dimensione più vasta di
quella del movimento, nella dimensione universale della Chiesa.
Potevo pensare di dover fare chissà che cosa per il movimento; in-
è sembrato che la presenza di tanti
movimenti, uditori ed esperti laici
fosse un segno di speranza».
Cosa ti ha suggerito la vicinanza con tanti pastori?
«Vescovi e cardinali hanno portato tante sofferenze, i dolori dell’umanità che la Chiesa vive: dolori di povertà, di guerra, di incomprensione, di esclusioni, di difficoltà di tutti i tipi. Si avvertivano
dalle loro relazioni, pur brevi, anche se non si coglieva nelle loro
parole una nota pessimistica. Si
trattava di mettere in comune le
difficoltà per cercare – insieme –
delle risposte plausibili per il mondo globalizzato».
Thomas Klan
traverso la vicendevole testimonianza. Sia il dialogo interreligioso, sia l’ecumenismo saranno stimolati da questa assise».
Come sei stata accolta? I padri
sinodali vedevano in te Maria
Voce o colei che ha preso il posto
di Chiara?
«Sono stata accolta più che bene! Ho avuto l’impressione che
vedessero in me tutte e due, perché ereditavo tutto il bene, la simpatia, i frutti spirituali che Chiara
ha suscitato. Tanti superiori di ordini religiosi, vescovi, cardinali mi
ringraziavano di quello che Chiara aveva fatto anche per loro. Nello stesso tempo c’era stima nei
miei confronti e la convinzione
espressa da tanti che io ce l’avrei
fatta. Non solo Chiara, ma i Focolari sono amati e stimati nel mondo intero; non ho sentito resistenze non solo nei nostri confronti,
ma anche di altri movimenti. E mi
Partecipanti
al Sinodo davanti
all’Aula Paolo VI
in Vaticano.
A fronte: il saluto
al Sinodo tra
Benedetto XVI
e Bartolomeo I,
patriarca ecumenico
di Costantinopoli.
Sotto: Il card. Marc
Ouellet, 64 anni,
è arcivescovo
di Quebec e primate
del Canada.
Maria Voce,
presidente
dei Focolari.
L. Pitarakis/Ap
LaPresse
vece Dio mi ha fatto sperimentare
che esso deve perdersi in qualche
cosa di più grande, e che il nostro,
in fondo, non è che un particolare. Certo, un particolare, ma importante proprio perché parte di
questo universale».
Appunto, la globalizzazione: che
idea ne hanno mostrato i padri sinodali?
«La globalizzazione invece di favorire l’incontro provoca troppo
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Parole di vita
queste conseguenze, fino al martirio. Il card. Ouellet ha letto tutto il
dolore e il male dell’umanità alla
luce dell’abbandono di Gesù in
croce: nel grido di Gesù – che pur
nell’estremo annientamento non
cessa di essere il Figlio di Dio – è
possibile riscattare la sofferenza,
non chiudendo gli occhi ma vivendola nella Parola, vivendola in Gesù
morto e risorto».
Un Sinodo creativo, quindi?
«Effettivamente si avvertiva una
chiara apertura a chiunque suggeriva idee e metodologie per arrivare
ad evangelizzare; il che significa portare gli uomini a incontrare Gesù e
trovare i modi per farli innamorare
di lui. È questa la sfida rivolta dai pastori a tutto il popolo di Dio».
In che modo è emersa la dimensione ecumenica della Chiesa
cattolica nel campo dell’annuncio
della Parola? E la Parola stessa è
vista come “legame ecumenico”
per eccellenza?
«Fortemente. Se posso dire una
mia impressione personale, nella
prima stesura sia del messaggio che
delle proposizioni finali, il dialogo
ecumenico, come anche il ricordo
dell’incontro con il patriarca Bartolomeo I, era visto sotto l’ottica
della missione della Chiesa, mentre
nella stesura finale è stato inserito
nel capitolo dedicato alla Chiesa e
alla comunione all’interno di essa.
Mi è sembrato un gesto piccolo ma
molto significativo, perché dà al
concetto di Chiesa una visione più
ampia, ecumenica. Questo significa
che si è riconosciuta una certa
unità reale, anche se incompleta».
Secondo i padri sinodali, la Parola, e la Parola vissuta, può essere
un ponte nel dialogo con le grandi
religioni e le grandi tradizioni filosofiche dell’umanità. In che modo?
«Per quanto riguarda il dialogo
interreligioso, sono state eviden-
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Romano Siciliani
spesso lo scontro. I problemi, però, possono essere anche una risorsa;
ad esempio, la migrazione di interi popoli è una
opportunità per l’evangelizzazione, perché tra
di loro ci sono anche
tanti cristiani che, se testimoniano il Vangelo,
sono una enorme ricchezza. Il Sinodo ha
guardato ai fenomeni
sociali non solo nel loro
aspetto problematico e
negativo, ma anche nelle
loro possibilità positive».
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A. Di Meo/La Presse
La Bibbia in mille
modi diversi.
A des.: un vescovo
al Sinodo con il suo
personal computer.
Sotto:
Enrica Bonaccorti
nel corso
dell’iniziativa
“La Bibbia giorno
e notte” curata
da Giuseppe
De Carli,
giornalista Rai,
che tanto successo
ha avuto a Roma
proprio nei giorni
dell’assise
vaticana.
ziate in particolare le difficoltà legate non tanto alla religione in sé
quanto a fattori storici, politici,
economici che intervengono un
po’ ovunque. Tenendo presente
l’unità della Sacra Scrittura, si è
sottolineata la necessità di scoprire
la sostanza d’amore di cui è permeata tutta la Parola di Dio e ogni
sua espressione. Solo con questa
visione si riesce a intavolare un
dialogo con altre religioni. Il cristianesimo non è sulla difensiva,
ma “all’attacco nell’amore”. Quest’atteggiamento dialogico non deve essere atteso dagli altri, ma deve
partire dalla Chiesa cattolica proprio perché essa porta quest’apertura all’amore.
«Ci sono poi stati numerosi
messaggi per chiedere la pace e la
fine delle persecuzioni, è ovvio.
D’altra parte è emersa anche la necessità di tener conto del martirio:
la sequela di Cristo può portare a
Il card. Ouellet ha pure citato la
spiritualità dell’unità…
«Quando il cardinale ha citato
Chiara e il dialogo ecumenico dei
Focolari, mi è sembrato che risultasse quasi logico che emergesse,
perché è una realtà ormai conosciuta e stabilizzata. Nello stesso
tempo – e dico questo come un
orizzonte in cui muovermi – mi
sembra che debba emergere con
più forza il fatto che il Vangelo vada vissuto insieme. Il bisogno di
vivere la Parola in modo comunitario, di comunicarsi nella normalità le esperienze del Vangelo vissuto, può creare e suscitare una
qualche imitazione e favorire la
nuova evangelizzazione. Vedo tutto ciò come un invito a noi dei Focolari ad impegnarci ancora di più
nel testimoniare la vita della Parola “insieme”. L’innamoramento altrui per Gesù dipende in gran parte da questa atmosfera di Vangelo
vissuto, non solo dall’esperienza
del singolo, neanche dalle parole
dell’esegeta o del sacerdote, ma
dalla comunione, nella Chiesa,
della vita del Vangelo».
a cura di Aurelio Molè