Il Sinodo sulla Scrittura. Un`intensa esperienza di comunione e unità
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Il Sinodo sulla Scrittura. Un`intensa esperienza di comunione e unità
Chiesa Parole di vita Il Sinodo sulla Scrittura. Un’intensa esperienza di comunione e unità che porterà a sviluppi inattesi. a cura di Aurelio Molè C Città nuova • n.21 • 2008 14 ielo limpido, temperatura mite, i profumi d’autunno, cioè le meravigliose “ottobrate” romane. Quest’anno per le vie del Borgo adiacenti via Conciliazione e piazza San Pietro si è respirato anche un intenso clima spirituale. Non era raro, infatti, osservare drappelli di vescovi, sacerdoti e lai- ci dalle lingue e colori più diversi che “camminavano insieme”. Proprio questa espressione, in greco sin-hodos, significa Sinodo, quel luogo d’incontro, attorno e con il papa, per lo scambio di informazioni ed esperienze nella comune ricerca di soluzioni di problemi che investono tutta la Chiesa cattolica. L’idea nasce dal Concilio Vaticano II e prende corpo con Paolo VI che il 15 settembre 1965 ufficialmente istituisce il Sinodo. Dal 5 al 26 ottobre si è svolta la dodicesima di queste assemblee ordinarie del Sinodo dal titolo: “La Parola di Dio nella vita e la missione della Chiesa”. Erano presen- Giuseppe Distefano La Presse PRIMO PIANO ti 253 padri sinodali in rappresentanza di 113 conferenze episcopali nazionali e 13 Chiese orientali cattoliche, 37 uditori, decine di esperti delle Sacre Scritture, delegati fraterni di altre Chiese cristiane, come Barto-lomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, e un rabbino. È stata, per unanime ammissione dei partecipanti, una grande esperienza di unità e comunione fraterna per riflettere attorno a quel libro formato da 305.441 parole ebraiche e, in piccola parte aramaiche, dell’Antico Testamento, e 138.013 vocaboli greci che compongono invece il Nuovo Te- stamento. Nella conferenza stampa conclusiva mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura e della Commissione per il messaggio del Sinodo – ha evidenziato come «per un giusto approccio alla Bibbia bisogna considerare l’amore fraterno come l’elemento di partenza e la comunione come la conclusione, perché il sigillo e il termine dell’ascolto della Parola è incarnare l’amore». Nel messaggio finale del Sinodo, rivolto a tutto il popolo di Dio, si è sottolineato che la novità «è tutta – ha proseguito mons. Ravasi – nel fatto che si è tentato di tracciare una mappa in cui ricomporre tutte le dimensioni che toccano la Parola di Dio», per superare ogni dualismo tra esegesi e teologia, tra studio e vita, tra dimensione esistenziale, verità e tradizione. Il cristianesimo non è, infatti, la religione del Libro, ma un incontro personale con Dio, attraverso la sua Parola «che è una persona viva», per generare la comunione tra gli uomini e con Dio. Abbiamo chiesto al card. Marc Ouellet, arcivescovo di Quebec, in Canada, e relatore generale del Sinodo, e a Maria Voce, presidente dei Focolari e uditrice nell’assise vaticana, di raccontarci la loro esperienza e di tracciare un primo bilancio. 15 Veduta di piazza San Pietro gremita di gente. Sopra: il rabbino capo di Haifa, Shear-Yshuv Cohen, è stato il primo non cristiano a intervenire a un Sinodo. Qui è fotografato assieme a Benedetto XVI. Città nuova • n.21 • 2008 Parole di vita Come una lettera d’amore In Italia l’88 per cento della popolazione si dice cristiana, ma il 73 per cento non ha mai letto un brano biblico negli ultimi dodici mesi. Come si può rimediare? «La cultura della lettura decade e dovunque la gente legge meno. C’è il testo scritto, ma ci sono tanti altri mezzi, l’arte, l’iconografia, l’innografia, l’architettura. Tutti questi linguaggi sono da valorizzare perché parlano della storia della salvezza, anche se per poterli interpretare abbiamo bisogno della Bibbia, l’unica formalmente ispirata». Quali sono le principali novità metodologiche emerse dal Sinodo? «L’insistenza dei padri sinodali sull’omelia e sull’annuncio. Non possiamo dare per scontato il fatto fondamentale e cioè che Cristo è morto per i nostri peccati e resuscitato per la nostra salvezza. Bisogna tornare a spiegarlo di nuovo e in modo semplice. Nell’omelia occorre cercare di avere un’intelligenza spirituale della Scrittura e non solo esegetica. Vuol dire che il predicatore deve essere in affinità personale con il testo e soprattutto con il Signore, perché il Signore ci parla attraverso il testo. La questione chiave è l’insistenza sulla lectio divina come metodo per pregare con la Parola. Dio ci dà, infatti, la sua Parola per darci il modo di parlare con lui. Ed è questa la finalità della Scrittura: darci un linguaggio, un linguaggio di Dio per parlare con Dio. La Bibbia è innanzitutto un libro per pregare e non tanto per studiare». Nella sua relazione introduttiva ha fatto cenno all’importanza dei movimenti ecclesiastici e ai Focolari, la cui spiritualità pone l’accento sull’amore reciproco… «Ho voluto suggerire la necessità di cambiare il modo di accoCittà nuova • n.21 • 2008 16 starci alla Scrittura, per un approccio non solo intellettuale, come oggi forse è prevalente, ma in un modo più personale e vitale. Nella pedagogia dei movimenti ecclesiali, in modo particolare dei Focolari, questo approccio è evidente, perché si insiste sulla pratica e sulla priorità dell’amore, si condivide la Parola e si capisce il Vangelo con il cuore e non solo con la testa. Credo sia fondamentale per il futuro, per lo sviluppo dell’evangelizzazione e anche per il progresso del popolo cristiano». Romano Siciliani Intervista al card. Marc Ouellet La mancata unità visibile tra i cristiani è uno dei maggiori ostacoli alla condivisione della fede. Come può la Parola vissuta aiutare a realizzare il «che tutti siano uno, affinché il mondo creda»? «L’amore vicendevole è la prima condizione, perché il Dio che noi annunciamo è Dio amore. Quando siamo uniti in due o tre, c’è una presenza di Gesù e l’immagine viva della Santissima Trinità. Questo fondamento teologico della visione evangelica dovrebbe essere più presente e cosciente in tutti. Da lì noi parliamo, testimoniamo e svolgiamo tutti i nostri impegni pastorali, per la giustizia, per la carità nella società. È da quel fondamento trinitario che l’unità nell’umanità può crescere attraverso le testimonianza di Gesù stesso che diffonde in noi lo Spirito che è comunione. La Chiesa è quindi sacramento della Trinità, del Regno di Dio nell’umanità. Tutto ciò cresce con il vivere la Parola di Dio». L’ebraismo condivide con noi gran parte della Bibbia, l’Islam ha nel Corano una filigrana di rimandi biblici. Quali opportunità offre la Parola al dialogo interreligioso? «L’interesse per questo Sinodo anche tra i cristiani e tra persone di altre religioni è stato grande. Il tema della Parola di Dio è un tema unificante che avvicina persone di diverse tradizioni religiose. Il Sinodo ci permette di spiegare meglio cosa significhi per noi, per gli ebrei o per i musulmani la Parola di Dio. Nel vedere le differenze e le similitudini cresciamo insieme at- PRIMO PIANO Parole in comunione Intervista a Maria Voce Nell’interpretazione della Parola di Dio, come evitare spinte fondamentaliste o letture spiritualiste? «Leggere ogni giorno un brano del Vangelo come una lettera d’amore che si riceve da Dio. Pensare al testo, ma anche pensare a colui che parla in esso. Avere il senso che anche una sola frase, una parola, due parole, una parabola sono una finestra sul Cielo. Chiedere aiuto allo Spirito Santo, senza il quale non possiamo capire la Scrittura come Parola di Dio. Questo è il segreto: per accostarsi bisogna chiedere innanzitutto la luce dello Spirito Santo affinché egli illumini il nostro cuore, la nostra mente, la nostra attenzione. Lo Spirito Santo è il segreto della fede. In lui possiamo aderire alla Parola come Parola di Dio e non solo come prodotto delle me-diazioni umane. Per me questa è la chiave». Le tue prime impressioni dopo aver partecipato al Sinodo sulla Parola... «Un momento di grande speranza, di apertura reciproca, di ascolto, di accoglienza senza steccati. Anche di uguaglianza perché ognuno, con grande severità, doveva rimanere nel tempo consentito, senza eccezioni. Si avvertiva come si fosse tutti nella stessa dimensione di speranza. Provo ora una grande gratitudine per questa esperienza comune». E come presidente dei Focolari? «Sono convinta che Dio abbia voluto portarmi, pur appena eletta, in una dimensione più vasta di quella del movimento, nella dimensione universale della Chiesa. Potevo pensare di dover fare chissà che cosa per il movimento; in- è sembrato che la presenza di tanti movimenti, uditori ed esperti laici fosse un segno di speranza». Cosa ti ha suggerito la vicinanza con tanti pastori? «Vescovi e cardinali hanno portato tante sofferenze, i dolori dell’umanità che la Chiesa vive: dolori di povertà, di guerra, di incomprensione, di esclusioni, di difficoltà di tutti i tipi. Si avvertivano dalle loro relazioni, pur brevi, anche se non si coglieva nelle loro parole una nota pessimistica. Si trattava di mettere in comune le difficoltà per cercare – insieme – delle risposte plausibili per il mondo globalizzato». Thomas Klan traverso la vicendevole testimonianza. Sia il dialogo interreligioso, sia l’ecumenismo saranno stimolati da questa assise». Come sei stata accolta? I padri sinodali vedevano in te Maria Voce o colei che ha preso il posto di Chiara? «Sono stata accolta più che bene! Ho avuto l’impressione che vedessero in me tutte e due, perché ereditavo tutto il bene, la simpatia, i frutti spirituali che Chiara ha suscitato. Tanti superiori di ordini religiosi, vescovi, cardinali mi ringraziavano di quello che Chiara aveva fatto anche per loro. Nello stesso tempo c’era stima nei miei confronti e la convinzione espressa da tanti che io ce l’avrei fatta. Non solo Chiara, ma i Focolari sono amati e stimati nel mondo intero; non ho sentito resistenze non solo nei nostri confronti, ma anche di altri movimenti. E mi Partecipanti al Sinodo davanti all’Aula Paolo VI in Vaticano. A fronte: il saluto al Sinodo tra Benedetto XVI e Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli. Sotto: Il card. Marc Ouellet, 64 anni, è arcivescovo di Quebec e primate del Canada. Maria Voce, presidente dei Focolari. L. Pitarakis/Ap LaPresse vece Dio mi ha fatto sperimentare che esso deve perdersi in qualche cosa di più grande, e che il nostro, in fondo, non è che un particolare. Certo, un particolare, ma importante proprio perché parte di questo universale». Appunto, la globalizzazione: che idea ne hanno mostrato i padri sinodali? «La globalizzazione invece di favorire l’incontro provoca troppo 17 Città nuova • n.21 • 2008 Parole di vita queste conseguenze, fino al martirio. Il card. Ouellet ha letto tutto il dolore e il male dell’umanità alla luce dell’abbandono di Gesù in croce: nel grido di Gesù – che pur nell’estremo annientamento non cessa di essere il Figlio di Dio – è possibile riscattare la sofferenza, non chiudendo gli occhi ma vivendola nella Parola, vivendola in Gesù morto e risorto». Un Sinodo creativo, quindi? «Effettivamente si avvertiva una chiara apertura a chiunque suggeriva idee e metodologie per arrivare ad evangelizzare; il che significa portare gli uomini a incontrare Gesù e trovare i modi per farli innamorare di lui. È questa la sfida rivolta dai pastori a tutto il popolo di Dio». In che modo è emersa la dimensione ecumenica della Chiesa cattolica nel campo dell’annuncio della Parola? E la Parola stessa è vista come “legame ecumenico” per eccellenza? «Fortemente. Se posso dire una mia impressione personale, nella prima stesura sia del messaggio che delle proposizioni finali, il dialogo ecumenico, come anche il ricordo dell’incontro con il patriarca Bartolomeo I, era visto sotto l’ottica della missione della Chiesa, mentre nella stesura finale è stato inserito nel capitolo dedicato alla Chiesa e alla comunione all’interno di essa. Mi è sembrato un gesto piccolo ma molto significativo, perché dà al concetto di Chiesa una visione più ampia, ecumenica. Questo significa che si è riconosciuta una certa unità reale, anche se incompleta». Secondo i padri sinodali, la Parola, e la Parola vissuta, può essere un ponte nel dialogo con le grandi religioni e le grandi tradizioni filosofiche dell’umanità. In che modo? «Per quanto riguarda il dialogo interreligioso, sono state eviden- Città nuova • n.21 • 2008 Romano Siciliani spesso lo scontro. I problemi, però, possono essere anche una risorsa; ad esempio, la migrazione di interi popoli è una opportunità per l’evangelizzazione, perché tra di loro ci sono anche tanti cristiani che, se testimoniano il Vangelo, sono una enorme ricchezza. Il Sinodo ha guardato ai fenomeni sociali non solo nel loro aspetto problematico e negativo, ma anche nelle loro possibilità positive». 18 A. Di Meo/La Presse La Bibbia in mille modi diversi. A des.: un vescovo al Sinodo con il suo personal computer. Sotto: Enrica Bonaccorti nel corso dell’iniziativa “La Bibbia giorno e notte” curata da Giuseppe De Carli, giornalista Rai, che tanto successo ha avuto a Roma proprio nei giorni dell’assise vaticana. ziate in particolare le difficoltà legate non tanto alla religione in sé quanto a fattori storici, politici, economici che intervengono un po’ ovunque. Tenendo presente l’unità della Sacra Scrittura, si è sottolineata la necessità di scoprire la sostanza d’amore di cui è permeata tutta la Parola di Dio e ogni sua espressione. Solo con questa visione si riesce a intavolare un dialogo con altre religioni. Il cristianesimo non è sulla difensiva, ma “all’attacco nell’amore”. Quest’atteggiamento dialogico non deve essere atteso dagli altri, ma deve partire dalla Chiesa cattolica proprio perché essa porta quest’apertura all’amore. «Ci sono poi stati numerosi messaggi per chiedere la pace e la fine delle persecuzioni, è ovvio. D’altra parte è emersa anche la necessità di tener conto del martirio: la sequela di Cristo può portare a Il card. Ouellet ha pure citato la spiritualità dell’unità… «Quando il cardinale ha citato Chiara e il dialogo ecumenico dei Focolari, mi è sembrato che risultasse quasi logico che emergesse, perché è una realtà ormai conosciuta e stabilizzata. Nello stesso tempo – e dico questo come un orizzonte in cui muovermi – mi sembra che debba emergere con più forza il fatto che il Vangelo vada vissuto insieme. Il bisogno di vivere la Parola in modo comunitario, di comunicarsi nella normalità le esperienze del Vangelo vissuto, può creare e suscitare una qualche imitazione e favorire la nuova evangelizzazione. Vedo tutto ciò come un invito a noi dei Focolari ad impegnarci ancora di più nel testimoniare la vita della Parola “insieme”. L’innamoramento altrui per Gesù dipende in gran parte da questa atmosfera di Vangelo vissuto, non solo dall’esperienza del singolo, neanche dalle parole dell’esegeta o del sacerdote, ma dalla comunione, nella Chiesa, della vita del Vangelo». a cura di Aurelio Molè