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n° 337 - ottobre 2008
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
Un illustratore
tra realtà e metafisica
Incontro con il maestro toscano che ha riportato in Italia il prestigioso “Nobel” dell’illustrazione per la letteratura infantile
Roberto Innocenti nello studio
Il piccolo studio, ridotto
ancor più dalle librerie
stracolme e dagli armadi
pieni di disegni, per un
attimo ci stupisce perché l’immaginazione
porta facilmente a pensare all’artista in vasti
spazi, ma poi diventa una
conferma perché l’amore
per il dettaglio, proprio
di Roberto Innocenti,
non può nascere e perdersi in grandi ambienti,
deve nutrirsi di tante
cose piccole, di tante cose
vicine. Ecco allora che
tutta la casa, diventa una
sua creatura, si riempie
di oggetti che raccontano, ricordano, vivono
ed ecco che lo studio diventa una certezza e che
il tavolo pieno di colori
davanti alla finestra, affacciata su una valle ver-
dissima, si afferma come
la più adatta fucina per
l’opera dell’artista toscano. Artista che, quest’anno, è riuscito a riportare in Italia il più
prestigioso riconoscimento internazionale
della letteratura per ragazzi, vincendo l’Hans
Christian Andersen
Award, premio che era
stato conferito a Gianni
Rodari nel lontano 1970.
Grande orgoglio per l’Italia, ma anche per Innocenti stesso che, da autodidatta, si trova proiettato sulla scena internazionale come uno dei
più grandi illustratori e
considerato un maestro
in tutto il mondo.
Carriera già pluripremiata la sua, ma sicuramente conquistata e me-
Pinocchio alla taverna del Gambero Rosso
ritata; gli inizi, infatti,
piuttosto incerti e difficili lo hanno costretto
ad alternare il disegno
ad altre attività per giungere definitivamente all’illustrazione quasi per
caso dando voce a una
passione conservata fin
dall’infanzia quando,
“per vincere la noia”,
come lui stesso racconta,
passava le giornate a disegnare storie. Innocenti
recupera questo interesse per inventarsi un
lavoro appassionante:
disegna, impara le tecniche, si prepara rag-
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Pinocchio che chiede l’elemosina
giungendo la raffinatezza che oggi tutti possiamo apprezzare.
La capacità di “guardare”,
coltivata fin da piccolo,
quando “fotografava il
mondo dei grandi”, lo
ha fatto diventare un
acuto osservatore capace
di registrare i contesti
fin nei minimi dettagli,
la passione per i particolari, infatti, è una delle
caratteristiche cha salta
immediatamente agli occhi osservando le sue
opere. Non si può fare a
meno di soffermarsi a
lungo davanti ai suoi acquerelli perché questi
non si limitano a illustrare un testo e si riscat-
tano dal ruolo di mere
decorazioni. Le sue illustrazioni, pur restando
fondamentalmente coerenti col testo e rendendolo immediatamente
riconoscibile, riescono
ad aggiungere elementi
che lo completano: tutti
quei particolari sottintesi o taciuti dall’autore
Tavola tratta da “La storia di Erika”
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che conferiscono alle raffigurazioni una credibilità storica, personalità
e indipendenza e che le
dotano di vita propria.
Guardando una qualsiasi
immagine di Innocenti,
per esempio l’episodio
dell’ingresso al Gambero
Rosso di Pinocchio, rintracciamo tutto quel che
nel contesto specifico può
esserci, nel caso in esame
tutto quello che in una
taverna ci si può aspettare di trovare: un gruppo
di giocatori di carte, il
vino nel suo fiasco, il pane
e le salsicce con un gatto
che tenta di appropriarsene, il cane sonnecchiante davanti a un osso,
candele consumate e cesti di patate, tutti particolari che agevolano la
comprensione della storia. E Pinocchio? Relegato in un angolo, appena visibile. Spesso, infatti, i disegni sono così
pieni di personaggi e oggetti legati all’ambientazione che l’azione sembra scivolare in secondo
piano con l’attenzione
che vaga tra tutte le attività che si stanno svolgendo per le quali è visibile una vita indipendente dallo sviluppo del
racconto: si pensi alla tavola in cui Pinocchio
chiede l’elemosina, ebbene il protagonista è lasciato in un angolo della
raffigurazione che è invece riempita di elementi
propri della ricostruzione
scenica, una piazza gremita e indaffarata. Eppure non ci sono dubbi
sulla storia che si sta narrando. Nel guardare una
qualsiasi tavola di Pinocchio o di Cenerentola per
esempio, tutte risultano
avere qualcosa in più e
non manca nessun segno
di fedeltà e coerenza col
testo, perché, anche
quando recupera precedenti iconografie dei
grandi classici della letteratura, Innocenti non
si limita a rappresentare
gli attori principali, ma
cerca di inserirli in contesti più ampi, più generali, spesso una folla
di personaggi si aggiunge
alla scena portando con
sé tutto il bagaglio di
storie, di personalità, di
situazioni che va a sommarsi alla narrazione.
I racconti non sono solo
esposti nei fatti, ma sono
ambientati e l’ambiente
è descritto minuziosamente, con puntualità
storica; i protagonisti
sono calati nei luoghi
dove esattamente avvengono i fatti perché è proprio a partire dall’osservazione di quei luoghi
che si può comprendere
la loro vera natura e quella
di tutti gli altri presenti.
Nel fare questa operazione di completamento
e affinamento del testo
Roberto Innocenti si
spinge anche oltre: i protagonisti, paradossalmente, a volte perdono
il ruolo primario, o meglio, gli altri fattori raffigurati salgono di grado
e vanno ad affiancare
quello del primo attore.
Tutti questi dettagli, minuziosamente definiti,
diventano a loro volta
potenziali generatori di
altre storie, quindi, le
raffigurazioni si arricchiscono di tanti altri eventi
che accompagnano e supportano quello principale stuzzicando la curiosità dell’osservatore.
Nel racconto Storia di
una casa sono proprio i
particolari che narrano,
è infatti attraverso la loro
analisi che riusciamo a
seguire le vicende della
Due tavole tratte da “Storia di una casa”
casa nel passare del tempo
e nello svolgersi della
Storia.
Ma i particolari diventano anche accorgimenti
utili per drammatizzare
ulteriormente la storia:
ogni minuzia, pietra,
mattone ha un ruolo preciso che ne legittima la
presenza, e non è solo per
la scelta di ciò che è aggiunto, ma anche per
come è aggiunto, per il
taglio compositivo e il
punto di vista: si pensi,
per esempio, all’episodio della deportazione
ne La storia di Erika , la
transenna in primo piano
non ostacola solo il passaggio, ma anche la vista completa della scena,
costringendoci a una parzialità che lascia filtrare
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giusto la visione dei bambini che enfatizza il
dramma che si sta consumando. Il particolare
serve quindi a dare rilievo e corrispondenza
storica agli eventi, l’autentica passione di Roberto Innocenti è, infatti,
la “storia”, nei suoi aspetti
drammatici e quotidiani
ed è proprio la voglia di
trasmetterla per tenerne
viva la memoria che ha
segnato buona parte dell’attività di illustratore;
tra i primissimi lavori
possiamo infatti ricordare le tavole di 1905:
bagliori a Oriente, ricche
di citazioni e riferimenti
che avvicinati dall’anno,
1905, e dall’immaginario rappresentato occhieggiano in diverse direzioni, da Tsushima. Il romanzo di una guerra navale alla Corazzata Potemkimdi Ejzenstein. Ma si
è cimentato anche in temi
molto difficili come quelli
legati ai momenti più
cupi del secolo scorso,
quelli della Shoah: ne La
storia di Erika e in Rosa
bianca Innocenti racconta
i fatti drammatici facendoli filtrare attraverso
gli occhi dei bambini,
non spiega niente ma ci
lascia cogliere il dramma
umano con lo stesso
sguardo, ingenuo, attento e spaventato dei
piccoli protagonisti.
Dalla Storia alla Fiaba
con la stessa forza interpretativa, da mondi che
stanno tra la realtà e la
metafisica, Innocenti offre le sue immagini come
fossero inquadrature cinematografiche, da buon
regista coglie i momenti
salienti e li interpreta,
in funzione della vicenda
e del momento storico,
e pur nel rispetto del testo letterario ci apre pro-
spettive nuove. Universi
credibilissimi perché raccontati fin nel minimo
dettaglio, spalancati in
ampie panoramiche o
magari scoperti da una
finestra, espediente ricorrente che permette di
guardare senza essere visti: si guarda al di fuori
con lo stesso punto di vista del protagonista o si
osserva il protagonista
per conoscerne lo stato
d’animo e il contesto. Le
vetrate dell’albergo oltre Finisterre ne L’ultima
spiaggia ci fanno percepire quello che ci circonda, ci presentano l’ambiente, creano l’atmosfera, oppure quella finestra in Rosa Bianca dove
guardando nella trasparenza e nel riflesso del
vetro intuiamo allo stesso
tempo il contesto e il disorientamento della piccola.
Gli espedienti grafici
e compositivi presi in
prestito sono usati con
raffinata maestria ed è
tramite questi che Innocenti riesce a farci vivere le realtà disegnate:
ci siamo anche noi a scartare i regali nello Schiaccianoci di Hoffmann così
come siamo accanto a
Pinocchio nelle sue avventure o come ci sentiamo intimamente coinvolti di fronte alle tavole raffiguranti le terribili vicende della Seconda Guerra Mondiale;
niente è spiegato o commentato, ma tutto riusciamo a scoprirlo e viverlo insieme ai protagonisti, con gli stessi
smarrimenti, lo stesso
stupore, le stesse paure.
L’assoluta aderenza alla
realtà finisce però per approdare agli stati propri
della metafisica, perché le attente e complesse
Tavola da “La Rosa Bianca”
immagini sono di un rigore geometrico che è
sostanzialmente apparente. I virtuosismi prospettici svelano, infatti,
una tecnica che in realtà
piega le regole rinascimentali fino a individuare punti di fuga più
percettivi che matematici: quelli utili a indirizzare l’attenzione nelle
posizioni chiave, quelli
che servono al percorso
narrativo. Le prospettive
allargano lo spazio per
mostrare altri dettagli e
altre storie o tolgono dal
campo visivo ogni elemento di distrazione per
guidare lo sguardo. I
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punti di vista, a volte insoliti, simulano quelli
degli occhi di un particolare personaggio o ci
mostrano una scena da
una posizione privilegiata. Si osservino le tavole de L’ultima spiaggia,
un vero e proprio dizionario di citazioni, di personaggi e luoghi tutti
amati da Innocenti e appartenenti alla sua formazione culturale, dove
si possono trovare svariati esempi come quello,
estremamente suggestivo, della vista dall’alto
sul soggiorno dell’albergo, dove gli ospiti
sono ripresi ognuno nelle
proprie attività, o quella
sempre dall’alto sul molo
di notte quando la “Sirenetta” viene liberata
nell’acqua; oppure si
prenda come esempio la
visione di Pinocchio davanti al giudice, forzatamente ripreso dal basso
per drammatizzare l’immagine o la scena della
battaglia dei topi ne Lo
schiaccianoci vista proprio
dall’altezza dei topi. Sono
tanti gli esempi che potremmo citare pensando
ai punti di vista che Innocenti suggerisce, da
quelli da cui si sbircia
alle vere e proprie panoramiche, come quella vista da Pinocchio dal dorso
del colombo, che realmente è una vista a volo
d’uccello e che, con la solita meticolosa restituzione, diventa una perfetta ricostruzione planimetrica.
Tutto questo è Roberto
Innocenti, persona gentile dotata di una dolcezza e di una pacatezza
nei modi che sicuramente
lo contraddistinguono.
L’aspetto placido, che
non si scompone neanche quando manifesta la
propria indignazione, si
ritrova nel suo lavoro
dove, anche quando racconta tragiche vicende,
lo fa senza gridare, con
sorda polemica e lucida
ironia, con la forza dei
mezzi toni appartenenti
a chi è in possesso della
consapevolezza.
francesca bardi
Pinocchio davanti al giudice