Italia, Paese–ponte sul Mediterraneo: piattaforma

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Italia, Paese–ponte sul Mediterraneo: piattaforma
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conv. naz./304/2008 del 01-06-2008
Settimanale - Anno 2 - N° 14 - Lunedì 6 Aprile 2009
TRASPORTI E LOGISTICA
Italia, Paese–ponte sul Mediterraneo: piattaforma strategica per il trasporto intermodale
Dal miglioramento della sicurezza stradale alle Autostrade del Mare: la sfida della modernizzazione del Paese
I
l tema delle vie di comunicazione è
da sempre cruciale per l’Italia. Il nostro Paese, a questo proposito, sconta
una conformazione geografica molto
particolare che, se da un lato lo rende forse unico dal punto di vista della
variabilità dei paesaggi (basti pensare che in sole poche ore di automobile si può passare dai ghiacciai alpini
alle calde spiagge mediterranee…),
dall’altro lo penalizza notevolmente
rispetto ai partner europei. L’Italia ha
un territorio lungo–lungo, tagliato in
due in senso longitudinale dalla dorsale degli Appennini (montagne “basse”, ma aspre, dure e tutt’altro che
facili da trattare). Chi proviene dai valichi alpini del Nord si trova davanti la
pianura Padano–Veneta (che costituisce quella che si potrebbe chiamare un’“eccezione” geografica per un
Paese in realtà molto più collinare e
montuoso che non pianeggiante), il
viaggio sembra facile e il viaggiatore
può anche correre il rischio di illudersi di aver superato ogni difficoltà. Ma,
se si deve proseguire verso il Centro,
tutto cambia, perché in fondo alla pianura appare la dorsale appenninica
Tosco–Emiliana. Una montagna che
ancora oggi rappresenta una vera e
propria barriera che troppo spesso
rischia di tagliare in due l’Italia: basta
un intoppo lungo le principali direttrici
di attraversamento stradale o ferroviario per attivare una “macchina del
tempo” che precipita il Paese indietro di decenni, se non di secoli. Per
qualcuno, forse, una deviazione che
potrebbe essere piacevole, ma un
problema per chi viaggia per lavoro e
per la galassia dei trasporti. C’è poco
da fare: la modernizzazione di un Paese passa invariabilmente attraverso
la modernizzazione delle infrastrutture che permettono le comunicazioni
e i trasporti; infrastrutture che devono essere continuamente aggiornate,
seguendo la costante evoluzione delle
istanze socio–economiche del territorio. “Chi si ferma è perduto”, è proprio
il caso di dire, nel senso che questo è
della comunità internazionale. È un
fenomeno che abbiamo potuto (purtroppo) constatare sulla nostra stessa
pelle di pendolari: quando, finalmente, dopo anni – se non decenni – di
gestazione, un’arteria viaria, stradale
o ferroviaria che sia, viene finalmente realizzata, molto spesso si rivela
strada. L’approfondimento di questi
scarni dati dice qualcosa di più sulle reali dimensioni del problema. Nel
mese di febbraio 2009, per esempio,
nonostante il momento critico, sono
state immatricolate 165.289 nuove
auto (comunque un buon 24,45 % in
meno rispetto al febbraio dello scor-
I Governi, i Ministeri, le
Amministrazioni locali, gli
Enti preposti si trovano
davanti a scelte difficili,
che devono tenere conto
contemporaneamente delle
istanze dei viaggiatori e
delle previsioni di quello
che potrà essere il modo
di muoversi e il volume
degli spostamenti nel
prossimo futuro
Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
un campo in cui l’immobilismo è letale
ed ha ricadute su tutto il complesso di
fattori che contribuiscono a determinare quell’insieme di difficile definizione che è di moda riassumere nel concetto “qualità della vita”. Se l’Impero
Romano aveva sviluppato un modernissimo (per allora e anche per i secoli successivi) sistema di comunicazioni viarie, è chiaro come la mobilità
dell’età moderna abbia avuto esigenze molto diverse. La stessa viabilità
del secolo scorso si dimostra inadeguata alle nuove istanze del Paese e
sottodimensionata, perché pensata
in funzione di esigenze ormai superate. Per questo motivo, le infrastrutture
sono considerate opere strategiche
per un paese. Alcune cifre del Ministero dei Trasporti danno da pensare:
ogni anno per la congestione del sistema logistico spendiamo 19 miliardi
di euro e ci si avvicina sempre di più
al livello di saturazione di alcuni assi
ferroviari, stradali e valichi fondamentali. Nonostante questo, continuiamo
a muovere oltre il 90 % dell’intero sistema delle merci e dei passeggeri su
so anno), mentre altre 395.317 auto
usate sono state trasferite di proprietà (dati delll’Archivio Nazionale dei
Veicoli). Oltre 15 milioni pendolari si
muovono ogni giorno su treni, metropolitane o autobus di linea per recarsi al lavoro, mentre oltre l’ottanta per
cento delle merci viaggia su gomma.
Numeri imponenti e in incremento di
anno in anno, che costringono a scelte strategiche per il futuro della Nazione. Al primo posto, naturalmente, il
tema della sicurezza dei mezzi di trasporto: le automobili, i camion e, più
in generale, la mobilità su strada, ma
anche i treni, gli aerei e le navi, con
l’obiettivo di diminuire a livelli europei
il numero degli incidenti che si verificano annualmente in Italia. Un altro
tema “caldo” – in fondo legato a doppio filo con la sicurezza – è quello della qualità del viaggiare, per evitare i
disagi che ogni giorno milioni di italiani affrontano per recarsi sul posto di
lavoro e tornare a casa. Senza dimenticare, naturalmente, l’aspetto della
tutela di un territorio che diventa ogni
anno più “fragile”. I Governi, i Ministeri, le Amministrazioni locali, gli Enti
preposti si trovano davanti a scelte
difficili, che devono tenere conto contemporaneamente delle istanze dei
viaggiatori e delle previsioni di quello che potrà essere il modo di muoversi e il volume degli spostamenti
nel prossimo futuro: è evidentemente
qualcosa che coinvolge molto di più
delle semplici strategie e promesse
elettorali. Qualcosa comunque si sta
muovendo. L’alleggerimento del traffico stradale è uno degli obiettivi strategici indicati dall’unione Europea e
l’Italia sta ripensando seriamente alle
scelte dei decenni passati, che hanno privilegiato il trasporto su gomma,
portandolo a una crescita esponenziale (basta percorrere una qualsiasi
autostrada italiana in un giorno feriale
per rendersene conto…), cercando di
riorganizzare l’autotrasporto, facendo
in modo che quote sempre più ampie
di merci scelgano altre modalità di
movimento, quali treni e navi. Obiettivi che significano, da un lato, strade
più sicure, minore inquinamento atmosferico e acustico e, dall’altro, un
rilancio, anche in chiave occupazionale, di settori che stanno vivendo da
anni fasi critiche. Che il nostro Paese
si stia accorgendo, finalmente, di avere oltre settemila chilometri di coste
e numerosissimi porti? Sembrerebbe
proprio di sì, se un posto particolare,
nelle politiche ministeriali, è ricoperto dal progetto delle “Autostrade del
Mare”: rotte nazionali e internazionali,
percorse periodicamente da grandi
navi da carico in grado di imbarcare
autotreni e TIR. Scelte che, naturalmente, devono essere incentivate per
superare uno status quo ormai consolidato da anni, e in cui il settore della
logistica svolge un ruolo fondamentale. L’Italia, vero ponte sul Mediterraneo, occupa una posizione strategica
per trasferire le merci provenienti dal
Sud–Est (tramite Suez) verso i merca-
ti ricchi del Nord Europa, ma per fare
questo è necessario far funzionare
nel migliore dei modi i porti, i nodi ferroviari e i centri di raccordo intermodali, quelli, cioè, che permettono un
continuo ed efficiente interscambio
tra le diverse modalità di trasporto:
gomma, ferrovia, nave. Un sistema
integrato che è il punto di riferimento
delle politiche ministeriali e che vede
impegnate su questo fronte ingenti
risorse finanziarie, sia pubbliche, comunitarie che private: dal 2002 è in
atto un piano che, a valori aggiornati,
ammonta a oltre 170 miliardi di euro,
di cui circa 60 miliardi già disponibili e
altri 115 miliardi deliberati dal CIPE.
Il trasporto su rotaie gioca un ruolo fondamendale nella logistica della distribuzione