VALENTANO (Lago di Bolsena):
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VALENTANO (Lago di Bolsena):
LA TEMPLARE CIVITA DI BAGNOREGIO Balneum regis, letteralmente "bagno del re", è un toponimo di origine goto-longobarda che definisce una proprietà regia e compare per la prima volta nel 599 in una lettera di Papa Gregorio Magno indirizzata al Vescovo di Chiusi Ecclesio. Non è improbabile una connessione con un complesso termale di cui esistono rare testimonianze. Secondo la leggenda, le acque salubri del bagno avrebbero guarito le ferite del re longobardo Desiderio. Antica magione ufficiale dell’Ordine del Tempio essa è situata al confine con l’Umbria, in vista della Valle del Tevere, Civita di Bagnoregio si adagia su un colle tufaceo cuneiforme a 443 metri s. l. m., stretto fra i due profondi burroni del Rio Chiaro e del Rio Torbido. Alle spalle dell’abitato si estende la grande vallata incisa dai “calanchi”, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, come il solenne e dolomitico “Montione” e la cosiddetta “Cattedrale”. Lo scenario offerto dalla Valle dei Calanchi e dall’abitato di Civita di Bagnoregio, forma uno dei paesaggi più straordinari e unici d’Italia. L’affaccio dal Belvedere della Grotta di San Bonaventura è semplicemente meraviglioso: il borgo rossiccio di Civita, su cui spicca lo snello campanile romanico della chiesa, si erge come un’isoletta nella fragile immensità dei calanchi, “mare” increspato ma immobile che dona la surreale sensazione di assistere ad una “quieta tempesta”. L’incanto ed il silenzio avvolgono così d’un tratto il visitatore sensibile, mentre l’animo suo si strugge al pensiero che queste rupi argillose ed instabili, modellate dalle acque dei torrenti e delle piogge, pian piano trascineranno a valle il borgo superstite, già smembrato e dimezzato dagli innumerevoli terremoti e franamenti avvenuti nel corso dei secoli: per questo Civita di Bagnoregio è famosa come la “città che muore”. Eppure fu proprio l’abbondanza di acque, assieme al rigoglio della vegetazione, a spingere gli uomini, sin dai tempi più remoti, a vivere in questi luoghi. Patria del monaco-filosofo francescano San Bonaventura (che per un periodo ispirò la “tau rossa” sui mantelli dei Templari e degli Ospitalieri e di cui ancora oggi si ritrovano tracce nel borgo) e del saggistaromanziere Bonaventura Tecchi, Civita di Bagnoregio ha infatti origini antichissime. La zona fu abitata sin dall’epoca villanoviana (IX-VIII secc. a. C.), come testimoniano vari ritrovamenti archeologici. In seguito vi si insediarono gli etruschi, che fecero di Civita (di cui non conosciamo l’antico nome) una fiorente città, favorita dalla posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo. Del periodo etrusco rimangono molte testimonianze: di particolare suggestione è il cosiddetto “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell’abitato, e che premette l’accesso, direttamente dal paese, alla Valle dei Calanchi; in passato erano inoltre visibili molte tombe a camera, scavate alla base della rupe di Civita e delle altre pareti di tufo limitrofe, e che purtroppo furono in gran parte fagocitate, nei secoli, dalle innumerevoli frane. Del resto, già gli stessi etruschi dovettero far fronte ai problemi di sismicità e di instabilità dell’area, che nel 280 a. C. si concretarono in scosse telluriche e smottamenti. All’arrivo dei romani, nel 265 a. C., furono riprese le imponenti opere di canalizzazione delle acque piovane e di contenimento dei torrenti avviate dagli etruschi. Sicché, assicurata una certa tranquillità, la prerogativa di Bagnoregio quale centro commerciale venne consolidata, anche in virtù della comodità d’accesso alla strada che da Bolsena portava al Fiume Tevere, allora solcato dalle navi mercantili. Ma paradossalmente, la stessa prossimità alle maggiori vie del commercio decretò la crisi di questo ricco insediamento. Con il collasso dell’Impero Romano, Bagnoregio si trovò ad essere facilmente soggetta alle scorrerie delle orde barbariche, finendo man mano sottomessa, tra il 410 ad il 774, ai visigoti, ai goti, ai bizantini e ai longobardi, sino a quando Carlo Magno la liberò e la consegnò alla Chiesa. Proprio a cavallo tra i secoli VIII-IX iniziò peraltro ad affermarsi il toponimo di Balneum Regis (divenuto più in là Balneoregium, Bagnorea ed in ultimo Bagnoregio), letteralmente il “Bagno del Re”, dalla leggenda secondo cui il sito avrebbe ospitato già dall’epoca romana una stazione termale, frequentata in seguito dal re longobardo Desiderio per curare una grave malattia. Successivamente, il Medioevo alternò momenti di pace a momenti drammatici, come quello legato alla tirannide dei Monaldeschi della Cervara, che finirono cacciati da una feroce rivolta popolare. La città divenne “libero comune” per un breve periodo (nel XII sec.), per poi entrare definitivamente nel patrimonio della Santa Sede. Tuttavia, nuovi pericoli erano in agguato. Venuto meno il grande sistema di opere pubbliche romane, ormai da centinaia di anni erano stati lasciati in sospeso i lavori di regolarizzazione delle acque. D’altro canto, l’intenso sfruttamento agricolo delle campagne nei pressi dei calanchi, con la sostanziale riduzione della copertura boschiva, aveva privato il terreno, già fin troppo instabile, della sua naturale “armatura”, costituita appunto dalle radici degli alberi. La catastrofe, dunque, era ormai vicina. Fino al XVII secolo, la città si estendeva allora su un vastissimo altopiano, di cui oggi rimangono soltanto due spezzoni, e possedeva ben cinque porte: Civita, che ne rappresentava il fulcro, era infatti congiunta all’attuale Bagnoregio, che al tempo non era altro che un quartiere e si chiamava Rota. Tutto ciò scomparve nel fatidico 1695, quando un terribile terremoto provocò il franamento delle parti più esposte a valle dell’abitato di Bagnoregio, nonché dell’unica via d’accesso che univa l’abitato a Rota. E non era finita. L’abitato, ormai decisamente ristretto e in via di spopolamento, ebbe nel 1764 un vero colpo di grazia, con il crollo di altre porzioni della cittadina. Iniziava, così, il suo inesorabile declino da nobile e vetusta cittadina ad umile borgo agricolo, semidiruto, semiabbandonato e vittima, più volte e fino a tempi recenti, di ulteriori distruzioni. Divenuta per molti anni quasi un borgo fantasma, Civita è oggi collegata alla sorella Bagnoregio, e al “resto del mondo”, da un sottilissimo e lunghissimo viadotto in cemento. Esso fu ricostruito due volte, dopo l’abbattimento del vecchio ponte in muratura, fatto saltare dai tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale. La prima volta il lavoro non venne fatto in maniera accurata, tant’è che nel 1964, quando ennesimi smottamenti colpirono la collina di Civita e la Valle dei Calanchi, l’ardito cavalcavia appena edificato crollò poco prima della sua inaugurazione. Fu quindi ricostruito ancora, e stavolta senza sorprese, riallacciando così l’antico borgo alla “terraferma”, e allo stesso tempo vennero realizzate importanti opere di sostegno alla rupe dove sorge l’abitato, ponendo così un freno alla sua erosione. Pubblicizzata ormai da decenni come la “città che muore”, in realtà Civita sta ritornando a vivere. Un flusso turistico cospicuo e sempre crescente, anche di provenienza straniera, ha riportato grande vitalità all’antico villaggio, che, recuperato nel suo aspetto originario, pian piano si sta ripopolando. Sono tanti, del resto, gli spunti d’interesse ambientale ad attrarre i turisti a Civita di Bagnoregio. Oltre ai meravigliosi panorami e alla bellezza del paesaggio, infatti, colpisce l’atmosfera incredibilmente suggestiva del borgo, che appare come un luogo “musealizzato”, un esempio, forse unico in Italia, di villaggio tardo-medievale rimasto immutato nel tempo. Vi si accede dalla scenografica Porta Santa Maria, aperta da un arco in peperino e sormontata da una loggetta. Attribuita dalla tradizione al Vignola, la porta reca due bassorilievi che raffigurano un leone che tiene un uomo con gli artigli, metafora della cacciata dei Monaldeschi. Oltrepassato il varco scavato nella roccia, subito, si ammira una prima piazzetta, circondata da bei palazzi signorili e da casette più modeste: di un edificio rimane soltanto la facciata, con le finestre che lasciano intravedere il cielo. Continuando per la stradina, dopo pochi metri, si sbuca sulla pittoresca Piazza San Donato, che, altro caso sicuramente più unico che raro, al posto della pavimentazione presenta una breccia mista a terriccio, dando la sensazione di essere improvvisamente piombati indietro almeno di quattrocento anni. Qui spicca la mole dell’ex-Duomo di San Donato, sorto nel VIII secolo (probabilmente su un preesistente tempio pagano) ma dall’aspetto cinquecentesco. Al suo interno la chiesa conserva un pregevole crocifisso ligneo quattrocentesco, ritenuto miracoloso, cui è legata la singolare Processione del Cristo Morto: la sera del Venerdì Santo la scultura viene portata in processione a Bagnoregio e la tradizione vuole che essa ritorni assolutamente entro Mezzanotte a Civita, pena la sua acquisizione da parte dei “cugini” bagnoresi. Nella stessa Piazza San Donato, inoltre, a giugno si svolge il simpatico Palio della Tonna, una festa di origine medievale che vede i fantini sfidarsi in un’acerrima e rocambolesca corsa ad anello. La visita continua tra gli stretti vicoli del borgo, caratterizzato da archetti, cortili e piazzette, e da case medievali e rinascimentali ornate da bifore, profferli e portali in peperino: spesso al loro interno si trovano graziose botteghe artigiane, in cui si può entrare per assistere ad antichi mestieri. E passeggiando in questo tortuoso dedalo, fatto di spazi inconsueti e di viuzze affacciate sul vuoto, lo sguardo è rapito qua e là da svariati scorci verso la Valle dei Calanchi, che al tramonto si colora di strane tonalità, offrendo curiosi giochi di luci ed ombre tra gli affilati crinali e la rada vegetazione, e formando un quadro paesaggistico ancor più surreale. Infine, merita un cenno la Grotta di San Bonaventura, uno dei luoghi più venerati di Bagnoregio. Si tratta di un’antica tomba a camera etrusca, posta a balcone su Civita e a strapiombo sulla valle, che venne utilizzata nel Medioevo come romitorio. Al luogo è legata la leggenda secondo la quale qui il piccolo Giovanni di Fidanza, futuro San Bonaventura, fu risanato da una malattia mortale da San Francesco, durante il suo soggiorno bagnorese. Nei pressi della grotta sorgeva, infatti, un convento francescano, di cui oggi, dopo i crolli del 1764, non rimangono che pochi resti. La madre di Giovanni, commossa dal miracolo, promise al Poverello d’Assisi che avrebbe consacrato la vita del proprio figlio al servizio di Dio. E così fu, tant’è che San Bonaventura (nome datogli dallo stesso San Francesco) scelse la veste francescana e si mise a diffondere tra i cristiani il messaggio caritatevole del suo maestro e guaritore. CU RIOSITA’ + UNA RICOSTRUZIONE STORICA ALTERNATIVA CHE UNISCE BAGNOREGIO ALLA LIGURE SEBORGA ED A… CASTEL DEL MONTE. FANTASIE, LEGGENDE O SORPRENDENTI VERITA’ NASCOSTE? Castel del Monte: Tempio della Gerusalemme Celeste edificato da Federico II. Per Entrarvi bisognava battezzarsi nel Balneum Regis ai piedi del Castello che aveva la forma dell'ottagono come la pianta del Castrum. L'Ottagono simbolo universaLE RISALIVA ALLA MISTICA GRAALICA DELLA DINASTIA MEROLITINGA-LONGOBARDA-CAROLINGIA DA CUI DISCENDEVA STUPOR MUNDI.Emerge da documenti cistercensi ritrovati dalla principessa archeologa Yasmin von Hohenstaufen ,negli archivi della Hohenstaufen House Comunicato: La Principessa Yasmin, in un convegno nell'abbazia Benedettina Avril de Saint Genis Saintonge, presenta il volume "Historia Desiderii Regis Langobardorum Ed. Alke', di cui e' autrice. Green Princes Trust, nel convegno vara il Gemellaggio Graalico Tra l'ottagono di Casteldelmonte e l'ottagono di Balneum regis di Seborga :risalgono alla mistica del Graal . Otto e' simbolo universale .Anche Castel del Monte aveva un Balneum Regis quale avamposto all'ingresso, ove Federico II praticava il rito del Battesimo di purificazione per entrare nella Gerusalemme Celeste. La mistica preesisteva agli svevi ed ascendeva al culto sicambrico merolitingo Longobardo di Re Desiderio da cui discendeva il Barbarossa Castelmonte, Castrum Seborga(Imperia) e Principato Castrum Balneum Regis - attuale Bagnoregio (Viterbo): entrambi siti legati alla legittima discendente di re Desiderio, Principessa YASMIN, una principessa archeologa,plurilaureata, docente universitario, giornalista alla Stampa con pseudonimo , per 20 anni, e per quindici anni Presidente e General Manager della multinazionale Reader's Digest, Presidente di Free Press Association e Ucert(Unione Centri energie Rinnovabili Trasnazionale) Gemellaggio graalico tra il Balneum Regis di Seborga a Giro del Don , a Riva e Balneum Regis di Viterbo. Balneum regis, letteralmente "bagno del re", è un toponimo di origine goto-longobarda che definisce una proprietà regia e compare per la prima volta nel 599 in una lettera di Papa Gregorio Magno indirizzata al Vescovo di Chiusi Ecclesio. I siti erano in connessione con un complesso termale di cui esistono rare testimonianze. Secondo la leggenda, le acque salubri del bagno avrebbero guarito le ferite del re longobardo Desiderio. Dietro tale leggenda, in realta', si cela un rito iniziatico della mistica del Graal: una sorta di iniziazione e unzione del Re Del Graal Ferito che, purificatosi, e' pronto a far rinascere l'albero secco del Regno. Non a Caso l'avita immersione avveniva in una fonte ottagonale, simbolo dell'universo e dell'infinito, ma anche dell'amore universale. Il tema e' ripreso nel palinsesto della pianta di Castel del Monte, Tempio del Graal Federiciano, che, nella planimetria originale, recava proprio una fonte battesimale, detta Balneum Regis, nell'ingresso dell'atrio principale.Tali riti risalivano allo stesso Barbarossa, la cui madre Giuditta di Baviera, discendeva appunto da Re Desiderio e dalla Regina Ansa,nonni di Re Poto, da cui i Principi Puoti, antenati della Principessa Yasmin. Lo stesso Corradino di Svevia , attraverso la madre Elisabetta di Baviera, discendeva da Re Desiderio, antenato di Princess Yasmin, e fu erede spirituale di tali carismi che si ripetono non solo in alcuni castelli federiciani, ma nella stessa avita Svevia. Re Desiderio e la Regina Ansa assurgono infatti a Capostipiti dei Regnanti di tutta Europa, in quanto Adelchi sposo' gisla sorella di Carlo Magno, metre la sorella Ermengarda sposo' Carlo Magno, e le altre , Gerberga Carlomanno, Liutpranda Re Tassilone di Baviera, da cui i Wittelsback , Hannnover Saxen Coburgo Gotha, Ansalberga Re Radelchi di Benevento, Ansberga Badessa di Brescia. Si pensi , inoltre che la Stessa Ansa discendeva dai Re Taumaturghi del Galles, del Wessex ,di Avebury , da cui gli Angoulemme e Plantagenet, da cui la mistica dei Re del Graal ad Avalon. Princess Yasmin ,che tra l'altro quale pronipote di Federico II ed Isabella d'Inghilterra ,e' titolare del Regno di Viterbo, in quanto morendo Re Carlotto(Otto)detto anche Enrico, come emerge dal Die Zeit der Staufer, Stuttgart Museum, trasmise i titoli e Regni al -fratello minore FEDERICO. Cio' indipendentemente dalle usurpazioni, rimane principio inalienabile ed imprescrittibile, in quanto Federico II, nei preamboli delle disposizioni testamentarie , attuo' un piano preventivo di gradualita' nella successione.( vedi fonti citate nel Kanthorovicz-Federico II) E' lo stesso Re Desiderio a stigmatizzare la sua genealogia, nell'ordinare la Croce che reca il suo nome e nel cuore della stessa il ritratto dell'Imperatore Costanzo, figlio di Costantino il Grande, e di Gallia Placida, figlia dell'Imperatore Valentiniano di Oriente ed Occidente Potior Valens. La Storia genealogica. VI sec., prime notizie certe su Bagnorea (questo è il nome più antico), menzionata tra le sedi episcopali italiane. Dopo la caduta dell'Impero Romano, Bagnoregio cade sotto il dominio dei Goti e dei Longobardi, infine Carlo Magno la conferì al Papato. Dopo la conquista franca una serie di signorotti feudali si alternarono al potere: tra questi i Monaldeschi che divennero più tardi signori di Orvieto. Nel XII sec., Bagnoregio diventa libero Comune e conosce un periodo di prosperità e vivacità culturale. Pur attratto nell'orbita della vicina e potente Orvieto, riesce ugualmente a mantenere l' autonomia. Mentre La Fonte Battesimale di Riva , nei pressi di Seborga, facente parte dei monaci benedettini cistercensi di Lerins, a Seborga, era svincolato come palinsesto dallo Stato italiano, il Borgo di Bagnoregio, fiorito, intorno al Castrum di Re Desiderio, nei pressi di Viterbo ,fu annesso allo Stato Italiano . Ma e' chiaro che trattandosi di Palinsesto legato all'agalmonia dinastica genetica della dinastia celticogotica-merolitingalongobarda di Re Desiderio, esso e' patrimonium Imperii inalienabile. Infatti, se fosse stata valida la Donazione di Costantino, a tutti gli effetti entrambi i Balneum dovrebbero far parte del territorio del Papato. Ma dopo la clamorosa scoperta della falsita' della donazione ed il rinvenimento delle disposizioni testamentarie di Costantino, in merito alla trasmissione dei Crismi, a favore dei Reges Potiores suoi discendenti, ossia l'imperatore Costanzo che sposo' Gallia Placida, antenatii di Re Desiderio , il palinseso e' proprieta' inalienabile ed imprescrittibile dei legittimi discendenti di Re Desiderio. Re Desiderio condivise il Regno, secondo l'uso longobardo, con il figlio Re Adelchi che sposo' la Regina di Neustria, Gisla Heristal, sorella di Carlo Magno, da cui nacque Re Poto di Costantinopoli, da cui i Principi di Bisanzio Despoti e Patricii Romanorum . Il delfinato di Re Poto e' vitale nella legittima discendente Principessa Yasmin von Hohenstaufen Puoti Aprile di Buren Anjou Plantagenet che discende direttamente da Re Poto di Costantinopoli, di Castello Puoti o Castelpoto(BN), nipote di Re Desiderio, come attestano gli storici del Borgo e lo storico Nicola Lettieri e gli alberi genealogici dei monaci benedettini cistercensi di Lorch. M.H.T. Roma