2e Assemblea Generale della CORREF (Francia) – Alcuni elementi
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2e Assemblea Generale della CORREF (Francia) – Alcuni elementi
2e Assemblea Generale della CORREF (Francia) – Alcuni elementi della prima parte dell’intervento di Elena Lasida (Economista – impegnata a Giustizia e Pace, dove ha collaborato con diverse Congregazioni su questioni come: l’autonomia finanziaria, le relazioni interculturali oppure le nuove forme di solidarietà tra Nord e Sud) Il 24/11/10 La vita religiosa: un modo di vita significante per oggi Lettura di esperienze della vita religiosa Dopo aver letto il fascicolo che raccontava questi impegni dei/delle religosi/e e che era stato preparato per quest’Assemblea, tre parole hanno spontaneamente emerso, parole che mi sembrano essere presenti in modo explicito oppure implicito nella maggior parte delle pratiche listate, e che dicono qualcosa sulla vita religiosa e la sua presenza nel mondo di oggi. Frontiera Ho sentito che le esperienze religiose raccontate indicavano tutte luoghi che sono alla frontiera. Ci si trova la frontiera tra quelli che «fanno parte della società» e quelli che «sono fuori» (i sobborghi delle grandi città, gli immigrati illegali). Ma anche la frontiera tra le generazioni (giovani emarginati perchè senza diploma oppure giovani studenti/tesse, pensionati). La frontiera tra la sfera sacra e quella laica (le abbazie diventate siti turistici). La frontiera tra il mondo religioso e la società civile (le religiose che lavorano in luoghi non-confessionnali). La frontiera tra la vita e la morte (presenza vicino a persone che si preparano alla morte). E la frontiera tra le congregazioni (comunità e missioni inter-congregazioni). La frontiera inter-religiosa, ecumenica (suore cattoliche con diaconesse protestanti). Ma anche la frontiera tra comunità che hanno già una lunga storia e comunità nuove (comunità monastiche o apostoliche con movimenti recenti come «Fondacio» oppure il «Chemin Neuf»). Frontiera tra istituti religiosi e mondo economico (investire il capitale finanziario delle congregazioni). Così come la frontiera tra il «cielo religioso» e il «cielo informatico» (ritiri spirituali con internet). La vita religiosa è presente in luoghi che sono alla frontiera. Queste esperienze in luoghi che sono alla frontiera sono un segno che interpella il mondo di oggi. Infatti, la globalizzazione che va crescendo e che caratterizza la nostra epoca si traduce con una specie di uniformizzazione che elimina le frontiere, nelle quali ogni popolo costruisce la propria identità. Però, in questo stesso tempo in cui cancella le frontiere geografiche, questa globalizzazione crea nuove forme di frontiere e, nello stesso tempo, nuove povertà e nuove esclusioni (l’accesso all’internet, o all’educazione, divide spesso molto di più che la nazionalità). Di fronte a questo fenomeno, penso che c’è un lavoro importantissimo da fare per identificare queste nuove frontiere ed aiutare a varcarle. Infatti, la frontiera non deve essere soppressa ma varcata. Si tratta piuttosto di costruire passaggi per mettere in comunicazione questi mondi differenti: tra i giovani e gli anziani, tra il centro e i sobborghi delle città, tra cristiani e cittadini… La vita religiosa fa nascere il dialogo, favorizza la circolazione, crea legami. L’essere umano è naturalmente un essere per la relazione, isolarlo e metterlo da parte è togliergli la sua umanità. La vita religiosa permette alla vita di circolare e all’essere umano di diventare umano. Sorpresa Spesso, le esperienze emergono come risposte a nuovi bisogni, che richiedono il lavoro comune con altre congregazioni o gruppi. Il lavoro con altri non è mai facile neanche spontaneo. Richiede di lasciarsi spostare da altri modi di fare o di essere. Però questo spostamento interno permette finalmente di arricchirsi. Si tratta dunque della sorpresa di fronte alla differenza che sposta e rinnova. La sorpresa appare anche, e ogni volta, legata alla riconoscenza della vita che sorge là dove non era aspettata. Ogni volta viene raccontata la vita, ma la vita inaspettata, scintille di vita che spuntano in luoghi di morte. Viviamo in società che sono ossessionate dalla sicurezza. Ma, scegliere la sicurezza totale è scegliere la morte. Se si vuole vivere con totale sicurezza, anticipando e prevedendo tutto, non c’è più posto perchè emerga qualcosa di totalmente nuovo. Le nostre società hanno bisogno di ritrovare questa capacità di sorpresa. Ma, per ciò, occorre accettare di accogliere l’incertezza e di lasciare posto per ciò che non è aspettato. Attraverso tutte queste esperienze raccontate, la vita religiosa si mostra aperta a ciò che non è aspettato. Sta in agguato della vita che emerge la dove non è aspettata non perchè ha una capacità particolare di anticipare ma, invece, perchè ha capacità a lasciarsi spostare e sorprendre dall’«inaspettato». Presenza La qualità di una presenza. Le religiose e i religiosi appaiono come donne e uomini di relazione, artigiani di relazione. Ogni volta viene raccontato come il fatto di suscitare la fiducia nell’altro, spesso escluso, disprezzato, ridotto a nulla, come questo fatto gli dà la vita. Non è ciò che viene «fatto» per lui ma il modo di «essere presente» di fronte a lui che gli dà la vita. La qualità della presenza ed il fatto di mettere in relazione sono anche atteggiamenti da rivalorizzare nelle nostre società contemporanee. Il progresso tecnico ha avuto effetti molto positivi ma effetti negativi anche: perdita del senso della collettività, isolamento e ossessione dell’efficacia e dei risultati che si possono misurare. Oggi, abbiamo bisogno di ritrovare il valore di una presenza che produce risultati non necessariamente misurabili. Questa dimensione delle rilazioni nella vita permette un nuovo rapporto tra la dimensione individuale e quella collettiva. La vita religiosa dimostra che è possibile che i luoghi dove si vive (luoghi di lavoro, di divertimento, d’impegno, ecc.) siano luoghi dove la vita circola anche se non si vede, anche se l’incontro si svolge al lavoro, oppure su un banco pubblico o in una chiesa. Per cio’ non è necessario fare grandi progetti o grandi azioni, ma basta riempire ogni luogo di vita con presenza e relazione. Tre parole e tre esperienze umane Per concludere: queste tre vocazioni che ho sottolineate per la vita religiosa echeggiano con tre esperienze profondamente umane. L’esperienza dello spazio. Ogni essere umano s’identifica a partire di un certo rapporto collo spazio: il paese, la città, il quartiere, i diversi luoghi di appartenenza. La vita religiosa è caratterizzata dal mettersi in mosso, dall’attraversare, piuttosto che dall’appartenire ad un luoho determinato. Il rapporto al tempo. Vivamo in un’epoca in cui il futuro più specialmente sembra presentato come una minaccia. La vita religiosa vede l’avvenire come una promessa. E promessa non significa garanzia. Tutt’altro, essere capace di riconoscere segni che aprono un avvenire di promessa significa essere aperto all’«inaspettato» e credere che quello che sta per accadere può generare più vita, anche se non si conosce questo «inaspettato». La dimensione della relazione nella vita, che prende nella vita religiosa, a parere mio, una forma speciale: quella dell’esperienza comunitaria. Penso che i religiosi e le religiose «abitano» i luoghi dove sono in un modo particolare, perchè ognuno/a di loro è «abitato/a» dalla comunità a cui appartiene. Non si tratta solo di un modo di vita e di condivisione dei beni, ma di un modo di essere nel mondo. Finalmente, la vita religiosa raggiunge la dimensione più profondamente umana della vita. Si potrebbe dire che la vita religosa partecipa radicalmente a farne una vita umana.