Missioni militari di pace in regioni di guerra
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Missioni militari di pace in regioni di guerra
MISSIONI MILITARI DI PACE in REGIONI DI GUERRA Rimini, 12 marzo 2014 Noi ragazzi di 3^ C abbiamo avuto in quest’anno scolastico una eccezionale opportunità: raccogliere le testimonianze dirette di due militari italiani impegnati in missione all’estero in regioni di guerra. Ci ha portato la sua testimonianza in classe il maresciallo dell’esercito Carmelo Gueli. Nel 2001 è stato impiegato in missione in Bosnia con il compito di Artificiere. L’artificiere disattiva e neutralizza gli ordigni esplosivi, mette in atto tutte le misure di sicurezza nel caso di ritrovamento di un ordigno e partecipa alle attività di prevenzione e di ordine pubblico. Il suo compito era quello di e bonificare i campi minati dall’esercito bosniaco e serbo in conseguenza dei conflitti nella ex Jugoslavia. In questa regione sono presenti circa 3 milioni di mine, che sono degli ordigni costituiti da un corpo esplodente e da un congegno di accensione che per cause esterne esplodono. Con il trattato di Ottawa (1997), per la messa al bando delle mine anti-uomo, gli Stati firmatari si impegnano a impedire ogni produzione, uso, stoccaggio ed esportazione di mine antiuomo, distruggere entro quattro anni tutte le mine esistenti nei rispettivi arsenali, bonificare le aree minate nel proprio territorio entro 10 anni, fornire assistenza tecnica e finanziaria per le operazioni di sminamento e l’assistenza alle vittime. Nel 2012 è stato impiegato in Afghanistan, nella zona di Shindand, con il compito di cercare le cause e raccogliere le prove delle esplosioni e ritrovare armi e ordigni improvvisati, allo scopo di garantire la sicurezza di edifici, case e scuole per la popolazione locale. In Afghanistan, migliaia di scuole, che erano state chiuse dai Talebani, sono state riaperte: oggi circa 8 milioni di ragazzi e ragazze ricevono una istruzione; dieci anni fa, il numero si aggirava appena sul mezzo milione e quasi esclusivamente di ragazzi. Abbiamo avuto l’opportunità di collegarci via Skype con un Maggiore dell’Aviazione dell’Esercito Italiano Francesco Romano in missione ad Herat, città ad ovest dell’Afghanistan e raccogliere la sua testimonianza sulla missione militare italiana in quello stato. Nel territorio la situazione non è ancora completamente pacificata a seguito del regime integralista imposto dai talebani sulla popolazione civile afgana e della conseguente guerra al terrorismo. Il maggiore Francesco Romano è un pilota militare dell’aviazione dell’esercito. L’’incarico principale che svolge in Afghanistan è quello di controllare dall’alto il territorio, vigilando sui convogli durante gli spostamenti, e di effettuare trasporti sanitari. L’ufficiale ci ha spiegato che il contingente multinazionale, guidato dall’ONU e al quale l’Italia partecipa con un numero cospicuo di militari, sostiene la popolazione afghana con aiuti umanitari: sono stati costruiti pozzi, ospedali e soprattutto scuole. Il contingente opera anche in supporto delle forze del governo afghano e delle istituzioni locali con l’obiettivo di rendere l’Afghanistan sicuro e stabile. Il maggiore ci ha esposto inoltre la condizione della donna afghana, la quale solo adesso ha iniziato ad avere un ruolo nella comunità: oggi può istruirsi e lavorare, cosa impossibili prima. L’arrivo delle forze Nato all’inizio è stato visto dalla popolazione civile come un’invasione, ma successivamente ha iniziato ad accettare i militari perché ha capito che la loro presenza vuole essere di aiuto. Infine ci ha spiegato come sia possibile associare il termine militare con missione di pace: i nostri militari sono lì proprio con l’obiettivo condiviso con il governo afgano di controllare il territorio e renderlo sicuro affinché le autorità locali possano operare in tranquillità e ridare stabilità politica al paese in piena autonomia. Ci hanno lasciato alla riflessione di una frase di A. Einstein: “Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di coloro che fanno del male, ma a causa di coloro che guardano senza fare niente”. Davide Gueli e Viviana Romano, classe 3^ C