procuratore della Repubblica di Nanterre
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La difficile definizione del Conseil supérieur de la magistrature Simone Benvenuti SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il potere presidenziale in materia giudiziaria. – 3. L’amministrazione del corpo. – 4. La funzione di assistenza del Conseil. – 5. La composizione. – 6. Conclusioni. 1. Introduzione. Nel presente intervento mi soffermo sulla riforma – operata nel quadro della revisione della Costituzione francese del 21 luglio 2008 – dell’articolo 65, contenente la disciplina del Conseil supérieur de la magistrature. L’articolo 31 del disegno di legge costituzionale (projet de loi constitutionnelle) approvato dal Parlamento francese riunito in Congresso nel luglio scorso1 contiene come noto una nuova formulazione dell’articolo 65. La revisione costituzionale tralascia invece gli altri articoli che compongono il Titolo VIII2, laddove il comitato Balladur proponeva una modifica anche dell’articolo 64, pur sempre limitata al Conseil 3. Non intendo in questa sede operare una descrizione analitica dei singoli punti su cui è intervenuto il legislatore costituzionale, bensì valutare attraverso i più significativi di essi il senso generale 1 Il disegno di legge costituzionale era stato adottato in Consiglio dei ministri il 23 aprile 2008. Esso era frutto della rielaborazione delle proposte contenute nella Relazione della Commissione Balladur consegnato al Presidente della Repubblica il 29 ottobre 2007. Nel disegno di legge originario, l’articolo 31 corrisponde all’articolo 28. 2 Il Titolo VIII della Costituzione francese, relativo all’autorità giudiziaria, è composto inoltre da un articolo contenente i principi generali dell’ordinamento giudiziario francese (art. 64) e da due articoli contenenti alcuni principi essenziali in tema di libertà individuali (artt. 66 e 66-1). 3 Il comitato proponeva infatti di eliminare tout court il secondo comma dell’articolo 64, il quale attribuiva in via generale al Conseil un ruolo di «assistenza» nei confronti del Presidente della Repubblica, nella sua veste di «garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria». 304 LA V REPUBBLICA FRANCESE della riforma, anche alla luce della riflessione operata, oltre che in dottrina, in sede tecnica nei diversi comitati e commissioni4 e in sede parlamentare in occasione delle riforma del 1993 e della mancata riforma del 1998. Il fatto il Conseil sia stato oggetto di numerosi progetti di riforma negli ultimi quindici anni – a partire cioè proprio dalla riforma che nel 1993 aveva significato un notevole mutamento di prospettiva rispetto a quella derivante dall’architettura istituzionale gollista – è sintomo di una forte incertezza sulla posizione e le funzioni proprie dell’organo: incertezza che è peraltro rilevabile in una certa misura nel dibattito italiano5. Nel documento di lavoro del comitato Balladur dedicato al Conseil supérieur de la magistrature si indicano tre punti critici che caratterizzano il funzionamento dell’organo così come è delineato dal testo risultante dalla riforma del 1993: la mancata costituzionalizzazione della formazione plenaria, con ricadute negative sulla effettività del principio di unità della magistratura; la conflittualità tra l’organo e il Governo in materia di nomine e disciplinare; il carattere corporativo dell’organo, in relazione con il ruolo assunto dalle organizzazioni sindacali in seguito all’adozione del sistema elettivo per la designazione dei membri togati6. Vengono poi indicati i profili problematici per quanto attiene alle scelte istituzionali da operare. Per quanto riguarda la «missione» dell’organo, ci si chiede se questo non debba esercitare il ruolo di 4 Comitato Vedel (1993), commissione Truche (1997), commissione d’inchhiesta parlamentare sll’Affaire Outreau (2006), comitato Balladur (2007). 5 Non va peraltro sottaciuto come con le problematiche inerenti all’organo di garanzia di indipendenza della magistratura si intersechino in maniera incisiva problematiche che hanno una loro autonomia e autonomamente debbono essere trattate, prima tra tutte quella relativa all’organizzazione del Pubblico ministero. 6 Comité de réflexion de proposition sur la modernisation et le rééquilibrage des institutions de la Ve République, Le Conseil supérieur de la magistrature, p. 8: «En ce qui concerne l’unité de la magistrature, il est fait grief aux textes actuels de faire obstacle à ce que le CSM puisse jamais siéger en formation plénière. En outre, les conflits entre le CSM et le gouvernement n’ont cessé de se multiplier sur les questions des nominations et des sanctions. Les dysfonctionnements judiciaires dont l’opinion s’est émue récemment n’ont pas épargné le CSM, auquel il est parfois fait reproche de céder au corporatisme. Enfin, le mode de désignation, par voie d’élection, des magistrats qui siègent au CSM a donné aux organisations syndicales de magistrats une place prépondérante dans le fonctionnement de l’institution». SIMONE BENVENUTI 305 «garante dell’indipendenza e del buon funzionamento delle giurisdizioni»7. Per quanto riguarda la presidenza dell’organo, ci si chiede se sia opportuno che il Presidente della Repubblica, «garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria», continui a presiedere l’organo e se, in caso contrario, l’organo debba essere presieduto dal Ministro della giustizia o da un membro eletto al suo interno. Per quanto riguarda la composizione, si pongono diverse questioni: anzitutto se il Primo presidente della Corte di cassazione debba far parte di diritto dell’organo; in secondo luogo se occorra intervenire sul rapporto tra membri togati e membri laici8, e in caso affermativo, secondo quale proporzione, prevedendo quali requisiti per i nuovi membri laici e se sia opportuna la presenza di membri parlamentari; infine se occorra rivedere le modalità di designazione dei membri magistrati. Per quanto riguarda le competenze, ci si chiede se non sia opportuno estendere le competenze di amministrazione della giurisdizione ai magistrati non professionali9; quali debbano essere le competenze dell’organo in materia di nomina dei magistrati del Pubblico ministero; se non vadano rese più flessibili i meccanismi per adire il Conseil in materia disciplinare e, in caso affermativo, in quale maniera; se non occorra attribuire al Conseil poteri decisionali e non solo consultivi in materia disciplinare nei confronti dei magistrati del Pubblico ministero. Si tratta di un ampio ventaglio di questioni poste all’attenzione del comitato Balladur e poi risolte in sede parlamentare. Se ciascuna questione risulta intrinsecamente connessa con le altre, ritengo che esse possano essere ridotte a due ordini principali di problematiche. Il primo è di carattere sistemica, e riguarda la posizione del Conseil nel quadro istituzionale, e dunque tanto i suoi rapporti con gli altri poteri dello Stato quanto la sua funzione generale, o «missione», e dunque la sua natura. Il secondo, che pure risulta strettamente connesso al primo, è di carattere specifico, riguardando le soluzioni isti7È fatto qui riferimento al Rapporto Vedel, che tuttavia non ci risulta si fosse orientato in tale direzione. 8 Che in base alla revisione del 1993 era favorevole ai primi. 9 Quelli, cioè, che operano nelle giurisdizioni consolari e sociali. 306 LA V REPUBBLICA FRANCESE tuzionali concrete funzionali a un determinato inquadramento dell’organo nel sistema istituzionale. Sulla base di questa griglia analitica, è possibile affermare che la revisione del Titolo VIII della Costituzione francese operata nel luglio scorso non sciolga i nodi problematici essenziali dell’organizzazione giudiziaria francese, non costituendo un «progresso» in termini di indipendenza della magistratura come invece a più riprese affermato dai sostenitori della riforma stessa. D’altro lato – dal lato cioè delle innovazioni di tipo puntuale – la riforma del luglio scorso contiene elementi di notevole interesse, sintomatici di una tendenza propria degli organi di garanzia dell’indipendenza della magistratura assimilabili a quello francese, tra cui quello italiano. Tali elementi possono essere sintetizzati nella embrionale trasformazione del Conseil, sotto il profilo funzionale, da organo di «governo» della magistratura a organo funzionalmente complesso di gestione del sistema giudiziario; sotto il profilo della composizione, da organo di incontro tra politica e magistratura a organo aperto alla società, in particolare alla società dei giuristi. Nel presente contributo intendo porre l’accento su queste due facce della riforma costituzionale del Conseil del luglio scorso. 2. Il potere presidenziale in materia giudiziaria. La relazione sussistente tra il Conseil e il Presidente della Repubblica – e più in generale il ruolo del Presidente della Repubblica in materia giudiziaria – è il nodo problematico principale dell’organizzazione giudiziaria francese, che l’attuale riforma non contribuisce come detto a sciogliere, fornendo anzi il sistema di ulteriori elementi di ambiguità. Uno degli obbiettivi espliciti della riforma del Conseil consisteva nel rafforzare le garanzie di indipendenza dell’autorità giudiziaria attraverso la recisione del vincolo organico tra l’organo e il Presidente della Repubblica10. La redazione finale prevede 10 Tanto nella proposta redatta dal comitato Balladur quanto nel disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri il Presidente della Repubblica cessa di essere membro di diritto – e con ciò presidente – del Conseil. Tuttavia, il comitato Balladur aveva proposto che il presidente dell’organo fosse nominato dal Presidente della Repubblica, tra personalità non appartenenti al Parlamento né all’ordine giudiziario, nelle condizioni previste nell’ultimo comma dell’articolo 13, vale a dire in Consiglio dei ministri. Nel di- SIMONE BENVENUTI 307 in effetti che il Presidente della Repubblica cessi di presiedere l’organo11 e così di farne parte. Questa soluzione risponde all’esigenza, ricordata nel rapporto reso dal relatore J.-L. Warsmann in commission des lois dell’Assemblea Nazionale che accompagna il disegno di legge per la discussione in Assemblea12, di rendere il Conseil più «autonomo». Essa scioglie però anche l’anomalia collegata al fatto che il Conseil, nell’esercizio delle sue diverse funzioni, si rapportava con il Presidente della Repubblica, il quale finiva per essere, entro dette funzioni, al medesimo tempo parte del soggetto attivo e destinatario della sua attività. È il caso, in particolare, delle funzioni in materia di nomina agli incarichi giudicanti più elevati, dove il Presidente della Repubblica si configurava, almeno sotto un profilo formale (in quanto membro del Conseil) come proponente, e, in quanto Presidente della Repubblica (e dunque autorità di nomina), destinatario della proposta13. In breve, essa costituisce un «salto di qualità» di non poco conto rispetto, oltre alla tradizione della V Repubblica, risalente peraltro alla IV Repubbblica14, ai termini del dibattito così come si era sviluppato a partire dal 1993. Di tale dibattito possiamo tenere fermi tre passaggi, che scandiscono il processo di ripensamento dell’organizzazione giudiziaria francese: 1993, per l’appunto, 1997-1999 e 2006. In nessuno di questi frangenti erano state tratte le dovute conclusioni in ordine all’attribuzione del Presidente della Repubblica della funzione di presidenza dell’organo15. Il Presidente della Repubsegno di legge governativo, è invece prevista una doppia presidenza Primo presidente/Procuratore generale della Corte di cassazione a seconda che il Conseil si riunisca nella sua formazione giudicante o in quella requirente. 11 La presidenza è attribuita al Primo presidente o al Procuratore generale della Corte di cassazione a seconda che il Conseil si riunisca nella sua formazione giudicante o in quella requirente. La formazione plenaria è presieduta dal primo presidente. 12 Rapporto n. 892, 15 maggio 2008, AN. 13 Ma lo stesso discorso vale per i pareri resi dall’organo. 14 La quale aveva fondato il potere presidenziale in materia giudiziaria. 15 Nel rapporto consegnato dal comitato Vedel al Presidente della Repubblica il 15 febbraio 1993 (COMITÉ VEDEL, Rapport remis au Président de la République le 15 février 1993 par le Comité consultatif pour la révision de la Constitution, 15 febbraio 1993), dove pure si indica come obbiettivo «une institution judiciaire mieux assurée de son indépendance», il Presidente della Repubblica è mantenuto nelle funzioni di presidente del Conseil supérieur. Il comitato Vedel proponeva anzi sollevare il Ministro della giustizia dalle funzioni di vicepresidente, attribuendo al Presidente della Repubblica il po- 308 LA V REPUBBLICA FRANCESE blica era dunque rimasto dominus dell’attività dell’organo, attraverso la determinazione, ad esempio, dell’ordine del giorno o il potere di nomina del segretario generale. Allo stesso tempo, la novità rappresentata dall’esclusione del Presidente dall’organo è sostanzialmente neutralizzata – ed ecco tutta l’ambiguità del testo – dal mantenimento in capo al Presidente della Repubblica del ruolo di «garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria» e in capo al Conseil della funzione di assistenza del Presidente della Repubblica in tale veste. Il potere presidenziale in materia giudiziaria, «inventato» della Costituzione del 1946 con funzione di garanzia e mai messo in discussione – seppur avesse subito limitazioni – nel corso degli anni ’90, trova riconferma con l’attuale revisione. Deve anzi notarsi il paradosso rappresentato dalla proposta, contenuta nel rapporto del comitato Balladur, di eliminare il secondo comma dell’articolo 64. Con ciò si sarebbe perso ogni collegamento tra il Conseil e la funzione generale di garanzia dell’autorità giudiziaria. Tutto ciò ha conseguenze rilevanti sull’inquadramento funzionale del Conseil, sulla base dell’alternativa «organo funzionalmente complesso di garanzia dell’indipendenza della magistratura» / «organo di amministrazione del corpo giudiziario». Con la recente tere di nominare il vicepresidente, con funzioni di supplenza. La legge costituzionale n. 93-952 del 27 luglio 1993 avrebbe confermato questa impostazione. A distanza di quattro anni, in sede di commissione Truche, ancora una volta non è messa in discussione la funzione di presidenza dell’organo da parte del Presidente della Repubblica (anche qui, come già in sede di comitato Vedel, si propone di sollevare il Ministro della giustizia dalle funzioni di vicepresidente, attribuendo al Presidente della Repubblica il potere di nominare il vicepresidente, con funzioni di supplenza), né lo sarà il testo di riforma dell’organo sottoposto al Parlamento runito in Congresso il 3 novembre 1999. Idem per la commissione d’inchiesta parlamentare del 2006, dove tuttavia si nota una sensibilità diversa che porta a innovare in tema di vicepresidenza. Il Conseil da parte sua riteneva che la situazione francese, «quasi exceptionnelle dans l’Union européenne, peut surprendre au regard des exigences objectives du principe de la séparation des pouvoirs puisque l’indépendance de la justice se définit au premier chef à l’égard du pouvoir politique. Elle traduit, en les associant, deux spécificités constitutionnelles françaises: d’une part, la conception du rôle du chef de l’État comme clef de voûte des institutions, qui «assure par son arbitrage le fonctionnement régulier des pouvoirs publics ainsi que la continuité de l’État», d’autre part, la réticence à reconnaître formellement l’existence d’un «pouvoir judiciaire» et, par suite, à rendre complètement autonome l’instance constitutionnelle chargée de garantir son indépendance». SIMONE BENVENUTI 309 riforma costituzionale è confermata appunto l’idea che il Conseil sia essenzialmente un organo che concorre in posizione equiordinata all’Esecutivo nella gestione del corpo, in particolare del ramo giudicante – agendo autonomamente entro tale limitato – seppur rilevantissimo – nucleo funzionale (par. 3)16. Negli altri ambiti, il Conseil continua a configurarsi come organo di assistenza (par. 4). 3. L’amministrazione del corpo. In materia di amministrazione del corpo giudiziario – quella che secondo la terminologia più accreditata è indicata come amministrazione della giurisdizione, comprendente la gestione dello status amministrativo e disciplinare dei singoli magistrati – la recente revisione costituzionale non apporta peraltro novità di rilievo. L’unico punto su cui essa interviene è come detto l’estensione del parere semplice alla nomina a tutte le funzioni requirenti17. In breve, la revisione costituzionale non fa che riconfermare i principi già vigenti, e cioè il fatto che il Conseil è organo di gestione della magistratura giudicante. Quella requirente, pur costitutiva assieme alla prima di un corpo unico di magistrati, rimane in una posizione ambigua, organicamente e funzionalmente dipendente dal Ministro della giustizia. 16 Sulla base della ricostruzione dell’esperienza post-bellica degli organi c.d. impropriamente di «governo della magistratura», è possibile distinguere tre ambiti funzionali essenziali in cui detti organi intervengono. Il primo consiste nell’amministrazione della giurisdizione, vale a dire tutte le funzioni amministrative e disciplinari che attengono alla gestione dello status del magistrato: dunque, quella che si è sopra indicata come amministrazione del corpo giudiziario. In tale ambito di competenze, la revisione del luglio 2008 non apporta novità di rilevo; essa si limita a estendere del parere semplice alla procedura di nomina a tutte le funzioni requirenti. A tal fine è rimossa dal settimo comma dell’articolo 65 – conformemente alla proposta del comitato Balladur – la frase «à l’exception des emplois auxquels il est pourvu en conseil des ministres». (La nuova formulazione è dunque la seguente: «La formation du Conseil supérieur de la magistrature compétente à l’égard des magistrats du parquet donne son avis sur les nominations qui concernent les magistrats du parquet») Il Conseil continua allora a configurarsi come organo di gestione in via principale della magistratura giudicante attraverso il meccanismo della double clef. 17 Il parere era precedentemente limitato alle nomine per le quali non si procedesse in Consiglio dei ministri, vale a dire i procuratori generali. Né il rapporto del comitato Vedel né il successivo disegno di legge di revisione costituzionale n. 231 nella sua prima stesura menzionavano i magistrati requirenti. 310 LA V REPUBBLICA FRANCESE Si tratta qui di uno degli aspetti – quello dello statuto del Pubblico ministero – che ha maggiormente catalizzato l’attenzione del dibattito sia politico che dottrinale negli ultimi quindici anni, in connessione con il ripetersi di casi di interventi nei confronti di magistrati requirenti che hanno destato scalpore nell’opinione pubblica e nel corpo dei magistrati18, e che non è il caso di analizzare nel suo insieme. Basti rilevare come il dibattito ha evidenziato da una parte la pulsione della dottrina verso la soluzione «italiana» dell’uniformazione tra lo statuto del magistrato giudicante e quello del magistrato requirente o della limitazione delle possibilità di passaggio tra le funzioni, dall’altra la persistenza nella cultura politica francese – quella della destra in particolare19 – della tradizionale doppia natura del magistrato requirente. Il ministro Rachida Dati ha in tal senso affermato, nel corso dell’audizione resa in commissione, che i magistrati requirenti «sono procuratori ‘della Repubblica’ e non procuratori indipendenti». Da questo punto di vista, il progetto di riforma del 1998 evidenziava il suo carattere contingente, collegandosi alle indicazioni contenute nel rapporto della commissione Truche e al clamore destato da scandali giudiziari di cui si è detto, mentre il rinvio sine die della convocazione del Congresso per l’approvazione del testo definitivo – giustificata proprio in ragione dell’assenza di una convergenza generale sulla riforma, essendosi i partiti di destra opposti ad esso – era sintomo di una mancata metabolizzazione del mutamento di prospettiva da parte della classe politica20. In seguito, l’emergere di politiche securitarie, delle quali è esemplare la legge Per18 L’ultimo caso è quello del trasferimento, nel 2008, del procuratore generale della corte d’appello di Amiens da parte del Ministro della giustizia Rachida Dati, che lo giustificava con l’interesse del servizio. 19 L’ex Ministro della giustizia Elizabeth Guigou, promotrice di un movimento di affrancamento del Pubblico ministero dall’Esecutivo nella seconda metà degli anni ’90, si era espressa rifacendosi al progetto fallito del 1998 in occasione della recente riforma a favore dell’introduzione della procedura del parere conforme per la nomina dei magistrati requirenti. 20 Personalmente, non critico la decisione di limitare l’intervento del Conseil sulla magistratura requirente, bensì l’ambiguità consistente nel considerare il procuratore un magistrato e il sottoporlo allo stesso tempo all’autorità del Ministro della giustizia: questa ambiguità rappresenta – attraverso i passaggi di carriera – la possibilità per l’Esecutivo di influenzare indirettamernte la magistratura giudicante. SIMONE BENVENUTI 311 ben II21, ha smorzato definitivamente ogni ipotesi di uniformazione dello statuto dei due rami della magistratura. In sede parlamentare, il Ministro della giustizia ha dunque giustificato l’esclusione del parere conforme al Pubblico ministero con il fatto che questo «è incaricato di mettere in atto la politica penale decisa dal Ministro della giustizia»22. Di conseguenza, il Conseil continua a mantenere riguardo alla magistratura requirente una funzione consultiva che non ha incidenza effettiva sulla decisione ultima dell’autorità di nomina: diversamente da quanto avviene – per la nomina dei magistrati giudicante – con la proposta e il parere conforme, laddove ciascuno di questi due atti costituiscono elementi essenziali di una procedura complessa che è stato efficacemente sintetizzata con l’immagine della «double clef». 4. La funzione di assistenza del Conseil. Di assai maggiore interesse è da considerarsi l’intervento del legislatore costituzionale riguardo ad altri ambiti di competenza dell’organo – ambiti generalmente indicati come accessori: garanzia dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria e amministrazione in senso lato del sistema giudiziario. In tali ambiti il Conseil si configura come organo di assistenza. Il Conseil è anzitutto organo di assistenza del Presidente della Repubblica nella sua veste di garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria. Sino ad ora, questa funzione di garanzia non aveva trovato una chiara specificazione normativa, né, di conseguenza, lo aveva trovato la funzione di assistenza del Conseil. Nelle intenzioni del Costituente, si trattava di una formula di tipo generale e onnicomprensivo, dello stesso genere di quella contenuta nell’articolo 5 della Costituzione23. Essa si collegava strettamente con la presunta 21 Legge n. 2004-204 del 9 marzo 2004, «portant sur l’adaptation de la justice aux évolutions de la criminalité». 22 Rapport Warsmann. 23 In un’accezione ampia, questa funzione di garanzia può comprendere la stessa gestione del corpo giudiziario. Così è in Italia, dove l’esercizio delle competenze di amministrazione della giurisdizione da parte del CSM valgono a rendere effettivo il principio di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario ex articolo 104, primo comma. 312 LA V REPUBBLICA FRANCESE natura super partes del Presidente dela Repubblica, che si riappropriava di una funzione che l’articolo 84, secondo comma, della Costituzione del 1946 attribuiva direttamente al Conseil 24. L’ottavo comma dell’articolo 65 specifica ormai questa funzione di assistenza imputandola alla formazione plenaria dell’organo, che a titolo dell’articolo 64 risponde «alle richieste di parere formulate dal Presidente della Repubblica». La revisione interviene in realtà a consacrare una prassi ormai decennale, limitandola allo stesso tempo. Si tratta di una limitazione su tre fronti: anzitutto, il parere (avis) è la forma attraverso cui si esplica la funzione di assistenza del Conseil nell’ambito della tutela dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria; in secondo luogo, unico destinatario dell’attività svolta dal Conseil nell’esercizio della funzione di garanzia dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria è ormai il Presidente della Repubblica; in terzo luogo, il potere di rendere pareri non è libero, bensì vincolato a una richiesta del Presidente. Si tratta di specificazioni significative se considerate in relazione con la prassi dell’organo. Se non si può escludere che il Conseil abbia reso nei primi trentacinque anni di vita della Costituzione del 1958 pareri su richiesta del Presidente della Repubblica25, il primo parere «pubblico» reso dal Conseil al Presidente della Repubblica è quello del 30 gennaio 1995 relativo all’Affaire Halphen26. Si tratta in questo caso di un parere richiesto dal Presidente Mitterand, ma non sono mancati in seguito interventi, sotto forma di comunicazioni (lettres), mozioni o pareri, in assenza di una richiesta esplicita27. Tuttavia, l’aspetto garantistico dell’esercizio di queste funzioni da parte del CSM risiede nelle radici «polemiche» del Consiglio rispetto alla gestione della magistratura da parte delle istanze governative. In Francia sembrerebbe invece mancare questo intento polemico. In realtà, attribuire la nomina dei magistrati ai posti più elevati della gerarchia giudiziaria (almeno di quella giudicante) rappresenta agli occhi di de Gaulle la sua sottrazione alle scelte operate dai partiti, di cui il Governo è rappresentativo. 24 «Le Conseil supérieur de la magistrature assure, conformément à la loi, la discipline de ces magistrats, leur indépendance et l’administration des tribunaux judiciaires». 25 Si tratta di pareri confidenziali la cui portata va verificata analizzando gli archivi. 26 Il testo del parere è riportato integralmente nel rapporto annuale del 1995. 27 È il caso della lettera del 18 gennaio 2001, inviata al Presidente della Repubblica «per renderlo partecipe della sua preoccupazione e della sua posizione a seguito di SIMONE BENVENUTI 313 Accanto agli interventi rivolti al Presidente della Repubblica se ne contano poi altri rivolti al Ministro della giustizia28 a singoli magistrati29 o, addirittura, senza destinatario esplicito30. Si tratta evidentemente in tutti questi casi di interventi non richiesti, riconducibili a quelli che nell’ordinamento italiano sono denominati «interventi a tutela», ma in alcuni casi anche a pareri tecnici in ordine a progetti di riforma che tocchino aspetti dell’ordinamento giudiziario. Se in linea generale quest’ultimo ordine di interventi si può far rientrare nella funzione di assistenza svolta dal Conseil ex articolo 64, comma 2 della Costituzione, occorre notare come i testi degli stessi siano riportati nei rapporti annuali dell’organo in una sezione distinta da quella in cui sono riportati i pareri resi a titolo dell’articolo 64, comma 2. Senza soffermarsi oltre su questa prassi – che pure risulta assai significativa e andrebbe opportunamente analizzata operando una comparazione con l’ordinamento italiano – mi limito a rilevare come il Conseil abbia interpretato estensivamente la disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo 64 della Costituzione. Sotto il profilo quantitativo, va rilevato invece il progressivo aumento di interventi del Conseil. Tutto ciò fa leggere in prospettiva – appunto nel senso di una limitazione – le suddette scelte operate dal legislatore costituzionale nel luglio scorso. attacchi violenti e ripetuti contro dei magistrati» (ad esso è seguita una lettera di risposta del Presidente della Repubblica); del parere tecnico del 19 settembre 2002 sul progetto di legge organica relativo allo statuto dei juges de proximité; del parere tecnico del 2 ottobre 2003 volto a contribuire alla riflessione sulla deontologia dei magistrati; della richiesta di intervento del Presidente della Repubblica del 23 giugno 2005 in merito ad affermazioni del Ministro dell’interno (ad essa pure è seguita una risposta del Presidente della Repubblica); del parere del 16 febbraio 2006 sull’Affaire Outreau; del parere tecnico del 21 dicembre 2006 sul progetto di riforma relativo alla responsabilità dei magistrati; Sono richiesti invece il parere dell’11 marzo 2004 sulle misure da assumere per meglio garantire l’autorità giudiziaria contro la messa in causa ingiustificata per motivi religiosi di un magistrato e il parere del 28 aprile 2004 sulle pressioni esercitate nei confronti del presidente del tribunale di Nanterre. 28 Comunicazione del 16 giugno 2003 concernente le modalità di nomina di una avvocato generale presso la Corte di cassazione. 29 Comunicazione di solidarietà del 7 dicembre 2000 al Procuratore generale presso la Corte di cassazione; comunicazioni di sostegno del 5 e dell’11 settembre 2003 ai primi presidenti e ai procuratori generali della Martinica e di Bastia. 30 Parere del 15 dicembre 2005 sull’intervento dei magistrati nelle commissioni parlamentari d’inchiesta. 314 LA V REPUBBLICA FRANCESE Nella stessa ottica, l’ottavo comma del nuovo articolo 65 della Costituzione introduce anche una funzione consultiva del Conseil nei confronti del Ministro della giustizia relativamente «a tutte le questioni relative alla deontologia dei magistrati e a ogni questione relativa al funzionamento della giustizia». Anche in questo caso, si tratta di una specificazione/limitazione che va considerata in relazione con la prassi dell’organo, ma che va anche ricondotta a proposte risalenti: penso ad esempio a quella, contenuta nel rapporto della commissione Vedel, di attribuire al Conseil, «nei limiti delle sue competenze, ogni lamentela o rimostranza relativa al funzionamento della giustizia», che è anche alla base del diritto di ricorso diretto al Conseil . In tal senso, lo stesso comitato suggeriva che la legge organica di attuazione fornisse al Conseil gli strumenti necessari per «conoscere, nei limiti delle sue competenze, ogni questione relativa al funzionamento delle giurisdizioni» e che il Conseil «redigesse sulle questioni di propria competenza un rapporto annuale pubblico». I suggerimenti del comitato sarebbero poi stati recepiti a livello di legge organica di attuazione del 5 febbraio 1994, ma non a livello costituzionale31. Ciononostante, la legge organica si limitava a indicare due strumenti: il rapporto annuale e le missioni di informazione. Non v’era cenno invece allo strumento del parere o della comunicazione, che si è sviluppato dunque, come visto, esclusivamente in via di prassi. Il legislatore costituzionale ha inteso dunque tentare una tipizzazione dell’attività del Conseil in materia. Nulla esclude tuttavia che questo intervenga in futuro, come già ha fatto, con comunicazioni pubbliche su questioni di sua competenza, al di là di una richiesta esplicita: qualora la prassi si indirizzasse in tale direzione, occorrerebbe concludere che l’ottavo comma dell’articolo 65 non intende fare del Conseil un soggetto passivo – come si è detto sopra e come si può ritenere fosse intenzione del costituente – bensì semplicemente porre in capo all’organo l’obbligo di rendere il parere richiesto, nei rispettivi ambiti di competenza, dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della giustizia. 31 Nell’articolo 65 riformato nel 1993 non vi è menzione, tra le materie di competenza dell’organo, al funzionamento della giustizia o delle giurisdizioni. La legge organica di attuazione del 5 febbraio 1994 prevede invece sia il rapporto annuale sia le missioni di informazione. SIMONE BENVENUTI 315 Anche qui, in sintesi, deve rilevarsi l’estrema ambiguità del testo derivante confronto tra le intenzioni del costituente e le possibili interpretazioni del testo stesso, anche in considerazioni delle innovazioni introdotte nella composizione dell’organo. 5. La composizione I criteri che hanno guidato la riforma della composizione del Conseil sono infatti riconducibili alla polemica anticorporativa e alla riflessione sulla natura dei membri laici. Quest’ultima, in particolare, si inserisce in un filone rilevabile a livello europeo che identifica nei consigli della magistratura non meri organi di gestione amministrativa del corpo, bensì organi, come si diceva prima, funzionalmente complessi che affiancano le istituzioni di governo nella regolazione in senso lato del sistema giudiziario. Cominciando dalla polemica anticorporativa, nel già menzionato rapporto di J.-L. Warsmann si indica come obbiettivo della riforma del Conseil quello di una «autorité judiciaire raffermie» attraverso «un CSM più autonomo e meno ‘corporativo’». Il «rafforzamento» dell’autorità giudiziaria si connette in parte al discredito della stessa derivante dal c.d. «Affaire Outreau», che aveva spinto la relativa commissione parlamentare d’inchiesta a indicare alcune linee di riforma32. La polemica corporativa si lega poi fortemente alla polemica antiassociazionistica, sebbene, come del resto avviene in Italia, vi siano opinioni largamente discordanti. Nel rapporto Outreau, in particolare, sono sviluppate proprio a partire da questo argomento le proposte relative alla composizione. In particolare, si fa propria la considerazione di chi afferma che «la gestione delle carriere dei magistrati dipende in larga parte da valutazioni di ordine sindacale e corporativo. L’influenza dei sindacati e in particolare dell’Union syndicale des magistrats, formazione maggioritaria in seno al Conseil supérieur de la magistrature, autorità incaricata di fornire pareri sui candidati a specifiche funzioni, è probabilmente eccessiva»33. Va peraltro detto che la prevalenza di membri laici in seno al Conseil non era, almeno all’epoca, considerata negativamente dal Syndicat de la 32 Rapporto n. 3125, 6 giugno 2006, AN. 316 LA V REPUBBLICA FRANCESE magistrature, che costituisce la seconda associazione di magistrati in Francia. Tale associazione collegava tuttavia il riequilibrio delle due componenti a due elementi: la corrispettiva introduzione di personalità «indipendenti» – non collegate, cioè, alle istituzioni di governo – e l’opzione per un sistema proporzionale per l’elezione della componente togata. La stessa commissione parlamentare d’inchiesta istituita a seguito dell’Affaire Outreau aveva espresso dubbi in merito al sistema in vigore per l’elezione dei membri togati – in particolare il meccanismo del doppio collego e la soglia di sbarramento del 5%34 – che aveva l’effetto di «de faire échec à l’émergence de nouveaux courants d’idées et d’opinions au sein de la magistrature, qui peuvent s’avérer profitables à l’institution judiciaire». L’idea di una soglia di sbarramento come quella di un sistema di tipo maggioritario pone inoltre dubbi sulla loro funzionalità rispetto a un organo in cui non è da ritenersi vitale la stabilità della rappresentanza35. Nel 2008, il legislatore costituzionale si è dunque posto un obbiettivo duplice. Da una parte, evitare che un Conseil a maggioranza togata funga da cassa di risonanza dell’associazionismo giudiziario, anche sulla base dell’influenza della lezione dell’esperienza italiana, considerata sotto questo profilo negativamente. 33 Laurence Vichnievsky, citata nel rapporto. du premier point, faut-il rappeler que dans une décision 89-271 DC du 11 janvier 1990, le Conseil constitutionnel a censuré un dispositif réservant l’aide publique aux formations politiques sur lesquelles s’étaient portés 5% des suffrages exprimés, au motif que le seuil choisi était de nature à entraver l’expression de nouveaux courants d’idées et d’opinions? Faut-il considérer qu’un abaissement de ce seuil, voire sa suppression serait susceptible de provoquer un éparpillement des voix tel qu’il mettrait en danger la stabilité de la représentation du corps des magistrats, alors même que le syndicat majoritaire représente près de 64% des voix? On peut sérieusement en douter». 35 «Par conséquent, la composition paritaire du CSM et l’élection directe à la proportionnelle des membres du CSM par collège, sans critère de représentativité syndicale et sans seuil, éviteraient que le fonctionnement de cette institution soit régulièrement exposé au reproche de corporatisme et renforceraient par voie de conséquence sa légitimité. Par ailleurs, la commission a suggéré de confier la vice-présidence du CSM alternativement à un membre du collège magistrats et à un membre du collège non magistrats pour une durée de deux ans chacun». Va tuttavia ricordato che limitatamente al livello gerarchico inferiore, la legge organica n. 2001-539 del 25 giugno 2001 ha sostituito lo scrutinio uninominale con un sistema a scrutinio di lista proporzionale al più alto resto. 34 «S’agissant SIMONE BENVENUTI 317 Di qui provengono le proposte di riequilibrio tra le due componenti – tema oggi molto attuale anche in Italia – secondo una tendenza che risale tuttavia a un periodo precedente le proposte della commissione istituita in seguito all’Affaire Outreau. Già il progetto di revisione costituzionale del 1998 prevedeva infatti un organo a maggioranza di laici, «al fine – come recitava l’exposé des motifs – di permettere un approccio più aperto nella gestione del corpo giudiziario»36. Già in quegli anni il modello «italiano» di consiglio della magistratura, che assegnava una preminenza alla componente togata con tutto ciò che ne consegue sull’equivoco quanto alla configurazione del CSM come organo di rappresentanza dei magistrati, non era dunque più considerato praticabile in Francia. Cinque anni prima, il comitato Vedel proponeva invece un rapporto di equilibrio, che nella revisione poi approvata dava una leggera preminenza alla componente togata37. Tale preminenza diveniva tuttavia schiacciante 36 Il Conseil sarebbe stato costituito nella sua formazione plenaria dal Presidente della Repubblica, dal Ministro della giustizia, cinque magistrati giudicanti e cinque magistrati requirenti a seconda della formazione competente, un consigliere di Stato e dieci personalità non appartenenti né al Parlamento, né all’ordine, né alla giurisdizione amministrativa, designati in numero di due rispettivamente dal Presidente della Repubblica, dal Presidente dell’Assemblea Nazionale e dal Presidente del Senato e in numero di quattro congiuntamente dal Primo presidente della Corte di cassazione, dal vice-presidente del Consiglio di Stato e dal Primo presidente della Corte dei conti: in sintesi dieci membri togati contro undici laici – di cui sei a caratterizzazione «politica» e quattro a caratterizzazione «professionale» – a cui vanno aggiunti il Presidente della Repubblica e il Ministro della giustizia. Le formazioni giudicante e requirente sarebbero state invece composte da sei magistrati (cinque giudicanti e un requirente e vice-versa) e da sei membri laici: in sintesi sei membri togati e sei membri laici, a cui vanno aggiunti il Presidente della Repubblica e il Ministro della giustizia. Nel rapporto Truche si suggeriva la seguente composizione: sei membri laici «politici», designati in numero di due ciascuno rispettivamente dal Presidente della Repubblica (senza controfirma), dal presidente dell’Assemblea Nazionale e dal presidente del Senato, un membro laico «professionale» (un consigliere di stato eletto dall’assemblea generale del Consiglio di Stato), sei membri togati. Era però prevista una formazione plenaria in cui i membri togati finivano per avere una forte preponderanza (dodici membri contro sette), come già accadeva nel Conseil in funzione. 37 In entrambi i casi occorre tuttavia tener conto della presenza del Presidente della Repubblica. Il comitato propone la composizione seguente: cinque magistrati eletti, quattro personalità non appartenenti all’ordine giudiziario designate rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal presidente del Senato, dal Consiglio costituzionale e dal Consiglio di Stato – dunque due personalità «politiche» e due «pro- 318 LA V REPUBBLICA FRANCESE in formazione plenaria, la cui istituzionalizzazione in via di prassi aveva fatto gridare, proprio per tale ragione, al colpo di Stato da parte del Conseil. Il comitato Balladur aveva proposto a sua volta una leggera preminenza della componente laica, che, anche se con una soluzione differente, è stata recepita nella revisione di luglio38. Il frastagliato processo di ridefinizione dei rapporti di forza internamente al Conseil va considerato in funzione di elementi di vario tipo, in particolar modo le competenze dell’organo, il tipo di rappresentanza della componente togata e i caratteri dei membri laici. Esemplare sul punto è il fatto che il Conseil così come fu disegnato nel 1958 dalla Costituzione e dalla ordinanza organica di attuazione39 fosse paradossalmente un organo assai più corporativo di quello difessionali» – oltre al vice-presidente, nominato dal Presidente della Repubblica, e dal Presidente della Repubblica. Il comitato Balladur non prevedeva l’istituzionalizzazione della ormazione plenaria. Una soluzione di equilibrio tra le due componenti sarebbe poi stata proposta dalla commissione di inchiesta parlamentare istituita per far luce sull’Affaire Outreau. Tra le motivazioni fornite a sostegno di una scelta di equilibrio e non di presenza minoritaria della componente togata, il fatto che in molte esperienze straniere considerate fosse stabilita una presenza maggioritaria di membri togati; si richiama inoltre a un parere del Consiglio consultivo dei giudici europei, in seno al Consiglio d’Europa. 38 Le due formazioni comprendevano sei membri togati (cinque magistrati giudicanti e uno requirente e vice-versa), quattro membri laici «professionali» (due consiglieri di Stato designati dal Consiglio di Stato, un rappresentante degli avvocati e un professore universitario) e tre membri laici «politici» (non appartenenti alla magistratura né al Parlamento designati rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal presidente del Senato e, come presidente del’organo, dal Presidente della Repubblica, ormai escluso dall’organo. Non era prevista l’istituzionalizzazione della formazione plenaria, cosìcché si può presumere che essa avrebbe continuato a funzionare sulla base della precedente prassi istituzionale, così attribuendo alla componente togata una forte predominanza in seno ad essa. La riforma del luglio prevede infatti che ciascuna formazione del Conseil sia composta da sei membri laici «politici» designati rispettivamente in numero di due dal Presidente della Repubblica, dal presidente dell’Assemblea Nazionale e dal Presidente del Senato secondo la procedura indicata nell’ultimo comma dell’articolo 13 della Costituzione (su cui infra), due membri laici «professionali» (un consigliere di Stato designato dal Consiglio di Stato e un avvocato: riguardo a quest’ultimo va in realtà verificato il carattere di membro «professionale» sulla base di quanto stabilirà la normativa organica di attuazione quanto all’autorità di designazione) e sette membri togati (variabili secondo tradizione a seconda della formazione competente e tra i quali sono i rispettivi presidenti – il Primo presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione a seconda della formazione competente). 39 Ordinanza n. SIMONE BENVENUTI 319 segnato nel 1993-1994, essendo sei membri su nove (senza contare il Presidente della Repubblica) di provenienza giudiziaria: tale carattere corporativo non veniva alla luce tanto per le limitate competenze dell’organo, quanto e soprattutto perché diluito in uno schema di rappresentanza di tipo gerarchico e non associazionistico. Nel periodo 1993-1998 si afferma, in presenza dell’introduzione di forme di rappresentanza associazionistica, una dinamica inversa tra competenze dell’organo e la presenza di membri togati al suo interno: quanto maggiori le competenze dell’organo, tanto più il rapporto tra le due componenti tende a un riequilibrio40. Nel 2008, questo schema è soggetto a tensione laddove la compressione della componente togata si accompagna alla riduzione dei membri laici definibili come «professionali» – quelli cioè designati non da autorità politiche bensì da parte degli ordini professionali – alla reintroduzione di forme di rappresentanza gerarchica41 e in presenza di una sostanziale continuità delle competenze di amministrazione della giurisdizione42. Le modifiche delle geometrie interne realizzate attraverso la revisione del luglio scorso si giustificano allora chiaramente con l’esigenza – tracciata già nel 1998 – di risolvere i conflitti sorti in diverse occasioni tra Conseil e autorità di nomina, assegnando ai membri laici a caratterizzazione professionale la funzione di ago della bilancia. Una comparazione sinottica della composizione del Conseil del 1993 e quella del 2008 è sul punto illuminante. Va comunque detto che una seria valutazione su quest’aspetto non potrà non tener conto 40 In sintesi: nel 1993 l’estensione e l’approfondimento delle competenze – particolarmente per quanto riguarda alla magistratura giudicante – si accompagna un riequilibrio tra le due componenti; nel 1998, l’ulteriore estensione e approfondomento – in particolar modo per la magistratura requirente – si accompagna un cambiamento a favore della componente laica, che però inizia ad assumere limitatamente ad alcuni suoi membri carattere del tutto particolare, sopra indicato come «professionale» (i quattro membri designati dal Primo presidente dela Corte di cassazione, dal vicepresidente del Consiglio di Stato e dal primo presidente della Corte dei conti). 41 Con l’attribuzione della presidenza delle due formazioni rispettivamente al Primo presidente e al Procuratore generale della Corte di cassazione. Inoltre, nel citato rapporto Warsmann si precisa che le considzioni di designazione dei membir laici non dovrebbero essere modificate. 42 Non è da ritenersi infatti rilevante l’estensione del parere semplice alla procedura di nomina a tutte le funzioni requirenti. 320 LA V REPUBBLICA FRANCESE delle prassi che si instaureranno riguardo alla nomina dei membri «politici»43. Dove soprattutto la riforma realmente è incisiva è, però, riguardo alla formazione plenaria dell’organo, quella cioè competente nelle materie, descritte nel paragrafo precedente, ad alta sensibilità politica. Senza ripercorrere qui la vicenda dell’istituzionalizzazione per via di prassi di una riunione plenaria dell’organo, basti rilevare come essa, prima della riforma del luglio scorso, realizzasse una schiacciante prevalenza della componente togata: dodici membri contro sei, compresi il Presidente della Repubblica e il Ministro della giustizia. Questo rapporto contribuisce in parte a spiegare le posizioni estremamente avanzate sostenute dal Conseil nei rapporti annuali, in particolar modo nella sezione riservata alle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario. È facile allora concludere sulle ragioni che hanno spinto il legislatore costituzionale a istituzionalizzare detta formazione plenaria: sulla base ancora una volta della strada tracciata dal progetto del 199844, l’istituzionalizzazione punta proprio al riequilibrio del rapporto tra le due componenti, oltre all’identificazione in capo ad essa, come visto nel paragrafo precedente, di funzioni specifiche. Coerentemente con l’inversione nel rapporto tra le due componenti, il secondo punto in tema di composizione riguarda la depoliticizzazione dei membri non togati. Ad essa si vuole giungere attraverso tre strade: l’apertura dell’organo a rappresentanti di altre professioni giuridiche; la diversificazione delle autorità di designazione; la previsione di una procedura particolarmente garantista – parere delle commissioni dell’Assemblea Nazionale e del Senato ex articolo 13 della Costituzione45 – per quanto concerne la designazione di al43 Si tratterà infatti di membri politicizzati o piuttosto di garanzia? Quest’ultima ipotesi è resa possibile, oltre che dalla previsione della procedura ex articolo 13 della Costituzione per la loro nomina, anche dal fatto che le autorità preposte alla nomina – Presidente della Repubblica, presidente dell’Assemblea Nazionale e presidente del Senato – nominano due membri ciascuno, con il possibile sviluppo di unaprassi nel senso di nominare per metà membri vicini alla maggioranza e per metà membri vicini alle (o alle) opposizioni. In tal modo si realizzarebbe quella funzionalità rappresentativa complessa che dovrebbe costituire elemento caratterizzante i consigli della magistratura. 44 Ma secondo una formula differente che in termini percentuali ha lasciato molto meno spazio ai membri laici «professionali». 45 «Une loi organique détermine les emplois ou fonctions, autres que ceux mentionnés au troisième alinéa, pour lesquels, en raison de leur importance pour la SIMONE BENVENUTI 321 cuni membri laici. È questo, a mio parere, l’aspetto più innovativo della recente riforma e in generale del dibattito francese. Tanto l’apertura dell’organo a rappresentanti di altre professioni giuridiche quanto la diversificazione delle autorità di designazione non costituiscono in realtà una novità, potendo essere fatte risalire proprio alla riforma del 1993 se non addirittura nella prassi precedente dell’organo46. È però in occasione della riflessione operata dalla commissione d’inchiesta parlamentare del 2006 prima, dove si pensa a personalità indipendenti esterne alla magistratura47, e nel comitato Balladur poi, dove sono riprese le suggestioni della commissione d’inchiesta, che sono avanzate le proposte più innovative. Rispetto ad essi, la redazione finale del testo di riforma approvato nel luglio scorso appare anzi assai più moderato48. L’apertura dell’organo alle professioni giuridiche risponde a una concezione non dicotomica dello stesso: l’organo non si configura più come luogo di confronto diretto tra magistratura e politica, ma include esperti di diversa provenienza rappresentanti di istituzioni garantie des droits et libertés ou la vie économique et sociale de la Nation, le pouvoir de nomination du Président de la République s’exerce après avis public de la commission permanente compétente de chaque assemblée. Le Président de la République ne peut procéder à une nomination lorsque l’addition des votes négatifs dans chaque commission représente au moins trois cinquièmes des suffrages exprimés au sein des deux commissions. La loi détermine les commissions permanentes compétentes selon les emplois ou fonctions concernés». 46 Già il comitato Vedel aveva suggerito la presenza in seno all’organo di quattro personalità non appartenenti all’ordine giudiziario designate rispettivamente dal presidente dell’Assemblea Nazionale, dal Presidente del Senato, dal Consiglio di Stato e dal Consiglio costituzionale. Riguardo al rappresentante del Consiglio costituzionale, si specificava che la sua presenza «doit demeurer exceptionnelle et ne pas tenir lieu de précédent pour la composition d’autres organismes collégiaux». La revisione del 1993 avrebbe poi limitato la presenza le autorità di designazione alle prime tre. Il progetto del 1998 prevedeva a sua volta anche la presenza di quattro membri designati congiuntamente dal vicepresidente del Consiglio di Stato e dai Primi presidenti della Corte di cassazione e della Corte dei conti. 47 Il Syndicat de la magistrature si esprime in tale occasione per la presenza di rappresentanti della società civile. La commissione identifca tali rappresentanti in un professore universitario designato dalla Conferenza dei rettori (Conférence des président d’université), in un magistrato della Corte dei conti, in un avvocato designato dal Consiglio nazionale degli avvocati, «de telles adjonctions étant naturellement mieux acceptées de l’intérieur si elles sont accompagnées de mesures de réciprocité». 48 Non v’è menzione del rappresentante universitario, mentre non si specifica che l’autorità di designazione dell’avvocato. 322 LA V REPUBBLICA FRANCESE «non politiche». Questo tipo di apertura risponde all’evoluzione dei consigli giudiziari cui sopra si è accennato da meri organi di gestione amministrativa (e disciplinare) del corpo giudiziario – in tal senso di alta amministrazione – a organi di regolazione e di garanzia del sistema giudiziario. Da parte sua, la diversificazione delle autorità di designazione risponde invece a esigenze di rappresentanza pluralistica in seno all’organo e di autonomizzazione dello stesso rispetto all’Esecutivo. Ma ancor più rilevante è il fatto che la diversificazione delle autorità vada nel senso di una formula rappresentativa complessa la quale «pur conservando nella formazione dell’organo taluni aspetti dei sistemi di rappresentanza per ordini, non orgnizza l’attività e il funzionamento del collegio secondo un criterio di separatezza fra le varie componenti»49. 6. Conclusioni. In queste pagine ho cercato di sintetizzare per quanto possibile le numerose questioni salienti che riguardano la riforma del Conseil supérieur de la magistrature, che toccano in larghissima parte anche il nostro CSM. Ho dunque evidenziato i punti critici del sistema francese – in particolare il permanere di un forte ruolo presidenziale in materia giudiziaria da una parte e i poteri ancora limitati dell’organo nell’esericzio tanto delle funzioni tradizionali di amministrazione della giurisdizione quanto di quelle che in Italia sono indicate, non del tutto a ragione, come accessorie o atipiche. Ho al contempo sottolineato i tratti innovati del dibattito francese dell’ultimo quindicennio sfociato, pur ambiguamente, nella revisione del luglio scorso: la costituzionalizzazione di una competenza in quegli ambiti funzionali meno tradizionali (competenza sviluppatasi nella prassi come conseguenza della riforma del 1993) e le modifiche di vario tipo, ma da considerare unitariamente, in tema composizione, nel senso di un’apertura dell’organo e della realizzazione di una formula rappresentativa complessa al suo interno. È significativo che proprio questo aspetto del dibattito sia oggi considerato con una certa attenzione in Italia, dove diverse proposte si muovono nel senso di un riequilibrio della componente togata e della componente 49 P. RIDOLA, La formazione dell’ordine del giorno, cit., p. 69 s. SIMONE BENVENUTI 323 «politica» corretto dall’introduzione di una componente laica maggiormente neutrale. L’impressione generale che si trae dalla revisione del luglio scorso è dunque quella di un’ambiguità di fondo, quasi che il legislatore abbia toccato i nodi problematici del più importante canale di mediazione tra politica e giustizia, senza tuttavia giungere alle necessarie conclusioni. Così, si rende il Conseil organicamente autonomo del Presidente della Repubblica, ma questo rimane la chiave di volta del sistema; si riconosce la natura funzionalmente complessa del Conseil, ma la si limita al contempo; si va nel senso di una diversificazione delle componenti e dunque di un maggior pluralismo internamento al Conseil, ma si nega questo pluralismo alla rappresentanza togata con l’esclusione di ogni riforma del sistema elettorale e si guarda piuttosto a forme di rappresentanza gerarchica. Questa ambiguità contraddistingue in generale tutto il dibattito degli ultimi quindici anni, ma la recente riforma costituzionale sembra estremizzarla. Se non può parlarsi più di un’impossibile definizione del Conseil supérieur de la magistrature come si faceva riguardo alla sua originaria versione gollista50 – anche perché il francese dibattito sull’organo è oramai ben più approfondito di quanto non lo fosse trentacinque anni fa – si può tuttavia parlare di una sua ancora difficile definizione. Per concludere, sia dunque consentito rifarsi alle parole utilizzate da Antoine Garapon in commento alla riforma fallita del 1998, giudizio che può essere esteso a tutto il dibattito degli ultimi quindici anni e alla riforma del luglio cosros: «J’ai trouvé le projet du garde des sceaux très novateur par certains côtés, tout en ayant le sentiment qu’il s’arrête en quelque sorte au milieu du gué. De ce fait, il s’attire des reproches en provenance des deux rives, les uns estimant que l’on s’est trop éloigné vers l’indépendance de la justice, les autres qu’on ne s’en est pas assez rapproché»51. 50 C. BRECHON-MOULENES, L’impossible définition du Conseil supérieur de la magistrature?, in Revue du droit public, 1973, 3, pp. 599-655. 51 Rapporto Floch.